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numero 41 - Anno 12 Sabato 12 Ottobre 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce ai giovani A Cosenza si discute sul varo delle misure del governo sul lavoro www. mezzoeuro.it

La storia degli arberëshë in un libro

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Sabato 12 Ottobre 2013

Il legno storto

Raffaele Fitto

Finita la farsa è il momento dei

“diversamente” berlusconiani Pochi, e tutti da quella parte, possono negare che l’annuncio “meditato” della sfiducia votata alla unanimità al governo Letta fatta da Brunetta in Senato e la “sofferta fiducia” concessa, a seguire, dopo appena una ora dal Capo Mezzoeuro («Un grande!», nell’infrenabile commento ironico del Premier), non Fondato da Franco Martelli abbia assunto tutto l’aspetto di una vera farsa (con oscure retroscene). Ediratio C’era da ridere a crepapelle per la inversione a “u” avvenuta in breve Direttore responsabile Domenico Martelli tempo, anche se tutto lascia credere che si sia trattato di una recita Registrazione per far capire che il governo Letta si salvava per il rotto della cuffia e che Tribunale di Cosenza n°639 due forme di berlusconismo (non più una sola) lo stringevano da ora in del 30/09/1999 poi in una morsa: lo scudiero Alfano, privo del “quid” (questa opinione Redazione e amministrazione ne aveva, e forse ne ha ancora, il “padrone”), poteva restare ancora, con via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza una “strana” fiducia, assieme a Letta e così in qualche modo salvare Responsabile settore economia Pdl-Fi dal naufragio in cui sta precipitando il Cavaliere, e dalla Oreste Parise spaccatura tra “filogovernativi” (“ministeriali”: così Ferrara), “lealisti”, Progetto e realizzazione grafica pacifisti, arrabbiati, la quale tuttavia è difficile che si concretizzi nella Maurizio Noto creazione di gruppi autonomi in quanto in ultimo vi è sempre il gran telefono 0984.408063 fax 0984.408063 pastore “sintetizzatore finale” che sa come riportare il gregge all’ovile. e-mail: ediratio@tiscali.it Alla parte farsesca della vicenda approdata ad un governo di “nuove Stampa intese”, tenta di sottrarsi il premier Letta che si vede (pura illusione) Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) all’inizio di un nuovo corso politico libero dalla gravosa ipoteca Diffusione berlusconiana e con una frammentazione del centro destra incapace Media Service di Francesco Arcidiaco ormai di riprendersi senza i comandi non di un leader bensì di un Capo telefono 0965.644464 fax 0965.630176 per giunto ridotto male. Ma Angelino Alfano che continua a muoversi Internet relations N2B Rende sotto il manto protettivo del Cavaliere pensoso dell’unità del movimento, Iscritto a: non può che smentire Letta reo di aver dichiarato chiuso un ventennio Unione Stampa Periodica Italiana di berlusconismo, rimproverandogli una indebita ingerenza; il “diversamente” di Alfano si svela per quel che è,un piccolo segno di autonomia dal Padrone per darsi un tono e vedere come non essere interamente travolto da una crisi di paura: con in più. n. 12427 Il tremore per essere visto subalterno alla sinistra editore

di Franco Crispini

Il Cavaliere gongola vedendo come se la cava il suo delfino, e al tempo stesso ha qualche perplessità sul modo in cui si sta muovendo un altro giovane moschettiere, Fitto, con la sua idea di un azzeramento tramite un congresso, uno strumento democratico questo che è quanto di più lontano dalle idee del Capo unico. E tutti gli altri, le amazzoni, la Bernini, la Biancofiore, la Carfagna, la Brambilla, la Gelmini, i guerrieri, Brunetta, Verdini, Capezzone, ed il vecchio ragionatore Cicchitto, e la sparviera Santanchè? Tutti credenti in un “unico Dio”, si ritagliano i loro spazi, recitano le loro parti e attendono le illuminazioni del Sovrano. Il governo Letta comincia a ricevere scosse sismiche ed anche il messaggio di Napolitano alle Camere sulla situazione carceraria con l'indicazione e richieste di provvedimenti di Amnistia, Indulto, clemenza secondo la natura dei reati, più che venire a sancire un nuovo clima, forse acutizza rivalità latenti creando nuovi attriti tra alleati riguardo ai vantaggi che potrebbero venirne al condannato prossimo alla “rieducazione” nei servizi sociali. Il secondo e terzo atto della commedia che ha sempre come protagonista il “pregiudicato”, sono destinati a durare (quanto il governo delle “nuove intese”?) e ci faranno assistere ad altre giravolte: altre sentenze, altre notti insonni assieme all'amata ed a “dudù”, altre minacce, altri tentativi di aggirare la legge, altre mobilitazioni, ed infine, al triste spettacolo del Capo spremo scornato e bastonato. Alle tempeste in arrivi sopravviverà il governo “rifiduciato” che in apparenza si fa coraggio e sforna provvedimenti di cui pochi vanno in porto tra mille ritocchi e arrangiamenti? Quel che il Parlamento, dietro il richiamo del Capo dello Stato, vorrà fare la grave questione carceraria, avvelenerà ulteriormente i rapporti col Pdl-FI, scatenerà i grillini, tenterà di far pesare sul Pd accusato di muoversi solo per ostilità a Berlusconi, un mancato intervento per la situazione delle carceri, sospettato di un suo utilizzo a favore del reo sul quale grava la irrevocabile condanna. Si può essere certi che in tutte le circostanze che verranno, i “diversamente berlusconiani” ed i frondisti dalle tante facce saranno un corpo unico stretto attorno al Sovrano.


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Sabato 12 Ottobre 2013

La mano pesante del diritto

Una notizia in punta di diritto destinata a lasciare e non poco il segno nello scacchiere del potere regionale. Flavio Cedolia, direttore generale dell’Arsac (ex Arssa) messo alla porta dalla Regione Calabria, deve essere immediatamente reintegrato al uso posto. Lo ha stabilito il Tar Calabria - Catanzaro - 2^ sezione (presidente Schillaci, Estensore Falferi) accogliendo integralmente le tesi difensive svolte dagli avvocati Oreste Morcavallo e Fabrizio Criscuolo sospendendo di fatto il provvedimento di revoca dall’incarico di direttore generale dell’Arsac di Cedolia reintegrandolo conseguentemente nelle funzioni. Vediamo come si è arrivati a questa importante determinazione giuridica. Con delibera n. 293/2013 della giunta regionale e successivo decreto presidenziale il direttore generale dell’Arsac Flavio Cedolia veniva revocato dall’incarico. I motivi della revoca risiedono nella presunta mancanza di un titolo professionale idoneo e in una presunta precedente “destituzione” da incarico di direttore amministrativo dell’Asp di Cosenza. Avverso i provvedimenti insorgeva con ricorso Cedolia, con gli avvocati Morcavallo e Criscuolo, il quale contestava le motivazioni della Regione, specificando in via prioritaria che non aveva avuto alcuna possibilità di contraddire ai rilievi della Regione e, inoltre, di essere in possesso di diploma di laurea in economia e perfettamente idoneo, secondo il bando di selezione, a ricoprire il posto di direttore generale; rilevava inoltre di non essere mai stato “destituito” da alcun impiego, trovando, la norma evocata, applicazione per gli impiegati civili della Stato e, peraltro, dichiarata incostituzionale. Si costituiva la Regione con l’Avvocatura regionale che ribadiva la validità dei provvedimenti adottati. All’udienza del 10.10 il Tar, in Camera di consiglio, dopo ampia discussione accogliendo integralmente le tesi degli avvocati Morcavallo e Criscuolo, sospendendo il provvedimento di revoca, statuendo la illegittimità delle procedure adottate dalla Regione. Una decisione forte quella del Tar che inevitabilmente lascerà il segno.

Cedolia torna al vertice dell’Arsac IL TAR NE ACCOGLIE IL RICORSO. ILLEGITTIME LE PROCEDURE DELLA REGIONE SUCCESSO DEGLI AVVOCATI MORCAVALLO E CRISCUOLO

Oreste Morcavallo Sopra, il Tar di Catanzaro

Ambiente, si allargano iPapporto confiniIspradelle città su qualità urbana: Santagati, ampliare lo studio alle aree urbane omogenee

«Estendere lo studio e la valutazione degli impatti sull’ambiente nelle aree urbane al di là dei confini istituzionali delle principali città italiane, tra cui risultano Catanzaro e Reggio Calabria, focalizzando l’attenzione anche su aree urbane omogenee come, in Calabria, l’area Catanzaro - Lamezia oppure l’area Cosenza Rende - Castrolibero. Scopriremmo che vi sono altre aree territoriali italiane in grado di fornirci ulteriori dati ed indicatori per analizzare meglio le diverse questioni che interessano l’ambiente nelle aree urbane». E’ questo uno dei tratti salienti della relazione della dr.ssa Sabrina Santagati, direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal), ha tenuto questa mattina intervenendo nel corso della presentazione del IX Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano, che si è svolta a Roma alla presenza del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, e dei direttori generali di tutte le Arpa italiane nonché dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale). «La necessità di evolvere lo studio anche su altre aree urbane ha dichiarato Santagati - è auspicabile per diversi motivi: primo fra tutti perché a fruire del “sistema città” vi è una popolazione che va ben oltre i dati dei residenti, così come censiti dall’Istat; penso ai Comuni che quotidianamente devono affrontare e risolvere problematiche derivanti da un’area urbana circostante, esterna ai confini comunali, che “spinge” sulle città incidendo su tutte le matrici ambientali che questo Rapporto analizza». In questa edizione 2013, la città di Catanzaro si unisce alla già presente Reggio Calabria, tra le sessanta aree urbane studiate dal Sistema nazionale della Protezione Ambientale - composto da Ispra e dalle Arpa italiane - approfondendo, tra l’altro, sulla quantità di emissioni di sostanze inquinanti e la qualità dell’aria, il verde urbano, la mobilità in città e i parchi auto, le forme di urbanizzazione e le dinamiche dell’uso del suolo, l’approvvigionamento idrico.

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Sabato 12 Ottobre 2013

Democraticamente spacciati Mario Oliverio Nicola Adamo Sotto, da sinistra: Ernesto Magorno Sandro Principe e Nicodemo Oliverio

Si va per bande La perversione è arrivata al punto che “Roma”, intendendo con questo il centro gerarchico nazionale dell’ombroso Pd, s’era messa a chiedere ai calabresi di trovare una unità prima di contarsi con il coltello tra i denti. Una foto di gruppo tutti insieme col sorriso prima di ammazzarsi. Come poteva finire? Che la foto non s’è scattata, anche il fotografo se l’è data a gambe. È come chiedere alla benzina di spegnere un incendio, o a una sigaretta di smettere di fumare. “Roma”, della Calabria, non sa più che farne nel senso che ne farebbe volentieri a meno magari cedendola per questioni umanitarie agli attivisti di Lampedusa ma un partito con le seriosità come quelle che s’è dato il Pd una soluzione la deve pur trovare e allora che fa? Ogni tanto manda un Musi, un D’Attorre a svernare (e a catturarsi un seggio). E quando non c’è da votare nell’imminenza chiede ai calabresi un gesto d’unità. Che è come chiedere al ghiaccio di prendere il sole. Morale della favola, cari calabresi, sono cazzi vostri. Le bande che vi siete fatti sedimentare dai capibastone in tutti questi anni non le squaglia nessuno e ve le tenete. Già, le bande. Di tanto in tanto cordate, più raramente correnti. Ma bande poi restano e sono. Di leader neanche a parlarne figurarsi poi di progetti e visioni per la Calabria e i calabresi. E dire che a sentirli, i “nostri” del Pd di Calabria, viene quasi da crederci che hanno una battaglia più seria da combattere. La regione è in ginocchio, va rialzata. La Regione di Scopelliti poi, uno psicodramma. E giù dossier e report sulla spesa comunitaria, sulla sanità, sulle consulenze. Sulla disoccupazione, sulle diseguaglianze. Quando c’è da conquistare pagine di mondanità il Pd è imbattibile. Punta (mediaticamente) Scopelliti che è un piacere. Ma fintano che le bande quelle restano il lungo e ambizioso governatore dello Stretto può dormire sonni tranquilli, gli fanno il solletico. Perché le bande del Pd tutto hanno a cuore, tranne il potere vero e anche responsabile della regione. Gli bastano, e gli servono, le poltrone tutte interne da controllare, da difendere, in alcuni casi da riacciuffare. Tutto, purché si resti in scena. Basta questo alle bande, alla Calabria e ai calabresi ci pensi pure Scopelliti. Sono poi abili e al contempo ostinate nel radere al suolo ogni filo d’erba, le bande. Distruttive, che è poi il loro fine industriale. Anche qui, anche nel caso del congresso regionale da poter celebrare

Si supera in "disunione" il Pd di Calabria. O magari proprio questo voleva chi gli ha rimbalzato un'altra volta la palla avvelenata Il risultato è che non se ne esce, ormai è un marketing industriale il caos. Stavolta però, senza congresso e senza partito almeno fino a gennaio, potrebbe rimanerci poco o nulla da spartire Ci sono i pomodori dietro l'angolo...

prima del nazionale tutti hanno giocato al negativo. Prima di restituire a Roma l’avvilente palla della disunità nessuno ha fatto niente per provare a costruire. La banda che voleva e vuole il congresso subito (finendo quasi per dare l’impressone che col passare del tempo verranno cacciati fuori a pedate) poteva abbozzare una via di mezzo, una soluzione “democristiana” come quella di celebrare insieme nazionale e regionale. E dall’altra parte la banda che fiuta il carro nuovo, quello buono, dove mescolare dentro inadeguatezze del passato, profili etici borderline, carriere altrimenti insaziabili fa altrettanto nel senso che arroccata sul rinvio a gennaio ha solo mostrato di tenere all’allungamento del brodo, quasi avesse avuto certezze da Firenze che si farà piazza pulita dopo l’Immacolata. Ma Renzi, per dirla tutta, ha idea di chi lo sta rappresentando in Calabria? Da un lato la banda “sovietica” (con l’aggiunta deleteria di qualche volto di comprovata esperienza al negativo della cosa pubblica) dà solo l’impressione di temere ogni giorno che passa senza certezze di poltrone. Dall’altro la banda dei “trasformisti” dà invece gran saggio di saper masticare pure il letame purché sia nuovo di facciata e capace di acchiappare nuove frontiere. Nemico comune, dell’una banda quanto dell’altra, la disoccupazione personale, il restare a piedi. Eppure per esempio Rosi Bindi non indicando nessuna cordata né a livello nazionale né a livello locale una qualche saggia via d’uscita l’aveva offerta perché è proprio nelle contrapposizioni più dure che la politica deve trovare strumenti per superarsi. Ma niente. Muro contro muro. Banda contro banda. Oggi sul congresso e le sue regole. Ieri su altro ancora. Domani chissà, gli argomenti non mancheranno. Ma guai a fidarsi della loro pancia. Anche dentro le rispettive bande ci sono movimenti trasversali che “dialogano” tra loro. Non sono una squadra contro un’altra, ma due assemblaggi di debolezze che provano e resistere al tempo che incalza. Se si possono accoltellare anche all’interno della stessa banda lo fanno pure, l’importante è ammazzare nella culla un potenziale problema. È la logica del Pd di Calabria, è questo il suo sangue. Sembra maledetto, quasi inguaribile. È rosso però, il colore rimane. Come quello dei pomodori che stavolta rischiano di prendere. Tutti.

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Sabato 12 Ottobre 2013

Ora sì che somiglia a un partito Pino Galati che continua a fare il freddo con la cordata di Angelino Alfano è solo l’ultimo dei termostati che danno la cifra di una linea che non c’è. O che se c’è non al punto da illuminare tutti. Certo la buriana sembra passata, il panico dei giorni scorsi messo in un angolo. Ma in pochi sono davvero disposti a credere che d’improvviso sia calata la razionalità dentro il partito. La brillante e per certi aspetti geniale sceneggiata napoletana del Cavaliere, capace di lavarsi la faccia in diretta annunciando il sostegno a un governo che non voleva fino alla mattina, ha complicato non poco il piano degli scissionisti “responsabili” e dall’altra parte però ha finito per tappare le ire degli integralisti. In un modo o in un altro Berlusconi s’è rimesso al centro del campo ma stavolta la sensazione forte è che sia più parvenza che sostanza.

Scoprirsi senza capo... Chi voleva andar via sta lavorando lo stesso all’obiettivo e non deve sfuggire ai più attenti l’ostinazione anche lessicale di un Fabrizio Cichitto. L’esperto ex piduista (tra le prime tessere della P2) non si spende mai a caso e se ha deciso di mollare il Cavaliere deve aver subdorato ragioni altre che sfuggono ai più (le mani del Fisco su Licio Gelli di queste ore valgano per il dipinto d’insieme). E chi voleva l’intifada, la guerra integralista, sta solo aggiustando il tiro fingendo una divisione ulteriore tra lealisti e falchi che, di fatto, non convince nessuno. L’imminente espulsione di Berlusconi dal Senato e la richiesta dello stesso dei servizi sociali che scatteranno a breve contribuiranno a fornire un quadro destabilizzante a tutto perché un conto è pianificare anche i traumi a tavolino altro poi è viverli in diretta con tutte le conseguenze imprevedibili del caso. E chi conosce la testa calda del ragioniere Berlusconi di una cosa è convinto, ancora il suo finale di partita non l’ha scritto. Nel mentre però, i due partiti che stanno dentro l’unica sigla, lavorano per dividersi. Fitto chiede un congresso, Alfano fa finta di niente e gira il Paese da statista. La via di mezzo, come sempre azzeccata, potrebbe essere quella vincente alla fine. Per il congresso non è cosa, troppo sangue scorrerebbe e il rischio potrebbe essere quello di non ritrovarsi poi niente nelle mani. Ma una specie di conta va in qualche modo messa in programma, così non si può costruire niente. Alfano si comporta troppo da leader senza nessuna legittimazione, dicono i falchi e i lealisti. E dall’altra parte chi ha seminato guerra fin qui appartiene a un partito che non c’è più. In mezzo, a scalare, tutta la pletora dei colonnelli dell’uno e dell’altro schieramento, Scopelliti in

Continua sottotraccia la guerra fratricida dentro il Pdl con posizionamenti che ancora non sono ben delineati. Il panico è solo accantonato, non scongiurato

testa ovviamente fortemente schierato con Alfano. Ma la via di mezzo quale potrebbe essere? Un congresso sul “campo”, per esempio, potrebbe essere rappresentato dalle elezioni europee della prossima primavera, un banco di prova che viene giudicato cruciale nel partito. Non tanto e non solo per la vittoria finale quanto proprio per l’individuazione dei candidati considerato il più spendibili possibile. Anche il governatore Scopelliti sarà chiamato a giocarsi una partita del genere.

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano Sotto, Peppe Scopelliti e Pino Galati

Sua potrebbe essere la prima mossa, quella del candidato forte per le europee. Una opportunità, ma anche un rischio. Finirà sul suo conto il risultato e gente come Fitto non starà a guardare. La partita è ancora apertissima. Alfano, con Berlusconi parlerò della legge di stabilità. Legge di stabilità in primo luogo, poi i temi interni al Pdl. Questa la scaletta dei temi in discussione quando il ministro Angelino Alfano incontrerà Silvio Berlusconi. A dirlo ai cronisti è stato vicepremier, a Reggio Calabria per partecipare a un forum su “Criminal economies”. «È stata una settimana molto complicata - ha detto Alfano ai cronisti - a partire dalla tragedia di Lampedusa; oggi è stato approvato il femminicidio, ieri abbiamo salvato Alitalia; l’altro ieri abbiamo realizzato anche un importante risultato correggendo il deficit senza aumentare nuove tasse. Stiamo lavorando sulla legge di stabilità. Non ho avuto modo di occuparmi delle vicende delle cariche interne al partito. Stasera - ha proseguito Alfano - vedrò il presidente Berlusconi e parleremo prima di tutto della legge di stabilità perché martedì vi sarà un importante appuntamento. Il Popolo della Libertà chiederà ancora una volta di fare una legge di stabilità senza aumentare le tasse e anzi tagliando le spese». «Quindi prima di tutto con il presidente Berlusconi parleremo di questo - ha concluso Alfano - e poi certamente parleremo anche del resto».


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Sabato 12 Ottobre 2013

E lo chiamano Credito cooperativo La Banca di Cosenza non esiste più. È stata liquidata e divisa in due tronconi tra la Banca sviluppo e la Bcc Centro Calabria. Una operazione dolorosa, ma necessaria intervenuta a seguito dell’ispezioni della Banca d’Italia che aveva evidenziato una seria di irregolarità amministrative nella politica di concessione creditizia. Poteva essere adottata una soluzione diversa, magari garantendo l’integrità dell’istituto. Chissà. Forse si sarebbe dovuto assicurare la sua totale permanenza nel sistema cooperativo aggregandola con qualche altra consorella. I contorni della vicenda non sono mai stati molto chiari, poiché com’è prassi in questi casi prevale la discrezione sulla pubblicità degli atti, per cui non era fin qui noto il retroscena che hanno provocata la crisi della banca. Ora che la magistratura ha fatto il suo corso è possibile avere qualche informazione in più e rendersi conto dei motivi reali che hanno provocato l’intervento della Banca d’Italia.

Il familismo amorale della finanza locale La prima conclusione che si può trarre è che la situazione era più grave di quanto apparisse, poiché era stata trasformata nella succursale della famiglia del presidente Giacinto Ettore Caroselli, oggi fuggiasco. Inseguito da un ordine di cattura per un reato di altra natura, aggiunge al suo palmarès un altro mandato di arresto e il sequestro del suo patrimonio con il provvedimento emesso nei suoi confronti a seguito della conclusione delle indagine dell’operazione ‘Family bank’, condotta dal procuratore della Repubblica, Dario Granieri, dal procuratore Aggiunto, Domenico Airoma, e dal sostituto procuratore, Paola Izzo coadiuvati dal Nucleo di polizia tributaria di Cosenza e dalla sezione di Polizia giudiziaria carabinieri presso la procura di Cosenza. L’inchiesta giudiziaria ha evidenziato il carattere personalistico con cui la banca è stata gestita. Per una serie di circostanze, dovute alla posizione dominante del Presidente che era il vero dominus dell’istituto, poiché godeva di un potere enorme concentrando nelle sue mani la carica di responsabile della clinica Madonna della Catena di Laurignano, la presidenza della Bcc di Cosenza e il centro benessere di Spezzano Albanese formalmente di proprietà della Calabria Terme e Salute s.r.l. L’insieme delle funzione cumulate gli dava una posizione di prestigio e di potere che egli esercitava per poter ottenere vantaggi e favori per sé e per la propria famiglia. Il forziere del suo impero economico-patrimoniale era costituito proprio dalla banca utilizzata come una cassaforte di famiglia, attuata con una politica di concessione creditizia al di fuori e al di sopra di qualsiasi canone professionale. Per attuare i suoi progetti si serviva dell’acquiescenza del management bancario, da lui stesso scelto e a lui soggetto per incentivi, premi e avanzamenti di carriera. Vi era un ordine gerarchico che di fatto gli consentiva di indurre il direttore generale Eugenio Gallo, il responsabile dell’ufficio Fidi, Carlo Canè e il responsabile dell’ assecondare le

Lo scandalo della Bcc di Cosenza appartiene alla lunga lista delle banche calabresi sparite nel corso di questi decenni postbellici La sua ombra continua però a oscurare l'intero sistema, che necessita di una cura drastica per non essere costretta ad ammainare una bandiera dopo una esistenza secolare al servizio dell'economia locale. Dagli uffici inquirenti si intuisce solo una cosa fin qui: non è finita l'inchiesta e per certi aspetti potrebbe essere solo all'inizio Eccone i punti chiave

La Bcc di Cosenza

sue pressanti richieste di finanziamenti volti al finanziamento delle sue molteplici attività e quelle dei suoi familiari. Un caso esemplare di familismo amorale che aveva assunto il carattere decisamente criminale, poiché condotto con metodi e sistemi del tutto arbitrari ed illegali. Tralasciando il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali ai dipendenti, tutte i reati contestati riguardano operazioni creditizie, che si possono riassumere come in seguito. Ettore Caroselli, Tosto Giancarlo, nella sua qualità di vice-presidente e Gallo Eugenio ideavano e realizzavano le strategie societarie e bancarie finalizzate ad ottenere l’erogazione di denaro da parte del Credito Cooperativo, in particolare praticavano una politica creditizia palesemente in contrasto con le normative e le prassi vigenti nel sistema bancario inerenti la concessione del credito, si servivano dell’istituto di credito per finanziare operazioni di società riconducibili al Gruppo Caroselli, predisponevano documentazione relativa ad operazioni fittizie, distraevano ingenti somme di denaro alle finalità cooperative dell’istituto, ne compromettevano gli equilibri economico-finanziari Gli stessi concedevano ingenti somme di denaro, in difetto delle adeguate garanzie, in favore del presidente e dei prossimi congiunti, di sua moglie

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Mezzoeuro E lo chiamano Credito cooperativo

Pio Maria Dolores e sua figlia Caroselli Barbara nenti dello stesso consiglio di amministrazione e nonché ai cognati Mercuri Rosario e Pio Giovanna i dirigente dello stesso istituto. Al di fuori delle Liliana, e al fidanzato della figlia Torralba Zayas enormi esposizioni nei confronti del ‘Gruppo Lasse. Caroselli’ e dei suoi familiari, la conduzione delConcessione in data 29/03/2007 di un mutuo chila banca non era molto distante dagli standard di rografario di euro 382.585,83 in favore della Casa banche consimili e la due diligence aveva ben eviDi Cura Madonna Della Catena s.r.l., nei confronti denziato che il portafoglio crediti non presentava della incorporata Casa Delle Rose S.R.L., pur in situazioni di gravità assoluta riconducibili sotto la presenza di ritardi nel pagamento delle rate, di rifattispecie criminosa, pur evidenziando le diffigidità di utilizzo e sconfinamenti dei fidi, di inoscoltà della cliente per effetto della grave crisi ecoservanza delle convenances di cui al contratto di nomica. finanziamento, di dati di bilancio recanti indicatori reddituali e di liquidità negativi. Anticipo su fattura di euro 685.761,78, in favore della Calabria Terme e Salute s.r.l., giusta delibera datata 06/08/2009 del C.d.A., in difetto delle condizioni previste dalla legge; ed in particolare: In presenza, in data 31/12/2008, di una esposizione con il sistema bancario pari a euro 965.618,00. L’operazione era stata autorizzata con la fideiussione della Opus Homini del 70%, per euro euro 350.000,00 e fideiussioni Omnibus di Caroselli Giacinto Ettore, Caroselli Barbara, Pio Maria Dolores per euro 1.240.000,00. La società presentava perdite di esercizio superiori ai suoi ricavi negli anni 2006 (ricavi di euro 452.980,21 e perdite di euro - 538.287,84, anno 2007 (ricavi di euro 736.527,00 e perdite di euro - 547.785,10), anni 2008 (ricavi di euro 928.549,00 e perdite di euro 260.759,00). Concessione di un prestito chirografario di euro 25.502,05, in data 29/09/2009 in favore di Caroselli Barbara, di cui era accertata esposizione verso il sistema bancario per garanzie prestate su nr. 2 mutui chirografari accordati rispettivamente a ‘Casa di Cura Madonna della Catena s.r.l.’ (importo originario euro 650.000,00) ed a ‘Calabria Terme e Salute s.r.l.’ (importo originario euro 500.000,00). Concessione di un credito in conto corrente di euro 55.000,00, in favore di Mercuri Rosario in data 04/09/2009. Mutuo chirografario di euro 400.000,00 concesso a Mercuri Rosario e Pio Giovanna Liliana, deliberato il Domenico Airoma 28/10/2009, iscritto nel libro fidi al nr. procuratore aggiunto della procura 3.195; operazione che veniva effettuata in della Repubblica di Cosenza Dario Granieri presenza di vincoli di parentela tra i pre- Sotto, procuratore capo della procura detti beneficiari, il Presidente del C.d.A., della Repubblica di Cosenza Caroselli Giacinto Ettore, ed il coniuge, Pio Maria Dolores, nonché in costanza di compartecipazioni riconducibili a società del Gruppo Caroselli (Casa di Cura Madonna della Catena s.r.l. e Calabria Terme e Salute s.r.l.), già esposto con il sistema bancario e titolare di un patrimonio immobiliare gravato da ipoteche in favore di altri creditori. Anticipi su conto corrente di euro 100.000,00 e fido di euro 50.000,00 concesso in favore di Caroselli Giacinto Ettore e Pio Maria Dolores con delibera del 18/09/2008, in presenza di accertata esposizione verso il sistema bancario e di garanzie inadeguate, nonchè della somma di euro 149.996,24, riferita al mutuo chirografario nr. 15187 di euro 500.000,00 deliberato in data 26/04/2007 in favore di Pio Maria Dolores. Anticipi in conto corrente di euro 28.144,29, anticipi su conto corrente di euro 5.000,00, e della somma di euro euro 10.000,00, a titolo di mutuo chirografario, concessi dal C.d.A. della Banca di Cosenza, con delibera del 10/07/2009, in favore di Torralba Zayas Lasse, legato da rapporti privati al Presidente del C.d.A. (fidanzato della figlia) e con modesta redditualità conseguita nelle annualità 2008 e 2009. Risulta evidente il ruolo determinante avuto in tutta la vicenda dal Presidente dell’istituto che ha pesantemente influenzato gli altri compo-

Scrivevano, infatti, gli ispettori della Banca d’Italia nella propria relazione: «La governance è pesantemente condizionata dalle figure egemoni del Presidente e del Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione e presenta ulteriori squilibri derivanti dall’insufficiente dialettica tra il Consiglio e gli altri organi sociali; rileva, inoltre, una pesante conflittualità in seno alla base sociale (…)». Ed inoltre: «Al presidente del cda è riconducibile la principale posizione di rischio della banca classificata a incaglio in sede ispettiva e condizionata da conflitto di interessi e aspetti di scarsa trasparenza. Sui conti del vice presidente, sottoposto ad accertamenti giudiziari e legato al Presidente da rapporti di affari, risultano effettuate movimentazioni evidenziate come anomale dalla procedura Gianos, ma archiviate senza adeguata motivazione. (…)». La figura egemone del presidente e del presidente si manifestavano anche nella manipolazione dei vertici del Confidi Opus Homini che veniva utilizzato per i fini del gruppo senza alcuna considerazione della pesante posizione di rischio complessivo e delle difficoltà evidenziate dai documenti contabili delle società del gruppo. Agli indagati viene contestato un comportamento lontano dalla consolidata prassi bancaria, e per assecondare il loro dominus «approvavano affidamenti a favore di persone fisiche e/o di persone giuridiche a loro, direttamente o indirettamente, riconducibili. In altri termini, le erogazioni finanziarie venivano effettuate, in deroga alla normativa di riferimento del settore, a favore di soggetti legati ai prevenuti da rapporti parentali o a favore di società gestite dai medesimi». Per l’assenza di controlli e per aver supinamente accettato un comportamento così anomalo, gli ispettori della Vigilanza hanno censurato pesantemente l’intero Consiglio di Amministrazione della Banca che «...in carica sino ad aprile 2009 non ha adottato interventi sulla struttura organizzativa e non ha potenziato il sistema dei controlli. L’attuale consesso si é limitato a riallocare il personale secondo criteri di accondiscendenza alla Presidenza dell’organo, riconoscendo promozioni e gratifiche senza attenzione all’incremento dei costi operativi - che condizionano pesantemente la redditività aziendale - e continuando a tralasciare l’adozione degli interventi organizzativi necessari alla riqualificazione dei processi aziendali e al presidio dei rischi.(…)». «Il collegio sindacale in carica e quello precedente hanno svolto verifiche superficiali e non incisive soprattutto sul comparto del credito e in materia di antiriciclaggio. Con riferimento alla materia creditizia, l’organo non ha condotto approfondimenti sulle principali posizioni di rischio e si è limitato a prendere atto dell’avvio delle azioni di regolarizzazione delle posizioni anomale, senza seguirne l’esito; inoltre non ha vigilato sul rispetto della regolamentazione relativa al conflitto di interesse». Quanto al direttore generale, l’Autorità di vigilanza si è ivi così espressa: «Il Capo dell’esecutivo in carica da maggio 2009, ma assunto nel 2007 e già vicario del precedente Direttore, si è occupato prevalentemente di aspetti commerciali mostrando acquiescenza alle decisioni dell’organo consiliare e limitando la dialettica e l’attività di supporto alle decisioni delta stesso; il Direttore, inoltre non ha assunto iniziative per il rafforzamento dei presidi organizzativi e di controllo. (…)».


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Sabato 12 Ottobre 2013

E lo chiamano Credito cooperativo

La clinica della Madonna della Catena

Nella detta proposta, con specifico riferimento al processo del credito sono svolti i seguenti rilievi: «nel corso dell’istruttoria non sono state adeguatamente valutate la capacita di rimborso del richiedenti, la destinazione del finanziamenti e la consistenza delle garanzie acquisite, rivelatesi spesso incapienti con pregiudizio sull’entità dei recuperi. Sono state poi utilizzate forme tecniche di affidamento non coerenti con le caratteristiche delle iniziative sovvenute, ciò comportando l’immobilizzo in breve tempo di tali posizioni. E’ apparsa ricorrente la prassi per le filiali di trasmettere la pratica di affidamento senza il parere istruttorio, che viene redatto dei soli uffici centrali»; (…) «…La gestione della posizioni è stata caratterizzata da comportamenti quali tolleranza di reiterati sconfinamenti e redazione di piani di consolidamento dei debiti non sostenibili per il debitore che hanno avuto solo effetto di procrastinare la presa d’atto dello stato di difficoltà degli affidati»; (…) «il controllo andamentale è risultato del tutto carente, in quanto non si è avvalso con tempestività ed efficacia delle informazioni presenti nelle schede di rischiosità. Inoltre, rilevano numerosi casi di mancata revisione di fidi a revoca; (…)», «l’azione di recupero è risultata anch’essa del tutto carente a motivo del ritardato avvio delle azioni legali e, spesso, della loro sospensione a seguito di proposte che, non attentamente valutate, rivestivano carattere meramente dilatorio». Di rilievo particolarmente negativo sono le condotte ivi ascritte al presidente dell’organo amministrativo: «Più specificamente, profili di anomalia hanno connotato la gestione di due posizioni facenti capo al Presidente dei consiglio di amministrazione che, unitamente ad altra posizione creditizia collegata, rappresentano il primo grande rischio della Bcc Cosenza pari a euro 2,6 milioni classificato a incaglio in sede ispettiva. In particolare, tra i mesi di giugno e agosto 2009 sono stati ampliati gli affidamenti già concessi con istruttoria inadeguata, in assenza cioè di valutazioni sulla situazione tecnica delle società affidate e sull’esposizione complessiva verso il sistema bancario (pari per entrambe le posizioni ad oltre euro 20milioni); a garanzia delle menzionate linee di credito e di firma è stata acquisita la sola fideiussione dei coniuge del presidente, i cui be-

ni risultano sottoposti a pignoramento immobiliare e che dispone di reddito derivante esclusivamente da lavoro subordinato presso una delle strutture affidate. Inoltre, non sono stati valutati gli effetti sull’equilibrio economico patrimoniale delle società affidate derivanti da una sentenza di primo grado che ha condannato il soggetto prestatore della citata fideiussione al pagamento di euro 15 milioni». In proposito, è utile rilevare che, in relazione all’esposizione maturata dalla società Calabria Terme e Salute S.r.L. riferibile all’ex presidente del cda

e facente parte del gruppo cui hanno riguardo le considerazioni dell’autorità di vigilanza sopra trascritte, i commissari straordinari hanno ritenuto necessaria la classificazione della stessa quale “sofferenza” e accertato perdite per complessivi 687.052,00, su un’esposizione pari ad euro 688.560,00. Perdite totali sono state inoltre accertate dall’Organo commissariale per le posizioni collegate: Pio Maria Dolores (perdita 153.628,85), Caroselli Barbara (perdita 26.766,02), Caroselli Giacinto Ettore e Pio Maria Dolores (perdita euro 99.940,60) e consistenti perdite parziali per le posizioni collegate, quali la Casa di Cura Madonna della Catena S.r.L. (perdita 220.000,00) e Mercuri Rosario Pio e Giovanna Liliana (perdita euro 130.000,00). Il tutto per perdite complessivamente pari a circa euro 1.317.000,00 e relativamente al solo Gruppo di posizioni riferibili alla figura dell’ex presidente del cda, come risulta dalle relative schede versate in atti.

È anche utile rilevare come la tipologia di irregolarità gestionali che hanno caratterizzato gli affidamenti a vario titolo concessi ai componenti il detto Gruppo evidenzi la totale inconsapevolezza (se non la deliberata violazione) da parte degli organi sociali ordinari, ciascuno nei limiti delle proprie competenze, della regole minimali di sana e prudente gestione del credito, sia nella fase di concessione (carenti istruttorie iniziali a partire dalla concessione di mutuo chirografario di euro 500.000 il 15/12/06), sia nella successiva fase di gestione (ampliamento degli affidamenti concessi nel periodo giugno agosto 2009) (…). Le relative responsabilità sono perciò tali da coinvolgere direttamente i componenti gli organi deliberativo e di controllo in carica prima dell’aprile 2009 e quelli successivamente entrati in carica nonché il vertice dell’esecutivo, come accertato dall’autorità di vigilanza (…). È infatti evidente che la mancata valutazione della situazione patrimoniale e della capacità di rimborso dei prenditori (i bilanci della Calabria Terme e Salute S.r.L. degli esercizi 2006, 2007 e 2008 si erano chiusi con perdite rispettivamente pari a euro 538.000 ca., euro 547.000 ca., euro 212.000 ca.), così come la mancata valutazione della loro esposizione complessiva verso il sistema e il successivo ampliamento delle linee di credito, oltretutto in totale difetto di adeguate e affidabili garanzie patrimoniali, non può che significare la colpevole violazione di qualsiasi principio di sana e prudente gestione dell’attività creditizia, implicando anche la totale sudditanza dell’organo amministrativo, di quello di controllo interno e del vertice dell’esecutivo, alle determinazioni dell’allora vice presidente e poi presidente del cda, oltretutto connotate da evidente conflitto di interessi. Et de hoc satis. La vicenda della Bcc di Cosenza evidenzia oltre ogni ragionevole dubbio, il rischio rappresentato da realtà bancarie troppo piccole, influenzate da gruppi affaristico-familiari che le utilizzano per finalità proprie.

Oreste Parise

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Mezzoeuro

Sabato 12 Ottobre 2013

Credito fattore di debolezza dell’economia

Nord e Sud

sempre più lontani di Oreste Parise

Leggere l’ultimo “occasional paper” della Banca d’Italia pubblicato a luglio scorso sulla “Industria meridionale e la crisi”, risulta evidente quanto in profondità sta cambiando il sistema economico e l’estrema difficoltà di trovare le strategie necessarie per poter riprendere il cammino dello sviluppo. Nell’ultimo decennio il divario tra le due aree del Paese si è ulteriormente approfondito. Tra il 2007 e il 2011 il valore aggiunto industriale del Mezzogiorno ha subito un tracollo del 16%, mentre nello stesso periodo le industrie settentrionali hanno perso “solo” il 10%. Un Paese in crisi, e un terzo del suo territorio in sofferenza che rischia di precipitare nel sottosviluppo. Le preoccupazioni maggiori però riguardano tre aspetti: la forte contrazione degli investimenti industriali (una diminuzione del 13,7% contro il 2,7% del Nord), la crisi dei settori più significativi dell’industria meridionale (petrolchimica, lavorazione di minerali non metalliferi, industria automobilistica e dei trasporti), la sofferenza delle piccole imprese orientate alla domanda interna, e la ridotta capacità di attrarre investimenti esteri. In un quadro così fosco vi è qualche debole segnale positivo che lascia sperare che si stanno creando - nel Sud ma non in Calabria - dei poli di sviluppo che possono provocare una inversione di tendenza con la nascita di un sistema industriale più solido e competitivo. Ecco quanto si legge nello studio della Banca d’Italia. «Durante la crisi è aumentata la dispersione nella performance delle imprese. Anche nel Mezzogiorno alcune aziende, prevalentemente di grandi dimensioni, hanno continuato a espandere la produzione, a innovare e a internazionalizzarsi; grazie a queste esistono nel Mezzogiorno aree che mostrano segnali di vitalità in termini di livelli produttivi ed esportazioni. Si può stimare che nel complesso queste imprese tra il 2011 e il 2012 abbiano superato di circa un terzo il livello di export e di circa il 10% quello del valore aggiunto rilevati prima della crisi. Sotto il profilo settoriale queste aree di vitalità si connotano per la presenza del comparto alimentare (Napoli, Bari, Salerno, Palermo) e dell’unico comparto high tech compreso tra le maggiori realtà produttive selezionate (l’aerospaziale di Napoli). Il settore auto e dei motoveicoli nei suoi principali insediamenti meridionali (Napoli, Potenza e Chieti) ha mostrato, invece, segnali di forte debolezza come i distretti industriali del mobile (Bari) e del cuoi (Avellino) e le aree metallurgiche di Taranto e Cagliari. Nell’abbigliamento il quadro è eterogeneo, con casi di successo (Napoli), di debolezza (Teramo) e intermedi (Bari e Pescara)». Risulta evidente che sono veramente pochi i settori che sono riusciti indenni da questo tsunami, e nessuno di questi interessa in qualche modo la Calabria, che costituisce la regione dove non si intravedono segnali positivi o qualche comparto industriale in grado di provocare l’uscita della crisi. Un aspetto singolare è costituito dalla constatazione che le regioni meridionali non presentano

In questo ultimo decennio è cresciuta la forbice di sviluppo, e si è acuito il divario di produttività, redditività e del costo del denaro La sofferenza del Sud ha radici lontane, ma l'assenza di una adeguata struttura bancaria costituisce un handicap che rallenta qualsiasi processo di crescita particolari vantaggi nell’attrazione di investimenti provenienti dall’Area Mediterranea; le industrie meridionali non mostrano alcuna capacità di riuscire a investire in quei territori, né hanno particolari vantaggi territoriali per la commercializzazione dei loro prodotti in quei mercati. I rapporti internazionali delle nostre aziende, pochi in numero e irrisori in valore, sono quasi esclu-

sivamente rivolti ai mercati del Nord Europa, con qualche flusso non molto rilevante verso l’America del Nord. L’interscambio con i paesi mediterranei è pressoché nullo, con buona pace di tutti coloro che vorrebbero una uscita dall’euro e una politica di integrazione con il Nord Africa. La posizione di centralità nel Mare Nostrum ha una rilevanza puramente geografica, mentre da un punto di vista economico il Mezzogiorno è strettamente legato con il continente. La Calabria e la Sicilia pur collocate nel baricentro geografico del Mediterraneo non hanno che un insignificante scambio commerciale e culturale, poiché le imprese meridionali non mostrano alcun interesse nei confronti di quei mercati, così come sono molto limitati i rapporti degli atenei meridionali con quelli dei paesi mediterranei. La maggiore difficoltà del Mezzogiorno è conseguenza di molti fattori, ma almeno due meritano di essere ricordati. La politica industriale è stata fin qui basata sulle incentivazioni finanziare alle imprese volte a ridurre il peso economico dell’investimento, senza alcuna forma di indirizzo e controllo sulla qualità ed efficacia dei progetti presentati. Si tratta di una politica fallimentare, che deve essere abbandonata. «Per quanto riguarda le politiche a sostegno dell’industria meridionale, le analisi mostrano che gli aiuti alle imprese hanno avuto effetti di dimensione contenuta e comunque limitate nel tempo. La loro efficacia non va dunque sopravvalutata», si afferma infatti nello studio della Banca d’Italia. «Rispetto al resto del Paese, nel Mezzogiorno si riscontrano condizioni di finanziamento in media


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Mezzoeuro Credito fattore di debolezza dell’economia

dito bancario piuttosto che a nuovi investimenti. Vale a dire che le banche ne hanno approfittato per alleggerire i loro portafogli crediti dalle loro posizioni più rischiose e le imprese hanno ottenuto una sensibile contrazione degli oneri finanziari con la trasformazione del credito bancario a breve con finanziamenti a medio e lungo termine. Mentre il numero degli interventi sembra che abbia maggiormente favorito le piccole e medie imprese, quando si considera l’ammontare delle cifre erogate, si ha una chiara evidenza che gran parte dei finanziamenti agevolati sono stati utilizzati dalle grandi imprese per rafforzare le loro politiche industriali lasciando ben poco sul territorio. Nella maggior parte dei casi, scaduto il vincolo di territorialità, le nuove iniziative sono state delocalizzate in aree ritenute più favorevoli, come è successo per esempio alla Polti Sud, nata con gli incentivi della legge 488 e poi trasferita in Romania. La grande crisi che nel Mezzogiorno ha colpito con una gravità molto più accentuata non può essere superata senza un comportamento più equo e trasparente del sistema bancario, che attua una strategia pro-ciclica restringendo il credito nel momento di difficoltà. In questo modo fa mancare il sostegno finanziario agli investimenti nel momento in cui esse avrebbero maggiore fabbisogno finanziario per attuare una profonda ristrutturazione del sistema produttivo.

più costose sui prestiti bancari alle imprese industriali; prima della crisi, il divario si presentava quasi esclusivamente nel credito a breve termine, mentre in seguito ha riguardato, in misura via via crescente, anche il segmento a medio-lungo. Come già rilevato in numerosi studi, il ricorso ai prestiti bancari si è mantenuto più costoso nel Mezzogiorno. Nel comparto a breve termine tra il 2005 e il 2007 il differenziale sfavorevole con il resto del Paese si era ridotto da 1,9 a 1,3 punti percentuali; con la crisi economica lo scarto ha preso a salire riportandosi a quasi due punti». Gli incentivi pubblici alle imprese rappresentano uno strumento di politica industriale che ha una lunga tradizione nel nostro paese. Molti aiuti sono stati assegnati all’economia del Mezzogiorno per compensare le diseconomie esterne che interessano quest’area. L’ammontare di risorse assorbite dagli incentivi sono ingenti. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo economico, tra il 2005 e il 2010 le agevolazioni concesse alle imprese sulla base di interventi nazionali e regionali sono state pari a 45,7 miliardi. Al Mezzogiorno sono stati destinati 21,1 miliardi, a fronte di 17,3 per il Centro-Nord (la parte rimanente, pari a 7,3 miliardi, riguarda interventi non imputabili a livello territoriale). Nello stesso periodo sono stati erogati complessivamente circa 33,7 miliardi di euro. L’industria meridionale è stata principalmente sostenuta tramite incentivi agli investimenti (legge 488/92, legge 388/2000 che introduce il credito d’imposta) e politiche per lo sviluppo locale basate sulla cosiddetta programmazione negoziata (Patti territoriali, Contratti di programma, Contratti d’area). Molti di questi avevano come

obiettivo principale quello di rendere più profittevoli gli investimenti privati in aree svantaggiate come il Mezzogiorno, cercando di compensare le diseconomie della localizzazione con la riduzione dei costi d’investimento. I risultati delle analisi hanno portato a conclusioni sconfortanti. Gli effetti della legge 488 sono temporanei e sostitutivi: quando le imprese investono con i fondi agevolati, anticipano solo la loro azione, poiché gli anni successivi non effettuano alcun altro investimento. «Su un periodo temporale di circa cinque anni l’effetto complessivo sugli investimenti è stato pertanto nullo» è la sconfortante conclusione. Ben altro effetto ha provocato l’introduzione del credito d’imposta (l. 388) che ha visto un effettivo incremento degli investimenti con un positivo impatto occupazionale. La programmazione negoziata nel suo complesso ha avuto una efficacia molto modesta per l’eccesso di burocratizzazione e per l’eccessiva ingerenza politica nelle scelte di localizzazione industriale. I Contratti di Programma mostrano una limitata efficacia nei territori, a scapito però di quelli limitrofi: hanno inciso sulla localizzazione degli investimenti ma non sul loro ammontare complessivo. Altrettanto scarso l’impatto dei Contratti di area, che hanno provocato un incremento nelle immobilizzazioni industriali con modesti effetti sull’occupazione, la produzione e la ricerca. Una notazione interessante riguarda le politiche d’intervento attuate attraverso il canale bancario. Le risultanze empiriche mostrano che i finanziamenti agevolati sono stati destinati in misura molto rilevante alla ristrutturazione del cre-

Tra il maggio 2012 e il maggio 2013, è stata la Calabria la regione italiana che ha fatto registrare il calo più vistoso nel credito con una diminuzione complessiva di 374 milioni di euro, pari al -4,2%, seguita dalla Basilicata (-4,2%), Sicilia e Molise (entrambe con -2,7%) e la Campania (2,6% con un monte impieghi che è diminuito di 794 milioni di euro). Nel complesso si può calcolare in circa tre miliardi di euro la contrazione di liquidità subita dalle famiglie e dalle imprese del Mezzogiorno, che hanno provocato una diminuzione della domanda e, di conseguenza, dell’attività produttiva accentuando gli effetti negativi della congiuntura sfavorevole. Il credito ha un ruolo determinante nella ricerca di una via allo sviluppo. La crisi ha evidenziato il grave danno provocato nel Sud dall’assenza di centri bancari e finanziari, per la scomparsa delle grandi banche meridionali. In particolare in Calabria a presidiare il territorio restano solo le Bcc, che vanno sostenute e incoraggiate poiché sono le sole che ancora riescono a dare un po’ di respiro a famiglie e imprese. i gravi episodi di cattiva gestione venuti alla luce in questi giorni, e il comportamento illecito di qualche funzionario non può diventare il pretesto per una opera di criminalizzazione del settore. Si tratta di deviazioni riferibili a singoli individui ed episodi limitati ed individuati. Ma va difeso il sistema che attraversa un momento delicato, con molti istituti che presentano qualche criticità, ma l’opera di risanamento iniziata da qualche anno per l’intervento deciso della Banca d’Italia ha provocato uno shock positivo, con la liquidazione di molti istituti che si sono integrati in realtà di più grandi dimensioni. È un processo preannunciato dal nuovo presidente della Federazione calabrese delle Bcc che prevede il rafforzamento del sistema con opportuno aggregazioni degli istituti più piccoli al fine di trovare una dimensione adeguata a sostenere il mercato e contribuire al superamento della crisi dando il sostegno adeguato alle famiglie e alle imprese.

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Mezzoeuro Coppola, giacca e cravatta

‘ndrangheta alla cassa di Benedetto Di Iacovo*

L’incidenza dell’economia criminale in Calabria (attività produttive e commerciali non sottoposte a nessun regime di imposizione fiscale e previdenziale) è stimata sui 5 miliardi di euro (comprensivi dei fattori di produzione e manodopera impiegata e di cui almeno 2,1 miliardi di mancate imposte fiscali e previdenziali) e coinvolge direttamente e indirettamente 20-25mila individui. Sul versante del sommerso, nonostante una forte riduzione negli ultimi 10 anni, nella nostra regione si aggira ancora attorno al 20 per cento della forza lavoro regolare per un numero di unità stimate pari a circa 137.000. L’iniziativa su “Criminal economies” è quindi importante ed opportuna. Per questo agli organizzatori, a partire dal governatore Giuseppe Scopelliti ed ai qualificatissimi oratori e rappresentanti del Governo con il ministro degli Interni Angelino Alfano, in primis, va il nostro plauso. Com’è noto in Calabria operano mafie di diverse nazionalità ed il mercato del lavoro attraverso un uso distorto ed illegale della manodopera straniera e per lo più clandestina ne è fortemente permeato, sino a produrne una profonda ed irrimediabile alterazione. Appare importante sottolineare il rapporto fra la ‘nndrangheta e le nuove mafie etniche. In Calabria la ‘ndrangheta conserva sempre il carattere di organizzazione quasi dominante. In “partenariato” con essa, però, agiscono mafie emergenti (quali le mafie turche, colombiane e russe), che cooperano nelle grandi operazioni internazionali di narcotraffico e di riciclaggio, e altre mafie a carattere stanziale quali le mafie albanesi, cinesi e nigeriane che operano su aree marginali dell’economia criminale in Calabria e che in particolare gestiscono tratta e prostituzione. La presenza di forze criminali minori sui territori non intacca le caratteristiche di forza di un’organizzazione dominante. Già Giovanni Falcone, in una delle sue pubblicazioni, Cose di Cosa nostra, in collaborazione con Marcella Padovani, faceva notare come le nuove strategie della mafia storica siciliana prevedesse di lasciare via libera a queste forme criminose più marginali per tre ordini di motivi: innanzitutto impegnare o meglio distrarre le forze dell’ordine su fatti marginali, ma su cui si concentra il bisogno percepito di sicurezza dell’opinione pubblica; in secondo luogo favorire la concentrazione dell’azione delle forze dell’ordine nelle aree degradate delle città metropolitane, o nelle aree di sfruttamento della manodopera agricola (caso Rosarno ed altre realtà) mentre si spostano in provincia le funzioni di regia dell’organizzazione; in terzo luogo sviluppare nuovi possibili bacini di reclutamento. È evidente che la ‘ndrangheta mentre lascia via libera a forme marginali e degradate di criminalità, organizza forme di controllo delle stesse perché non crescano e non si strutturino tanto sui territori da intaccare la sovranità dell’organizzazione. Per questa ragione essa mantiene un canale di comunicazione attraverso le sue periferie e utilizza il racket ed il dissenso sociale, ivi compreso l’uso della manodopera clandestina e a ne-

L’incidenza dell’economia criminale in Calabria è stimata sui 5 miliardi di euro, sul versante del sommerso, nonostante una forte riduzione negli ultimi dieci anni, si aggira ancora attorno al 20% della forza lavoro regolare per un numero di unità stimate pari a circa 137.000. Questi i dati forniti da Benedetto Di Iacovo presidente della Commissione regionale della Calabria per l’emersione del lavoro non regolare, in occasione del ciclo di conferenze su “Criminal economies” ro, come meccanismi di regolazione per impedirne la crescita. Le relazioni fra organizzazioni criminali sui territori calabresi appartengono ormai ad una fenomenologia molto articolata e com-

plessa. Ci si chiede se in futuro si arriverà anche in regioni come la Calabria, caratterizzate da organizzazioni criminali endemiche molto strutturate, radicate e fortemente egemoni, alla formazione di cartelli criminali interetnici e da reti criminali, in cui sono coinvolti soggetti di diverse nazionalità, seppur con ranghi diversi di reciproco riconoscimento e fortemente gerarchizzati. Probabilmente la risposta a questi quesiti dipenderà dagli equilibri su scala globale delle grandi organizzazioni e da quanto la ‘ndrangheta manterrà interessi su altre aree geografiche (quali Cina, Russia, Turchia, Albania, Romania, Colombia, Stati Africani) per traffico di droga, di armi e per operazioni più complesse di riciclaggio, operate anche attraverso rilevanti investimenti imprenditoriali. Da questo punto di vista le ‘ndrine calabresi hanno ormai una posizione di assoluta preminenza con fatturati dell’ordine dei miliardi euro. I settori di attività connessi con le estorsioni, il pizzo, gli appalti, le scommesse clandestine e il gioco d’azzardo sono considerati business inferiori che, possono essere interessanti per singole cosche o famiglie, ma che non rivestono un interesse strategico per l’organizzazione criminale di vertice. Le estorsioni, il pizzo, gli appalti sono strumenti di controllo del territorio. Il pizzo e l’usura possono essere utilizzate per acquisire imprese legali e quindi veicolare capitali illegali attraverso di queste che sicuramente poi puntano allo sfruttamento della manodopera. Ma se si prescinde da questi fini strumentali il fatturato di queste attività è relativamente basso e poco appetibile in termini di costi benefici. Compito delle istituzioni, della magistratura, delle forze dell’ordine e degli organismi internazionali preposti, nonchè e della politica è quello di attivare ogni mezzo di contrasto per evitare che anche il mondo del lavoro possa essere fortemente condizionato dalle attività criminali ed illegali. * presidente Commissione regionale Calabria per l’emersione del lavoro non regolare


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Sabato 12 Ottobre 2013

Grillini come fossero grilletti

Cinquestelle e un cazzotto per Caridi Antonio Caridi in pochi giorni è finito col ritrovarsi fari mediatici addosso che fin qui poteva solo immaginare. Prima ha preso parte col suo autografo alla imboscata di Alfano e Scopelliti contro Berlusconi, finendo poi per spiegare anche sulla stampa nazionale come si finisce in poche ore e con ruolo propulsore dentro una lista che deve fare le scarpe niente di meno che al Cavaliere. Poi, questione di pochissimi giorni, è il capogruppo del suo partito al Senato, Renato Schifani, che come suo diritto lo indica tra quelli che deve far parte della commissione parlamentare Antimafia. Una scalata di tutto rispetto, ma è proprio qui, sul più bello, che gli arriva un cazzotto dalla deputata tropeana di Cinquestelle, Dalila Nesci. Con un’interrogazione, la giovane grillina di Calabria, solleva dubbi e opportunità circa la presenza di Caridi in una commissione strategica come è quella Antimafia. Non lo fa, Nesci, portando all’attenzione del Parlamento questioni di ordinaria antipatia verso il soggetto bensì ricordando agli altri onorevoli e ai presidenti delle Camere che il senatore Caridi ha da sbrigare qualche faccenda giudiziaria proprio in materia di mafia prima di sedersi nella commissione che dovrebbe combatterla, commissione che peraltro ha tra le se prerogative quella di entrare in possesso di carte delicate e ingombranti proprio inerenti inchieste giudiziarie. Nesci, alla sala attonita che l’ascolta, parla di una indagine della Dda di Genova sotto impulso di una relazione della Dia che fa riferimento a presunti voti di scambio e concorso esterno tra alcuni politici, tra cui Caridi, e cosche della ‘ndrangheta operanti con forza anche nel Nord e in Liguria in particolare. Nesci, con ogni probabilità perché è poi quello che sta dentro le carte di Dia e Dda, non lo dice ma fa riferimento alle inquietanti rivelazioni che starebbe facendo in queste ore agli inquirenti un pentito della cosca De Stefano di Reggio, particolari scottanti proprio sul concorso esterno di alcuni esponenti politici con cosche che hanno interessi e ramificazioni anche fuori dalla Calabria, Liguria compresa ovviamente. Da qui l’informativa e l’indagine vera e propria anche se non è dato sapere se al momento risultano dei nomi di rilievo iscritti nel registro degli indagati. Ma l’informativa, e l’indagine, ci sono. E Dalila Nesci, al momento diabolicamente opportuno, tura fuori la bomba.

Dalila Nesci, deputato di Grillo, gioca un brutto scherzo al senatore ex assessore regionale Intervenendo in aula ne stoppa la nomina in commissione Antimafia con argomenti niente affatto da trascurare...

confezionati dai presidenti di Senato e Camera Pietro Grasso e Laura Boldrini, sono arrivati. Prima riunione martedì. I deputati che ne faranno parte sono Angelo Attaguile, Dorina Bianchi, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Maria Rosaria Carfagna, Fabiana Dadone, Marco Di Lello, Francesco D’Uva, Davide Faraone, Claudio Fava, Laura Garavini, Antonio Leone, Ernesto Magorno, Massimiliano Manfredi, Davide Mattiello, Alessandro Naccarato, Riccardo Nuti, Pina Picierno, Carlo Sarro, Giulia Sarti, Rosanna Scopelliti, Marcello Taglialatela, Andrea Vecchio, Paolo Vitelli. I senatori che siedono nella commissione Antimafia sono: Donatella Albano, Giovanni Bilardi, Anna Cinzia Bonfrisco, Donato Bruno, Enrico Buemi, Elisa Bulgarelli, Rosaria Capacchione, Peppe De Cristofaro, Salvatore Tito Di Maggio, Stefano Esposito, Claudio Fazzone, Luigi Gaetti, Mario Michele Giarrusso, Carlo Giovanardi, Miguel Gotor, Giuseppe Lumia, Corradino Mineo, Franco Mirabelli, Francesco Molinari, Claudio Moscardelli, Luigi Perrone, Lucrezia Ricchiuti, Salvatore Torrisi, Stefano Vaccari, Raffaele Volpi. Come si vede di Calabria ce n’è ugualmente in commissione. E relazioni della Dia a parte, francamente imbarazzanti per far parte dell’Antimafia, non è che si possa dire che sono tutti stinchi di santi. Ma per Caridi no, non c’è stato posto. Alto il muro della grillina di Tropea. O forse troppo ingombranti gli argomenti che ha usato...

‘Ndrangheta: Alfano, lotta ai clan pilastro piano Sud Antonio Caridi Sopra, Dalila Nesci

Antonio Caridi, appreso il cazzotto, non sta fermo a subire e prima ancora che il tutto si trasformi in un tritacarne mediatico insidioso per lui decide di fare un passo indietro. Da un lato minaccia querela nei confronti della deputata grillina ma dall’altro, immediatamente, comunica a Schifani, non prima d’averlo ringraziato, che si rende indisponibile per la prestigiosa nomina. In poche ore da componente antimafia a (forse) indagato dalla Dda di Genova. Quanto basta per spegnere in tutta fretta i riflettori lasciando che l’incendio sia spento dopo i primi carboni ardenti. I nomi della commissione poi, solennemente pre-

Arresto dei latitanti e aggressione ai patrimoni illeciti. Questa la strategia contro la ‘ndrangheta ribadita dal ministro dell’Interno e vice premier Angelino Alfano, a Reggio Calabria per partecipare al forum su “Criminal economies”. «Dobbiamo ricordare a tutti - ha detto Alfano rispondendo ai giornalisti - che il pilastro principale del piano per il Sud e’ il contrasto alla criminalita’ organizzata. Da quando vi e’ la parola ‘ndrangheta nella legislazione, e questo fu fortemente voluto anche da me quando ero ministro della Giustizia, vi e’ una identificazione precisa di questa comunita’ criminale che e’ temutissima. Non dobbiamo cambiare rotta - ha proseguito il titolare del Viminale - perche’ dobbiamo avere una efficacia straordinaria della strategia che abbiamo messo in campo. La strategia prevede: arresto dei latitanti, confische e sequestri dei patrimoni criminali. Su quello - ha concluso - si fonda la strategia di aggressione nei confronti della criminalita’ organizzata».

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Sabato 12 Ottobre 2013

Forse è la volta buona

Boccata di ossigeno per le imprese

Giacomo Mancini presenta i Pisl

L’assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione nazionale e comunitaria, Giacomo Mancini, ha presentato - alla Fondazione Terina di Lamezia Terme - la seconda fase dei Progetti integrati di sviluppo locale: quella concernente i bandi sugli aiuti alle imprese. Ad affiancare l’assessore c’erano il direttore e le dirigenti del dipartimento Turismo della Regione, Pasquale Anastasi, Gabriella Rizzo e Consolata Loddo; il responsabile del procedimento Pisl, Luigi Zinno; Tommaso Calabrò dirigente del dipartimento Programmazione nazionale e comunitaria. In particolare, alla presenza degli amministratori e degli imprenditori dei territori coinvolti, sono stati illustrati i due bandi relativi ai Pisl “Sistemi turistici locali/destinazioni turistiche locali” che hanno una dotazione finanziaria complessiva di 51 milioni di euro, provenienti dalle Linee di intervento 5.3.2.3 (quarantuno milioni e sessantaduemila euro) e 5.3.2.2 (dieci milioni 508 mila) del Por Calabria Fesr 2007-2013. Dopo avere siglato le convenzioni Pisl per la realizzazione delle opere infrastrutturali, infatti, è arrivato il momento di dare attuazione alle agevolazioni previste, già finanziate con la delibera di giunta regionale 466 del 19 ottobre 2012, che ha approvato le graduatorie dei Pisl. Dichiarazione di Mancini. «Iniziamo la seconda fase dei Pisl, quella che è rivolta agli imprenditori privati - ha detto Mancini -. Dopo aver concluso la prima fase per gli enti pubblici territoriali con i quali abbiamo siglato le convenzioni e ai quali abbiamo erogato le anticipazioni mettendo così nelle condizioni gli amministratori di realizzare le opere pubbliche, adesso lavoriamo sui bandi che sono rivolti ai privati. Questi strumenti sono pensati per gli imprenditori che operano in uno dei 217 comuni compresi tra il partenariato dei 17 Pisl finanziati che riguardano il turismo. Per loro abbiamo stanziato 51 milioni di euro a valere sui fondi comunitari ai quali dovranno aggiungersi i capitali privati investiti dagli imprenditori. Sul territorio ci sarà’ un vero e proprio effetto moltiplicatore. Mettiamo - ha aggiunto ancora Mancini nelle mani dei calabresi un altro strumento che consentirà di migliorare la ricettività della nostra regione e i servizi turistici. Continuiamo così, dunque, sulla strada tracciata dal presidente Scopelliti di puntare in particolare sul turismo come volano

A Lamezia Terme l'assessore Mancini ha presentato la seconda fase dei Pisl: Aiuti alle imprese per 51 mln di euro. «Perché una regione si sviluppi è importante che sia il pubblico che il privato si rimbocchino le maniche» di sviluppo della Calabria. Perché ciò avvenga, è importante che sia il pubblico che il privato si rimbocchino le maniche continuando il lavoro di squadra già da tempo avviato. Adesso - ha concluso l’assessore - ci aspettiamo che gli imprenditori che aderiscono a questi bandi realizzino progetti capaci di offrire una accoglienza di qualità che consenta di raccogliere flussi turistici sempre maggiori». I beneficiari. Gli aiuti riguardano investimenti e servizi reali. Ne possono beneficiare piccole e medie imprese con sede operativa in tutti i comuni ricadenti nelle aree dei Pisl finanziati con la delibera 466 del 2012, che ha approvato le graduatorie dei Progetti integrati di sviluppo locale. Lo strumento individuato è quello dei Pacchetti integrati di agevolazione (Pia), che consentono la richiesta di contributi finanziari attraverso la presentazione di piani di sviluppo aziendale economicamente validi. I territori. I Pisl coinvolti sono diciassette (di cui dodici in entrambi i bandi), con soggetti capofila: nel Catanzarese, la Provincia, il Comune di Gizzeria, la Comunità montana Monti Reventino, il Comune di Squillace; nel Cosentino, i Comuni di San

Giovanni in Fiore, Scalea, Amantea, Castrovillari, Cassano allo Jonio e Belvedere Marittimo; nel Crotonese, la Provincia; nel Reggino, i Comuni di Gerace, Bagnara Calabra, Santo Stefano in Aspromonte e il Consorzio Locride; nel Vibonese, i Comuni di Vibo Valentia e di Tropea. Le amministrazioni municipali coinvolte, in totale, sono 217, di cui sessantadue nel Catanzarese, sessantasette nel Cosentino, 23 nel Crotonese, trentasette nel Reggino e ventotto nel Vibonese. Quali interventi possono essere finanziati: Bando (Linea 5.3.2.3). ·SonoPrimo finanziabili la qualificazione, il potenziamento e l’innovazione dei sistemi di ospitalità attraverso interventi per: migliorare le funzionalità e la qualità dei servizi delle strutture ricettive esistenti (anche attraverso la realizzazione di impianti e servizi connessi); realizzare nuova ricettività di alta qualità; realizzare “alberghi diffusi” nei centri storici. Bando (Linea 5.3.2.2). ·SonoSecondo finanziabili interventi realizzati da imprese che operano nel comparto del turismo per la progettazione e la realizzazione di nuovi prodotti/servizi turistici basati prioritariamente sugli itinerari tematici (naturalistici, culturali, enogastronomici). Si possono inoltre ricevere contributi per interventi che prevedono la nascita e il potenziamento di imprese in grado di erogare le tipologie di servizi turistici per: organizzazione di eventi e iniziative; fruizione del patrimonio ambientale, architettonico e culturale; promozione e gestione di specifici prodotti/pacchetti turistici; servizi alle imprese turistiche (innovazione tecnologica processi back office e front office, gestione comune acquisti, promozione e prenotazione, etc.). È data priorità alle imprese di servizi costituite da reti di operatori turistici. Lo strumento di incentivazione. Lo strumento individuato è quello Pacchetti integrati di agevolazione (Pia), che consentono la richiesta di contributi finanziari attraverso la presentazione di Piani di sviluppo aziendale relativi a: investimenti produttivi; servizi reali; formazione.


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Mezzoeuro Eccellenze di Calabria - Gruppo Barbieri

Il piacere di essere coccolati Speciale sposi, il giorno pi첫 bello in un'atmosfera unica ed in ambienti particolarmente suggestivi

Hotel di lusso col profumo della natura "Hotel delle Stelle Beach Resort un invito a scoprire un luogo che profuma di mare e di natura, di tradizione e di borghi, di torri, di castelli, che si tuffano nel Mediterraneo"


Mezzoeuro Eccellenze di Calabria - Gruppo Barbieri

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L’occhio attento della Corte dei Conti

Reparti da business

La denuncia della Cicas

Piccoli imprenditori ridotti ai minimi termini Da parte del presidente Ventura è stata tracciata una concisa ma bastevole disanima dei ristretti margini di manovra in cui si muovono gli operatori economici tra crisi generale, esosità dei fitti, concorrenza diseguale con i grandi centri commerciali Una delegazione della Cicas, composta dal presidente nazionale Giorgio Ventura, dai coordinatori regionale e cittadino Giampiero Leone e Francesco Brunk, dal responsabile Cicas Sicurezza Raffaele Talarico ha incontrato il prefetto di Catanzaro, Raffaele Cannizzaro.

«Siamo ormai a 6 anni dall'Accordo tra Governo e Regione e la Cgil continua a denunciare la necessità che la realizzazione dei nuovi 4 ospedali, strategica per dare funzionalità alla rete ospedaliera, sia improntata a modelli di economicità e di interesse pubblico, di trasparenza e legalità» La Cgil commenta la relazione della Corte dei Conti sul bilancio di previsione della Regione e rilancia le sue critiche alla Giunta in ordine alla costruzione di nuovi ospedali. "Siamo ormai a 6 anni dall’Accordo tra Governo e Regione e la Cgil continua a denunciare - si legge in una nota - la necessità che la realizzazione dei nuovi 4 ospedali, strategica per dare funzionalità alla rete ospedaliera, sia improntata a modelli di economicità e di interesse pubblico, di trasparenza e legalità. Proprio nell’interesse pubblico e visto il disastro finanziario sanitario scaricato sui cittadini, la Cgil - si fa rilevare - ha denunciato la Convenzione milionaria con Infrastrutture Lombarde Spa sino ad ottenerne la rescissione seppure, i costi elevatissimi parrebbero vigenti nelle maglie dei quadri economici e finanziari delle opere in capo alle Asp. La scelta sciagurata di impiantare in Calabria il modello sponsorizzato dalla società in house lombarda, ha lasciato sul Ssr un macigno: il modello di Project Financing attraverso il quale il privato à a fine opere, l’azionista di maggioranza pur avendo investito uno scarso 30% di capitale contro il 70% di quello pubblico. I Bandi di gara predisposti - continua la Cgil - prevedono infatti il concorso del privato nella realizzazione delle opere murarie e come contropartita la gestione trentennale di tutte le attività extra sanitarie. Un valore che la Cgil ipotizzò in tempo in svariati miliardi di euro. Una fortuna rispetto all’esiguità del capitale investito. Un flusso enorme di risorse sottratte alla finanza pubblica nel mentre il Ssr, attraverso le Asp, si troverà assoggettata a comprare servizi di propria pertinenza non avendone più il governo. Dietro questo business - prosegue il sindacato - intravediamo la precarizzazione dei servizi e del lavoro, maggiori costi per i cittadini, il rischio di attenzioni illecite e criminali. Per questo, abbiamo detto che quel modello andava rivisto per dare priorità agli interessi primari e collettivi della pubblica amministrazione. Si disse che le denunce della Cgil avevano il sapore di uno scontro politico-ideologico. C’è stata una vulgata convinta che la realizzazione delle opere era da fare, a prescindere. Finalmente, - si evidenzia - è ora la Corte dei Conti che avvalora le denunce della Cgil sottolineando "l’uso improprio del contratto di Project Financing" che svende al privato una contropartita di servizi di pertinenza pubblica di gran lunga superiore all’investimento realizzato. È questa - secondo la Cgil - l’ennesima Caporetto della gestione sanitaria modello-Scopelliti".

«L’incontro - è scritto in un comunicato della Cicas al palazzo di governo, improntato a cordialità e attenzione, ha toccato i temi economici che fanno da sfondo alla difficile situazione dei piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, operatori dei servizi e del turismo, che costituiscono il riferimento categoriale della Cicas. Da parte del presidente Ventura è stata tracciata una concisa ma bastevole disanima dei ristretti margini di manovra in cui si muovono i piccoli operatori economici tra crisi generale, esosità dei fitti, concorrenza diseguale con i grandi centri commerciali. Senza tralasciare lo spinoso problema dell’accesso al credito, che in Calabria assume aspetti al limite tra giusta valutazione del rating individuale e ingiustificata prevaricazione. Ventura ha anche esposto al prefetto l’iniziativa che la Cicas ha intrapreso da tempo con la Piccola proprietà immobiliare (Uppi), per un protocollo di intesa che porti a un graduale abbassamento dei fitti, e la campagna “Domenica è sempre domenica” che salvaguardi il riposo settimanale obbligatorio per tutti gli esercizi commerciali, in sintonia con quanto sostenuto dalla Chiesa. Toccati nel colloquio anche i temi della sicurezza. Il presidente Ventura ha esternato riconoscimento allo sforzo della magistratura e delle forze dell’ordine negli importanti risultati conseguiti nelle ultime settimane in tema di ristabilimento delle condizioni di legalità soprattutto a Lamezia Terme. Nel contempo è stata invocata una continua incisivita’ nel controllo delle situazioni di marginalità sociale, nominalmente relegate nei quartieri di raccordo ma influenzanti l’ordinato laborioso andamento dell’intera vita cittadina. Il prefetto Raffaele Cannizzaro - prosegue la nota - ha mostrato interesse per l’analisi offerta dalla Cicas, con condivisione di diverse osservazioni riguardanti il quadro economico e normativo generale e regionale. Il prefetto ha assicurato che sarà portata a svolgimento ogni ipotesi costruttiva già avviata di collaborazione con le associazioni di categoria, non tralasciando gli elementi di criticità di sistema, con la volontà di valorizzare ogni fermento positivo proveniente dalla comunità cittadina e territoriale, da approfondire anche attraverso la convocazione di specifici tavoli tematici. Il presidente Ventura - è scritto - infine ha consegnato al prefetto Cannizzaro un documento riassuntivo intitolato “Fare sistema per sostenere il tessuto produttivo calabrese”».

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Il settore agroalimentare e turistico varca i confini

Australiani in vista L'assessore alle Politiche intarnazionali Luigi Fedele presenta la Missione Incoming in Calabria, manifestazione alla quale hanno aderito circa 50 aziende calabresi L’assessore alle Politiche internazionali Luigi Fedele ha aperto i lavori del progetto “Paese Australia”, presentando la Missione incoming in Calabria di operatori australiani. La manifestazione commerciale - informa una nota dell’ufficio stampa della Giunta - alla quale hanno aderito circa cinquanta aziende calabresi del settore agroalimentare e turistico, si è tenuta a Lamezia

presso la Fondazione Terina del Centro agroalimentare di Lamezia, alla presenza del dirigente generale del dipartimento Turismo della Regione Pasquale Anastasi, della dirigente del settore Politiche Internazionali Saveria Cristiano, del segretario generale del Ceo e della Camera di Commercio italiana in Australia Nicola Care’ e del vice segretario generale della Camera di Commercio Italiana in Australia Luca De Leonardis. L’assessorato all’Internazionalizzazione, in attuazione del Pea 2013, ha avviato lo scorso mese di luglio il progetto “Paese Australia” che ha visto, nella sua prima fase, la realizzazione di una missione istituzionale finalizzata all’implementazione di proficui rapporti economici e commerciali con qualificati operatori australiani. Il progetto, inoltre, ha permesso l’attivazione del “Desk Calabria”, operativo presso la Camera di Commercio Italiana in Australia che consente alle imprese calabresi selezionate di usufruire di una vetrina espositiva gratuita e di servizi di assistenza e supporto specialistico in loco sul mercato australiano.

«Abbiamo il piacere di ospitare in Calabria - ha dichiarato l’assessore Fedele - alcuni fra i più importanti operatori australiani del settore agroalimentare e turistico, a seguito della realizzazione della missione nelle città di Sydney e Melbourne con i settori più rappresentativi delle eccellenze produttive calabresi. L’azione di incoming, infatti, rappresenta un importante momento di promozione e di implementazione dei rapporti economici, commerciali e imprenditoriali con partner economici australiani sul territorio calabrese per lo sviluppo di iniziative legate al turismo e alle produzioni regionali. Le nostre aziende, infatti, avranno l’opportunità di mostrare le eccellenze di cui dispone la Calabria, attraverso la visita dei luoghi e delle stesse aziende che hanno aderito al progetto». La giornata di incoming è continuata, poi, con gli incontri ‘b2b’ settoriali (alimentare - Turismo Ict) tra operatori australiani e calabresi al fine di promuovere sia le produzioni d’eccellenza della regione che gli itinerari e i siti turistici calabresi. Nel corso delle giornate calabresi, inoltre, gli ospiti australiani avranno l’occasione di visitare le strutture ricettive e le aziende del settore agroalimentare selezionate sparse su tutto il territorio regionale.

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Mezzoeuro Nel rispetto delle regole

Territori agricoli, istruzioni per l’uso Il permesso per costruire è concesso alle aziende con estensione uguale o superiore all’unità aziendale minima di un ettaro, l’intervento edilizio deve scaturire da una relazione e da un piano di sviluppo di Giovanni Perri

Nelle aree agricole il permesso di costruire è concesso alle aziende agricole con estensioni, coacervo delle aree anche non limitrofe, uguale o superiore all’unità aziendale minima di un ettaro (art. 50 comma 5 lr n. 19/02) e la necessità dell’intervento edilizio deve scaturire da apposita relazione tecnico-economica e del piano di sviluppo aziendale. Anche in questo caso se i fabbricati sono destinati ad attività agrituristica bisogna attenersi a quanto previsto dall’art. 2 della L.R. n. 22 del 7.09.1998 “promozione e sviluppo dell’agriturismo in Calabria”. Nelle aree maggiormente produttive (E1 ed E2), poiché trattasi di terreni altamente produttivi, ricadente in zona fertile, pur se non sempre pianeggianti, necessita favorire l’uso compatibile e lo sfruttamento delle potenzialità produttive delle risorse e nel contempo preservarle da inopportuni interventi edilizi che, pur se necessari a potenziare le opportunità produttive, possono minacciare o intaccare in modo irreversibile la qualità dei luoghi, soprattutto dal punto di vista paesaggistico ed ambientale. Tutto ciò giustifica pienamente, qualora ve ne fosse bisogno, la disciplina dell’uso del territorio agricolo e l’osservanza delle regole che dovranno orientare e guidare l’edificazione attraverso obblighi, vincoli e norme di tutela. È dunque evidente l’opportunità di disciplinare la distinzione d’uso delle costruzioni non più funzionali alle esigenze produttive aziendali, ivi comprese le iniziative favorevoli alla realizzazione di iniziative agro-turistiche ed agro-industriali. Tutto ciò in perfetta sinergia con le norme previste dalla lr n.19/02 e s.m.i. che prevedono di salvaguardare l’azienda agricola per poter perseverare le riserve naturali ed ambientali in essa presenti, sia gli assetti produttivi, sociali e culturali che si sono instaurati e consolidati nel tempo. Per privilegiare lo sviluppo agricolo nelle aree particolarmente vocate, è sempre necessario e consigliabile coniugare l’edificabilità alle effettive esigenze delle aziende agricole, attraverso un piano economico aziendale che ne stabilisca la validità progettuale in rapporto ai fabbricati esistenti e se necessario ricorrere alla ristrutturazione di es-

si con particolare riguardo rivolto alla conservazione degli aspetti storici, paesaggistici ed ambientali, finalizzati al recupero funzionale e formale dei manufatti preesistenti. Per l’attività edilizia nelle zone rurali è sempre opportuno minimizzare in futuro gli aspetti negativi della edificabilità non necessaria o ad ogni costo. Si rende necessaria quindi l’opportunità di trasferire ad altre destinazioni d’uso, soprattutto per i nuovi insediamenti, le superfici meno produttive e quelle dove le interazioni negative sulla produttività sono minime In questo contesto, la salvaguardia dell’azienda agricola costituisce un presupposto essenziale in quanto, attraverso le dovute e necessarie indicazioni, si preservano sia le risorse naturali ed ambientali in essa presente ed utilizzate, che gli assetti organizzativi e sociali frutto di una culture prodotta da complessi e particolari rapporti che le comunità rurali instaurano con il territorio. In definitiva il rilascio del permesso di costruire è consentito all’azienda che mantiene in produzione superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell’unità minima (piano di sviluppo aziendale), mentre per le nuove costruzioni il lot-

to minimo, per come già detto, non dovrà essere inferiore ad un ettaro. Nell’ambito del Psc l’amministrazione comunale intende le premialità previste dall’art. 52 - comma 4 - che recita testualmente: «Per la realizzazione e la ristrutturazione delle strutture connesse alle attività di turismo rurale e agriturismo, gli standard urbanistici ed i limiti indicati al comma 2 sono incrementabili massimo fino al 20% fatta salva la normativa vigente nazionale e regionale in materia di agriturismo e turismo rurale, nonché gli indici stabiliti dagli strumenti urbanistici vigenti». In linea generale si intendono privilegiare i progetti finalizzati alla tutela e valorizzazione dell’ambiente,del territorio e la qualità delle produzioni tipiche e biologiche, il recupero degli elementi caratteristici del paesaggio: vecchi manufatti produttivi e abitativi, interventi di riqualificazione ambientale e progettazione di opere per l’accoglienza delle attività turistiche e perché no, anche nuove costruzioni, qualora dovessero rendesi utili, necessarie e finalizzate a migliorare per migliorare complessivamente gli assetti produttivi e organizzativi dell’azienda agrarie e delle esigenze abitative degli imprenditori. agronomogperri@virgilio.it


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Nel rispetto delle regole

mente, qualora ve ne fosse bisogno, la disciplina dell’uso del territorio agricolo e l’osservanza delle regole che dovranno orientare e guidare l’edificazione attraverso obblighi, vincoli e norme di tutela. In questo contesto è importante anche disciplinare l’uso delle costruzioni non più funzionali alle esigenze produttive aziendali, con iniziative favorevoli alla realizzazione di opere e manufatti agro-turistici agro-industriali o altri interventi finalizzati a riqualificare i luoghi. Tutto ciò in perfetta sinergia con le norme previste dalla legge regionale n. 19/02 e successive modificazioni e integrazioni, finalizzate a salvaguardare l’azienda agricola e nel contempo le riserve naturali ed ambientali in essa presenti, sia gli assetti produttivi, sociali e culturali che si sono instaurati e consolidati nel tempo. Per privilegiare lo sviluppo agricolo nelle aree particolarmente vocate, è sempre necessario e consigliabile coniugare gli interventi edificatori e di riqualificazione alle effettive esigenze delle aziende agricole, attraverso un piano economico aziendale che ne stabilisca la validità e la sostenibilità progettuale. Questi due ultimi aspetti vanno bene analizzati prima di decidere se procedere a nuove costruzioni, oppure di ricorrere, se necessario, alla ristrutturazione di essi con particolare riguardo rivolto alla conservazione degli aspetti storici, paesaggistici ed ambientali, finalizzati al recupero funzionale e formale dei manufatti preesistenti. Per l’attività edilizia nelle zone rurali è sempre opportuno minimizzare in futuro gli aspetti negativi della edificabilità non necessaria o ad ogni costo. Si rende necessaria quindi l’opportunità di trasferire ad altre destinazioni d’uso, soprattutto per i nuovi insediamenti, le superfici meno produttive e quelle dove le interazioni negative sulla produttività sono minime.

Premialità

Rilascio permesso di costruire nelle zone agricole Nelle aree agricole il permesso di costruire è concesso alle aziende agricole con superfici (coacervo delle aree anche non limitrofe) uguale o superiore all’unità aziendale minima (art. 50 comma 5 LR n. 19/02). L’intervento edilizio deve scaturire da apposita relazione tecnico-economica e del piano di sviluppo aziendale. Anche nel caso i fabbricati siano destinati ad attività agrituristica bisogna attenersi a quanto previsto dalle vigenti disposizioni di legge riguardanti la “promozione e sviluppo dell’agriturismo in Calabria”. Nelle aree altamente produttive e fertili, molto vocate per produzioni tipiche e di eccellenza, pur se non sempre pianeggianti, necessita favorire l’uso compatibile e lo sfruttamento delle potenzialità produttive delle risorse e nel contempo preservarle da inopportuni interventi edilizi che possono minacciare o intaccare in modo irreversibile la qualità dei luoghi, soprattutto dal punto di vista paesaggistico ed ambientale. Ciò giustifica piena-

Nell’ambito del Psc l’amministrazione comunale intende le premialità previste dall’art. 52 - comma 4 - che recita testualmente: «Per la realizzazione e la ristrutturazione delle strutture connesse alle attività di turismo rurale e agriturismo, gli standard urbanistici ed i limiti indicati al comma 2 sono incrementabili massimo fino al 20% fatta salva la normativa vigente nazionale e regionale in materia di agriturismo e turismo rurale, nonché gli indici stabiliti dagli strumenti urbanistici vigenti».

Interventi edilizi in zone agricole Sostenibilità dell’edilizia rurale Nel contesto della valorizzazione del territorio agricolo è opportuno che il patrimonio degli edifici rurali tradizionali, che a Rende costituisce testimonianza eloquente dell’attività agricola dei decenni passati, venga recuperato con significativi interventi di risanamento strutturale, al fine di evitarne il loro deterioramento inarrestabile e le alterazioni funzionali svolte dall’uomo negli ultimi decenni. In tal senso risulta importante il ruolo che l’amministrazione comunale porterà avanti in tale direzione con l’attuazione del Psc, al fine di coinvolgere tutti gli imprenditori interessati per quanto riguarda l’attuazione degli interventi di recupero strutturali e funzionali dei fabbricati rurali, coniugandole adeguatamente alle innovative politiche di edilizia e all’impiego delle fonti energetiche sostenibili. L’edilizia rurale, con l’evolversi delle mutate condizioni storiche e socio-economiche, ha registrato e registra tutt’ora trasformazioni di carattere or-

ganizzativo, sollecitate anche dai nuovi metodi di esercitare l’attività agricola non trascurando le problematiche connesse all’ambiente, al paesaggio ed al territorio. In definitiva il risanamento dei fabbricati rurali già esistenti che non presentino più caratteristiche e requisiti rispondenti alle esigenze della moderna agricoltura, soprattutto quelli non più finalizzati al solo scopo dell’ottenimento della produzione vegetale agraria, deve tutelare e salvaguardare, ma soprattutto preservarne l’importanza storico, culturale senza stravolgerne i caratteri originari. È necessario pertanto affrontare e programmare in modo organico la questione riguardante l’edificabilità nelle aree agro-forestali, ponendo come obiettivo prioritario quello di minimizzare in futuro gli aspetti negativi della realizzazione dei manufatti non sempre necessari, cercando, quando è possibile, di trasferire ad altre destinazioni d’uso, soprattutto per i nuovi insediamenti, le superfici meno produttive e quelle dove le interazioni negative sulla produttività, sul paesaggio e sull’ambiente in genere sono minime. Con tali nuovi approcci innovativi di programmazione territoriale è dunque possibile la salvaguardia delle aziende agricole del Comune di Rende, quale presupposto essenziale per tutelare e salvaguardare le risorse naturali ed ambientali tipiche del territorio collinare. Compito della programmazione e degli strumenti urbanistici innovativi, quali il Psc, è anche quello di definire, soprattutto ai fini edificatori, l’unità aziendale minima ordinaria, come recita l’art. 52 della LR n. 19/02, per fissare i criteri e le regole, finalizzate ad ottenere il relativo rilascio del permesso di edificare nelle “aree rurali”, per evitare ulteriori consumi o sottrazioni di suolo. Il rilascio del permesso di costruire, nelle aree agricole, dovrà infatti essere consentito a tutte quelle aziende che mantengono in produzione superfici fondiarie previste dal lotto minimo di almeno un ettaro, o che anche assicurano la dimensioni dell’Uam (unità minima aziendale), prevista dal 2° comma della LR n. 19/02. È necessario coniugare l’edificabilità alle effettive esigenze delle aziende agricole, attraverso un piano economico aziendale che ne stabilisca la validità progettuale in rapporto ai fabbricati esistenti e se necessario ricorrere alla ristrutturazione di essi con particolare riguardo rivolto alla conservazione degli aspetti storici, paesaggistici ed ambientali, finalizzati al recupero funzionale e formale dei manufatti preesistenti. L’attività edificatoria è bene che venga razionalmente programmata, soprattutto nei terreni produttivi e ad alta sensibilità agronomica, ricadenti in zone fertili, e/o pianeggianti, al fine di favorire l’uso compatibile e lo sfruttamento delle potenzialità produttive delle risorse presenti e nel contempo preservarle da non funzionali e non sempre necessari interventi edilizi rispetto alle esigenze gestionali delle aziende agricole e/o forestali. La piena osservanza delle discipline dell’uso del territorio agricolo,si giustifica pienamente con la filosofia della LR. 19/02 che dovrà deve essere applicata in tutti i suoi aspetti per orientare, guidare e coniugare l’edificabilità (restauro, ampliamento e nuove costruzioni) alle esigenze delle aziende agricole e forestali, con il preciso intento di perseguire obiettivi strategici di natura economica, ambientale, paesaggistica e sociale.

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Mezzoeuro Nel rispetto delle regole

Il rispetto delle regole per l’edificabilità, nelle aree rurali, è dunque utile ed opportuno per valorizzare le vocazioni produttive, garantire la tutela del suolo e le emergenze ambientali di pregio, incoraggiare la permanenza della popolazione rurale in condizioni civili ed adeguate alle esigenze sociali attuali, favorire il recupero funzionale ed estetico del patrimonio edilizio esistente, sia per l’utilizzo aziendale che per quello abitativo, garantire la tutela e la sicurezza fisica del territorio, ovviare alla carenza dei servizi sociali ed essenziali, soprattutto per i coltivatori anziani, migliorare la qualità della vita, attuare politiche agrarie compatibile con le risorse naturali ed economiche, dove il paesaggio ed il suolo rappresentano fattori decisivi per la tutela dell’ambiente, nonché il benessere degli animali e la salute dell’uomo e dei consumatori, innalzare il reddito dei vari operatori che vivono nel territorio extraurbano ed infine salvaguardare l’integrità dell’azienda agricole e rurali. Edilizia responsabile e sostenibile, in grado di adeguarsi alle mutate esigenze ambientali, anche abbattendo ricostruendo manufatti obsoleti e vetusti non più funzionali, costruiti secondo criteri non più sostenibili, anche dal punto di vista statico, e probabilmente frutto di logiche improntate all’emergenza. È comunque importante che nelle aree agricole non si intervenga con nuove costruzioni, eccetto quando ciò è necessario realizzare, manufatti assolutamente necessari per necessità abitative del conduttore dell’azienda, così pure e/o dei salariati e parimenti per la conservazione, lavorazione e commercializzazione delle produzioni agricole. La presenza dell’uomo nei territori agricoli e forestali, sarà così assicurata, e parimenti, con progetti mirati, la riqualificazione ambientale ed urbanistica, partendo dall’uso attento e razionale delle risorse esistenti e nel pieno rispetto del contenimento del consumo del suolo, incentivando e migliorando la qualità dei servizi e di assistenza tecnica, individuando prioritariamente le strategie operative, gli assetti produttivi ed organizzativi dei futuri investimenti per favorire uno sviluppo armonico ed integrato dell’intero territorio comunale.

Misure di salvaguardia del paesaggio È consolidato dalla nostra antichissima tradizione agricola che il Paesaggio nei secoli si è trasformato per il succedersi di nuove opportunità di mercato. Basti pensare a quello che è avvenuto negli ultimi venti-trenta anni a Rende con l’insediamento dell’Unical, che ha in buona parte modificato e stravolto i paesaggi tipici tradizionali. Il paesaggio di Rende come in parte quello calabrese deriva da un insieme di fattori che può essere non a torto definito un “capolavoro”, frutto sicuramente del lavoro dell’uomo che l’Italia ed il mondo ci invidia. Nel “Codice dei beni culturali ed ambientali”, rivisto e rimodellato dai recenti decreti legislativi n. 62 e 63, rispettivamente dei mesi di marzo 2008 e gennaio 2010, prevede per la realizzazione di interventi edilizi in zona protetta, l’autorizzazione della Soprintendenza ed il conseguimento del titolo edilizio, pena l’annullamento della procedura autorizzativa e la demolizione dell’opera realizzata in difformità dal piano paesaggistico regionale. In tale contesto, le funzioni di tutela saranno esercitate in linea generale dal

Edificazione nelle aree rurali di Giovanni Perri*

Il compito essenziale della pianificazione territoriale ed urbanistica è quello di guidare, regolare e controllore la tutela, salvaguardia e l’uso delle risorse naturalistiche, ambientali e quelle agro-forestali. In tale contesto, in base a quanto prevede la legge urbanistica della Regione Calabria n. 19/02 e s.m.i. - vedi art. 50-51-52 - la gestione delle risorse agro-forestali deve essere affrontata e programmata sotto l’ottica della multifunzionalità, cioè con l’attuazione di iniziative progettuali innovative sostenibili, finalizzate sempre e comunque alla tutela e complessità di tutte le risorse. È necessario pertanto affrontare e programmare in modo organico la questione riguardante l’edificabilità nelle aree agro-forestali, ponendo come obiettivo prioritario quello di minimizzare in futuro gli aspetti negativi della realizzazione dei manufatti non sempre necessari, cercando, quando è possibile, di trasferire ad altre destinazioni d’uso, soprattutto per i nuovi insediamenti, le superfici meno produttive e quelle dove le interazioni negative sulla produttività, sul paesaggio e sull’ambiente in genere sono minime. Con tali nuovi approcci innovativi di programmazione territoriale è dunque possibile la salvaguardia delle aziende agricole che costituiscono per l’intero territorio calabrese un presupposto essenziale in quanto, attraverso le dovute e necessarie indicazioni urbanistiche, si preservano sia le risorse naturali ed ambientali in essa presente ed utilizzate, sia gli assetti organizzativi e sociali frutto di una cultura prodotta da complessi e par-

ticolari rapporti che le comunità rurali instaurano con il territorio. In detto contesto la sostenibilità edificatoria, nelle aree agricole, diventa quindi un obiettivo prioritario e di estrema importanza programmatoria finalizzato ad impedire l’ulteriore frammentazione della base fondiaria aziendale e parimenti uno strumento operativo “atemporale”, cioè senza determinate scadenze, valido in grado di, ogni qual volta sia possibile, evitare lo spezzettamento dell’unità fondiaria. Infatti, obiettivo importante è quello di creare le premesse di un accorpamento della base produttiva e di riordino fondiario vero e proprio, per invertire la tendenza, mediante il trasferimento dei terreni dei titolari proprietari agli eredi, di scoraggiare la frammentazione e la polverizzazione aziendale con la revisione della legislazione vigente al riguardo. È proprio il caso di sottolineare che necessita operare non in contrasto con le tendenze evolutive della Pac (politica agricola comunitari), bensì in sintonia con essa ed attuare in maniera concreta e sostenibile il concetto dell’unità aziendale, soprattutto dal punto di vista economico-produttivo, accentuato in modo insostenibile nelle superfici aziendali con appezzamenti non continui. Compito quindi della programmazione e degli strumenti urbanistici innovativi, quali il Psc, è quello di definire, soprattutto ai fini edificatori, l’unità aziendale minima ordinaria, come recita l’art. 52 della LR n.19/02, per fissare i criteri e le regole che possano consentire l’edificazione e quindi il relativo rilascio del permesso di costruire nelle “aree rurali”, per evitare ulteriori consumi o sottrazioni di suolo. Il rilascio del permesso di costruire, nelle aree agricole, dovrà infatti essere consentito a tutte quelle aziende che mantengono in produzione superfici


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Nel rispetto delle regole traverso la produzione di beni e servizi, sempre più avvertiti e richiesti dagli operatori agricoli, artigianali, del turismo verde e dell’agriturismo. Ciò contribuisce ad impedire la frammentazione della base fondiaria, anche mediante forme di incentivazione, cosicché il riordino fondiario in modo particolare delle aree degradate ed abbandonate dall’uso agricolo razionale e sistematorio, può essere visto come un vero e proprio fattore di crescita produttivo ed altresì come strumento di salvaguardia ambientale e paesaggistico, contro il degrado idromorfologico e vegetazionale provocato in modo particolare dall’attività dei piromani e valide iniziative per lo lotta contro gli incendi. Il riordino fondiario, cioè, va pertanto visto come fattore di crescita produttivo e come strumento di salvaguardia ambientale e paesaggistico, contro il degrado idromorfologico e vegetazionale. L’attività edificatoria è bene che venga razionalmente programmata, soprattutto nei terreni produttivi e ad alta sensibilità agronomica, ricadenti in zone fertili, e/o pianeggianti, al fine di favorire l’uso compatibile e lo sfruttamento delle potenzialità produttive delle risorse presenti e nel contempo preservarle da non funzionali e non sempre necessari interventi edilizi rispetto alle esigenze gestionali delle aziende agricole e/o forestali.

fondiarie previste dal lotto minimo di almeno un ettaro, o che anche assicurano la dimensioni dell’Uam (unità minima aziendale), prevista dal 2° comma della LR n. 19/02. Con tale impostazione è bene che il tecnico incaricato per la stesura della “relazione agro-pedologica”, nell’ambito della elaborazione del Psc, valuti attentamente l’autonomia strutturale e funzionale delle aziende sotto l’ottica dell’autonomia economica e produttiva, oltre che paesaggistica ed ambientale. In tale contesto, da parte del tecnico incaricato, diventa quasi obbligatorio redigere bilanci di costi e ricavi e verificare se quel terreno, con quel tipo di investimento dà un reddito e quale reddito al proprietario o imprenditore. Necessita pertanto valutare, al momento della elaborazione del Psc, il numero delle giornate lavorative necessarie per la conduzione del fondo alla situazione di fatto ed attribuire alla famiglia diretto-coltivatrice quella capacità lavorativa prevista dai regolamenti dell’Ue che è pari a 2100 ore lavorative annue. Ovviamente, dalla superficie territoriale lorda, bisogna detrarre la superficie non coltivabile occupata da strade poderali o interpoderali, abitazioni rurali, fasce di rispetto stradale, piante ornamentali, centro aziendale ed infine, sulla base di queste sottrazioni di terreno e valutazioni dei luoghi, stabilire il concetto di “minima unità colturale”. Successivamente bisogna stabilire i parametri edificatori che dovranno essere comunque ed in ogni caso funzionali all’attività agricola, al fine di favorire il ricambio generazionale e la permanenza dell’uomo nelle aree rurali, la diversificazione delle attività, quali la produzione di energie alternative al petrolio, lo sviluppo del turismo e la cura del territorio. La non attuazione di queste regole si traduce in

una progressiva marginalizzazione dell’attività agricola, conseguente anche al fenomeno del depauperamento della fertilità dei suoli ed all’abbandono degli stessi, con inevitabili problemi per l’ambiente quali la maggiore diffusione degli incendi, il dissesto idro-geologico, la desertificazione del territorio ed infine il peggioramento della qualità del paesaggio. Tutto ciò assume aspetti non sempre giustificabili nei terreni marginali e di agricoltura povera, maggiormente presenti nelle zone collinari e montane, per cui si rendono necessari specifici interventi, al fine di invertire i processi di degrado e di abbandono, per incentivare investimenti produttivi anche tramite pratiche di riordino fondiario finalizzate ad aumentare le dimensioni medie aziendali, attraverso specifiche misure di ricomposizione fondiaria, per costituire un tessuto aziendale di adeguate dimensioni dal punto di vista strettamente tecnico-economico, per privilegiare fortemente lo sviluppo e la sostenibilità finanziaria, ambientale e progettuale nelle aree rurali. È necessario pertanto coniugare l’edificabilità alle effettive esigenze delle aziende agricole, attraverso un piano economico aziendale che ne stabilisca la validità progettuale in rapporto ai fabbricati esistenti e se necessario ricorrere alla ristrutturazione di essi con particolare riguardo rivolto alla conservazione degli aspetti storici, paesaggistici ed ambientali, finalizzati al recupero funzionale e formale dei manufatti preesistenti. Altro problema importante da affrontare è quello riguardante la individuazione, nelle aree agro-forestali degli "usi civici", onde definire e conservare i beni agro-silvo-pastorali e liberalizzare equamente tutti gli aspetti favorendo, quando è possibile, l’iniziativa privata, soprattutto nelle aree svantaggiate, dove è più accentuato il fenomeno dello spopolamento, favorire l’uso integrato delle risorse disponibili agricole, ambientali, storicoculturali, nonché la diversificazione dei redditi at-

La disciplina e la piena osservanza delle discipline dell’uso del territorio agricolo,si giustificano pienamente con la filosofia della LR. 19/02 che dovrà deve essere applicata in tutti i suoi aspetti per orientare, guidare e coniugare l’edificabilità (restauro, ampliamento e nuove costruzioni) alle esigenze delle aziende agricole e forestali, con il preciso intento di perseguire obiettivi strategici di natura economica, ambientale, paesaggistica e sociale. Il rispetto delle regole per l’edificabilità, nelle aree rurali, è dunque utile ed opportuno per valorizzare le vocazioni produttive, garantire la tutela del suolo e le emergenze ambientali di pregio, incoraggiare la permanenza della popolazione rurale in condizioni civili ed adeguate alle esigenze sociali attuali, favorire il recupero funzionale ed estetico del patrimonio edilizio esistente, sia per l’utilizzo aziendale che per quello abitativo, garantire la tutela e la sicurezza fisica del territorio, ovviare alla carenza dei servizi sociali ed essenziali, soprattutto per i coltivatori anziani, migliorare la qualità della vita, attuare politiche agrarie compatibile con le risorse naturali ed economiche, dove il paesaggio ed il suolo rappresentano fattori decisivi per la tutela dell’ambiente, nonché il benessere degli animali e la salute dell’uomo e dei consumatori, innalzare il reddito dei vari operatori che vivono nel territorio extraurbano ed infine salvaguardare l’integrità dell’azienda agricole e rurali. La presenza dell’uomo nei territori agricoli e forestali, sarà così assicurata, e parimenti, con progetti mirati, la riqualificazione ambientale ed urbanistica, partendo dall’uso attento e razionale delle risorse esistenti e nel pieno rispetto del contenimento del consumo del suolo, incentivando e migliorando la qualità dei servizi e di assistenza tecnica, individuando prioritariamente le strategie operative, gli assetti produttivi ed organizzativi dei futuri investimenti per favorire uno sviluppo armonico ed integrato dell’intero territorio comunale. * presidente Ordine agronomi forestali Cosenza

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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

IN COLLABORAZIONE CON

SEDI ZONALI ALTOMONTE FRANCAVILLA MARITTIMA PRAIA A MARE SCALEA

C.DA PANTALEO, 7/A VIA MAZZINI, 64

0981/946193 0981/992322

VIA TRIESTE, 20 VIA FIUME LAO, 253

0985/777812 0985/90394

SEDI COMUNALI ACRI ALTOMONTE CASTROVILLARI CERCHIARA DI CALABRIA CETRARO COSENZA FAGNANO CASTELLO GRISOLIA LAUROPOLI DI CASSANO IONIO MALVITO MOTTAFOLLONE PAOLA SAN MARCO ARGENTANO SCALO SAN SOSTI SANTA MARIA DEL CEDRO SARACENA SARTANO DI TORANO CASTELLO SPEZZANO ALBANESE TERRANOVA DA SIBARI TREBISACCE VILLAPIANA LIDO VILLAPIANA LIDO

VIA DUGLIA, 486 VIA SAN FRANCESCO, 62 C/O STUDIO LEGALE CORDASCO VIALE PADRE F. RUSSO CONTRADA PIANA VIA G. DE GIACOMO, 4 VIA DE RADA, 24 VIA SAN SEBASTIANO CORR. BELLUSCI ANGELO PIAZZA CAPOLANZA, 8 CONTRADA VADITARI CORR. BORRELLI ANTONIETTA VIA NAZIONALE, 134 C/O CEDEFIN VIA ALCIDE DE GASPERI C/O STUDIO PERRONE-NOVELLO VIA PIANO DELLA FIERA, 14 VIA SAN MICHELE, 10 PIAZZA XX SETTEMBRE, 21 CORSO UMBERTO I PIAZZA DELLA REPUBBLICA, 49 CORSO MARGHERITA, 365 VIA PARIGI, 16 VIA DELLE AZALEE C/O STUDIO MELITO VIA DELLE ROSE, 28 C/O TEAM SERVICE

333/9833586 0981/948202 0981/483366

0982/999368 349/5842008 346/8569600 347/9433893 0981/70014 349/5438714 0982/621429 346/8569600 0981/60118 0985/5486 340/9692335 0984/521251 345/1337465 0981/956320 0981/51662 0981/56414 0981/56423

NEL MESE DI NOVEMBRE APERTURA A BELVEDERE MARITTIMO IN VIA G. GROSSI

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Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-Fna (Federazione nazionale agricoltura)

«Le gravi difficoltà che affliggono il Paese sono sotto gli occhi di tutti e si sta cercando di porvi rimedio con tenacia e sacrifici - dice il presidente nazionale del patronato Epas, Denis Nesci - ma qualche segnale incoraggiante non basta di certo per far sentire l’Italia al sicuro. Nella situazione di generale preoccupazione, però, ancora una volta il Sud registra un livello di criticità più alto della media - aggiunge Nesci - con alcune situazioni che rappresentano delle vere e proprie emergenze dai contorni drammatici».

Nella situazione di generale preoccupazione ancora una volta il Sud registra un livello di criticità più alto della media

La crisi al Sud

tra problemi e progetti Il lavoro dell’Esecutivo continua, con provvedimenti e strategie volte a combattere gli effetti della crisi su tutta la linea e con interventi che provano a porre rimedio alle tante difficoltà che, per un verso o per l’altro, impediscono all’Italia di intraprendere con sicurezza e decisione la via della ripresa economica. I turbolenti scenari politici delle ultime settimane hanno ovviamente catalizzato l’attenzione generale, anche se c’è stato spazio negli ultimi giorni per diverse importanti questioni che interessano da vicino i cittadini e che investono in pieno le speranze per un futuro prossimo un po’ meno complicato. Moltissime imprese stanno provando a trarre beneficio dall’assunzione di giovani disoccupati che dà diritto a sostanziosi sgravi fiscali, con una particolare incidenza del progetto al Sud: secondo i dati raccolti in questi giorni, sono già più di 7mila le richieste giunte sul sito dell’Inps al riguardo e si spera che tale operazione possa dar vita ad un incremento concreto dell’occupazione e della stabilizzazione tra i giovani. Sempre in questi giorni il Governo ha ribadito la volontà di assegnare alle emergenze esistenti nel Mezzogiorno il carattere di priorità, ricordando come nei primi cinque mesi di vita abbia già puntato su investimenti importanti in settori quali la cultura, la scuola e le infrastrutture. Resta ancora molto da fare, ma l’Esecutivo ha già messo nel mirino altri importanti progetti: la questione Pompei, la realizzazione della Tav Napoli-Bari, l’autostrada Agrigento-Caltanissetta e la metropolitana di Napoli, solo per ricordarne alcuni. Al di là delle necessità infrastrutturali, grandissima rilevanza assume anche la volontà di combattere un fenomeno doloroso e diffuso come la dispersione scolastica, figlia di scoramento, rassegnazione e disillusione e pericolosa corsia preferenziale per le tentazioni offerte dalla criminalità. Occorre poi intervenire in modo radicale sulla disoccupazione giovanile e delle donne, altre voci che purtroppo continuano ad aggiornare quotidianamente record negativi. «Il Sud continua a soffrire in maniera ancora più esasperata quei problemi che a volte sembrano irrisolvibili ma che invece - sostiene Denis Nesci andrebbero affrontati in maniera più risoluta e mirata. Pensare che i problemi del Mezzogiorno siano un danno solo per la gente che vive al Sud è un errore colossale - conclude il presidente Epas - perché solo se unito il Paese potrà tentare di risollevarsi da una situazione ancora molto complicata».

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Un contributo importante, la storia ringrazia

Quei documenti nascosti e dimenticati di Gianni Belluscio

Il 21 settembre 2013, nella Sala consiliare del Comune di Cerzeto è stato presentato il volume Il Risorgimento degli Arbëreshë, scritto dal dottor Oreste Parise, attivo giornalista del settimanale calabrese a diffusione regionale Mezzoeuro. Il libro è il risultato di continue ricerche dedicate agli arbëreshë (lo stesso Parise è arbëresh originario di Cavallerizzo, frazione di Cerzeto, comune del quale è stato anche sindaco negli anni 80 del 900) e alla loro storia e storiografia. Il volume raccoglie nelle sue 248 pagine la storia degli arbëreshë, dal momento in cui sono giunti nell’Italia meridionale a partire dalla fine del XV secolo e fino alle vicende risorgimentali, che in molti casi li hanno visti attivi e presenti sui due fronti, sia come briganti, e quindi ostili al nuovo ordine sabaudo, sia come figure di rilievo e avanguardie a favore dello stato unitario e del Regno d’Italia. Il volume si suddivide in due parti: la prima comprende tre capitoli: a) la corposa Introduzione ripercorre le vicende storiche degli arbëreshë nel Regno delle Due Sicilie, tratta le fasi migratorie, demografiche gli aspetti militareschi ad essi collegati (in particolare gli Stradiotti e il reggimento Real Macedone) nonché le condizioni di vita, economiche e sociali delle popolazioni albanesi; b) il secondo capitolo dal titolo “Lo spirito ribelle degli arbëreshë” affronta le varie fasi del periodo risorgimentale a partire dalla Rivoluzione partenopea del 1799 e fino ai Moti del 1844 e alla spedizione dei Mille per concludersi con la nascita del Regno d’Italia; c) il terzo capitolo “I protagonisti albanesi nella lotta per la libertà” è dedicato alle figure più importanti che hanno preso parte alle vicende politiche e storiche del Risorgimento “albanese” in Italia, in quest’ordine: il Popolo, Pasquale Baffi, Pasquale Scura, Domenico Mauro, Francesco Crispi, Francesco Posteraro, Carmine Franzese. L’autore propone le biografie di queste figure (per la maggior parte intellettuali) in forma più completa ed estesa grazie alla notevole mole di notizie ricercate nell’Archivio di Stato di Cosenza e in altri archivi pubblici e privati. La seconda parte del libro raccoglie e presenta una serie di 12 documenti in parte inediti che vanno ad integrare la prima parte storico-descrittiva del libro. Insieme ai documenti che riportano notizie riguardanti il fenomeno del brigantaggio (come la denuncia di Angelo Gliosci, di Cerzeto a Pierangelo Stamile, supplente del Giudice del Mandamento di Cerzeto, di un omicidio da parte dei briganti Credidio-Pinnola e Bellusci avvenuto l’11 novembre del 1863; la Relazione della Gendarmeria di Mongrassano per la cattura della banda Lavalle del 26 dicembre 1864 ecc.) Parise propone anche la lettura della delibera del Comune di San Marco Argentano del 31.3.1863 con la quale venne accordata a Pietro Fumel (colonnello della famigerata Guardia Nazionale) la cittadinanza onoraria; la Lettera di Lorenzo Giustiniani al segretario di Stato Migliorini circa notizie sulle condizioni degli Albanesi nel Regno di Napoli (1816); il testo della Sentenza della Commissione Militare per i fatti accaduti il 15 marzo 1844 (cioè gli eventi che ebbero come attori in Cosenza i fratelli Bandiera e numerosi arbëreshë i cui nomi sono scolpiti sul piedistallo della Statua della Libertà in piazza XV Marzo a Cosenza) e infine il racconto dal titolo Un distaccamento in Calabria del

Presentato a Cerzeto il volume “Il Risorgimento degli Arbëreshë”, scritto da Oreste Parise. Il libro raccoglie e presenta una serie di 12 documenti in parte inediti che vanno ad integrare la prima parte storico-descrittiva bersagliere Luigi Archinti, pubblicato nel 1875 (ma la stesura è del 1862) all’interno della raccolta di racconti Per pigliar sonno. Si tratta di una storia-romanzata ambientata a Cerzeto che ha per protagonisti un distaccamento di bersaglieri, inviati nella cosiddetta “linea albanese” (cioè la linea di villaggi albanesi che vanno da San Benedetto Ullano fino a Cervicati) e le bande di briganti che si opponevano alla presenza militare del nuovo ordine post-borbonico. Archinti si serve della storia amorosa della bellissima ragazza albanese Argenide (nome di origine greca che significa “di bell’aspetto”) Milano, parente di Agesilao Milano (il quale aveva attentato alla vita del re Ferdinando II di Borbone) follemente corteggiata dal bersagliere Asprini. Nel racconto Archinti offre una visione realistica del contesto storico e sociale, descrive le contrade calabro-albanesi, i tipi popolani, i rapporti tra truppe militari e la gente del luogo ecc. Ci informa che i briganti non sono come di solito vengono dipinti nell’iconografia tipica (così come vengono per esempio disegnati da Orazio Rilliet nel suo libro/album Tournée en Calabre en Octobre 1852 scritto e illustrato a mano - vedi immagine 1) ma che invece si sono adattati alle condizioni normali di vita e al progresso: «Nell’armamento non figura più, o di rado, il classico trombone della vecchia scuola brigantesca. Schioppette da caccia, doppiette, fucili da guardia nazionale e revolver, ecco il nuovo arsenale; essi non si sono mostrati renitenti al progresso delle armi; della vecchia panoplia brigantesca non han serbato che lo stile, o pugnale, perchè non c’è barba d’uomo che possa trovargli uno equivalente nella mischia al tu per tu, e per ispedire un cristiano all’altro mondo, senza rumore e con un colpo sicuro. Avverto anche che le cioccie non fan parte dell’abito brigantesco della Calabria. Il brigante calabrese porta le sue brave scarpe, con doppia suola, a linguetta, sopra un paio di calzettoni di lana color cioccolatte, che gli coprono le gambe fin sopra il ginocchio. Del resto son sempre musi truci, ghigne fiere, spesso barbute, sotto il cervone o cappello a larga tesa, ed a cocuzzolo conico, grande appena come un bicchiere, e guernito di una dozzina di fettuccie di velluto nero, che ricascano doppie sulla spalla sinistra in modo assai pittoresco». Archinti descrive poi l’inospitalità del terreno e del paese («- Che paese allegro! Scappò a dire a un bersagliere con accento milanese. - Madonna! C’è più allegria nel cimitero di Brescia!, gli ri-

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spose un bresciano») e il triste incontro con due teschi umani conficcati su due pali accanto alla strada da uno dei quali scendeva fino a terra a partire dalle fosse nasali una lunga fila di formiche, scena simile a quella descritta dal Rilliet nei pressi di Campotenese e tratteggiata nel disegno soprastante (vedi immagine 2) «All’inizio di questa pianura (cioè di Campotenese) si trova una vecchia torre in rovina, che serve di rifugio alle capre e alle pecore, che pascolano in numerosi branchi tra le rocce. Là vicino, sull’orlo della strada si vedono cinque colonne in muratura. Esse sono servite da appoggio alle teste di altrettanti briganti, che furono decapitati una decina di anni fa per aver depredato il fisco in questo stesso luogo».

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Nella sua trattazione Oreste Parise pone l’attenzione soprattutto sugli aspetti positivi del Risorgimento italiano e di conseguenza sulle biografie degli arbëreshë che hanno preso attivamente parte a quella storia, persone che avevano una visione positiva degli eventi che avrebbero portato all’abbattimento del regime borbonico in favore dell’Unità d’Italia sotto la corona dei Savoia, spiriti ribelli e liberi che immaginavano una nuova organizzazione dello Stato e una unione dei comuni destini delle popolazioni italiane dalle Alpi alla Sicilia. Contributi di tipo politico, filosofico e letterario che da diverse figure di intellettuali miravano verso un fine comune. Tra le figure proposte non compare (se non in forma di citazione) per esempio Girolamo De Rada, il poeta di Macchia che vivendo a Napoli era in stretto contatto con i tumultuosi circoli politici del-


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Mezzoeuro Un contributo importante, la storia ringrazia Oreste Parise, Il Risorgimento degli Arbëreshë, Cosenza: Edizioni Orizzonti Meridionali, 248 pp. ISBN9788897687245, euro 20,00

legge presentata da Giuseppe Pica e che prevedeva lo stato stato d’assedio permanente e di fatto sospendeva una gran parte delle libertà sancite dallo Statuto.

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2 la capitale del Regno delle Due Sicilie, e non è un caso se tra i contributi letterari del De Rada appare anche un prodotto militante come il primo giornale albanese dal titolo L’albanese d’Italia, pubblicazione di vita breve ma che rappresenta il primo esempio della stampa periodica nella storia albanese al di qua e al di là dell’Adriatico. Come si è detto sopra il Risorgimento degli Arbëreshë si svolge su due piani, quello della spinta progressista verso la creazione del nuovo stato unitario e quello della conservazione e della opposizione alla presenza militare di occupazione, cioè l’esteso fenomeno del brigantaggio che molti problemi ha creato al nascente stato e che è stato violentemente represso in nome di un ideale che implicava (e ben vedeva) uno scontro tra la barbarie e la civiltà. Per questo scontro, e Parise lo mette bene in evidenza, fu chiamato colui che si dimostrò il più feroce dei repressori, Pietro Fumel (vedi pp. 77-82 del testo - Nome evocativo e che diventò presto quasi personaggio mitologico tra le popolazioni meridionali e che compare come “non personaggio” anche nel primo dramma della letteratura albanese, I dieci passati per le armi di Pizziglìa successivamente intitolato Emira, scritto dal sacerdore arbëresh Francesco Antonio Santori di S. Caterina Albanese nel 1862) il quale, come dice Giovanni Sole (Viaggio nella Calabria Citeriore dell’800. Pagine di storia sociale, Cosenza: Amministrazione Provinciale di Cosenza, 1985) così come i suoi predecessori Manhes e Nunziante attuò un regime di terrore e una repressione ferrea, mentre dal 1863 nelle regioni meridionali veniva applicata la

Quando i Piemontesi giungono nel Sud trovano una consolidata tradizione di fuorilegge che da “scorridori di campagna” sono nel frattempo diventati briganti, banditi. E tra le bande calabresi fanno la loro comparsa anche quelle formate da albanesi come la banda di Francesco Posteraro di Cerzeto, quelle molto attive e pericolose di Pietro Aronne e di Gervasio Ferrari di San Basile, quella di Giovanni Battista, alias “Scornavacche” di Porcile. Già agli inizi degli anni 30 del XIX sec. la repressione si accanì maggiormente e con gli arresti di Giuseppe Golemme di Rota e di Antonio Baffa di Falconara, si può dire che la gran parte delle comitive erano oramai distrutte o disperse. Agli inizi degli anni 40 i briganti più pericolosi erano Francesco Bilotta alias “Mediocre” di San Benedetto Ullano, Giuseppe Bottino e Francesco Saverio Cistaro di Rota, Vincenzo Licursi di San Martino. Altre piccole bande erano formate nella provincia come quella di Filippo Tavolaro alias “Scazzo” bracciante di Mongrassano, quella di Antonio De Luca e Pasquale Tudda braccianti di Cavallerizzo, quella di Angelo Formoso di bracciante di Mongrassano, quella di Fortunato Pollaro bracciante di San Giacomo, di Lazzero Manes massaro di San Benedetto Ullano (per il quale fu messa una taglia di 800 ducati per l’uccisione e 600 per la cattura, la metà delle taglie messe sulla testa del brigante n. 1 Giosafatte Tallarico). Fra i ricercati l’unico politico era il bracciante Franzese Scanderbech di Cerzeto che aveva partecipato alla rivoluzione del 1844, durante la quale era stato assalito il palazzo dell’Intendenza ed erano stati uccisi un capitano e un soldato. Al di fuori della Calabria anche in altri paesi arbëreshë troviamo briganti e brigantesse i cui nomi sono passati alla storia come Filomena De Marco nata nel 1845 a Casalvecchio di Puglia diventata famosa come Filomenta Pennacchio per le piume che portava sul suo cappello. Tra i personaggi illustri Parise pone giustamente anche il Popolo. Senz’altro il popolo arbëresh, così come quello calabrese o lucano, ha svolto un suo ruolo nelle vicende storiche del periodo risorgimentale, esso tuttavia rimane ai margini della scena in penombra e forse più soggiogato dagli eventi che autore degli stessi. Siamo in un contesto sociale in cui quasi il 90% della popolazione meridionale era analfabeta e sottomessa, incapace di cogliere gli epocali stravolgimenti storici che accadevano davanti a sé. Una popolazione stremata dalle continue tasse e dalla penuria di alimenti, costretta piuttosto alla sopravvivenza che alla normale esistenza e che probabilmente sperava in un cambiamento favorevole per le proprie condizioni di vita, aspirazioni che vennero presto disilluse, una disillusione generalizzata che bene è stata descritta da uno degli autori arbëreshë dell’800 più impegnati socialmente come il socialista e libertario Vincenzo Stratigò di Lungro. Le popolazioni meridionali (e quindi anche gli Arbëreshë) passavano da sudditi di un Regno che nel 1860 aveva riserve auree per 445,2 milioni di lire (1 lira valeva circa 4,5 Euro) a fronte dei 27mln del Piemonte, 85,2mln della Toscana, 55,3mln di Romagna, Marche e Umbria, 8,1mln di Lombardia, e dove il numero dei poveri (1,40%) era più basso rispetto a quello della Lombardia (1,6%), della Romagna (2,11), dell’Umbria (2,14) o della Toscana (1,83) a sudditi del nuovo Regno d’Italia che dal 1862 al 1897, per le bonifiche del-

le paludi della Penisola, spendeva 458 milioni di lire (la maggior parte provenienti dalle casse del Regno di Napoli): 455 milioni al Centro-Nord e solo 3 milioni al Sud (cfr. Giordano Bruno Guerri, Il sangue del Sud, antistoria del Risorgimento e del brigantaggio, Mondadori 2011). Ma non sono tuttavia mancati i tentativi corali di opposizione alle immediate ingiustizie post-risorgimentali, come nel caso di Mormanno dove «il 7 maggio 1866 scoppia la rivolta popolare; un folla di popolani si riversa nella piazza dove era stato affisso il bando di chiamata alle armi strappando i manifesti al grido di “Abbasso Vittorio Emanuele”, assaltando la casa comunale e devastando la casa del pretore, del sindaco e di due altri notabili, a ciò fece seguito una feroce repressione a cominciare dalla sera stessa, quando l’esercitò arrestò trenta persone, altrettante il giorno dopo, mentre molti si diedero alla macchia per timore di essere fucilati». (cfr. G. Sole, op. cit.). Come è andata poi la storia è noto a tutti. Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere. Il Risorgimento (Roma: Editori Riuniti) ci offre una lucida analisi degli sviluppi successivi al Risorgimento e ci aiuta a capire anche quello che si sarebbe poi ripetuto quasi in modo identico negli anni del cosiddetto boom economico: «La miseria del Mezzogiorno era inspiegabile storicamente per le masse popolari del Nord; esse non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno nel rapporto territoriale di cittàcampagna, cioè che il Nord concretamente era una piovra che si arricchiva alle spese del Sud e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale. Il popolano dell’Alta Italia pensava invece che se il Mezzogiorno non progrediva dopo essere stato liberato dalle pastoie che allo sviluppo moderno opponeva il regime borbonico, ciò significava che le cause della miseria non erano esterne, da ricercarsi nelle condizioni economico-politiche obiettive, ma interne, innate nella popolazione meridionale, tanto più che era radicata la persuasione della grande ricchezza naturale del terreno: non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica. Queste opinioni già diffuse (il lazzaronismo napoletano era una leggenda di vecchia data) furono consolidate e addirittura teorizzate dai sociologhi del positivismo (Niceforo, Sergi, Ferri, Orano, ecc.) assumendo la forza di “verità scientifica” in un tempo di superstizione per la scienza». «Scrivere un libro sull’Unità d’Italia è fuori tempo massimo» recita l’incipit dell’Introduzione del libro di Oreste Parise. Penso invece che lontano dai clamori e dal vortice delle manifestazioni che hanno accompagnato il 150° dell’Unità, questa lettura aiuti a soffermarsi con più attenzione e pacatezza sugli argomenti proposti nel volume che qui stiamo trattando; con questo importante contributo l’autore è venuto senz’altro incontro agli auspici espressi da G.B. Guerri nel 2011: «Il modo migliore per festeggiare il 150° dell’Unità sarebbe stato proprio cercare di rintracciare i documenti mancanti, forse ancora nascosti e dimenticati». Credo che ciò sia proprio quanto ha cercato di fare Parise con la stesura e la pubblicazione di questo volume, nel quale, oltre ad aver organizzato e sistemato il noto, ha anche apportato nuovi materiali per una migliore e più approfondita conoscenza del contributo dato dagli Arbëreshë durante gli anni del Risorgimento italiano e fino alla costituzione dello stato unitario.

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