Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Novembre/Dicembre 2014

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Puntuale anche quest’anno è giunta la classifica del quotidiano di Confindustria che come ogni anno mette a confronto le 107 province italiane su macro-aree e mette in evidenza l’enorme divario che separa il Mezzogiorno d’Italia dal resto del Paese, e puntuale giunge la conferma alle difficoltà che il territorio della provincia di Foggia affronta ormai da molti anni. Abbiamo chiesto alcune riflessioni sull’argomento al primo cittadino del comune capoluogo, Franco Landella. Domanda: Questa classifica della qualità della vita dicembrina, per il nostro territorio, diventa sempre più difficile scalarla. Risposta: La classifica sulla qualità della vita redatta da “Il Sole 24 Ore” mostra in pieno le difficoltà che Foggia e la Capitanata stanno affrontando in larga parte dei parametri che vengono presi in considerazione dal quotidiano economico, a cominciare dall’ordine pubblico, che incide ancora profondamente sull’indice della vivibilità. In via preliminare occorre specificare sempre che la classifica in oggetto riguarda le province e non le città capoluogo. Una precisazione opportuna, perché aiuta a contestualizzare in modo più preciso indicatori e risultati, tendenze e criticità. Al risultato finale, dunque, concorrono fattori che interessano l’intero territorio provinciale. Ogni tipo di analisi va quindi formulata allargando la visuale e riflettendo sulla situazione complessiva vissuta dalla nostra Capitanata». «I dati che ci pongono al terzultimo posto nella classifica delle province italiane - commenta il primo cittadino -, mostrano con grande evidenza alcune difficoltà a cominciare dagli indicatori che si riferiscono alla sicurezza e all’ordine pubblico, dove la nostra provincia risulta essere ultima in particolare per reati di natura estorsiva ed al 93° posto per rapine». «Un risultato che purtroppo conferma tutte le preoccupazioni che recentemente abbiamo trasmesso al Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che il 18 dicembre sarà in città e che ha garantito una maggiore attenzione del Governo. Gli stessi risultati inerenti la velocità della giustizia, ad esempio, sono il frutto di una difficoltà di organici e di personale che finisce per incidere chiaramente anche su una “macchina giudiziaria”, quella di Foggia, che solo qualche anno fa è stata giudicata tra le più produttive d’Italia». D.: Il binomio sviluppo ed occupazione è orfano di una strategia reale? R.: Come in ogni classifica di questo tipo vanno poi considerati i parametri inerenti gli aspetti economici e di sviluppo. Il nostro territorio provinciale sconta, come è noto, una situazione economica difficile ed una condizione occupazionale di grandissima difficoltà. Da questo punto di vista, gli spunti offerti dalla graduatoria de “Il Sole 24 Ore” meritano una riflessione attenta ed una analisi approfondita da parte non soltanto della politica, ma più in generale di tutta la classe dirigente

della provincia di Foggia, cui spetta il compito di invertire la tendenza immaginando strategie di lungo periodo. In quest’ottica è imprescindibile una più intensa attività che riguardi l’ammodernamento infrastrutturale del territorio, condizione essenziale per attirare investimenti, determinare l’insediamento di nuove imprese e creare così nuova occupazione. Occorre cominciare a farlo partendo da alcune partite strategiche, come il pieno funzionamento dell’aeroporto “Gino Lisa”, per le quali è necessario costruire un fronte unitario delle forze sociali, economiche ed istituzionali della Capitanata». D.: Quale potrebbe essere il ruolo del comune capoluogo? R.: In questa prospettiva il ruolo e la funzione del comune capoluogo sono senza dubbio fondamentali. L’azione da mettere in campo, tuttavia, non può limitarsi alla città di Foggia. Deve al contrario allargarsi su scala provinciale, nella consapevolezza che solo recuperando una visione di insieme e di sistema sarà possibile affrontare le criticità che l’indagine de “Il Sole 24 Ore” ci ha con-

segnato. Vorrei però che ogni azione di autocritica, sia pure doverosa, tenesse conto delle straordinarie potenzialità della Capitanata, che abbiamo il dovere di valorizzare, di esaltare anche sul piano comunicativo e di “mettere a profitto”, creando le condizioni per un miglioramento diffuso della qualità della vita. D.: Ad aggravare la situazione c’è la criminalità ramificata sull’intero territorio. R.: La criminalità condiziona pesantemente la provincia di Foggia. Le difficoltà che viviamo devono spingerci ad un nuovo e più intenso impegno e ad una più stretta collaborazione istituzionale e civica. Solo nella misura in cui saremo in grado di cogliere la portata di questa sfida e della strategicità dello stare insieme su alcuni qualificanti obiettivi potremo cambiare rotta. È opportuno, infine, aprire un ragionamento complessivo sulla condizione dell’intera Puglia, che staziona agli ultimi posti della classifica, rispetto alla quale il sistema regionale dovrebbe sviluppare una riflessione matura rispetto alla direzione intrapresa in questi anni.


Ogni anno la festa di Halloween è oggetto di numerose critiche da parte di chi proprio non accetta la sua lontananza dalle nostre tradizioni cristiane ed europee, di chi la considera puro consumismo o di chi vi vede una sorta di subdolo pretesto per idolatrare Satana. Come può una sfilata di piccoli mostri, che vanno alla ricerca di dolci e caramelle, trasformarsi in qualcosa di pericoloso e tutt'altro che innocente? Secondo molti questa ricorrenza, esorcizzando la paura e l'idea stessa della morte, confonde le menti e fa dimenticare l'importanza della celebrazione dei santi e dei defunti. Holloween conferirebbe al male la possibilità di insediarsi tra i fedeli tramite usanze inopportune. Per queste ragioni la Chiesa “scomunica” la festa del 31 ottobre: prima Padre Gabriele Amorth, esorcista italiano, ha affermato che festeggiarla vuol dire osannare il diavolo; poi un suo allievo, don Ermes Macchioni, parroco di Sassuolo, ha addirittura ideato Holyween, una festa di risposta in cui non c'è il travestimento da strega, ma quello da santo, niente zucche illuminate ma solo ceri bianchi, tra le mani l'immagine del santo preferito; infine don Aldo Buonaiuto, esorcista e animatore del servizio antisette della Comunità Papa Giovanni XXIII, si dice assai spaventato per l'evento, in quanto macabra occasione per i giovani di compiere atti trasgressivi e pericolosi. In realtà la storia e l'origine di questa ricorrenza hanno poco a che fare con l'occulto. Halloween (All-Hallows-Eve) è la notte prima di Ognissanti ed è riconducibile a riti celtici. La Samhain è il nome della festività celtica e signi-

fica “fine dell'estate”. Secondo il calendario celtico in uso 2000 anni fa tra i popoli dell’Inghilterra, dell’Irlanda e della Francia settentrionale, l’anno nuovo iniziava il 1° novembre: è in questo giorno che, secondo la tradizione, avvengono incontri soprannaturali, senza che sia palese la connessione col tema della morte, affermatosi successivamente, soprattutto in seguito alla sua diffusione

negli Stati Uniti. È una festa pagana, non cristianizzata e non tutti sanno che in Italia diverse regioni hanno usanze che ricordano quelle anglosassoni. La zucca, simbolo tipico da sempre collegato alla legenda di Jack O' Lantern (avido fabbro che,dopo un colloquio col diavolo, è costretto a vagare tormentato poiché rifiutato sia dal paradiso che dall'inferno) ricorre anche nella tradizione italiana. A Serra San Bruno, in Calabria, vive il secolare rito del “Coccalu di muortu”, ossia del teschio: i bam-

bini dopo aver intagliato e modellato le zucche come se fossero teschi, vanno per il paese tenendo in mano la loro lugubre creazione e rivolgendosi ai passanti con la frase: “Mi lu pagati lu coccalu?” (“me lo pagate il teschio?”). In Sardegna la formula “dolcetto o scherzetto?” è stata preceduta da “su mortu mortu”: con essa i ragazzini bussano alle porte per chiedere di fare del bene alle anime dei morti con offerte di doni. E tante altre sono le regioni coinvolte nel rito: Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio. Prendersela con la festa di Halloween e accusarla di satanismo pare assurdo e significa non conoscere affatto le nostre radici. In Puglia la tradizione della zucca non è preminente anche se a Orsara di Puglia, nella giornata dell'1 novembre si svolge la gara delle zucche decorate chiamate le “cocce priatorje” (le teste del purgatorio). Come in diverse parrocchie italiane,anche ad Orta Nova la Parrocchia dell’Addolorata organizza, ormai da dieci anni, una serie di eventi per la festa di Ognissanti a partire proprio dal 31 ottobre: concerti, rappresentazioni teatrali, intrattenimenti per i più piccoli. Che sia una risposta all'anglosassone festa di Halloween? O magari è semplicemente un voler tutelare certe tradizioni radicate da tempo e celebrare in maniera diversa i defunti, non solo con semplici messe? Qualunque sia la risposta, resta il fatto che una commemorazione religiosa diventa il pretesto per allestire festeggiamenti, calze giganti e campanili in fiamme. Ognissanti è diventato un'altra Halloween, un evento consumistico, come il Natale e la Pasqua. Forse che lo spirito di Halloween non sia così lontano dal nostro?


Orta Nova - Il sindaco, la giunta e il taglio delle indennità Il sindaco Gerardo Tarantino, la Giunta e il Presidente del Consiglio hanno deciso e deliberato il taglio dell’indennità di carica nella misura del 20% dal loro compenso. Il risparmio mensile ammonta a 2 mila euro per un totale nei cinque anni, di circa 120 mila euri che andranno a confluire in un fondo specifico denominato “Interventi, sociali, finanziari dalle economie degli amministratori”. Alla iniziativa hanno aderito anche i consiglieri di maggioranza che hanno devoluto i propri gettoni di presenza nei consigli comunali. Riduzione anche per quanto riguarda le missioni e le spese di rappresentanza. Successo per la Festa di tutti i santi Anche quest’anno la Parrocchia B.M.V. Addolorata di Orta Nova ha organizzato la Festa di Tutti i Santi, con un tema ben specifico “Preferisco il Paradiso”. Nella tre giorni oltre alle celebrazioni religiose si è svolto un corposo calendario di spettacoli per bambini con la partecipazione del Teatro del Pollaio, degli artisti di strada e di Pier Nicola Dalla Zeta. Non è mancata il tradizionale incendio del Campanile con l’apertura della calza gigante. Gli incontri culturali dell’Unitre Con una larga partecipazione di pubblico si è svolto il primo incontro culturale dell’anno accademico 2014/2015 della sede ortese dell’Unitre. Questo primo appuntamento è stato dedicato alla presentazione del libro di poesie, dediche, raconti e favole “Come le stelle filanti nel caldo cielo d’agosto” di Rocchina Morgese. Sono interventi il presidente dell’Unitre, la prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere; il dott. Nicola Maffione-Assessore alla Cultura di Ortanova, il prof. Franco Bellino, l’evento è stato moderato da Gianfranco Vallario. La manifestazione è stata allietata da Adelina Tarantino, da Franco Panariello, da Rosella Tarateta e da Mimmo Trattosa: Nasce il gruppo Noi meridionale dei 5 Reali Siti Si è svolta nella sede del Circolo Aldo Moro di Orta Nova la prima riunione del Gruppo Promotore del Comitato “Noi Meridionali dei 5 Reali Siti”, un sodalizio aperto all’adesione e alla partecipazione di tutti i cittadini dei Cinque reali Siti,

che vorranno contribuire, come si legge nell’Atto Costitutivo: “a prescindere dal giudizio storico-politico sulla bontà della nascita della nostra nazione, di raccogliere il consenso popolare finalizzato a rimuovere i segni di onore riservata a personaggi che si sono macchiati di particolari crimnini nei confronti della popolazione meridionale”. Assolto l’ex sindaco di Carapelle, Alfonso Palomba

Assolto l’ex sindaco di Carapelle, ci riferiamo ad una vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il professor Palomba, a seguito di una denuncia del tutto calunniosa e falsa presentata nel 2008 dall'ex assessore della prima giunta Nicola Curci. Proprio da questa denuncia era nato un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Foggia, affidato ai due sostituti procuratori Dott.ssa Landi e Dott. Minardi, nel quale era stato ipotizzato il reato di voto di scambio, perché secondo l'accusa il professor Palomba pochi giorni prima delle elezioni comunali tenute nell'aprile del 2008 (nelle quali egli fu candidato sindaco ed eletto con una schiacciante maggioranza) avrebbe offerto un non meglio precisato posto di lavoro al suo ex assessore Nicola Curci, il quale proprio in quelle elezioni del 2008 si era candidato nella lista-Sardella, acerrima avversaria del ex sindaco. La conclusione è stata con sentenza del 18 giugno scorso il giudice monocratico del tribunale di Foggia Dott. Mezzina ha assolto il professor Palomba da ogni accusa, con la formula ampiamente liberatoria “perché il fatto non sussiste”. Orta Nova, arriva l’impianto di videosorveglianza Dopo gli ultimi episodi di criminalità perpetrati ai danni di edifici pubblici e privati cittadini, l’Amministrazione comunale di Orta Nova ha adottato un importante provvedimento in termini di sicu-

rezza e ripristino della legalità. Infatti con due delibere di Giunta, le numero 72 e 73 del 2 dicembre, sindaco e assessori hanno dato il via alla realizzazione di un impianto di videosorveglianza in via sperimentale per un anno (e rinnovabile per altri sei mesi), dotato di almeno venti telecamere di tipo “fisso night and day” nel rispetto dei principi di liceità, necessità, proporzionalità e finalità. “Il sistema di videosorveglianza” si legge nel documento, “dovrà prevedere la registrazione, nonché la visione, delle immagini delle telecamere mediante collegamento diretto con l’Ufficio di Polizia Locale del Comune, in modo da razionalizzare l’azione della polizia locale a fini cautelativi”. Il progetto è stato programmato con delibera di Giunta n. 76 del 17/04/13 per una spesa complessiva di 49.153 euro, parzialmente modificata dalla corrente disposizione normativa. Il Responsabile della Polizia Municipale nel rispetto delle previsioni normative in materia di affidamento diretto temporaneo e transitorio dei servizi, individuerà un soggetto giuridico che proponga il noleggio di apparecchiature elettroniche per la rilevazione delle infrazioni alle norme del Codice della Strada e un sistema meccanizzato per la cartolarizzazione e postalizzazione delle sanzioni per infrazioni, nonchè una Centrale Operativa per videosorveglianza in seno al locale Comando di Polizia Municipale. Stornarella - Colia delibera lo sfratto del Pd dall’immobile comunale

Polemiche roventi nei confronti dell’amministrazione guidata da Massimo Colia a Stornarella dopo la decisione di recedere dal contratto stipulato con la sezione locale del Partito Democratico per il fitto di un immobile situato a piano terra nella centralissima Corso Umberto I. Il diktat, stabilito con delibera di Giunta n. 102 dello scorso sei novembre, ha scatenato l’indignazione del movimento politico “Stornarella nel cuore“, sostenuto sin dalla sua nascita dal partito di Renzi:


“Un Sindaco può fare delle scelte politiche inerenti la destinazione di un immobile per fini ritenuti utili per la collettività” è spiegato in una nota, “ma non è stato ancora indicato per quale utilità servirebbero i locali. Ci sarebbe comunque da considerare, secondo noi, la valenza sociale di una sede che da tanti anni rappresenta un luogo di incontro, anche per i non iscritti e che ha, difatti, un rilievo sociale non trascurabile nella vita della nostra comunità ed una storia fatta di uomini come ad esempio Giuseppe Di Vittorio e l’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che sono stati ospiti in quei locali. Immediata la replica del primo cittadino: “In quell’immobile sarà stabilita la nuova sede della Polizia Municipale: si eviterebbe, specie alle persone più anziane, di fare, come succede oggi, una scala molto ripida che ne rende difficoltoso l’accesso” spiega su facebook Colia, illustrando il perché della data del 31 gennaio per la conclusione dell’accordo. “Il 23 dicembre prossimo, inizierà il concorso per i 4 nuovi agenti di Polizia Municipale, quindi quella data tiene conto della tempistica del concorso e della necessità di adeguare gli spazi al nuovo uso. Nessuno nega il valore storico e sociale che quella sede rappresenta e che certamente continuerà a vivere nella memoria e nei racconti che ognuno di noi ha ascoltato da coloro che quei momenti li hanno vissuti, ma il miglioramento della fruibilità di un ufficio pubblico, a beneficio di una intera comunità, penso non sia

meno importante. Anzi, chi ci ha preceduti non ha considerato che se si fossero spostati prima gli uffici dei vigili urbani nei locali del PD, quelli al piano superiore si sarebbero potuti usare per il progetto regionale “Bollenti Spiriti” dando così la possibilità ai nostri bambini della Scuola Primaria, di utilizzare l’ex refettorio a pochi metri, senza costringerli ad uscire, soprattutto nel periodo invernale, per raggiungere la mensa della Scuola dell’infanzia”.

L’importanza di fare rete, creando collaborazioni sinergiche con il diretto interessamento delle istituzioni locali a tutti i livelli locali, rappresenta uno strumento oggi necessario per arginare le difficoltà economiche e ridare nuova linfa al sistema occupazionale in ogni settore merceologico. Tale aspetto è stato il leitmotiv dell’incontro organizzato ieri pomeriggio sul tema: “Expo 2015, Reali Siti: un modo alternativo per far crescere le aziende e il territorio” presso la Sala delle Adunanze del Palazzo Gesuitico di Orta Nova, con la partecipazione degli Assessori alle Attività Produttive e alla Cultura Antonio Attino e Nicola Maffione e del Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “Briglie sciolte”, Costantino Mastrogiacomo, che ha fortemente voluto realizzare questo punto di convergenza tra

istituzioni e imprenditori. Infatti il seminario è stata l’occasione per discutere sul ruolo delle realtà economiche presenti in tutto il territorio dei Reali Siti e sull’imprescindibile necessità di collaborare assieme agli apparati amministrativi per promuovere le eccellenze agricole, commerciali e artigianali nel mondo cogliendo l’opportunità offerta da Expo 2015, esposizione universale

Stornara - Sapori della nostra terra

“Sapori della nostra terra” questo il tema della manifestazione conclusiva del corso di Agronomia dell’Unitre dei 5 Reali Siti, svoltasi nell’agosto scorso a Stornara. All’evento sono intervenuto l’arch. Fernando Iagulli, assessore comunale; il vice Presidente dell’Unitre, Annito Di Pietro, il consigliere regionale Sergio Clemente, il dott. Giulio Ciccone e Costantino Mastrogiacomo. Nel corso della manifestazione sono stati consegnati l’attestati di

partecipazione ai produttori di olio. Attraverso questa iniziativa, gli organizzatori hanno voluto incoraggiare gli agricoltori stornaresi a produrre olio extravergine di oliva di qualità migliore. Ringraziamenti Il Presidente dell'Ortese Annito Di Pietro e la dirigenza ringraziano quanti hanno contribuito alla buona riuscita della “Settimana della Cultura”: L'Amministrazine Comunale, Michele Campanaro, Filippo Santigliano, Franco Luce. Domenico Francone, Saverio Gaeta, Luigi Battaglini, Gianfranco Vallario, Alfonso Palomba, Antonio Ventura, Paola Grillo e Pasquale Braschi, Mario Gravina, Maurizio Ferrandina, Rossella Tarateta e Mimmo Trattosa, Don Angelo Festa, Anna Maria Cardillo, Cosimo Tiso e Angela Mastropietro, Michele Carchia e Ermanno Ciccone, Associazione “Voce Nostra”, Maria Bianco, Cartolibreria Beatrice, Inquadro di Nicola Balsamo, Rocchina Morgese, Adelina Tarantino, Savino Luce, Attilio Acquistapace, Saverio Pandiscia, Rina Di Giorgio Cavaliere, Assessori Nicola Maffione e Antonio Attino. Lutto È venuta a mancare agli affetti dei suoi cari Ermidia Cirulli moglie del compianto amico e collega Vittorio Santopietro. L’Editore Annito Di Pietro, il Direttore Michele Campanaro e la redazione tutta si stringono al dolore dei figli.

che avrà come temi principali proprio l’alimentazione e il rispetto dell’ambiente. Interessanti sono stati tutti gli interventi, compresi quelli di Annito Di Pietro, presidente dell’associazione culturale L’ortese, e degli imprenditori di categoria, soprattutto di Giuseppe Custode e Saverio Ladogana, che hanno chiesto all’Unione dei Comuni di impegnarsi attivamente per dare vita a progetti capaci di mettere in vetrina, in una manifestazione di carattere mondiale quale Expo 2015, coinvolgendo anche le limitrofe realtà socioeconomiche di Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri. Dal prossimo consiglio dell’ente sovracomunale si potrebbero già avere delle prime importanti risposte per prepararsi a Expo 2015 e pianificare gli investimenti e i tavoli di lavoro, magari con la creazione di un comitato ad hoc.


Dopo Tangentopoli (1992), il Mose di Venezia (2014), l’Expo di Milano 2015 (2014), ecco Mafia Capitale sul finire del 2014: sono scenari che non cambiano mai e che si ripetono sempre uguali a se stessi e tali da autorizzare chiunque a ripetere le parole del giovane premier fiorentino: «È uno schifo generale!». Quando scoppiò “Mani pulite” sembrava che si fosse toccato il fondo, ma la cronaca ha dimostrato nel tempo che il “genio italico” riesce a fare sempre meglio (???), come testimonia quello che sta emergendo in questi giorni nell’Urbe, dove una ramificata cupola affaristico - mafiosa si è impadronita della città: politica e malaffare, appalti pubblici rubati, mazzette per gli uomini giusti, business sulla disperazione degli immigrati, dei rom e dei rifugiati attraverso sedicenti cooperative sociali sono i segnali più eloquenti di un degrado sociale e politico senza precedenti. A Roma - sede del potere istituzionale - infatti, la mafia autoctona, che non ha nulla a che vedere con i grandi clan, va a braccetto con il mondo politico, al punto da poterne condizionare scelte e decisioni, mentre i cittadini aspettano inutilmente risposte ai loro bisogni, specie in una stagione storica come l’attuale, attraversata dal disagio diffuso e da una crisi economico - finanziaria mai vissuta prima. È il fallimento della politica su tutti i versanti, che spiega le ragioni dell’aventinismo di tanta gente, che ha abbandonato il “pubblico” per chiudersi, con “armi e bagagli”, nella dimensione privata, generando così il “partito dei non votanti” che cresce ormai a dismisura nel Paese, elezioni dopo elezioni. Dietro tutta questa corruttela è innegabile che ci sia una sorta di “brodo primordiale” in cui si annidano le cause di tanto obbrobrio, tutte convergenti verso l’idea di un’Italia dalla democrazia debole e non ancora compiuta: le procedure della pubblica amministrazione, infatti, sono farraginose e disordinate; la burocrazia è

sovrabbondante negli uffici, dove si lavora ancora sugli aspetti formali e non certo sui risultati; le leggi e i regolamenti lasciano ampi margini di discrezionalità ai vari funzionari, che così hanno campo libero per le loro interpretazioni ad usum delphini. A tutto questo vanno aggiunti il progressivo indebolimento della coscienza civile (forse dovuto allo storico susseguirsi di dominazioni straniere) che porta a percepire lo Stato come qualcosa di estraneo e di antagonista, da poter raggirare a proprio uso e consumo (v. la diffusa evasione fiscale); il degrado morale presente nel Belpaese, dove il denaro è considerato segno di distinzione, in un società dominata dall’avere e non dall’essere, come direbbe Erich Fromm e dove pure il potere si acquisisce con l’elargizione di cene elettorali e con la disponibilità strumentale degli “amici” e degli “amici degli amici” e non certo con la competenza; i diffusi fenomeni di egolatria, generati dal convincimento che il proprio tornaconto personale sia sempre da anteporre all’interesse collettivo e al bene comune, dimenticando che «la corruzione è l’arma dei mediocri», per dirla con Honoré de Balzac. Mediocri, però, che danneggiano enormemente la vita economica del Paese, perché le varie malefatte, compiute con la complicità colpevole della politica, fanno prevalere appunto i mediocri sui più competenti, che sono così a rischio perpetuo di esclusione. Non è possibile, però, dinanzi a scenari siffatti di insufficienza etica e politica ad un tempo, rassegnarsi, anzi occorre riprendere in mano la situazione, sbarazzandosi, senza se e senza ma, della corruzione e delle ingiustizie ad essa collegate. Come? Su due versanti ben distinti, ma anche interconnessi. Sul terreno della politica, è necessario rivolgere particolare attenzione alla selezione della classe dirigente, che può avvenire in maniera corretta, solo se i partiti - oggi ridotti a carrozzoni insignificanti sul piano del dibattito

interno, al servizio di questo o di quel capocorrente o “padroncino” di turno - saranno capaci di recuperare la funzione per la quale sono nati (cfr. art.49 della Costituzione), trasformandosi, nei fatti e non a parole, in “luoghi” del confronto interno e della dialettica democratica, favorendo così la partecipazione e seminando valori di civismo, innervati nella responsabilità e nel rispetto verso le regole. Solo il protagonismo civico, infatti, può sollecitare a gran voce la politica a che si metta seriamente mano alle riforme indispensabili per porre un argine al dilagare dell’attuale malcostume, come pure sta facendo il premier Matteo Renzi: la corruzione, infatti, si può battere riformando la giustizia e rendendola più celere, rivisitando il numero delle leggi e aumentando la loro efficacia, incrementando la trasparenza nella pubblica amministrazione e implementando i controlli sugli appalti pubblici a qualsiasi livello, per vigilare sull’uso che si fa del denaro pubblico. Tutto questo, però, è indispensabile, ma non ancora sufficiente, perché è necessario che cambi qualcosa anche a livello dei cittadini, che non possono girarsi dall’altra parte per non vedere ma che devono trovare un sussulto di orgoglio di appartenenza, dando vita ad una grande rinascita della coscienza civile, ad una significativa ripresa degli ideali comunitari e ad un’efficace riconquista del valore del bene comune. Solo un nuovo “umanesimo della responsabilità”, per dirla con la Gaudium et spes promulgata da Paolo VI, può farci uscire, infatti, dal tunnel del clima culturale individualistico in cui ci troviamo e far ritrovare la via di una rinnovata coscienza civile. In questa direzione la scuola - oggi tanto bistrattata - può fare molto, per contribuire ad affermare nel Paese i principi della legalità e della condivisione, oltre che a costruire una nuova morale, capace di restituire dignità all’intero Paese dinanzi agli occhi dell’Europa e del mondo intero. * avvocato



Siamo al varo del 4° anno per la nostra Sede con un bilancio positivo sotto ogni aspetto. Insieme alle persone che mi hanno seguito sin dall’istituzione, in primis Annito Di Pietro, e con i collaboratori più validi si è stabilita nel tempo una nuova realtà interpersonale. Nell’Unitre si vive un ambiente impregnato dei valori generazionali con caratteristiche spirituali e operative ben definite, obiettivi chiari e ruoli pensati. È una comunità educante di persone, che collocano al centro la promozione integrale dei giovani, ma curano la maturazione culturale e sociale in altre età. Una serata da ricordare quella del 10 dicembre u.s., presso la sala convegni del Palazzo ex Gesuitico in Orta Nova, moderata da Gianfranco Vallario. Dopo i saluti dell’assessore alla cultura Nicola Maffione, la presidente dell’Unitre Rina Di Giorgio Cavaliere ha informato i presenti del concreto avvio dell’anno accademico nei cinque paesi. Orta Nova, in particolare, ha ampliato la scelta culturale con tre nuovi corsi: “Psicanalisi” con Nadia Trecca, “Ambiente e Protezione civile” con gli Pasquale Tarateta, Carlo Roggia e Maria Rosaria Attini e “Pasticceria” con il maestro Michele Annese. Al riguardo le iscrizioni sono tuttora in corso. È doveroso ricordare il direttore dei corsi Antonio De Carolis, che ha voluto iniziassero gli incontri culturali dell’anno accademico 2014-15 con la presentazione

del libro di poesie “Come le stelle filanti nel caldo cielo d’agosto” di Rocchina Morgese, sua gentile consorte alla 19ª pubblicazione. La cerimonia si è arricchita della presenza di Franco Bellino, docente presso l’Università degli Studi di Bari, che ha presentato l’autrice: «Per tanti anni è stata un’esemplare maestra elementare, alla scuola ha dedicato tutta la sua vita, non solo quella professionale, in una perfetta e totale continuità tra il lavoro e la propria identità umana». Si è soffermato, poi, ampiamente sulla poetica di Rocchina Morgese, di cui ha detto: «Colpisce la serenità della sua scrittura, che s’incanta di fronte al miracolo della vita, sa cogliere l’infinito del Tavoliere, canta la poesia dei fiori, la gagliardia delle rose, l’umiltà della margherita, la purezza dei fiori di campo, l’oro delle spighe, il sangue dei papaveri, la carezza dolce e amorevole di Dio su ogni creatura, il dolore dei bambini italiani in Libia costretti a lasciare le proprie famiglie». Il convegno, reso piacevole dalle declamazioni di Franco Pannariello e dai brani cantati da Rossella Tarateta, entrambi accompagnati dal pianista Mimmo Trattosa, è stato valorizzato dalla eccellente recitazione di Adelina Tarantino, che ha declamato alcune sue poesie in dialetto ortese. Gli studiosi affermano che non dovremmo dimenticare il bimbo che vive in noi e che ciascuno di noi è stato; dovremmo ascoltarlo per mantenere

l’entusiasmo, la fantasia, la creatività e la meraviglia. Ebbene in quella serata la mente è stata rapita da emozioni e sentimenti, tanto da far affiorare l’anima di quel fanciullo!

Discreto successo, in termini di adesioni degli espositori e di partecipazione dei cittadini, per la prima edizione dei Mercatini natalizi, organizzati dalla Pro Loco di Orta Nova in collaborazione con la Federazione Imprese Agricole Coltivatori Allevatori (FIACA). Trenta gli stand allestiti in Largo Gesuitico nel fine settimana, dedicati a imprese artigiane, di oggettistica ed eno-gastronomiche provenienti anche dal nord Barese, nonché a realtà locali dell’associazionismo. “Come primo anno, ci riteniamo soddisfatti”, sottolinea Carlo Gaeta, presidente della Pro

Loco, “Ci sono giunti complimenti dagli operatori commerciali e dal pubblico intervenuto, quasi mille persone che con

curiosità ed entusiasmo hanno visitate le bancarelle alla ricerca dei primi acquisti natalizi”. Ovviamente non sono mancate critiche pronta la risposta di Gaeta: “Tutte ben accette purché costruttive e finalizzate a migliorare questa iniziativa, ad esempio ci è stato fatto notare che le vendite sono state pochine, ma la crisi economica si fa sentire e cercheremo già dal prossimo anno di incrementare l’offerta dei prodotti”. Soddisfazione per la riuscita della manifestazione è giunta anche dall’Amministrazione Comunale, con numerosi consiglieri a curiosare tra i gazebo durante la due giorni.


Torna anche quest’anno il consueto appuntamento natalizio con il Presepe Vivente di Deliceto, giunto ormai alla XXVIII edizione. Organizzato dalla Associazione Turistica Pro Loco, in collaborazione con il Comune di Deliceto, Ekoclub International, Laboratorio Orafolk, Gruppo Skaria e Protezione Civile e si svolgerà il 26 dicembre 2014 e il 6 gennaio 2015. Tanti i riconoscimenti che il Presepe ha ottenuto nel corso degli anni, dall’ormai storica Prima Edizione del 1987 voluta da Padre Fratesco Pennetta, primo fra tutti, l’afflusso di visitatori sempre maggiore che di anno in anno giungono da ogni parte della Capitanata, e anche da più lontano, per immergersi nel clima natalizio del Presepe Vivente di Deliceto. Tanti i riconoscimenti, ma tanti anche le variazioni alla sceneggiatura, perché il Presepe offre ogni anno ai suoi visitatori scene e allestimenti sempre nuovi, pur mantenendo la sua ambientazione tradizionale. L’ambientazione del Presepe Vivente di Deliceto, infatti, è da sempre di origine settecentesca e omaggia la figura del grande S. Alfonso de’ Liguori che visse nella seconda metà del ‘700 nel Convento della Cosolazione, luogo che lo ispirò per la composizione di alcune tra le più celebre nenia natalizia: “Tu scendi dalle stelle”

e “Quanno nascette Ninno”. La figura del Santo è centrale nella realizzazione del Presepe, che rievoca, con i suoi allestimenti, momenti e figure della vita popolare dell’epoca e termina con grande sfarzo nella sontuosa scena nobiliare ambientata della corte del marchese Mattia Miroballo d’Aragona. Da alcuni anni, infatti, il Presepe di Deliceto viene allestito nel centro storico del paese, con un percorso che parte da Porta Scarano, uno degli antichi ingressi della cittadella, e si snoda tra le nel centro

storico, dando al visitatore la sensazione di vivere in un autentico presepe di “cartapesta a misura d’uomo”. Tante le scene allestite e animate dai figuranti, intervallate da gustosi assaggi gastronomici della cucina tradizionale locale. Punto focale del Presepe è la scena della Natività, per cui ogni anno viene selezionata una coppia di neogenitori che partecipano con il proprio bambino, in una cornice di angioletti e zampognari. Il Presepe apre il 26 dicembre, con Gesù Bambino appena nato, e termina il 6 gennaio, con l’arrivo dei Re Magi a cavallo seguiti da un’imponente sfilata di figuranti per le strade del paese, fino alla grotta della Natività, dove il popolo rende omaggio alla nascita del Salvatore. Da 5 anni, il Presepe Vivente di Deliceto è gemellato con il Presepe Vivente di Rignano Garganico, unendo la propria tradizione a quella di ispirazione garganica, con scambio di quadri di figuranti tra i due paesi; inoltre quest’anno, per la prima volta, si aggiunge il gemellaggio con il Presepe Vivente di Canosa di Puglia. L’edizione 2014 si arricchisce di un “cadeau”: nella stessa giornata del 26 dicembre si potrà visitare, in alcune sale del Castello, la mostra di pittura di Zahi Issa e Lucia Torelli, celebri artisti del mondo dell’arte pugliese e non solo. La mostra rimarrà aperta dal 26 al 28 dicembre.


Savino Russo ha concluso la sua esistenza terrena. Con lui se ne va un amico, un fratello, un pezzo di cuore e di anima di una città alla quale Savino ha dato tanto e dalla quale non ha ricevuto quanto avrebbe meritato.Voglio ricordarlo con le sue parole. Straordinariamente e profondamente intessute di due virtù di cui Savino è stato sempre un alfiere tenace e un testimone consapevole: la lealtà e la coerenza. Savino le ha pronunciate qualche mese fa, con la voce talvolta incrinata dall’emozione: tornavamo a incontrarci noi, “i ragazzi di don Tonino Intiso”, protagonisti quarant'anni prima di una grande stagione di rinnovamento ecclesiale. Toccò a Savino aprire i lavori e lo fece con un intervento breve, ricco di passione e di realismo, ma non di rimpianto. Quelli che sono rimasti ai margini sono quelli che hanno scelto di restare coerenti con se stessi. Fedelmente fessi, come dice Savino. Ma sta in questo la loro grandezza.

solo punto fermo è che sono stato non dico un buon cristiano, ma almeno una persona perbene.

Savino Russo Ci ritroviamo dopo tanti anni che ci hanno plasmati, trasformati, consumati. Abbiamo preso strade diverse da quelle

che avevamo progettato. Nei momenti più difficili ho sentito forte il rincrescimento che un’intera generazione sia rimasta ai margini. Fedelmente fessi, come don Tonino. Ci siamo persi a livello ecclesiale. Ma è rimasto saldo il legame con Tonino. Se devo trarre un bilancio, dico che il

È andato via Mario Leonardo Di Paolo in modo così repentino che stento ancora a credere che non ci sia più! Soltanto alcune settimane prima, infatti, passeggiando per le vie del paese con l’amico Agostino D’Avanzo, eravamo insieme a discutere di musica, di politica nazionale e ad immaginare un futuro possibile per la comunità di Carapelle, alla quale era profondamente legato, al punto da essere depositario privilegiato di tante vicende umane, civili ed amministrative del piccolo centro, nel quale, in fondo, ha consumato tutta la sua intensa traiettoria esistenziale, sociale e politica ad un tempo. Sono sicuro che i soliti “gufi brontoloni” - gli avversari di sempre e i finti innovatori che affollano l’attuale scenario dei partiti locali - troveranno, anche in questa circostanza luttuosa, il modo per dissentire dai miei pensieri di affetto alla memoria, ritenendoli intrisi di retorica e di luoghi comuni, ma ho anche per certo che alle persone dabbene non potranno in alcun modo sfuggire la grande capacità di relazione di Leonardo Di Paolo e la sua profonda passione per la politica, tali da consentirgli di essere da moltissimi concittadini apprezzato senza se e senza ma, come prova il largo concorso di gente presente ai suoi funerali che ha testimoniato in modo eloquente, per dirla foscolianamente, che

Nardino ha lasciato una enorme «eredità d’affetti» non solo tra i suoi figli e parenti, ma anche tra le persone che hanno avuto modo di incontrarlo lungo il loro percorso di vita. Straordinario uomo del dialogo ed indiscusso “protagonista” della politica locale - da lui vissuta come impegno totalizzante sia quando ha ricoperto importanti ruoli istituzionali (prima consigliere di lungo corso, poi vicesindaco ed infine sindaco dal 1990 al 1995) sia da semplice cittadino sempre attivo, comunque, sul versante della partecipazione alla vita collettiva, concepita come obbligo civile di ogni cittadino - ha lasciato, in tutto ciò che ha fatto (compreso quando ha rivestito i panni di presidente di cooperative), il segno della sua “presenza” fino a quel funesto 25 ottobre 2014, quando un male subdolo ed improvviso lo ha sottratto alla sua famiglia e a tutti noi. Così, con la simplicitas di sempre, all’età di soli 69 anni, ha voluto andarsene in silenzio, insalutato hospite, lasciando attoniti quanti lo hanno conosciuto, ancora increduli, ad un mese di distanza dall’evento, che il suo nome sia oggi scritto su una fredda lastra di marmo. Nonostante il turbamento che provo dentro di me nel momento in cui scrivo, credo di poter dire - grazie alla frequentazione ultratrentennale avuta con lui sia sul piano politico sia su quello amicale

La risposta di don Tonino Dopo tanto tempo siamo ancora qua. Ed è da questo che dobbiamo partire, rendendone grazie a Dio. La sfida oggi è pressante come quella di quarant’anni fa: viviamo un momento di crescente disuma-nizzazione, c’è da rieducare l’uomo. Quarant’anni fa ci abbiamo provato, e siamo arrivati ad oggi. Siamo ancora qua, e siamo storia. Abbiamo avuto più degli altri, e perciò non possiamo stare fermi. Dobbiamo aiutare la città a ritrovare la verità di sé con la proposta, lo studio. Vivere alla luce della fede il terrore che tua moglie ti ha lasciato, che tuo figlio non trova lavoro. Se mi fermassi, tradirei me e tradirei voi. I cristiani stanziali sono morti viventi. Come quarant’anni fa, dobbiamo chiederci: cosa vuole Dio da me? Cosa vuole Dio da noi? Caro Savino, adesso sai cosa voleva Dio da te. E credo che le vostre strade si siano incrociate per sempre. Quanto a noi cercheremo di restare ancora fedelmente fessi. Per sempre. Hasta siempre, Savino.

- che il suo attaccamento al “natio loco” e la sua passione per la vita civile siano il lascito più significativo che Nardino abbia donato ai suoi figli e alla comunità intera: l’uno e l’altra, poi, confluiti nell’altro grande interesse della sua vita, quello per la musica, alla quale si era dedicato in modo particolare nell’ultimo periodo della sua vita, recuperando un suo vecchio “amore”, quasi a lenimento delle amarezze e delusioni ricevute dal suo partito. Ne sono testimonianza eloquente i testi delle sue canzoni diffuse su facebook dall’amico di sempre Agostino D’Avanzo, che aiutano a comprendere quale sia il senso del doloroso sentimento di “orfanità” diffuso tra i suoi amici e, in modo particolare, tra i suoi giovani figli, ai quali (Lino, Davide, Angela, Giustina) mi rivolgo, infine, parafrasando le parole del vescovo di Ippona: Cantate e camminate, perché la strada è lunga e non tutta in discesa, ma vi assicuro che la percorrerete nel ricordo di un padre premuroso, che purtroppo ha potuto accompagnarvi solo per un tratto della vostra vita. Addio per sempre, Nardino.



Lavorava i suoi fondi ma anche per conto terzi e metteva da parte, come la formica saggia della favola di Esopo, ogni lira risparmiata per acquistare altri appezzamenti di terreno, quando se ne presentava l’occasione. Comprò anche un vano al piano terra, abbastanza ampio, per farne una cantina, con tanto di torchio “da 6 giornate”, che richiedeva cioè la forza congiunta di 6 operai (cunzaiul) per pressare l’uva pigiata ed estrarne il mosto e capaci botti di rovere. Allo scoppio della guerra d’Etiopia,Vituccio poteva definirsi un agricoltore agiato. Possedeva quattro versure di vigneto, tutti innestati con vitigni pregiati di uve da tavola, che venivano vendute a commercianti di Foggia e di uve da vino, che veniva esportato, per ferrovia, sui mercati del Nord Italia. Aveva poi due versure di uliveto, il cui olio veniva acquistato dai proprietari degli alberghi di Fiuggi, che egli aveva contattato recandosi una volta per un trattamento termale. Insomma egli si dimostrava bravo non solo come imprenditore agricolo, ma anche come commerciante. Quando la richiesta superava la produzione dei suoi fondi, egli acquistava i prodotti di altri coltivatori per rivenderli ai suoi abituali acquirenti, raggranellando così un non trascurabile reddito aggiuntivo. Quando Teresina si era sposata egli le aveva donato, oltre a un ricchissimo corredo, tre versure di terreno seminativo, una pariglia di cavalli e tutti gli attrezzi agricoli connessi. L’aspirante cognato era un bravo giovane che aveva di suo una versura di vigneto e una casa dove abitare e la sua donazione gli era parsa un completamento necessario perché sua sorella potesse vivere decorosamente. La cerealicoltura non lo interessava più, ormai, ed egli concentrava i suoi sforzi sulla viticoltura e sull’olivicoltura. Il fratello Giovanni lavorava con lui, erano soci a metà, ma si erano divisi i compiti: Giovanni si occupava della conduzione agricola (anche se l’ultima parola toccava sempre a Vituccio) mentre egli curava la parte commerciale. Nel febbraio del 1935 Giovanni si era sposato con una giovane maestra foggiana e a ottobre dello stesso anno, allo scoppio della guerra d’Etiopia, era stato chiamato alle armi. Per permettergli di rimanere accanto alla giovane moglie incinta, Vituccio aveva chiesto e ottenuto di partire al suo posto ed era stato accontentato. Quando aveva visto costruire villaggi con case in muratura, strade, fognature , là dove in precedenza c’erano sentieri fangosi e capanne di fango e paglia, Vituccio aveva espresso il suo disappunto ad un suo commilitone: “Non sarebbe meglio se i fiumi

di danaro spesi in Abissinia fossero spesi nella Puglia e nel resto dell’Italia Meridionale per completare la Bonifica integrale lasciata a metà e che avrebbe potuto cambiare radicalmente e in meglio il destino dei braccianti pugliesi in particolare?”. “Non ci sono soldi sufficienti per fare entrambe le cose” - aveva risposto l’altro, fascista convinto ed entusiasta sostenitore dell’impresa etiopica - “quando questa terra sarà italiana, darà tanti frutti che potremo finire la bonifica e così avremo l’Impero

e la bonifica!”. A guerra finita e persa, nel 1945, Vituccio avrebbe visto che non avremmo avuto né l’uno né l’altra. Era tornato in Italia nella primavera del 1937 e aveva potuto constatare che, durante la sua assenza, Giovanni aveva mandato avanti l’azienda in modo accorto e remunerativo. Nell’Aprile del 1941 erano stati entrambi chiamati alle armi, ma alla fine, “per ragioni di economia bellica” (così era scritto nel foglio di congedo) Vituccio era tornato a casa, per produrre per l’Esercito Italiano, e Giovanni era stato inviato sul fronte russo. Dopo le avanzate travolgenti del 1941-42, nel gennaio del 1943,mentre l’armata tedesca del Von Paulus era chiusa nella morsa di Stalingrado, l’esercito italiano iniziava la disastrosa ritirata, nel corso della quale oltre 60.000 soldati in grigio-verde morirono per assideramento nelle sconfinate distese ghiacciate della steppa russa. Pochissimi, fra i tanti spediti sul fronte russo, furono gli ortesi che rientrarono in Italia e, fra essi, il Col. Filippo Acquistapace,

che si era guadagnato la Medaglia d’Argento al Valor Militare per aver resistito col suo battaglione all’urto delle truppe russe tanto a lungo da permettere a un’intera Divisione del nostro esercito di sfuggire all’accerchiamento. Giovanni era con lui, ma era rimasto, ferito a morte, ad agonizzare sulla pianura ghiacciata, gli occhi fissi a quel cielo incredibilmente terso, fino a quando la vita non era uscita dal suo corpo insieme al sangue che imporporava lo spesso manto di ghiaccio sul quale era disteso. Giovanni lasciò una moglie giovane e un bambino di 6 anni, Enrico, e Vito giurò che avrebbe vegliato su quel bambino come fosse suo figlio e su quella giovane donna rimasta sola ancor giovane e che avrebbe portato il lutto fino al termine della sua vita. Mantenne anche quella promessa, rinunziando definitivamente a farsi una famiglia tutta sua. Sarebbe vissuto nella sua casa fino alla sua morte, amorevolmente assistito da Tanina, diminutivo di Gaetana, una giovane zoppa e per questo fatto destinata a rimanere zitella che però, a dispetto della disabilità, era molto attiva, una donna di casa instancabile e pulitissima e una cuoca insuperabile. In paese, nei primi tempi, qualcuno aveva mormorato che i rapporti fra Vituccio e la sua domestica andassero oltre quelli di lavoro, ma la loro condotta, fuori dalle mura domestiche era sempre inappuntabile. Tanina, quando parlava di lui in pubblico e in privato, lo chiamava sempre “Don Vito”. Da vecchi sarebbero usciti insieme per andare a Messa ed egli si appoggiava con un braccio a lei e con l’altro a un bastone, ma oltre a un indubbio affetto palpabile nei gesti e nelle parole, nessuno avrebbe scorto dell’altro e tutti li avrebbero salutati con grande rispetto. Don Vito, accompagnato da Tanina, per tacitare le malelingue, andava a casa della cognata ogni giorno, nel tardo pomeriggio o la sera, quando aveva sbrigato tutte le sue faccende, per giocare un poco col piccolo, per farsi fare il resoconto della giornata. Talora si fermavano a cena, lui e Tanina, per non lasciare soli la cognata e il nipotino in quelle che sono le ore più malinconiche del giorno, quelle in cui essi avrebbero potuto sentire ancor più forte il peso della mancanza di Giovanni. Tutte le domeniche e le feste comandate la cognata e il nipote erano ospiti suoi e Tanina si superava nel preparare succosi manicaretti e dolci che piacevano tanto al piccolo Enrico, che cresceva sano e sereno, certo della vicinanza e dell’affetto dello zio. Vito, dal canto suo lo considerava più che un figlio e, man mano che il ragazzo cresceva lo portava con sé dappertutto, quando poteva. Volle che Enrico frequentasse il Ginnasio e poi il Liceo e che si laureasse. La decisione di iscriversi alla Facoltà di Agraria sarebbe stata presa poi da Enrico in piena autonomia, sia pure inconsciamente spinto dall’affetto verso lo zio e dalle reali potenzialità di un’azienda che gli prospettava concreti vantaggi economici. (continua 2)


Il corso del “Laboratorio teatrale di recitazione e dizione” diretto da Tonio Sereno e tenuto dalla compagnia dell’associazione ScenAperta nei mesi di giugno e settembre scorsi al Teatro San Pietro di Foggia, è stato propedeutico per affrontare il tema del Femminicidio e della violenza sulle donne. Partendo dallo studio dei testi più noti sul tema e dalla continua consultazione di libri, quotidiani, riviste e siti internet, ScenAperta ben presto ha trovato ancora una volta nel “teatro di narrazione” la possibilità di affrontare in chiave moderna un argomento così delicato e drammaticamente attuale. Particolarmente intenso il lavoro svolto da Pina Sfortunio che ha realizzato i testi delle performance che compongono lo studio teatrale che ha debuttato nei giorni scorsi al Conart Teatro di Foggia in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Lo studio teatrale prende il titolo dal numero telefonico di pubblica utilità 1522 attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, per favorire l'emersione e il contrasto del

Carissimi lettori, l’argomento su cui voglio porre l’attenzione in questo numero è di grande interesse, poiché le sue problematiche sono quotidianamente affrontate da una moltitudine di utenti della strada: Il risarcimento danni da sinistro stradale. A partire dal 01.02.2007 è entrata in vigore la disciplina del Risarcimento Diretto. Essa consente, in caso di sinistro stradale, di rivolgere la richiesta di risarcimento dei danni direttamente alla propria Compagnia di Assicurazione, anziché alla Compagnia dell'altro veicolo. Questo sia in caso di totale ragione che di parziale ragione. Attenzione però! Il risarcimento diretto si applica solo quando ricorrono le seguenti condizioni: * deve trattarsi di incidente tra due veicoli a motore * entrambi i veicoli devono essere identificati * entrambi i veicoli devono essere regolarmente assicurati * entrambi i veicoli devono essere stati immatricolati in Italia o nella Repubblica di San Marino o nello Stato del Vaticano (ovvero devono avere una targa italiana); * i conducenti devono avere sottoscritto una polizza RCA con una delle assicurazioni autorizzate a praticare in Italia o con una compagnia straniera che abbia aderito alla procedura di risarcimento diretto * se uno dei due veicoli (o entrambi) è un ciclomotore, deve essere targato secondo il

fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne. Le performance, con la certosina regia di Tonio Sereno, “La sindrome di Otello”, “Scarpette rosse”, “Violate”, “Non chiamatelo amore”, sono state ben interpretate da Pina Sfortunio, Luigi Schiavone, Elisa Russo, Oriana Casiello, Rita De Gregorio, Gabriella Spina, Cinzia Spinelli, Valeria Pesce, Maria Grazia Spinelli, Mimmo Metta, Marina Lanzillo, Paola Pizzolla e Maria Assunta Imperio. Foto di scena Viki DerS e Arturo D'Errico. Il progetto teatrale include anche le performance: “La stanza rosa”, “Epistolario”, “Braccio VII”, “Barbablù”, che verranno presentate successivamente nel corso delle repliche nelle prossime repliche. Riportiamo alcune riflessioni di Pina Sfortunio, attrice ed autrice dei testi dello spettacolo: “Il 25 novembre non è una data... Non è un giorno sul calendario... Il 25 novembre è il cuore di ogni donna uccisa che torna a pulsare e a chiedere giustizia.....È l'anima di ogni donna violata che trasforma le sue lacrime di dolore in un grido di protesta.

Tutti i giorni è il 25 novembre. Dall'America del sud, dove un'artista messicana le ha elevate a simbolo di questo giorno, le “scarpette rosse” arrivano anche sulla nostra scena a rappresentare le donne e la traccia della violenza subita. Donne assenti perché cancellate da quella violenza. Donne di cui rimangono solo le scarpe. Le donne si raccontano con parole forti e faticose perché colorate dal dolore e dalla rabbia. La violenza non può essere narrata con pacatezza e lievità. Le donne violate non parlano... Gridano. Mariti, amanti, fidanzati, padri... Un corteo di uomini piccoli che cercano grandezza in un pugno, in un coltello, nel sesso... Uomini indegni di essere definiti uomini. Donne che ancora oggi, come nel passato, pagano con il sangue la loro femminilità. Donne piccole come stelle... Ma luminose nel buio di tante atrocità. Il 25 novembre non è una data... Non è un giorno sul calendario... Tutti i giorni è il 25 novembre”.

nuovo regime di targatura entrato in vigore il 14 luglio 2006. La nuova procedura di risarcimento diretto si applica quindi a tutti i ciclomotori immessi in circolazione dal 14 luglio 2006, mentre a quelli già in circolazione a questa data essa si applica soltanto se abbiano volontariamente aderito al nuovo regime. Quindi, nel caso in cui non ricorra una delle predette condizioni si applica la disciplina relativa al Risarcimento Ordinario e, cioè, la richiesta danni dovrà essere inoltrata alla compagnia di assicurazione del veicolo responsabile. Ma cosa succede se il veicolo responsabile del danno è privo di copertura assicurativa o non viene identificato perché si dilegua? In tal caso interviene il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada Il fondo di garanzia per le vittime della strada è un fondo istituito già con la L. n. 990 del 1969 (oggi abrogata per effetto dell’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni private) o oggi disciplinato dagli articoli 283 e seguenti del D.Lgs. n. 209 del 2005 e ha il compito di garantire il giusto risarcimento ai danneggiati in caso di sinistro che coinvolge un mezzo non assicurato oppure un mezzo che non viene identificato. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui il conducente, dopo l'incidente, riesca a darsi alla fuga senza consentire al danneggiato di annotarsi gli estremi della targa. Il Fondo di Garanzia opera sul territorio

nazionale attraverso delle Compagnie assicuratrici (c.d. designate) che cambiano a seconda della regione nella quale è avvenuto il sinistro. Dopo avere il liquidato il danno, il Fondo procede a recuperare quanto pagato direttamente dal danneggiante (sempre che questi venga identificato). Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada interviene, in particolare, nelle ipotesi in cui l’incidente sia stato causato da un veicolo: 1. non identificato: in questo caso vengono risarciti solo i danni alla persona. Se il danno alla persona è grave il Fondo risarcirà anche i danni alle cose; 2. non assicurato: in questo caso vengono risarciti sia i danni alle cose che i danni alla persona; 3. assicurato presso una Compagnia che al momento del sinistro si trova in uno stato di liquidazione coatta (o che successivamente venga a trovarsi in questa condizione): in questo caso vengono risarciti sia i danni alle cose che i danni alla persona; 4. messo in circolazione contro la volontà del proprietario: in questo caso vengono risarciti i danni alla persona e alle cose subiti dai terzi trasportati o dalle persone trasportate contro la loro volontà oppure dalle persone che sono inconsapevoli della circolazione illegale del mezzo. In ogni caso si consiglia all'assicurato coinvolto in un incidente a presentare denuncia al proprio assicuratore R.C. Auto e potrà utilizzare il modulo C.A.I. (Constatazione Amichevole di Incidente - Modulo Blu). Per maggiori informazione e per una consulenza gratuita potete contattare la redazione o mandare una mail al seguente indirizzo: avv.fbattaglino@libero.it.


Michele Campanaro La cucina di Capitanata Progedit - pp. 162 - ¤ 18,00

sissimi, ingredienti genuini e sorprese squisite. Questo ricettario è un invito a mettere la Capitanata a tavola: e ogni giorno ne avrà la fantasia i sapori e i colori della terra Dauna. Siamo nella provincia che vanta almeno quattro primati: in Capitanata si produce la massima parte del grano, del vino, dell'olio e del pomodoro italiani, un enorme riserva produttiva di quattro capisaldi della nostra cucina spiccatamente mediterranea. Una grande vocazione agricola che nel piatto vuol dire genuinità, qualità, sapori schietti e robusti. E poi verdure, frutta, pesce, ortaggi... insomma un vero “bendidio”. Enrico Novello Andrea Sacco suona e canta Aramirè Lecce. Doppio CD audio allegato con brani dell'intervista e con i sonetti di Andrea Sacco.

Vi piace mangiare? Vi piace riscoprire le antiche ricette della cucina di Capitanata? Allora vi intrigherà “La cucina di Capitanata” di Michele Campanaro per Progedit (pp. 162 - ¤ 18,00). Con linguaggio limpido e veloce, in quattordici capitoli l’autore descrive in maniera minuziosa l’antropologia culinaria dell’antica Capitanata: da i sopatavole, alle minestre, ai primi, ai secondi, ai contorni, ai formaggi, al miele, ai dolci, alle ricette del maiale, ai vini, all’olio, ai liquori della nonna. Poi uno spaccato sulla storia e sui colori della cucina (farina, pomodoro e olio). Sì, la Capitanata dai colori del sole. La Capitanata è l'attimo che fugge, l'allegria, il prodigio dell'incanto, un sorriso, una canzone, una festa. La Capitanata è una realtà quotidiana che vive nelle radici di un popolo antico che dal sole, dalla terra, dal mare ha fatto la sua storia. Sono le stesse radici - lo stesso sole, la stessa terra e lo stesso mare - con cui da anni le massaie della Capitanata imbandiscono le loro tavole, in un tripudio di colori e sapori, che vanno dalla terra al mare. Ovunque si vada in provincia di Foggia una cosa è certa: a tavola si trovano piatti gusto-

Andrea Sacco è nato nel 1911 a Carpino (Foggia), dove ha vissuto la sua vita, con l'eccezione della lunga parentesi della II guerra mondiale. Contadino, cantore e suonatore di talento assoluto, ha lasciato tracce molto influenti nella musica popolare. Decine sono le versioni della sua montanara più famosa, Accome j'eia fa' p'ama' sta donne, conosciuta impropriamente come Tarantella del Gargano. E' stato il leader di tre diversi gruppi musicali di cantatori di Carpino che si sono succeduti nei decenni, suonando in tutto il territorio italiano i repertori di sonetti e tarantelle del suo paese. Andrea Sacco ci ha lasciati il 16 Marzo del 2006, “Chi canta e sona non muore mai...”. Il libro, oltre che presentare un ritratto del musicista, esamina il sistema di valori e esperienze umane che hanno segnato la vita di Andrea Sacco, e, in una piccola operazione di storia orale, fa emergere lo spaccato di un mondo orale e contadino che sta scomparendo e dal quale tutti noi in qualche misura proveniamo. Seguono poi le narrazioni dell'incontro e dell'esperienza dell'imparare, ed una lunga intervista ad Andrea Sacco. Mimmo Attademo: solo il cardo è un fiore Nel mese scorso è stato presentato, presso l’Accademia Pugliese delle Scienze di Villa Larocca a Bari, il progetto culturale nato dalla convenzione stipulata tra l’Accademia

Pugliese delle Scienze / Università degli Studi di Bari e l’Accademia di Belle Arti di Bari. Il progetto di collaborazione scientifica presuppone attività di formazione e di produzione didattica nonché di valorizzazione e divulgazione del patrimonio ambientale, culturale, artistico e scientifico del nostro Paese. In occasione dell’evento, è stata allestita una mostra in anteprima, frutto del risultato della ricerca fotografica realizzata dal prof. Mimmo Attademo, docente della Cattedra di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti. La mostra, intitolata “Mimmo Attademo photographer and countryman”, ha proposto le eccentriche, poetiche suggestioni visive di opere fotografiche dedicate al mondo vegetale e a una natura umile e precaria eppure capace di destare nel nostro sguardo un benefico stupore. “Nelle immagini, in modo assai sofisticato ondeggiano”, come scrive il critico Peter Zeller, “fra presenza e memoria, con un uso della fotografia declinato sui toni morbidi di un gusto pittorico, s’intravedono un’antica sapienza ed una consumata esperienza.”. Sono spighe selvatiche, fiori di cappero, mazzi di lavanda o rametti di origano selvatico.




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