Fashion E-zine - Doppelganger #2/10

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E-ZINE #2/2010

r e g n e a g l e p p o D

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S

uggerita o alime ntata d dall’acqu agli spe a e dai fr cchi, a te lli g doppio è emelli, l’i dea de l comu ne a molti p simile su aesi. E v pporre c erohe ma s Pitagora sime co , o il pla m a tale co e di tonico, s ncetto. In i siano is German pirate ger; in S ia fu chiamato cozia fetc h, perch Doppelg uomini p é viene a a ner cond u p re n d e rl re (fetch i alla mo con seg u ) gli rte. Inco enza fun ntrare se esto; la stessi è di Robert tragica b di allata Tic Louis S te onderon venson questo te ga racconta ma. Rico una legg rdiamo a e n d They Me a n s c u he lo str t T hem s a no q u a elves di R d ro no se ste H ossetti: d ow ssi, nel c ue a ma n repusco ti incontr citare es lo ad i u n bos c empi a n o. Si potr aloghi di e b fred de b H ero aw thorn Musset. e, Dosto Per gli e evskij e doppio n b re Ali, invece, la on era p compars resagio d tezza di a i morte im del aver rag minente giunto lo . Era la c Gershom stato pro e rScholem fetico. C . Una tra o s ì s p narra il c ie dizione ra ga a so d i u n ccolta d uomo ch al Talmu stesso. e, cerca d ndo Dio, incontrò se Nel racc onto Will ia m Wilson d scienza i Poe, il dell’eroe doppio è . Questi lo la codi Yeats, u c c id e e muore il doppio . N è e il lla nostro in poesia quello ch verso, il e c i com nostro c pleta, qu o ntario, remo ma el che n i. on siam o e non s aPlutarco scrive ch e i greci sciatore dettero di un re. il nome di all’am b ada IL LIB RO DEG LI ES SER I

IMMAGIN ARI di Jorge Luis Borg es

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SOMMARIO

4 6 8 10 14 16 20 24 26 38 48 58 68 76

scindibili me opposti in o c te ar e da Mo opposti ssione per gli pa la e èr ui q Nicolas Ghes one La manipola zi Abiti e musica. io un immaginar Elena R apa e

dei sensi

surreale

re avere a che fa “Non sempre ivo” at neg doppio è con il nostro n segnate Altre arti no nnato i: un artista da c to An io d Emi relatività mistero della il e: c an Fr s Mis Bipolarity ce double existen Evidence of a rk side of me The sweet da Entità The Shadows directory

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e t ar e a d i t mo os p p o come i l i b i d n i c s in Martellu di Chiara

cc i

L

a moda veste l’uomo, mentre l’arte mette a nudo la sua anima” Achille Bonito Oliva. E’ così che il critico racconta la sua visione di dualismo, di eterna battaglia tra ciò che si è e ciò che si appare. Una frase colma di significati, dove l’individuo è spettacolo e spettatore di se stesso e dove ognuno ha il potere di cambiare

ogni qualvolta si gira la testa e si scoprono nuovi volti. Partendo da questa frase, è imprescindibile chiedersi se sia veramente così; se la moda non sia fondamentale nel riconoscere la propria anima riflessa in uno specchio e se l’abito sia veramente solo un oggetto o al contrario un enciclopedia del proprio essere.

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In tanti hanno trattato l’argomento con spessore e con

avanti la creatività; che parli lei al loro

forte senso critico, arrovellandosi sulla questione “la

posto e che sia lei a farsi conoscere

moda può consideransi un arte?” oppure “ la moda

come prima vera anima dell’ artista.

e l’arte sono sue forme espressive in collisione?”; ma questa non vuole essere una critica, piuttosto una riflessione, incipit che ci porti a riflettere su quanto la nostra immagine sia legata con un nodo alla nostra anima.

Si tratta di Ann Demeulemeester, il quale senso di isolamento viene spezzato dal rumore dei tacchi delle pesanti scarpe nere indossate

Andando avanti in questo senso è inevitabile citare un’

da esili e androgine modelle; an-

artista che della propria apparenza contrapposta ad

cora Martin Margiela, maestro del

un identità evanescente, ne ha fatto un testamento. Si

riciclaggio e della destrutturazio-

tratta di Janieta Eyre, fotografa anglo-canadese che

ne dell’abito, la sua etichetta è un

racconta di essere nata con il retro del cranio unito a

semplice pezzo di stoffa bianca; e

quello di sua sorella Sara, da cui fu separata all’età di sei

andando avanti Dirk Bikkembergs,

mesi. Da allora non si è mai allontanata da “lei” che viene

Thimister e Dries Van Noten.

riflessa in ogni sua opera, come ricerca del proprio io, di un identità gemella, frutto di una copia virtuale di se. La perfezione scenica è quasi agghiacciante. Per l’artista la “facciata” di ogni persona, vestita di abiti meravigliosi, viaggia insieme all’anima, che diventa “scheletro” di ogni foto.

In conclusione, la cosa fondamentale è che l’ idea è l’anima che muove questi artisti, che non c’è, come per la Eyre contrapposizione tra essere ed apparire, dualismo o lotta, ma solo un profondo legame inscin-

Gli abiti, per la Eyre, ci “travestono” e ci aiutano a inter-

dibile. Senza questo legame tutto si

pretare il nostro ruolo nel quotidiano. Ogni immagine è

scioglierebbe come un ghiacciolo

una sorta di ritratto coinvolto in un panorama grottesco

al sole e nulla avrebbe più senso.

nel quale gli unici soggetti umani, due gemelle, con in-

E’ questo il mezzo che permette

dosso originali costumi d’epoca, ci guardano con uno

di infischiarsene dell’essere “up to

sguardo assente. Un viaggio perciò nel mondo di un ar-

date”, o fuori dal business. E’ qui

tista al limite della follia, che grazie ad una struttura “ar-

che l’arte diventa moda e la moda

tificiale”, sprigiona il suo “doppelgaenger”, doppio- che

diventa arte. E’ in questi casi che le

se ne va, o piuttosto che non è mai esistito veramente.

discipline che esaltano il bello, non

Continuando a percorrere questa strada, sorge spontaneo chiedersi se allo stesso modo,anche per il “fashion system”, esistano stilisti autentici che nel disegnare modelli, disegnano in realtà loro stessi; che mettono la

futile, ma dell’idea si miscelano e ne esce una pozione vincente. Ed è sempre qui che il “doppio” diventa unico e non c’è alter ego che tenga.

moda in condizione di viaggiare in corsia di sorpasso e non in quella d’emergenza e che di fronte a un nuovo designer ne riconoscono l’anima, a prescindere dal gusto personale. Viene in mente a questo punto una legione di stilisti, tutti usciti dalla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, un istituto con secoli di tradizione alle spalle la cui parola d’ordine era “moda sì, ma con una filosofia”. Dopo il massimalismo ridondante degli anni Ottanta, ritorniamo con un balzo finalmente in avanti, al fascino del bianco e nero, all’assenza di fronzoli e ad un’ eleganza pura. Stilisti invisibili che camminano su cemento accompagnati da musica industriale, e che nonostante la scarsa presenza in pubblico e il mancato atteggiamento “iconico”, portano avanti con fierezza un incomunicabilità quasi ostentata. Non si tratta di mancanza di dialogo o di incomprensione; si preferisce mandare

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Nicol as Gh esqui ère, l a passio per g li opp ne osti di Veron ica

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Maglioc

chetti


P

arigi, salone delle Aquile all’Hotel de Crillon. Collezione Balenciaga autunno-inverno 2010/11 e il cuore ha un sussulto. La nostalgia scatta in avanti e il pensiero corre indietro nel tempo, desideroso di rivivere le suggestioni emotive suscitate dal capolavoro di Kubrick “2001: Odissea nello spazio”.

Lo spettacolo ha inizio: nello show tutto concorre alla rievocazione del celebre film che, per primo, ha fuso l’uomo con il tempo e lo spazio. Il pavimento luminoso in versione fantascientifica ospita eroine androgine che avanzano su altissimi e insoliti mocassini. Modelle come miti dello spazio interstellare, rischiarate dai colori tenui delle galassie, con larghe spalle a suggerire un’armatura cosmica. Pensate a un incontro tra una maison nobile ma decaduta e un giovane stilista capace di entusiasmare le folle attraverso una visione pseudo–industriale della moda: è il successo della casa di moda di Cristobal Balenciaga attualmente governata da Nicolas Ghesquière, creatore di sinergie sapienti tra tessuti classici e materiali inediti d’effetto dirompente, capaci di catturare la comunità della moda e di risollevare le sorti della maison. Lo stilista, appassionato testimone degli orientamenti e delle propensioni del secolo scorso, si muove in perfetto stile steampunk, sperimentando innesti di elementi futuristici su modelli che rievocano gli anni ottanta. È un godimento per gli occhi lo spettacolo di tailleur dalla linea geometrica e severa, realizzati con materiali high-tech e ammorbiditi da complementi di pelliccia. Altrettanto affascinante è assistere allo stravolgimento della silhouette tradizionale della figura femminile attraverso l’intrusione sofisticata di elementi del tutto inusuali. Su tutto irrompe la stampa, un trionfo di tessuti su cui campeggiano parole in libertà, forse a testimoniare l’importanza attribuita alla carta stampata. Il suo è un amore sviscerato per gli opposti, la geometria lineare contro l’irregolare eccentricità, che tende a legare la tradizione della celebre maison spagnola al futurismo puro. L’ aspetto finale è una combinazione raffinatissima di epoche, con l’introduzione di una tecnologia iperfuturista all’interno di una specifica ambientazione storica. Tutto il suo lavoro sfida le categorizzazioni scontate; il suo percorso, lungi dall’essere prevedibilmente futuribile, coniuga la moda parisienne chic con materiali sintetici, corposi e plasmabili, rivelando un desiderio costante di stupire.

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Abiti e musica. La manipolazione dei sensi di Francesca Lancia

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I

ris Van Herpen , riconfe il suo m rma c o etod o n la co atipico llezione un mon d i ac c os t S y nes t do per a hesia r s i le a i l mond fat to d c a t t u ra o della i suoni to l’at te e m o d a, p ercezio nzione Fashion ni visiv del suo e, che Week. pubblic ha o d u ra nte la L Laureata ondon si in Olan da press gner- art o la scuo ista, inizia la d’arte la sua ca di Artez, d i ed e c c rr iera colla questa g entrici no b iovane d o ra n m do al fian i della m esi2007, qu co d i d ue oda, Ale ando lan x tr a a i più gra n der M cQ cia la pri nueen e V ma colle ik tor&Ro zione firm Fin da su lf , fino al ata con il bito, ci h a abituato proprio n ale che v ome. a cogliere a oltre i s n e lle o s u lit e crea zio i schem i nuove te della mo ni una vis cniche e da. Attra ione surr la manip verso la evolta alla o la z io sperime ne di div scoperta nta zione ersi mate di veri e di riali, ci ac propri m com pag M a è con ond i . na og n i la collezio ne per l’a l’artista d utunno/i ecide di nverno 2 o s a 010 intito re , is colorato pirandos lata S yne , meglio i a l fenomen sthesia, conosciu o “Cross che to come ”, ov vero sinestes Qui mus dell’asco ia sonoro ica e mo lto d a s i c oa -visiva. degli spe lizzano p ttatori e p e r colpire er dar vit i sen s i p c i cond u a ad u n o iù nasco ce in una s p sti e ass ettacolo d im opiti , c he com e nsione q strettam e uno ele uasi para ente e in tt n ro ti o m s rm hoc k amente ale, in cu a un imm collegata i og n i se agine e alle altre nsa zione u n im . Og n i suo magine è c h i os se a un colo no d u nq rva, in u ue riport re, per s n effetto a c suo cerv o d nvolgere omino c ello. he a cate e intrapp olare na cattu ra ogni p Un viagg articella io senso del riale attra al corpo verso m , svilupp a te riali inno ando rea vativi ch filati indu li sculture e si sovra striali, pv : u na do p po n g o n c, metallo ppia pelle o e c fa h tta di fib i più ne h Una visio re hi-tec a più ne ne della h, metta. moda fu venziona turistica li, predili q u e lla dell’artis ge punta ta, che a a og n i su re su qu i soliti mo a crea zio alcosa d d i con ne u na d i più intim sartoria o o p p e ia n e dei de v a a s le c o n s z to, dand a c he os ttagli, all’ o cilla tra la dimensio impatto visivo as ne mistic precision sociato a a dove o e d e lla lla music gni elem Vincitrice a. Una s ento è fo orta di rtemente nel 2009 legato ag del Dutc riconferm h li a F lt a ri s . hion Me ato la su dia Awa a vena c un’aspett rds, Iris reativa s Van Herp ativa che uscitand e n, h a v o sicura erranno serie…p mente u soddisfa iù è stran n a tt e c u n riosità e o meglio ella pros è! sima co llezione… Che sia per la no per la ia o perc siasi me h é o rm todo che ai di crea tività se porti a un ben ac c ne vede a nuova etta. be n po c interpreta a, qualzione de ll’abito, è sicuram ente

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a p a R Elena ario n immagi e l n u e surrea

Orlando di Diane

1. Puoi presentarti, descrivere il tuo percorso? Nell’arco della mia adolescenza grazie alla casualità di aver fatto certe scuole, come l’accademia, ho incontrato molte persone che mi hanno stimolato ad affrontare il mondo dell’arte visiva come fumetto, illustrazione, grafica, pittura. Il mio percorso è stato influenzato dalla fortuna di avere conosciuto molte persone interessanti, a partire da Macerata, dove ho iniziato la mia formazione accademica, fino a Roma. Passando anche da Bologna dove vinsi una borsa di studio di progettista grafico. Credo che sia soprattutto attraverso i rapporti umani che si è creato l’orientamento del mio lavoro. Cerco di creare linguaggi autonomi, a Roma e a Bologna negli anni 2000 v’era una tendenza, che ora sta rinascendo, legata al fumetto e mi sono avvicinata a quello tramite il linguaggio dell’illustrazione. Nel caso in cui fossi rimasta a Macerata probabilmente, questo non sarebbe successo. Lego sempre il binomio percorso formativo e quello umano, le scuole statali in Italia, soprattutto legate all’arte, non danno tanto. Sono le persone che danno molto. Ho fatto il pedagogico quindi sarei maestra. Avendo fatto il Cobaslid sarei abilitata nell’insegnamento di storia dell’arte e disegno geometrico. Purtroppo con le nuove riforme avere una cattedra è impossibile. Personalmente il percorso didattico sarebbe stato complementare a quello artistico

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perchè facendo arte non relazionale, parlando dei miei sentimenti piuttosto che della società, mi è venuta a mancare la capacità di andare verso l’esterno e insegnare mi avrebbe veramente completato. Sfortunatamente la scuola non dà la possibilità alle nuove generazioni di lavorare. Ho la fortuna di vivere con la pittura e mi ritengo una privilegiata. 2. Com’è nata la tua passione per il disegno, e soprattutto per questi personaggi fantastici? È un semplice fatto di corsia di favore, personalmente penso che il disegno sia alla base di tutta l’arte visiva, andando per codici dalla pittura a quelli dell’architettura. La mia ricerca è quindi molto classica: mano, matita, colore. I personaggi che popolano i miei quadri partono e tornano dal mondo della realtà quotidiana, nelle tele c’è la libertà di essere ciò che io voglio, che siano e farli muovere e poi ritornano ad essere i miei vicini di casa, le persone a cui voglio bene o che odio….semplicemente guardo dal mio balcone e parto per la tangente.

“... chiederei all’osservatore cosa apprezza e cosa lo disgusta” 3. Ogni disegno cela un racconto ben particolare e intrigante, puoi spiegarci quale sono le tue fonti d’ispirazione? Il quotidiano da una parte, soprattutto il mondo ragionato per micro-cosmi. Poi i punti di riferimento culturali come i libri, i film, la musica: James Elroy, Charles Burnes, Braian The Brain di Miguel Angel Martin, Un posto al sole, tutto David Linch, Bergman e Fassbinder, Cronaca Vera, American Beauty, American History X, Fai la Cosa Giusta, Tuxedomoon, Lydia Lunch, Nick Cave and the Bad Seeds. 4. Come definiresti il tuo genere? Il mio genere … c’è il surreale e non il Surrealismo, e tutta la pittura classica di questo genere, la temporalità dei libri di illustrazione e la cromia dei cartoon.. non mi piacciono “pecette” come pop-surrealismo o underground, penso che ogni periodo ha una connotazione a se, questi riferimenti potrebbero definire il mio stile, ma sono tanti…..quindi più che una definizione chiederei all’osservatore cosa apprezza e cosa lo disgusta.

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5. Vivi e lavori oramai a Milano da tanti anni, andresti all’estero per nuove sperimentazioni? Non vivo più a Milano perchè non mi ci trovavo troppo come città, preferisco gli spazi più piccoli e domestici, sono tornata a vivere a Lucrezia un paese vicino a Pesaro, assolutamente orribile dal punto di vista architettonico o meglio degli abusi edili sul paesaggio ma ancora profumato e tranquillo come tutti i paesini di queste zone. A Milano ci torno spesso per lavoro e p sporto sarà mezzo elitario non so quanto riuscirò a muovermi, sono ottusamente spaventata dall’aereo, dai disastri incombenti e mi muovo solo nel recinto geografico che mi sono involontariamente preposta, tra le Alpi ed Il Mare Mediterraneo. Magari se mi capitasse delle proposte lavorative, potrei provare ad avere più energia per affrontare il volo… 6. Hai realizzato copertine per un gruppo musicale, com’è nata questa collaborazione? Tutte le collaborazioni sono nate da rapporti di amicizia che sono poi confluiti in cooperazioni, come con i Neo e l’ambito Fromscratch prima e Megasound dopo. Si è creata una sinergia forte umanamente molto bella perchè sincera. Ho curato allo stesso modo con dedizione e piacere, vari progetti grafici di cover collaborando con simpatici musicisti e bravi ragazzi come Miranda, Udus, FarinaZeregan-Pupillo tutti sotto FromScratch inoltre con Christian Rainer, Psikofagaist, DavidStarr e KiddyCar.

“Studia senza p re tutto ciòregiudizi capitar che può tra le mti casualmente personaani, la selezion e più tard le avviene spontan i in modo arriva peo, e più tardi iù si è li beri” fashion E-zine


7. Tra tutti i tuoi lavori, a quale opera ti senti più legata e perché? Adesso non è proprio un mio lavoro bensì un progetto che porto avanti con Laura Giardino e Adriano Pasquale chiamato Graffa. Graffa è una piccola fanzine monografica e interattiva che si accompagna sempre ad una mostra presso Piscina Comunale di Milano. Il concept di Piscina Comunale è quello che io stessa sostengo, serietà e correttezza, collaborazione, fantasia e vino. E’ un onore lavorare assieme ai miei amici Laura ed Adriano e collaborare con illustratori che ammiro quali Dast, Zattera, Nicoz, Giacon, Pace, e tutti coloro che ci aiutano a realizzare Graffa. cfr.: http://graffa.blogspot.com/ 8. Quali consigli consegneresti ad un giovane disegnatore che volesse intraprendere questo lavoro? Studiare senza pregiudizi tutto ciò che può capitarti casualmente tra le mani, la selezione personale avviene più tardi in modo spontaneo, e più tardi arriva più si è liberi. E soprattutto disegnare il più possibile. 9. Quali sono i tuoi progetti in corso? Graffa e i Festival estivi… e poi mostre, prossimamente sarò a Milano presso Galleria Colombo per una collettiva Forward_Rewind e il mese dopo sempre li in un progetto chiamato Little Circus , un piccolo spazio dove artisti non della Galleria hanno la possibilità di presentarsi a un certo tipo di pubblico.

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Non sempre avere a che fare con il nostro doppio è negativo di Federica Zanni

N

ata a Cagliari, Francesca Randi, è un’artista con un immaginario fortemente surreale; attualmente lavora nella sua città natale come fotografa e grafica. Il suo approccio con la fotografia è da lei considerato “un colpo di testa e di fulmine” e allora è corsa ad acquistare la sua prima macchina fotografi-

ca, con la voglia sfrenata di raccontare le sue storie attraverso la creazione di immagini. Nessuna scuola d’arte: “sono autodidatta, ho imparato osservando i grandi pittori e fotografi del passato e sprecando una marea di rullini”, dice Francesca Randi, perché quando ha iniziato a lavorare con la fotografia non esisteva ancora il digitale. Uno stile malinconico, a volte duro e allo stesso tempo surreale, come quello del Doppelgaenger, il doppio, l’altra parte dell’io, affrontato nel 2009 con le dodici opere esposte a Cagliari. “Questa è una delle tematiche che mi ossessionava da tempo”. “Tutti abbiamo subito dei traumi, delle ferite che a volte ci portano ad una sorta di sdoppiamento dalla realtà che ci circonda”.

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Questa giovane e talentuosa donna sarda, attraverso queste opere, mette in scena l’altra parte dell’io, che non è visibile alla maggior parte di noi, ma che irrazionalmente esiste e riflette l’immagine di giovani donne e bambine, fotografate dalla Randi, portando lo spettatore al disorientamento totale. Nella tua fotografia si denota un forte stile personale. I tuoi scatti sono frutto di un impulso, oppure c’è una preparazione precedente? “Parte tutto da una certa ossessione verso un argomento specifico, poi c’è uno studio preciso su chi dovrà posare per quel determinato scatto, sulla location, gli abiti e gli oggetti che faranno parte del lavoro fotografico”. Hai qualche personaggio di riferimento nel mondo dell’arte? “Sono tanti, ad esempio i pittori fiamminghi, Caravaggio o il fotografo Robert Doisneau e tantissimi registi cinematografici come Kubrick, Tarantino, Tim Burton e i neorealisti italiani. Ho anche i miei film feticcio, quelli che guardo mille volte e non mi stufano mai, come Shining, Picnic ad Hanging Rock, Piano piano dolce Carlotta, Miriam si sveglia a mezzanotte, Donnie Darko, Blow Up, ecc ecc…” Nelle dodici opere esposte a Cagliari, hai affrontato il tema del Doppelgaenger, fenomeno che rappresenta l’altra parte dell’io, “la quale dopo tanto tempo si rivela come un fantasma del passato alla nostra coscienza”. Perché il Doppelgaenger? Quale è stato il percorso che ti ha portato ad affrontare questo fenomeno? Quali le influenze? “Questa è una delle tematiche che mi ossessionava da tempo, e prima o poi dovevo tramutarla in immagini. Doppelgaenger è una parola tedesca che si

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riferisce ad una leggenda, secondo la quale ognuno di noi avrebbe un doppio o sosia. Se per sventura dovessero incontrarsi, uno dei due dovrebbe morire per mano dell’altro. Il fenomeno del doppio è stato inizialmente studiato da Freud. Ho letto tanto sull’argomento, tutto il progetto è incentrato sul concetto di Perturbante. Freud nel suo saggio dice che: “Il perturbante, ciò che porta angoscia, è un non-familiare, qualcosa che assomiglia al nostro ambiente domestico ma che in realtà cela in sé un qualcosa di straniero, sconosciuto, enigmatico. Il perturbante che si sperimenta direttamente si verifica quando complessi infantili rimossi sono richiamati in vita da un’impressione”. In psichiatria il doppio rivela tutta una serie di patologie, come la schizofrenia, disturbo bipolare e borderline, ma anche semplici traumi che la nostra mente inizialmente rimuove e che riaffiorano quando meno ce lo aspettiamo, creando forti stati di angoscia. In passato tantissimi artisti hanno affrontato questo argomento, ma soltanto due hanno colpito in modo particolare la mia attenzione, come ad esempio Kubrick e la scrittrice Anais Nin. Questi due artisti erano ossessionati dal doppio”. Ti è mai capitato di vivere in prima persona questo fenomeno dissociativo? Sia che sia stato positivo o negativo. “Credo che ciascuno di noi abbia provato una cosa simile. È proprio questo che mi affascina dell’argomento, senza arrivare a patologie gravi come la schizofrenia. Tutti abbiamo subito dei traumi, delle ferite che a volte ci portano ad una sorta di sdoppiamento dalla realtà che ci circonda. Ci sono dei traumi che affiorano all’improvviso, magari nell’età adulta, e ci fanno stare male, all’inizio non capiamo perché, poi però dobbiamo affrontare la situazione e quella parte di noi che non pensavamo nemmeno lontanamente di avere. Ricordiamoci però che non sempre avere a che fare con il nostro “doppio” è una cosa negativa, infatti se da una parte può operare ai danni del soggetto, dall’altra può invece realizzare i suoi desideri più segreti, agendo come il soggetto o la sua coscienza non oserebbe mai. Liberandoci quindi da sovrastrutture che l’educazione, la società e a volte noi stessi ci siamo imposti”. Secondo te qual è la differenza tra moda e stile? “Spesso gli stilisti ci incanalano in determinati clichè, che le donne purtroppo seguono stagione dopo stagione. Da questo punto di vista a volte si esagera, tutto questo è un po’ schizofrenico. Per me indossare un abito equivale ad indossare uno stato d’animo, ci si deve ascoltare, capire e seguire il proprio stile. Non amo i modaioli a tutti i costi, quelli che come pecore seguono la corrente del momento. Con la moda si deve giocare, fino ad arrivare a uno stile personale, che non deve limitare quello di nessun altro”.

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Potresti trarre ispirazione da qualche fotografo di moda? o l’hai già fatto? “I fotografi di moda che più riescono a stupirmi, sono quelli che creano magia e fiaba, che riescono a raccontarmi una storia. Te ne cito uno su tutti, proprio perché lo sento molto vicino a me e al mio modo di concepire le foto di moda: Tim Walker, assolutamente fantastico! Per il resto di solito traggo ispirazione da una marea di cose che la mia mente macina ogni giorno, film, romanzi, saggi, immagini di ogni tipo, impressioni e macino, macino sino a quando tutto prende forma”. Si potrebbe parlare di moda applicandola a questo fenomeno? “Ogni volta che indossiamo un abito ci creiamo volutamente o inconsciamente un determinato ruolo o personaggio. La moda in questo senso aiuta tantissimo, oggi più che in passato. Esiste un abito per ogni situazione, circostanza o personaggio si voglia creare, ci si può trasformare in qualsiasi momento; tutti noi lo abbiamo fatto almeno una volta nella vita”. Quale stilista secondo te potrebbe rappresentare al meglio il Doppelgaenger? “Abbiamo l’eredità di tutta la moda del passato e se ci pensi è magnifico! Amando tantissimo cinema e teatro, gli stilisti che mi hanno incuriosito maggiormente sono quelli che più sapientemente riuniscono epoche e stili, creando degli abiti spettacolari e originali, fiabeschi e gotici allo stesso tempo. Mi vengono in mente Vivienne Westwood, Kenzo e Alexander McQueen”.

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Secondo quali criteri scegli gli abiti dei tuoi scatti? “Dipende dall’argomento che sto trattando. Per esempio, per Doppelgaenger, cercavo qualcosa che avesse un sapore antico, d’altri tempi, perché le location scelte per ciascuno scatto sono tutti complessi industriali in disuso ormai da anni. Adoro l’archeologia industriale, evoca mille cose; a me personalmente ricorda una società post-atomica come quella del famoso cartoon che ha segnato la mia infanzia: Canon. Mi piaceva immaginare una società ormai distrutta, dove le industrie in disuso giacevano addormentate ai piedi delle ragazze-bambine e del loro doppio”. Che rapporto hai con lo specchio? (Come oggetto di sdoppiamento figurativo) “Lo specchio è un oggetto che adoro. L’ho utilizzato per vari lavori. È una porta spazio-temporale che ci porta a scoprire un altro sé. Lo specchio amplifica e moltiplica l’immagine e gioca a confondere realtà e artefatto.” Tra i tuoi lavori qual è quello che più ti è piaciuto realizzare? Quali sono le emozioni che provi realizzando le tue opere? “Provo sempre un’emozione grandissima nell’iniziare un nuovo lavoro. È una vertigine indescrivibile perché c’è sempre un elemento d’imprevedibilità che subentra quando inizio a scattare che ti cambia tutto improvvisamente. A volte il solo spostamento delle nuvole sopra il sole, o il cambio d’espressione di una modella creava quel momento imprevisto che però dava alla foto un’atmosfera incredibile.”


Emidio Antoci: un artista dannato Emidio Antoci: un artista dannato di Camilla Martorano and Tommaso Matano

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N

el cuore di Trasteve-

fetti è proprio così; c’è una quantità di oggetti, ninnoli,

re, prima di piazza

cianfrusaglie e doni da ubriacare la vista.

S.Maria, vi è un’altra piazzetta con un ristorante, due bar e

gente che si gode il clima primave-

rile. Ma questo, è ciò che succede a terra.

Poco si sa di lui, data anche la scarsa attendibilità delle sue parole. Ciò che conta è che è divenuto un pittore per un “veto fatto dalla zia”, ed egli è assolutamente consapevole di non aver alcuna vocazione artistica definendosi, anzi, un dannato. “Nella mia vita ha commesso molti errori e il Signore mi sta punendo tenendomi

Se si alza lo sguardo verso l’ultima

all’inferno, in questa casa”, da cui non esce da anni, data

finestrella del palazzo, si avverte la

anche la sua cecità. Della sua arte,nessuna traccia, ad

presenza di uno strambo personag-

eccezione di un quadro raffigurante una Madonna, dalla

gio. Il pittore, l’artista Emidio che fino

dubbia autenticità.

a poco tempo fa teneva in finestra bambole, pupazzi, giocattoli appesi per i capelli o per le braccia, visibili a tutti i passanti. Se si guardano con ansia sembrano sull’orlo del suicidio, se si guardano con fanciullezza non sono altro che pupazzi stesi ad asciugare.

Emerge il ritratto di un uomo solo, triste, pazzo, che si è lasciato andare e che non vuole parlare molto né della sua famiglia (a detta sua, i familiari sono quasi tutti morti, e i figli non li vede), né dei suoi quadri (di cui non vi è prova tangibile perché venduti tutti). Si dice andasse in giro con due paia di occhiali e due cravatte, quest’ultime ancora ben visibili, polverose e appese sopra il letto, ma le cose che lasciano senza parole, oltre alla quan-

Il nonnetto si affaccia e mugugna

tità di oggetti che farebbe impazzire un mercataro di

qualcosa di incomprensibile, ma

Portaportese, sono le scritte che coprono tutti i muri .

alla fine ci apre il portone. Forse un

“Emidio poeta dell’arte!”. Segni di amici? ci dice che non

po’ incoscienti ad entrare in casa di

ne ha più, ma possiamo affermare quasi con certezza

un folle sconosciuto, veniamo ca-

che tutte quelle parole sui muri sono la testimonianza di

tapultate nella prima sala ove non

chi, come noi, era curioso di conoscere “il matto pittore

si identificano bene gli oggetti data

trasteverino”.

una penombra scurissima. Ciò che arriva dritto al cervello è un odore stantio e un pulviscolo di germi e batteri. Emidio ci accoglie seduto sul letto e comincia a parlare in maniera vaga, ma con una scioltezza che lascia pensare sia solito intrattenere persone colloquiando. In ef-

Dopo un’ora di chiacchiere (sempre le stesse, data qualche rotella fuori posto del nostro interlocutore) ci esorta ad andarcene per non stancarci, mica scemo! Ci chiede di fare un miracolo per lui, con la consapevolezza che in verità non si possa fare niente per la sua “dannata esistenza”. Uscendo ci cade lo sguardo su una scritta colorata “la stanza dei pensieri”. Mai nessuna scritta fu più azzeccata.

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Il mio cervello comincia a compiere voli pindarici, circa la vera esistenza di quest’ometto, quanto di vero c’è nelle sue parole, e quante altre storie invece avrebbe potuto raccontarci. Fatto sta, che io ci tornerò, mi sono ripromessa di farlo uscire di casa, ma probabilmente non si ricorderà neanche chi sono. Una volta fuori infatti, due ragazzi salgono dandoci il cambio; chissà questa volta Emidio cosa racconterà ai suoi nuovi amici.

Orizzonti. Chi è? Che cosa volete? Non potete portare via le mie bambine, avete capito? Lasciateci stare, vi prego. Lasciateci stare. No, no, siete angeli dovete venire qui allora. Non potreste fare un miracolo? Voglio la pace, nel cuore e nell’anima, guardatemi, voi dovete fare un miracolo angeli miei, ascoltate, la maledizione è in me, in queste mie mani, sotto queste unghie sporche di vernice, grattatela via, io sarò la vostra tela, cancellate ciò che è inciso nelle mie rughe, e nel mio sguardo, datemi una seconda possibilità. Bisognerebbe nascere due volte, prima solo per prova, poi per vivere davvero, impareremmo di più. Io non vorrei, io non volevo sbagliare tutto. Ma non posso rimediare, solo voi

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potete, voi, creature stupende, datemi la redenzione. Non sentite la puzza di bruciato che è in questo luogo maledetto, ditemi, angeli miei, non sentite il calore asfissiante del fuoco, il fumo che sale a intridervi i polmoni col puzzo di morte, voi che conoscete il miracolo ditemi la verità, non vi si bruciano le ali, in questo Inferno? Volate via, prima che sia troppo tardi. Il sole è fuori da qui, alto, stupendo, non posso dipingerlo, altrimenti saprei spiegarvelo meglio, io e le parole non andiamo molto d’accordo, mi piacciono le immagini, i pennelli, posso dipingervi mentre prendete fuoco in questo Inferno, angeli miei?, andate via c’è il sole là fuori volate verso di lui, non lo temete, vero Dedalo, non avete paura di lui ma solo dell’Inferno, che ne dici, Icaro, ricorda un po’ il vostro labirinto questo orrore che gli umani hanno dentro di loro? Andate via da qui, se non potete salvarmi, fuori c’è un sole bellissimo che non mi appartiene perché non posso rappresentarlo, non ho più quadri, né speranze, angeli, mi restano solo le mie bambine e voi non le porterete via, è chiaro? Ogni giorno le lascio stare sospese sul mondo, i piedi che ballano nell’aria. Voglio che vivano. Io ero un morto ambulante in cerca d’emozioni. Che almeno le mie bambole si salvino dall’eterna angoscia che è in questa casa, volete portarle via con voi, angeli miei?, portatele sul sole, lì è tutto più bello, non è così? Lì la fine arriva, prima o poi, non si muore come qui, respiro dopo respiro. Andate via, angeli. Lasciatemi da solo con le mie bambole. Io vivo fuori dal tempo, e sono un pittore, ma quando ero ancora vivo –vivo per davvero- ho visto l’orizzonte, quella linea ultima in cui il mare e il cielo si incontrano davvero, per sempre, e ho capito che è quella la verità, la verità che l’arte dovrebbe ricercare, perché è il modo che ha la natura per descrivere l’eterno, col suo inchiostro, l’orizzonte, angeli miei, quell’orizzonte che le mie bambole fissano ogni giorno appese alla finestra, lo cercano senza trovarlo –sì, ecco cosa fanno tutto il giorno sospese sul mondo- e ora vi faccio una domanda, angeli, una domanda cruciale cui non so rispondere ma dalla quale dipende tutto la mia vita cristallizzata in questo limbo infernale che è la casa buia in cui vivo senza più un quadro, senza più una passione, senza più la dignità di chi ha dalla sua ancora la ragione, una semplice domanda, angeli profani che non sanno il miracolo: può un pittore scrivere l’orizzonte sulla sua tela?

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Miss France: il mistero della relatività di Maurizia Mezza

B

ipolarismo, doppelgaenger, doppio, mistero, occulto, relatività. Non sono i classici sostantivi da accostare ad un negozio di moda, eppure già sbirciando nella vetrina di “Miss France” ci si rende conto

che non è un negozio come gli altri: lì accadono cose strane, infatti è proprio lei, Miss France, a spiegarci “se lo fai bene questo lavoro escono cose belle”. In via della Scrofa, tra i vicoletti del centro storico di Roma, esiste dagli anni ’60 un piccolo negozio estremamente affascinante. E’ la testimonianza della relatività dello spazio e del tempo. Si chiama Miss France, in quanto la proprietaria, Maryse Fabre, è stata eletta Miss Francia nel 1956, ed è aperto solo la notte, dalle 22 alle 3. Il negozio è molto piccolo ma al suo interno sono conservati almeno 40 anni di storia della moda, da Chanel ad Hermès passando per Max Mara e le scarpe originali di “Ballando con le stelle” (pop contemporaneo?). La relatività spazio-temporale emerge subito. Varcando la porta di questa “boutique d’essay” ci si ritrova in un universo parallelo dove il tempo si è fermato e il comune senso dello spazio non è più così ovvio. In pochi metri quadrati convivono, in un armonioso caos, centinaia di vestiti e accessori da donna, uomo e bambino. Ed è proprio sul bambino che Maryse si è concentrata ultimamente, ci tiene infatti a sottolineare che ha moltissimi capi firmati, da Cacharel a Replay, a costo bassissimo.

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“Questo non è un negozio dell’usato, è vintage scelto e seminuovo, troverai cose incredibili ed autentiche” ci racconta con orgoglio Miss France, ed è assolutamente vero. Dalla vetrina ad oblò sbucano timidamente, tra borse, tazze, giochi da tavolo, gonne e bretelle, un meraviglioso costume da bagno Yves Saint Laurent degli anni ’70, cravatte di seta Christian Dior e un portafogli Fendi. È un luogo misterioso questo, dove ci si potrebbe perdere per giornate intere a scavare tra le montagne di oggetti e a farsi affascinare dalla gentile e simpatica proprietaria, che infine, nel salutarci, ci mostra delle bizzarre salopette di jeans e ridendo commenta: “chi le ha fatte era strano”.

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BIPOLARITY BIPOLARITY

Photographer: Manuela Morgia Model: Carla Barrucci Stylist: Francesca Lancia Hair & make up: Claudio Furini Special thanks for clothes: Hippy Chic

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canotta grigia: manila grace

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tubino nero a balze: doralice

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abito a pipistrello grigio: doralice

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abito di maglia marrone: manila grace

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giacca in pelle: space


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Evidence of a double existence

Photographer: Michele Del Manzo Model: Flavia Serafini Pozzi Stylist: Francesca Zuco Hair: Filippo Costantino, Massimo Formiconi @ Vertigine Make-Up: Charlotte Hardy

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vestito: leila hatzi

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camicia: nadir // vestito: lavinia turra

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maglia: massimo crivellli

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vestito: martin alnares // scarpe: stylist own

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trench: eugenio vazzano // scarpe: steve madden

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giacca: sofie d’hoore

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vestito: massimo crivelli

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The sweet dark side of me


soprabito: tina sondergaard spilla: vintage

Photographer: Ivona Chrzastek Model: Sarah@Icon Model Management Roma Stylist: Maurizia Mezza Hair: Leila Soula Make-Up: Paolo Panczyk@studio13roma

Special Thanks for clothes to: Creje di Salvatore Castigliola Lotorchisco, Ianua, Misty Beethoven, Patrizia Greco Handmade, Tina Sondergaard, Edo city, Molly Bloom, XX XY

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camicia: vintage // pantaloncini: mass parigine:top shop // calzini: stylist’s own

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spolverino: nadir vestito: misty beeethoven occhiali: vintage

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giacca: lavinia turra anelli: danae roma // cappello: stylist’s own

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gorgiera: xy // collana: danae roma

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trench: edo city // vestito grigio: tensione inn cappello: archivio antica manifattura cappelli

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Photographer: Paolo Mancini Model: Asya @ Icon Model Management Stylist: Emanuela Paolacci & Francesca Massera Hair & Make-Up: Claudio Furini Special thanks to: Paraphernalia, Edo City by Alessandra Giannetti, Lol

giacca: alessandra giannetti

entitĂ fashion E-zine


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camicia e gonna: alessandra giannetti

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giacca e pantaloni: alessandra giannetti // bracciali: anna sacconi

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giacca: laura urbinati // leggins: pinko vintage

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giacca pelle: wood wood pantaloni: wood wood bretelle: forte_forte maglia: stylist own

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Photographer: Chiara Spaghetti Kurtovic Model: Mirian Aja첫ro@Icon Model Management Roma Stylist: Diane Orlando

The Shado

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ows

ve stiti: kokoro // sca r p e: x ti

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ve stiti: kokoro // sca r p e: x ti

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ve stiti: kokoro // sca r p e: re play

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vestiti: kokoro // scarpe: xti

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tory c Dire Store Creje di Salvatore Castigliola Lotorchisco Via del Boschetto, 5/a - Roma - [t] +39 0648905227 Edo city Via Leonina, 78/79 - Roma - [t] +39 0648930405 Hippy Chic Via Flaminia Vecchia, 639/639a - Roma [t] 06.3337197 Ianua Via dei Serpenti, 127 - Roma - [t] +39 0648902548 Kokoro Via del Boschetto, 75 - Roma - [e] store@kokoroshop.it Lol Piazza degli Zingari, 11 - Roma - [t] +39 064814160 Misty Beethoven Via degli Zingari, 12 - Roma - [t] +39 064881878 Molly Bloom Via dei Giubbonari, 27 - Roma - [t] +39 066869362 Paraphernalia Via Leonina 6 Roma - Roma - [t/f] +39 064745888 [e] paraphernalia6@hotmail.com Patrizia Greco Handmade Via degli Zingari, 51 - Roma - [t] +39 0689010025 Tina Sondergaard Via del Boschetto, 1/d - Roma XX-XY Via degli Zingari, 31/b - Roma - [t] +39 0648907206 Beauty Claudio Furini Hair stylist & Make up Roberto d’Antonio Via di Pietra, 90/91 - Roma - [t] +39 066793197 Studio 13 Piazza Cavour, 13 - Roma - [t] +39 0668803977 Vertigine Via San Francesco a Ripa, 6 - Roma [t] +39 0658335084 - [e] vertigine.sas@libero.it

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Periodico telematico di cultura ed informazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 630/99 del 24 Dicembre 1999 P.le Medaglie D’Oro, 49 - 00136 Roma Redazione Via Gregorio VII, 466 - 00165 Roma [t] +39 0666044995 - [f] +39 0666044993 [e] fashion@e-zine.it Direttore Responsabile Fabrizio Manzione Direttore Editoriale Massimiliano Padovan Collaboratori Gianverà Bertè Susanna Boccolucci Francesca Lancia Veronica Magliocchetti Federica Mandrici Chiara Martellucci Camilla Martorano Francesca Massera Maurizia Mezza Diane Orlando Emanuela Paolacci Matteo Testa Federica Zanni Francesca Zuco Webmaster Alberto Cini Editore P.le Medaglie D’Oro, 49 - 00136 Roma [t] +39 0666019323 - [w] www.menexa.it

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