Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Settembre/Ottobre 2014

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L’agenzia nazionale per la sicurezza alimentare non è un fiore all’occhiello. Nè tantomeno un ente inutile, come si ostinano a ritenere i Ministri della Salute e delle Politiche Agricole del Governo in carica. È un preciso adempimento che discende da una direttiva comunitaria, la cui inosservanza sta esponendo l’Italia ad una stridente contraddizione: è il Paese che ospita la sede europea della sicurezza alimentare (l’Efsa) ma non ha una interfaccia nazionale, così come viene espressamente previsto dalle direttive comunitarie in materia. L’Authority per la Sicurezza Alimentare non è soltanto questo. È un serio, serissimo banco di prova della visione meridionalistica del Governo, della reale volontà del governo di affrontare in modo serio il problema del divario tra il Nord e il Sud e quella questione meridionale che, oggi come ieri, è una questione nazionale che sembra tuttavia essere stata rimossa dall’agenda politica. Ma è anche un banco di prova del divario pugliese tra provincia e provincia. Per Foggia e per la Capitanata si tratta - ma forse sarebbe meglio dire si trattava - della concreta possibilità di esercitare un ruolo nazionale in un settore come quello agro-alimentare nevralgico per l’economia provinciale, pugliese e meridionale. Avere visibilità, contare qualcosa di più sui tavoli nazionali, comunitari e regionali, implementare sul territorio una risorsa in grado di dare risposte concrete alle insidie che la globalizzazione sta portando alla sicurezza alimentare, danneggiando pesantemente l’agricoltura più attenta alla correttezza delle filiere, alla qualità, alla tracciabilità, alla genuinità. Ho citato a mo di esempio uno dei tanti scippi perpetrati ai danni della nostra provincia, geograficamente più che una provincia la nostra è una regione con Monti, mare, laghi ed isole. Abbiamo il meglio del meglio della produzione agroalimentare, siamo i primi nella produzione del pomodoro il 90% della produzione italiana, mentre il Distretto del Pomodoro viene dirottato ad Angri; del grano (il Tavoliere della Puglia tanto caro ai fratelli Cappelli e a Nazareno Strampelli). Potrei continuare citando quello che si produce sul territorio dei 5 Reali Siti, dalle conserve, al vino ai carciofi. La terra dauna, la terra del bendiddio viene adoperata solo per saccheggi, poi se la gente di Capitanata chiede la riapertura dell’aeroporto Gino Lisa il Governatore della Regione Puglia, Nichy Vendola li apostrofa come: Fanatici di Facebook; anzi qualche tempo fa alle giuste richieste del territorio il Presidente della Regione coniò il termine “Foggianesimo”, o come ha dichiarato l’altro giorno, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, l’on. Lello Di Gioia a proposito del Gino Lisa: “Inutile girarci intorno ci sono influenze per non far partire l’aeroporto”.

A tutto questo c’è una domanda che aspetta da anni una risposta: “Ma la Capitanata fa ancora parte della Puglia?”. Analizzando il problema emerge una crude realtà che coinvolge anche la classe dirigente e politica provinciale. In gergo calcistico si chiama, la mancanza di amalgama, che non si compra come sosteneva un simpatico vice presidente del Vecchio Foggia, ma è il difendere e mantenere tutti insieme l’orgoglio di essere cittadini di questa meravigliosa provincia, l’orgoglio di un popolo. L’orgoglio dei Dauni che seppero tenere in scacco per 6 secoli l’Antica Roma. L’orgoglio di appartenere, questo sicuramente va riconosciuto ai salentini e ai baresi.

Forse pochi ricordano la richiesta del Tribunale per i Minori e la Corte d’Appello, per decenni ad ogni inizio di legislatura veniva presentata la proposta di legge, perché Foggia avesse queste istituzioni e puntualmente qualche politico nostrano passava all’altra sponda dell’Ofanto. C’è bisogno di una unità di intenti che dovrebbe animare la classe dirigente e politica anche sugli altri grandi problemi che si agitano all’orizzonte: la dotazione infrastrutturale ancora largamente incompleta, la riduzione dei fondi del piano irriguo nazionale che ha compromesso la realizzazione della diga di Piano dei Limiti, le incertezze ed i ritardi sull’attribuzione delle risorse finanziarie del Fas (Fondo per le aree sottosviluppate). L’impressione è che vi sia una scarsa percezione, un basso livello di consapevolezza rispetto all’importanza della posta in palio, che va ben al di là delle schermaglie e della dialettica tra i diversi schieramenti politici. Se non verrà invertita la politica anti foggianità, il futuro di Foggia e della sua provincia sarà più buio della notte e sarà ulteriormente compromessa la

convivenza con i Messapi e Japigi. La convivenza è stata al centro del convegno sul Progetto Moldaunia svoltosi nell’ambito della settimana della Cultura di Orta Nova e promossa dalla nostra associazione. L’ing. Gennaro Amodeo, promotore dell’iniziativa, preso dall’amore verso la sua terra di origine, il Molise, e quella ospitante, la Capitanata si è ispirato alla legge sul federalismo, che prevede in buona sostanza l’autonomia gestionale e finanziaria delle regioni. Della Capitanata regione se ne è parlato sin dal lontano 1946, qualcuno intravedeva di inserire il vicino Molise. Si parlò perfino di cantierizzare l’idea di due regioni: Il Salento e la fusione delle province di Bari e di Foggia. Da una personale analisi il progetto Moldaunia mi pone un interrogativo: l’unione fa la forza o fa paura? Se con Bari manca il feeling, perché la nostra provincia è sempre stata legata a Napoli, storicamente Foggia veniva riconosciuta come la seconda città del Regno Borbonico. Se con Bari si riscontra l’inesistenza di affinità, commerciali e culturali, quali sono le prospettive legandoci ad una regione che per radici e cultura, in parte, è stata legata per secoli con l’Abruzzo? Il problema non è solo risolvibile dal numero degli abitanti per entrare nel limbo dell’autonomia gestionale e finanziaria, ma dal patrimonio che ognuno porta, e sicuramente la nostra provincia farà la parte dello sposo povero. Si abbiamo mare, boschi, isole, laghi, ma la qualità della rete viaria è scadente. Si abbiamo le industrie, poche, che operano sul territorio, ma forse qualcuno dimentica che la via adriatica dell’industrializzazione italiana si ferma a Termoli e riprende a Barletta. Evito nel soffermarmi sulle infrastrutture, alcune realizzate ed entrate in attività dopo moltissimi anni, cito una per tutte: il conservificio di Poggio Imperiale, che poteva essere da apripista per il Distretto del Pomodore. Si è pur vero che il Progetto Moldaunia da l’opportunità alla nostra provincia di avere una posizione più ottimale con il centro-meridionale dello stivale e nel contempo potenzierebbe l’aspetto commerciale e turistico del territorio, recuperando anche i tre comuni che sono confluiti nella Bat, ma ritengo che l’obiettivo prioritario deve essere focalizzato a come incastonare le necessità dei Molisani con quelle dei Dauni, come rendere più produttive le due realtà con le loro dotazioni industriali, agricole, turistiche, commerciali e culturali, e come indirizzare il tutto nel mercato nazionale ed internazionale. Il lavoro sicuramente è arduo, ma solo con un chiaro e proficuo lavoro di intenti il Progetto Moldaunia potrà concretizzarsi.


Da alcuni mesi nella zona dei Cinque Reali Siti si è diffuso l’allarme inquinamento. I rifiuti provenienti dalla Campania sono stati interrati illegalmente in altre zone della Capitanata, oltre che nell’ex cava di Ordona? La notizia sta seminando il panico tra la popolazione per varie motivazioni. Condannare un intero territorio significa arrecare un grave danno alla nostra economia, basata essenzialmente sull’agricoltura e sull’esportazione dei suoi prodotti. Anche il nesso tra il largo numero di casi di tumori e l’inquinamento ambientale, denunciato da molti, è un dato preoccupante. A tal proposito don Giacomo Cirulli, responsabile della parrocchia B.V.M. Addolorata di Orta Nova, ha detto la sua ad una gremita platea, tentando di smuovere gli animi dei fedeli, invitati ad opporsi con tenacia e coraggio a questa situazione; ha voluto dire che tutelare il territorio non è prerogativa esclusiva di autorità e forze dell’ordine, ma di ciascun cittadino che deve denunciare gli illeciti. Il parroco, durante i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio, non ha usato mezzi termini, parlando di una “terra violentata continuamente”e vessata dagli interessi delle ecomafie. Il fenomeno non è limitato alla nostra zona. Notevole clamore ha destato il caso della Terra dei fuochi: alcuni centri della Campania diventano deposito di tonnellate di rifiuti che poi vengono bruciati,

dando luogo a roghi i cui fumi diffondono nell'atmosfera sostanze tossiche, tra cui diossina. L'inquinamento da diossina dei terreni è molto pericoloso perché introduce sostanze tossiche nella catena alimentare degli animali da

allevamento e quindi può facilmente raggiungere l'uomo. L’Istituto Superiore di Sanità ha studiato il caso e non può attribuire con certezza la causa di eccessi di mortalità o ospedalizzazione o incidenza tumorale all’esposizione individuale di specifici inquinanti. La coordinatrice del gruppo di studio sulla situazione, Loredana Mu-

smeci, afferma che per quanto riguarda i tumori l’inquinamento può essere una concausa di patologia, non l’unico fattore scatenante. Responsabile del Dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell’Istituto, la Musmeci continua dicendo che in un registro di tumori serio bisognerebbe tener conto non solo dei dati relativi a morti e ricoveri, ma approfondire l’anamnesi, lo stile di vita, l’attività lavorativa, il luogo in cui si vive. Esistono più cause che portano ad una patologia tumorale, anche la scarsa prevenzione o il fumo. L’interramento di rifiuti in luoghi non adeguati, peraltro adiacenti a zone agricole coltivate, è reato per ovvi motivi. L’inquinamento c’è e le aree vanno bonificate. Bisogna, però, valutare tanti fattori, non sottovalutandone nessuno e considerare solo alcune facce del problema. La chiave per risolvere la questione è la conoscenza approfondita e non superficiale dei fatti; la gente deve giudicare e affrontare la situazione con consapevolezza e responsabilità. La conoscenza e la coscienza del singolo è un punto di partenza fondamentale affinché lo stato attuale delle cose migliori. Denunciare significa prendersi cura del proprio territorio e migliorare l’economia. Il discorso di don Giacomo non deve provocare panico e paura, ma essere uno stimolo per non farci scivolare gli eventi addosso, un’esortazione che scuota le coscienze.


Eletti i consiglieri “ortesi” dell’Unione: tante le new entry Con delibera di Consiglio Comunale n.15 del 30 settembre, i membri dell’assise consiliare hanno eletto i nuovi dieci rappresentanti dell’ente sovracomunale dell’Unione dei Comuni dei Cinque Reali Siti per il comune di Orta Nova, di cui sei della Maggioranza e quattro tra l’opposizione. Con voto limitato e separato, nonché segreto, ciascuno dei diciassette consiglieri ha espresso n. 5 (Maggioranza) o n. 3 (Minoranza) preferenze. Lo scrutinio ha dato il seguente esito: per la maggioranza: Giovanni Battista Molfese n. 11 (undici), Maria Rita Gramazio n. 11(undici), Luigi Guglielmo n. 11 (undici), Davide Quise n. 11 (undici), Chiaffredo Ballatore n. 6 (sei), Damiano Colonna n. 5 (cinque); per la minoranza: Maria Rosa Attini n. 4 (quattro), Maria Rosaria Calvio n. 4 (quattro), Pasquale Ruscitto; n. 3 (tre), LorenzoAnnese n. 4 (quattro), scheda Bianca; n. 1 (una). Tanti i politici al loro debutto in tale compito: se si eccettuano infatti Iaia Calvio, che ha avuto l’incarico di presidente dell’ente prima della sfiducia dello scorso gennaio, e Lorenzo Annese, in passato consigliere, i restanti otto membri sono alla prima esperienza. Stornarella - Lettera aperta del consigliere Olivieri: a proposito dello smaltimento dei residui nei campi “Noi crediamo che i problemi ambientali siano di vitale importanza per la nostra vita e quella dei nostri figli, però da qualche tempo si perpetra una vera e propria caccia alle streghe contro ogni agricoltore che effettua ogni tipo di pratica agricola per lo smaltimento dei residui in campo. Anche il Sindaco Colia qualche tempo fa ha pubblicato una lettera aperta agli agricoltori per evitare che questi ultimi, rinunciando ad un sollievo economico solo apparente, non effettuassero la pratica, ormai consolidata e legalizzata, dello spargimento nei terreni agricoli dei fanghi di depurazione delle acque reflue al fine di concimazione agricola. Il gruppo politico “Stornarella nel Cuore” è fermamente convinto che questa è solo una mera campagna di protagonismo di qualche nuova associazione ambientale locale a completa discriminazione del ceto agricolo patronale quale fulcro importante

dell’economia locale. A tale proposito si invitano tutti gli agricolotori a non aver timore e a non sentirsi sotto accusa nell’effettuare, nei propri terreni, le normali pratiche di smaltimento dei residui agricoli vegetali (sfalci e potature) considerando pure quanto stabilito dalla Legge 116 dell’11 Agosto 2014 che stabilisce la possibilità di bruciare in campo i residui colturali, e non i materiali plastici evidentemente, in cumuli e in quantità massime giornaliere di tre metri cubi per ettaro considerando la deroga di tale attività solo in presenza di estensioni boschive”.

Il giovane neo presbitero ha assunto l’incarico pastorale di Vicario Parrocchiale nella chiesa di San Rocco a Stornara e Assistente Diocesano di Azione Cattolica Ragazzi, realizzando così il desiderio di compiere la missione di evangelizzazione nella parrocchia in cui è nato e dove ha maturato la coraggiosa scelta di intraprendere il cammino verso il sacerdozio. A don Giuseppe i più sinceri auguri dalla intera redazione de Lo Sguardo, affinché il Signore continui a illuminare il suo cammino come “servo per amore, sacerdote dell’umanità”.

Ad Orta Nova il club Forza Silvio Anche ad Orta Nova è stato costituito il club Forza Silvio “Giustizia e Libertà”, a promuoverlo dei giovani studenti ortesi, Federica Grillo (presidente) e Michele Caporale (vicepresidente). Fanno parte del direttivo: Giusy La Salvia, Michele De Angelis e Alessandro Garofalo. Nei prossimi giorni sarà presentato il programma del neo sodalizio.

Lutto L’Editore Annito Di Pietro, il Direttore Michele Campanaro partecipato con affetto al dolore della famiglia Spadavecchia per la perdita dell’amato Angelo Antonio (Ninotto) grande estimatore del nostro giornale. *** La cultura ortese e l’intera comunità piangono la scomparsa del prof. Enrico De Lisi. La redazione e l’editore si associano al dolore di Gino Guglielmi e famiglia per la perdita dell’amato padre. *** L’editore Annito Di Pietro, il direttore Michele Campanaro e la redazione tutta abbracciano l’ing. Vincenzo Colacicco e gli sono vicini per la perdita dell’amata madre Vittoria De Finis.

Stornara - L’ordinazione sacerdotale di don Giuseppe Ciarciello La comunità cristiana dei Cinque Reali Siti accoglie una nuova ordinazione sacerdotale, a testimonianza di una terra dove le vocazioni alla vita consacrata a Dio continuano a produrre benevoli frutti. Presso la Cattedrale di San Pietro Apostolo di Cerignola (conosciuta più semplicemente come Duomo Tonti), lo stornarese don Giuseppe Ciarciello è stato ordinato sacerdote nella Liturgia celebrata dal Vescovo della diocesi, S. E. Mons. Felice Di Molfetta.


Tra generali manifestazioni di consenso ed ampi segnali di approvazione, domenica 21 settembre 2014, si è conclusa ad Ortanova l’ottava edizione della “Settimana della cultura” che, nata in sordina nel lontano 2007, ha raggiunto oggi (2014) livelli ragguardevoli di qualità, sotto la sapiente regìa di Annito Di Pietro, presidente dell’Associazione culturale “L’Ortese” e indiscusso patron dell’iniziativa in parola. Articolata in un mix equilibrato di pregevoli eventi (riguardanti l’arte, lo spettacolo e lo sport), la “Settimana della cultura” ortese si è così snodata in una serie di interessanti sequenze, tutte innervate in un’idea della cultura assolutamente non coincidente con quella dell’intrattenimento, così diffusa oggi, ma rivelatasi come qualcosa di più profondo, capace, recuperando il suo ruolo primigenio, di spingere, per dirla con lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa - premio Nobel per la letteratura nel 2010 - nella direzione del riconoscimento dei veri valori, insegnando a distinguere il “buono”, il “brutto”, il “bello”, l’“orribile”, l’“effimero”, l’“autentico”. In quest’ humus trova radicamento, infatti, il senso dell’impegno diuturno di Annito Di Pietro che - di concerto con l’équipe dei suoi collaboratori, tra i quali in primis va annoverato il poliedrico Michele Campanaro (direttore responsabile de Lo Sguardo sui 5 Reali Siti) - è riuscito, durante l’intera settimana (dal 15 al 21 settembre 2014), a disseminare sul territorio quella “effervescenza culturale”, di cui le comunità del comprensorio hanno bisogno per poter migliorare la qualità della vita in termini di crescita sociale e di sviluppo economico. La cultura di cui parla Annito Di Pietro - da qualcuno definito “fanciullo dai capelli canuti” (utilizzando il termine “fanciullo” nell’accezione pascoliana, in quanto soggetto capace di decifrare il “sorriso” e la “lacrima” delle cose) - non è evidentemente quella “consolatoria” alla quale fa riferimento Elio Vittorini, ma è lievito, cemento, fermento in grado di apportare un valore aggiunto alle comunità del comprensorio; è strumento aperto e dinamico, preziosa opportunità per incidere, oltre che sulle strutture economiche e sociali, anche su quelle mentali e sul modo di essere della gente del territorio in termini di condivisione e di partecipazione. Sostenuto da tali convincimenti, il patron della “Settimana della cultura” ortese è stato in grado, quest’anno, di offrire ad un pubblico attento e particolarmente interessato, proveniente dalle diverse comunità dell’ “Unione”, un ricco ventaglio di occasioni culturali di gran pregio, «giocate» sui versanti della pittura e della scultura (v. l’esposizione delle opere degli artisti Cosimo Tiso e Angela Mastropietro; la dissertazione del critico d’arte Maria Bianco; la relazione di Anna Maria Cardillo, architetto; la mostra delle composizioni artistiche degli allievi dell’Unitre, dell’Anfass e dell’Associazione “Voce nostra” di Carapelle), della danza (v. Michela Menafro e la

sua scuola) e del canto (v. Rossella Tarateta, accompagnata dal pianista Mimmo Trattosa), della poesia (Adelina Tarantino, Rocchina Morgese e Savino Luce), della saggistica (v. Alfonso Maria Palomba, Antonio Ventura e Falina Marasca), della microstoria (v. Paola Grillo e Pasquale Braschi), della narrativa (v. Mario Gravina, Alfonso Maria Palomba e don Angelo Festa), della storia (v. Domenico Francone) e dello sport (torneo di tennis). Un parterre, come ognuno può comprendere, di ospiti ragguardevoli, che con le loro performance hanno impreziosito l’intero com-

plesso delle manifestazioni, rendendo la “Settimana della cultura” un vero e proprio unicum, una sorta di rara avis in terris nigroque simillima cycno (un vero uccello raro, più di un cigno nero), per dirla con il poeta latino Giovenale (Sat. VI, v.165). Significativo, inoltre, è stato il partenariato costruito intorno al puzzle degli eventi ad arte «confezionati» e portati all’attenzione del pubblico di volta in volta intervenuto: è riuscito, infatti, l’inossidabile patron del progetto a coinvolgere nella sua iniziativa non solo tutte le realtà associative di Orta Nova (a molte delle quali ha dato visibilità, “mettendole in vetrina” - tanto per usare un’espressione cara ad Annito Di Pietro - e rinviando alle successive edizioni la presentazione delle altre), ma soprattutto è stato in grado di creare un’azione sinergica con l’Associazione culturale “L’Ortese”, con l’“Unione dei comuni dei cinque reali” (ottenendone il patrocinio gratuito) e in modo specifico con il comune di Ortanova e il suo assessorato alla cultura, curato egregiamente da Nicola Maffione, che si avvale, nella sua azione, dell’apporto fattivo della consigliera Maria Rita Gramazio. Non è, poi, di secon-

daria importanza considerare la strategia di ampliamento degli orizzonti voluta dal tenace Annito Di Pietro, che ha ben compreso come, attraverso il coinvolgimento delle altre comunità del comprensorio, si possa tutti insieme collaborare alla “formazione” di una “coscienza unionista”, realizzando sul terreno della cultura ciò che la politica non riesce ancora a “costruire” sul piano amministrativo: di qui la partecipazione alla “Settimana della cultura” di Alfonso Maria Palomba (Carapelle) e di Paola Grillo (Stornarella). Infine - last but not least - non può passare sotto silenzio l’interessante convegno tenutosi domenica 21 settembre 2014 e avente come tema il progetto Moldaunia (Molise + Daunia = Moldaunia), tenacemente sostenuto da Gennaro Amodeo, che nell’occasione si è confrontato con il sindaco di Ortanova, Dino Tarantino, con quello di Carapelle e con Antonio Chieffo, ex presidente della Provincia di Campobasso: un’occasione preziosa per comprendere come nel divenire storico sia importante la vis dell’ideale, del sogno, dell’utopia, di quella forza, cioè, che fece dire a Martin Luther King “I have dream” e oggi a me fa ripetere, a proposito dell’“Unione”, che possiamo farcela (chi non ricorda la celebre espressione di Barack Obama “Yes, we can”?), a condizione, però, che tutti provino a remare nella stessa direzione, perché, in fondo, “il futuro è ciò che scegliamo di essere” (Stefano Gramazio). Degno epilogo, ad extremum, è stata la cerimonia di premiazione de “L’Ortese nel mondo”, che mira a consegnare alla memoria collettiva - e alle nuove generazioni nello specifico - la testimonianza di quanti si sono fatti apprezzare nei diversi campi professionali fuori dal municipio, esportando con orgoglio l’“ortesità”: quest’anno è toccato a Filippo Santigliano (giornalista, foggiano, di madre ortese, per i suoi meriti professionali di respiro provinciale), a Potito Di Pietro (poeta e dialettologo), ad Immacolata Giuliani (criminologa), a Lucia Lopriore (studiosa di microstoria), a Francesco Paolo Cicolella (imprenditore foggiano, legato a doppio filo con Ortanova, in quanto titolare dell’unico cinema del comprensorio) e ad Antonio Schiavone alla memoria (podestà di Orta Nova nel 1927 e preside della locale scuola media, quella un tempo a lui intitolata). Ad maiora, Annito, anche se c’è ancora molto da fare sul terreno della disseminazione della cultura, ma nel contempo sono certo che mai ti verrà meno l’apporto (in termini di idee e di sostegno economico) dell’amministrazione comunale, che ha mostrato particolare sensibilità sui temi trattati durante la “Settimana della cultura”, presidiando, per così dire, tutte le manifestazioni in programma con i suoi rappresentanti, da Nicola Maffione a Maria Rita Gramazio, dal sindaco, Dino Tarantino, all’assessore. Antonio Attino e ad altri.


Sport, lettura, musica, ballo, volontariato, pittura, premiazioni e convegni politici: sono stati questi gli ingredienti della Settimana della Cultura, svoltasi dal 15 al 21 settembre a Orta Nova presso i locali dello storico Palazzo Gesuitico e organizzata dall'associazione culturale L'Ortese con il patrocinio dell'Amministrazione Comunale di Orta Nova e dell'Unione dei Cinque Reali Siti. Il programma, curato nei minimi dettagli dal presidente dell'associazione Annito Di Pietro, ha visto la partecipazione di numerosi cittadini provenienti anche dai comuni limitrofi, a testimonianza della bontà di una manifestazione consolidata e che ha visto come assoluta protagonista la cultura. Il cartellone degli eventi, arricchito da un combattuto torneo di tennis “Città di Orta Nova”, è stato inaugurato dalla presentazione del libro “Unione o disunione... in mezzo al guado”, un'analisi critica sull'ente sovracomunale dell'Unione dei Reali Siti fatta dall'ex sindaco di Carapelle Alfonso Palomba. La sera successiva gli artisti Cosimo Tiso di Ascoli Satriano e la carapellese Angelo Mastropietro hanno illustrato le loro opere pittoriche e scultoree esposte per tutta la settimana nel corridoio principale del palazzo, insieme alle compo-

sizioni artistiche degli allievi de L'UniTre di Stornara e dei volontari dell'associazione “Voce Nostra” di Carapelle. Giovedì gli scrittori Paola Grillo di Stornarella e Pasquale Braschi di Cerignola hanno raccontato la storia della cooperativa “La Ricostruente” nel loro volume “Per un pugno di terra”, mentre il fotografo Mimmo Francone ha proiettato un suo documentario dedicato ai Normanni in Capitanata. Venerdì si sono unite arte (con la relazione dell'architetto Anna Maria Cardillo), poesia (grazie alle declamazioni dei poeti Adelina Tarantino, Rocchina Morgese e Savino Luce) e musica (per merito della voce di Rossella Tarateta, accompagnata dal pianista Mimmo Trattosa), il tutto presentato dal direttore dello Sguardo, Michele Campanaro. La settimana è quindi proseguita con la presentazione di un altro libro, “Il ponte su Rio Morto”, scritto dall'ortese, ma romano di adozione, Mario Gravina, già autore di altri importanti lavori dedicati alla propria terra natìa. In ciascun momento, poi, sono state messe in vetrina alcuine delle più importanti realtà associative di volontariato

presenti nel territorio e impegnate da anni in attività sociali e di crescita culturale. A chiusura della kermesse, preceduta da un interessante convegno sul progetto Moldaunia con relatori l'ingegner Gennaro Amodeo, il sindaco di Carapelle Remo Capuozzo, il suo collega ortese Dino Tarantino e l'ex presidente della provincia di Campobasso Antonio Chieffo, nella centralissima Piazza Nenni il comitato composto da amministratori comunali e membri degli enti no profit ha premiato con il titolo di “Ortese nel mondo” sei personalità che si sono distinte nei rispettivi campi professionali. A ricevere il prestigioso riconoscimento sono stati Filippo Santigliano (giornalista e caporedattore de La Gazzetta di Capitanata), Potito Di Pietro (poeta e dialettologo), Immacolata Giuliani (criminologa e consulente in importanti casi giudiziari nazionali), Lucia Lopriore (studiosa di microstoria e autrice di numerosi volumi e saggi storici), Francesco Paolo Cicolella (imprenditore, titolare dell'unico cinema nel comprensorio dei Cinque Reali Siti) e Antonio Schiavone (premio alla memoria, fu eletto nel 1927 primo podestà di Orta Nova e insegnò nelle Scuole Medie per oltre trent'anni). Per i parenti di quest'ultimo e per ciascuno dei cinque “ortesi nel mondo” non sono mancati sentimenti di commozione e di ringraziamento per l'encomio ricevuto. La settimana è stata poi conclusa dallo spettacolo di danza a cura della scuola di danza della maestra Michela Menafro.



Se in Brasile la nostra squadra del cuore non c’è l’ha fatta, neanche ad Orta Nova è riuscita a superare il turno per la finale del 6 agosto del Mundialito, il torneo di calcetto ideato e realizzato dall’Associazione Tiquitaca in occasione dei Mondiali di calcio 2014. Leonardo Iorio organizzatore della manifestazione ci spiega la nascita dell’Associazione e i prossimi eventi. D: Quando e con che aspettative nasce Tiquitaca? R: L'Associazione nasce da un sogno. Una passione che ho fin da bambino ossia quella di giocare a calcio. Tuttora mi diletto a praticarla e, da circa 6 mesi, è diventato anche il mio lavoro. Il 10 febbraio 2014 è stato inaugurato il centro sportivo Tiquitaca asd che, ad ora, comprende un campo da calcetto a sei in erba sintetica di ultima generazione. D: Ritiene di aver trovato la strada giusta? R: Quando la passione e il lavoro percorrono la stessa strada... beh, è quella giusta! D: Ha incontrato delle difficoltà nel percorrerla? R: Come in tutti i settori, le difficoltà sono all'ordine del giorno. Per quanto mi riguarda la fase iniziale è stata quella più difficoltosa: carte e documenti a non finire!!! D: Pensa che possiate ancora espandervi e arricchire di nuovi punti d’intrattenimento il vostro centro sportivo? R: Tra i futuri progetti c’è l’ampliamento della struttura, non solo dal punto di vista sportivo ma anche la creazione di una zona d'intrattenimento per famiglie. D: Mi parli del torneo, struttura, partecipazione, se sarà seguito da nuove edizioni. R: Il torneo nasce prendendo spunto dal mondiale appena concluso, infatti prende il nome di Mundialito. Ogni squadra partecipante doveva essere abbinata ad una nazionale impegnata in Brasile. Il Mundialito si svolgerà ogni quattro anni in concomitanza con i Mondiali di calcio. Nell'attesa seguiranno altri tornei: invernali, estivi e dopo il successo della 1° edizione del 7 giugno, lo speciale “Tutto in una notte”. D: Lo sport è alla base dei più sani coinvolgimenti nella giovane popolazione di un territorio come quello di Orta Nova; che risposta ha avuto da parte del pubblico? R: Nonostante in zona ci siano altri campi da calcetto, il Tiquitaca asd ha riscontrato un grande successo! Complice anche la passione per il calcio che accomuna tantissimi ragazzi. D: Tiquitaca sarà protagonista di nuovi e sempre più numerosi eventi in questo campo?

R: Cercheremo sempre di essere protagonisti in questo campo con la creazione di nuovi eventi per invogliare sempre più Orta Nova ed i paesi limitrofi. D: Il futuro del Tiquitaca; intendete ampliarlo, siete disposti a ospitare sfilate o eventi di altro genere? R: Siamo sempre disposti a creare eventi diversi, non a caso sono in cantiere delle serate a tema.

Una nuova realtà ad Orta Nova, che Leornardo Iorio vuole precisare: ”Grazie all'aiuto economico della mia famiglia, delle persone che ci hanno lavorato e del sostegno di tutti coloro che ci hanno creduto siamo riusciti a realizzare quello che oggi è il Tiquitaca e in particolar modo ai due membri dell’Associazione Maria Bassano e Marco Iorio a cui va il mio grazie per la loro disponibilità e collaborazione”


Lunedì 29 Settembre, ad Ascoli Satriano, nell' Auditorium di S. Maria degli Angioli, gremitissimo in ogni ordine di posti, tra le 19,00 e le 21,00 è stato ufficialmente commemorato il Prof. Potito Mele, prematuramente scomparso il 2 Dicembre dell'anno scorso. È stata veramente una bella occasione quella organizzata dal Comune di Ascoli e dal Circolo Culturale Polivalente, che ha unito e riunito parenti, autorità, amici, colleghi, concittadini, accomunati tutti dall'essere estimatori di una persona straordinaria, ricca di humanitas, un uomo semplice, schivo, ma sempre leale e disponibile,un docente irreprensibile, un ricercatore instancabile, innamoratissimo della sua patria e impegnatissimo a farne conoscere usi, costumi, tradizioni, monumenti e, soprattutto, la lingua. All’inizio della manifestazione, dopo un commosso saluto al compianto Potito, fatto dall'Assessore Biagio Gallo, il Sindaco della città, Savino Danaro, ha scoperto una stele marmorea, quale omaggio per i meriti culturali dell' insigne studioso, che a breve sarà murata all' ingresso dell'Archivio Comunale, a sancirne l’intitolazione al suo illustre concittadino. È seguita, poi, la rievocazione ufficiale dell' estinto, affidata a quattro relatori, ciascuno dei quali ha ricordato una fase della vita di Potito e qualche aspetto particolare della sua personalità. E così l’ing. Giuseppe D'Arcangelo, Presidente del Circolo Polivalente e zelante promotore dell' iniziativa, nonché del progetto di recupero, con auspicabile futura pubblicazione, di tutte le "carte" inedite di Potito, ha ricordato gli anni della fanciullezza e dell' adolescenza,, in cui già si manifestarono, nonostante le ristrettezze del dopoguerra, l' amore per lo studio e la passione per la ricerca, ma anche la predisposizione alla convivialità e finanche alla goliardia. Il prof. Francesco Capriglione, collega di Potito in tante ricerche e coautore di numerose pubblicazioni, ha sottolineato la funzione insostituibile

della "memoria", che, grazie al lavoro paziente dei ricercatori come Potito, consente ad una comunità di poter salvare finanche i fonemi, le cadenze, le inflessioni e gli idiotismi di quelle ricchissime "lingue locali", che sono i dia-

letti. Di qui l’obbligo assoluto, per la collettività, a fare tutto il possibile perché non vada disperso e perduto, ma tutelato e pubblicato, il frutto di tanta fatica. Il prof: Nazario Martino, ha rievocato episodi inediti della quarantennale amicizia con Potito, come il viaggio in Grecia nell’82 e la spedizione “teatrale” a Napoli, nel 2002, per l’Otello di Michele Placido, e ha parlato del “Professor” Mele, dai tempi del precariato fino agli anni passati insieme al Liceo “Volta” di Foggia, tratteggiando la figura di un insegnante “all’antica”, metodico, scrupoloso, stretto di voti, finanche brusco, secondo gli alunni, ma, per chi lo conosceva bene, coerente con una precisa scelta pedagogica, sul

modello di Quintilliano, che vuole l'insegnante "paternamente severo", senza confusione di ruoli, perché genitori e professori devono essere "educatori prima di tutto". Al dott. Antonio Ventura. già compagno di studi di Potito al Liceo "Lanza" di Foggia ed ex funzionario dei Fondi Speciali della Biblioteca Provinciale di Foggia, è toccato il compito di far conoscere a tutti i convenuti l'episodio di un tema scolastico sulla felicità, svolto dallo studente pendolare Mele, in modo così esaustivo e personale, da meritarsi, oltre all’apprezzamento del prof. Vivoli, anche il pubblico encomio in Aula Magna da parte del Preside Antonio Regina. Ventura ha ricordato, poi, il linguaggio franco e schietto, che Potito usava sempre, anche in circostanze ufficiali, quando le situazioni precipitavano verso il vuoto formalismo o le esibizioni accademiche, e tutti i sacrifici, anche economici, sostenuti per corredarsi degli strumenti indispensabili in una biblioteca, come i repertori, manuali di classificazione, ecc. Il Catalogo delle Cinquecentine di Ascoli sta lì a dimostrare il lavoro certosino di Potito a vantaggio della cultura "patria". Ha dato un contributo significativo alla serata anche la testimonianza, pacata e composta, dell'avv. Paolo Agostinacchio, cui hanno fatto eco il ringraziamento a tutti i convenuti da parte della consorte, la sig.ra Rosetta, e l'accorato ricordo del fratello Lello. Il forte invito a non dimenticare "chi tanto si è adoperato per far vivere il passato del proprio paese", sotteso negli interventi di tutti i relatori e condiviso da tutti gli astanti, è stato, a conclusione della serata, suggellato da un filmato sui "luoghi del cuore", così cari a Potito, che ha creato una profonda nostalgia e acuito in tutti il rimpianto per un uomo "integer vitae scelerisque purus".


Analizzando i dati delle percentuali di raccolta differenziata pubblicati dall’Assessorato all’Ecologia della Regione Puglia sul portale internet rifiutiebonifica.it, si può osservare come l’andamento è sì in crescita ma ancora ben distante da numeri significativi verso quella soglia minima che la legge imponeva di raggiungere già nel 2012. A giugno, infatti, l’ATO FG/4, che comprende oltre ai comuni dei Cinque Reali Siti anche Cerignola, San Ferdinando,

Negli ultimi anni la pressione fiscale si è gravemente intensificata creando non poche difficoltà tra i contribuenti, sia persone fisiche che persone giuridiche. Uno degli strumenti di maggiore efficacia utilizzati per la riscossione dei debiti erariali è senza dubbio la cartella di pagamento La nuova normativa concede ossigeno a famiglie e imprese schiacciate dal peso delle cartelle esattoriali con le novità più importanti che si concentrano proprio sulle regole per il pagamento delle tasse a rate e sulle limitazioni ai poteri della società di riscossione (Equitalia). Difendersi da Equitalia si può. Il Governo italiano, lo scorso giugno, ha approvato il Decreto del Fare, cercando di fare chiarezza sul fisco. Il Decreto – che si compone di 80 articoli – introduce novità importanti che si concentrano proprio sulle regole per il pagamento delle tasse a rate e sulle limitazioni ai poteri di Equitalia, la società partecipata al 51% dall’Agenzia delle Entrate e al 49% dall’Inps, che ha il compito di riscuotere tributi e contributi non pagati. L’Agente della Riscossione ha addirittura annunciato la possibilità di applicare alcune delle misure più vantaggiose rispetto alle procedure già avviate. Per accertarci che quest’ultima promessa venga rispettata servirà tempo (purtroppo!), mentre sono già molto chiare le concessioni previste per i contribuenti dal Decreto del Fare: 1) Piani di rateizzazione - I contribuenti che hanno ottenuto dei piani di rateizzazione del debito da Equitalia possono non pagare otto rate anche non consecutive, al posto delle due consecutive previste dalla vecchia legge, senza perdere il beneficio. Una concessione estesa anche a quanti ne abbiano fatto richiesta già in passato. In altre parole, se la morosità non arriva complessivamente a otto rate, è sempre possibile chiedere la dilazione di nuove

Trinitapoli e Margherita di Savoia, ha fatto registrare il 18.3% di raccolta differenziata, meglio del 17.8 di dodici mesi fa ma peggiore in Puglia solo del bacino garganico. Sopra riportiamo l’andamento a metà anno: Ordona, forte di un sistema di porta a porta, guida la classifica e vuole superare il

34% finale del 2013. Di chi le colpe di questo trend negativo? Difficile stabilirlo, di sicuro cittadini, amministratori comunali e dirigenti della S.I.A., consorzio nato nel 1998 proprietario dell’impianto di smaltimento a Cerignola, si interrogano.

cartelle. 2) Se il debitore dimostra una situazione di difficoltà derivante dalla congiuntura economica, può rateizzare il proprio debito iscritto a ruolo in 120 tranches mensili anziché nelle sole 72 concesse fino ad oggi. Norma che si applicherà anche alle rateizzazioni accordate prima dell’entrata in vigore del decreto. Tuttavia, su questo punto, c’è attesa per il decreto attuativo del ministero dell’Economia che sarebbe dovuto essere emanato entro il 20 settembre rendendo operativa la dilazione, ad oggi rimasta quindi solo sulla carta. Il decreto dovrà anche chiarire quale documentazione serve al contribuente per attestare la propria impossibilità al pagamento. 3) Limitazione dei poteri di Equitalia. Il governo ha anche introdotto una serie di provvedimenti volti a limitarne i poteri soprattutto nei confronti della casa. A differenza di quanto accadeva in passato, oggi diventa vietato pignorare l’unico immobile posseduto dal contribuente (anche nel caso delle pertinenze: box, soffitta o posto auto), a patto che non sia di lusso, villa (categoria catastale A/8) o castello (categoria catastale A/9) e che sia adibito ad abitazione principale. Mentre, in caso di espropriazione immobiliare, l’innalzamento della soglia del debito minimo per procedere sale da 20mila a 120.000 euro. Decisamente una novità positiva quella introdotta dal decreto che, tuttavia, non deve far abbassare la guardia ai proprietari di case alle prese con il pagamento delle rate. Meglio ricordare che se Equitalia non potrà più far partire l’esproprio, gli istituti di credito possono comunque continuare ad esigere il pignoramento, visto che l’articolo 40 del Testo unico bancario stabilisce che “la banca può invocare, come causa di risoluzione del contratto, il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costi-

tuisce ritardato pagamento quello effettuato tra il 30esimo e 180esimo giorno dalla scadenza della rata”. Bisogna precisare che il dilazionamento fino a 120 rate viene concesso ai soli debiti iscritti a ruolo, vale a dire quelli gestiti da Equitalia attraverso l’invio della cartella esattoriale nel caso in cui il contribuente che abbia già ricevuto un avviso di pagamento, ad esempio, dall’Agenzia delle Entrate o dall’Inps, non abbia pagato. Tuttavia, il contribuente si trova a dover sostenere un costo maggiore: oltre alla quota del 9% (interessi più sanzioni) che dovrà pagare all’Ente creditore, vanno aggiunti l’aggio - vale a dire il compenso di Equitalia che per i pagamenti effettuati entro i 60 giorni dalla notifica della cartella è del 4,65%, altrimenti raddoppia al 9% - e le spese di notifica pari a 5,88 euro. Da sottolineare che per i ruoli emessi a partire dal primo gennaio 2013 l’aggio è sceso all’8 per cento. Facciamo un esempio: per una sanzione di 5mila euro, il costo aggiuntivo può, quindi, superare 500 euro (450 euro di interessi + 50 euro di aggio + le spese di spedizione) se si paga entro i primi due mesi dalla ricezione della cartella e arrivare a un totale di 6mila se si supera l’anno. Infine, sempre in tema di aggio un’altra piccola speranza potrebbe arrivare per i contribuenti. Gli enti locali che si stanno organizzando per sostituire Equitalia (hanno tempo fino alla fine dell’anno) e riprendersi la gestione della riscossione coatta dei debiti potrebbero decidere di sforbiciare la percentuale di guadagno. Ma, ricevuta la cartella di pagamento,cosa può fare il contribuente: 1) pagare l’importo complessivo dovuto entro il termine di sessanta giorni; 2) impugnare la cartella di pagamento (a mezzo difensore se l’importo del debito al netto di sanzioni ed interessi sia superiore ad ¤ 2.582,28) entro il termine previsto a seconda della natura del debito 3) depositare al Concessionario un’istanza di annullamento del debito che provoca la sospensione immediata della riscossione (ma non sospende i termini per la proposizione del ricorso). Per ogni informazione o chiarimento di carattere legale, manda una mail a: avv.fbattaglino@libero.it


Si è svolta nella cornice del Piazzale Belvedere di Deliceto, la 6ª edizione del Premio Deliceto 2014. La manifestazione organizzata dall’Associazione Turistica Pro Loco “A. Iossa” del centro dei Monti Dauni, con il patr4ocinio del Comune di Deliceto, nata con l’intento di celebrare i successi raggiunti nel comparto mercantile, economico, scientifico, cultuale, sociale e sportivo dei delicetani che si sono fatti onore ed hanno fatto parlare in positivo la cittadina. Un premio speciale è riservato ai Delicetani nel mondo, in questa sezione vengono premiati i delicetani non residente. Quest’anno il premio è andato alla memoria di Joseph Maselli, figlio di emigranti delicetani. Nella sua vita ha fondato l’Italian America Fedration of the Southeas, che aggrega moltissime associazioni di italoamericani. Inoltre ha istituito l’American Italian Renaissance Foundation Museum and Resarch Library, un vero tesoro di cimeli e testimonianze di quello che è stato il fenomeno dell’emigrazione dall’Italia verso gli Stati Uniti a partire dai primi anni dell’ottocento. Maselli oltre ad essere stato tra i membri

fondatori della Niaf, ha ricoperto l’incarico di consigliere per le questioni etniche dei presidenti Ford, Carter, Reagan e Bush padre; Nella stessa sezione sono stati premiati Paolo Lavista, presidente dell’Associazione Italo-Tedesca, il giornalista Antonio Petrella

e Giuseppe Nazzaro. Significati questi riconoscimenti anche in vista del grande progetto che la Pro Loco sta portanto avanti e che dovrebbe concretizzarsi la prossima estate con la realizzazione di un grande monumento agli emigranti delicetani, tra i promotori anche l’italo-tedesco Paolo Lavista. Il Premio per il Cittadino dell’Anno è andato all’azienda “Antico Frantoio Ingegno” per il commercio e la produzione di olio di oliva extravergine e per il teatro a Gaetano Doto. Infine il Premio Encomio 2014 è stato assegnato ai benemeriti cittadini: Saverio Meola, Anna Antonietta Rampino, Famiglia Lorenzo Liberti e Famiglia Pasquale Mancano. Sono intervenuti alla manifestazione il Sindaco di Deliceto, il dott. Antonio Montanino; il dott. Sergio Clemente, consigliere Regione Puglia, il dott. Matteo Iacovelli, Presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie di Emigrati e il Presidente della Pro Loco, Benvenuto Baldassarro. Alla cerimonia, condotta dal giornalista Michele Campanaro è stata animata dal fisarmonicista Michele Rampino e dal gruppo musicale di Tonino Palermo e Alfonso Cappiello.



Dopo una lunga pausa dovuta anche al rinnovo dei consigli comunali di Orta Nova e Stornarella, è tornato a riunirsi ieri sera presso l’Aula Consiliare del comune di Carapelle il consiglio dell’Unione dei Cinque Reali Siti, l’ente sovracomunale nato nel 2008 ma ancora alla ricerca di una concreta identità. L’incontro è stata l’occasione per salutare i neo-consiglieri ortesi e stornarellesi, eleggere il nuovo presidente e approvare il bilancio di previsione: il clima da “primo giorno di scuola” è stato vissuto appassionatamente e con numerosi interventi finalizzati a capire verso quali strade muoversi. Mentre infatti l’assise votava all’unanimità la carapellese Nunzia Tarantino quale nuova presidente dell’Unione in luogo di Nicola Maffione (costretto ad abdicare in quanto attuale assessore a Orta Nova), si susseguivano parole improntate su impegno e senso di responsabilità nel rendere questo ente finalmente operativo e protagonista nella vita dei suoi abitanti. Lorenzo Annese ha aperto il dibattito chiedendo a tutti “impegno a far funzionare le commissioni per portare a casa dei risultati: basta con campanilismi, altrimenti rimane un organismo senz’anima”, seguito da Antonio Capotosto (“Questo bambino sta dormendo, deve svegliarsi: è importante stare insieme”) e da Maria Rosaria Calvio, che ha ricordato “le carenze di una parte della macchina burocratica per una segretaria retribuita 10.000 euro in 5 anni ma insipiente e che ha bloccato tante belle intenzioni: senza un regolamento

non andiamo da nessuna parte”. La nuova presidente Tarantino ha glissato la vicenda, dichiarando “l’inutilità di fare la caccia alle streghe: adesso è importante guardare avanti, mettiamo un punto al passato e ripartiamo”, mentre Rocco Calamita e Remo Capuozzo hanno sollevato la necessità primaria di modificare lo Statuto, ritenuto eccessivamente farraginoso e complicato; per questo motivo Chiaffredo Ballatore ha chiesto “incontri più frequenti per programmare seriamente e innanzitutto per modificarne il contenuto, invitando poi a definire la situa-

zione del canile, le cui spese sono sostenute soltanto dal comune di Orta Nova. Matteo Silba, nel discutere sull’approvazione del bilancio di previsione (uno dei tre punti all’ordine del giorno), ha evidenziato l’assenza, nella sua redazione, di voci relative al progetto treno-tram, approvato dalla Regione Puglia e che dovrebbe collegare i Cinque Reali Siti con Cerignola e Foggia. In contrasto con gli altri interventi è stato quello di Michele Lombardi, uno dei più anziani consiglieri dell’Unione. “In quale punto lo Statuto dice che non si possono trasferire i servizi comunali? In nessuno. Abbiamo fatto riunioni ad esempio per siglare un patto di collaborazione tra i Vigili Urbani per evitare di chiamarli da Foggia o Cerignola, ma alcuni sindaci si sono opposti perché soggiogati da vicende personali!” Infine i debuttanti Luigi Guglielmo e Pasquale Ruscitto hanno provato a trasmettere ottimismo: “Programmiamo il futuro, ognuno sia costruttivo perché far morire i Cinque Reali Siti sarebbe un delitto” è stato il loro messaggio. E’ quindi quasi passata in secondo piano l’approvazione del bilancio previsionale, presentato dall’assessore Massimo Colia con forti tagli ad alcuni servizi (ritenuti “indispensabili” dallo stesso Lombardi) come sanificazione, organismo di valutazione e sicurezza sul lavoro.


Vituccio aveva cominciato a lavorare nei campi appena terminata la Scuola Elementare, aiutando il padre nei due fazzoletti di terra che questi possedeva, vale a dire mezza versura, per metà vigna e per l’altra metà uliveto e una versura di terreno seminato, alternativamente, a grano e a fave o altre leguminose, per il recupero parziale dell’azoto sottratto l’anno prima dal grano (al resto doveva servire il letame ottenuto dallo stallatico). Ad essi si aggiungeva una versura confinante, condotta in fitto, destinata ad avena per l’alimentazione del cavallo. Abitava in una casa al piano terra,costituita da due vani. Un tempo erano due abitazioni distinte rese poi intercomunicanti, una di proprietà del padre e l’altra portata in dote dalla madre. Adiacente a quest’ultima c’era la “gradiata”, un locale lungo e stretto adibito a stalla e magazzino per il vino, l’olio,il grano e l’avena. Sulla “loggia” (terrazza) trovava posto una tettoia, sotto la quale c’erano la stia per i polli, una gabbia per i conigli, la tavola per il maiale e le fascine di sarmenti o di frasche d’ulivo, impiegate per alimentare il fuoco per la cottura dei cibi e per il riscaldamento. La parte rimanente della terrazza era utilizzata per stendere i panni, i telai di canne o di vimini intrecciati sui quali venivano posti ad essiccare l’uva, la conserva di pomodoro, i fichi, ecc. Sui parapetti o sul pavimento ma addossati ad essi, per beneficiare dell’ombra, erano posizionati vasi di terracotta di varie dimensioni nei quali c’erano fiori ed erbe aromatiche e medicinali. La terrazza era regno esclusivo della madre e né Vituccio, né gli altri due fratelli (un maschio e una femmina, entrambi più piccoli di lui) potevano accedervi. In definitiva la produzione dei piccoli appezzamenti di terra e della terrazza assicurava quasi del tutto l’autosufficienza alimentare del nucleo famigliare,che all’epoca (parlo dei primi anni del Novecento) era un miraggio per migliaia di ortesi, mentre le giornate lavorative svolte per conto terzi prima dal padre e poi anche da Vituccio, assicuravano il danaro sufficiente per altre spese (vestiario, acquisto di attrezzi agricoli,finimenti per il cavallo in occasione della fiera annuale, capi del corredo per la bambina (che si preparava , capo dopo capo, nel corso di svariati anni). Per gli

standards di vita di quel tempo, Vituccio apparteneva, dunque, ad una classe sociale relativamente agiata e per questa ragione aveva frequentato la scuola. I suoi coetanei, invece, nella stragrande maggioranza, l’avevano abbandonata dopo i primi due o tre anni o non l’avevano mai conosciuta perché avviati già a partire dagli otto-dieci anni al lavoro. L’infanzia e la preadolescenza erano state vissute da Vituccio e dai suoi fratelli abbastanza serenamente, senza eccessive privazioni, ma nel 1918 la sua famiglia

era stata colpita da una duplice tragedia: suo padre e la sua mamma erano morti a causa della “Spagnola”, l’epidemia che aveva causato milioni di morti in Europa e che anche in Orta aveva mietuto numerose vittime (fra le quali anche la mia nonna materna, Maria Nicola Grillo). Vituccio e i suoi fratelli si erano salvati perché, alle prime avvisaglie dell’epidemia, erano stati mandati dai nonni, a Castelluccio dei Sauri, perché i genitori erano convinti che l’aria della montagna li avrebbe preservati dal contagio. Così, a soli 14 anni, Vituccio era stato caricato del peso della famiglia e aveva maturato pienamente la consapevolezza che il suo dovere, da quel momento in poi, era quello di assistere i suoi fratelli, Giovanni di 10 anni e Teresina di 7. I nonni paterni, Vito e Carmela (Teresina aveva preso il nome della nonna materna, morta di parto quando lei non era ancora nata) si erano trasferiti a Orta Nova per stare vicini ai nipoti. Avevano superato entrambi la sessantina (un’età avanzata per quei tempi, quando l’aspettativa di vita era molto

inferiore a quella attuale) ed erano entrambi pieni di malanni e di acciacchi a causa della vita dura di sacrifici e di stenti vissuta per la maggior parte lavorando la terra. Quando Carmela era andata sposa a Vito, le avevano comprato la casa a fianco di quella del genero e mai avrebbero pensato e voluto abitarvi. Nonno Vito aveva aiutato il nipote a completare l’addestramento necessario per condurre avanti la vigna, l’uliveto e il terreno seminativo. Non poteva dare più un contributo lavorativo apprezzabile sul piano fisico, ma gliene dava uno preziosissimo sul piano dell’insegnamento e della trasmissione delle competenze, delle conoscenze e delle abilità. In tal modo Vito divenne un potatore espertissimo, e acquisì tutte le conoscenze necessarie per trattare adeguatamente la vigna, l’uliveto e il seminativo; produceva sempre vino e olio di qualità che lo resero molto ricercato dai proprietari terrieri, per cui non gli mancava mai il lavoro presso di loro. Nonna Carmela, dal canto suo, badava alla casa e ai due nipoti più piccoli. La vita della famiglia riprese così, segnata dal dolore, ma priva di ristrettezze economiche significative. Nonno Vito era una fonte inesauribile di massime di vita e di proverbi, molti dei quali legati inevitabilmente alla vita dei campi. Aveva insegnato a Vituccio a fiutare il vento, per sentire se si approssimava la pioggia, a osservare le stelle e il cielo per prevedere gli eventi atmosferici, a conoscere i tempi propizi per le semine e i raccolti. Vito fece sempre tesoro, nel corso della sua lunghissima esistenza, di questo proverbio legato all’osservazione dell’addensarsi (caricare) delle nubi sulle cime dei monti o in direzione del litorale marino (la marina): Quann carica a la muntagna, piglia la zappa e va’ in campagna; (perchè farà bel tempo) quann carica a la marina, lassa la zappa e va’ a la cantina (all’osteria, perché sta per piovere). Vituccio aveva 20 anni, nel 1924, quando venne a mancare suo nonno, seguito a distanza di pochi mesi da nonna Carmela. Suo fratello Giovanni ne aveva 16 e la sorella Teresina appena 13.Allora egli aveva giurato a sé stesso che avrebbe pensato a metter su famiglia soltanto dopo aver sistemato i suoi fratelli e mantenne la promessa. L’anno successivo sarebbe dovuto partire sotto le armi (la leva durava da 24 a 36 mesi), ma ottenne l’esonero perché aveva due fratelli minorenni a carico, per i quali egli era l’unica fonte di sostentamento. Cominciò così per lui un decennio di duro e infaticabile lavoro. (continua 1)


Il Tennis Club 2 T di Orta Nova, sito sulla provinciale Orta Nova - Stornara, ha organizzato il “2° Trofeo Città di Orta Nova”, torneo di tennis incluso nel programma della “Settimana della cultura”. I partecipanti, tutti provenienti dai comuni dei 5 Reali Siti, hanno dato vita ad un torneo di notevole livello tecnico ed agonistico: Antonio Di Paola, Gaetano Lopes (Carapelle), Alessandro Palladino (Ordona), Carmine Chiarella, Antonio Rosati (Ascoli Satriano), Vito Turchiarelli, Michele Corvino (Orta Nova). Le semifinali hanno visto

L'avventura della Real Sport Orta Nova nel campionato di serie C di pallavolo femminile inizia alla grande, con un roboante successo che la proietta già in testa alla classifica. Infatti le ragazze di mister Gino Verderosa sono state capaci di espugnare il difficile campo della Primadonna Bari con un secco 0-3 (1125, 11-25, 15-25), dominando ogni frazione in maniera netta e inequivocabile e senza concedere alle avversarie la minima possibilità di rientrare in partita. Una prestazione a tratti sorprendente per impegno e concentrazione in ogni fase del match da parte di tutte atlete, comprese le due giovanissime Stefania Montanaro e Rossella Verderosa, entrambe provenienti dal settore dell'Under 18 e protagoniste domenica di una prova coraggiosa e di grande determinazione: un ottimo viatico verso un campionato ambizioso e improntato sull'ottimismo. “Dopo la complicata scorsa stagione (conclusa con il ripescaggio dopo la sconfitta ai playout contro Gioia del Colle, ndr), abbiamo deciso di ripartire da zero, affiancando allo zoccolo duro delle atlete già in rosa nuove esperte giocatrici, in grado di sposare il nostro progetto e di contribuire alla crescita della squadra” dichiara il presidente della società sportiva Vincenzo Vece. “Perciò quest'anno puntiamo in alto, almeno al raggiungimento dei playoff; partire così bene non può che rappresentare un ottimo punto di partenza per darci morale ed entusiasmo”. Ad aver allestito una rosa competitiva e numericamente completa, ha contribuito il neo direttore sportivo Dario D'Aulisa, già vicepresidente della Diomede Canosa Volley: “Sappiamo che ci attende un campionato ostico, ma vogliamo impegnarci tutti al massimo delle nostre capacità affinchè nessun traguardo ci sia precluso”.

fronteggiarsi Antonio Di Paola che ha avuto la meglio su Chiarella e Gaetano Lopes che ha prevalso su Vito Turchiarelli. La finalissima ha avuto il suo epilogo nel derby tra i due carapellesi Di Paola e Lopes che hanno dato vita ad un incontro durato circa tre ore, combattuto e tirato fino all’ultimo game. Il match è stato vinto da Antonio Di Paola in tre set col risultato di 7/5 1/6 - 6/4. I complimenti da parte della nostra redazione al vincitore, a tutti i partecipanti ed al presidente del circolo Fabrizio Turchiarelli, che con il suo impegno e la sua dedizione per questo sport, ha organizzato questo bellissimo evento.

Nell'organigramma, completato dal vicepresidente Vincenzo Turchiarella e dai dirigenti Carlo Dalla Zeta, Nicola Sardone e Mario Petroni c'è ancora preoccupazione “per l'impossibilità di sapere, ancora oggi a torneo iniziato, se sarà possibile utilizzare la Tensostruttura di Via D'Angiò per le gare interne: l'Amministrazione Comunale ci ha rassicurato che i lavori di messa in sicurezza sono iniziati e il nostro auspicio è che essi possano finire in tempo per la gara di sabato contro Progetto don Milani - Asem”. E accanto alla Real Sport, la volley-mania a Orta Nova è sottolineata anche dalla società Olympia, nata dalle fondamenta della Sporting e presieduta da Giuseppe Fioretti: impegnata nel diffondere la cultura sportiva partendo dalle

piccole generazioni, è protagonista nei tornei giovanili come il campionato provinciale Under18 a cui partecipano anche le “cugine” della Real Sport. Nella prima giornata, la formazione allenata da Domenico Russo e Antonio Massa, imbottita di atlete ben al di sotto della maggiore età, è stata sconfitta 0-3 (25-18, 25-18, 25-17 i parziali) dalla Pallavolo Cerignola, mentre le altre ortesi hanno battuto in casa 3-2 (25-18, 25-22, 2125, 23-25, 15-18) le pari età della G.S. Intrepida di San Severo, conquistando i primi due punti in classifica. Da gennaio infine l'Olympia parteciperà al torneo regionale di Prima Divisione: lo staff tecnico è al lavoro “per allestire una squadra giovane ma competitiva”.


L’olio di oliva: l’oro di Capitanata Omero lo chiamava “liquido d'oro”. L’olivicoltura in Capitanata ha radici nel tempo, alcuni reperti archeologici di età romana sono stati rinvenuti a Monte S. Angelo ed a Orsara di Puglia. Ma la coltivazione di migliaia di ettari si svilupparono solo nel XVII° e XVIII° secolo. Le prime piantagioni si ebbero nel territorio del Gargano, poi la diffusione fu allargata ai Monti della Daunia ed infine al Tavoliere. Per l'aspetto climatico, per quello ambientale, per le tecniche dl lavorazione e la varietà delle olive, il territorio è suddiviso in quattro areali: Gargano (Vaso tradizionale o a vaso poli conico lato. Varietà coltivata, la Ogliarola garganica); Subappennino Dauno (Vaso tradizionale. Varietà coltivata la Ogliarola, la Rotondella, la Paranzana e la Coratina); Alto Tavoliere (Vaso sanseverese. Varietà coltivata la Paranzana, sinonimo Provenzale); e Basso Tavoliere (Vaso tradizionale. Varietà: coltivata la Coratina). Grazie alla professionalità dei produttori la nostra provincia ha ottenuto il Doc “Dauno”. Sotto l'aspetto dietetico l'olio di oliva concorre per il 40% a soddisfare i fabbisogni globali di sostanze grasse alimentari. Il potere calorico dell'olio di oliva è elevatissimo, leggermente superiore a quello degli oli di semi, infatti 1 gr. di olio di oliva extravergine sviluppa 9,4 cal. Un consiglio: deve essere consumato, per quanto possibile crudo: la temperatura elevata modifica la struttura chimico-fisica. Una usanza in cucina da abolire è quella di usare oli già adoperati in precedenti fritture: gli oli rifritti hanno infatti una alto tenore di acroleina e sono più tossici per il fegato. L’olio di oliva deve essere preferito, tra gli oli vegetali, nell'alimentazione per i caratteri organolettici gradevoli, per la sua composizione molto più vicina a quelle grasso umano, per il discreto contenuto della vitamina A, per lo scarso contenuto di grassi solidi, quindi per la sua digeribilità. Le ricette che vi propongo, questo mese, sono all’insegna della tradizione della cucina “povera” di Capitanata, ma ricca del bendiddio che dona questa terra. Olive Fritte Ingredienti per 4 persone: gr. 400 di olive nere dolci, olio di oliva extravergine, sale (peperoncino)

Nella sua versione più spartana, è un piatto addirittura “magico”. Fateci caso: solo olive ed olio di oliva. È proprio il trionfo del mediterraneo, del prodotto più tipico del mediterraneo, per il suo gusto leggermente amaragnolo (per questo è importante che le olive siano idonee, del tipo dolce, mature al punto giusto) è un piatto adatto ai palati “forti”. Semplicissima la preparazione: mettere a scaldare l'olio, quando è appena fumante, buttarvi le olive, in un solo strato, in modo che non si sovrappongano, mescolare di tanto in tanto; sono pronte quando la pelle comincia a screpolarsi. Vi si può aggiungere del peperoncino, se si desidera un sapore più piccante. Pancotto Ingredienti per 4 persone: otto fette di pane casereccio (del tipo a pagnotta) raffermo, 400 gr. di patate, 400 gr. di pomodori da salsa, 250 gr. di ruchetta selvatica (o di marasciuoli), olio di oliva extravergine, aglio, peperoncino, sale. L'ingrediente essenziale è la ruchetta (che deve essere rigorosamente selvatica) che va mondata per utilizzarne solo le foglie più tenere. Pulire anche le patate e i pomodori, che vanno grossolanamente affettate, mettere il tutto in una capace pentola, con acqua leggermente salata. Mentre le verdure e gli ortaggi si lessano preparare un soffritto di olio, aglio e peperoncino. Quando le patate sono diventate ben morbide, immergere per qualche momento le fette di pane raffermo, tagliate non molto sottilmente per evitare che si disfacciano, suddividere in piatti fondi e servire. Volendo si possono eliminare le patate, aumentando leggermente la quantità delle verdure, in questo caso oltre alla ruchetta e ai “marasciuoli” si possono utilizzare anche le cime di rape.


UNA PIETRA NELLO STAGNO di Doriana Di Pietro

È toccato alla splendida cornice del palazzo ex gesuitico di Orta Nova ospitare, nell’ambito della “Settimana della cultura”, la presentazione dell’ultima fatica letteraria di Alfonso Maria Palomba, già dirigente scolastico (1989-2012) e già sindaco di Carapelle (2004-2013) … con il “vizio” della scrittura. Unione o disunione … in mezzo al guado - questo è il titolo del libro pubblicato, a Foggia, nel giugno 2014 per le Edizioni del Rosone di Falina Marasca - è il terzo volume che l’autore dedica alla complessa ed articolata vicenda della “polis sovracomunale” incarnatasi nel nuovo ente locale - di cui all’art. 32 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - nato de facto il 10 dicembre 2008, dopo una lunga elaborazione concettuale ed un appassionato confronto politico. Questa volta, però, Alfonso Maria Palomba ha caricato di preoccupazione il suo libro, dopo aver, nelle prime due opere, con fiducia invitato tutti alla riflessione, da un lato, sulle ragioni (storiche ed attuali) della necessità di “fare squadra” sul territorio dei “cinque reali siti”, dall’altro su possibili piste operative, capaci di dare senso e contenuto al progetto: scorrendo le pagine del volume, infatti, sembra di poter dire che il cruccio dell’autore è il portato inevitabile di una delusione profonda, radicata nella stagnante inerzia di coloro che sono oggi all’interno della struttura di governo dell’ “Unione”, orientati più alla filosofia del quieta non movere che non alla progettazione di sistema e/o all’azione concreta. Tutta la prima parte del libro - intitolata Lungo il viaggio (pp. 15 - 103) - si configura come un dettagliato excursus, condotto anche a muso duro, sui nodi problematici dell’esistenza dell’ “Unione”, alla ricerca delle ragioni del mancato decollo del nuovo ente locale sovracomunale, individuate non solo nei vincoli di un marcato municipalismo e di una fuorviante concezione dell’appartenenza politica che portano il singolo “attore” a coltivare, per fini elettoralistici, esclusivamente il proprio “orticello” e a dare eccessiva importanza all’ideologia rispetto ai problemi concreti del comprensorio, ma anche e soprattutto nella mancanza, da parte dei singoli “protagonisti”, di un’adesione convinta e volontaria alla sperimentazione politicoamministrativa in atto nel territorio dei “cinque reali siti”. Nella seconda parte, invece - intitolata Il futuro dietro le spalle (pp. 105 - 207) - coniugando l’analisi politica alla concretezza operativa, l’autore, sulla scorta di una visione complessiva

delle risorse territoriali, elabora un ampio scenario strategico che, imperniato sulla valorizzazione del sito archeologico di Ordona (da intitolare alla memoria di Joseph Mertens, l’archeologo belga che ha portato alla luce Herdonia) e dei beni culturali ecclesiali e non - tratteggia possibili itinerari storico - archeologici e artistico - religiosi (dalla via Francesca ai reali siti, da Ordona ad Ascoli, da Rocchetta S. Antonio a Candela), da “sfruttare”, per così dire, in chiave turistica, grazie anche alle risorse enogastronomiche di cui il territorio è ricco. Proposta ardita forse quella di Alfonso Maria Palomba, ma anche stimolante, proprio come il viaggio che l’autore propone al lettore attraverso le immagini dell’inserto fotografico a colori inserito nel libro (pp. 161 - 176). In sede di valutazione complessiva del libro, credo di poter affermare che si tratta di un’operazione editoriale di rilevante portata per quanto riguarda il nostro territorio, in quanto è una sorta di pietra gettata nello stagno per movimentare le acque stagnanti della palude in cui è immersa l’«Unione», incapace al momento, a causa del lungo silenzio, di far comprendere la sua voce che diventa, con il passare dei mesi, sempre più fioca ed impercettibile, proprio come i rondinini pascoliani. A. M. Palomba, Unione o disunione…in mezzo al guado, Foggia, Edizioni del Rosone, 2014, pp. 211, prezzo 18 euro.

IL P0NTE SUL RIO MORTO UNA STORIA D’AMORE, NOSTALGIA E MOLTO ALTRO ANCORA Romanzo di Mario GRAVINA

Tutta la trama del romanzo Il ponte sul Rio Morto, si sviluppa attorno a due fondamentali pensieri: la fede e la cultura.Temi questi affidati al personaggio principale che, durante lo svolgersi della storia assume due nomi Salvatore alias don Ildebrando ma che meglio si completano man a mano che si intrecciano tra loro con altri personaggi non meno importanti all’interno del romanzo. Salvatore Cassarano, un giovane e abile contadino pugliese, semianalfabeta, per circostanze sentimentali impreviste, scopre (intuisce) quanto importante sia il saper leggere e scrivere. Questa circostanza della vita lo condurrà in una frenetica e sofferta ricerca della cultura. Ma proprio a causa di questa ricerca scoprirà che esistono altri mondi e tra questi quello della fede. Le varie vicissitudini lo condurranno a Roma ove vive un’esperienza profonda-

mente cristiana e contemplativa con i monaci benedettini che, naturalmente, lo aiuteranno ad acquisire quella cultura scolastica da Salvatore tanto desiderata. L’“ignorante” Salvatore diventerà in breve uno studente esemplare e anche un monaco edificante del monastero di San Paolo fuori le mura in Roma con il nome di don Ildebrando. Ma giunto al “culmine” della sua maturità culturale e di fede, in lui si riaffaccia, inaspettato, il “vecchio” Salvatore. Inizia così una lotta interiore terribile e sofferta che condurrà Salvatore/Ildebrando a far ritorno nella sua terra di Puglia. Vecchi ricordi lo guideranno proprio nei pressi del Ponte sul Rio Morto là dove erano iniziati i suoi sogni e dove adesso desidera che si completano. La malattia inguaribile che l’ha colpito ora lo spinge inesorabilmente a cercare la verità, tutta la verità sul senso profondo e vero della vita e delle relazioni umani. In questa sua prova suprema saranno coinvolti, chi in un modo chi in un altro, gli altri personaggi tra cui i più importanti sono: Chiara, suo primo e unico amore: l’Abate Anselmo suo padre spirituale non chè il superiore del monastero di Farfa e di San Paolo fuori le mura in Roma. Le pagine del romanzo si sviluppano, in alcune parti, in forma di componimento poetico per dare al racconto una forza più lirica e spirituale ma anche un ritmo più lento e meditativo, in particolare quando i personaggi vivono momenti di profondo sentimento umano e spirituale. In questo modo l’andamento del testo tiene il lettore vincolato alla storia con i suoi percorsi “interni/intimistici”. La geografia d’ambiente, che dal palazzotto di Orta, alla masseria di Rio Morto, sino all’involarsi a Roma e Farfa di Salvatore, partecipa armonicamente e sensibilmente con l’intreccio stesso della storia del romanzo. C’è un’osmosi lirico tra i personaggi e la natura in cui essi si muovono scendendo nel profondo del mistero della vita. Tutto partecipa alla vicenda dei personaggi: cuore, occhi, mani, silenzio, serenità, dolcezza, ecc… sono, assieme alla natura, il fondamento stesso del testo. Ogni scena del romanzo mostra la solennità degli ambienti, la bellezza confortante delle cose, la loquacità matura dell’Abate, la profonda semplicità di Chiara e quel dannoso raggio di sole che attraversa lo studio del vescovo della diocesi di Ascoli/Cerignola in Puglia che si fissa sul Cristo d’avorio… un dannato raggio di vita finito sotto una lastra di marmo della tomba di Salvatore/Ildebrando, che soltanto uno con una profonda fede, può credere essere una porta spalancata sull’aldilà! Recenzione a cura di Salvatore Cassarino EFFATÀ EDITRICE... Prezzo di copertina.. ¤.11,00 Prenotazioni cell. 348389096


Conoscere la storia e conservare la memoria del passato: due valori imprescindibili per la progettazione del futuro di un popolo. Mantenendo fede all’impegno di realizzare una sorta di “album di famiglia” Paola Grillo e Pasquale Braschi hanno dato alla stampa “Per un pugno di terra. Storia della Cooperativa La Ricostruente”, è un libro interessante, il cui titolo racchiude in sé non il desiderio del possesso di un fondo agricolo, bensì l’importanza di una manciata di terra per chi, coltivandola con amore, ne ricava un sostentamento economico per la propria sopravvivenza. L’opera descrive in maniera chiara, precisa e puntuale la dimensione spazio-temporale, utile sia per l’ambientazione della storia che viene narrata in queste pagine sia per passare dal generale (Italia) al particolare (Stornarella), recuperando la memoria storica di chi ha vissuto in prima persona l’esperienza presso la masseria di Santa Maria La Scala e, al tempo stesso, dando un’anima romantica e sentimentale alla successione cronologica di determinati fatti ed episodi. “Per un pugno di terra” consta di cinque capitoli: il primo si apre con l’introduzione storica che, seppur in sintesi, copre il periodo che va dal Fascismo al Secondo dopoguerra, passando dalla politica agraria alle lotte contadine, dalla distribuzione delle terre alla costituzione di cooperative formate da ex combattenti e reduci a cui assegnare terreni incolti o mal coltivati; il secondo è dedicato alla Cooperativa “La Ricostruente” di Stornarella, dalla sua costituzione, avvenuta l’11 novembre 1946, ad oggi, e alle sue attività annotate nei verbali e nelle delibere dai vari Consigli di amministrazione; il terzo ruota intorno alla figura emblematica e cari-

tatevole del Marchese Filippo De Piccolellis, alle sue volontà testamentarie e alla Pia Fondazione di Foggia, a lui intitolata, ex proprietaria della masseria Santa Maria La Scala; il quarto è una raccolta bibliografica che, a vario titolo, fa accenno all’esistenza della Cooperativa; il quinto raccoglie le testimonianze dei soci, di ieri e di oggi, rappresentative non solo di specifiche persone ma anche dell’intera comunità, in quanto il riscontro soggettivo (i ricordi e le emozioni personali) e quello oggettivo (la cronaca) accomuna, nella successione generazionale, uomini e donne

FRANGAR NON FLECTAR Ho scalato montagne impervie, mi sono difesa da scogli appuntiti, ho avuto qualche spintone ma non mi sono arresa. Continuo sulla ma strada serena e feconda d’affetto: voglio vincere le asprezze, annullare gli odi e i soprusi, cancellare il Male che sfacciatamente impera e che vuole vittime innocenti. Con l’entusiasono, la volontà, il lavoro, la gioia, tutto s’infrangerà e l’arcobaleno della pace attraverserà felice il cielo che improvvisamente diventerà azzurro.

uniti dallo stesso amore profondo per la propria terra e per i frutti generosi che essa offre. Gli Autori hanno saputo, inoltre, trasferire al lettore due valori imprescindibili per la progettazione del futuro di un popolo: conoscere la storia e conservare la memoria del passato.

Frangar non flectar. Rocchina Morgese

VORREI Vorrei scecherare la polvere di stelle, lo splendore del sole, il bianco candido della neve, l’odore fresco dell’erba rugiadosa, il gusto saziante del pane appena sfornato, una manciata di petali di rose, un abbraccio sincero, di bianche calle e donare il tutto alle persone più care. Rocchina Morgese




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