Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Anno XIII - n°4 - Giugno 2015

Page 1






Un capoluogo di provincia, sede di uno dei nodi ferroviari più importanti del Mezzogiorno, rischia di venire tagliato fuori dalla linea ferroviaria ad alta capacità ferroviaria grazie ad una bretella che attraverserà sì il territorio comunale, ma ad una decina di chilometri di distanza dalla stazione. Sembra un paradosso. Da che mondo è mondo, le linee ferroviarie uniscono quanti più centri abitati è possibile. Ma non per quanto riguarda Foggia. La linea Napoli-Bari sembra destinata a diventare un’eccezione alla regola. Non credo che in Italia e in Europa ci siano altri casi del genere. Così come non credo che tutti si siano resi conto dell’enormità del danno che potrebbe abbattersi sul capoluogo dauno, e di conseguenza sull’intera provincia. È appena il caso di ricordare che quella di Foggia è l’unica fermata che le Frecce Argento che collegano Lecce, Bari e Roma effettuano nell'intero territorio provinciale, per cui, nel caso in cui questa venisse bypassata con la bretella, l’intera Capitanata resterebbe tagliata fuori L’idea è tanto grossolana da sembrare inverosimile: che vantaggio trarrebbe da questa scelta RFI, se non la perdita dei passeggeri foggiani? Se però osservate attentamente l’immagine sotto, vi rendete conto che tanto invero-

simile il pericolo del bypass non è. La cartina è tratta da un documento ufficiale di RFI ed evidenzia chiaramente la conseguenza della bretella: Foggia viene esclusa dalla linea che non senza una certa enfasi. i grafici dell'ente ferroviario fanno puntare verso Bari. Dal 29 giugno prossimo il raccordo entrerà in funzione senza che RFI abbia ancora ufficialmente fatto sapere cosa intende farne. È un altro degli aspetti amari di questa incresciosa vicenda: nonostante gli impegni più volte assunti di consultare le istituzioni locali prima di assumere decisioni sul progetto, RFI mantiene un atteggiamento assai poco trasparente. Se non fosse per l’avviso pubblico con cui i dirigenti dell'azienda davano notizia dell’allacciamento della linea all’alta tensione, non si sarebbe saputo nulla Secondi alcune anticipazioni pubblicate dal Corriere del Mezzogiorno, la bretella entrerebbe in funzione il prossimo 5 luglio e sarebbe inizialmente riservata al solo traffico merci. Ma già si parla di un collegamento diretto tra Bari e Roma, che partirebbe dal prossimo inverno, utilizzando proprio il famigerato “baffo” di Cervaro. Il Presidente della Camera di Commercio, Fabio Porreca rompe il silenzio: “Proveremo a far valere le nostre ragioni con Trenitalia,

ma ora serve un gioco di squadra. Voglio ragionare nei termini in cui ragiona Elia e dunque dico che se l’urgenza di Trenitalia è quella di dover andare incontro alle esigenze di mercato delle comunità di Bari e di Lecce per le quali si taglia la fermata a Foggia per ridurre i tempi di percorrenza, è bene che certe garanzie Trenitalia le tenga in conto anche per Foggia. In che modo? Penso al traffico ferroviario di stazioni intermedie come Benevento e Caserta,sicuramente meno competitive di Foggia: ha pensato a un treno veloce Foggia-Roma che elimini queste due fermate? E ancora, mi sembra assurdo non prevedere una stazione a Cervaro per l’utenza foggiana. Se il problema è dover saltare la stazione di Foggia, perché si perde tempo in entrata e in uscita, fermare i treni veloci sul baffo di Cervaro non sarà causa di chissà quali ritardi. E si da rendere alla comunità foggiana un servizio in più. Esistono gli esempi in tal senso, come la nuova stazione di Reggio Emilia sull’alta velocità”. E speriamo che in quella occasione la classe dirigente della provincia di Foggia faccia sentire la sua voce”. Alle parole bisogna, come sottolinea il presidente Porreca, dare luogo alle reazioni.


In una stagione storica come l’attuale, attraversata dal cicaleccio parolaio ad ogni livello e dalla filosofia del “si salvi chi può”, imbattersi in un’associazione che pratica la via della concretezza e dell’operatività è come trovare, per dirla con il poeta latino Giovenale (Sat.VI 165), rara avis in terris, nigroque simillima (un vero uccello raro, più di un cigno nero). Così è per l’ Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS) - Sezione di Foggia, che sabato 9 maggio 2015, presso la biblioteca “La magna Capitana” di Foggia, ha chiamato a raccolta tutti i suoi iscritti e simpatizzanti per celebrare la sua 63ª assemblea provinciale e per trattare un tema importante come “La causa di servizio. Collocazione e prospettive nel nuovo millennio”. Sul focus del convegno si sono, pertanto, susseguiti i vari interventi, al cospetto di diverse rappresentanze militari ed associative, dei presidenti regionali UNMS (Campania, Abruzzo, Umbria) e di quelli prov i n c i a l i (L’Aquila, Benevento, Brindisi, Caserta, Chieti, Matera Salerno, Pesaro, Taranto) partecipanti alla manifestazione: dopo i saluti istituzionali di rito (cav. Leonardo Traisci nelle vesti di impareggiabile moderatore; di Leonardo Cassano nella sua qualità di presidente provinciale; del sostituto del vescovo, mons. Vincenzo Pelvi; di Pasquale Russo, assessore provinciale e delegato del presidente della Provincia, Francesco Miglio; di Alfonso Palomba, simpatizzante dell’ Ente morale in parola), si sono alternati alla tribuna una serie di relatori, dall’avv. Raffaele Piemontese ad dr. Domenico De Sanctis dell’Ospedale S. Carlo di Potenza all’avv. Antonio Salvia, patrocinante in Cassazione. Al di là, tuttavia, del tema specifico trattato, rientrante a pieno titolo nello scopo istituzionale dell’UNMS – fondato, è bene ricordarlo, sulla tutela degli interessi morali e materiali dei

mutilati per servizio o dei familiari dei caduti - c’è una dimensione diversa in questa associazione benemerita, che non sempre emerge adeguatamente in superficie. Ci sono, infatti, tre parole “calde”, che sostengono e compongono il sostrato dell’associazione: patria, memoria e fratellanza (solidarietà), tre chiavi importanti per accedere alla comprensione delle ragioni sociali ed umane dello “stare insieme” e del télos (finalità ultima) dell’Ente morale de quo. In quest’ottica, l’ouverture dell’assemblea non poteva non essere affidata alle note dell’Inno di Mameli, il canto degli italiani, che amano ritrovarsi, in piedi e con la mano destra sul cuore, intorno ai valori morali,

civili e storici che esso rappresenta e che l’UNMS si sforza di trasmettere alle nuove generazioni, in uno con il convincimento che l’idea di patria, per quanto oggi affievolita, sia, sempre e comunque, un imprescindibile valore normativo ed educativo, senza del quale non può esserci rinascita civile, intesa come riscoperta - da parte dell’élite politica e di moltissimi cittadini - del senso del dovere, da compiere all’interno dello Stato libero che ci comprende tutti e che tutela le nostre libertà e la nostra felicità. Di qui la “commozione” del moderatore, cav. Leonardo Traisci, uomo che ha profondamente interiorizzato il concetto di patria come storia di libertà e che sa bene come esso vada sempre alimentato con nuovi stimoli - specie in un’epoca come l’attuale, caratterizzata da una sorta di perniciosa amnesia storica - e vada soprattutto coniugato con la dimensione

europea dei nostri tempi. Si tratta, dunque, di procedere ricordando, tanto per citare il filosofo danese S. KierKegaard, nel senso che solo così è possibile mantenere il contatto con le radici e, nel contempo, sentirsi proiettati verso il diveniente. Per questa ragione per gli organi direttivi dell’UNMS, sia a livello nazionale che provinciale, è un imperativo categorico mantenere viva la memoria dei caduti per causa di servizio e dei soci defunti, perché essi sono persuasi, alla maniera di C. Pavese, che la memoria collettiva costituisca la terra sotto i piedi, quella che consente a tutti di muoversi più speditamente, specie se lungo il viaggio della vita si è avuta la capacità di alimentare in progress il sentimento della fratellanza e della solidarietà tra i soci e non solo, come amava dire il generale dei carabinieri Giacomo Dimase, magna pars dell’associazione fino alla sua morte. La solidarietà per i dirigenti della sezione provinciale di Foggia è, dunque, la filigrana attraverso la quale essi leggono la realtà intorno a loro, nella consapevolezza che essa - la solidarietà praticata e non solo sbandierata - sia una scelta, un compito, un’opzione valoriale, le uniche vie possibili perché l’uomo possa trovare il suo fine. Chi ha partecipato, infine, all’assemblea ha sicuramente portato via con sé spunti e stimoli interessanti, grazie soprattutto all’impegno del cav. Leonardo Cassano, presidente dinamico e coinvolgente, e del cav. Leonardo Traisci, moderatore, ai quali senza ombra di dubbio va ascritto il successo dell’iniziativa, molto apprezzata anche dal presidente nazionale dell’UNMS, l’ottimo cav. Antonio Mondello, che, in sede di intervento conclusivo, ha voluto ribadire il suo apprezzamento per i responsabili foggiani, capaci di fare dell’associazione un punto di riferimento per l’intero territorio provinciale. Ad maiora.


Ordona - Serafina Stella è il nuovo sindaco Con 848 voti e il 47,90% la lista civica Ordona Moderna di Serafina Stella conquista il Comune di Ordona con un largo consenso, all’opposizione i candidati Sindaci Michele Lombardi, Francesco Mangino e Silvio Pasciuti. La “Kodaly” torna in piazza

Lo scorso 2 giugno in occasione dei festeggiamenti per il 69° anniversario della Repubblica italiana, l’amministrazione comunale di Orta Nova ha organizzato una giornata ricca di eventi, a partire dal corteo di tutte le associazioni di volontariato presenti sul territorio, per deporre la corona al monumento dei caduti, seguita nella premiazione degli alunni delle scuole primarie e di 1° grado che hanno partecipato al concorso “il mio tricolore” e terminare la serata con il concerto in piazza P. Nenni della corale polifonica “Z. Kodaly” e dell’orchestra da camera “Cappella Federiciana” magistralmente diretti dalla M° Antonella Tarantino, che dal settembre scorso ricopre anche la carica di direttore artistico. Dopo aver intonato l’inno degli Italiani, il concerto si è articolato in due parti: la prima dedicata a Pietro Mascagni con l’esecuzione “dell’inno al Sole” tratto dall’opera Iris e due tra i più celebri brani tratti dalla Cavalleria Rusticana, e un intermezzo di carattere più popolare, con tre brani appartenenti alla cultura napoletana: Reginella, O’surdato ‘nnamurato e O sole mio, che ha svegliato gli animi del pubblico che ha intonato le più celebri parole di queste melodie. La seconda parte è stata dedicata a Giuseppe Verdi con l’esecuzione di brani tratti dal Nabucco, dall’opera i Lombardi alla prima crociata e dalla celebre Traviata, con la conclusione del famosissimo “Libiam nei lieti calici” intonato dai solisti Nicola Di Stasio (presidente della corale) e Dora Iannuzzi, accompagnati dal coro e dall’orchestra. Al termine della serata il sindaco Dino Tarantino ha ringraziato la corale per l’impegno profuso per organizzare al meglio questo concerto sottolineando che le realtà ortesi non devono essere messe da parte. Grande successo della Festa Patronale Ha avuto grande successo la Festa Patronale 2015 di Orta Nova, per la serata di chiusura il comitato organizzatore, di concerto con l’assessore alla cultura del Comune di Orta Nova Nicola Maffione, ha presentato un bouquet di musica e comicità che ha visto sul palco di Piazza Pietro Nenni, la Harlem

Blues Band con il sassofonista James Thompson, ed i comici di Made in Sud Gino Fastidio e Mino Abbacuccio, la conduzione della serata è stata affidata a Veronica di RadioNorba. Una scelta che è ricaduta su due comici di fama nazionale e sulla band ortese, protago-nista da tre anni in tutta Italia nei festival blues più importanti, anche grazie alla collaborazione del sassofonista americano, conosciuto soprattutto per la storica collaborazione con Zucchero Fornaciari. La serata di apertura è stata inaugurata da Vito Mariani e L’Orchestra all’Italiana, cover di Renzo Arbore, dove alla batteria ha suonato l’ortese Giuseppe Di Leo. Nella mattinata del 13 giugno c’è stata la consegna delle chiavi della città al Santo Patrono presso l’obelisco nella villetta in Piazza Nenni e la benedizione dei mezzi. Una festa ancora una volta caratterizzata da diverse difficoltà organizzati-ve, dovute anche alla mancata approvazione dello statuto della Festa Patronale, proposto due anni fa, ma ancora una volta rinviato dal Comune, i cittadini vorrebbero vedere rifiorire una festa che una volta era un punto di riferimento per l’intera provincia. C’è da registrare l’unica defaiance non dovuta alla organizzazione, ma a una nota musicale d’oro attratta dal tintinnio del suono metallico dell’euro. A Carapelle la conoscenza del Mondo

La Cooperativa Sociale Scuola dell'Infanzia Paritaria "Primavera" di Carapelle ha organizzato lo scorso 11 maggio il progetto extracurriculare intitolato "La conoscenza del mondo... È arrivata la Primavera nel Bosco", teso a sensibilizzare i bambini a un corretto approccio verso la natura, il mondo animale e tutti i mutamenti connessi, ivi compresi alcuni ele-menti del territorio per educare al rispetto di ciò che ci circonda. L'iniziativa si è sviluppata in due incontri formativi e di divertimento. Il primo ha riguardato un incontro a scuola con l'Esperto Tecnico Faunistico Michele Zullo, che ha promosso i temi ambientali con video e immagini e ha donato ai piccoli alunni un cappellino con l'intestazione dell'Osservatorio Faunistico Regionale. Il secondo momento ha previsto la partecipazione di bambini e genitori ad alcune attività dimostrative all'aperto presso la Massaria "Agri Resort": grazie agli interventi di Francesco Miglio, presidente della Provincia di Foggia, Domenico Guerra, responsabile Faunistico Regionale, Michele Zullo, la Dirigente Scolastico Anna Lidia Angerame e

la Coordinatrice Educa-tiva Michela Torredimare, è stato fatto volare un falco con l'ausilio di un esperto falconiere e vari animali sono stati recuperati e riabilitati al volo per merito dell'Osservatorio Faunistico Regionale di Bitetto (Ba). Ci sono quindi stati interventi da parte del Servizio Veterinario dell'ASL di Foggia. L'evento è stato poi concluso con un gustoso buffet finale. Grande soddisfazione è stata espressa da tutti i partecipanti, alunni, genitori, autorità e personale educativo della scuola dell'infanzia. Musica, Nuevo Tango Ensamble in tour in Corea del Sud

Riparte dalla Corea del Sud il tour del Nuevo Tango Ensamble, trio composto da Pasquale Stafano al pianoforte, Gianni Iorio al bandoneon, Pierluigi Balducci al basso elettrico. Il 10 Giugno i tre musicisti pugliesi sono stati protagonisti di un live in una importantissima radio di Seul nel programma “Music Camp”, poi concerti a Seoul e a Guri. Il tour è stato supportato da Puglia Sounds Export 2015. Lutto È venuto a mancare agli affetti dei suoi cari, e non solo, Peppino Simone, uomo di cultura e profondo politico. Il suo impegno è stato un punto di riferimento per la Democrazia Cristiana ortese, esempio fulgido di amministratore nel suo trascorso a Palazzo di Città. L’Editore Annito Di Pietro, il Direttore Michele Campanaro e la redazione tutta sono vicini alla famiglia Simone. Anniversario Nozze

Tanti…….. tanti auguri per il felice 40° anniversario di matrimonio ad Antonio Lasalvia e Incoronata Cotoia dalle figlie Maria, Filomena e Annarita, dai generi Donato, Michele e Gianluca e i nipoti Libero, Simona, Danilo, Antonio, Giada Pia Chiara e Michele e non possiamo esimerci noi della redazione, Auguri!


Nasceva settecentocinquanta anni fa il più grande poeta italiano, la cui impresa straordinaria fu adoperare la lingua volgare per dar vita al “capolavoro” della nostra letteratura. Sarebbe sicuramente interessante, ma altrettanto lungo, un dettagliato excursus storico su quanti, nel corso dei secoli, si siano cimentati nella traslitterazione parziale e/o totale dell’opera del Sommo Poeta. La Divina Commedia di Dante, infatti, risulta essere in assoluto il classico maggiormente tradotto nelle lingue dialettali e quasi tutte le regioni italiane ne vantano una o più versioni spesso incomplete. I primi tentativi di traduzione si sono avuti già nel Seicento ma è nell’Ottocento che il fenomeno diventa abbastanza frequente, come si evince dal quadro ricostruito da Stanislao De Chiara in “Dante e la Calabria”. Risultano traduttori dialettali del poema dantesco Vincenzo Gallo “U Chitarraru” di Rogliano, del quale si conservano diversi canti dell’Inferno e tutto il Paradiso, lavoro compiuto tra il 1844 e il 1846 e Luigi Gallucci di Aprigliano, che nel 1847 traduce il canto XXXIII dell’Inferno. Ma bisogna arrivare a Salvatore Scervini (Acri, 1847-1925) per avere il primo tentativo di traslitterazione dell’intera opera dantesca. Anche nell’Ottocento napoletano ci sono altre due interessanti trascrizioni dialettali parziali, quella di Francesco Di Lorenzo, che traduce in versi i primi undici canti dell’Inferno, usciti a stampa col titolo “Il Dante Napoletano” o “La Divina Commedia in dialetto partenopèo” e quella di Raffaele Mastriani. Ma, come scrive Alfredo Stussi, anche nell’Italia settentrionale, le traduzioni della Commedia cominciarono ad essere frequenti intorno al XIX secolo. Carlo Porta (Milano 1775 - ivi 1821) fu il massimo poeta dialettale milanese e i suoi saggi di traduzione della Divina Commedia meritano davvero una menzione speciale. Porta tradusse più o meno liberamente cinque canti dell’Inferno parte in sestine e parte in ottave, e lo fece negli anni tra il 1803 e il 1805, quando non aveva ancora trent’anni, con una freschezza ed un’originalità davvero ineguagliabili. Così anche Francesco Candiani, Giacomo Rotondi, Luigi Demaria e tanti altri si cimentarono nella traduzione di alcuni canti nei rispettivi dialetti. Occorre ricordare che nell’Ottocento Dante fu sempre considerato il simbolo dell’Unità d’Italia e degli Italiani e anche questo dette impulso a letterati e non di intraprendere esperienze di tale tipo. Ma che cosa spinge questi studiosi del mondo dantesco a cimentarsi in così arduo lavoro? C’è chi ha scritto che motivo della traduzione “è quello di adattare all’intelligenza del popolo le sublimi ispirazioni

e i concetti troppo alti del maggior Poeta dell’universo”, è “avvicinare il mondo dantesco alla maggior quantità di lettori”, ma anche “provare a vestire di abiti concettuali sontuosi il linguaggio popolare, la lingua di tutti”. Del resto Dante ha usato per lo più il “volgare” fiorentino, ma avrebbe potuto usare anche la lingua siciliana, assai diffusa e nobile al suo tempo. E, ancora oggi, c’è chi si pone di fronte a così alto lavoro con un obiettivo - sfida ben preciso. “Esplorare le potenzialità della propria lingua madre, il dialetto, nell’esprimere a pieno il mondo dantesco, contenuto nella Commedia”: questo il motore che ha spinto la grande ambizione intellettuale, l’immensa sfida, l’immane impegno in un lavoro a dir poco ciclopico! E’ quanto pensato, progettato e tenacemente ed amorosamente realizzato con passione e perseveranza dal professor Riccardo Sgaramella, studioso, saggista e poeta cerignolano d.o.c., amante della sua “cerignolanità”, personaggio eclettico, riflessivo, arguto e profondissimo conoscitore della vita e delle tradizioni linguistiche e folkloriche della sua terra d’origine, da anni valentissimo socio dell’A.N.PO.S.DI. (l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali che, dal 1952, opera a beneficio del recupero e della salvaguardia delle lingue dialettali e minoritarie). Il nostro ha al suo attivo numerose pubblicazioni di sillogi in lingua ed in dialetto, oltre a vari ed importantissimi saggi, di cui ”Il Dialetto di Cerignola (Analisi Filologica e Contrastiva della nostra Parlata)”, nonché un “Dizionario Etimologico Comparato del Gergo di Cerignola”, ed inoltre un “Dizionario Storico-Etimologico sui Cognomi e Soprannomi” della cittadina dauna, il tutto condito da svariati ed esilaranti testi teatrali di grande successo di critica e di pubblico. Se tutto ciò non fosse poco, mancava appunto un’impresa così titanica… cento canti per un totale di quattordicimila versi…ed eccola realizzata! Opera quindi faticosa e coinvolgente, lavoro compiuto completamente e brillantemente sotto tutti i punti di vista dal prof. Sgaramella, che ha dato notizia di questa sua ultima creatura solo qualche tempo fa, a lavoro completamente ultimato. Infatti venerdì 23 gennaio scorso, presso il Polo Museale di Cerignola, nell’ambito della rassegna “The con l’autore”, di fronte ad un folto pubblico motivato, attento, curioso e stupito dalla grandiosità del lavoro, l’Autore ha concesso una primizia, un assaggio del frutto di questa sua nuova impresa: ha declamato il V Canto dell’Inferno della Divina Commedia in lingua cerignolana con il testo originale “a fronte” letto dall’attrice Giustina Ruggiero, incantando e meravi-

gliando gli astanti. Applausi e felicitazioni a scena aperta meritatissimi! Da una prima lettura del canto in questione si comprende subito l’approccio positivo dello studioso Sgaramella nei confronti dell’Opera, intesa come sostanza e forma. Immediato e chiaro l’assoluto rispetto del contenuto, evidentemente onnipresente la tenace preoccupazione di una ricerca linguistica scrupolosamente curata, anche se è possibile imbattersi talvolta in qualche forma italianizzata, per esigenza di musicalità e/o per aderenza il più possibile al testo dantesco. Le modalità espressive del Nostro sembrano essere, dopo questa parziale lettura, sicuramente quelle di un realismo popolare, in cui attraverso espressioni fresche e immediate si rende viva ed incisiva ogni immagine ed ogni situazione, senza alterare l’inegua-gliabile tensione lirica dell’originale. Sgaramella introduce il luogo infernale del canto con un’efficacia ed una completezza plurisensoriale unica “de deloure e llaturn ne scett a ssicchje” e Minosse che “grizz e s’arrizz” e intanto comincia a delinearsi in tutta la sua intensità la sinfonia sonora e cromatica del luogo, attraverso la scelta di pennellate gergali di grande nitore ed efficacia “l’aggiumend e li conz pe li fest”, “ canna canna”, ma anche neologismi dialettali come “agnuculann” che rendono più vicino e reale quel mondo infernale attraverso un linguaggio che deriva dagli elementi materiali della vita, del lavoro, delle sensazioni che evidenziano la fisicità del luogo che distilla dolore e pianto. Stupendamente reso il passo in cui Francesca racconta del suo amore e della sua rovina in cui sono presenti i numerosi stilemi del linguaggio stilnovistico con spiccati accenti al suo sentire “….No stè chiù gruss delòure Ca fars veneje a mmend u timb feleice Inda la desgrazzje, e quiss u sepe chi t’è prevessoure” ed altrettanto forte il sentire dell’interlocutore, che mosso d’affettuosa pietà, cade a terra come “sajettone” in questa atmosfera di angoscia, di profonda mestizia e di dolore corale. Davvero godibile, quindi, il V canto in questa “veste nuova” che ha la freschezza e la scioltezza di un “dire” che rende facilmente fruibile a tutti il grande Poema e che. recupera il tempo e il mondo di Dante, a testimonianza del rapporto che c’è tra lingua dialettale e Poesia. Infatti il sommo Poeta, in una sua lettera a Can Grande della Scala dichiarava: “Il fine del tutto e della parte è togliere dallo stato di miseria i viventi in questa vita e condurli allo stato di felicità”, un buonissimo motivo che ormai da più di sette secoli, avvicina ogni uomo al grande poema universale in un profondo rapporto dialettico in cui l’autore parla direttamente al lettore e, ad ognuno, in modo diverso, perché diverso è il sentire di ciascuno.


Credo che in ogni uomo esista una contrada interiore, nella quale, come in una sorta di cassetto segreto dell’anima, gradatim confluiscono volti, pensieri, immagini, fermenti, palpiti, sensazioni ed emozioni del passato, che sono lì in attesa di un Kairòs che li faccia emergere in superficie, anche se per l’espace d’un matin, riportandoli alla lucentezza di un tempo. Di tanto in tanto questo magma sentimentale spinge dall’interno e, urgendo alla coscienza, pirandellianamente chiede di uscire dalle nebbie del tempo trascorso e di avere una nuova vita, per quanto effimera. Il tempo opportuno (Kairòs) così è finalmente arrivato … ma cinquant’anni dopo il 1965, anno della maturità conseguita presso il liceo classico “V. Lanza” di Foggia: Giuseppe Iarussi, infatti, deus ex machina dell’evento, sabato 2 maggio 2015, ha chiamato a raccolta, presso l’aula magna della scuola, tutti i “maturati” del 1965 (3ª A, 3ª B e 3ª C), che hanno positivamente reagito all’iniziativa, accorrendo da ogni parte d’Italia (v. la foto riportata e i luoghi di provenienza ) per concedersi uno stimolante ritorno in montes patrios et ad incunabula nostra (Cic. Ad Att. II 15), un salutare “tuffo nel passato”, cioè, alla ricerca degli echi di un tempo e di uno spazio ormai lontani ma sempre presenti nelle distese della memoria che non hanno misura. Non si è trattato, però, di una operazione, per così dire, “archeologica”, segnata dalla nostalgia di segno sentimentale o psicologico, perché l’entusiasmo della reciproca accoglienza, dopo anni di lontananza, ha decisamente superato quell’aura di leopardiana mestizia che inevitabilmente il passato porta con sé, per dare spazio alla gioia dell’incontro e al piacere di stare insieme ancora una volta, dopo i cinquant’anni trascorsi dal tempo in cui, adolescenti, attraversavamo i corridoi del “glorioso” liceo classico, allora diretto dall’arcigno preside Antonio Regina, capace di costellare il suo forbito eloquio di tanti “unque”, suscitando l’ilarità degli studenti. C’è stato inevitabilmente anche lo spazio per fare emergere dalla nebulosità del passato il ricordo di questo o quell’episodio, di questo o quel docente, di questo o quell’amico non più visto e, tuttavia, sempre presente nel cuore e nella mente, ma senza cedimenti alla retorica, a testimonianza di come la scuola sia una delle esperienze più significative della traiettoria esistenziale di ogni uomo, densa di risonanze intellettuali ed affettive, anche quando ci si ritrova arricchiti dall’argento dei capelli e un po’ scolpiti dalle rughe dell’età. L’abilità del factotum (Giuseppe Iarussi) dell’iniziativa ha fatto, poi, il resto, perché, sotto la sua sapiente regìa, anche il ricordo si è colorato di riverberi nuovi, che hanno avuto il sapore della ricompo-

sizione “festosa” di una stagione irripetibile della vita di ognuno, quella dell’adolescenza, ferma per sempre in una memoria senza tempo, oltre quello della riscoperta di un’età fresca come la brezza mattutina e insieme riposante come la serale sfinitezza autunnale. È riuscito, infatti, Giuseppe Iarussi, artefice indiscusso dell’iniziativa, a confezionare un mix straordinario di memoria, musica ed arte, in grado di inserire l’evento all’interno di un contesto più ampio, sostanziato dal desiderio di “costruire un ponte ideale” tra i “ragazzi di ieri” e i “ragazzi di oggi” (gli uomini di domani) attraverso una sorta di passaggio generazionale di testimone, fondato sull’ “orgoglio” dell’appartenenza ad una delle scuole più importanti della città di Foggia (oggi diretta dall’ottimo Giuseppe Trecca, che ha seguito la “bella” manifestazione per l’intera giornata), nella quale si sono formate intere generazioni di eccellenti professionisti. Così, accanto alla memoria, vero e proprio fil rouge dell’evento, nella prima parte della mattinata un noto attore foggiano, Giovanni Mancini, con il suo monologo “U’ tirett da’ memoria”, sorretto dalla penetrante vis del dialetto, ha consegnato all’uditorio - e soprattutto ai giovani presenti, accorsi nell’aula magna del liceo classico (udite, udite!) in un giorno per loro di vacanza straordinarie pagine di costume (riferite agli anni Sessanta, quelli dell’adolescenza dei “reduci” presenti, formatisi in quel periodo presso il liceo classico “V. Lanza”) che hanno suscitato il divertimento e l’ilarità di tutti indistintamente. Nella seconda parte

della mattinata, poi, completando il quadro degli anni Sessanta da un altro punto di vista, la Beatles Tribut Band, costituita da quattro pregevoli giovani musicisti (John Lennon: Filippo D’Angelo; Paul McCartney: Michele Troiano; George Harrison: Marcello Milano; Ringo Starr: Roberto Ugo Ricciardi), ha riproposto molti brani del celeberrimo gruppo rock di Liverpool, che da un lato ha segnato un’epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art, dall’altro ha accompagnato l’adolescenza degli ex liceali del 1965, intervenuti al piacevole revival. L’ordito complessivo - articolato nei diversi momenti indicati - in fondo non si è configurato come fine a se stessa, perché ha trovato fondamento nel télos ultimo dell’evento, consistente nella volontà dei liceali di allora (divenuti, poi, affermati medici, avvocati, ingegneri, magistrati, presidi, docenti, dirigenti nella pubblica amministrazione, bancari ecc.) di trasmettere agli studenti che affollano oggi le aule del liceo classico il messaggio del filosofo di Cordova, secondo il quale si apprende non scholae se vitae, proprio come recita l’aforisma latino riportato sul fermacarte “donato” per l’occasione a tutti i “maturi” del 1965. Operazione ben riuscita, dunque. Poi tutti insieme alla Tenuta Villaggio S. Lucia (Contrada Posta Tuori - SS 89) per un convivio beneaugurante, felici e grati a chi ci ha “costretto” - con la sua “cartolina precetto”, da tutti con piacere accolta - a ripercorrere i sentieri della memoria e del cuore ad un tempo. Valete, compagni di scuola di un tempo ormai lontano.


È stata una domenica speciale per la comunità cristiana di Orta Nova. Infatti a celebrare la Santa Messa dedicata al Corpus Domini è stato nella Chiesa B.V.M. Addolorata S. E. Mons. don Nunzio Galantino, da poco più di un anno nominato da Papa Francesco segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. Al termine della liturgia eucaristica in cui ha scherzosamente sottolineato come il suo primo pensiero al mattino “non è cosa raccontare ai giornali ma sforzarmi di essere testimone di Cristo”, è stato invitato da don Giacomo Cirulli (suo concittadino e collega parroco a Cerignola) a tenere un incontro intitolato “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, in occasione degli eventi religiosi per la Festa Patronale di Sant’Antonio. Affabile, disponibile e dal linguaggio semplice, don Nunzio ha anticipato i temi che saranno trattati durante il Quinto Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze dal 9 al 13 novembre, raccontando la Chiesa che ci chiede il Sommo Pontefice, “vicina alla gente, capace di osare e mettersi in gioco”. Davanti a un numeroso pubblico di fedeli, giunti anche da paesi limitrofi, il segretario della CEI ha spiegato che ciascuno di noi “deve sporcarsi le mani, anticipare i tempi e sentirsi responsabile: la cosa più triste è aver reso la Chiesa irrilevante, solo un complemento d’arredo. Invece bisogna chiamare

le cose per nome, non restare impassibili di fronte a barbarie e ingiustizie e cercare una nuova umanità”. Quale è quindi il significato della Convegno di Firenze? Galantino lo esprime chiaramente: “Vuole presentare il fascino e la bellezza del nuovo umanesimo in Cristo. I luoghi e le esperienze di incontro a Firenze devono rappresentare dei pellegrinaggi, in cui ciascuno di noi ha occhi, cuori e mani rivolti all’evangelizzazione”. E in tal senso è significativa la tappa di Papa Francesco a Prato, “un paese in cui convivono 127 comunità da tutto il mondo e dove la multiculturalità consente di guardare dal basso verso l’alto, cioè concretizzarsi sul concreto”.

Non sono poi mancati riferimenti a Evangelii Gaudium, l’enciclica del Vescovo di Roma che esorta il popolo cristiano a portare il messaggio di Gesù in ogni parte del mondo. “La sua proposta è di passare da una pastorale di conservazione a una pastorale missionaria, intesa come passione per Gesù ma anche passione per il suo popolo; va bandita la psicologia della tomba che trasforma i cristiani in mummie da museo e logora la fede”. Questo concetto di allontanare il grigio pragmatismo e la nostalgia del tempo che fu è stato espresso meglio con una divertente metafora: “Quando ero ragazzino si usavano i pantaloncini cort i e tutti mi dicevano come sei carino e bello, poi è arrivata la moda dei pantaloni alla zuava e mi ripetevano gli stessi complimenti; oggi invece se mi vestissi così cadrei nel ridicolo. Bene, alcune persone cristiane la pensano, sbagliando, in questa maniera: siccome alcune cose funzionavano prima, perchè non potrebbero funzionare ora?”. Infine, su domanda di don Giacomo, Galantino ha indicato la via da seguire per mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù: “Bisogna avere modelli di vita positivi e far in modo che la Chiesa si confronti sul Vangelo: è fondamentale parlare di più di Gesù e della nostra esperienza di fede perché siamo innamorati delle cose di Gesù ma spesso non lo siamo di lui”.

La musica e la passione ortese del coro “Cultura in Musica” diretto dalla professoressa Antonella Tarantino vincono il primo premio assoluto al concorso internazionale di musica “Città di Sannicandro di Bari” con il punteggio di 98/100. Pensate a un gruppo di musicisti e cantanti di età compresa tra i quattro e i sedici anni che arrivano da tre cittadine diverse della nostra provincia, Candela, Sant’Agata e Orta Nova, e a una professoressa un po’ folle che ama le sfide. I ragazzi esprimono più volte il desiderio di partecipare a un concorso - sarà mica contagiosa la sua passione? - e lei decide, nella sua testa l’idea è già ben delineata, che durante l’anno i tre gruppi proveranno lo stesso repertorio, non si sa mai ... Spulciando in rete scopre che a Sannicandro di Bari si tiene un concorso musicale internazionale che ha dalla sua, oltre alla giuria presieduta dal professore Sallusti e composta da professionisti della musica, - un docente di canto, uno di pianoforte e uno di direzione d’orchestra - la cornice suggestiva che lo ospita: l’appena ristrutturato Castello Normanno Svevo,

un luogo che farà certamente respirare un po’ della nostra storia ai suoi ragazzi, perché imparino ad amare l’arte e la cultura in tutti suoi volti. Inutile dire che i tre gruppi hanno accolto hic et nunc la proposta di diventare un coro diffuso: la musica ha cancellato i chilometri e, come fa una legatura di valore, ha sommato i singoli elementi per dare più rilievo e pregio al risultato complessivo. Iscritto al concorso - che si è tenuto dal 21 maggio al 7 giugno con più di cento partecipanti nelle varie categorie - nella sezione “voci bianche”, il coro è stato anche accompagnato dal vivo dagli allievi di batteria, chitarra, clarinett o e pianoforte e ha sviluppato il tema dei canti di protesta con brani come Da fratello a fratello di Franco Fasano e Pensa di Fabrizio Moro. La giuria consegnando il premio ha infatti motivato il primo posto assoluto con “la perfetta intonazione del gruppo canoro e orchestrale”. I latini ci insegnano che ad augusta per angusta, ovvero che i traguardi non si raggiungono senza sacrifici e la professoressa Tarantino ne ha dato prova laureandosi in pianoforte con ottimi voti al Conservatorio "Umberto Giordano" di

Foggia e successivamente conseguendo brillantemente la laurea in Didattica della musica e direzione di coro. L’associazione “Cultura in Musica” nasce nel 2012 dopo tanti anni di esperienza per avvicinare i suoi allievi anche ad altri strumenti e di conseguenza alla musica d’insieme. Quest’anno, inoltre, ha ideato un percorso dal titolo “Mamma, papà ti porto all’opera”: un’attività di ascolto di fiabe musicali dove genitori e figli trascorrono un’ora insieme all’insegna della musica. La professoressa Tarantino è inoltre direttore artistico della corale “Z. Kodaly” che si è esibita lo scorso 2 giugno in piazza Pietro Nenni in occasione dei festeggiamenti per il 69° anniversario della Repubblica. Ora è a lavoro per il saggio di fine anno dell’associazione che si terrà il 26 giugno alle ore 19:00 presso il teatro dell’Istituto San Tarcisio di Orta Nova e sono certa che “ne sentiremo delle belle”: buon ascolto!


È su Facebook la furia di Sergio Ricci, e di preciso sul gruppo “Sei di Carapelle se”. Lo scorso 9 maggio pubblica le foto di alcune zone del paese definendole un “letamaio” e chiede alla classe politica del paese:”Sindaco, amministrazione, maggioranza, minoranza questo voi come lo chiamereste?” e a quelli che hanno collaborato a produrre questo letamaio oltre a raccomandare una bella lezione di educazione civica, li mette in guardia: “fate molta attenzione da questo momento in poi, essere beccati in flagranza non sarà una bella esperienza. Vergognatevi, chiunque voi siate e qualsiasi età abbiate!”. Tanti i consensi a ripulire il paese

e tanti sono anche i cittadini che si sono dati appuntamento Domenica 14 giugno dalle ore 8.30 alle ore 13.00 in piazza Giovanni Paolo II. Ma, spuntano anche commenti del tipo: “Scusate ma noi dobbiamo pulire il paese, l’immondizia che la paghiamo a fare?” Ma subito vengono messi a tacere: “Ma una giornata ecologica non ha mai fatto male a nessuno, tasse o non tasse, insegniamo ai nostri ragazzi un più di umiltà, non siate sempre rabbiosi contro tutto e tutti.” Grazie a tutti gli attivisti di “Sei di Carapelle se” qualcosa nel paese già si è smosso, infatti, l’amministrazione ha provveduto a fine maggio a tagliare l’erba delle “aiuole” e della

invisibile “pista ciclabile”, scopo di tale evento, ci spiega Sergio Ricci, è avere un seguito e non aspettare che uno, due o più cittadini denuncino o pubblichino foto scabrose di zone sporche e simili a delle giungle! Quello che è accaduto sul gruppo facebook non è passato inosservato agli occhi degli amministratori, tanto meno del sindaco Remo Capuozzo che annuncia un vento di cambiamento, dalla rinegoziazione dei mutui alla gestione della S.I.A. l’azienda di smaltimento rifiuti, e termina dicendo: Resto sempre disponibile al confronto, purché non si faccia caciara e si dica la oggettiva verità sui fatti passati, presenti e sulle progettualità future.”

Ormai anche i politici prediligono la linea diretta con il cittadino anche perché è il cittadino stesso a chiamarlo o a incoraggiarlo alla discussione. Meglio rispondere o rimanere neutrali? Certo, è consigliabile una buona dose di calma e serenità prima di accedere a internet e soprattuto su Facebook. Se tra Maurizio Gasparri e il cantante Fedez orami è un girotondo di querele e tweet intimidatori. A Carapelle è il sindaco a placare gli animi dei compaesani che chiedono un’amministrazione più attenta ai cittadini e al paese ormai da più di due anni nel degrado più assoluto. Così Remo Capuzzo, tra politichese e retorica ndr, scrive agli “amici del gruppo” (gruppo facebook Sei di Carapelle se) in termini di confronto civile, definendolo ”il sale della democrazia se fatto senza dietrologie o presi da sentimenti di rancore personale, dicendo sempre la verità” e ancora, “Lo spirito che ci anima è questo in quanto parlo anche a nome di tutti gli altri amministratori che sorreggono la mia maggioranza.” I temi trattati spaziano dal palco fontana alla “cattedrale nel deserto” (l’auditorium) soffermandosi poi sui danni della precedente amministrazione con alcune considerazioni: “Un buon padre di famiglia nella gestione ordinaria della sua casa stabilisce delle priorità se ha risparmi e soldini da spendere, figuriamoci poi se deve fare dei mutui per poterle realizzare. Sicuramente le priorità della nostra comunità in quel contesto temporale e penso anche ora, erano ben altre.” e attacca l’allora sindaco Alfonso Palomba:"Il risultato qual'è stato, realizzare una fontana parzialmente inagibile costruita appena pochi anni fa e una cattedrale nel deserto (Auditorium) che resterà sul groppone a tutti noi, si dico bene “cattedrale nel deserto”. Nel momento che si realizzano opere pubbliche ad utilità pluriennale, la legge impone a chi le fa di prevedere nei rispettivi bilanci i costi di funzionamento delle stesse. La razio della norma

è proprio quella che una volta realizzata l'opera le stessa entri in funzione grazie alle previsioni di spesa per il suo funzionamento che devono iscritte in bilancio. Cari concittadini tutto questo non è avvenuto, ci hanno lasciato un “Mausoleo” che con grandi sforzi, buone idee anche da voi suggerire, cercheremo di rendere fruibile alla collettività. Tutto ciò, per dovere istituzionale, è stato segnalato alla Corte dei Conti, aspettiamo fiduciosi l'esito del controllo. Con un terzo della spesa occorsa per realizzare il “Mausoleo”, costato qualche milioncino di euro, si poteva benissimo realizzare una cosa più utile a tutti noi, tipo una piscina coperta comunale, struttura che si sarebbe mantenuta da sola col pagamento delle rette di chi avrebbe fruito del servizio, opera che avrebbe sicuramente portato nuova occupazione nel paese. Purtroppo hanno ritenuto di fare una scelta politica diversa, non era questa la priorità per Carapelle.” Poi ritorna sulla questione della piazza, dove fu proprio Capuozzo nel suo primo mandato a iniziare i lavori: “Voglio solo ricordarvi che alla fine del mio 1° mandato ho lasciato in cassa circa 400.000.000 di lire, che hanno bruciato in pochi attimi per pagare le penali ed annullare i lavori di opere già appaltate e cantierizzate, e rifarne altri i cui risultati, per le considerazioni che ho già espresso, sono sotto gli occhi di tutti. Di contro loro rispetto al denaro contante trovato in cassa cosa ci hanno lasciato, un disavanzo conclamato, al limite del dissesto finanziario, che con grossi sacrifici stiamo cercando di riequilibrare.” Poi riprende la questione economica: “grazie ad una gestione oculata delle spese e delle entrate, chiuderemo in attivo il rendiconto della gestione 2014.” e spiega il perché dei gettoni in più percepiti da lui e dagli amministratori: “Quello che noi percepiamo in misura ridotta, rispetto agli ex che l’hanno percepita per intero, tranne gli ultimi mesi

del loro mandato, è un compenso certificato previsto per legge, è sotto gli occhi di tutti e che ricompensa solo in parte il lavoro gravoso e pieno di insidie e responsabilità di chi amministra la cosa pubblica, come loro ben sanno da ex amministratori. Non a caso la legge le prevede anche per scongiurare forme di corruttela e concussione, fenomeni diffusi tra chi amministra la cosa pubblica. È un mentore chi asserisce il contrario dicendo di voler fare “pseudo volontariato” togliendosi il compenso, diffidate sempre da tali soggetti perché hanno altri grilli per la testa. Noi percepiamo quello e dico solo quello! Siamo tutti di Carapelle e bene o male ci conosciamo. Da Sindaco al 1° mandato vivevo in una abitazione non di mia proprietà, ho continuato a farlo per altri dieci anni e ora che sono di nuovo Sindaco vivo sempre nella stessa casa. Al contrario voi tutti ben sapete dei notevoli incrementi patrimoniali che alcuni ex amministratori e parenti loro prossimi hanno avuto da quando hanno iniziato a fare politica” e invita i cittadini a giudicare “i fatti a prova di smentita”. In altre occasioni vi terrò aggiornati sulle risultanze di verifiche che sono in corso in merito a rinegoziazione di mutui, concessioni e contratti di appalto di forniture e servizi (SIA ecc.) che abbiamo ereditato e che tanto nocumento hanno arrecato per la loro cattiva gestione alla casse comunali. Qualche chicca c’è già, stiamo acquisendo la necessaria documentazione con lo spirito di ridurre e razionalizzare i costi, favorire nuove entrate (non tasse ma recupero di quanto dovuto al Comune) e mettere in evidenzia l’imperizia e la cattiva gestione se c’è stata. Resto sempre disponibile al confronto, purché non si faccia caciara e si dica la oggettiva verità sui fatti passati, presenti e sulle progettualità future." Infine si scusa per lo sfogo, ma poi rammenta: “alcune precisazioni vi erano dovute”.


La grande famiglia dell’A.N.PO.S.DI., l’associazione nazionale dei poeti e scrittori dialettali, operante sin dal 1952 sul piano della tutela e salvaguardia delle lingue dialettali e minoritarie, ha celebrato il consueto Convegno di Primavera dal 21 al 25 maggio scorso ad Occhiobello, in provincia di Rovigo, nell’incantevole terra veneta ai confini con l’Emilia e Romagna. Ospiti dell’Unaway hotel(****) i numerosissimi soci ed i loro accompagnatori hanno vissuto un’esperienza memorabile per l’accoglienza loro riservata, la sensibilità e la professionalità dell’intero staff, in un clima di cordialità, di cultura e di divertimento. Come sempre il convegno è stato ricco ed interessante sotto ogni aspetto come annunciato, in ogni dettaglio, nel programma. Godibili davvero le magnifiche escursioni mattutine che hanno portato i visitatori nel cuore del mondo estense, nelle vie e nelle piazze di Ferrara, ricca di vestigia storiche di altissimo rilievo architettonico e l’unicità dell’escursione in barca lungo i canali interni dello specchio vallivo del Delta del Po, con soste e visita alle antiche stazioni di pesca. Sotto un cielo non molto ben disposto ed un’acquerugiola intermittente, si è ammirato

Alberi vandalizzati, avvelenati, abbattuti indiscriminatamente; per non parlare poi dei furti di verde pubblico e del suo generale utilizzo come discarica. E tutto ciò, senza provocare il minimo sentimento di sdegno, tra gli abitanti. È questa la triste fotografia che emerge da un’inchiesta che lo Sguardo ha voluto promuovere sul territorio di Ortanova, per verificare quanto sia estesa la disaffezione degli stessi cittadini, verso la cura e la conservazione del verde pubblico. Tre episodi, risultano sufficienti a fornire un quadro illuminante ed al tempo stesso sconcertante, sulla questione. Il primo, grave ed alquanto singolare, è quello avvenuto nella notte tra il 19 e 20 agosto 2014 in via XXV Aprile, dove cinque alberi furono tagliati all’altezza della metà del tronco. Una prima denuncia partita su facebook, fu immediatamente ripresa dal noto Blog dei 5 Reali Siti, che diede poi ampio risalto alla notizia. Da alcuni commenti di residenti, quegli alberi erano divenuti veri e propri bagni pubblici all’aperto, così qualcuno ha “pensato bene” di risolvere il problema eliminandoli. Resta aperto l’inter-

la flora e la fauna di un ambiente così unico e ricco, riconosciuto “patrimonio dell’Unesco” in ambito ambientale, una vera eccellenza per la straordinaria biodiversità e ricchezza del suo paesaggio. Dal punto di vista culturale, notevoli gli apporti dei vari dotti relatori su poesia e dialetto; particolare attenzione ha destato la brillante relazione del prof. Giuseppe Chicchi, docente di Economia del TurismoFacoltà di Economia - Università “La Sapienza” di Roma, sul tema”Lingua letteraria e dialetti in Dante a 750 anni dalla nascita” Sempre molto atteso da tutti il rituale “Recital di poesia” nei vari dialetti, che ha visto pro-

rogativo: se magari allertando le autorità preposte, non si sarebbe potuto risolvere il problema in maniera diversa… Il secondo episodio, avvenuto in tutta tranquillità alla luce del giorno, riguarda poi l’abbattimento di un albero secolare collocato all’interno della Cantina Sociale di viale Ferrovia, tra il 27 ed il 28 gennaio 2015. Vivo nel ricordo dei residenti, la maestosità e la fierezza, con cui l’arbusto si ergeva verso il cielo. Nessuno, sa spiegare il motivo di questo strano abbattimento, dal momento che l’albero era sano e non rappresentava alcun pericolo per i passanti. Resta aperto solo un interrogativo: giacche nel corso degli anni tutti gli alberi storici piantumati lungo

tagonisti tutti i poeti convenuti, entusiasmandoli ed emozionandoli. Molto piacevoli i momenti d’intrattenimento serali con musiche dal vivo, ma anche con performance di grande impatto emozionale: il “Coro Gruppo Alpini di Bassano del Grappa”, grandemente apprezzato ed applaudito per la finezza dell’esecuzioni e per la carica evocativa che suscitava negli ascoltatori. Un convegno questo, come del resto ogni volta, da ricordare perché ricco, preciso, puntuale nella progettazione e nella realizzazione, merito, in primis, dell’infaticabile Presidente A.N.PO.S.DI., dott. Mimmo Staltari e della moglie, signora Teresa, dei suoi più stretti collaboratori tra cui il Delegato della Puglia Annito Di Pietro e di quanti, con grande passione ed entusiasmo, si dedicano al raggiungimento degli obiettivi dell’Associazione. Ed infatti, dobbiamo a loro ed a persone così, se oggi i dialetti hanno finito di essere sinonimo d’incultura e se già in qualche regione italiana si legifera a tutela delle lingue dialettali e minoritarie, ritenute ormai da tutti patrimonio di vita da non disperdere, eredità di chi ci ha preceduto e che andrà consegnato per intero alle generazioni che verranno. viale Ferrovia sono stati estirpati spesso con giustificazioni alquanto discutibili… l’ultimo albero di epoca risalente, ancora oggi esistente su questo tratto di strada, seguirà presto la triste sorte dei suoi simili? Il terzo ed ultimo episodio, ma solo in ordine di tempo, risale infine a poche settimane fa e riguarda il singolare furto di alcune piante, appena interrate nell’area limitrofa al complesso che ospita gli Uffici del 118. Qui l’interrogativo aperto invece, è se si sia trattato di furto o, di puro atto vandalico. Concludiamo perciò questa nostra Inchiesta, con un commento tratto sempre dal Blog dei 5 Reali Siti; al quale non riteniamo di dover aggiungere davvero nulla. “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza… Il canto 26 dell’Inferno è un vero inno all’importanza della conoscenza. Attraverso le parole di Ulisse si percepisce che la conoscenza non ha né età né limiti. Quando il Sindaco Moscarella fece scolpire queste parole prima dell’ingresso della villa comunale, molti cittadini si offesero, altri ironizzarono su come ci si possa permettere di fare dichiarazioni così offensive verso gli ortesi. Moscarella aveva ragione… Quella mano che ha tagliato gli alberi non appartiene a una minoranza di gente incivile; quella è la mano di tutti gli ortesi, compresa la mia… Se quelli tagliano, gli altri se ne lavano le mani. Questa, signori, è la cruda realtà. Che Dio abbia cura delle vostre anime!!! (GIO’ V.)”


In occasione della “Giornata Mondiale della Poesia - Unesco” avvenuta sabato 21 marzo 2015, alle ore 18:00, si è svolta la premiazione ufficiale del concorso poetico - letterario a carattere nazionale, “Memorial Vincenzo Carbone”, ormai giunto alla nona edizione. L'evento, ideato nel 2006 per commemorare le prematura scomparsa del professore e poeta Vincenzo Carbone, si avvale dell'alto patronato della Presidenza della Repubblica, della Provincia di Foggia, del Comune di Cerignola e della Federazione dei Club e Centri UNESCO.

Il concorso, che ha visto anche la partecipazione delle classi quarte del I° Circolo didattico “N. Zingarelli” di Orta Nova (FG), prevedeva l'invio di un componimento poetico inedito, redatto in lingua italiana, relativo al tema scelto: “SPALANCA LE TUE BRACCIA...”, scegliendo la Gardenia come simbolo di condivisione, di pace e di solidarietà tra i popoli. A tal proposito, la Commissione che ha valutato gli elaborati, ha premiato l'impegno dei nostri alunni assegnando il secondo posto, nella sezione “Scuole Elementari”, alla poesia intitolata: “Spalanca

A distanza di 14 anni dalla sua scomparsa, Ortanova torna a parlare della straordinaria figura umana e religiosa del Sacerdote don Michele Ventrella; in occasione della donazione alla comunità di due opere fotografiche, avvenuta nelle scorse settimane da parte del Giornalista dott. Massimo Beccia, collocate nella Sala Studio Giovani della locale Biblioteca Comunale. Grande è stato l’impegno del dott. Beccia in questi 14 anni, perché la memoria del defunto Parroco non cadesse nell’oblio della dimenticanza. Ma chi era don Michele Ventrella, e cosa ha fatto per il nostro Paese? Per scoprirlo, noi bambini della IV B, abbiamo intervistato l’insegnante della nostra scuola, Annarita Di Conza. Domanda: Quali sacramenti hai ricevuto da lui? Risposta: Il sacramento del Battesimo, della Comunione e della Cresima. D.: Da quando hai cominciato a frequentare la parrocchia della SS. Addolorata? R.: Da quando avevo la vostra età, cioè in quarta elementare. D.: Quali doti speciali egli possedeva? R.: Sapeva accogliere tutti indistintamente, tanto è vero che quando arrivarono gli albanesi nel 1991 ad Orta Nova diede un’ottima accoglienza cercando di offrire loro il necessario. Inoltre, era sempre pronto a chiedere scusa riconoscendo le proprie manchevolezze; era molto vicino ai giovani, dando loro piena fiducia nella collaborazione in parrocchia. Sapeva far stare bene tutti quanti e creare un centro di aggregazione nella parrocchia dove si respirava un clima gioioso. D.: Cosa facevate voi giovani per dimostrargli la vostra vicinanza? R.: Il giorno del suo anniversario di sacerdozio (15 agosto) eravamo soliti dividerci in 3 gruppi e animare con il canto le messe di quella giornata, poiché eravamo molto affezionati a lui. D.: Quando e perché Don Giacomo è stato assegnato come collaboratore a Don Michele? R.: Don Giacomo è stato indicato come collaboratore nel 1998, perché Don Michele aveva bisogno di aiuto in quanto aveva seri problemi di salute; perciò, in quel periodo,

in parrocchia avevamo un parroco e un vice parroco. Ma anche negli anni prima si erano avvicendati altri sacerdoti italiani e di altra nazionalità per aiutarlo. D.: Quale esperienza hai condiviso con Don Michele? R.: Noi giovani abbiamo condiviso con lui un percorso di fede e momenti di convivialità. Con lui si sono organizzati dei campi scuola, era sempre partecipe alle feste di compleanno di noi ragazzi. Mi ricordo che, una volta, alla pasquetta dovevamo parteciparvi in tanti e andare a Napoli con un pulmino guidato da lui ma, solo in sei ci siamo presentati sul luogo di incontro. Pensavamo che il viaggio non si sarebbe più effettuato e che, pertanto, sarebbe stata una brutta pasquetta. Con il suo bel carattere, invece, Don Michele, senza perdersi d’animo, ci portò ugualmente e trascorremmo una piacevolissima giornata. D.: Quale ricordo conservi in riferimento alle festività più importanti? R.: Don Michele, con la piena collaborazione di tutti i fedeli parrocchiani, organizzava sempre al meglio tutte le principali feste religiose e ogni volta, cercava sempre di lasciare un’impronta come ricordo indelebile. Rammento quando una volta a Pasqua fece mettere un enorme striscione con la scritta “Cristo è risorto” a partire dalla chiesa al campanile. D.: Cos’altro ricordi di lui? R.: Ricordo che era anche spericolato nella guida: una volta mentre eravamo con lui nel pulmino, il camion davanti a noi fece una brusca frenata ma Don Michele fu pronto a frenare per evitarlo e noi siamo stati sbalzati in avanti. Fortunatamente il tutto si è risolto con un grande spavento. Ricordo anche che, durante i viaggi amava raccontare barzellette e cantare in dialetto. La sua canzone preferita era “Quanno nascette u ninne” e “Violino zigano”. Fin qui i ricordi dell’insegnante Di Conza; ma noi bambini abbiamo voluto intervistare anche i nostri genitori, parenti e conoscenti. Ebbene tutte le nostre interviste concordano nel ricordare Don Michele come una persona allegra, affettuosa, disponibile, semplice, caritatevole, al servizio di tutti, di spiritualità francescana.

le tue braccia”, scritta dall'alunna Elena Tartaglia, inserita nella classe quarta sez. D. Nella serata di gala in cui è avvenuta la premiazione, allietata dall'intervento della scrittrice Stefania Di Lino che ha declamato alcune delle sue poesie, il Club UNESCO di Cerignola ha consegnato ai vincitori, nonché ai Dirigenti scolastici, una targa ricordo oltre all'attestato di partecipazione. Il tutto si è realizzato nella splendida cornice della sala conferenze del Polo Museale Civico di Cerignola (ex-Opera), divenuto ormai punto di riferimento culturale per tutto il basso Tavoliere e dedicato a personaggi del luogo che hanno dato lustro alla città, quali il compositore Pietro Mascagni, l'onorevole Giuseppe di Vittorio, il padre del vocabolario della lingua italiana Nicola Zingarelli e tanti altri.


Avvocato cercasi San Pietro e Lucifero, seduti allo stesso tavolo, aspettano le anime appena uscite dai loro corpi, per aggiudicarsele e portarle, rispettivamente, in Paradiso o all’Inferno. Tutto è filato liscio per alcune ore, poi accade l’imprevisto. I due si contendono l’anima di un alto dirigente. Lucifero la vuole perché lo ritiene reo di aver favorito l’inquinamento ambientale facendo interrare i rifiuti tossici della sua fabbrica in terreni prossimi ai campi coltivati; il secondo, invece, ricorda le munifiche offerte fatte dal defunto al Convento della zona e quindi lo ritiene degno di entrare in Paradiso. Lucifero, cattivo qual è, pone termine alla discussione afferrando l’anima del Dirigente e scaraventandola giù nell’Inferno. San Pietro allora interviene: “Questa non te la perdono! Mi rivolgerò a qualche avvocato che sta in Paradiso e ti farò causa!” Lucifero allora scoppia a ridere fragorosamente e dice: “La tua è fatica sprecata. Gli avvocati li ho tutti io!” Chi comanda in famiglia? Dopo la vivace discussione con Lucifero, San Pietro che ha ancora, come suol dirsi “un Diavolo per capello” torna in Paradiso, ma qui lo attende una vivace discussione fra Santi e Sante, che si accalorano per sostenere, gli uni, che in famiglia comandano i mariti; le altre che, invece, sostengono il contrario. Per verificare,allora, chi veramente comandi in casa, San Pietro fa mettere due cancelli per gli uomini: il primo riservato agli uomini che, in vita, si facevano comandare dalle mogli; il secondo riservato a quelli che, invece, in casa comandavano. In 5 ore e 59 minuti di transito di migliaia di anime di uomini trapassati, San Pietro si rende conto che nessuna ha varcato il secondo cancello. Allo scoccare della sesta ora, però, vede un uomo fermo davanti al cancello n. 2 ed esclama, contento: “Ecco finalmente un uomo che ha comandato!” L’uomo, però, resta fermo davanti al cancello, senza varcarlo e San Pietro si avvicina e chiede: “Perché non entri?” “Non posso” - risponde l’uomo - “prima che spirassi, mia moglie mi ha detto: cerca un posto libero, davanti all’ingresso e non muoverti fino a quando non arrivo io! Il sorvegliante Antonio, come molti sanno, ha lavorato per molti anni presso lo stabilimento Fiat (Sofim) dell’Incoronata di Foggia e quindi ha avuto a che fare con molti dirigenti e, soprattutto, con molti “sorveglianti”, il cui compito principale era quello di impedire che gli addetti alla catena di montaggio operassero più lentamente del previsto, si distraessero o si concedessero delle pause, sia pure brevi, fossero anche per soddisfare i bisogni corporali. Uno di tali sorveglianti, un cinquantunenne scorbutico e scostante, si distingueva per la sua ostinata persecuzione. Antonio allora, in una pausa-pranzo, essendosi messo d’accordo con alcuni colleghi di lavoro, vedendolo avvicinarsi (il compito del sorvegliante era anche quello di fare la spia contro gli operai) aveva alzato la voce e aveva detto: “Sapete cari amici dell’ultima scoperta della medicina? In questi giorni è stato sperimentato il trapianto di cervello su un paziente affetto dal Morbo di Altzaimer. Quando dovevano scegliere il cervello da trapiantare al posto di quello malandato e ormai non più funzionante del pa-

ziente, i chirurghi avevano discusso su tre cervelli disponibili, ciascuno custodito, sotto alcool, in un boccale di vetro. Il primo aveva l’etichetta: “cervello del matematico X , anni 73”; il secondo: “cervello dello scrittore Y, anni 81”; il terzo: “cervello mai usato, anni 51”. Alla fine di una dotta discussione, i tre neurochirurghi avevano optato per il cervello più giovane e, soprattutto, indenne da fatiche mentali.” A quel punto, come d’accordo, un compagno di Antonio aveva detto: “Possiamo sapere a chi apparteneva quel cervello mai usato?” “Caro Giuseppe” - aveva risposto Antonio - “quello era il cervello di un sorvegliante della Sofim”. A quel punto, il sorvegliante si era allontanato, con la coda fra le gambe inseguito dalle risa di scherno di tutti gli operai del reparto. Poi era stata la volta di Franco, che aveva raccontato due aneddoti molto gustosi ma così boccacceschi che ho ritenuto di non pubblicare, per non incorrere nella censura, non da parte del Direttore Michele Campanaro, che sicuramente li avrebbe fatti passare, ma dell’Editore Annito Di Pietro, uomo noto per la grande pudicizia e il non meno grande timore di Dio. Passo, pertanto, al racconto edificante di Pasquale. Il regalo pasquale Il Sabato Santo del 1980, qualche minuto prima delle 13, Pasquale, appena uscito dalla tabaccheria un tempo gestita da Antonio Martucci, si era fermato sull’ampio marciapiede antistante per accendersi la sigaretta tanto desiderata nelle tre ore presedenti di astinenza e tutti i fumatori sanno che la sigaretta fumata dopo una lunga astinenza ha un odore e un sapore speciali. A interrompere quello stato di beatitudine e a richiamarlo alla realtà era stata la voce di un uomo che si trovava a bordo di un’auto che pochi istanti prima si era accostata al marciapiede e si era fermata. “Scusate”, aveva ripetuto l’uomo, che intanto usciva dalla macchina, un signore anziano dall’aria distinta e che parlava con un chiaro accento foggiano, “potreste indicarci qualche produttore privato che fa del buon vino?” Poi, come a prevenire la risposta prevedibile di Pasquale aveva aggiunto: “No, non fatemi il nome di una grande cantina privata, come hanno fatto le altre persone alle quali ci siamo rivolti. Quelle trattano migliaia di quintali di uve di centinaia di produttori diversi e che poi vengono manipolate dagli enologi. Noi vogliamo festeggiare la Santa Pasqua e la Pasquetta bevendo un rosso “Sangiovese” genuino prodotto da un solo coltivatore, onesto al punto da non annacquarlo e siamo disposti a pagarlo anche un po’ più del prezzo di mercato! La decisione di Pasquale era stata immediata. “Risalite in macchina e seguite la mia macchina”- aveva detto, gettando via la sigaretta fumata a metà e avviandosi verso la propria macchina parcheggiata a pochi metri di distanza. Aveva acceso il motore e si era diretto verso “u zinne di Crapell” (in fondo a Corso Umberto, per chi vuole andare a Carapelle. Giunto all’incrocio col palazzo Traisci, egli aveva svoltato a sinistra per fermarsi, qualche centinaio di metri dopo davanti alla sua piccola cantina privata, che ancora oggi egli possiede e nella quale vinifica le uve destinate al suo consumo privato, oltre a quelle prodotte da Antonio nel suo piccolo vigneto.

Aveva aperto la porta e invitato i due uomini ad entrare. Aveva fatto vedere le piccole botti di legno nelle quali erano contenuti sia il vino rosso (“Sangiovese”, appunto) che quello bianco (un ottimo “Trebbiano d’Abruzzo”) e aveva concluso dicendo: “Ecco il vino che cercate. E’ quello che bevo io. Assaggiatelo!” I due uomini erano rimasti entusiasti sia del vino rosso che del bianco, ma l’anziano aveva espresso il suo rammarico dicendo: “Sono due vini eccellenti, ma purtroppo abbiamo solo una damigianetta da 5 litri, perciò scegliamo quello rosso”. Pasquale l’aveva riempita, poi aveva aggiunto: “Ho solo questo bottiglione da due litri. Ve lo riempio di vino bianco. Siete contenti? “Contentissimi! E dite: quanto vi dobbiamo in tutto?” “Niente. Domani è la Santa Pasqua. Festeggiatela in allegria, bevendo il mio vino e brindando alla vostra salute e anche alla mia!” I due uomini si erano profusi in ringraziamenti e, prima di rimettersi in macchina per tornare a Foggia, l’anziano aveva dato il suo biglietto da visita a Pasquale. In esso era scritto: Professor Giovanni Maiellaro, docente di Lettere presso il Liceo Scientifico “A. Volta” di Foggia. Seguivano l’indirizzo e il numero di telefono. Il professore poi aveva aggiunto: “Non so in che modo potrei ricambiare la vostra gentilezza. Se avete dei figli che studiano e posso esservi utile, non esitate a rivolgervi a me.” Pasquale aveva messo quel biglietto nel suo portafogli e non ci aveva pensato più. Era tornato a casa contento perché sapeva di aver fatto una cosa buona e aveva mangiato con più gusto del solito. L’anno successivo il secondogenito di Pasquale, Giuseppe si era iscritto al primo anno del Liceo scientifico di Cerignola e subito si era trovato in difficoltà con una materia nuova, il latino. Al primo colloquio con gli insegnanti, la professoressa di Lettere aveva detto a Pasquale che Giuseppe andava bene in tutte le sue materie, ma in latino era un disastro. Pasquale allora si era ricordato del professor Maiellaro e aveva ritrovato il biglietto da visita. Aveva preso con se Giuseppe e lo aveva portato a Foggia. Il professore si ricordava bene di Pasquale, anche perché ne parlava spesso con i colleghi portandolo come esempio della maggiore disponibilità e generosità della gente umile della provincia rispetto agli abitanti istruiti della città. Fattosi spiegare da Giuseppe le difficoltà che incontrava nello studio del latino, gli aveva detto di venire a Foggia ogni sabato perché lo avrebbe incanalato sulla strada giusta in pochissime lezioni. Giuseppe andò a Foggia per un mese, cioè per quattro lezioni che però furono sufficienti a colmare le sue lacune e a imparare il metodo giusto di studio di quella nuova lingua e infatti non incontrò più difficoltà fino al termine del liceo. Quando Pasquale andò a Foggia per pagare le ripetizioni, il professor Maiellaro disse che non voleva assolutamente nulla, perché era felice di ricambiare la generosità ricevuta l’anno prima. Pasquale lo rese ancora più felice portandogli, il giorno dopo, quattro damigianette di vino, due di rosso “Sangiovese” e due di “Trebbiano”, che quell’anno erano migliori dei vini offerti l’anno prima. - “Vedete, cari amici” - aveva concluso Pasquale, con convinzione - “che il bene fatto non va mai perso e prima poi viene ricompensato.” Mi piace chiudere l’articolo con questa perla di saggezza. (Fine)


Non è stata casuale la scelta della sede (Unione dei Comuni dei Cinque Reali Siti) per organizzare un tavolo tecnico e iniziare a parlare di un sogno forse non così irrealizzabile. I presidenti di Stornarella Mario Fiordelisi, Carapelle Mariano Tarantino, Stornara Giuseppe Rotordam, Ordona Clemente Terribile e G&T Orta Nova Antonio Torchiarella, coadiuvati dall’ex dirigente dell’Orta Nova Carlo Dalla Zeta, si sono incontrati per porre le basi verso la costituzione di un’unica squadra di calcio in grado di poter giocare nel torneo di Promozione in sostituzione del Carapelle, pronto a scomparire dopo la decisione di Tarantino di abdicare. Fautore dell’iniziativa è stato Fiordelisi, che ne ha spiegato le peculiarità: “Il nostro obiettivo è di formare una so-

cietà rappresentativa dei cinque comuni dei Reali Siti e costituita da calciatori qui residenti, dal settore giovanile fino alla prima squadra”. Progetto ambizioso e pienamente condiviso dai presenti ma anche dagli assenti (Maria De Sanctis per l’U.S. Orta Nova e Rocco Volpone per l’Herdonia) che richiederà unità di

Al culmine di una lunga carriera ricca di successi e soddisfazioni, Paolo Bianco, calciatore nel ruolo di difensore centrale, ha deciso di appendere le scarpette al chiodo al termine della quinta stagione consecutiva giocata con la maglia del Sassuolo. Originario di Ordona, Bianco muove i primi passi nel mondo del pallone con la maglia del Foggia, quando diciottenne è chiamato da Delio Rossi a comandare il reparto arretrato dei satanelli in serie B con un altro giovanissimo atleta, Joseph Oshadogan. I buoni rendimenti in maglia rossonera convincono il selezionatore della Nazionale Under 21 Marco Tardelli, che lo fa debuttare in maglia azzurra nel 1998 durante la partita Italia-Galles. Il suo percorso in ascesa prosegue poi a Treviso,

dove disputa ben 148 partite tra serie B e C diventandone anche il capitano. Successivamente si trasferisce a Catania, contribuendo alla promozione in serie A degli etnei, ma il debutto nel massimo torneo italiano avviene con la maglia del Cagliari il 10 settembre 2006 proprio contro la sua ex squadra. In Sardegna rimane fino al 2009, sotto la guida di allenatori come Marco Giampaolo, Franco Colomba e Massimiliano Allegri che lo schierano costantemente nell’undici titolari. Dopo una breve e sfortunata esperienza a Bergamo, culminata con la retrocessione degli orobici a fine campionato, arriva per Bianco la chiamata del Sassuolo, formazione che si appresta a disputare la terza stagione di fila in serie B. Con i neroverdi allenati da Eusebio

intenti e di vedute. Durante l’incontro si è discusso di aspetti pratici, come la scelta del campo (il Fanelli di Orta Nova dovrebbe essere il preferito) e l’affidamento della presidenza a un imprenditore locale superpartes disposto a sposare la causa. Non mancheranno le difficoltà logistiche, come l’individuazione di una rosa competitiva in un torneo così duro come la Promozione e il reperimento di sponsor per sostenere le spese. Ultimo aspettato trattato dai presidenti ha riguardato il rapporto con le amministrazioni comunali e l’ente sovracomunale dell’Unione per studiare strategie e atti di indirizzo utili per realizzare il progetto. Il primo passo è stato compiuto e le premesse per tramutare in realtà quello che sembra a tutti gli effetti un sogno sembrano buone.

Di Francesco conquista la sua personale seconda promozione in serie A, al culmine di una stagione straordinaria ed entusiasmante. Al termine della sfida casalinga contro il Genoa dello scorso 31 maggio, Paolo Bianco ha annunciato il proprio ritiro, omaggiato in campo da compagni di squadra, staff tecnico e tifosi, che ne hanno apprezzato le doti umane e professionali. Bianco ha concluso così la sua esperienza da calciatore con 524 presenze e 13 reti, equamente divisi tra torni di serie A, B e C, ma pare non sia intenzionato ad abbandonare il mondo del calcio: per lui infatti potrebbero aprirsi le strade verso la carriera da allenatore. Pur essendosi allontanato da casa a soli 22 anni, Bianco ha sempre mantenuto un legame fortissimo con la sua terra natale sposandosi a Ordona e accettando l’incarico di presidente onorario della società calcistica impegnata quest’anno nel torneo provinciale di Seconda Categoria. In suo onore, la società Sassuolo Calcio ha voluto realizzare un divertente video in cui chi lo ha conosciuto in questi ultimi anni saluta scherzosamente il suo addio ai campi di gioco.


C’era anche una piccola rappresentanza di Orta Nova tra i Podisti di Capitanata che hanno parteci-pato, tra i 1360 atleti provenienti da tutta Italia, al Campionato Italiano FIDAL Master (età superiore ai 35 anni) di Corsa su strada, Individuale e di Società di 10 km, disputato domenica 7 giu-gno a San Salvo Marina (Chieti). La gara, organizzata dall’A.s.d. Podistica di San Salvo, si è disputata in condizioni climatiche difficili per un caldo opprimenti e temperature oltre i 30° C, ma la fatica è stata attenuata dal clima di entusiasmo e cordialità tra i runners e il numeroso pubblico accorso per assistere all’evento sportivo. Per la formazione foggiana è stato conquistato un brillante settimo posto (su 160 società complessive), che testimonia la crescita esponenziale del movimento podistico in termini di risultati con-seguiti. Grande soddisfazione

I ragazzi del gruppo PON “Zum Zum 4” della Scuola Primaria 1° Circolo Zingarelli di Orta Nova hanno ottenuto un prestigioso secondo posto alla XV edizione del Premio Nazionale di giornalismo scolastico “Carmine Scianguetta” di Avellino. Il concorso, punto di riferimento nazionale del mondo del giornalismo scolastico, ha visto la partecipazione di oltre 250 scuole di ogni parte d’Italia e si è svolto il 28 e 29 maggio a Manocalzati, piccolo centro vicino ad Avellino. La scuola ortese è stata premiata per il giornalino “Zum Zum 4”, realizzato nell’ambito di un corso PON dello scorso anno scolastico con la collaborazione del giornalista Emanuele Faccilongo e dell’insegnante Vittoria Santoro. La giuria si è detta entusiasta del lavoro svolto con la seguente motivazione: “Il giornale racconta e testimonia una vita scolastica ricca di percorsi interessanti

è stata espressa anche dai quattro corridori ortesi, Mario Gasbarro, Michele Marseglia, Massimo Picchirallo e Serafino Di Gianni, che ben si sono disimpegnati nella gara: soprattutto Gasbarro, giunto al traguardo 345° con una media di 4 minuti e dodici secondi percorsi per chilometro, ha dimostrato di essere in forma e di poter competere ad alti

che sono stati sapientemente riportati tra le sue pagine. La grafica si presenta in modo equilibrato ed accattivante e suscita vivo interesse nel lettore che gusta tutto d’un fiato il piacevole reportage”. In effetti il giornalino scolastico è ricco di spunti interessanti, dall’attualità alle vicende scolastiche,

livelli. “Siamo partiti alle 6:30 da Orta Nova, sapevamo del caldo che ci aspettava in gara e durante il viaggio abbiamo approfittato delle soste per un caffè e per bere un po’ d’acqua, in modo da arrivare in buone condizioni al via”, racconta Di Gianni; a lui fa eco Picchirallo che spiega: “Dopo la DeeJay Ten sul Lungomare di Bari, abbiamo disputato un’altra bella gara a San Salvo Marina in riva al mare con tanti runners da tutta Italia!”. Per la cronaca, tra le donne ha vinto Sonia Martini della Cambiasso Running Team Genova (37’46”, 3’47” al km) mentre per gli uomini ha trionfato Giovanni Auciello dell’Atletica Casone Noceto-Parma (31’27”, 3’08” al km); tra le società, primo posto femminile per l’A.s.d. Runners Chieti, mentre tra gli uomini ha conquistato il gradino più alto del podio l’Atletica Avis Castel San Pietro (Bologna).

dalla presentazione del personale della scuola a una lettera a Papa Francesco, dai mondiali di calcio 2014 alle ricette internazionali. Insomma un buon lavoro seguito da un giusto riconoscimento che sprona ancor di più l’istituto diretto dalla dirigente Margherita Palma e della vice Teresa Trecca a continuare le attività offerte dai fondi europei, che mirano all’accrescimento delle competenze dei ragazzi nei diversi ambiti della scienza, dell’arte e della cultura, soprattutto quella che mira al potenziamento delle conoscenze della lingua madre. La nuova programmazione 2014/2020, ai nastri di partenza, offrirà di certo l’opportunità di continuare, per il quinto anno consecutivo, la pubblicazione del giornalino che è un orgoglio per tutti i ragazzi e i docenti della scuola.


INCOMUNICABILITA Quando non c'è più comunicabilità si sprofonda nell'abisso della solitudine. Grandi e frequenti silenzi separano i cuori ormai colmi di indifferenza. Nell'aria solo eco di voci indecifrabili. La vita scivola vuota di sogni e di ideali. La rabbia divora i pensieri e la speranza ha solo spazi lontani. Enzo Dell’Accio FEDE - SPERANZA - CARITÀ Non ammazzare la Fede, offenderesti il Creatore che te l'ha donata.

Ma soprattutto ama tuo fratello perchè fa parte della tua vita: appartenete infatti alla stessa mamma. Rocchina Morgese IL SIGNORE E LA VECCHINA DEVOTA Una vecchina molto devota al Signore lo pregava ogni sera e lo invocava per la conquista del Paradiso quando sarebbe giunta la sua ora.

Non ammazzare la Speranza, è una fiammella sempre accesa nel futuro.

Era serena e forse felice per il suo quotidiano che scorreva liscio e metodico.

Non ammazzare la Carità, domani sarai ricompensato da chi hai aiutato.

Frequentava la Chiesa, amava la famiglia, frequentava buone amicizie.

Il detective struzzo Sempre più spesso siamo raggiunti da notizie di cronaca che sorprendono, sconvolgono. Ci sono ormai noti i nomi del piccolo Loris, Yara Gambirasio, Sara Scazzi, Chiara Poggi, Samuele. I fatti atroci, che i media sembra abbiano piacere ad affrontare con un ripetersi ossessivo di immagini e dettagli, lasciano gli spettatori attoniti davanti a squarci di crudeltà umana. Parliamo di atti violenti, epiloghi drammatici di situazioni al di sopra di ogni sospetto o alle volte il semplice completamento di morti annunciate. La cronaca nera diventa cronaca da tutti i giorni, prêt-à-porter. I fatti non vengono più solo raccontati, ma emerge forte la necessità di dibattere, ciascuno con le proprie competenze criminologiche, per alcuni effettive e per altri conquistate sul campo. Non ci sconvolgiamo più dei colpi di scena durante le indagini, siamo tutti alla ricerca di colpevoli, alibi, armi del delitto e moventi, sempre più smaliziati nell'esprimere pareri in merito, ci agganciamo e sganciamo idealmente anche noi “spettatori” dalle celle telefoniche all'ora del delitto, leggiamo trascritti di intercettazioni, condanniamo e assolviamo imputati. Noi, piccoli detective dei tempi moderni. Siamo pronti a leggere i fatti, quando però i fatti sono già accaduti. Sono appunto fatti (participio passato). I professionisti sono chiamati a leggere fatti già accaduti che sembrano essere arrivati da un funzionamento psichico quotidiano, costante, a tratti poco equilibrato ma che fino all'atto criminoso non era stato visibile o meglio non era arrivato agli onori della cronaca. Come è possibile allora che ciò accada? Un elemento che non esisteva ieri nella mente alcun individuo, come può essere esploso oggi sotto gli occhi di tutti? È immaginabile che si "impazzisca improvvi-

samente" tanto da mettere in atto fantasie atroci di vendetta contro qualcuno o di annientamento fisico e definitivo di un essere umano? O forse qualcosa nel passato psichico oltre che nel passato storico di un individuo è rintracciabile? Se non vogliamo ignorare secoli di storia e di evoluzione delle scienze psicologiche dovremmo protendere per la seconda ipotesi, in fondo la più conveniente. Mi spiego meglio. La nostra società sembra riconoscere autorevolmente un peso a criminologi e psichiatri che sappiano spiegare il fatto nefasto già accaduto ma non sembra intenzionata a riconoscere professionalità a chi ai fatti dà uno spessore psicologico proprio mentre le cose accadono, alle volte anche ad insaputa del diretto interessato se i fatti si svolgono in una dimensione inconscia. Questi professionisti, con il proprio bagaglio tecnico, sarebbero in grado di valutare la qualità dei fatti psichici mentre se ne fa esperienza intervenendo, se necessario, per prevenire derive pericolose per sé e per gli altri. E sappiamo bene che “prevenire è meglio che curare”! Proprio forse per la paura che l'essere umano ha di entrare in contatto con alcuni aspetti del proprio essere, con angosce, emozioni piacevoli ma difficili da vivere, fantasie inaccettabilmente aggressive, anche la società in fondo rimuove queste dimensioni dal vissuto di tutti. Così facendo diventa impossibile vederle, poter costruire un pensiero cosciente di questi elementi, salvo poi assistere a una sorta di deflagrazione sporadica attraverso gesti eclatanti e “inspiegabili”, inaccettabili. Uno degli effetti di tale meccanismo di rimozione si concretizza nella possibilità di non dar credito alle scienze psicologiche, non percependone il valore. Infatti gli psicologi nei servizi pubblici sono pochi, gli utenti autocensurano alla propria mente la possibilità di rivolgersi ad uno psicologo

Ma un giorno successe quello che ella temeva da qualche anno: il Signore la richiamò in Cielo, forse le promise il Paradiso. Ella si rifiutò di credere che la candela della vita si stava per lei spegnendo. E così parlò: “Signore, il Paradiso può attendere, concedimi ancora tempo e io continuerò a pregarti in terra. Il Signore, con bonomia e pazienza, rispose: Hai sempre fatto il tuo dovere, hai pregato, hai osservato i comandamenti, sei stata generosa con chi ne aveva bisogno, hai servito la famiglia e l'hai amata. Il tempo per te è ormai trascorso, e devi rassegnarti alla legge della natura, c'è un tempo per nascere e un tempo per morire. La mattina seguente trovarono la vecchina con il viso rassegnato ma disteso. Rocchina Morgese per via di una sorta di stigma interno socialmente supportato dal pregiudizio, gli interventi di prevenzione nelle istituzioni risultano pochi e sporadici, gli psicologi figure inesistenti. Il senso comune ci dice che si possono fare barzellette sui carabinieri, forse per esorcizzare la figura superegoica protettiva ma anche giudicante che rappresentano, ma gli psicologi come categoria suscitano anche meno ilarità, solo molta paura. Lo psicologo si occupa di ciò che la società vuole ignorare e quindi non va visto come le cose di cui si occupa. Lo psicologo porta un paio di occhiali che la nostra società non vuole indossare. Eppure quando i giornalisti ci parlano di cronaca nera, io mi chiedo dove era la psiche degli imputati nei giorni precedenti ai fatti, negli anni addietro, quando erano bambini, poi adolescenti e infine adulti. E dove era la società che vedeva crescere queste persone e gli psicologi che forse hanno avuto modo di incrociare anche solo per un attimo questi individui? Nessuno aveva gli occhiali giusti per vedere o chi li aveva poteva solo sussurrare agli altri il racconto timido di ciò che aveva osservato. Certo, la professione che rappresento non risolve tutti i problemi, per alto complessi, della nostra società e dell'essere umano ma da questo discorso sembra emergere un punto fermo: un dato di fatto che il detective moderno non vuole vedere è che anche quelli che uccidono, violentano, si annientano in rapporti sbagliati, investono da ubriachi pedoni alla fermata dell’autobus, torturano animali, abbandonano bambini per strada, “giocano” negli autolavaggi a perforare intestini dell'amico di turno (e qui mi fermo per questioni di spazio), ebbene anche loro hanno una psiche. Detto tra noi, che rimanga un segreto sia chiaro, una psiche, un inconscio lo abbiamo tutti. Nessuno è escluso, neanche gli scettici in materia. Se volete segnalare un argomento da affrontare in questa rubrica potete scrivere a m.trecca@prospettivapsi.it *Psicologa-Psicodiagnosta-Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico informazione




Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.