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Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia”

2/2007


ROSARIUM Pubblicazione trimestrale del Movimento Domenicano del Rosario Proprietà: Provincia Domenicana S. Domenico in Italia via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano Autorizzazione al Tribunale di Bologna n. 3309 del 5/12/1967 Direttore responsabile: fr. Mauro Persici o.p. Rivista fuori commercio

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In copertina: Scorcio dal Monte Tabor in una foto di Paolo Gavina A pag. 3 e seguenti: CORREGGIO, Sacra Famiglia, 1510, Pavia, Pinacoteca Malaspina. A pag. 28 e seguenti: ARTISTA LOMBARDO, inizio XVI sec., Padre Eterno, Chiesa di S. Maurizio al Monastero Maggiore, Milano.

SOMMARIO Mariologia (VIII): Maria Vergine nata senza peccato fra Roberto Coggi op

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Il Magistero “minore” del Santo Padre Mauro Faverzani

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L’Eucaristia e la Vergine Maria dalla Lettera Apostolica di Benedetto XVI

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P. Tomásˇ Ty´n. Il messaggio di Fatima

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Le nostre missioni in Brasile

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Catechismo per tutti: il segno di Croce

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Pagina della riconoscenza

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Mariologia Pa r t e V I I I

P. R o b e r t o C o g g i

Maria Vergine nata senza peccato


Maria sempre vergine Nelle Litanie Lauretane, dopo l’invocazione Sancta Dei Genetrix, ora pro nobis (Santa Madre di Dio, prega per noi), segue immediatamente l’invocazione Sancta Virgo virginum, ora pro nobis (Santa Vergine delle vergini, prega per noi). Ciò è molto significativo: dopo il suo titolo fondamentale, che è alla base di tutti gli altri, cioè quello di Madre di Dio, compare immediatamente il titolo di Vergine delle vergini. Maria Santissima è innanzitutto la Madre di Dio, e subito dopo è la Vergine delle vergini. La cosa si è verificata anche storicamente. Infatti nel primo millennio si consolidarono innanzitutto due convinzioni: la prima che Maria Santissima è Madre di Dio, la seconda che è «la Vergine» per eccellenza, la Vergine delle vergini. Ma che cos’è esattamente la verginità? Intesa in una prospettiva cristiana essa comporta la consegna totale della persona, anima e corpo, mente e cuore, a Gesù Cristo. Questa donazione completa della persona comporta: a) La verginità del corpo, cioè l’integrità corporea. Essa è, secondo il linguaggio filosofico-teologico, l’elemento materiale della verginità. Come tale esso entra nell’essenza della verginità, e non va considerato come un elemento accessorio e secondario. Esso è invece un elemento essenziale e imprescindibile. b) La verginità dell’anima, cioè la decisione cosciente e libera di appartenere esclusivamente a Dio secondo le esigenze della castità perfetta. Essa presuppone non solo la totale integrità fisica della donna, come pura realtà biologica, ma anche la volontà di conservare sempre tale integrità. Questo consegnarsi a Dio con cuore indiviso costituisce l’elemento formale e intenzionale della verginità. Intendendo in questo modo la verginità possiamo capire il senso di ciò che la Chiesa insegna, a partire almeno dal IV secolo, quando dice che Maria Santissima fu vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto. Questa fede fu espressa solennemente, nei tempi recenti, dal Papa Paolo VI, quando nel Credo del Popolo di Dio (29-6-1968) proclamò solennemente: «Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre vergine, del Verbo Incarnato, il nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo». Quindi la Chiesa insegna sulla verginità di Maria le seguenti verità rivelate: a) l’assoluta e perpetua integrità corporale della Vergine; b) la verginità della sua anima, cioè la piena ed esclusiva unione sponsale della sua anima con il Signore. Così il dogma della fede cattolica suppone: 1) che Maria concepì miracolosamente e verginalmente per l’onnipotenza divina, per cui Gesù non ebbe un padre umano;

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2) che diede alla luce il Figlio senza lesione della sua integrità corporale; 3) che, dopo la nascita di Gesù, Maria rimase vergine durante tutta la sua vita terrena.

L’Immacolata Concezione e la santità di Maria Il peccato originale Per comprendere il significato del dogma dell’Immacolata Concezione è indispensabile avere un’idea esatta del peccato originale, poiché l’Immacolata Concezione significa proprio l’esenzione di Maria da questo peccato. Seguendo da vicino la trattazione del Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 396 ss.), possiamo esprimerci in breve nel modo seguente. I nostri progenitori hanno disubbidito a Dio (cf. Gen 3), e così il peccato (che prima era stato commesso solo dagli angeli ribelli) entra anche nel mondo dell’uomo. Questo peccato si trasmette per generazione a tutti gli uomini, che discendono dai progenitori. Scrive S. Paolo (Rm 5, 19): «Per la disubbidienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori»; e ancora (5, 12): «Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato». In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Poiché tutto il genere umano in Adamo era «come un unico corpo di un unico uomo». Per questa unità del genere umano tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. È questo un mistero che non riusciamo ad apprendere pienamente. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma anche per tutta la natura umana: cedendo al tentatore Adamo ed Eva commettono un peccato «personale», ma questo peccato intacca la «natura umana», che essi trasmettono «in una condizione decaduta». Da questo peccato ci libera Gesù Salvatore. Il battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge nuovamente l’uomo verso Dio, anche se le conseguenze di tale peccato rimangono, cioè la natura è indebolita e inclinata al male a motivo della concupiscenza. Infatti, anche se viene restituita la grazia santificante con tutte le virtù e i doni soprannaturali, non vengono restituiti i doni preternaturali (esenzione dalla morte, dalla sofferenza, dalla concupiscenza, dall’ignoranza). In che cosa consiste l’Immacolata Concezione Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, colmata della grazia di Dio, era stata redenta fin dal suo concepimento. Il dogma formulato dal Papa Pio IX l’8 dicembre 1854 suona così: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una gra-

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zia e un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia di peccato originale». Questa affermazione è il risultato di un travaglio durato lunghi secoli. Vogliamo adesso considerare i fondamenti di questa definizione dogmatica nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. I fondamenti biblici Il Protovangelo (Gen 3, 15) Ricordiamo questo testo fondamentale, nel quale si parla dell’inimicizia fra la donna (figura di Maria) e il serpente (figura del diavolo). È fuori dubbio che fra la donna e il serpente c’è una radicale inimicizia: «Porrò inimicizia fra te e la donna...». Ciò è sufficiente a dare un solido fondamento al nostro dogma. Infatti se fra la donna e il serpente c’è un’inimicizia radicale, non si può pensare che anche per un solo istante nella donna ci sia stata, per così dire, un’amicizia con il serpente a motivo del peccato, sia pure del solo peccato originale. Fra la donna e il serpente c’è un’incompatibilità assoluta. Nella donna quindi non c’è alcuna macchia di peccato. Il Saluto dell’Angelo (Lc 1, 28) Le parole dell’angelo: «Ti saluto, o piena di grazia» (più letteralmente: “o ricolma del favore divino”) indicano una pienezza totale di grazia. Questa totalità deve estendersi a tutta la vita di Maria, a cominciare dal primo istante della sua esistenza. Quindi sin dal primo istante Maria fu santa, senza alcuna macchia di peccato. Il Saluto di Elisabetta (Lc 1, 41-42) Alle due prove precedenti, che sono quelle fondamentali, alcuni autori ne aggiungono anche una terza tratta dalle parole di Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno!». La benedizione divina di Maria è posta in parallelo con quella di Cristo nella sua umanità. Questo parallelismo lascia intendere che Maria, come Cristo, fin dal principio della sua esistenza, era esente da ogni peccato. Sviluppo storico Presso i Padri e gli scrittori dei primi secoli la dottrina dell’Immacolata Concezione è implicita nel frequente parallelismo Eva-Maria (S. Giustino, S. Ireneo e Tertulliano), il quale comporta una doppia relazione: di somiglianza (come Eva uscì pura dalle mani di Dio, così Maria doveva uscire immacolata dalle medesime mani) e di opposizione (colei che doveva essere la riparatrice dei danni provocati da Eva non poteva trovarsi coinvolta in essi). Verso la fine del VII secolo o agli

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inizi dell’VIII secolo cominciò a venir celebrata, in Oriente, la festa della Concezione di Maria, come risulta da Andrea di Creta. Nel IX secolo la festa diviene universale nella Chiesa greca. Per quanto riguarda l’Occidente Sisto IV, francescano, il 27 febbraio 1477 promulgava la costituzione Cum praecelsa con la quale approvava solennemente la festa dell’Immacolata Concezione, celebrata in molti luoghi, con la Messa e l’Ufficio propri. Clemente XII il 6 dicembre 1708 estendeva per legge la festa dell’Immacolata a tutta la Chiesa. Durante il secolo l’entusiasmo dei fedeli e dei dotti andò sempre crescendo, come crebbero anche le suppliche rivolte ai Romani Pontefici per la definizione dogmatica. Chi si decise ad accogliere queste richieste fu Pio IX, il quale non appena asceso al soglio pontificio (1846) iniziò le pratiche necessarie. Interpellati tutti i vescovi (2 febbraio 1849) ne ebbe una risposta plebiscitaria: su 665 risposte 570 erano entusiasticamente favorevoli, otto contrarie, le rimanenti più o meno incerte sull’opportunità della definizione. La commissione incaricata diede risposta favorevole alla domanda «se vi siano nella Sacra Scrittura testimonianze che provino solidamente l’immacolato concepimento di Maria». In tal modo il Papa Pio IX poté procedere alla solenne definizione dogmatica l’8 dicembre 1854, alla presenza di oltre duecento fra cardinali e vescovi, e di una incalcolabile moltitudine di fedeli esultanti. Riportiamo le parole esatte della Definizione dogmatica dell’Immacolata, contenute nella Bolla Ineffabilis Deus: «Noi dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, sia stata preservata intatta da ogni macchia di peccato originale, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è dottrina rivelata da Dio, e perciò va creduta fermamente e costantemente da tutti i fedeli» (DS 2803).

Il testo, come si vede, si riferisce alla persona di Maria, e non specificamente alla sua anima. Il Papa Pio IX ha voluto così evitare la distinzione scolastica fra la concezione biologica e l’infusione dell’anima. Si parla poi del «primo istante della sua concezione», senza precisare quando effettivamente essa si realizza. La Bolla non dice in quale preciso istante comincia a esistere la persona. Quello che è certo è che la persona di Maria ha cominciato a esistere sin dal primo istante senza alcuna macchia di peccato. La definizione esprime la verità dogmatica negando ogni macchia di peccato, cioè in senso negativo, ma è evidente che questa assenza di peccato non può aversi se non con l’infusione della grazia. Quindi si può dire in modo equivalente che Maria

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Santissima ha avuto la grazia santificante sin dal primo istante della sua esistenza. Il privilegio di Maria è unico, come lascia intendere l’aggettivo «singolare», e precisa il Papa Pio XII quando nell’Enciclica Fulgens Corona (8 settembre 1953) specifica che si tratta di un «singolarissimo privilegio, a nessuno mai concesso». L’Immacolata Concezione è avvenuta in considerazione dei meriti di Cristo. Questo punto fondamentale rende conciliabile il privilegio di Maria con l’universalità della redenzione di Cristo. È stato scritto giustamente: «La dottrina dell’immacolato concepimento di Maria è doppiamente cristocentrica. Dimostra, innanzitutto, che nessuno è salvo se non in Cristo, e ciò vale per gli uomini di ogni tempo, anche per quelli vissuti molti secoli prima di Cristo; in secondo luogo dimostra che la redenzione preventiva di Maria è totalmente un dono meraviglioso che Dio le diede come futura madre di Cristo». Possiamo anche aggiungere con Holstein: «L’affermazione del privilegio mariano comporta una comprensione più profonda e più acuta della Redenzione. Come il dogma della maternità divina fu il corollario, per così dire, di una visuale più chiara e di una formulazione più distinta del mistero dell’Incarnazione, così il dogma dell’Immacolata Concezione, nella sua stessa giustificazione teologica, e non soltanto nei suoi argomenti di convenienza o nelle lezioni spirituali che se ne possono ricavare, implica un approfondimento della teologia della Redenzione (...). Come nel Magnificat, è Dio l’oggetto delle nostre lodi quando celebriamo l’Immacolata Concezione: Dio che si è compiaciuto, in Maria, di fare “grandi cose”».

Gli articoli pubblicati su “Rosarium” sono tratti dal libro “La Beata Vergine. TRATTATO DI MARIOLOGIA” di P. Roberto Coggi o.p. in vendita presso Edizioni Studio Domenicano via Dell’Osservanza, 72 - 40136 Bologna - Tel. 051/582037 Fax 051/331583 - esd@esd-domenicani.it oppure presso P. Mauro Persici o.p. tel. 335 5938327

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Il Magistero “minore” del Santo Padre Esiste tutto un Magistero – che potremmo definire “minore” – di Papa Benedetto XVI, poco o

per niente valorizzato, benché per certi versi di eccezionale importanza: è quello costituito dalle udienze generali, dalle visite “ad limina”, dagli incontri pubblici, dai discorsi dell’Angelus, parole che per lo più passano inosservate, eppure importanti. È proprio in una di tali occasioni che il Sommo Pontefice ha sottolineato come l’incontro con Cristo cambi la nostra vita di esseri umani: prendendo spunto dall’eloquente esempio dato dalla figura di S. Paolo e dalla sua radicale conversione, durante l’udienza generale dell’8 novembre 2006, Benedetto XVI ha evidenziato quanto “Gesù Cristo possa incidere nella vita di un uomo e quindi anche nella nostra stessa vita”. Un evento straordinario, dunque, una rivoluzione che scombina schemi precostituiti e pregiudizi, per affermare la Verità di Dio in noi. Si noti quanto questo richiami le parole pronunciate dal Card. Camillo Ruini nella relazione al Clero della Diocesi di Roma, pronunciate presso la Pontificia Università Lateranense, parole preoccupate di ricordare come compito dei sacerdoti sia “quello di far apparire il Cristianesimo non come un semplice moralismo, ma come amore che ci è donato da Dio e che ci dà la forza per «perdere la propria vita» ed anche per accogliere e vivere quella legge di vita, che è l’intero Decalogo”. Gli ha fatto eco il Sommo Pontefice, in due occasioni: lo scorso 9 novembre, a conclusione dell’incontro coi presuli della Svizzera, quando disse che “Dio non è un’ipotesi filosofica, non è qualcosa che forse esiste, ma noi Lo conosciamo ed Egli conosce noi”. Poi ancora, alla prima udienza

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generale del 2007, definendo “rifiuto di Cristo” presentare “un Gesù modernizzato o, meglio, postmodernizzato”, quindi “un Gesù uomo ridotto a semplice «maestro di saggezza» e privato della Sua divinità oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba”. Insomma, non è questione di un banale perbenismo di facciata, non basta un generico «volemose bene»: “Il bene comune – ha precisato mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, al Seminario di preparazione per il centenario delle Settimane Sociali – ha bisogno di cattolici, che non riducano la propria fede a buoni sentimenti, ma anche ne testimonino il carattere veritativo”, di una carità e di una verità, che “si incontrino per un servizio intelligente all’uomo”. Sul tema della centralità di Cristo, il Papa è tornato durante l’omelia, celebrata nella Cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico Vaticano, cui han preso parte i Vescovi della Conferenza Episcopale, ai quali ha ricordato come molti problemi non possano essere “risolti se Dio non viene messo al centro, se Dio non diventa nuovamente visibile nel mondo, se non diventa determinante nella nostra vita e se non entra anche attraverso di noi in modo determinante nel mondo”. Da questo “si decide oggi il destino del mondo”. Il nostro compito, allora, ovvero il compito di tutti i battezzati è quello “di aiutare affinché le persone possano assaggiare, affinché possano sentire di nuovo il gusto di Dio”. Concetto, che ha ribadito anche a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, quando ha detto: “Il nostro mondo attende soprattutto la testimonianza comune dei cristiani”. Senza averne paura, come ha sottolineato per la Solennità dell’Epifania, quando esclamò nella Basilica di S. Pietro: “Nessuno abbia paura di Cristo e del Suo messaggio!”. Ciò è molto importante, poiché ancora una volta ripropone un Cristianesimo non astratto, non ipotetico, non fantastico, bensì incarnato nella storia di ognuno di noi, un Dio che si è fatto carne e che con noi condivide le nostre gioie, i nostri dolori, le nostre preoccupazioni, le nostre speranze. Dove? Al centro della nostra vita, in famiglia: “Il Cristianesimo non è una cosa solo spirituale, individuale, una posizione oggettiva che io prendo – ha affermato il Papa lo scorso 7 gennaio, battezzando 13 bambini – ma è una cosa reale, concreta, anche materiale; la famiglia di Dio è concreta nella famiglia reale, concreta nella Chiesa”. Dal focolare domestico alla comunità cristiana. Bene, ma tutto questo alla fin fine come entra nella nostra vita, cos’ha a che fare con i problemi di tutti i giorni? C’entra, c’entra… Già a partire dalle proprie abitudini. Può stupire qualcuno come, al proposito, Benedetto XVI non proponga esperienze inedite ai cattolici dei giorni nostri o strane

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invenzioni, ma riproponga quelle forme di pietà, quelle pie consuetudini, talora ritenute – sbagliando – un residuo del passato, un nostalgico abbandono a devozionismi tutto sommato soltanto esteriori. Niente di più errato: così ecco Papa Ratzinger invitare lo scorso 17 dicembre i bambini, i genitori e gli educatori a fare il presepe nelle case e nelle scuole, eccolo incoraggiare le famiglie cristiane all’Angelus dello scorso 12 novembre “a ringraziare sempre il Signore, prima di prendere il cibo, con una breve preghiera e il segno della Croce”. In una parola, a benedire la mensa. Un gesto “antico”, eppure vivo: “Questa consuetudine va conservata o riscoperta – ha detto il Santo Padre perché educa a non dare per scontato il «pane quotidiano», ma a riconoscere in esso un dono della Provvidenza”. Anzi, ha proseguito, “dovremmo abituarci a benedire il Creatore per ogni cosa”. Per ogni cosa. Dire “«no» a ciò che vi è di più grande”, non aver “tempo per ciò che è più importante” – ha detto ancora il Papa ai Vescovi della Conferenza Episcopale svizzera, citando S. Gregorio Magno – significa non aver “mai fatto in realtà l’esperienza di Dio”, non aver “preso «gusto» di Dio”, perché occupati “interamente col mondo, con le cose materiali”, con il fare, col successo, col produrre. Ai Vescovi svizzeri ha indicato chiaramente le vie da seguire, per stabilire un contatto intimo con Gesù, vale a dire “l’ascolto del Signore, la preghiera, la partecipazione intima ai Sacramenti, l’imparare i sentimenti di Dio nel volto e nelle sofferenze degli uomini”. Ai Vescovi irlandesi, giunti in visita “ad limina apostolorum” lo scorso ottobre, ha raccomandato “una solida catechesi ed un’«attenta formazione del cuore»”, perché “bisogna evitare una presentazione superficiale dell’insegnamento cattolico, solo la pienezza della fede può comunicare la forza liberatrice del Vangelo”. Molto semplice. Non ha inventato niente, il Santo Padre. Si è limitato a riproporre a tutti le pratiche quotidiane dei buoni cristiani di sempre. Invitandoli poi a rimboccarsi le maniche ed a fare sul serio, perché la Chiesa ha bisogno di evangelizzatori disponibili e generosi – come ha ricordato all’udienza generale dello scorso 13 dicembre –, pronti a seguire la propria vocazione specifica, quella alla santità, che – ha detto all’Angelus dello scorso 7 gennaio – consiste nell’ “ascoltare Gesù, credere in Lui e seguirLo docilmente, facendo la volontà di Dio”. Tutto qui. Abbastanza, per far storcere il naso a qualcuno. Abbastanza, perché qualcuno – infischiandosene che a parlare sia stato il Papa – tacci di integralismo quanti seguano tali indicazioni alla lettera. Invece no. Ed è lo stesso Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Crepaldi, a specificarlo in termini chiarissimi: “Per tutti l’identità è una vocazione. Ciò è vero specialmente per la Chiesa, la quale può dare pienamente il proprio contributo, quando assolve in pieno alla propria

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missione”. Anche ai Vescovi svizzeri il Papa ricordò come il sacerdozio sia “una cosa anche bella soltanto se c’è da compiere una missione”. Fare altrimenti – prosegue mons. Crepaldi – significherebbe rendere “insignificante il valore pubblico della nostra fede”, accodandola a semplici e strumentali “messianismi terreni”, ad un “profetiamo senza Dio”, oppure relegandola nella “personale vita religiosa, accettando nella sostanza l’idea di una laicità come neutralità”. “Quando la fede non si alimenta della preghiera e della meditazione della Parola divina, quando la vita sacramentale langue – ha ammonito Benedetto XVI, ricevendo a gennaio in udienza i partecipanti alla Riunione Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina – allora prosperano le sette ed i nuovi gruppi pseudo-religiosi, provocando l’allontamento dalla Chiesa da parte di molti cattolici. Nel non ricevere risposte alle loro aspirazioni più profonde, risposte che potrebbero trovare nella vita di fede condivisa, si producono anche situazioni di vuoto spirituale”. Chi sia dotato di buona memoria in queste parole sente l’eco potente della Lettera ai Vescovi Italiani, scritta da Giovanni Paolo II il 6 gennaio del 1994, in cui si sottolineava come non esista “neutralità sul piano dei valori”, come occorra “opporsi ad un modello postilluministico di vita”, come la fede cristiana rivendichi “il proprio ruolo pubblico in quanto è espressione di verità e quindi di razionalità e di piena umanità”. In questo senso, come ha detto Papa Ratzinger ricevendo in udienza i Vescovi della Conferenza Episcopale di Germania, la secolarizzazione può rappresentare un’occasione, “una sfida provvidenziale”, da affrontare “coraggiosamente”, per contrapporre all’“indecisione” della società attuale “di fronte alle domande sul senso ultimo della vita”, una “umile e ferma testimonianza di Gesù Cristo”. Dialogo, questo, che tuttavia “presuppone chiaramente una solida conoscenza della propria fede cattolica”. Ma Benedetto XVI non si è rivolto soltanto ai semplici fedeli. Ha parlato anche ai governanti della Terra, sempre in termini molto concreti, espliciti, senza equilibrismi o compromessi, invitando “le persone con autorità” a preoccuparsi “di considerare il loro impegno politico e sociale come un servizio alle persone e non come una ricerca di benefici per un ridotto numero di persone, a detrimento del bene comune”, come ha ricordato lo scorso 14 dicembre, ricevendo in Vaticano le lettere credenziali degli ambasciatori di Danimarca, Mozambico, Uganda, Siria e Lesotho. Ed ha proseguito: “Le autorità ed i responsabili della società civile devono mettersi sempre in ascolto del loro popolo. Nella vita pubblica il coraggio è una virtù indispensabile per non lasciarsi dominare da ideologie partigiane, né da gruppi di pressione, né ancora dalla sete di potere. Come ricorda la Dottrina Sociale della Chiesa, il bene degli individui e dei popoli deve sempre restare il criterio fon-

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damentale nelle decisioni della vita sociale”. Quale sia ultimativamente il criterio ineludibile di discernimento lo ha spiegato ancora il Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Crepaldi, con un semplice, ma essenziale richiamo al buon senso: “Se i conti non tornano sul tema della vita – ha detto – non possono tornare da nessun’altra parte ed in nessun altro aspetto del bene comune”. Chiaro, no? Il Sommo Pontefice non ha risparmiato richiami neppure agli uomini di Chiesa: durante l’omelia, ai Vescovi elvetici ha detto chiaramente come si possa “fare molto, tanto nel campo ecclesiastico, tutto per Dio…, ed in ciò rimanere totalmente presso se stessi, senza incontrare Dio”. Da qui l’invito, esplicito: “Imparate a pensare come ha pensato Cristo, imparate a pensare con Lui! E questo pensare non è solo quello dell’intelletto, ma anche un pensare del cuore”. Ciò risveglia “in noi la gioia verso Dio, la fiducia che Egli è comunque il più forte”, in una parola “l’amore per Lui”. “Se riusciamo a fare questo – ha concluso – allora anche in mezzo a tanti «no» troviamo di nuovo gli uomini che Lo attendono”. Del resto, ha precisato ancora il Papa lo scorso 19 gennaio, ricevendo in udienza la Comunità dell’Almo Collegio Capranica di Roma, “la qualità del clero dipende dalla serietà della sua formazione”. Nulla di strano, né di nuovo in questa, ch’è una semplice constatazione. Del resto, anche il Card. Cláudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero, ha recentemente specificato come una delle sfide della Chiesa Cattolica sia quella di cercare maggior rigore proprio nella selezione e nella formazione dei seminaristi: “Dobbiamo evangelizzare di più – ha specificato – andare in periferia, di casa in casa. Dobbiamo far visita alle persone. Devono sentire il calore della Chiesa, nella quale sono stati battezzati. Devono sentire che faremo tutto il possibile, perché possano uscire dalla loro povertà”. Ad ottobre, ai Vescovi irlandesi in visita “ad limina” raccomandò d’incoraggiare sempre i loro preti “a cercare sempre il rinnovamento spirituale ed a scoprire di nuovo la gioia di prendersi cura del loro gregge”, offrendo “un’immagine ispiratrice ed attraente del sacerdozio ordinato”. È questo il volto della Chiesa che Benedetto XVI ci propone. Come modello da vivere e da seguire. Per porsi davvero alla “scuola” del Maestro, Gesù Cristo. Mauro Faverzani

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Dalla Lettera Apostolica del Santo Padre Benedetto XVI

L’Eucaristia e la Vergine Maria D

alla relazione tra l’Eucaristia e i singoli Sacramenti, e dal significato escatologico dei santi Misteri emerge nel suo insieme il profilo dell’esistenza cristiana, chiamata ad essere in ogni istante culto spirituale, offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che noi tutti siamo ancora in cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo non toglie che si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha donato trova perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi segno di sicura speranza, in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che il sacramento dell’Eucaristia ci fa fin d’ora pregustare. In Maria Santissima vediamo perfettamente attuata anche la modalità sacramentale con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua iniziativa salvifica la creatura umana. Dall’Annunciazione alla Pentecoste, Maria di Nazareth appare come la persona la cui libertà è totalmente disponibile alla volontà di Dio. La sua Immacolata Concezione si rivela propriamente nella docilità incondizionata alla Parola divina. La fede obbediente è la forma che la sua vita assume in ogni istante di fronte all’azione di Dio. Vergine in ascolto, ella vive in piena sintonia con la volontà divina; serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, componendole come in un mosaico, impara a comprenderle più a fondo (cfr Lc 2,19.51); Maria è la grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua volontà. Tale mistero si intensifica fino ad arrivare al pieno coinvolgimento nella missione redentrice di Gesù. Come ha affermato il Concilio Vaticano II, “la beata Vergine avanzò nella pellegrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr Gv 19,25) soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole:

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“Donna, ecco tuo figlio”. Dall’Annunciazione fino alla Croce, Maria è colei che accoglie la Parola fattasi carne in lei e giunta fino ad ammutolire nel silenzio della morte. È lei, infine, che riceve nelle sue braccia il corpo donato, ormai esanime, di Colui che davvero ha amato i suoi “sino alla fine” (Gv 13,1). Per questo, ogni volta che nella Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e al Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo. Giustamente i Padri sinodali hanno affermato che “Maria inaugura la partecipazione della Chiesa al sacrificio del Redentore”. Ella è l’Immacolata che accoglie incondizionatamente il dono di Dio e, in tal modo, viene associata all’opera della salvezza. Maria di Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di se stesso nell’Eucaristia.

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P. Tomáˇs T´yn: Il messaggio di Fatima Il Servo di Dio P. Tomáˇs T´yn nacque nel 1950 a Brno in Cecoslovacchia e subì l’oppressione del regime comunista. Nel 1968, dopo la “Primavera di Praga” fu costretto a emigrare con la famiglia in Germania. In quegli anni nacque la sua vocazione che lo portò a vestire l’abito domenicano. Donò tutto se stesso all’Ordine e alla Chiesa. Fu chiamato a Bologna, dove testimoniò come insegnante la sua profonda fede, la sua cultura, la sua generosa attenzione ai giovani. Colpito da una grave malattia, morì, ancora giovane, nel 1990 proprio mentre la sua amata patria riconquistava la libertà. La sua causa di Beatificazione è ora in corso. Riportiamo qui di seguito una sua omelia dedicata al messaggio di Fatima. In essa egli esprime la sua fede intensa e matura e il suo grande amore per la libertà e per la sua patria.

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aria, la profetessa dei tempi nuovi, ha detto: “Alla fine il mio Cuore immacolato trionferà”. È in Maria che noi confidiamo ed a Maria affidiamo il trionfo della santa Chiesa. Ecco, miei cari, è vitale quest’oggi confidare particolarmente nella protezione di Maria nei riguardi della Santa Chiesa, perché è terribile il giorno di oggi, il giorno in cui il Signore si è compiaciuto di umiliarci e di prostrarci per i nostri peccati. Settanta anni fa il regno dell’anticristo si è diffuso su questa povera e misera terra, settanta anni fa il 7 novembre, secondo il calendario russo, del

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1917 – ha trionfato la rivoluzione bolscevica, l’ateismo comunista. Cari fratelli, pensiamo al messaggio di Fatima. Il Signore ha voluto mettere a dura prova la sua Chiesa, perché – come ha detto al fondatore stesso – egli ci consegnerà nelle mani di satana affinché ci vagli come si vaglia il grano per separarlo dalla crusca. Così la Chiesa è messa a dura prova, ma bisogna supplicare il Signore, confidare nella sua protezione, così questa liturgia di oggi vuole essere una liturgia di lutto. Perché non ho vestito le vesti bianche, le vesti di gioia, le vesti della speranza? Perché mi sono vestito di viola come è prescritto per la messa rituale, la messa votiva per la difesa della Chiesa? Ebbene, uno dei più perniciosi errori di oggi è quello di dire: bisogna guardare sempre al bene. Ma, cari fratelli, non dice forse il Signore per bocca di un suo profeta: “guai a voi che confondete il bene con il male”; “guai a voi che confondete il dolce con l’amaro”? Vedete, la viltà, la confusione mentale di oggi consiste soprattutto nel fatto che – lo dico con dolore nel cuore – nemmeno la Chiesa e i suoi ministri sanno guardare con fiducia e con coraggio proprio il grugno di satana, il grugno del demonio. Bisogna avere del coraggio. Sono riconoscente al Signore per i mali, sì per i mali, perché il Signore è tanto potente da poter trarre da quei mali che permette grandi, infiniti beni. È al comunismo che io debbo la mia vocazione religiosa e sia benedetto e ringraziato il Signore. Siano benedetti e ringraziati i Santi dell’ordine domenicano, la stirpe di san Domenico, siano benedetti e lodati perché oggi è anche la loro festa. Ecco, siano benedetti quei santi fratelli che ci hanno preceduto combattendo la buona battaglia della fede, sia benedetto l’ordine domenicano che mi ha accolto con tanta carità e misericordia e mi ha insegnato la caritas veritatis, l’amore per la verità, perché solo la verità libererà il mondo da satana, cari fratelli, non c’è carità senza verità, è falsità la carità pretesa che vorrebbe fare a meno della verità e della giustizia. Ma con quale sicurezza, con quale prepotenza, con quale orgoglio e soprattutto con quale insipienza può l’uomo di oggi giudicare il medioevo, tempi fulgidi! Noi abbiamo imparato la democrazia e la tolleranza, sì la democrazia in campo di concentramento, sì la democrazia in interi paesi che sono circondati da filo spinato e con orde di soldati che hanno ordine di sparare su chiunque, è questa la nostra democrazia e la nostra libertà? È questo il progresso del ventesimo secolo? E allora noi sappiamo bene che davvero si verificò questa profezia così triste, ma nel contempo così consolante della beata Vergine. La Vergine ci promette il trionfo del suo Cuore immacolato, ma non un trionfo a buon mercato, non un trionfo buono per i miti, un trionfo per i combattenti di Cristo,

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giacché, disse la beata Vergine, se il mondo non farà penitenza, se il mondo non si convertirà allora la Russia diventerà un flagello di Dio, diffonderà i suoi errori ed intere nazioni scompariranno dalla faccia di questa terra. Di questa scomparsa delle nazioni ne so qualcosa io che sono profugo di una di esse, una nazione non dico molto edificante, perché ha scelto essa stessa, molto democraticamente, quella sciagura del bolscevismo. Però è una nazione che aveva una sua cultura, una sua tradizione, aveva una sua vita spirituale ed è divenuta una piaga dello spirito. Ma sulle piaghe materiali i nostri giornalisti piangono lagrime di coccodrillo e sul resto non si dice nemmeno una parola. Ecco perché, fratelli, mi sono vestito di lutto, perché oggi è un giorno di esultanza per gli empi, ma per i buoni deve essere un giorno di lutto e di penitenza. Mardocheo, quando il popolo dell’antica alleanza era perseguitato dai malvagi, certamente non esultava, non cantava alleluia, no, si stracciava le vesti, si cospargeva il capo di cenere e faceva penitenza davanti al Signore. Ecco, non dobbiamo dimenticare il messaggio del Cuore immacolato, il messaggio di Fatima: se il mondo non farà penitenza, la Russia diffonderà i suoi errori. Facciamo penitenza, convertiamoci al Signore, siamo strumenti del trionfo del Cuore immacolato di Maria! Sono tanti e speranzosi i bestemmiatori: ma il Cuore di Maria trionferà e quindi noi non dobbiamo darci da fare, non dobbiamo pensare a quelle brutte cose, guai, chiudiamo gli occhi, meglio non pensarci. È questo l’atteggiamento del cristiano? Noi sappiamo che Dio certamente opererà una salvezza potente con il suo braccio steso, ma vogliamo essere strumenti di questa salvezza che egli opera. Come l’ha operata tramite il corpo di Cristo inchiodato sulla Croce, così opererà la salvezza tramite una Chiesa crocifissa! Quale gioia saper stare con Gesù sulla Croce! Ecco, miei cari fratelli, come trionferà il Cuore immacolato di Maria, ecco come noi dobbiamo stringerci attorno al vessillo di Cristo per combattere l’orrore del demonio. Bisogna saper trarre del bene anche dal male, non chiudere gli occhi davanti alla verità del male, non essere scioccamente ottimisti, superficialmente ottimisti, dire: “il male esiste” ed imparare il bene proprio per la contrapposizione al male. Vedete, miei cari, nei paesi dell’est, in quelle grandi prigioni di popoli uccisi, ebbene io ho imparato veramente la malizia del demonio ed il santo timore dell’inferno. Perché, sappiate questo: il demonio non avrebbe nessun successo, non potrebbe fare strage di anime se non si travestisse da angelo di luce. Allora il demonio in apparenza è tanto buono, suggerisce tante cose edificanti: ci sarà la

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giustizia sociale, tutto andrà bene, non ci sarà più sfruttamento degli uni sugli altri, tutta la società sarà bella, non ci sarà alienazione… e gli sprovveduti e gli sciocchi si fanno strumenti del malvagio, si fanno strumenti di colui che è l’omicida delle anime umane fin dall’inizio. Ecco, vedete come è importante coltivare, oltre le virtù morali, anche le virtù intellettuali. Ci sono dei cristiani che pensano che essere degli sciocchi, degli sprovveduti, dei superficiali, essere imprudenti è quasi un titolo di merito e di santità. Non è vero! Non c’è Santo ingenuo, ogni Santo è sì innocente come un bambino, ma è anche astuto come un serpente. Quindi bisogna aprire gli occhi della nostra mente, vedere il male ed adorare Iddio, infinitamente più potente del male stesso. Il demonio raggira, da un lato promette delle cose estremamente lusinghiere, ma poi dopo, se gli si dà retta, sapeste voi! Sembra all’inizio qualcosa di dolce e di buono, ma dopo vi schiaccia! Ecco allora, nel regno dell’anticristo io imparai, non per merito mio perché io sono molto duro ad imparare, ma imparai proprio per grazia di Dio e per illuminazione del suo Santo Spirito, imparai ad aborrire l’inferno, ad aborrire la logica e la tattica del maligno. Ho visto una tavola rotonda in televisione con anche i rappresentanti di un partito cosiddetto cristiano: fu detto da parte dei sinistroidi che questa data, che oggi appunto celebriamo come giornata di lutto, che questa data è esaltante per l’umanità, per il progresso ed altre cose. Ma volete credere che neanche uno osò protestare? È già cosa grave, cari fratelli, che il mondo uccida dei martiri, ma è cosa ancora più grave sputare sul sangue dei martiri, ve lo assicuro io. Ecco, per onorare la memoria di questi martiri trucidati a decine di milioni e per celebrare la memoria di questi uomini che sono rinchiusi tuttora nel nostro illuminato ventesimo secolo, sono rinchiusi come se fossero dei prigionieri, ebbene per commemorare loro, per supplicare il Signore per loro e per noi celebriamo questa festività. Miei cari, c’è un bellissimo documento di cui vi raccomando molto la lettura per imparare proprio dall’inferno quale è la logica redentrice di Dio. Il documento è l’enciclica Divini Redemptoris del papa di venerata memoria Pio XI. Questo papa ebbe il coraggio di contrastare tutti i sistemi totalitari: è sua l’enciclica Mit brennender Sorge, perché anche il nazismo è una forma di socialismo, cosa che tanti hanno dimenticato. Il nostro Gorpbaciov, l’agnellino che vuole gettare sabbia negli occhi dell’occidente, ha però anche avuto la spudoratezza, senza essere contrastato da nessuno, di giustificare Molotov. Tutti ce lo dobbiamo ricordare. I comunisti di tutti i paesi sono imparentati col KGB.

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Noi siamo imparentati con Dio ed abbiamo la grazia dello Spirito Santo per saper respingere il male per amore santo del bene. Ecco allora cosa dice il santo Padre in questa enciclica: che il sistema comunista poggia su un’idea di falsa redenzione. Vedete come entra subito in merito a quel concetto essenziale, cioè che il comunismo non è un sistema filosofico, non è un sistema di etica sociale, ma è una contro-chiesa ed una contro-religione. Io parlo per esperienza: per quello che ci facevano come lavaggio del cervello, per quello che ci facevano a scuola di marxismo: era veramente un controcatechismo. I sacerdoti non potevano nemmeno entrare nella scuola e temevano persino di entrare nelle famiglie perché temevano che, se fossero stati denunciati, sarebbero finiti in prigione. Vedete la libertà del marxismo. Ci sono uomini che tuttora hanno la spudoratezza di inneggiare a Marx. Pensate a quelle sciagure che sono avvenute in Vietnam: milioni di uomini e donne che sono annegati per amore della libertà. Perché dico questo? Alcuni dicono che erano capitalisti, che amavano il denaro; per amore del denaro, cari fratelli, certe cose proprio non si fanno, si fanno per amore dell’anima, si fanno per amore di Dio. Questi uomini hanno affrontato la morte per amore dell’anima loro. C’è ancora chi osa dire: “evviva la liberazione del Vietnam”. Allora vuol dire che il comunismo era ateo essenzialmente, non lo era per accidens. Ci sono alcuni che dicono: “il comunismo ateo” e quindi pensano che ce n’è uno ateo ed uno non ateo, ma i cristiani alleati con il socialismo sono rinnegati, sono apostati. Vedete, il comunismo è essenzialmente, intrinsecamente perverso, dice sua santità Pio XI. E con quanta paterna sollecitudine raccomanda ai suoi vescovi: “venerabili fratelli dell’episcopato, procurate che i fedeli non si lascino ingannare, sappiano vedere che il comunismo è intrinsecamente, essenzialmente, non accidentalmente perverso”. Si sente dire che c’è un comunismo empio ed uno buono ed accettabile. Che sciagura, procurate che nessuno si inganni: il comunismo è intrinsecamente perverso e non è lecita la collaborazione con esso in nessun settore. Da che cosa dipende mai questo? Da un ideale di pseudo-giustizia. Notate bene che il Vangelo è tutto carità, è giustizia animata dalla carità, è quella giustizia superiore a quella dei farisei e degli scribi, “se voi non avrete una giustizia superiore, non entrerete nel regno dei cieli”. Il comunismo invece proclama il cosiddetto “umanesimo ateo” cioè l’uomo per essere uomo deve fare a meno di Dio. Per niente, cari fratelli. Che cosa rimane? La loro giustizia costruita per mano d’uomo. Vedete la superbia infernale, noi costruiamo la società giusta, hanno provato a costruire il paradiso in terra

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ed è venuto fuori un vero inferno, l’uomo demiurgo del suo destino; è cosa curiosa che i chierici non avvertano il satanismo di certe proposizioni, è così chiaro, costruire la giustizia per solo sforzo umano facendo a meno consapevolmente di Dio. Allora non rimarrà giustizia umana, ma diventerà ben presto disumana, secondo quanto giustamente si dice: summum ius, summa iniuria. Si cerca di stimolare gli istinti più bassi, soprattutto gli istinti più anticaritatevoli e più antievangelici: l’istinto dell’invidia, dell’odio, della lotta di classe. Non c’è più l’idea che anche i pagani avevano dell’amicizia sociale, che ogni uomo è amico del suo simile, che bisogna amare e rispettare l’umanità, che anche se ricevo delle offese devo perdonare: no, per i comunisti questo è l’oppio dei popoli, la cattiva rassegnazione del cristiano, bisogna invece prendere coscienza della carica rivoluzionaria, bisogna uccidere, bisogna far tutto affinché la rivoluzione trionfi. È lì, cari fratelli, non nel materialismo (questo è un altro punto che inganna i superficiali) è lì nella lotta delle classi, in quel rivoluzionarismo, in quella rivoluzione in permanenza, è lì l’arma satanica del comunismo. Ci sono comunisti che vanno a messa: guai a loro, peggio per loro, sacrileghi che non sono altro. Ci sono comunisti che pregano: se pregassero bene, cesserebbero di essere comunisti. Vedete, cari fratelli, come siamo messi! C’è questo inganno di tenere i piedi in due staffe, di servire Dio, ma di servire anche satana. Non è possibile, bisogna fare delle scelte accurate, finché il comunismo sarà tale; finché il comunismo manterrà la prassi rivoluzionaria sarà sempre intrinsecamente ateo ed intrinsecamente perverso, non lasciatevi ingannare. Non a caso il comunismo ha accettato come dottrine fondamentali il materialismo e l’evoluzionismo, come se l’uomo fosse spuntato da una bestia. Come è profonda l’analisi di Dostojevski di questi atteggiamenti rivoluzionari! Dostojevski, nel suo libro intitolato in maniera significativa “I Demoni” intravide già gli orrori della rivoluzione del ’17. Dostojevski appunto dice che quando si insegna ai bambini che non c’è Dio, quando un maestro insegna agli scolari che non c’è bisogno di pregare, quando un avvocato difende un assassino, quando si fa così, cari fratelli, è allora che le anime si perdono, e sono i demoni che parlano. Attenti all’inferno e alle sue mene, perché l’inferno si presenta sotto aspetti molteplici e spesso lusinghieri, ma la sua essenza è sempre quella di Caino, l’inferno è omicida oggi come fin dall’inizio. Ecco, miei cari, come bisogna respingere non solo il comunismo esplicito, ma anche quello in qualche modo implicito. Pensate alle forme pericolose del sinistrismo radicale, che vuole creare una

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mentalità che esalta il fango contro il cielo. Più materialismo di così! Vedete come bisogna stare in guardia, cari fratelli. Poi la concezione allucinante della società, la società nella quale gli individui sono solo rotelline dell’ingranaggio. Pensate a Gorbaciov e alla sua “perestrojka”. Abbiamo pure sentito il suo discorso: “sì, abbiamo anche fatto degli errori”: per lui quelle decine di milioni di uomini e donne ingiustamente trucidati, sono un incidente di percorso! Una necessità storica. Allora era necessario fare così. Vi fidereste di chi dice che decine di milioni di morti sono solo un incidente? Io no, non avrei fiducia. Ebbene, il comunismo si può descrivere come terrorismo istituzionalizzato, e giustamente così lo descrive il grande politologo della storia Osvald Stemberg, che dice: “Questo regime bolscevico è organizzato come una Porta d’Oro, come una grande orda mongola chiamata partito comunista con a capo il segretario che decide tutto. Il comunismo, crudele ed astuto, ci mette sempre in pericolo di trovarci innanzi ad un parente di Gengis Khan”. Cari fratelli, quale la via di uscita? Io ve lo dirò sinceramente, c’è una difesa a breve scadenza, ma bisogna vedere il pericolo del pacifismo. Si dice: cattivi i comunisti, ma cattivi anche i capitalisti. Non è vero, non è la stessa cosa, c’è una bella differenza. Si dice: i comunisti hanno degli armamenti, ma li hanno anche gli americani. Pensate quanto è profonda questa opinione che vorrebbe essere in qualche modo al di sopra delle parti. Vedete, miei cari fratelli, non cedete al pericolo del cosiddetto pacifismo, cercate di costruire non da voi, ma dalla grazia di Dio la pace delle anime vostre, che non è la pace esterna che si ottiene tramite la riduzione del mondo ad un grande cimitero sotto il dominio comunista, come vuole il pacifista. Come sembrano miti quei ragazzi che strimpellano con le chitarre: sembra che la pace sia già scesa sul mondo. Quale inganno! Io ve lo dico senza mezzi termini: data la malizia di questo regime – che Dio ha permesso per la nostra umiliazione e per la nostra penitenza – ciò che conserva la pace nel mondo (sarò duro in quello che dico) sono unicamente le ogive nucleari del Pentagono. Ma questo è solo un rimedio provvisorio. Il rimedio a lunga scadenza è solo la via verso l’alto. Un altro esule da questo inferno, Alessandro Isaiovich, dice proprio questo, lo dice agli occidentali che si compiacciono delle sporcizie del loro imperialismo, del loro democraticismo, dice che la via di uscita non è in avanti, nel progresso illuminato e chissà che cosa – in questo stranamente i comunisti e illuministi vanno perfettamente d’accordo, in quella strana idea dell’utopia progressista –,

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no, la via vera che ci farà uscire da questo marasma è solo la via che conduce l’animo in alto. Ecco, cari fratelli, quale è la soluzione: è la soluzione proposta da Pio XI quando dice che il liberalismo non è il nemico del comunismo, ma il suo antenato. È dal liberalismo, dal democraticismo, dall’immanentismo che deriva la piaga del comunismo. Basta guardare la struttura della rivoluzione francese: si fa a meno di Dio, si concepisce la società non più come fondata sulla grazia del Signore, si pensa che l’uomo sia autonomo, si dice che tutti sono liberi e possono fare quello che a loro pare e piace. Alla fine ci si meraviglia se prevale la volontà omicida della cosiddetta volonté general di roussoniana memoria. Vedete che il passaggio dall’imperialismo assoluto al comunismo è un passaggio logico. I comunisti lo sanno benissimo; conoscono bene le contraddizioni della società borghese ormai marcia e aspettano già lì armati per accaparrarsi le nostre società già guastate dal nostro democraticismo tanto liberale. Basta leggere Platone per sapere quale è questa transizione. Abbiamo fatto questa brutta meditazione sull’inferno, ma ricordate che anche la Vergine santa ha fatto vedere a quegli innocenti pargoletti l’inferno. Io mi chiedo sempre che cosa succederebbe oggi se un sacerdote facesse la catechesi sull’inferno a dei bambini; sarebbe la fine del mondo: “non traumatizzi quelle povere anime!” Che cosa fece la catechista celeste? Che cosa fece vedere ai bambini di Fatima? Fece vedere loro l’inferno. Così nostro Signore ha posto quell’inferno sulla terra non per farci paura, non certo perché rimanessimo inattivi, ce lo ha messo dinanzi agli occhi perché contemplassimo il mistero di iniquità e perché ci fidassimo non già di noi, perché le nostre opere nulla valgono, ma ci fidassimo unicamente di Lui, Lui che ha riposto la vittoria sul nemico infernale nel Cuore immacolato della madre sua dolcissima, di Maria. Che Maria ci benedica tutti.

Tutte le immagini sono tratte dal libro “Litanie Lauretane” di Francesco Saverio Dornu edito a Macerata nel 1845.

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La vita quotidiana nel Centro sociale San José di S. Cruz do Rio Pardo

Le nostre missioni in Brasile

I

l Centro Sociale São José è una istituzione filantropica fondata dal domenicano fra Chico, che promuove e amministra due opere distinte: il ‘Centro Sociale’ propriamente detto e un orfanotrofio che si chiama ‘Casa do Menor’. Oltre a questo, il Centro svolge un vasto programma di azione sociale e umanitaria nel contesto delle favelas di Santa Cruz do Rio Pardo. Con una serie di iniziative sociali e umanitarie si cerca infatti di dar risposta ai gravi problemi di molti nuclei familiari che vivono situazioni di miseria, di squilibrio affettivo e di emarginazione sociale. Si fanno distribuzioni periodiche di alimenti, di vestiti, di medicine, di materiale scolastico ecc. Si promuovono riunioni di formazione e informazione per i genitori dei ragazzi assistiti. Si garantisce l’indispensabile appoggio per superare le barriere di preconcetto e di diffidenza con cui l’ambiente sociale spesso tratta il povero, il “favelado” che cerca lavoro. In questo breve articoletto vogliamo informare gli amici italiani in modo speciale sulla vita quotidiana del ‘Centro Social’. Questa infatti è stata la prima Opera fondata da fra Chico. È una casa che accoglie 310 bambini e adolescenti durante il giorno, dalle sette e trenta del mattino alle cinque del pomeriggio. Durante l’anno scolastico i ragazzi sono accolti in due turni, nel periodo che precede o

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segue l’orario delle lezioni. Nei giorni di vacanza la permanenza è invece per tutta la giornata. I bambini piú piccoli sono accolti per l’intera giornata. Non è facile descrivere la vita quotidiana nella nostra Opera. L’impegno piú diretto è verso i bambini e adolescenti, ai quali si garantisce accoglienza, alimentazione, attività formative nel campo religioso, morale e civico, sport e attività ricreative, servizi di igiene. Si svolge anche un vasto programma di formazione professionale con corsi di informatica, attività artigianali, come lavorazione del cioccolato, ricamo e cucito, pittura, mosaico, falegnameria, oggettistica varia, ecc. Il nostro fra Chico diceva sempre: “dobbiamo offrire il massimo possibile di conoscenze ai nostri bambini e adolescenti, perché siano piú preparati ad affrontare la vita”. Di fatto i nostri ragazzi non sanno cosa sia oziare, stare senza far nulla! La giornata nel Centro Sociale è come una... scatola di sorprese, in cui tutto può succedere. Ogni giorno è un giorno nuovo, pieno di attività! Il Centro Sociale è diventato uno spazio in cui ogni momento è un momento di bene, in cui i nostri ragazzi ricevono continuamente esempi positivi, come sementi collocate nel loro cuore. Noi chiediamo a Dio che nel suo amore infinito faccia fruttificare tutto questo e curi questi piccoli cuori feriti, che soffrono per la mancanza di amore nel problematico ambiente familiare in cui stanno crescendo. Di fatto ci sono situazioni che solo Dio, fonte della nostra vita, può redimere e trasformare. Le cose che si fanno ogni giorno nel Centro Sociale San José sono piccole cose, ma molto importanti per il presente e il futuro dei nostri ragazzi: l’alimentazione sana, le pratiche di igiene corporale, l’allegria dei giochi, i momenti di preghiera e di riflessione, le attività artigianali che aiutano a scoprire i talenti e il potenziale di ognuno, l’accompagnamento scolastico: tutto è importante perché essi possano crescere sani e sereni e costruirsi un futuro migliore. Tutte queste attività si svolgono in un ambiente pulito, luminoso e sereno, che già di per sé è molto educativo. La nostalgia dei nostri fondatori, fra Chico e Angela, è sempre molto grande in noi! Prima di lasciarci per ritornare al Padre essi hanno profuso a piene mani tra di noi, con dedizione totale, molto

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amore, molti esempi positivi. Hanno costruito ambienti belli, ariosi e adatti per l’accoglienza dei nostri ragazzi. Il nostro impegno è ora di continuare nel cammino tracciato, perché il Centro Sociale San José continui ad essere un segno di speranza, una fucina di umanità rinnovata. Testimonianza di un giovane ex alunno del Centro Sociale Il Centro Sociale San José è una porta che si apre nella vita di molti bambini e adolescenti in difficoltà. Questo è stato il mio caso. Avevo nove anni quando sono stato accolto nel Centro Sociale e in questo ambiente ho imparato molte cose che ora conservo come un dono prezioso per la mia vita. Mi è stata insegnata la fede in Dio, il piacere di aiutare gli altri, l’impegno e la costanza per realizzare i miei sogni. Ho imparato a fare il falegname, a lavorare la cioccolata, a coltivare l’orto, a produrre oggetti vari di artigianato, e tante altre attività che ora sono molto utili per affrontare la vita. Sapere fare molte cose è importante! Fin da bambino sognavo di avere un lavoro per poter aiutare la mia famiglia e conquistare con le mie forze le cose di cui ho bisogno. Trovare lavoro è difficile per tutti. Nel mio caso era piú difficile ancora. Quando si va a fare un colloquio o un esame per ottenere un lavoro e si deve dire che si abita in una favela, le persone ti trattano con diffidenza. Ma grazie all’appoggio del Centro Sociale San José sono riuscito a trovare un lavoro dove tutti mi rispettano. Ora la situazione economica della mia famiglia è molto migliorata. La mia riconoscenza verso il Centro Sociale e tutti i suoi collaboratori è grande, per tutto il bene che mi hanno fatto e per il bene che continuano a fare a tanti bambini e adolescenti. Spero che molti altri possano avere l’appoggio che ho avuto io e sappiano approfittarne! Cleber William dos Santos Araújo, 19 anni

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Vademecum per le Adozioni a distanza

Nel Centro Sociale gestito dai nostri confratelli domenicani in Brasile vengono quotidianamente assistiti i bambini senza toglierli dalle loro famiglie. Quest’opera dei Padri con il personale e i volontari permette ai bambini di essere curati, nutriti ed istruiti in modo tale da dare loro una prospettiva di vita che li tolga dalla strada ed assicuri loro un futuro. La quota annuale per l’Adozione a distanza può essere versata in un’unica soluzione o tramite versamenti periodici (mensili, trimestrali o semestrali) usando il conto corrente postale del Centro del Rosario sul quale, nella causale, deve essere specificato “adozione di...(specificando il nome del bambino/a “adottato”). Il Centro del Rosario si impegna a trasmettere le somme così ricevute ai nostri Padri in Brasile affinché ne dispongano a seconda delle intenzioni delle persone che fanno l’adozione. Periodicamente giungeranno notizie dai bambini così “adottati” in modo da mantenere aperto un dialogo fra bambino e persona che l’ha adottato... Chi fosse interessato è invitato a contattare con P. Mauro (cell. 335 5938327).

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il segno di Croce

catechismo per tutti


I

Come si fa il segno della Croce? Il segno della Croce si fa portando la mano destra alla fronte e dicendo: In nome del Padre; poi al petto, dicendo: e del Figlio; quindi alla spalla sinistra e alla destra, dicendo: e dello Spirito Santo; e si termina con la parola: Amen. Per fare bene il segno della Croce occorre: pronunciare bene le parole, pensando devotamente, con fede e amore a quello si dice; fare un vero segno di Croce: ampio, completo, non un segno impercettibile, affettato, affrettato; far corrispondere le parole al segno, com’è indicato nella risposta del Catechismo. Prima della lettura del Vangelo durante la S. Messa si usa fare un segno di Croce più piccolo, tracciando una crocetta sulla fronte, sulle labbra e sul petto con il polpastrello del pollice destro e con la palma della mano distesa e rivolta verso la faccia. Il triplice segno di Croce indica che il Vangelo dev’essere creduto con la mente, predicato con la parola, amato col cuore. Facciamo spesso e bene il segno di croce. Siamo forse abituati a farlo distrattamente, affrettato, impercettibile o affrettato? Nel segno della Croce, come esprimiamo i misteri principali della Fede? Nel segno della Croce, con le parole esprimiamo l’Unità e Trinità di Dio, e con la figura della Croce la Passione e la Morte del Nostro Signore Gesù Cristo. Nel segno della Croce, con le parole esprimiamo l’Unità e Trinità di Dio. Dicendo “in nome” esprimiamo la nostra fede nel mistero dell’Unità di Dio, cioè dell’unica natura, essenza, sostanza delle tre divine persone. Non diciamo “nei nomi”, come sembrerebbe più logico trattandosi di tre persone. Si tratta, sì, di tre persone, ma che hanno un’unica natura e quindi un solo nome, indicante la loro natura, essenza, essere comune: Dio.

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catechismo per tutti: il segno di Croce

l “Credo” è l’espressione verbale, esplicita e chiara dei misteri principali della nostra fede. Il segno di Croce esprime i due misteri principali del Credo in forma compendiosa, servendosi di parole e di gesti. Segno è una cosa sensibile (parole, gesto, oggetto), che serve a indicarne un’altra. La parola indica e fa conoscere all’esterno il pensiero nascosto della mente; il fumo, indicando il fuoco, ne è il segno e lo fa conoscere; la bandiera è il segno che indica la patria. Il segno serve anche a distinguere chi lo porta da chi ne è privo. La camicia rossa era il segno distintivo dei soldati di Garibaldi. Ogni partito politico ha il suo segno distintivo; ogni congregazione religiosa una divisa speciale. I1 segno distintivo del cristiano è il segno della Croce. Chi si vergogna di fare il segno della Croce davanti agli altri, è un soldato che arrossisce della sua bandiera e della sua divisa.


catechismo per tutti: il segno di Croce

Con le parole: “del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” esprimiamo la fede nel mistero della Santissima Trinità, dicendo i nomi propri delle singole persone, che, pur essendo un solo Dio, in una sola natura, in quanto persone sono realmente distinte, in modo che il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre e lo Spirito Santo, né lo Spirito Santo è il Padre o il Figlio. E con la figura della Croce la Passione e la Morte del Nostro Signore Gesù Cristo. - Portando la mano destra distesa alla fronte, quindi al petto, poi alla spalla sinistra e alla destra e infine congiungendo le mani davanti al petto, noi tracciamo il segno della Croce, sulla quale sofferse e morì Gesù Cristo per la nostra redenzione. Esprimiamo così la nostra fede nella passione e morte del Redentore, nel valore infinito dei suoi meriti, ci addoloriamo per i nostri peccati, che furono la causa del dramma del Calvario, esprimiamo la speranza di salvarci in virtù del sacrificio offerto da Cristo sulla Croce. Il segno di Croce è forse l’atto di religione più strapazzato nelle parole e nel gesto. Proponiamo di fare spesso e devotamente il segno della nostra religione.

– L’imperatore Costantino, prima d’entrare in Roma per cacciarvi il tiranno Massenzio, vide nel cielo una grande Croce luminosa con la scritta: “Touto (i) nika (vinci con questo segno!)”. Costantino fece porre la Croce sui labari o bandiere, e il segno divino rese vittorioso il suo esercito. – S. Benedetto abate era solito tracciare un segno di Croce sui cibi e sulle bevande prima di servirsene. Alcuni malvagi gli presentarono un bicchiere di vino avvelenato. Il santo prima di portarlo alle labbra tracciò il solito segno di Croce e il bicchiere andò in frantumi. Esempi: – Durante le apparizioni della Madonna a Lourdes, alla Grotta di Massabielle, S. Bernadetta faceva segni di Croce ampi, devoti, compiti. Osservandoli uno degli astanti esclamó: “Vedete il segno di Croce di Bernadetta? Soltanto in cielo è possibile farlo meglio! Verissimo - replicò un altro - è la Santissima Vergine che glielo ha insegnato!” – In un grande pranzo una signorina, prima di sedersi, fece un devoto e ampio segno di Croce. Un distinto signore, che le stava di fronte, le domandò se non si vergognava a fare quel gesto superstizioso davanti a tanti convitati. La giovane rispose con fierezza: “Lei si vergogna forse di portare quella croce di cavaliere sul petto? Per me il segno di Croce è un vanto!”.

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HANNO INVIATO OFFERTE:

Famiglia Pondero; Adele Filiaggi; Annarosa Minto; Gino Bezze; Giuseppina Saratti; Gina Fanara; Luigina Mason; Domenicane di Ormelle (Tv); Rosella Zattarin; Maria Rosa Civera; Mirco Franceschetti; Maria Luisa Bignami; Tino Baravelli; Ivana Lorenzini; Saura Galli; Fraternita Laica Domenicana di Milano; Giacomo Casoli; Cristiana Bartolini; Gloriana Simoncini; Michele Pagliaro; Maria Angeli; Sorelle Negri; Domenicane di Pavia; Domenicane di Venezia; Maria Donati; Emanuele Fontana; Gruppi del Rosario di Palermo; Clarice Piraccini Battelli; Angioletti Mariani; Gruppo del Rosario di Aquileia (Go); Maddalena Lunesu; Domenicane di Bergamo; Giovanna Simoncini; Marianna Tartaglia; Ondina Scarpin; Maria Cavallaro con 10 abbonamenti; Iginia Zamar; Gruppo del Rosario di Monfalcone (Go); Domenicane di Idice di S.Lazzaro (Bo); Uliana Paolino; Famiglia Rapalli Aschieri; Gruppo del Rosario di Secchiano di Cagli (Pu); Maria Andreana; Famiglia Marinelli; Giorgio Acciarini; Maria Colonnella; Claustrali di Cagli (Pu); Parrocchia Regina Pacis di Matelica (Mc); Gruppo del rosario di Padiglione (An); Parrocchia di Montelabbate (Pu); Rossana Sampaolo; Felicia Persico; Giuseppe Paraffini; Irma Santoni; Maria Virgili Carella; don Gabriele Ghinassi; Rosa Patella; Giovanni Giunta; Gilio Santina Pavarin; Anna Marchesa; Graziella Maria Pasqualini; Alessandro Lotti; Andrea Sari; Cinzia Marini; Erina Gamba; Erminia Balena; Olga Diolcetta Grisolia; Paola Nocita Bozzacchi; Pietro Passera; Antonio Aliata; Loretta Cremonini; Emanuele Fontana; Silvana Giovannini; Luisa Scarel; Carlo Lezzi e Lucia Vetrugno; Gian Bruno Pollini; Angelo Bonfanti; Vittorio Pierantoni; Lucia Gallo; Lucio Pantanali; Manuela Copreni; Riccardo Caldiroli; Monastero «Ara Crucis»; Aurora De Dominicis; Rosaria Gurdi; Malvina Ferretti; Ferdinando; Amedeo Girardello; Claudia Baldini; Maria Santilli; Teresa Gianoli; Imperia Fornaciari.

2) in memoria dei defunti, per preghiere, chiedere grazie o celebrazione di ss. messe: Giampaola Negri secondo le sue intenzioni; Clarice Piraccini Battelli per il papà Aurelio; Gruppo del Rosario di Aquileia per il defunto Carlo; Famiglia Marangone Tavano secondo le loro intenzioni; Guido Mozzicafreddo secondo le sue intenzioni; Vittoria Radi per Luigi, Gino e Adriana; Vittoria Radi per Luigi, Mario, Lidia e Amato; Vittoria Radi per Paolo e Maria; Vittoria Radi per Enrico e Carola; Vittoria Radi per Fulvio e Gemma; Annarosa Guiducci per Adolfo; Ida Faraoni per Otello, Alberto e Mirella; Cesira Venturi per Giovanni; Maria Piera Mensali per Vivi e defunti della famiglia; Famiglia Bettucci Cecarini secondo le proprie intenzioni; Maria Grazia Sampaolesi secondo le sue intenzioni; Luisella Benvegnù in memoria di Teresina; Elisabetta Rocchetti per Bruno e Silvana.

3) per acquisto di sussidi: Alessandro Gualtieri; Claustrali di Cagli (Pu); Santuario della Beata Vergine del Rosario di Fontanellato (Pr); Giuseppe Martinello; Franco Petean; P. Francesco Pierbon; Parrocchia S.Nicola di Bari (Sa); Solari Don Pietro; Titti Lombardi; Parrocchia di Serra S.Abbondio (Pu); Paola Piccinelli; Sabella Francesca Romana.

4) per le adozioni a distanza: Ambrogio Caserini per Ana Paula Ferriera Caetano; Ambretta Negri per Pâmela Janaina da Silva; Giampaola Negri per Isabela Oliveira Riston; Famiglia Seccardini Scarsi per Cristian Inacio da Silva; Paolo Vezil per William Cèsar Bucinsky; Ilde D’Agenio per Luiz Eduardo Brechò dos Reis; Famiglia Sansa Angelini per Ismael Alan Esteves Geà; Paola Grisenti per Thaissa Gabriele Bertoci.

Hanno collaborato con la loro opera: Fratini Fernando; Daniela Triaca e Angelo Gazzaniga; Anna Scarpenti; Enrico Veneziani; Maria Pia Bartoli; Ilaria Giannarelli; Elvio Barzotti; Vittoria Radi; Tania Rondani e Luca Borelli; Massimiliano Guerrini; Anna Scarpenti, Stefania Beduzzi; Stefania Di Liberto; Maria Rosa.

Ringrazio tutti di cuore per quanto fate – ognuno nel suo piccolo – per sostenere il MOVIMENTO nella promozione del s.rosario e della devozione alla B. Vergine: assicuro il quotidiano ricordo nella preghiera ma soprattutto alla celebrazione della s. messa

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pagina della riconoscenza

1) per onorare la B.Vergine, sostenere ROSARIUM e il Movimento del Rosario:


a Loreto, Lanciano, da Padre Pio e Pompei in pullman

12/15 luglio 2007

in Portogallo a Fatima in aereo

20/28 luglio 2007

in Grecia “sulle orme di san Paolo” in aereo

7/13 agosto 2007

in Polonia a Varsavia, Czestochowa e Cracovia in aereo

17/26 agosto 2007

in Turchia a Patmos e chiese dell’Apocalisse in aereo

29 agosto / 2 settembre 2007

pellegrinaggi del rosario

4/7 luglio 2007

a Malta “sulle orme di san Paolo” in aereo

6/9 settembre 2007

in Francia a La Salette e Ars in pullman

per ogni informazione rivolgersi a Padre Mauro tel. 335 5938327 o consultare il sito internet “www.sulrosario.org” alla voce “Pellegrinaggi”

organizzazione: Eteria Viaggi

13/15 settembre 2007

in Francia a Lourdes in aereo

22 settembre 2007

ad Aquileia (Ud) in pullman

29 settembre 2007

al santuario del Piratello (Bo) in pullman

6 ottobre 2007

al santuario di Campocavallo (An) in pullman

27 dicembre 2007 / 6 gennaio 2008

in Terrasanta “con Maria e Gesù da Nazareth al Calvario” in aereo

In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa


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CHE GIOIA MI DA’ !!! Inserto N. 2 - 2007


bini m a dei b Ecco il titolo di questo numero:

che gioia mi dà……………………

...ognuno è libero di scrivere quello che vuole, perché la gioia è un sentimento così bello che ognuno ha dei motivi personalissimi per essere felice…

l’importante è sapere cosa mi dà la vera gioia e cosa posso fare per essere gioioso !!!

Se poi qualcuno è così curioso da voler sapere cos’è che in questi giorni mi riempe di gioia … ok, gli dò il permesso di leggere qui a fianco:

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bini m a dei b Abbiamo appena festeggiato la Pasqua e Gesù dopo aver tanto sofferto è finalmente risorto

Non vedo l’ora di dare un bacione alla mia mamma per la sua festa

Ho scoperto che di mamma non è vero che c’è n’è una sola. Io ne ho due: la mia mamma che si chiama

e una Mamma specialissima che si chiama

che mi ama dal Cielo !

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bini m a dei b Perché Maria è la nostra Mamma del Cielo? Il catechismo ci risponde così: la Madonna è la nostra mamma per due motivi… Innanzi tutto perché ha accettato di diventare la Mamma di Gesù quando l’Angelo Gabriele le ha annunciato il progetto di Dio su di Lei ed Ella ha scelto di offrire la sua vita come Schiava del Signore E poi perché nel giorno più doloroso della sua vita, quando il suo cuore veniva trafitto dalla spada della sofferenza, Maria davanti a Gesù Crocifisso, accettò l’ultima richiesta di suo Figlio: divenire la Madre dell’Apostolo Giovanni per essere la Mamma di tutti gli uomini.

Cara Mamma del Cielo, mi commuove pensare che proprio in un momento così triste, il tuo cuore era talmente pieno di amore che hai accettato di diventare mia Mamma… Grazie!

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Voglio continuare a pensare a questo mistero perché il mio cuore è felice e tranquillo sapendo che in Cielo ho una Mamma così speciale che mi vuole tanto bene e che tutti i giorni si preoccupa per me…. Cara Madonnina aiutami ad essere un buon figlio per te!

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bini m a dei b III MISTERO GLORIOSO:

GESU’ RISORGE DA MORTE

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bini m a dei b Riflettiamo insieme: Gesù è risorto! La sua anima è tornata nel suo corpo, Gesù è ritornato vivo. Questo è il più grande di tutti i miracoli. Mai un uomo ha potuto resuscitare se stesso. Solo Gesù ha potuto resuscitare se stesso, perché è Dio. Quando io ho un problema, o una difficoltà, quando mi manca la gioia, credo che Gesù può tutto? Credo che cercandoLo e parlando con Lui, ogni nuvola nera scompare e torna il sole della gioia nella mia vita? Maria ha creduto alla bontà e alla potenza del Signore, tanto che ha detto ad Elisabetta: “Dio, può tutto, ha fatto in me grandi cose”.

Facciamo un proposito: Non lascerò passare una giornata intera senza parlare almeno un po’ con Gesù e con la Madonna. Ricorrerò subito a Loro in ogni mia difficoltà.

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bini m a dei b CHI E’ QUELL’UOMO CHE VEDETE ? È San Pietro, Gesù aveva scelto lui per essere sostituito quando non sarebbe stato più sulla terra. Egli sapeva che dopo poco sarebbe risalito in Cielo; si è detto: “Non potrò più parlare agli uomini e dire loro quello che bisogna fare per entrare in Cielo; lascerò sulla terra degli uomini per sostituirmi, per parlare al mio posto e per comandare a tutti gli altri. Sarà necessario un capo, io scelgo San Pietro, per essere il capo, il primo Papa.”

Il primo papa è stato SAN PIETRO Egli ha delle chiavi nella mano, perché Gesù gli ha detto: “A te voglio dare le chiavi del cielo”.

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Colora l’immagine

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bini m a dei b La Domenica Il settimo giorno, terminata la creazione, Dio dichiarò che era la sua festa. Tutte le creature, nuove di zecca, si diedero da fare per regalare a Dio la cosa più bella che potessero trovare. Gli scoiattoli portarono le le

lana soffice e calda… miliardi di angeli cantarono una serenata celestiale.

L’uomo aspettava il suo turno ed era preoccupato: “Che cosa posso donare io? I fiori hanno il profumo, le

il miele

si sono offerti di fare la doccia a Dio con le loro proboscidi per rinfrescarlo…”.

perfino gli

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bini m a dei b L’uomo si era messo in fondo alla fila e continuava a scervellarsi. Tutte le creature sfilavano davanti a Dio e depositavano i loro regali. Quando rimasero solo più alcune creature davanti a lui, la

, la tartaruga e un bradipo poltrone,

l’uomo fu preso dal panico!!! Arrivò il suo turno. Allora l’uomo fece ciò che nessun animale aveva osato fare. Corse verso Dio e saltò sulle sue ginocchia, lo abbracciò e gli disse:

“Ti voglio bene!” Il volto di Dio si illuminò, tutta la creazione capì che l’uomo aveva fatto a Dio il dono più bello ed esplose in un alleluia cosmico.

Per quale fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo poi nell’altra, in Paradiso.

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bini m a dei b CHE GIOIA LE HA DATO ……………… !!! Cosa ne dite: si può morire di gioia? Quanto bisognerebbe essere felici? Riuscite ad immaginarvi un’ emozione così forte?… Noo?! E allora leggete qui sotto….

A Bologna abitava una bambina un po’ speciale di nome Imelda: voleva talmente bene a Gesù che a soli dieci anni chiese il permesso di andare a vivere in un monastero di suore Domenicane. Aveva però nel cuore un grande dispiacere: non poter ancora fare la comunione perché era troppo piccola. Un giorno le capitò di ascoltare la storia del martirio di S. Agnese; una bambina di soli tredici anni, che aveva scelto di morire pur di testimoniare il suo amore per Gesù. Andata a riposare, fece un sogno: la Madonna che le chiedeva cosa desiderasse.

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bini m a dei b “Voglio avere anch'io, rispose Imelda, una amica della mia età”. Senza parlare, la Madonna prese Imelda per mano e la condusse in un posto meraviglioso, dove la stava aspettando proprio Santa Agnese. Fu tanta l'emozione di questo incontro, che la nostra Imelda si svegliò; ma quel sogno però le aveva fatto capire che quando si vuole qualcosa di bello e di buono, Gesù non può rifiutarcelo. S'avvicinava intanto la festa del “Corpo del Signore” e Imelda ancora una volta aveva chiesto di fare la prima comunione, ma il rifiuto avvenne... ancora una volta.

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bini m a dei b Terminata la Messa, la cappella dove le suore si erano riunite a pregare si andò svuotando a poco a poco. Imelda, sempre in ginocchio, continuava a pregare, mentre una suora rimetteva in ordine l'altare e la cappella. Nel silenzio, all'improvviso accadde qualcosa di incredibile : un’ostia si levò dall’altare e andò verso Imelda. Il sacerdote di fronte a quel fatto miracoloso comprese come anche Gesù desiderasse unirsi alla piccola e quel giorno

Imelda fece finalmente la sua prima comunione! Immaginate quanto poteva essere grande il bene che si volevano Gesù ed Imelda? Intanto la suora si preoccupava perché la bambina non si decideva ad alzarsi e pensò di andarla ad aiutare…, ma Imelda s’abbandonò tra le sue braccia perché lei stava andando con Gesù in Cielo!

Per il suo grande desiderio di Gesù Eucaristia, Imelda è considerata Patrona dei bambini che fanno la Prima Comunione.

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bini m a dei b

ANGOLO DELLA POSTA Carissimi bambini, vorrei confidarvi un mio piccolo segreto: quanto mi dispiace scrivere queste pagine per voi e non poter conoscere un vostro parere: chissà se questo numero vi è piaciuto e cosa ne pensate… e così ecco come vorrei occupare questo spazio: sarebbe stupendo poter pubblicare le vostre lettere, le vostre idee, i vostri disegni, i vostri pensieri… magari una piccola poesia e perché no, qualche vostra critica o suggerimento!.... Insomma questa è la VOSTRA pagina. Allora vi mando un grosso bacione e vi aspetto qua, pronta a pubblicare tutto quello che mi manderete….. Ciao, ciao!

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bini m a dei b GIOIA IN BRICIOLE

1) Perché Adamo ed Eva non giocavano a pallone? 2) Che cos’è un aeroclano? 3) Dov’è il posto migliore per studiare? 4) Indovina indovinello io abito in un bel castello, di lance sono armato, ma non sono un soldato. Che cosa sono?

Hei tu, fai presto, aiuta questo cagnolino a trovare il pozzo!!!

SOLUZIONI 1) Perché non c’era l’arbitro - 2) Un errore di stampa! - 3) Sull’aereo: si imparano le cose… al volo! - 4) L’orologio a pendolo.

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