Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Gennaio/Febbraio 2015

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Il tema della famiglia è al centro di un’approfondita riflessione ecclesiale e di un processo sinodale che prevede due Sinodi, uno straordinario - appena celebrato - ed uno ordinario, convocato per il prossimo ottobre. In tale contesto, ho ritenuto opportuno che il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali avesse come punto di riferimento la famiglia. La famiglia è del resto il primo luogo dove impariamo a comunicare. Tornare a questo momento originario ci può aiutare sia a rendere la comunicazione più autentica e umana, sia a guardare la famiglia da un nuovo punto di vista. Possiamo lasciarci ispirare dall’icona evangelica della visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,3956). «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”» (vv. 41-42). Anzitutto, questo episodio ci mostra la comunicazione come un dialogo che si intreccia con il linguaggio del corpo. La prima risposta al saluto di Maria la dà infatti il bambino, sussultando gioiosamente nel grembo di Elisabetta. Esultare per la gioia dell’incontro è in un certo senso l’archetipo e il simbolo di ogni altra comunicazione, che impariamo ancora prima di venire al mondo. Il grembo che ci ospita è la prima “scuola” di comunicazione, fatta di ascolto e di contatto corporeo, dove cominciamo a familiarizzare col mondo esterno in un ambiente protetto e al suono rassicurante del battito del cuore della mamma. Questo incontro tra due esseri insieme così intimi e ancora così estranei l’uno all’altra, un incontro pieno di promesse, è la nostra prima esperienza di comunicazione. Ed è un'esperienza che ci acco-

muna tutti, perché ciascuno di noi è nato da una madre. Anche dopo essere venuti al mondo restiamo in un certo senso in un “grembo”, che è la famiglia. Un grembo fatto di persone diverse, in relazione: la famiglia è il «luogo dove si impara a convivere nella differenza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66). Differenze di generi e di generazioni, che comunicano prima di tutto perché si accolgono a vicenda, perché tra loro esiste un vincolo. E più largo è il ventaglio di queste relazioni, più sono diverse le età, e più ricco è il nostro ambiente di vita. È il legame che sta a fondamento della parola,

che a sua volta rinsalda il legame. Le parole non le inventiamo: le possiamo usare perché le abbiamo ricevute. È in famiglia che si impara a parlare nella “lingua materna”, cioè la lingua dei nostri antenati (cfr 2 Mac 7,25.27). In famiglia si percepisce che altri ci hanno preceduto, ci hanno messo nella condizione di esistere e di potere a nostra volta generare vita e fare qualcosa di buono e di bello. Possiamo dare perché abbiamo ricevuto, e questo circuito virtuoso sta al cuore della capacità della famiglia di comunicarsi e di comunicare; e, più in generale, è il paradigma di ogni comunicazione. L’esperienza del legame che ci “precede” fa sì che la famiglia sia anche il contesto in cui si trasmette quella forma fondamentale di comunicazione che è la preghiera. Quando la mamma e il papà fanno addormentare i loro bambini appena nati,

molto spesso li affidano a Dio, perché vegli su di essi; e quando sono un po’ più grandi recitano insieme con loro semplici preghiere, ricordando con affetto anche altre persone, i nonni, altri parenti, i malati e i sofferenti, tutti coloro che hanno più bisogno dell’aiuto di Dio. Così, in famiglia, la maggior parte di noi ha imparato la dimensione religiosa della comunicazione, che nel cristianesimo è tutta impregnata di amore, l’amore di Dio che si dona a noi e che noi offriamo agli altri. Nella famiglia è soprattutto la capacità di abbracciarsi, sostenersi, accompagnarsi, decifrare gli sguardi e i silenzi, ridere e piangere insieme, tra persone che non si sono scelte e tuttavia sono così importanti l’una per l’altra, a farci capire che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità. Ridurre le distanze, venendosi incontro a vicenda e accogliendosi, è motivo di gratitudine e gioia: dal saluto di Maria e dal sussulto del bambino scaturisce la benedizione di Elisabetta, a cui segue il bellissimo cantico del Magnificat, nel quale Maria loda il disegno d’amore di Dio su di lei e sul suo popolo. Da un “sì” pronunciato con fede scaturiscono conseguenze che vanno ben oltre noi stessi e si espandono nel mondo. “Visitare” comporta aprire le porte, non rinchiudersi nei propri appartamenti, uscire, andare verso l’altro. Anche la famiglia è viva se respira aprendosi oltre sé stessa, e le famiglie che fanno questo possono comunicare il loro messaggio di vita e di comunione, possono dare conforto e speranza alle famiglie più ferite, e far crescere la Chiesa stessa, che è famiglia di famiglie. (continua 1) Dal Vaticano, 23 gennaio 2015, Vigilia della festa di san Francesco di Sales FRANCISCUS


Mi è canovaccio, mentre scrivo, il sondaggio avviato on line da Lo Sguardo sui 5 Reali Siti sul futuro dell’“Unione”, che sembra preannunciare una fine infausta per l’ente sovracomunale nato nel dicembre del 2008: su un totale di 105 votanti, infatti, ben 65 (62%) hanno sottolineato l’inutilità dell’ente; 37 (35%) hanno affermato l’urgenza di un maggior impegno della politica sul versante dell’incisività dell’ente, considerato, però, utile; mentre solo 3 intervistati (3%) hanno dichiarato di non avere alcuna idea a proposito dell’ente in parola. Ho piena consapevolezza che l’esito del sondaggio, data l’esiguità del campione su una popolazione complessiva di quasi 38.000 abitanti dell’“Unione”, sia poco significativo ai fini di un monitoraggio organico circa il consenso che l’“Unione” trova oggi, dopo più di sei anni dalla sua “nascita”, tra i cittadini del comprensorio, ma so anche che tale risultato si colloca all’interno della sfiducia nei confronti della politica, in questi tempi disorientanti assai diffusa tra la gente, che non sopporta più le pantomime dei diversi “attori” politici in campo, più disponibili oggi all’urlo e allo sberleffo che non al confronto tra le parti nella direzione del bene comune. Rebus sic stantibus, mi chiedo come sia possibile che la gente possa apprezzare le potenzialità - ancora inespresse, fra l’altro - dell’ente sovracomunale, se nei consigli dell’“Unione”, come in quello di Carapelle del 20 ottobre 2014, si assiste, sgomenti e costernati, ad una sorta di incessante batracomiomachia in chiave moderna tra i denigratori di professione (che discettano in modo arrogante e vacuo sul cammino compiuto finora dall’“Unione” senza sapere di che cosa parlano) e i nuovi consiglieri che di volta in volta arrivano in consiglio, quasi sempre “spaesati “e confusi dalle ciarle dei “vecchi” consiglieri.

Quello che più sconcerta, però, nel vuoto delle discussioni consiliari - che richiamano le atmosfere beckettiane del teatro dell’assurdo, sempre in bilico tra il comico e il tragico - è la mancanza evidente di un idem sentire, ovvero di una reale condivisione del progetto: nascono proprio da questo deficit le aberranti minacce del presidente di turno che vuole stracciare lo Statuto e darlo alle fiamme, prefigurando cupi scenari da “notte dei cristalli” (Berlino, 9 -10 novembre 1938); le estenuanti diatribe sulle vicende evolutive dell’“Unione” (2008-2013), durante le quali, come è nel costume italico di sempre, tutti puntano il dito verso l’altro autoassolvendosi, mentre nessuno ha l’onestà intellettuale di interrogarsi sul futuro, preferendo le geremiadi inconsistenti sul passato alla progettazione del futuro e soprattutto ignorando di proposito che ogni cosa si spiega solo se viene correttamente storicizzata. Ricordo ai gufi professori - per dirla con Matteo Renzi - e alle tante cassandre di turno che la storia è fatta di tanti piccoli passi sul cammino della civiltà e che il segreto della vita - come ritiene il filosofo danese S. Kierkegaard - consiste nel procedere ricordando: necessita, cioè, anche sul terreno dell’“Unione” procedere consapevolmente verso il futuro, ma senza nulla smarrire e senza nulla vanificare del passato, a meno che non si voglia retrocedere verso il non-essere, verso il nulla, verso la fine dell’avventura “unionista”, come è nei pensieri inconfessati di molti. Solo chi è in cattiva fede, infatti, può continuare a blaterare (nel tentativo di nascondere il proprio vuoto progettuale rispetto alla “polis sovracomunale”), dal momento che è più facile “distruggere” che “costruire”: ad ogni sindaco o consigliere, per partito preso schierato sul versante dell’inutilità dell’ente, dico semplicemente che è arrivato il tempo di dimostrare la propria valentìa o, per dirla con il

poeta (Inf. II, 9), gli ricordo che d’ora in poi qui si parrà la tua (sua n.d.a.) nobilitate, nel fare, cioè, più e meglio di chi ha operato nel passato. Io non sono di certo contro l’azione di critica e ritengo che vada sempre e comunque tutelato il diritto di espressione (Je suis Charlie), anche perché sono profondamente convinto che la discussione sia sinonimo di libertà, di democrazia e di rispetto nei confronti di chi ha opinioni diverse, così come insegna Voltaire (Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu possa esprimerla), ma ritengo nel contempo che non si possa confondere la discussione con la lite fine a se stessa o con la furia iconoclastica di chi è predisposto - per mero pregiudizio - a dire sempre no a prescindere, come direbbe Totò se fosse ancora vivo. D’ora in poi, non volendo più scrivere di “Unione”, sarò sulla riva del fiume, come recita il proverbio cinese, ma non certo per aspettare il cadavere del mio nemico (absit iniuria verbis), bensì solo per essere spettatore di mirabilia, di cose meravigliose e soprattutto mai viste prima.


Orta Nova - Festeggiato San Sebastiano Anche quest’anno la città di Orta Nova è stata sede della 9ª Edizione della Festa di San Sebastiano, protettore dei Vigili Urbani. L’evento si è svolto con la partecipazione di tutti i corpi della polizia municipale dei comuni dei Reali Siti. La manifestazione ha avuto inizio presso il Largo ex Gesuitico con il raduno dei mezzi, subito dopo è seguita la celebrazione della SS Messa presso la Chiesa Madre officiata da Mons. Giacomo Cirulli, e infine un incontro con i saluti del sindaco, il dott. Dino Tarantino, presso la Sala della Rimembranza del Palazzo ex Gesuitico. Francesco Bellino presidente nazionale della Sibce

vera, la gara è stata vinta dall’Olympia per 3-2 (25/18 - 16/25 - 23/25 - 25/17 - 15/7). Al termine della gara il presidente dell’Olympia, Pino Fioretti, ha ringraziato i partecipanti e la società Foggia Volley; il direttore tecnico, Antonio Massa, in compagnia della moglie, signora Maria, ha ricordato, con commozione il grande Amico Gino. La serata si è conclusa con un momento conviviale a cui hanno preso parte tutti i presenti Orta Nova per non dimenticare le vittime della Shoa In occasione della Giornata della Memoria, presso la Chiesa B.V.M. di Lourdes è stata celebrata una Santa Messa officiata da Don Luciano Avagliano. L’evento promosso dall’Associazione Nazionale Famiglie dei Caduti e Dispersi in Guerra sezione di Orta Nova, presieduta da Saverio Pandiscia in collaborazione con la Parrocchia B.V.M. di Lourdes è oramai un momento di riflessione sulla Shoa e mantenere vivo il sacrificio di milioni di ebrei vittime delle barbarie naziste. La Camera di Commercio di Foggia promuove i vini di Capitanata, in passerella quelli di Orta Nova e Stornarella

È Francesco Bellino il nuovo presidente della Società italiana per la bioetica e i comitati etici (Sibce). Bellino, docente di Bioetica dell'università di Bari, sostituisce Filippo Maria Boscia già presidente per due mandati. Le cariche sono state rinnovate nei giorni scorsi all'Università degli Studi “A. Moro” di Bari durante l'XI congresso nazionale della Sibce Del nuovo consiglio direttivo, fanno parte: Benedetta Saponaro, Giuseppe Battimelli, Mario Oppes (vice presidenti), Claudio Meloni, Giovanni Battista Cavazzuti, Gerardo Cela e Teodoro Brescia. Eletti revisori Gianfranco Salzillo, Franco Arosio e Vincenzo De Filippis. I professori Antonino Leocata e Filippo Maria Boscia sono i presidenti onorari. “Sono onorato per la mia elezione, in continuità con i miei predecessori mi impegno a rilanciare il ruolo e l'attività della Sibce”, ha affermato il neo presidente Bellino. Le cariche sono state rinnovate nei giorni scorsi all'università di Bari durante l'XI congresso nazionale della Sibce. L’editore Annito Di Pietro, il direttore Michele Campanaro e l’intera redazione porgono felicitazioni al prof. Franco Bellino. Volley, l’Olympia Orta Nova vince il 2° Memorial Gino Aurelio Nei giorni scorsi ha avuto luogo, ad Orta Nova, il 2° Memorial di Volley in ricordo del caro compianto grande amico, Gino Aurelio. Cornice del memorial è stata la palestra della scuola media Pertini, dove si sono affrontate le rappresentative under 18 dell’Olympia Orta Nova e del Foggia Volley. Dal punto di vista agonistico è stata partita

La scoperta dei profumi, dei luoghi, dei saperi e dei sapori delle aziende vitivinicole della Capitanata: è stato anche questo il positivo risultato raggiunto dal progetto di promo commercializzazione messo in campo dalla CCIAA di Foggia e realizzato sul territorio nei giorni scorsi con la partecipazione di buyers internazionali del settore vino, provenienti da Danimarca, Polonia e Germania. L’iniziativa, che si è conclusa nei giorni scorsi ha registrato una serie di incontri B2B tra le aziende locali e i buyers specializzati di settore, direttamente presso le cantine coinvolte.12 i produttori di vino che hanno aderito al bando pubblicato dall’Ente e che hanno ospitato i potenziali compratori stranieri, tra i produttori ospitanti anche una rappresentanza dei 5 Reali Siti: Cantine Saverio Ladogana di Orta Nova e Cantine Casa Primis di Stornarella. Un intervento di sostegno mirato, promosso dalla CCIAA e organizzato dall’Azienda Speciale CESAN in ottica commerciale. Infatti tutte le aziende locali sono state selezionate direttamente dai buyers che hanno individuato i profili di proprio interesse per realizzare gli incontri d’affari. Particolarmente apprezzata dagli ospiti stranieri la scelta di svolgere i meeting direttamente presso le cantine. Un modo per co-

noscere meglio la competenza degli imprenditori foggiani e le caratteristiche di produzione e di imbottigliamento di vini, quali il nero di troia o il bombino, che iniziano a ritagliarsi spazi sui mercati anche fuori dall’Italia. Orta Nova: la Misericordia e il Banco Farmaceutico La misericordia di Orta Nova, grazie all’accordo con il banco farmaceutico di Foggia, nei prossimi giorni inaugurerà il suo 4° Banco di Carità, dopo quello del vestiario, alimentare e degli ausili per disabili e che entrerà in funzione entro pochi giorni. In particolare il Banco Farmaceutico risponderà al bisogno farmaceutico delle persone indigenti grazie alla collaborazione locale della misericordia di orta nova, secondo 4 valori irrinunciabili: centralità della persona, educazione, sussidiarietà e professionalità. Il Banco Farmaceutico mette quindi in relazione virtuosa differenti soggetti che portano il loro contributo di esperienza e professionalità per un reciproco arricchimento, educando le persone alla condivisione e alla gratuità. Servizio di Accoglienza e Informazione presso la sede Anffas Dal 2012 presso l’Anffas Onlus di Orta Nova è attivo lo Sportello denominato “S.A.I.” (Servizio Accoglienza e Informazione) che offre servizi di documentazione, informazione e segretariato sociale. Il S.A.I. è rivolto a persone adulte e in età scolare, con disabilità fisica, intellettiva e/o relazionale ed alle loro famiglie che non abbiano riferimenti istituzionali precisi a prescindere dal fatto che siano o meno soci Anffas. È un servizio assolutamente gratuito e, in linea con la mission ed i principi associativi di Anffas, prevede la “presa in carico” delle persone con disabilità e dei loro familiari per la risoluzione di problemi, l’informazione, l’assistenza e l’ascolto nei momenti di difficoltà. Nella fattispecie, lo sportello eroga le seguenti attività: - Accoglienza (Formulazione della richiesta); - Informazione sui diritti e sulle agevolazioni delle persone con disabilità; - Informazione sulla rete dei servizi sociosanitari ed assistenziali presenti sul territorio. Lo sportello è attivo il Lunedì ed il Martedì dalle 11.30 alle 12.30 presso la sede associativa, sita in via Tratturo Incoronata, 19. È possibile concordare un appuntamento in giorni ed orari diversi da quelli previsti contattando la referente del servizio, dott.ssa Valentina Abruscio, allo 0885.787478) Laurea Si è brillantemente laureato con 110 e lode in Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Foggia Giuseppe Santopietro, discutendo la tesi: “Politiche per lo sviluppo sostenibile”. Felicitazioni vivissime al neo dottore e alla famiglia. Lutto È venuta a mancare agli affetti dei suoi cari Ninetta Specchio vedova di Rocco Roggia. L’editore, il direttore e la redazione tutta sono vicini ai figli, ai nipoti e ai parenti tutti.


Anche per la giunta Tarantino una leggera scossa di assestamento, ormai è prassi, in questo lembo di terra dei 5 Reali Siti, mentre tutto procede nel verso giusto ecco che qualche componente della Giunta prova a innescare la crisi. I protagonisti sono sempre gli stessi, questa volta con casacche diverse, la diversità dei colori politici non frena la bramosia di potere dei soliti noti. Con il sindaco di Orta Nova, il dott. Dino Tarantino, analizziamo gli ultimi eventi che hanno rimodellato la giunta di Palazzo di Città. Domanda: Allora Sindaco vogliamo cominciare facendo un po’ di chiarezza, circa la “spinosa” questione del cambio di Assessori in Giunta. Cosa ha determinato l’avvicendamento di Laura Spinelli e Antonio Capobianco, al posto di Gallo e Giannatempo: abile disegno politico o “ineluttabili” circostanze? Risposta: Guardi io sono il tipo che si affeziona per carattere, alle persone che mi sono giornalmente al fianco; si figuri perciò, se dietro questo cambio in Giunta possa mai celarsi, una trama di qualunque genere. Davvero impensabile. La questione mi creda è tutt’altra se mai, e di una semplicità estrema anche: il Sindaco opera in seno all’Ammini-strazione relazionandosi con la sua Maggioranza, alla quale deve costantemente “rendere conto”. È in quest’ottica lineare, che vanno quindi letti gli avvicendamenti in Giunta. In particolare quanto a Gerardo Gallo, occorre ricordare che è stato proprio da me investito del ruolo di Assessore, pur essendo un “esterno”, non avendo preso parte alla competizione elettorale dello scorso maggio. Nonostante questo, soprattutto nei primi tempi, Gallo ha operato senza preoccuparsi minimamente di “far sapere nulla” alla Maggioranza di Palazzo di Città. E ciò, in aggiunta ad un atteggiamento caratteriale per così dire “non condiviso”, ha portato alla nascita di una vera e propria diatriba interna sfociata infine, nel ritiro della delega assegnatagli. Altra questione riguarda invece Mariarosaria Giannatempo, che con i Consiglieri Antonio Vece e Giovanni Molfese faceva parte dell’Unione di Centro. Ebbene proprio il sottoscritto è stato “più volte offeso” da Vece, senza che la stessa Giannatempo intervenisse in alcun modo; pur avendola più volte incalzata perché lo redarguisse, dal momento che con i suoi “attacchi alla mia persona”, il Consigliere Vece non faceva altro che mettere in difficoltà l’intera Maggioranza. D.: In che modo il Consigliere Vece, ha ostacolato il cammino della maggioranza a Palazzo di Città? R.: Per cominciare, ha messo in discussione la nomina del Consigliere Moscarella a Presidente del Consiglio; scelta questa presa all’interno di una Riunione di Maggioranza e, pienamente condivisa da tutti i partecipanti. Ebbene, essendomi allontanato temporaneamente da Ortanova; Vece ne ha immediatamente approfittato “per tramare” con qualche Consigliere, in particolare con un giovane Consigliere donna, onde rovesciare gli accordi siglati dalla stessa Maggioranza. D.: Sindaco, come mai la scelta proprio di

Giuseppe Moscarella alla Presidenza del Consiglio? R.: Intanto Moscarella, è un uomo di Centro Destra. In occasione del turno di ballottaggio, ci ha poi fornito un importante aiuto per l’affermazione del nostro schieramento. Ed inoltre, è personalità di indiscussa esperienza politicoamministrativa. D.: Tornando ad Antonio Vece, di quali altre “colpe politiche”, si sarebbe reso reo? R.: Guardi, ha avuto persino da ridire con Gallo e la stessa Giannatempo, sulla scelta del Segretario Comunale, caduta poi sulla Di Meo: scelta questa, attribuita per legge alla sfera di esclusività del Sindaco. Non solo, ma nel momento in cui mi hanno candidato alla Provincia, ho ricevuto il sostegno di tutti i Consiglieri della mia Maggioranza, ad eccezione proprio di quello di Vece. Ha poi tirato fuori il “Problema Tarsu”, infangando ed avvelenando il nome della sua stessa Maggioranza sui blog; “scatenando l’inferno” contro un nostro stesso Consigliere

e, dando di fatto la possibilità a Calvio e associati, di ritornare a calcare le piazze. E infine, arriviamo allo “Schema di Convenzione sull’Eolico”. Ebbene che fa in proposito, il nostro solerte consigliere Antonio Vece? Commette un ulteriore e grave fallo nei confronti della sua stessa maggioranza, andando a fare - per di più senza avvisare nessuno - un comizio, contro il Presidente Moscarella; a suo dire reo, di essersi astenuto in fase di votazione. D.: Senta dott. Tarantino, quali sono stati i tempi di incubazione di questa “crisi”, sfociata poi nel cambio in Giunta; ma soprattutto cosa la ricollega ai neppure tanto celati “attacchi politici”, indirizzati al Presidente del Consiglio? R.: La tempistica di questa crisi, attraversa pressoché l’intero arco temporale che va dai momenti immediatamente successivi al nostro insediamento a Palazzo di Città, (luglio 2014), fino al 9 gennaio scorso, giorno dell’avvenuto comizio di Vece. Sullo sfondo vi è un odio tra due fazioni, una “pace armata” che di fatto non si è mai arrestata: da un lato Giannatempo, Gallo, Vece; dall’altro Moscarella. Si tratta per lo più di “vecchie ruggini”, che in particolare riguardano l’attribuzione del simbolo di Forza Italia. In tutti

i modi, mi sono spesso domandato cosa centrassi io tra queste “beghe personali”; trovandomi in più di un’occasione costretto a ribadire come la nostra vittoria dovesse essere volta ad amministrare il territorio e non, a farci i dispetti l’uno con l’altro. D.: Sindaco scusi la brutalità, ma “qualcuno” vedrebbe in lei una marionetta e in Moscarella, un abile burattinaio che manovra i fili di una occulta regia… R.: Nulla di più falso! Ribadisco infatti con fermezza, che le scelte da me operate sono riconducibili esclusivamente alla Maggioranza. Quanto a Moscarella, non ha mai svolto ruoli entro gli ambiti decisionali. Di questo, sono sicuramente ben informati - in modo particolare - tanto Gallo, quanto lo stesso Vece. Mi lasci poi dire quanto alla scelta dell’Assessore Laura Spinelli avvicendatasi alla Giannatempo, che essa è da ricollegarsi esclusivamente alla preminenza della Lista Tarantino, che ha ottenuto in assoluto il numero maggiore di consensi; esprimendo il più alto numero di Consiglieri: ben 4. Invece la scelta dell’Assessore Antonio Capobianco, è avvenuta prediligendo il profilo tecnico dello stesso. Capobianco, è infatti un ingegnere ed il suo ingresso in Giunta, è avvenuto solo dopo aver consultato altri tecnici, che per svariate ragioni hanno preferito non accettare la proposta di nomina. D.: Come sono i suoi rapporti “istituzionali” attuali, con Vece e Molfese? R.: Semplicemente, li ritengo entrambi fuori dalla maggioranza. Vece in particolare, ha più volte tradito questa maggioranza e conseguentemente, non può più far parte della nostra “famiglia”. Peraltro come già accennato poc’anzi, questo reiterato tradimento era ben noto al mio ex Vice Sindaco; come del resto l’attuazione di un’abile regia programmata, posta in essere da Gerardo Gallo. Una regia quella di Gallo, me lo lasci dire, non certo nuova nel suo genere; se si pensa infatti a quanto accaduto in seno all’Amministrazione Moscarella del 1999, con la revoca dell’Assessore al Bilancio e le conseguenti dimissioni dell’allora Vice Sindaco: il tutto al solo scopo, di ottenere per se l’investitura della carica di Vice Sindaco. Chi ha memoria storica e politica, ricorderà benissimo tali avvenimenti; altro che amicizia, altro che “essere famiglia”: c’era solo ipocrisia, rancore e odio… non solo politico! D.: Per concludere sig. Sindaco una risposta a chi, già vedrebbe con piacere la sua Amministrazione con un piede nella fossa, cosa si sente di dire? R.: Guardi, le rispondo da Medico. L’Amministrazione è come un essere umano, se attenzionata difficilmente si ammala. E se come è vero, questa Amministrazione si è ammalata; al momento ci siamo curati davvero bene. Mi lasci dire che io sono ottimista, per carattere. Credo pertanto fermamente in questa “Squadra di Governo”, anteponendo l’impegno preso nei confronti dei miei concittadini. A loro, va - perciò - il mio affetto e la preghiera di restarmi sempre accanto, giudicando il mio operato solo al termine dell’intero mandato.


Qualche anno fa, una mamma mi ha fermato per strada dopo aver letto sull’Ortese, un’intervista molto carina riguardante i miei amori. Devo dire che la signora non era molto contenta, (per la precisione direi forse un pochino inferocita nei miei confronti), per quello che aveva letto; dal momento che avevo da poco interrotto una storia con sua figlia. Questo episodio, se da un lato mi ha fatto veramente arrabbiare (ha o meno diritto, un ragazzo della mia età ad avere qualche storia, prima di mettere la testa a posto?), dall’altro mi ha fatto riflettere su un aspetto importante. I giornalisti, scrivono liberamente su persone e fatti ma, c’è chi scrive su di loro? E se le cose dovessero invertirsi, cosa potrebbe accadere? Mirko: Che ne dici Massimo: proviamo ad invertire i ruoli e vediamo che succede? Massimo: Perché no! Mi piace questa sfida: accetto! D. Che studi hai fatto? R. Per cominciare, nel 1991 mi sono diplomato al Liceo Classico “V. Lanza” di Foggia. Nel 2007 poi, in seguito ad una scommessa, ho conseguito il Diploma di Tecnico dei Servizi Turistici presso l’I.P.S.S.C.T. “A. Olivetti” di Orta Nova. Infine, lo scorso ottobre ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza Magistrale presso l’Università degli Studi, a Benevento. D. Mi spieghi meglio la storia della scommessa? R. Certo! All’epoca studiavamo con un gruppo di amici, la possibilità di realizzare un polo turistico. Ricordo molto bene che durante una cena, cominciammo a discutere animatamente circa i ruoli da ricoprire. Mancando proprio la figura del Tecnico dei Servizi Turistici, non so dire bene nemmeno io come, mi sono ritrovato a scommettere con gli altri che avrei potuto, tranquillamente, tornare sui banchi di scuola anche se erano passati tanti anni, per conseguire questo benedetto diploma! D. Come è andata a finire ce l’hai appena raccontato; ma come è stata per te vivere di persona, l’esperienza del film “Immaturi”? R. Beh Mirko, la sera in cui uscirono i quadri, mi sono ritrovato con tutto il mio gruppo ed abbiamo riso fino a tarda notte di questa storia; ma credimi, la cosa non è stata affatto una passeggiata! Al contrario sono stati grossi casini per me: mesi davvero intensi, in cui lavoravo tutto il giorno e poi di notte studiavo. A questo aggiungi che non potendo raccontare della scommessa (altrimenti l’avrei persa), la mia famiglia, la mia ragazza di allora, gli altri amici, gli studenti con i quali mi sono poi diplomato e gli stessi professori, pensavano davvero che fossi fuori di testa. D. A proposito, che avevate scommesso? R. Non ci crederai mai. Diciamo che lo stesso giorno in cui uscivano i risultati degli esami, più di qualcuno è salito in mutande su di un autobus, tra la curiosità degli altri viaggiatori e le risate generali. D. Ma dai?

R. Giuro! Non ti posso dire la tratta, ma questo viaggio “indimenticabile” non è stato proprio breve. Di certo, comunque, tutti quelli che avevano scommesso contro di me, in futuro ci penseranno a lungo prima di rifarlo ancora! D. Massimo, qual’è la tua passione più grande? R. Due in verità, l’una legata all’altra: lettura e scrittura. Amo molto leggere, soprattutto romanzi thriller: ne ho una biblioteca immensa, ma mi piace anche tantissimo scrivere. D. Perché lettura e scrittura, ti affascinano così tanto? R. Leggere è immergersi di volta in volta in nuovi mondi, fatti di personaggi, paesaggi, storie avvincenti e lontane dal grigiore della quotidianità; scrivere invece mi dà la possibilità di indagare e raccontare le esistenze degli altri, attraverso le parole. Non è facile sai, raccontare la storia di qualcuno in poche righe. Ed in fondo, credo sia proprio questo aspetto della scrittura, ad affascinarmi così tanto! D. Le parole più belle che hai mai scritto? R. Bella domanda! Le parole più belle per chi fa questo lavoro, sono sempre quelle che devi ancora scrivere! D. Le parole più belle che invece, ti hanno mai scritto? R. Me le ha dedicate un amico di studi proprio di recente, il 22 ottobre 2014 nel giorno della mia laurea: …. “Credi sempre nelle tue forze, rimani te stesso e vedrai che ogni difficoltà sarà superata; ma soprattutto affronta la tua vita sempre con un sorriso!” Sono parole che rileggo spesso nei momenti difficili, perché mi danno sempre una bella carica per guardare avanti e non arrendermi mai! D. Ma tu, cosa scrivi? R. Ho cominciato da ragazzino, scrivendo lettere d’amore per le fidanzate dei miei amici, cosa che di tanto in tanto faccio ancora, naturalmente all’insaputa delle ignare corteggiate! Ho poi continuato, scrivendo alcuni romanzi. In particolare, oggi, racconto storie reali per

i giornali, con i quali collaboro. D. Come scegli le storie di fantasia che racconti nei tuoi libri e, quelle reali che pubblichi invece nei tuoi articoli? R. Guarda è curioso, sono le storie a cercare me e non viceversa! Funziona così: ci sono semplicemente fatti nei quali mi capita d’imbattermi di volta in volta, mentre vivo normalmente le mie giornate; il mio intuito mi dice poi se la storia che ne nasce, può colpire l’attenzione del lettore. Così, decido di scriverla o meno. Ciò vale anche per i miei libri, che in qualche modo sono legati sempre per emozioni, contenuto o personaggi, alla realtà. D. C’è una storia tra le tante raccontate, a cui sei maggiormente legato? R. Ad essere sinceri sono molte le storie raccontate di cui conservo vivo il ricordo, ciascuna per motivi diversi; tra le tante un’intervista fatta ad un ragazzo gay. L’articolo s’intitolava: Storia di un ragazzo “qualunque” ed era il racconto tra emarginazione e riscatto, di un’esistenza “diversa”. D. Perché questa storia, ti ha colpito così tanto? R. Sarò sincero: questa storia mi è piovuta dal cielo e, subito ho pensato che avrebbe suscitato un certo clamore tra i lettori. Quello che però non avevo considerato, era il fattore umano. D. Cioè? R. Nel realizzare la mia intervista mi sono reso conto che mentre io volevo solo “emozionare” i miei lettori, di fronte a me c’era invece un ragazzo che mi raccontava esperienze terribili, vissute sulla sua pelle. Ho pensato, perciò, a lungo se pubblicarla o meno. Infine ho scelto di pubblicarla, per dare una mano a chi magari stava vivendo situazioni di disagio, simili. D. E come è andata a finire: hai poi suscitato il clamore ricercato tra i tuoi lettori, con questo articolo? R. Assolutamente no. Ho scelto di seguire il cuore e la coscienza, eliminando alcune


parti molto forti, un titolo sensazionalistico e un’immagine esplicita, che originariamente accompagnava il testo. Risultato: l’articolo è passato completamente inosservato ai più! D. Se tornassi indietro, rifaresti gli stessi tagli a quell’articolo? R. Credimi caro Mirko, sarebbero esattamente identici! Questa vicenda mi ha infatti insegnato che chi scrive, si prende una grandissima responsabilità sia di fronte al lettore, sia nei confronti dei protagonisti del racconto. Se non si sta bene attenti, si può fare involontariamente del male a qualcuno! D. Toglimi una curiosità, Massimo: quanto è cambiata la tua vita dopo essere diventato giornalista? R. Guarda, sono diventato giornalista da pochi anni. Dopo un lunga esperienza in qualità di redattore, nel giugno 2012 mi sono iscritto presso l’Ordine dei Giornalisti della Puglia. Ora, a parte entrare gratis a cinema e allo stadio, non mi è cambiata di molto la vita! Scherzo naturalmente! Essere diventato giornalista, ha rappresentato per me la realizzazione di un sogno che mi portavo dentro: è stata un’emozione fortissima, il poter ottenere questo ambito riconoscimento per un mestiere, che in fondo già facevo da molto tempo e anche con grande passione! Ma questo non è solo un mio successo personale, perché va equamente diviso con l’Editore Di Pietro ed il Direttore Campanaro che mi hanno sostenuto, in questi anni di attività giornalistica. E lo hanno fatto sempre, pubblicando i miei articoli e le mie inchieste anche quando, risultavano scomodi per i temi affrontati. A loro va il mio ringraziamento di cuore, per l’affetto e la stima a me concessi ma soprattutto, per la direzione di un periodico libero la cui voce indipendente, continua ad essere ascoltata dalle migliaia di lettori dei Cinque Reali Siti. D. Mi pare tra l’altro, che tu possa vantare anche il primato di essere il primo giornalista nella lunga storia di questa testata, non è vero? R. Si, questa è una cosa che mi fa davvero piacere, anche se continuo a lavorare con lo stesso impegno di sempre senza essermi affatto montato la testa, perché so che la strada da percorrere è ancora lunga! D. Come giornalista, quale dovere consideri primario, verso i tuoi lettori? R. Ritengo dovere irrinunciabile verso i tanti lettori che mi seguono, continuare a raccontare la verità attraverso le mie storie, sempre, anche quando questa verità è scomoda! D. Di te si dice in giro che sei un anticlericale, perché spesso bacchetti la Chiesa locale…. R. Niente di più falso, dal momento che ho alle spalle una lunghissima esperienza maturata proprio in ambito parrocchiale, come catechista ed animatore tra i ragazzi: uno dei capitoli più belli ed intensi della mia vita! Non soltanto, ma anche un’esperienza di grande crescita umana e spirituale, cominciata in terza media e terminata dopo il diploma; e solo a causa dei tanti impegni cui dover far fronte. Credimi, non ho rinnegato in alcun modo questi miei trascorsi parrocchiali; anzi sono

convinto che occorra ripartire proprio dalle parrocchie per ricostruire quel sistema di valori, che ahimè oggi resta vivo solo nei ricordi degli anziani. Per tornare - in particolare - alla tua domanda credo tuttavia, che non si possa però fingere “secondo la convenienza del momento”, di dimenticare che il sacerdozio corrisponda ad una missione; e che il pastore di anime è: ultimo tra gli ultimi…. È vero, i religiosi sono prima di tutto uomini e, quindi soggetti ad errore. Nel momento in cui sbagliano, devono - però - renderne anche conto di fronte ai propri fedeli, ed accettare serenamente di fare un passo indietro. Ritengo - pertanto - che su certe posizioni “affatto condivisibili”, debba semplicemente aprirsi un sereno confronto tra la Chiesa e i fedeli, senza l’imposizione di qualsivoglia dictat! D. Fidas o Avis? R. Ahahahahah…. altra bella domanda! Direi senz’altro Fidas, Avis, ma anche Fratres, ADS e tutte le altre splendide realtà associative che ruotano in Italia, intorno al mondo della donazione di sangue. In particolare io conosco bene Avis e Fidas, avendo inizialmente collaborato esternamente con l’Avis e successivamente essendo stato chiamato a fare il Presidente della nascente Sezione Fidas di Orta Nova; mentre attualmente rivesto il ruolo di Responsabile alla Comunicazione, sempre in ambito provinciale Fidas. Se tuttavia si vuole arrivare dritti al nocciolo della questione, occorre se mai sottolineare un problema di fondo, che investe tutte queste realtà. Mi riferisco agli ingenti rimborsi legati alle donazioni, che possono suscitare gli insani appetiti di “qualcuno”! E tutto ciò - naturalmente - alle spalle degli ignari donatori, che rappresentano la parte nobile e disinteressata di questo mondo

associazionistico. Per avere un quadro sia pur riduttivo della vicenda, basti pensare che per ciascun donatore che offre il suo sangue, la Regione di appartenenza versa all’associazione di riferimento 19 euro circa, cui si aggiungono 3 euro per le colazioni: davvero cifre da capogiro, se si fanno semplicemente due conti! D. Quanto, conta per te l’amicizia? R. L’amicizia “vera”, intendo quella con la A maiuscola, è incalcolabile. Molti oggi usano la parola amico, vuotandola del suo reale valore. Pensa che una volta, ho persino sentito l’espressione: l’amico del caffè... squallido! Io ho pochi “amici”, ai quali affiderei pure la mia vita: Giovanni e Palma Visconti, Michele e Ilenia Sinisi. Noi ci sentiamo sempre, pur se spesso siamo lontani per lavoro. E talvolta capita pure di citofonarci sotto casa, perché l’amicizia, quella “vera”, non è solo fare una chiamata dal cellulare, se hai credito… D. Per concludere questa nostra simpatica chiacchierata, quali sono i tuoi progetti nell’immediato futuro? R. A dire il vero ce ne sono diversi, che preferisco ancora non svelare per pura scaramanzia. D. Beh qualcosina ce la devi pur dire… Si parla con insistenza, dell’imminente uscita di un tuo libro: quanto c’è di vero? R. Si è vero, finalmente nei prossimi mesi presenterò al pubblico il mio primo romanzo, che ruota in particolare su temi “delicati” del mondo giovanile. È un lavoro a cui sono molto legato, per tutta una serie di incontri che ne sono derivati, e che mi ha tenuto impegnato per diversi anni. Sono fiducioso, anche se l’ultima parola spetta - come sempre - ai miei lettori! Mirko Pasqua Massimo Beccia


Se qualche anno fa a Carapelle accadeva qualcosa, la notizia faceva il giro dei negozi e della piazza e il giorno dopo tutti dimenticavano tutto, come usuale per ogni italiano medio. Oggi, invece, c’è Facebook. Questo non vuol dire che non dimentichiamo più, ma almeno, qualcuno si scomoda a scrivere un post o un commento affinché il fatto abbia più rilievo. Oggi, tutto viene ‘spiattellato’ sulle bacheche Facebook, c’è meno privacy e più informazione - soprattutto di scarsa qualità n.d.r.- insomma, viene smossa anche qualche coscienza in più - e meno male -. Il fenomeno bombe e incendi a Carapelle è sempre esistito e soprattutto nella seconda metà del 2014 ne abbiamo fatto esperienza. Anche agli inizi di questo nuovo anno l’escalation di criminalità

legata all’incendio di auto e bombe presso gli esercizi commerciali non si è ancora arrestata. Cittadini e facebookkiani chiedono al Sindaco più sicurezza per le vie del paese e si lamentano con frasi: “Non riconosco più il mio paesello, o ancora, Carapelle che fine hai fatto?” ma è ancora lontano dalla loro mente il fatto che a Carapelle questo è sempre accaduto e accadrà almeno fino a quando le istituzioni e gli agenti di pubblica sicurezza faranno qualcosa per arginare il fenomeno della micro criminalità, della criminalità organizzata e non. Un paese che perde colpi su colpi e nessuno fa niente per sollevarlo. La scorsa estate a Carapelle non ha fatto tanto caldo, ma è stata pur sempre un’estate di fuoco, il fuoco delle bombe e delle macchine

incendiate duranti le notti afose. Solo da luglio a dicembre ci sono state circa 15 macchine incediate, 3 bombe a tre differenti esercizi commerciali, una tentata rapina al Bancomat e un’altra al BancoPosta. Sembra il bollettino di una città in guerra ma il problema e che non si conosco i combattenti, chi e quanti sono i nemici che dobbiamo annientare? La politica ha un ruolo fondamentale nella risposta a questa domanda e colui che ha la funzione di mantenere un ordine e una sicurezza pubblica non deve assolutamente lasciare adito a nessuno di sopraffare la sicurezza e l’incolumità dei cittadini, prendere una posizione in questo senso significa tutelare noi stessi da atti che violano la libertà e qualsiasi criterio di incolumità.



In occasione della Settimana Unesco dedicata allo “sviluppo sostenibile”, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura ha promosso un importante Incontro nel mese di dicembre, con il I° Circolo Didattico “N. Zingarelli” di Ortanova. Punto di partenza è stata la mostra itinerante, (che ha poi dato il nome allo stesso Incontro), ospitata nell’istituto scolastico, dal titolo “Aufidiamoci (da Aufidus, antico nome romano dell’Ofanto) - I Colori dell’Ofanto. E proprio attraverso le immagini e i suoni del fiume, ha preso avvio un importante percorso educativo- emozionale, che ha visto gli alunni impegnati in una serie di attività interdisciplinari, quali: storia, geografia, scienze, italiano, educazione all’immagine. Numerosi, gli ospiti intervenuti in occasione dell’Incontro: il Presidente dell’Unesco di Cerignola, dott. Giovanni Martiradonna; il responsabile Unesco Dess (decennio volto all’educazione ed allo sviluppo sostenibile), dott. Roberto Saccozzi; lo studioso, prof. Giuseppe Cormio; gli Assessori Antonio Attino e Ottavia D’Emilio; l’editore Annito di Pietro, in rappresentanza della stampa; la Dirigente Scolastica, dott.ssa Margherita Palma; l’ins. Anna Maria Virgilio, referente Unesco per il I° Circolo; i docenti Giovanna Russo, Anna Rita di Conza, Mauro Marino e Antonella Parracino ed infine, gli esperti Pastore e Torchiarella. Davvero bravi tutti gli alunni coinvolti nel “Progetto”, sotto la guida delle insegnanti Anna Maria Virgilio e Giovanna Russo, nel realizzare un attento e certosino studio interdisciplinare; una copiosa attività laboratoriale grafico-pittorica e nel concretizzare inoltre attraverso la parola, i loro sentimenti nel laboratorio di scrittura creativa, in cui hanno prodotto poesie ed acrostici inediti declamati al pubblico, presente in sala in occasione dell’Incontro. In particolare, sono stati gli alunni della IV E ad accogliere gli ospiti ed il numeroso pubblico, con un canto di benvenuto.

Molto apprezzati gli interventi del Presidente Martiradonna e del responsabile Dess Saccozzi, che hanno voluto sottolineare come il bacino del fiume Ofanto racchiuda in sé tutte le tematiche che un “Progetto Dess”, possa affrontare incontrando oltre la bellezza paesaggistica, luoghi teatro di importanti avvenimenti storici. Nei pressi di Canne ad esempio, nel 216 a.C. si fronteggiarono romani e cartaginesi, in un’epica battaglia che vide soccombere i romani. Non solo perché il fiume, come entrambi hanno proseguito, è un vero e proprio laboratorio della biodiversità; dalle sorgenti alla foce, la flora del fiume è infatti un susseguirsi di salici, pioppi, canne, sambuchi, querce, olmi. Qui trova perciò il suo habitat naturale, un’enorme varietà di specie animali, come: la lontra, il tasso, la volpe, la donnola la faina la testuggine, la carpa, lo storione e, negli affluenti, la trota. Le scoperte recenti hanno poi accertato l’esistenza di una civiltà locale, che entrò in contatto con quella greca e, ne fu influenzata. Senza dimenticare inoltre, come Martiradonna e Sarcozzi hanno voluto evidenziare, che nelle provincie di Bari e di Foggia, l’Ofanto rappresenta una delle principali risorse idriche per l’agricoltura.

Ed è proprio partendo dal fiume Ofanto che la referente Unesco Anna Maria Virgilio, ha voluto sensibilizzare gli alunni ad affrontare temi, particolarmente sensibili, quali: la tutela del patrimonio ambientale - naturale - culturale nonché, quello dello sviluppo sostenibile. Come ha spiegato la Dirigente Margherita Palma, l’educazione alla sostenibilità richiede infatti - in primo luogo - un cambiamento di visione del mondo; ponendo al centro i valori, in particolare quelli della cura e del rispetto per gli altri, per i beni comuni e, per il pianeta. E sono proprio questi, gli elementi che rappresentano il reale valore aggiunto che la Scuola ha voluto evidenziare, nelle fasi attuative di questo importante Progetto. A conclusione dell’Incontro, gli alunni di IV B hanno poi donato al Presidente Unesco Martiradonna, un “mandala”. Un dono non certo casuale, in quanto si tratta di un disegno simbolico di carattere universale, che compare in tempi diversi ed in ogni cultura; basti pensare che il più antico “mandala” conosciuto, risale addirittura all’Era Paleolitica.


Non sorprende affatto che un Carabiniere resti per sempre tale, saldamente ancorato ai principi ispiratori dell’Arma, che continua a servire per tutta la vita! Di certo fa però notizia quando a condividere questo stesso spirito di appartenenza, seppur rivolto ad ambiti diversi, è un’Insegnante di Scuola Primaria come Gina Di Conza, Presidente dell’Associazione Maestri…”per sempre”; nata nel 2012 con il principale intento di contribuire all’integrazione ed alla socializzazione, in particolare attraverso il trasferimento delle tradizioni. Senza tanti giri di parole, le chiediamo cosa l’abbia spinta pur avendo maturato l’agognata pensione a voler continuare, seppur fra mille ostacoli, la “missione” dell’insegnamento. Risposta: Beh guardi, anche se sulla Scuola se ne sentono tante di storie in Italia, molte delle quali davvero poco edificanti; dopo 40 anni di insegnamento trascorsi a formare intere generazioni di futuri uomini e donne, questo lavoro ti “prende dentro” e non puoi che amarlo senza remore. Perciò appena pensionata nel 2009, ho sentito forte il bisogno di continuare a trasmettere quel sapere prezioso; da un lato perché non andasse perso, dall’altro perché potesse essere d’aiuto ai tanti immigrati presenti nella nostra terra. Sono persone che spesso lavorano sopperendo alla carenza di manodopera italiana per i mestieri più umili e faticosi, quasi sempre in condizioni limite. Sotto l’egida di tali principi ispiratori, finalmente nel luglio 2012 nasce l’Onlus Maestri…”per sempre”, regolarmente iscritta nel Registro Regionale delle Associazioni di Volontariato. D.: Qual è il target d’età di questi studenti extracomunitari davvero “sui generis”? R.: I nostri sono studenti in età adulta e quindi fuori dagli obblighi scolastici. L’età varia dai 27/28 anni ai 40. Questo target è stato intenzionalmente abbracciato dalla mia Associazione, per non sovrapporci ad altre realtà già presenti sul territorio che invece, rivolgono la loro attenzione ai minori. D.: Attualmente dove si svolgono i corsi di alfabetizzazione e quanti iscritti li frequentano? R.: Dal 17 novembre dello scorso anno i nostri ragazzi sono ospitati nei locali parrocchiali della “B.V.M. dell’Altomare”. Attualmente abbiamo 15 iscritti di nazionalità polacca, marocchina e tunisina distribuiti in tre aule. I corsi si tengono per tre giorni alla settimana ed hanno ciascuno, la durata di due ore. Per venire incontro alle necessità lavorative degli studenti, gli incontri si svolgono a partire dalle 18. D.: Quali le difficoltà che avete dovuto

superare in questi anni e, come ha risposto il Paese a questa iniziativa? R. Sicuramente gli ostacoli da affrontare sono stati tanti! Da un punto di vista organizzativo, quello più grande è stato rappresentato dal mancato rinnovo della convenzione comunale da parte dell’attuale Amministrazione locale; che fuori da ogni logica ha preferito creare un “perfetto duplicato” della nostra realtà associativa invece di continuare al nostro fianco il lento cammino di integrazione, che già così proficuamente avevamo

avviato in passato. Se - però - da un lato, non è sfuggita ai cittadini ortesi la motivazione “tutta politica” che ha sotteso tale scelta, legata ahimè a vecchie ruggini che nulla hanno a che fare con le politiche di inclusione sociale; dall’altro, abbiamo inaspettatamente registrato numerose attestazioni di sostegno per il nostro lavoro, da parte della stessa cittadinanza. E ciò in netta controtendenza rispetto al passato, nel quale invece la nostra opera era passata quasi completamente inosservata agli occhi dei più. Quanto - invece - agli aspetti maggiormente connessi ai corsi, le difficoltà più rilevanti sono emerse nelle relazioni scolastiche con quegli studenti già analfabeti nel proprio Paese di origine. Al contrario infatti quelli già alfabetizzati, conoscono bene il francese ed imparano nettamente prima, la lingua italiana. D.: Come è avvenuto il primo contatto con queste persone, per le quali è senz’altro preminente per tutta una serie di motivazioni, imparare la lingua italiana? R.: Dunque nel 2012, primo anno di vita dell’Associazione, fu previsto un bando di partecipazione al quale partecipò un buon numero di cittadini stranieri, seppur esclusivamente donne. Il grande riscontro ottenuto dall’iniziativa, lo si deve però al passaparola posto in essere dalle stesse ragazze ospiti di numerose famiglie ortesi, in qualità di badanti. Negli anni successivi il numero degli

iscritti, è poi via via cresciuto, ricomprendendo anche gli uomini. Di pari passo anche la qualità di apprendimento è cresciuta, consentendo ai nostri operatori di realizzare incontri mirati sull’assistenza, la prevenzione ed in generale sul riconoscimento dei diritti. D.: Ci sono stati operatori che hanno per così dire “lasciato il segno” nel corso degli anni, tra i vostri studenti? R.: Certamente, in tanti lo hanno fatto! In particolare vorrei ringraziare per il prezioso contributo apportato: il dott. Andrea Di Dedda, Dirigente Sindacale e l’Insegnante Irma Tarallo. D. Mi risulta che anche suo marito, il dott. Mimmo Dembech, l’abbia affiancata in questa “avventura”. R.: Devo dire che da Mimmo ho ricevuto sempre un grande sostegno, fin dalla nascita dell’Associazione. Di recente poi, ha cominciato ad affiancarmi anch’egli nell’insegnamento, conquistando subito l’affetto di tutti i nostri ragazzi. Nei loro confronti è sempre attento e pronto ad aiutarli, anche nelle piccole avversità della vita quotidiana. D.: Qual è il rapporto di Maestri…”per sempre” con la Chiesa locale? R.: Direi senz’altro, di reciproco rispetto. In particolare, a don Donato va la profonda gratitudine di noi soci e dei nostri ragazzi, per aver voluto offrirci un importante sostegno, mettendo a disposizione i locali della Parrocchia. Una scelta la sua, dettata dal cuore come testimonia l’assenza di qualsivoglia ingerenza o semplice intervento, rispetto alle scelte associative. A cercarlo sono stati invece i nostri studenti, che in più di un’occasione hanno voluto esprimere gratitudine ed affetto per averli voluti accogliere vicino a lui, pur nel rispetto delle diverse professioni religiose. Ebbene, me lo lasci dire: quale esempio più “vero” di integrazione, nel nostro territorio? D.: Ci sono ancora obiettivi non raggiunti che Maestri …“per sempre” intende perseguire nel futuro? R.: Certo di progetti per il futuro ne abbiamo davvero tanti, anche se mancano soprattutto le risorse per concretizzarli! Se però si considera che, l’intero progetto di alfabetizzazione dal momento della sua nascita ad oggi, è stato portato avanti con l’acquisto di poco materiale di cancelleria ed attraverso la raccolta gratuita di testi scolastici usati; ci si rende davvero conto allora del sacrificio e della passione dei nostri volontari: virtù queste, che di sicuro non mancheranno anche nei futuri anni di attività della nostra Associazione. È con questa certezza che continuerò - perciò - ad adoperarmi in veste di Presidente, anche in vista del raggiungimento di nuovi futuri traguardi, come la creazione e la gestione della Banca del Tempo.


Nel mese di dicembre scorso, presso la Chiesa della Beata Vergine Maria SS. di Lourdes, si è tenuto un piacevole incontro con Adolfo Affatato, figlio spirituale di Padre Pio, che ha raccontato episodi inediti riguardanti il santo di Pietralcina. L’evento, organizzato e diretto da Piernicola Dallazeta, ha riunito un buon numero di fedeli e curiosi che hanno ascoltato con attenzione ogni particolare. Tra gli altri, erano presenti i due parroci Don Luciano Avagliano e Don Angelo Festa, che a fine incontro hanno sentitamente ringraziato Affatato per la sua preziosa testimonianza poiché ha offerto numerosi spunti di riflessione sulla figura di Padre Pio, ma anche

“Io e il padre” è un libro di Adolfo Affatato, assicuratore foggiano che ha avuto il privilegio di conoscere da vicino il santo di Pietralcina. Il testo traccia tappe di un percorso durato quindici anni, dal primo incontro all'ultima confessione. Come dice Filippo Santigliano nella prefazione al libro, non si tratta di un'agiografia, ma di un “racconto di vita non in differita”, “in presa diretta”, basato su esperienze vissute in prima persona. Sono episodi che fanno avvicinare di più, lettori e credenti, alla figura del santo, a questo UOMO-DIO, come lo chiama Affatato, descritto nella sua semplicità e quotidianità. Emerge la figura di un uomo che incarna la

sull’interiorità di ognuno. Racconti di vita vissuta che hanno restituito ai presenti le emozioni di chi ha avuto la fortuna di conoscere il frate con le stimmate. L’autore ha parlato di un incontro che gli ha cambiato l'esistenza e che ha voluto restituire, dopo tanti indugi, a tutti. A fine serata ha ricordato le parole che gli disse Padre Pio: “Il mio amore che ho messo nel tuo cuore, donalo a coloro che avvicinerai, perché in esso è il significato della vita” . È questo l’intento di Affatato: cambiare la vita dei suoi lettori, invitandoli a riflettere, meditare ed agire sull’esempio di un uomo semplice, dalla spiritualità toccante.

“naturalezza del soprannaturale”: fare miracoli, parlare con Dio, profetizzare è un gesto quotidiano e spontaneo, concessogli, a detta sua, direttamente da Dio. Il sottotitolo dice “Testimonianze inedite e toccanti di un figlio spirituale”. E tale era Affatato per Padre Pio, una sorta di discepolo che aspettava da tempo. L'autore usa un linguaggio scorrevole e piacevole per descrivere, con estrema devozione e filiale affetto, gli innumerevoli contatti avuti con il Padre, le sensazioni provate, ricordi nitidi che ancora oggi gli provocano commozione. Affatato, in un suo componimento poetico

inserito nel corpus del testo, paragona la propria esperienza a quella del corallo, che succhia dal mare la linfa vitale: “ho succhiato da Padre Pio ogni parola / ogni pensiero che potessero arricchirmi sempre più”. Era come se il santo fosse circondato da un alone dorato, irradiante una luce accecante. A completare il ricco quadro degli episodi descritti compaiono qua e là numerose foto, intense rappresentazioni di una delle figure religiose più carismatiche del XX secolo. Il ricavato del libro è devoluto in beneficenza, ai Cappuccini, che possono in questo modo aumentare la loro opera di assistenza ai poveri e bisognosi.


Ancora un successo, arricchisce il già nutrito portfolio del giovane hairstylist Rocco Marano. Il noto titolare del Salone New Concept for Men di Ortanova, conquista infatti la medaglia d’argento nella prova individuale maschile di taglio e piega e, l’oro a squadre per l’Italia insieme al collega andriese Francesco Aruanno al “Festival Mondiale de la Coiffure”, organizzato dal C.a.t. Italia (Confederazione Artistica e Tecnica della Coiffure); disputatosi a Capaccio di Paestum nel mesi di ottobre scorso. Non è certo la prima volta che i due insegnanti pugliesi della Charm Hair School di Corato, dalle spiccate e riconosciute capacità professionali, rappresentano l’eccellenza del made in Puglia; pur se l’occasione è davvero ghiotta, avendo questa volta contribuito alla riconferma del titolo a squadre per l'Italia, già conquistato nella precedente kermesse svoltasi a Bangkok nel 2012. Visibilmente emozionato Rocco Marano, distintosi nelle fasi del concorso per il suo lavoro tecnico lodevole e di precisione: “Vorrei ringraziare in particolare la nostra Accademia, gli allenatori

La Sposa del Sud è arrivata alla sua undicesima edizione, si è tenuta dal 3 al 6 gennaio presso la Sala Ricevimenti International a Foggia. È un grande evento sul matrimonio dove si incontrano molte aziende e consulenti del settore per aiutare le giovani coppie a organizzare al meglio il giorno delle nozze. Modelle, fotografi e organizzatori eventi si riuniscono per confrontarsi e aggiornarsi sulle novità e sulle nuove tendenze di questa grande tradizione. Quest’anno all’evento hanno partecipato due ragazze dei cinque Reali Siti, si tratta di Antonella Masucci di Stornarella e Rosy Marano di Carapelle. Antonella classe 94 si è diplomata al Liceo Scientifico. Ha partecipato al miss concorso di bellezza regionale ed è stata una delle protagoniste di Miss Rossonera. Lavora come segretaria presso l’Unique Village. La sua più grande passione è la pallavolo, infatti, ha una sua squadra e nel cui hobby

ufficiali del Team Italia Paolo e Luigi Forestiero, i modelli degli individuali Paolo Colonna ed Emanuele Aruanno e, quelli dello show Davide Custode e Gerardo Miele”.

Grande entusiasmo quindi, per un’Italia che guarda avanti: capitale mondiale della moda ed autorità indiscussa nell’hair styling internazionale; perché no, con un sapore tipicamente pugliese!

riversa tutto il tempo e le energie necessarie. Antonella e Rosy si sono conosciute sul set pubblicitario di una scuola di arti marziali sponsorizzando un corso femminile di difesa personale. Insieme hanno girato anche uno spot per il Centro benessere Aura e lo spot è in onda su TeleFoggia. Rosa Marano, meglio conosciuta come Peggy, viene da Carapelle. Di

origini siculo-pugliesi, vive nel paesino da 13 anni e lavora ormai da due anni nel campo della fotografia, da entrambi le parti dell’obbiettivo. I suoi interessi si focalizzano su tutto ciò che è possibile chiamare arte: dal disegno alla scrittura, dal make up allo styling. Rosa ha iniziato la sua carriera di modella a Bologna, dove ha posato per alcuni fotografi locali, finendo per collaborare con fotografi internazionali di grosso calibro quali Ivanov Sergey (Russia) e Kenvin Pinardy (Indonesia). Il suo portfolio vanta ormai ogni genere di esperienza fotografica: dal wedding al fashion. L'ultima delle sue esperienze la ritroviamo proprio a Foggia, per la nota fiera de “La sposa del Sud”, dove, in collaborazione con Antonella, in quest'occasione hostess, ha posato come hair model per il salone “Biagio e Anna Biccari parrucchieri”. Non ci resta che augurare a entrambi un buon successo.


Franco Mercurio I figli del gesuita Claudio Grenzi Editore La notte del 16 novembre 1767 un drappello di cavalleria, comandato dal magistrato più alto in carica della potente Dogana di Foggia, bussava alla porta della Casa dei Gesuiti di Orta per comunicare la loro espulsione dal Regno di Napoli e la confisca del loro immenso feudo. Cominciava così la storia di una delle più belle utopie dell’illuminismo napoletano, che immaginava una società perfetta, basata sul lavoro agricolo ed organizzata in cinque piccole città nella più disabitata, malarica e climaticamente ostile parte del Mezzogiorno: il Tavoliere delle Puglie. L’autore estrae dalle nebbie del passato una vicenda, a cui si è data scarsa attenzione, soprattutto per il pregiudizio borbonico che ha pervaso la cultura italiana risorgimentale. È la storia di 410 mentecatti, raccolti in giro per la montagna appenninica e la marina pugliese e mandati a costruire una comunità nuova, dove dialetti, usi, costumi ed esperienze diverse sono obbligati a incontrarsi, conoscersi, fondersi. Non è un saggio storico, ma non è nemmeno un romanzo storico. L’autore fa usare ai protagonisti le parole che effettivamente hanno scritto in una sorta di documentario storico, che si intreccia con la politica nazio-

nale ed internazionale di Ferdinando IV, intenzionato a liberare il suo regno dalle ingerenze straniere, per farne uno stato orgogliosamente indipendente. È la storia corale di una comunità, che si srotola davanti agli occhi del lettore in un continuo avvicendamento di eventi e di scelte, a volte ondivaghe ed altre perfino contrastanti, perché così era l’arte del governo assoluto e così era la vita dei servi evoluti in sudditi e finalmente decisi a diventare cittadini.




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