Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Novembre-dicembre 2012

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Dopo il clamore sulla retribuzione del Segretario Generale della Camera di Commercio di Foggia, continua l’escalation sulle ricchissime retribuzio-

ni dei manager della pubblica amministrazione in Puglia. Il più pagato è Marco Franchini, direttore generale di Aeroporti Puglia, che percepisce 323.360 euro all’anno. La Corte dei Conti ha dato il via ad una vera e propria “caccia al più ricco” dopo la rivelazione dello stipendio del Segretario Generale della Camera di Commercio di Foggia, Matteo Di Mauro, con 315.429 euro all’anno. Per Di Mauro “una magra consolazione”, perché non è il manager pubblico più pagato di Capitanata, ma “solo” il secondo in Puglia, preceduto da Marco Franchini, direttore generale di Aeroporti Puglia, che percepisce 323.360 euro all’anno.

Nell’elenco degli stipendi d’oro pugliesi, una dozzina di posizioni sono riservate a postazioni foggiane. La parte del leone la fa sempre la Camera di Commercio di Foggia: i due vicesegretari di Matteo Di Mauro, Giuseppe Santoro e Michele Villani, guadagnano rispettivamente 177mila euro e 129mila euro. Il manager più pagato in provincia di Foggia dopo Di Mauro è Nino Falcone, commissario dell’autorità portuale di Manfredonia, con un compenso di 160mila euro all’anno. Guido Capurso, Commissario aggiunto della stessa autorità portuale, percepisce 130mila euro. Non si possono lamentare i manager delle aziende del Comune di Foggia, ottimi anche i loro stipendi: Marcello Iafelice, direttore generale di Amgas, con 134mila euro,

Michele Simone, dirigente della fallita Amica spa, con 130mila, Massimo Dicecca, presidente di Ataf, con 120mila. Tra i manager super pagati non potevano mancare quelli della sanità: Tommaso Moretti, dirigente degli Ospedali Riuniti, e Attilio Manfrini, dirigente dell’Asl, incassano un compenso annuo di 113mila euro. Chiude la top ten a 6 cifre il direttore generale dell’Università, Costantino Quartucci, mentre il segretario generale dell’Ente Fiera, Raimondo Ursitti, si ferma a 93mila euro l’anno. Questo tempo di crisi e di tagli fa un baffo agli ‘eletti’ di questa classifica. Scorrendo la lista salta agli occhi una particolarità: i vertici dei due Parchi nazionali, quello del Gargano e quello dell’Alta Murgia, evidenziano cifre simili per tre componenti su quattro: Cesare Veronico (presidente Alta Murgia), Stefano Pecorella (presidente Gargano) e Luca Soldano (direttore Gargano) prendono poco meno di 30mila euro. Al contrario, Fabio Modesti, direttore dell’Alta Murgia, arriva a 65mila euro.


Orta Nova - Comune e Agenzia delle Entrate siglano l’intesa contro gli evasori fiscali Il Comune di Orta Nova e l’Agenzia delle Entrate collaboreranno all’intensificazione della lotta all’evasione fiscale ed alle attività di recupero delle risorse sottratte alla comunità ortese da quanti non adempiono al proprio dovere di contribuente. È l’esito operativo del protocollo d’intesa sottoscritto, presso la Direzione Regionale della Puglia dell’Agenzia, dall’assessore al Bilancio Mimmo Dembech e il direttore regionale delle Entrate Aldo Polito. Gli strumenti operativi dell’intesa sono: segnalazioni qualificate, incrocio di dati e informazioni, percorsi di analisi e ricerca, formazione specialistica per il personale comunale. Il vantaggio finanziario per il Comune sarà l’acquisizione del 100% delle somme eventualmente riscosse a seguito delle segnalazioni effettuate dagli uffici municipali. “L’intesa con l’Agenzia delle Entrate è una delle attività operative messe in campo dall’Amministrazione comunale per riordinare il settore delle Finanze, afflitto come quasi tutti gli altri da confusione organizzativa e arbitrarietà delle scelte”, commenta Mimmo Dembech, “Rientra in quest’ultima categoria la decisione di non aggiornare le tabelle degli oneri di urbanizzazione negli ultimi 14 anni, contrariamente a quanto previsto dalle normative statali, procurando un danno erariale notevole alle casse comunali, private delle risorse necessarie a garantire l’adeguata manutenzione delle strade piuttosto che dell’illuminazione pubblica. L’attuale Amministrazione è stata tra le prime ad adottare il regolamento Imu, preso a modello da altri Comuni, ed ha finalmente convertito la tassa per l’occupazione di suolo pubblico in canone, più facile da esigere, razionalizzando la suddivisione delle categorie degli obbligati a versarlo per migliorare l’efficacia della sua imposizione. Il prossimo obiettivo è la piena attuazione del Regolamento per l’uso dei beni comunali, mai applicato dopo la sua adozione, nel 2006, ad opera del Commissario prefettizio A.N.F.C.D.G. - Il Presidente Pandiscia chiede al sindaco Calvio chiarimenti sulla presenza di picchetti sulla scalinata del Sacrario. Riceviamo e volentieri pubblichiamo una missiva inviata al Sindaco e agli assessori del comune di Orta Nova e per

conoscenza al Cappellano del Cimitero: Durante la ricorrenza del 2 novembre, alcuni socie dell’ANFCDG, con fare concitato mi portano all’attenzione della presenza di alcuni picchetti posti sulla scalinata del Sacrario. Da informazioni assunte, è emerso che è stato deliberato la costruzione di una cappella privata... Nel 2002 grazie all’impegno di Gioacchino e Damiano Novelli, amici dell’Associazione e componenti dell’allora Amministrazione, fu ristrutturato l’intero Sacrario, rifacendo la facciata e creando alle spalle dello stesso, così come era previsto nel P.r.g. del cimitero, un ampio spazio per officiare le S. Messe, visto che il Sacrario si trova al centro del cimitero, e nel contempo due aree ai lati del Sacrario

da adibire al posizionamento di alcuni reperti militari... Successivamente, fu variato il P.r.g., sottraendo le suddette aree alla disponibilità dell’Associazione senza interpellare, ne informare la stessa delle volontà dell’Amministrazione. Si evince da quando sopra detto che la cultura e la storia dei nostri Padri e del nostro Paese non interessa, però serve solo in certi periodi della nostra vita sociale. Alla luce di quanto sopra esposto, chiedo di conoscere le motivazioni e gli atti adottati da questa Amministrazione relativamente ai lavori in oggetto indicati e se ne ritiene opportuno che l’Associazione continui ad adoperarsi nell’essere responsabile nella gestione del Sacrario. Di annullare la concessione della costruzione


della cappella privata, in prossimità della scalinata e del suolo posto alla sinistra del Sacrario sino alla tomba della famiglia Ricci come da P.r.g. precedenti. Il Presidente Saverio Pandiscia L’ultimo respiro a Mezzogiorno di Giovanni Scommegna Si è tenuta, il mese scorso, presso la sala teatro della Casa di Accoglienza “Madre Teresa Vasciaveo”, ad Orta Nova, la presentazione di un interessante libro, scritto da Angelo Casto, intitolato “L’ultimo respiro a Mezzogiorno”. L’opera di Casto è frutto di considerazioni, osservazioni e pensieri personali, su quello che è stato ed è il destino del Mezzogiorno d’Italia, agli occhi critici dell’autore, una terra senza prospettive. Devo dire che il libro è davvero interessante, con una scrittura scorrevole e un ritmo che sostiene egregiamente le tematiche che esso tratta. Frutto di numerosi ricordi personali, dipinge con un’amarezza d fondo il destino di una terra, come quella meridionale, senza un destino definito, anche se dalle parole amare dell’autore emerge un lumicino di speranza per il futuro dell’Italia “minore”! L’evento è stato curato dall’ associazione di promozione sociale Noialtri e La biblioteca sociale “maestro Francesco Saverio Sinisi” e ha avuto come ospiti, oltre all’autore, il sindaco di Orta Nova, Avv. Maria Rosaria Calvio, la Dott.ssa Donatella Pedone, Celeste Gaeta, dell’associazione “Noialtri”, la Dott.ssa Gina Aghilar, l’editore Franco Di Mauro ed il docente del liceo classico “Zingarelli” di Orta Nova, Prof. Salvatore Di Pierro. Nel prossimo numero seguirà un intervista con l’autore del libro, Angelo Casto.

dell’Ente, sentito il parere della Commissione interna che ha valutato i profili professionali e le esperienze del personale dirigente in servizio. 51 anni, laureato in Economia e Commercio, sposato con due figlie e dipendente del Consorzio dal 1988, Francesco Santoro ha già ricoperto importanti incarichi nell’Area Ingegneria e dal 2009 è Dirigente nell’ambito della Direzione Generale. Con questa nomina, che giunge in un momento di particolare delicatezza per il settore della bonifica, l’amministrazione ha inteso valorizzare e mettere a disposizione dell’Ente e dei suoi consorziati un importante bagaglio di conoscenze del territorio e delle strutture gestite nel comprensorio di competenza. “È una sfida difficile, ma senz’altro di grande motivazione” - ha dichiarato il Direttore Santoro nel ringraziare l’amministrazione per la fiducia accordata - perché il Consorzio per la Bonifica della Capitanata è stato e rimane un grande Ente, non solo per l’estensione e l’importanza delle opere in gestione, ma soprattutto per l’efficienza delle proprie strutture e l’alta professionalità di tutto il personale”.

I Greco, la famiglia longeva di Stornarella Papà e Mamma Greco lasciarono, nell’esodo fascista del secolo scorso, con i figli Valeverdina (1914), Michele (1918), Incoronata (1921), Crescenzo (1923), Rocco (1926) e Alberto (1928), il paesino di Montaguto ai confini della vicino irpinia per Stornarella, nel basso tavoliere. La famiglia Greco nel corso degli anni ha contribuito, con professionalità e amore per la terra, alla crescita economica di questa zona di Capitanata. Dei sei fratelli solo Rocco ed Alberto hanno lasciato Stornarella, il primo per Orta Nova, mentre il secondo laureatosi in Farmacia si trasferì a Roma. Un augurio particolare di un Buon Natale e Felice Anno Nuovo ai fratelli Greco. Tantissimi auguri a nonna Lucia

Daniele Derogatis nel cast di Sherk il musical È proprio vero la costanza abbinata alla passione e con tanto sacrificio genera il momento giusto per approdare nel sogno reale. È quello che è accaduto a Daniele Derogatis, giovane cantante e ballerino

Tanti auguri per Maria Lucia Narducci che il 30 Ottobre ha compiuto 80 anni, dai figli, nipoti, le nuore e cognati e da tutte le persone che la amano.

Francesco Santoro nuovo Direttore Generale del Consorzio per la Bonifica della Capitanata Il Dott. Francesco Santoro è il nuovo Direttore Generale del Consorzio per la Bonifica della Capitanata. Lo ha nominato oggi la Deputazione Amministrativa

Auguri al piccolo Nicola Un mondo di auguri al dolce Nicola Mansolillo che lo scorso 3 novembre ha compito il suo primo anno, “Tantissimi auguri al nostro angioletto adorato” da mamma, papa, cuginetti, zii e da i nonni.

ortese. Una gavetta teatrale dura con corsi di canto e di recitazione ed infine il sogno si è materializzato, scelto su 3mila candidati interpreta il duplice ruolo del papà di Fiona e di uno dei tre porcellini nello spettacolo “Sherk, il musical”. Dopo il successo al Teatro Nuovo di Milano lo spettacolo è in tour in questi giorni, farà tappa in Puglia a Bari nel mese di Febbraio al Teatroteam.


A cura dell’A.N.F.C.S., presieduta da Saverio Pandiscia, anche quest’anno è stata celebrata una Santa Messa in suffragio dei caduti e dispersi in guerra. “La morte non è niente. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace”. Con queste parole, Sant'Agostino parla della morte e della perdita delle persone care, di un distacco tra coloro che vivono e coloro che non sono più tra di noi, visto solo come distanza puramente fisica. Il 2 novembre è il giorno della commemorazione dei defunti, un giorno in cui proviamo tristezza, malinconia e nostalgia, si pensa ai cari che ci hanno lasciato, alla sensazione di vuoto che sentiamo non avendoli più vicino a noi, ci rechiamo sulle loro tombe per depositare fiori e per dire una preghiera, gesti che spesso non riusciamo a compiere nel corso dell'anno. Tuttavia è anche l'occasione per riflettere sulla morte e sulla vita, due condizioni umane che fanno ineluttabilmente parte di ognuno di noi e su cui non ci soffermiamo abbastanza spesso ma che ritornano alla nostra mente in un giorno come questo. Questo è anche il messaggio rivolto dal Cappellano della Associazione Don Luciano Avagliano, durante la tradizionale messa del 2 novembre in occasione della commemorazione dei defunti. Davanti all'altare dei martiri della patria, nel cimitero di Orta Nova, erano presenti il Sindaco di Orta Nova avv. Iaia Calvio ed alcuni amministratori,

il Comandante del Genio, col. Augusto Candido con alcuni ufficiali e sottufficiali della Caserma Pedone di Foggia, i carabinieri, i vigili urbani, i volontari della misericordia e delle guardie ambientali, i membri delle associazioni combattenti. Il Cappellano, nella sua omelia, ha ricordato i defunti che hanno dato la vita per i valori e per la democrazia nei vari paesi del mondo, i giovani, ai quali va il nostro sentimento di gratitudine, che non si sono sottratti ai loro doveri e che sono morti prematuramente, lasciando un vuoto nei cuori dei loro cari come il Caporal Maggiore scelto Mario Frasca, morto il 23 settembre 2011 in un incidente stradale, insieme ad altri due militari, ad Herat, in Afghanistan. La famiglia di Frasca era presente alla commemorazione, la madre, il padre, il fratello ma

anche gli amici e coloro che lo hanno conosciuto hanno voluto ricordarlo e pregare sulla sua tomba. “Proviamo smarrimento quando la morte ci strappa le persone care, ci troviamo a fare i conti con la morte. La morte va affrontata anche per scoprire la vita, per apprezzare quello che la vita ci offre” queste le parole del Cappellano che ricordano come questo giorno rievochi in ognuno di noi la morte, un momento della nostra vita di cui dobbiamo ammettere la presenza senza paura, senza lasciarci trasportare da sentimenti di sconforto, debolezza o, peggio, di rabbia. Per riprendere il pensiero di Sant’Agostino, chi muore non deve essere dimenticato solo perché è lontano dai nostri occhi, la vita deve continuare con serenità e amore anche per mantenere vivo il ricordo di chi non c’è più.

In occasione del 4 novembre le più alte cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto presso l'Altare della Patria a Roma e si recano in visita al Sacrario di Redipuglia, dove sono custoditi i resti dei caduti nella prima guerra mondiale del '15-'18. È il giorno della memoria: per celebrare la vittoria dell’Italia e per ricordare il sacrificio di coloro che persero la vita in quegli anni. Successivamente è diventato il giorno in cui ricordare tutti gli appartenenti alle forze armate che da allora hanno combattuto nei vari conflitti bellici, hanno compiuto missioni all’estero e che hanno svolto il loro lavoro sul territorio nazionale. Non solo nella capitale ma in tutte le città e i paesi d’Italia l’importanza della festa delle forze armate e dell’unità nazionale è riconosciuta e valorizzata con parate militari e civili. Anche Carapelle ha voluto rendere omaggio ai propri concittadini sia a coloro che sono morti sia ai superstiti che sono tornati a casa alla fine della guerra. Con un giorno di anticipo rispetto alla ricorrenza nazionale, il 3 novembre alle 11.15 la banda musicale nel piazzale antistante l’ingresso del Comune ha suonato l’inno di Mameli e nello stesso momento un corteo con a capo il sindaco, il vicesindaco e alcuni esponenti della giunta comunale si è diretto verso la Chiesa B.V.M. del Rosario sulla cui parete esterna si trova una lastra di marmo recante l’elenco dei caduti in guerra sotto la quale è stata posta una corona di fiori. Sempre accompagnato dalle musiche

eseguite dai componenti della banda, il corteo è tornato indietro, verso piazza Giovanni Paolo II dove c’erano i bambini delle scuole materne con alcuni striscioni preparati, con l’aiuto delle loro maestre, per la ricorrenza. Davanti al monumento dei caduti erano presenti alcuni carabinieri, un ufficiale dell’aeronautica, un luogotenente degli alpini, i membri delle associazioni combattenti, i vigili urbani e i volontari delle guardie ambientali. Dopo i tradizionali riti dell’alzabandiera e della deposizione di una corona ai piedi del monumento, il Luogotenente degli alpini Barone ha fatto l’appello dei combattenti di Carapelle che hanno perso la vita durante gli anni dei due conflitti mondiali, poi ha preso la parola Don Angelo che nelle sue parole ha voluto prima di tutto focalizzare l’attenzione su un concetto rilevante in una giornata come quella della memoria: “Il rispetto per sé stessi e per il prossimo è un valore tenuto in grande considerazione da quelle persone che hanno sacrificato la propria vita durante lo svolgimento dei propri compiti, per difendere sé stessi, gli italiani e la patria. Le loro azioni contribuiscono a far crescere l’amore per la legalità”. Alla fine ha benedetto il monumento e le persone presenti alla manifestazione. A seguire, è intervenuto il Tenente Colonnello dell’Aeronautica Antonio di Paola: “Non dobbiamo dimenticare coloro che hanno combattuto per quest'Italia così come è, con i suoi pregi

e i suoi difetti” e il suo ricordo è andato anche al Caporale Tiziano Chierotti, l’ultima vittima in Afghanistan nel corso della missione internazionale Isaf, iniziata nel 2004, e ai due marò in carcere in India da quasi un anno solo per aver difeso una nave. Alla fine, i bambini della scuola materna “Fantasylandia” hanno espresso dei piccoli pensieri per celebrare la giornata e il sindaco ha consegnato le targhe con la frase “Per non dimenticare” ai 7 superstiti di Carapelle. Per terminare vorrei ricordare l’iniziativa “Caserme aperte”, alla quale ha aderito anche la caserma “Sernia” di Foggia per celebrare la festa delle forze armate. Nei giorni 30 ottobre e 2 novembre la caserma è rimasta aperta al pubblico, è stata allestita un'importante mostra statica inerente mezzi, materiali ed equipaggiamento tipici del Reggimento Genio e svolte simulazioni di attività operative. Presenti il Sig. Prefetto di Foggia, la scuola elementare “Manzoni” di Foggia, l'Istituto Tecnico Commerciale “G. Rosati” di Foggia, l'Istituto Tecnico Commerciale “P. Giannone” di Foggia, l'Istituto Tecnico Commerciale “Pitagora College” di San Giovanni Rotondo, l'Istituto Professionale IPSIA “A. Pacinotti” di Foggia. Era presente anche la famiglia Frasca che con l'associazione “Mario Frasca” presieduta da Vincenzo Frasca, ha mantenuto vivo il ricordo del giovane Mario e di tutti i Caduti in missioni internazionali.


Giorni orsono alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa locale dal Consigliere Comunale di minoranza Matteo Silba, in merito alla situazione amministrativa del Comune di Stornara, hanno innescato alcune polemiche, a tal proposito abbiamo ritenuto opportuno intervistare il Primo cittadino Rocco Calamita. Domanda: Signor Sindaco cosa risponde alle critiche del suo predecessore? Risposta: La nuova Amministrazione Comunale da me presieduta non ha di certo vissuto di rendita nei primi mesi di gestione. La situazione debitoria trovata ed ereditata dalle precedenti amministrazioni non è da sottovalutare, ma nel contempo non lascia spazio ad inutili piagnistei sterili e privi di fondamento se provengono specialmente da chi avrebbe potuto fare sicuramente di più, nei suoi diciotto mesi di mandato politico amministrativo. D.: Il suo primo atto nell’insediarsi. R.: A partire dal giorno dopo le elezioni, la nostra amministrazione ha provveduto alla riorganizzazione del personale negli uffici comunali a seguito della chiusura della scuola materna comunale, collocando le ex insegnanti nei posti vacanti da anni in pianta organica, rendendo di fatto più efficienti i rapporti burocratici col cittadino. D.: Poi. R.: Nell’ambito delle politiche sociali, giovanili e della Pubblica Istruzione, sebbene il difficile reperimento di risorse finanziarie, si è provveduto ad organizzare il soggiorno climatico per anziani a Fiuggi, la colonia estiva per i bambini a Margherita di Savoia ed il viaggio di istruzione per i ragazzi stornaresi a Barcellona. Sì è provveduto ad organizzare nuovi eventi che hanno portato ritorni di immagine ed economici a Stornara ed ai commercianti stornaresi come la prima notte bianca, la riapertura estiva della Villa Comunale che vessava in pessime condizioni igieniche e di manutenzione e la premiazione degli alunni stornaresi meritevoli. D.: Attenzione anche alla viabilità e all’urbanistica? R.: In materia di viabilità si sono effet-

tuati numerosi ripristini stradali per le vie del centro abitato ormai ridotte ad un colabrodo e si è istituita la collaborazione temporanea di giovani ausiliari del traffico per garantire la circolazione e la sicurezza ai cittadini maggiormente nel periodo estivo. In termini di urbanistica si è provveduto a ridare un dignitoso ripristino alla facciata della sede comunale, del cimitero comunale con il rifacimento di alcune aree interne ed esterne e la riqualificazione interna dell’audi-

torium che ad oggi rappresenta l’unico polo culturale per la cittadinanza stornarese”. D.: In stallo il parco eolico? R.: Per quanto riguarda la convenzione per il parco eolico di Inergia, attualmente il Comune ha in essere un contenzioso con la società a causa di questioni tecniche relative alla convenzione stipulata nell’anno 2007: per le stesse motivazioni si chiarisce che tutti gli interventi della nuova Giunta Comunale non sono stati effettuati con i benefici economici dell’eolico poiché mai pervenuti nelle casse comunali. Ritengo che la mia amministrazione sia l’esempio lampante che l’umiltà, l’amore per la propria terra, per la propria gente, la volontà di andare avanti e le capacità di stringere sinergie con i rappresentati del Governo Regionale e Provinciale, conducono solo verso il cambiamento vero di un’intera comunità. Mi auguro che l’ex sindaco Matteo Silba dai banchi della minoranza si attivi finalmente per un’opposizione seria, propositiva e costruttiva: non abbiamo tempo per le strumentalizzazioni se provengono, per di più, da chi ha avuto la possibilità di cambiare Stornara ma non lo ha fatto mai.


Domanda: Tracciamo un primo bilancio sul suo mandato partendo dall’auditorium e la biblioteca Risposta: L’amministrazione comunale da un’importanza notevole all’apertura della biblioteca, che non deve più essere il luogo dei libri, dove gli studenti vanno a fare le ricerche, ma dobbiamo fare in modo che diventi un centro di aggregazione sociale di tutti i giovani. I giovani devono avere piacere di andare in biblioteca e quindi dobbiamo sforzarci di farlo diventare qualcosa di altro, qualcosa di diverso. Abbiamo in mente iniziative culturali, dalla presentazione dei libri, al recital di poesie, ad occasioni musicali per fare in modo che i giovani si sentano attratti e possano tra di loro discutere. È a disposizione di tutti, se un gruppo formale di giovani, vuole utilizzarlo per un’iniziativa, per una qualunque loro idea noi siamo disponibili. L’importate è che venga rispettata da tutti perché gli sforzi che abbiamo fatto sono più che notevoli perché un paese come Carapelle non poteva non avere una biblioteca. Senza voler entrare in polemica, la biblioteca era chiusa dal dicembre del 1999, abbiamo impiegato più di dieci anni per curare questa ferita grave alla comunità non potevo sopportare più una cosa del genere e dopo tanti sforzi ci siamo riusciti. D.: Quale il suo sogno? R.: Il grande sogno che ho è quello di organizzare un polo culturale, in realtà ci sono già delle tessere di questo mosaico che sembrano interessanti, perché a sinistra della biblioteca c’è l’asilo nido, poi la scuola ma prima ancora c’è l’auditorium, la struttura per il quale l’amministrazione ha tribolato, perché abbiamo concepito una struttura di notevole valenza culturale. La struttura è adibita essenzialmente a rappresentazioni teatrali e al cinema ma all’interno c’è anche una sala convegni/conferenze e al piano superiore, al quale si accede attraverso due scalinate, c’è la sala adibita a mostre, un luogo per gli artisti locali e non solo dove potranno esporre le loro opere. Con 400 posti a sedere è una struttura che incrementerà

la cultura di questo paese. Contro quelli che mi dicono di avere creato una struttura inutile, pur rispettando le opinioni di tutti, io dico che l’auditorium non è mai una struttura inutile, noi qui a Carapelle, l’unica sala che abbiamo è la sala consigliare che viene utilizzata per tutto e questo non è dignitoso. Ci mancava uno spazio per le attività di ogni tipo, immaginare di proiettare film, organizzare rassegne musicali, convegni ed esposizioni di opere d’arte a Carapelle fra un po’ di tempo è una realtà. Carapelle, non ha nulla da invidiare ad altri centri, ha una funzione di grande interesse, si trova sull’asse più

importante della Capitanata la Foggia - Cerignola, è a 15 Km a Sud-est di Foggia e riveste un ruolo importante di questo ‘sub sistema’ che è la Capitanata e ricordiamoci che è anche l’anticamera dei 5 Reali Siti. Tutta l’amministrazione sta per dare alla città una struttura importante che sarà a disposizione di tutti. L’auditorium, in realtà doveva essere già terminato, ma in questo momento non è ancora utilizzabile perché l’unica cosa che manca sono le poltrone e il sipario, che stiamo cercando di acquistarle. La previsione è il 31 di Gennaio per la consegna dell’auditorium. Sono già in contatto con artisti noti della nostra terra, come Michele Placido e Lino Banfi

che devo solo darmi la disponibilità. D.: Centro diurno per gli anziani R.: Con finanziamento regionale, abbiamo realizzato un’altra opera importate per il paese di Carapelle, stiamo parlando di 550.000 Euro per dare agli anziani carapellesi una struttura stabile e dignitosa per incontrarsi e stare insieme. La struttura è fatta a moduli dove è possibile collocare una palestra e una sala per l’incontro con medici, perché gli anziani devono vivere la loro vecchiaia con serenità e in piena autonomia. Anche questa è una struttura che mancava e che l’amministrazione ha voluto dare alla cittadina. La data di ultimazione lavori è entro quest’anno. D.: Le ultime realizzazioni: Asl - Poliambulatorio e opere in generale R.: Andando verso Orta Nova, c’è la nuova struttura dell’Asl Poliambulatorio, io credo di meritarmi con la mia squadra una sorta di apprezzamento nei confronti della cittadinanza. Quando siamo arrivati, avevamo il “poliambulatorio” - se cosi lo vogliamo chiamare - dove adesso stanno i Servizi Sociali, all’interno della casa comunale, e questo era inadeguato. Per la costruzione della nuova struttura non abbiamo investito denaro, abbiamo solo partecipato ad un bando di concorso e abbiamo ceduto il terreno all’Asl che ha costruito la struttura con i suoi soldi. Stiamo per arrivare alla fine della amministrazione e il resoconto finale per la comunità carapellese va sotto il nome di auditorium, biblioteca, Asl, asilo nido, centro sociale per anziani, sistemazione della piazza e fontana, mensa per bambini della scuola elementare, pista ciclabile e tanto altro che ora non ricordo. Abbiamo creato delle opere che rimarranno nella storia del paese, e negli anni siamo riusciti ad avere oltre sette milioni di euro dalla Regione e mi pare evidente che non potevo fare tutte queste cose se avessi voluto puntare sulle risorse comunali. Di questi sette milioni, uno è messo da parte per il fiume di Carapelle, per la creazione di una muraglia, per impedire ammesso che questo avvenga al fiume di straripare. Inoltre abbiamo avuto accesso ad altri fondi, per migliorare l’entrate del paese, mettendo a norma l’entrata Carapelle Sud - Ss16 e l’entrata di Carapelle - Orata Nova e in quest’ultima, realizzando anche un parco intitolato a Peppino Impastato. Il paese ha acquistato delle strutture importanti, soldi comunali non ci sono e l’entrate comunali di Carapelle sono gli oneri delle concessioni edilizie e da quando siamo entrati nel tunnel della recessione finanziaria nessuno più costruisce. Ogni tanto qualcuno fa qualche casa ma sono tutti bloccati, non costruisce più nessuno e questo significa che soldi nelle casse comunali non entrano e come facciamo ad assicurare i servizi? Diranno che ho speso troppi soldi sull’auditorium, potrà essere vero ma quelli che oggi dicono che ho speso troppi soldi sono quelli che con me hanno votato quella decisione di fare l’auditorium.


Due avvenimenti di notevole interesse, riscontrabile anche dalla numerosa partecipazione del pubblico presso la Sala della “Rimembranza” del Palazzo ex Gesuitico in Orta Nova, sono stati realizzati dalla nostra Sede nei pomeriggi di questo mese di ottobre; preannuncio della vitalità culturale, propedeutica alle attività che saranno realizzate nel corrente anno accademico. La lezione che possiamo trarre da questi eventi riguarda i rapporti tra personalità e cultura; intesa la cultura non più nei termini scolastici e accademici delle scuole tradizionali umanistiche, ma in senso sociologico, nell’accezione dell’antropologia culturale, come complesso di ogni manifestazione di vita propria di un gruppo, di un’istituzione, della nostra Accademia della cultura e dell’umanità. Il primo si è svolto il 19 ottobre scorso sul tema del libro di poesie e favole illustrate “Per i cieli dell’anima” di Rocchina Morgese, con la presentazione della Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere e arricchito dai disegni della nostra insegnante Angela Mastropietro. Ha moderato il Consigliere comunale Nicola Di Stasio alla presenza del Sindaco Avv. Iaia Calvio, dell’Assessore comunale Dott.ssa Attini, dell’Assessore alla Cultura dell’Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti prof. Alfonso Palomba e del Dott. Giuseppe Moscarella che ha portato il saluto del Presidente della Provincia di Foggia. Nella parte conclusiva, dopo le letture delle poesie, il moderatore ha rivolto alcune domande all’autrice, che ha espresso le proprie motivazioni e sensazioni in merito alla capacità creativa e al messaggio contenuto nell’opera. Poesie e favole fanno parte del prezioso bagaglio di questa pubblicazione. Fra il narratore e il poeta s’innalza la rima, tutta tenere fantasie e incantata malinconia, carezzevole e dolce. La felicità della scrittura diventa così

l’unica risposta possibile per Rocchina Morgese all’incomprensibilità dell’universo, ella non trasferisce le sue motivazioni sul piano sociale e non pretende di risolvere problemi morali. L’atteggiamento fondamentale è quello della pietà intesa in senso largamente umano e cristiano: pietà per la gente che soffre rassegnata, che inutilmente spera e insegue sogni o chimere. Pietà anche per il mondo vegetale e per gli animali, che soffrono come gli uomini, ma senza speranze e sogni! (dalla Presentazione al testo della Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere). Ospite della serata è stata la poetessa Adelina Tarantino, che ha declamato alcune sue composizioni poetiche dialettali. Il giorno 25 ottobre scorso si è tenuto il secondo incontro alla presenza dell’Assessore comunale Dott. Domenico Dembech, che porta

il saluto dell’Amministrazione comunale, hanno relazionato la Presidente dell’Unitre Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere e il Direttore dello Sguardo sui 5 Reali Siti, Michele Campanaro, alle cui domande ha risposto l’autore, soffermandosi sulle considerazioni di carattere storico, esoterico, filosofico e teologico del percorso dell’essere umano, teso alla sua risurrezione interiore. Come aveva già intuito Leopardi o Dino Buzzati, anche il nostro autore comprende che la serenità è solo apparente e la vita della natura e di ogni uomo è segnata da una tragica legge di violenza. Spesso è l’uomo con il suo intervento di violenza a portare scompiglio nell’ordine naturale, ma il senso d’inquietudine che pervade gli uomini non è originato soltanto dagli strani comportamenti degli animali, che piuttosto ne sono un riflesso. Tutta la realtà, compresi gli oggetti inanimati, sembra partecipare di eventi inquietanti e registrare presenze misteriose: uomini e animali si scambiano angosce e paure non decodificabili razionalmente. In un territorio sospeso tra verosimiglianza e un’atmosfera da favola e leggenda agiografica rimane tutto il racconto e l’interpretazione della vita, della morte, dei vizi e delle virtù umane con l’incertezza del futuro. La domanda più ricorrente è quella riguardante la verità, la cui ricerca impegna ciascuno di noi nell’arco della nostra esistenza. Molte delle pagine più riuscite sono quelle in cui l’autore ha lasciato la propria fantasia libera, giungendo così a concezioni e costruzioni fantastiche piuttosto complesse e articolate. Al grado più alto della fantasia vanno senz’altro ascritte quelle pagine che presentano animali di invenzione buzzattiana, ma che derivano quasi sempre dalla deformazione e dalla contaminazione di specie animali esistenti perché, come Collodi, anche il nostro autore si diverte a inventare strane creature dalle singolari caratteristiche somatiche e comportamentali oppure le mutua da tutta una tradizione leggendaria e fiabesca.


Che l’Italia stia vivendo un momento particolarmente delicato è sotto gli occhi di tutti: il paese, infatti, sta attraversando una stretta storica di ampia portata, segnata non solo dalla presenza di una profonda crisi politica che ha generato tutti i fenomeni dell’antipolitica (dalla sfiducia della gente al “grillismo”) che oggi conosciamo, ma anche da una crisi morale di proporzioni enormi (dalla corruzione alle spese folli dei vari “Batman” di turno), oltre che da una congiuntura economicofinanziaria senza precedenti (dai “sacrifici” continui richiesti agli italiani al rigore imposto dal governo dei professori per uscire dal tunnel del default). In questo quadro di preoccupante frantumazione del tessuto sociale, però, cominciano a diffondersi chiari segnali di reazione, accanto al bisogno di ricerca di nuovi itinerari di progettualità, capaci di promuovere un modello di sviluppo diverso, fondato - come ricorda la Centesimus annus - non esclusivamente sulla dimensione economica, ma anche sulla prospettiva umana. L’operazione è tutt’altro che semplice e il cambiamento - da tutti invocato - non è certo un intervento epidermico o di semplice riforma dei modelli elettorali: occorre, invece, una revisione etica di portata sostanziale, tale da configurarsi come prospettiva di un nuovo profilo di uomo e di una nuova immagine della società. Io sono persuaso che Il cambiamento sia ancora possibile, a patto, però, che l’uomo torni ad essere cittadino, che si convinca che il singolo è al servizio della comunità e non viceversa, che il “pubblico” è il fine e il “privato”: senza queste poche scarne certezze nulla può essere. In questa logica, in altri termini, occorre, da parte di tutti, un diverso rapporto con la comunità di cui si è parte, una maggiore partecipazione alla vita collettiva, una partecipazione che muova da una visione dei propri doveri profondamente rinnovata rispetto a quella che la maggior parte delle persone è portata naturalmente ad accettare. Naturalmente la partecipazione alla quale si fa qui riferimento non è solamente quella politica, ma anche quella sociale, entrambe innervate nel concetto di solidarietà, che altro non è se non il sentimento di partecipazione attiva alle vicende umane del prossimo, la disposizione all’appoggio, all’aiuto dell’uomo nei confronti degli altri uomini, in nome del nesso inscindibile che esiste tra le vicende di tutti gli appartenenti ad una comunità, legati insieme da un destino comune. Orbene, chi ha metabolizzato intus et in cute tutto questo sul nostro territorio ed ha assunto l’“etica della solidarietà” come scelta, compito, prospettiva di senso è l’AVIS di Carapelle, (egregiamente guidata dal presidente, ing. Antonio Ricci, e dai suoi ottimi collaboratori, sigg. Antonio Tarantino e Mas-

simo Samele), che ha, domenica 30 settembre 2012, “festeggiato” il suo decimo anno di vita e di attività, alla presenza di un pubblico particolarmente attento e delle massime autorità locali, oltre che delle delegazioni di molte associazioni “sorelle” (provenienti da Foggia,

S. Severo, Cerignola, Deliceto, Ortanova Ordona, Castelluccio dei Sauri, Ascoli Satriano) e di una nutrita pattuglia della Misericordia di Ortanova. Dopo il corteo dei labari per le vie del paese, un momento particolarmente intenso si è registrato con l'inaugurazione di una targa commemorativa AVIS in piazza Giovanni Paolo II: la targa - vera e propria opera d'arte, frutto della creatività di Elia Di Tuccio, artista di tutto rispetto e ben nota alla comunità di Carapelle - nella sua essenzialità e nei suoi appropriati stilemi, ricorda non solo l'evento del decennale, ma soprattutto si pone da un lato come memoria palpitante del “donum” che al buio e senza attendere riconoscenza l'iscritto all'AVIS (leggi: il donatore) compie nel momento in cui si sottopone al prelievo del sangue, dall'altro come monito imperituro per chi non è ancora convinto che sul terreno della solidarietà è possibile fare e “dare di più”, come recitano le parole di una famosa canzone di qualche decennio fa. Poi, dopo la messa celebrata da don Angelo Festa presso la chiesa di S. Giuseppe, tutti al pranzo sociale organizzato presso l'International (Km 3 da Foggia) non solo per trascorrere insieme qualche ora nel segno dell'amicizia e della cordialità che legano tra di loro i soci dell’AVIS, ma anche per riflettere ancora sul “ruolo” del benemerito sodalizio e per “premiare”, per così dire, due soci (sigg. Angelo Serafino Di Paolo e Antonietta D’Emilio) che hanno meritato il riconoscimento pubblico per le loro cinquanta donazioni, accanto ad altri che sono in cammino verso lo stesso obiettivo. Chi ha seguito i “lavori” della giornata, con maestria coordinati dal presidente Antonio Ricci, ha sicuramente compreso come sia importante oggi guardare al volontariato non solo sotto

l’aspetto della singole persone, ma anche considerarlo come “movimento culturale”: il volontariato, infatti, è particolarmente forte, quando si presenta, come nel caso dell’AVIS di Carapelle, nella sua capacità di fare gruppo, di fare associazione, di diventare “movimento”, perché, allora, non solo dà risposte e realizza servizi, ma diventa stimolo, proposta, pressione verso gli altri soggetti della società, siano essi individui, comunità o istituzioni civili. Solo in questo modo il volontariato diventa forza di cambiamento, così come testimonia la “generosità” delle persone che animano l’attività dell’AVIS di Carapelle, alle quali auguro di poter sempre mantenere l’attuale capacità di saper attivare canali di comunicazione interpersonale, nel sociale, tra cittadini ed istituzioni, nell’impegno per “movimentare” le risorse del territorio nel senso della solidarietà e della condivisione. Come affermava S. Tommaso, bonum diffusivum sui: i nostri tempi sono di forte indigenza morale e, se in tali tempi, come ha affermato Robert Musil, non portiamo avanti la costruzione della morale, tutto è perduto. Io sono convinto che la solidarietà sia la risposta migliore, forse l’unica a questa indigenza storica. L’Avis di Carapelle è certamente sulla via giusta e soprattutto sta facendo la sua parte con dignità, anche se nell’umiltà. * Sindaco di Carapelle


Incontrare una persona in grado di parlare di letteratura, storia e cinema con impressionante disinvoltura e semplicità fa sempre un certo effetto. Lo stupore è poi maggiore quando tale persona è una nostra compaesana poco più che ventenne, studentessa in Scienze dell’Educazione e della Formazione e rappresentante in Consiglio di Dipartimento per il movimento studentesco “Area Nuova”, ma soprattutto fresca vincitrice della seconda edizione del premio letterario “La vie en rose” lo scorso mese di marzo con il racconto“Il colore delle nuvole”. Come nel più classico dei film, mi confida Raffaella, è stata una sua amica a sua insaputa a inviare il racconto al concorso, e notevole è stata la sua sorpresa nel sapere di essersi classificata al primo posto. L’opera di narrativa, rientrante nel tema “L’amore come forza eternatrice” ha conquistato la commissione giudicatrice ad unanimità, composta da giornalisti, scrittori e critici letterari di fama internazionale, per aver saputo, si legge nella motivazione, “esprimere con le parole una storia di amore, dolore, lotta contro se stessi e contro la realtà, ma soprattutto per aver saputo darne un messaggio di infinita speranza”. D: Come ti è nata l’idea di scrivere su un tema così delicato come l’Olocausto? R: È difficile spiegarlo, da anni scrivo e leggo moltissimo, ma sin dai tempi del liceo ho nutrito un forte interesse per tutto ciò che ha riguardato la più orribile pagina di storia del Novecento: addirittura un professore dell’Università di Venezia, specializzato in filosofia e astrologia mi ha confidato di vedere in me una ragazza con origini ebraiche. D: Di cosa tratta il tuo racconto? R: La trama è suddivisa non in capitoli, bensì in tre parti. La prima è ambientata in Polonia nel 1939, all’alba della Seconda Guerra Mondiale: lo scrittore ebreo ventinovenne Yosseph si innamora di Helen, una giovane pianista proveniente dalla ricca borghesia. Il loro amore è destinato ad essere diviso dalle assurde leggi razziali, e infatti ben presto Yosseph è deportato nel campo di concentramento di Dachau, un posto che - scrive in una lettera alla sua amata - prego Iddio nessuno dopo di me debba mai vedere. I due sono così costretti ad interrompere la loro corrispondenza e lo scrittore, malgrado una vita logorata dalle ingiustizie subite, riesce ad isolarsi e a sopravvivere alle alienazioni del campo, annotando i suoi pensieri d’amore su un taccuino. In un nascondiglio Yosseph conosce Yehoudith, una ragazza quindicenne che gli ricorda subito Helen, che gli da così la speranza di ritornare a vivere, ma verrà barbaramente ucciso subito

prima l’invasione dei russi in Polonia, mentre cercava di rubare scarti di cibo pur di sopravvivere. Nella seconda parte, Yehoudith, che ha recuperato il prezioso taccuino di Yosseph, si trasferisce negli Stati Uniti, distante però dalla frenetica società americana. Dopo dieci anni decide di cercare Helen, grazie all’aiuto dell’investigatore privato Jack, di cui si innamorerà: anche lei vive negli Usa, non fa più la pianista e ha dimenticato l’orrore della

guerra. Tra le due donne nasce una forte amicizia, legate entrambe da un sentimento di amore, seppur diverso, per Yosseph. Infine la terza parte rappresenta il momento di speranza del racconto. Helen, muore e la sua scomparsa è per Yehoudith una grave perdita: decide così di tornare in Polonia, circondata da fantasmi di una memoria che non vuole andar via. La Varsavia che si presenta ai suoi occhi è inedita, ne resta folgorata e ammaliata, fin quando non giunge in una via, portando con sé un oggetto, che le chiederà definitivamente di fare i conti col proprio passato”. D: La copertina mostra un ponte che collega due città ben diverse, con sopra un block notes: cosa simboleggia? R: Sì la copertina costituisce il messaggio

centrale del racconto: le due città, Varsavia in pieno olocausto e la moderna New York, sono unite dal taccuino dei pensieri scritti da Yosseph durante la prigionia. D: Perché hai intitolato il racconto “Il colore delle nuvole”? R: Il riferimento è, da un lato al colore grigio per il fumo dei forni crematori del lager di Dachau e dall’altro a quello bianco dell’infanzia vissuta dai tre protagonisti: in una lettera, infatti, Yosseph esorta la sua amata Helen a “ricordarsi di me anche quando cambierà il colore delle nuvole” D: Vi sono dei collegamenti autobiografici nel racconto? R: È una storia che mi si è formata in testa come un sogno, ma credo che ogni lavoro letterario deriva da uno stato d’animo ben insito in ogni scrittore, quindi credo che non esistano lavori che non siano autobiografici (riferendomi alla narrativa naturalmente). È un racconto di speranza e non nascondo che il mio cuore voglia credere che siano esistiti davvero questi personaggi e che grazie al loro amore si siano salvati. D: In cosa ha consistito il premio del concorso letterario? R: Nella pubblicazione del racconto con la casa editrice indipendente Lulu, nella produzione di un breve booktrailer e nella partecipazione successiva al Women’s Fiction Festival (un’esperienza magnifica in cui ho presentato il mio nuovo romanzo ad agenti editororiali di fama internazionale, come Mondadori, Rizzoli e Piemme). Raffaella Sacchitelli ci insegna quindi che un talento, come quello della scrittura, va coltivato con impegno e passione, affinchè porti al raggiungimento di risultati così prestigiosi, di cui tutti noi dobbiamo andar orgogliosi. Ed ora aspettiamo una presentazione del libro per conoscere meglio Raffaella e il suo così affascinante racconto di speranza e amore.



Riapre al pubblico la biblioteca del comune di Carapelle, la struttura di nuova costruzione fortemente voluta dalla amministrazione comunale e dal sindaco Prof. Alfonso Maria Palomba è stata inaugurata lo scorso 22 marzo, durante la giornata nazionale della lettura. La struttura è situata in via Don Damiano Ciano ed è stata intitolata a Francesco Nicola De Dominicis, personaggio di rilievo non solo di Carapelle ma anche dei territori dei 5 Reali Siti. Il luogo dove sorge la biblioteca è ritenuto il polo della cultura del paese per la vicinanza di pochi metri della presidenza dell’Istituto Comprensivo di Carapelle, dell’asilo nido e dell’ auditorium prossimo a ultimazione lavori. La novità ci spiega il Sindaco in un’intervista, è che la biblioteca non deve essere più vista come luogo asettico, bensì come un luogo d’incontro e aggregazione di tutti i giovani: “Abbiamo in mente iniziative culturali, dalla presentazione dei libri, al recital di poesie, ad occasioni musicali per fare in modo che i giovani si sentano attratti e possano tra di loro discutere” e ancora, “se un gruppo formale di giovani, vuole utilizzarlo per un’iniziativa per una qualunque loro idea, noi siamo disponibili, l’importate è che venga rispettata da tutti perché gli sforzi che abbiamo fatto sono più che notevoli perché un paese come Carapelle non poteva non

E’ proprio vero, quando si pensa che tutto è perduto, tradizioni, regole di vita ed educazione ecco l’eccezione trionfa l’amore. Un amore che dura da cinquant’anni e con giusta gioia e tanta tenerezza annunciano il loro anniversario. Gli sposi? Ebbene si, Donato

avere una biblioteca”. All’interno, oltre ai volumi già presenti nelle precedenti strutture, ad aggiungersi è un patrimonio di 1500 libri, videocassette e dischi. Diverse, sono le sale presenti, la sala consultazione, zona musica, zona lettura e sala multimediale con postazione computer e connessione internet. A ottobre è entrata in funzione grazie a due volontari, Carmelina Soldo e Romeo Monaco che offrono il loro tempo libero, alla catalogazione

dei volumi e al mantenimento della struttura. In tempi brevi si provvederà ad un bando di concorso per individuare la figura di un bibliotecario. Ben venga allora, oggi più che in passato perché è attraverso di loro che il cittadino si gioca il diritto di accesso all’informazione e alla conoscenza, in un momento in cui leggi di mercato intrappolano il futuro per inseguire influenze mediatiche e interressi commerciali.

e Raffaella Di Pierro circondati dai figli, nipoti, sorelle e fratelli hanno festeggiato il 21 ottobre scorso le nozze d’oro. Presenti all’ora richiesta in chiesa, ancora una volta si sono scambiati le fedi per perpetuare e perdurare quell’amore che in nessun caso

si è mai spento. Donato con la sua adorata Raffaella Veneziano ha dedicato la sua vita principalmente ai suoi tre figli: Francesco, Antonio e Donato; e ai suoi quattro splendidi nipoti: Roberta, Francesco, Antonio e Donato e con lo stesso amore anche alla sua attività lavorativa di artigiano ... Il suo rifugio preferito dopo tanti, tantissimi anni? Il suo intramontabile laboratorio.


“La città perde un campione, una bandiera del calcio foggiano, un portatore sano dei valori dello sport”. Il sindaco di Foggia, Gianni Mongelli, ricorda con affetto Vittorio Cosimo Nocera e rivolge a nome di tutta l’Amministrazione comunale il cordoglio ai familiari dell’ex calciatore per la scomparsa di un amico dello sport foggiano, un uomo che ha dedicato metà della sua vita a formare i giovani sul campo di gioco. “Oggi è un giorno triste per tutti noi, non solo per la comunità di sportivi foggiani. Porteremo nel cuore le gesta sportive di Vittorio Nocera, un esempio da non dimenticare e da diffondere anche per il futuro”, ha concluso il primo cittadino. Sulla scomparsa del bomber rossonero cordoglio anche da Palazzo Dogana. “Se ne va un uomo e un calciatore d’altri tempi. Una vera e propria bandiera del calcio e del Foggia, esempio di attaccamento alla maglia e alla città nonostante fosse nato lontano dal capoluogo dauno. Non solo un grande attaccante ma anche un grande maestro di calcio e di vita per tutti coloro i quali hanno potuto avere la fortuna di conoscerlo e di formarsi nella sua scuola calcio. Un esempio per uno sport che oggi ha sicuramente perso quei valori genuini di una volta”. È il commento del presidente della Provincia di Foggia, Antonio Pepe. All’età di 74 anni ci ha lasciato Vittorio Cosimo Nocera autentico simbolo di una stagione esaltante per i colori rossoneri, quella degli anni Sessanta, del Presidentissimo Rosa Rosa e di Oronzo Pugliese. C'è chi lo ricorderà per i suoi gol, chi per il suo poderoso tiro (la celeberrima “Fajela”), chi per la sua grande semplicità. Di lui si continuerà a parlare nel tempo per la sua grandezza umana e per quei 182 centimetri di statura e la forza poderosa racchiusa nei 72 chilogrammi di peso. Il binomio Nocera-Fajela entrò presto nell'immaginario comune. Le sue qualità non bastarono a farlo approdare nella sua Napoli. Dopo gli inizi fra i Dilettanti con la maglia del Secondigliano nel 1959 approdò a Foggia nella società del compianto presidente Rosa Rosa. Lì cominciò la leggenda, condensata in un decennio che traccerà un segno indelebile nella

ultranovantennale storia rossonera, che grazie ai suoi gol, assaporerà per la prima volta il dolcissimo gusto della serie A. Con i satanelli totalizzerà 257 presenze, tra serie C, B e A, e con ben 101 reti che fanno di lui il più grande goleador della storia del Foggia. Due però furono i gol che lo proiettarono nella leggenda. Quel 31 gennaio 1965 è una data storica. I rossoneri ricevono allo Zaccheria l'Inter di Helenio Herrera, campione d'Europa in carica e neo campione del Mondo. Una super squadra, (ricca di giocatori ai quali oggi ci riferiremmo con l'appellativo di top player), a cui fu presto associato indissolubilmente l'aggettivo “Grande”. Quell'Inter che approfittò della trasferta in terra dauna, per recarsi a San Giovanni Rotondo a far visita a Padre Pio. Se il frate con le stimmate pronosticò la sconfitta dei nerazzurri per davvero oppure no, poco importa, perché la storia comunque venne scritta. Nocera andò a bersaglio per due volte, al 54', per il gol del 2-0 (l'1-0 fu segnato da Lazzotti). Il secondo decisivo, giunse a meno di un quarto d'ora dal termine, un paio di minuti dopo il gol di Luisito Suarez, che insieme a Peirò aveva firmato la rimonta meneghina. Una bor-

data delle sue che fulminò il portiere Di Vincenzo, secondo di Sarti. Fu il tripudio, il Foggia sconfisse la Grande Inter, riuscendo a compiere un'impresa in quella stagione riuscita solo al Milan. L'Inter quell'anno rivinse la Coppa dei Campioni e, dopo una incredibile rimonta sui cugini, anche lo Scudetto. Due trionfi che di fatto conferirono ulteriore prestigio all'impresa della banda di Oronzo Pugliese. Moschioni, Valadè, Micelli, Bettoni, Rinaldi, Micheli, Favalli, Lazzotti, Nocera, Maioli e Patino. Una formazione che risuona nelle memorie di noi foggiani, così come fu il “Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez e Corso” per gli appassionati di calcio di tutta Italia. Quella partita, rese indimenticabile la stagione del Foggia e di Nocera, che riuscì anche ad ottenere la convocazione in Nazionale, l'unica. Bastò e avanzò per consentirgli di segnare anche con la maglia azzurra nel 4-1 rifilato al Galles. L'unica rete realizzata da un calciatore del Foggia. Di quella squadra, Nocera era il capitano e leader, e lo sarà fino al 1970, anno in cui lasciò per accasarsi alla Massiminiana dove chiuse la sua carriera. Poi cominciò la sua nuova vita come vice allenatore di Puricelli nel 1979, a cui fece seguitò l'intensa attività di allenatore di scuola calcio, a contatto con i ragazzini, forse l'unico ambiente dove ancora oggi si possono intravedere sprazzi della genuinità, che il calcio odierno ha con il tempo perduto. La sua è stata un'esistenza fatta di semplicità e ironia, trascorsa a pane e pallone insieme alla sua amata famiglia.


Davvero una settimana indimenticabile quella trascorsa dal 15 al 21 ottobre per i membri dell’associazione di volontariato Confraternita Misericordia di Orta Nova: infatti con un ricco programma di eventi è stato festeggiato il ventesimo anniversario dalla sua fondazione, vent’anni di storia vissuta da raccontare che ne fanno una delle associazioni presenti sul territorio tra le più longeve. La Misericordia nasce infatti il 12 dicembre 1992 dalla volontà di alcuni soci promotori che avevano in precedenza costituito l’associazione non religiosa Operatori Emergenza Radio (O.E.R.), avendo come unico scopo la gestione delle ambulanze sull’esempio della parabola del Buon Samaritano: sin da subito è riconosciuta come Confraternita dall’allora Vescovo della Diocesi, assegnando come padre correttore il parroco della B.V.M. di Lourdes don Luciano Avagliano, che ricopre tuttora l’incarico. Nel 1993 grazie a una generosa raccolta fondi la Misericordia è dotata della sua prima ambulanza e ospita (fino ai tre anni successivi), presso la propria sede di Via Puglie, oltre 150 extracomunitari impegnati nella raccolta del pomodoro, offrendo loro vitto e alloggio. La vita dell’ente prosegue spedita con la prima storica vestizione dei suoi confratelli nel 1997 presso la Chiesa M. SS. Addolorata; l’evento è tuttavia funestato dalla tragica notizia, il giorno antecedente, della morte del socio Rino Monopoli in un incidente stradale durante uno dei tanti trasporti sanitari. La drammatica notizia sconvolge il clima di entusiasmo della Misericordia, privata anche dell’ambulanza, andata totalmente distrutta. Ma la generosità, prima della Misericordia di Balze e poi di privati cittadini e organizzazioni ed anche del Vescovo della Diocesi S.E. Mons. Picchierri, consente alla Confraternita di poter disporre di nuovi mezzi e svolgere così con rinnovato entusiasmo le proprie quotidiane attività sociosanitarie. L’attenzione dei volontari è sempre stata rivolta

alle persone più bisognose, attraverso opere di carità ispirate all’insegnamento di Gesù Cristo con spirito di solidarietà e amore per il prossimo. Nel corso di questo ventennio la Misericordia è diventata un indiscusso punto di riferimento per la popolazione dei Cinque Reali Siti, vin-

cendo nel tempo una iniziale e ingiustificata diffidenza da parte di cittadini e istituzioni. Tantissime le attività di natura socio-sanitaria svolte finora: trasporti sanitari (il più antico e diffuso tra i compiti delle oltre 700 Misericordie d’Italia), unità di Protezione Civile, postazione 118, sostegno ai poveri con il Banco Alimentare e servizi di assistenza domiciliare per anziani e disabili; fino al 2010, inoltre, un valido aiuto ai soci è stato dato da gli oltre cento ragazzi dei progetti di Servizio Civile che quotidianamente, per un anno, si sono impegnati nel collaborare attivamente nel volontariato per perseguire le finalità sociali della Misericordia. E’ difficile fare un elenco degli interventi compiuti dall’ente sin dalla sua fondazione, talmente tanti sono stati gli impegni, ultimo quello di Protezione Civile la scorsa estate presso le tendopoli di San Felice sul Panaro in Emilia Romagna: ma non si possono dimenticare le presenze durante altri significativi momenti, come la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid,

l’alluvione di Sarno e il terremoto de L’Aquila, nonchè la bellissima iniziativa, che si svolge ogni anno durante il periodo natalizio, della Carrozza dei Sogni. La settimana dedicata ai festeggiamenti per il ventennale è stata definita, in accordo con l’Amministrazione Comunale grazie alla sinergia con Marilena De Finis (consulente esterna in politiche culturali), “della gentilezza” e ha visto le scuole ortesi protagoniste con disegni e poesie per così sensibilizzare le future generazioni all’importanza del mondo del volontariato per aiutare chi è in difficoltà. Negli ultimi tre giorni si sono racchiusi gli avvenimenti più significativi delle celebrazioni: la presenza di altre Confraternite (come quelle di Molfetta, Andria, Castelluccio Valmaggiore e l’avellinese Montoro Inferiore) ha dato al via a momenti di “confronti di esperienze e testimonianze che hanno colpito il cuore dei volontari”, culminati con la splendida e commovente piece teatrale del giornalista sardo Francesco Abate intitolata “È colpa tua” e dedicata al toccante tema della malattia. La mattina seguente spazio a formative esercitazioni di protezione civile prima presso gli istituti scolastici e più tardi poi davanti la Villetta Comunale “S. Antonio”; in serata gonfiabili e giochi per bambini, interessante convegno sul tema “psicologia dell’intervento: dalla parte del soccorritore” ed esibizione del gruppo folkloristico “I seguaci di Euserpe”. Infine la domenica Santa Messa presso la Chiesa B.V.M. di Lourdes e pranzo sociale presso la sede della Misericordia. Una settimana, insomma, all’insegna delle riflessioni, del felice ricordo di quanto la Misericordia ha saputo fare in questo ventennale e di nuovi progetti e idee per il futuro: un compito che la nuova Governatrice, Maria Di Brisco, assieme al suo organigramma (il Magistrato) e alle decine di giovani volontari sono pronti ad affrontare con rinnovati entusiasmo e attenzione per il prossimo. dalla giuria del Concorso, composta dallo scrittore Claudio Elliot, Paride Leporace, direttore del Quotidiano e Isabella Romano, giornalista Rai. A fare gli onori di casa, il sindaco Felicetta Lorenzo e l’assessore regionale alle attività produttive Marcello Pittella”. Le classi IV sez. D-E sono state premiate dal direttore del Quotidiano, Paride Leporace. L’evento ha avuto un ampio servizio sul TG 3 Regionale di Basilicata.

Una fiaba per Rapone Ancora un premio per il 1° Circolo didattico “N. Zingarelli”. Ma per meglio sintetizzare l’evento, trascriviamo una parte dell’articolo apparso sul Quotidiano di Basilicata dell’8 agosto 2012: “Bilancio positivo per la prima edizione

del Concorso letterario nazionale “una fiaba per Rapone”: la serata di premiazione ha riscosso un enorme successo di pubblico e acceso i riflettori sul caratteristico paesino della Lucania, animato da personaggi fantastici, che ispirano storie, fantasie e leggende. Undici i premiati

Festa dell’accoglienza È una consolidata tradizione ormai quella della Festa dell’Accoglienza, destinata agli alunni delle classi prime. La mattina del 14 settembre il loro ingresso a scuola è stato salutato da un clima festoso e colorato, che avuto come preludio il commosso discorso della Dirigente, dott.ssa Margherita Palma, seguito poi dall’accoglienza delle docenti e dallo spettacolo di belle coreografie, eseguite dai bambini stessi, che è stato curato dalla coreografa Nadia Pandiscia.


L’Accademia della Musica dei 5 Reali Siti nasce nel 2008 grazie al Maestro Franco De Feo. L’obbiettivo è quello di incrementare la cultura e la passione per la musica favorendo una sana formazione morale e professionale all’interno del territorio della Capitanata ed in particolare in quello dei Cinque Reali Siti. Lo scopo dell’accademia ci spiega il Direttore Artistico Prof. Franco De Feo, è quello di scoprire e incoraggiare nuovi talenti tra i giovani musicisti e compositori tramite rassegne musicali, concorsi, assegnazioni di borse di studio e la creazione di un coro polifonico e di un’orchestra giovanile diretta dal Prof. Nunzio Balestrieri. Oggi l’accademia conta ben 50 iscritti con un’età compresa tra i 13 e i 18 anni. Dal 2006 al 2008 ha realizzato il Festival dei 5 Reali Siti, dal 2009 a oggi è presente sul territorio ogni anno con concerti di vario genere, nel 2012 ha realizzato la prima rassegna musicale “I suoni dell’anima” e partecipato a vari festival, tra cui “Quando la poesia incontra la musica” e “Diocesi in coro”. Inoltre l’accademia si avvale della partecipazione di tante associazioni per la musica e organizza festival e concerti a scopo benefico. “Noi amiamo la cultura del fare,

Sono ben 59 gli anni che il dott. Savino Torraco è al servizio della collettività. Laureatosi in medicina nel 1953 all’Università di Bari, si specializzò in oculistica tre anni dopo sempre presso l’università barese. L’anno dopo fu chiamato a dirigere il Dispensario Antitracomatoso di Manfredonia, dove si registrava la più alta incidenza del tracoma florido, che fu debellato nel 1959. Ma il 1961 per il dott. Torraco fu l’anno dell’incontro con il prof. De Gennaro di Napoli, fondatore in Italia dell’Oftalmologia sociale, primo esempio di medicina preventiva moderna. E così dal 1963 al 1969 inizia, con conferenze ed articoli pubblicati sulla stampa locale e regionale, una campagna di sensibilizzazione su tutto il territorio provinciale, con un occhio rivolto anche all’Ente Provincia per trasformare i centri antitracomatosi in centri di oftalmologia sociale. L’Amministrazione di Palazzo Dogana nel 1970 attuò questa riforma. Dieci anni dopo decise di dedicarsi a tempo pieno presso l’ambulatorio oculistico della Usl di Lucera. Qui ha dato il massimo della sua professionalità, abolendo il sistema di prenotazione delle visite, unico esempio in

vogliamo crescere e far crescere, ma per fare ciò cerchiamo chi sponsorizza” cosi la Prof.ssa Silano Annarita presidente dell’accademia ci spiega le problematiche di chi si ritrova a valorizzare il proprio territorio e le proprie risorse. Abbiamo incontrato anche la coordinatrice dell’Accademia, Lucia Fierro che ci ha raccontato in breve la sua esperienza: “Conosco il Maestro De Feo da quando ero piccola ed è grazie a lui che sono riuscita a scoprire questo talento e a coltivarlo nel tempo. Sono un educatrice tiflologica e nell’accademia mi occupo di coordinare insieme al Direttore artistico tutte le attività che concernono l’associazionismo all’interno dell’accademia”.

Italia, e ripristinando la prevenzione oftalmica nelle scuole materne ed elementari, che erano state soppresse per mancanze di fondi. Alla fine degli anni ’80 le prime pubblicazioni

scientifiche “Indagine epidemiologica sull’incidenza delle cefalee primarie nelle scuole medie dell’obbligo della Usl FG-6 di Lucera” e “Betabloccanti per via oculare nella terapia delle cefalee primarie in età evolutiva”. Nel 1991 la prima pubblicazione in collaborazione con la clinica Oculistica dell’Università “La Sapienza” di Roma. L’anno dopo in occasione del Congresso Internazionale per le Cefalee primarie che si svolgeva a Roma illustrò a tutti gli illustri ricercatori presenti la sua scoperta dei Betabloccanti per via oculare. Tre giorni prima del congresso scrisse una poesia sulla cefalea. In questa poesia venivano messi in evidenza i problemi sociali e psicologici dell’emicrania, i sintomi della malattia, la durata dell’attacco, la terapia inefficace e la sua scoperta terapeutica con la nuova somministrazione. La composizione poetica ebbe uno strepitoso successo, fu letta nell’ambito dell’evento congressuale e pubblicata sulla rivista scientifica “Hemicrania”. A 83 anni il dott. Savino Torraco ha ancora tanto amore e entusiasmo per la sua professione che addolcisce componendo delle bellissime poesie.


A Senigallia, nelle Marche, raffinata e ridente cittadina costiera di antichissime origini e ricchissima di storia e di cultura, ha avuto luogo, dal 5 all’11 di ottobre scorso, in mezzo alle tante iniziative culturali di cui la città abbonda per ricchezza e varietà, il convegno d’autunno dell’A.N.P.O.S.DI., l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali, finalizzata alla salvaguardia, alla valorizzazione, allo studio ed alla diffusione della produzione dialettale in ogni sua forma ed alla tutela delle lingue minoritarie. La cittadina, formata da un antico nucleo compreso in solide mura rinascimentali (che ricalca l'impostazione urbanistica della città romana fondata su una collina a sud del fiume Misa), e da quartieri moderni, nati dalla trasformazione improvvisa che portò, nell’immediato dopoguerra, i senegalliesi dall’entroterra contadino sulle rive del mare e sulle strade di comunicazione con le nuove sedi lavorative dell’edilizia e dell’industria, ha accolto con la sua calma bellezza paesaggistica, i suoi spazi carichi di vita, la sua gente laboriosa ed ospitale la moltitudine entusiasta dei poeti e soci anposdi, provenienti da ogni regione d’Italia, forti della passione e dell’amore per le proprie radici culturali e linguistiche. A fare da “casa” in questo convegno d’autunno 2012 è stata la cortesia, la professionalità e la competenza dello staff del SenbHotel(****), prestigioso albergo storico situato tra la “spiaggia di velluto”ed il centro storico cittadino, staff che, sapientemente guidato dai direttori Ornella ed Otello, ha saputo creare un’atmosfera di familiare ospitalità e di elegante accoglienza in ogni momento e situazione. Il convegno è approdato nella bella Senigallia per rendere omaggio ad una delle personalità più prestigiose ed autorevoli di questa sua terra natia: la signora scrittrice e poetessa Renata Sellani, che l’intera città, grata, ha festeggiato nel febbraio scorso, in occasione dei suoi meravigliosi novant’anni, portati con somma leggerezza ed eccezionale vitalità. Renata, come vuol essere chiamata da tutti, è una donna di rara intelligenza, di raffinato spirito, oltremodo moderna ed anticonvenzionale,

lucidissima e ricca di una generosità e di un “sentire” davvero fuori dal comune. Oltre che essere tra i fondatori, nel lontano 1952,

dell’Associazione, ne ha egregiamente diretto le sorti, come Presidente, per quasi un ventennio con assoluta competenza, serietà e completa ed assoluta dedizione. Oggi è Presidente Onorario dell’Associazione e punto di riferimento di tutti i soci ed i poeti, vanto per ciascun membro di essa. Il convegno, ancor di più per questo, è stato molto ricco di input culturali a largo spettro. L’apertura dei lavori ha visto il saluto all’assemblea da parte dell’ottimo Presidente, dott. Mimmo Staltari e del Presidente Onorario, prof.ssa Renata Sellani da tutti festeggiata. Si sono associati il giovane Sindaco di Senigallia, dott. Maurizio Mangialardi, il prof. Mario Cavallari, portavoce della Giunta Municipale e l’Assessore alla Cultura, prof. Stefano Schiavoni. A far “gli onori di casa”, la signora Edda Baioni Iacussi, Delegata Regionale anposdi per le Marche. Interessantissime ed assai apprezzate da tutto l’uditorio le relazioni degli esperti intervenuti. Il prof. Marco Severini, docente presso l’Università di Macerata, ha sviluppato il tema”Evoluzione della lingua” argomentando sulla naturale capacita di un organismo vivo, qual è la lingua appunto, di sa-

persi rinnovare ed adeguarsi a scopi comunicativi sempre nuovi e diversi. Altra dotta relazione quella del prof. Giuliano Bonvini, dirigente scolastico del Liceo Classico “Perticari” di Senigallia, sul tema “La Poesia Dialettale”, con spiccato riferimento a quella marchigiana e senigalliese, di cui Renata Sellani, autrice di numerose opere teatrali e di una vastissima produzione poetica, ne è senz’altro la decana ed una delle”voci artistiche” di più alto rilievo. Non poteva mancare una relazione sulla storia di Senigallia ed a questo ha pensato il prof. Mauro Pierfederici con “Conoscenza Storica di Senigallia”, ampia e variegata presentazione, base necessaria alla successiva visita guidata alla città ed ai suoi monumenti più rappresentativi, testimoni autentici della sua lunga vita nel corso dei secoli. Il gruppo dei poeti, infatti, sotto un cielo terso e soleggiato ed accarezzati da una brezza sottile, si è mosso dalla zona archeologica “La Fenice”, alla città seicentesca di via Pisacane, dal Palazzo Comunale a quello dei conti Mastai Ferretti, dalla casa di Pio IX alla Rocca Roveresca, dal Foro Annonario ai Portici Ercolani, per finire dalla Chiesa della Croce alla Cattedrale, nella quale si è vissuta “l’ora più bella” nella celebrazione della rituale Santa Messa dei poeti, officiata da Mons, Giancarlo Cicetti. Momento questo di profonda intensità spirituale e di intimo raccoglimento e preghiera di ringraziamento. Altra mattinata turistico-culturale è stata quella che ha avuto per oggetto la visita alla casa di Giacomo Leopardi, alla sua Biblioteca ed al centro storico di Recanati. Grande interesse e profonda emozione ha suscitato in tutti i visitatori il conoscere e quasi il “toccare con mano”quello che fu il “suo” ambiente di vita e di studi: i suoi libri, parte dei suoi manoscritti giovanili, i ritratti, le finestre da cui vedeva scorrere la vita fuori, il cielo, la luna... Sincera commozione nel percorrere poi il vialetto alberato che porta alla vista da cui nacque quel capolavoro che è l’“Infinito”. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude (….)”. (continua 1)



Come avviene nella maggior parte dei casi, tutto era cominciato quasi per gioco. Giacomo e Francesco, entrambi sulla settantina (il particolare dell’età è importante ai fini del racconto), sono cresciuti insieme perché abitavano nella stessa strada, quando la strada era il luogo di elezione per i giochi infantili. Le case del centro storico erano (e molte lo sono ancora) in maggioranza di un solo vano al piano terra,di dimensioni ridotte e le mamme spingevano i loro figli piccoli a giocare sulla strada, dove potevano comunque controllarli mentre sbrigavano le faccende domestiche. Giacomo e Francesco avevano frequentato la Scuola Elementare sedendo nello stesso banco; più tardi erano stati ancora insieme durante il servizio militare, avevano corteggiato prima e sposato poi due amiche, anch’esse inseparabili, che abitavano nella strada parallela alla loro e che, perciò, conoscevano da quando erano bambine. Da sposati, poi, si erano aiutati nel lavoro, “scambiandosi le giornate”, dal momento che i rispettivi fondi rustici erano confinanti. Salvo rare eccezioni, la sera uscivano insieme per passeggiare o trattenersi a conversare nella Piazza e rientravano insieme alle loro case, insomma erano inseparabili come due gemelli siamesi e la gente, se in Piazza ne vedeva uno solo, si preoccupava e gli chiedeva subito notizie dell’altro. temendo per la sua salute o peggio. Quando si arriva ad una certa età, non so se ve ne siete accorti, gli anziani tornano bambini, tendono a aggregarsi negli stessi gruppi cui appartenevano da bambini o da adolescenti, si cercano l’un l’altro, arrivano sulla Piazza alla stessa ora e rientrano nelle loro case ugualmente alla stessa ora. Li accomunano non solo i ricordi dell’infanzia o della gioventù ormai lontane nel tempo ma, soprattutto, il timore - mai espresso a parole - che qualcuno di loro la sera manchi all’appello perché ciò sta a significare una malattia grave o, peggio, la morte, visto che il numero, purtroppo, si assottiglia mese dopo mese. Perciò bisticciano raramente fra loro, perchè nessuno vuole lasciare l’amico di una vita con il peso di un dissapore, meno che mai di un litigio vero e proprio foriero di rancori che, a tarda età, sono forti e durevoli, perché temono che potrebbe mancare il tempo per porvi rimedio. I loro discorsi, pertanto, sono di solito amichevoli, vertono su argomenti leggeri, spesso arricchiti da aneddoti, da battute spiritose, da ricordi di bravate o di abbuffate giovanili, di avventure amorose, di scherzi

e beffe organizzate o subite. Commentano gli avvenimenti di cronaca nera o rosa, si appassionano poco alla politica, molto di più al caro vita e alla cucina, alle vicende dei figli e soprattutto dei nipoti, verso i quali sono generalmente indulgenti e prodighi, l’esatto contrario di come, a suo tempo, si erano comportati con i figli. Tutto avviene nell’osservanza scrupolosa della vecchia massima secondo cui “tocca ai genitori essere severi con i figli e ai

nonni viziare i nipoti”. La frequentazione quotidiana fra Giacomo e Francesco non era stata segnata da nessuno screzio, da nessuna ombra per più di sessant’anni; era nota a tutti e additata come esempio di vera amicizia. L’amicizia era divenuta ancora più stretta, anzi un legame di parentela vero e proprio, sia pure alla lontana, che li rendeva felici entrambi, quando il nipote prediletto di Francesco si era fidanzato con la nipote prediletta di Giacomo. Chiarisco subito, a chi avesse notato che fino a questo punto ho usato i verbi al passato, che Giacomo e Francesco sono tuttora inseparabili. Non lo sono stati per cinque giorni, dal 10 al 15 settembre del 2010 ed è proprio di quei cinque giorni che voglio parlare. La sera dell’infausto 10 settembre, quel “dies nigro signanda lapillo”, per citare gli antichi romani che contrassegnavano i giorni favorevoli con una pietruzza bianca e quelli nefasti con una nera, Fran-

cesco e Giacomo si erano uniti al capannello degli amici abituali sotto una delle palme della Villa Comunale, poco distante dal Monumento ai Caduti, la quale ancora porta visibili, sulla parte bassa del tronco, i segni delle schegge prodotte dallo scoppio di una bomba a mano lanciata da un soldato negro ubriaco nel settembre del 1943, durante l’occupazione degli anglo americani. Il più anziano del gruppo, un quasi novantenne calzolaio che ancora esercitava il suo mestiere, vedendo passare una giovane coppia di fidanzati, aveva commentato: “Vedete quei due? Sono appena tornati da una crociera e non sono sposati, ma i genitori di lei non dicono niente sul fatto che la figlia è andata in vacanza col suo ragazzo e, sicuramente, hanno dormito insieme. Che tempi balordi stiamo vivendo! E dire che io, prima di presentarmi a casa di Concettina, ho dovuto “acceppunarla” alle tre di notte e poi, la sera dopo, mi sono presentato a casa sua con i miei genitori e i miei famigliari!” - “Com’è questo fatto?” - aveva detto il nipote di Francesco, che si era fermato per salutare festosamente sia lui che Giacomo e aveva udito le ultime parole del vecchio calzolaio. - “Caro ragazzo” - aveva detto il calzolaio, contento di raccontare il mondo da lui vissuto quando era giovane - “devi sapere che, ai miei tempi e anche al tempo in cui tuo nonno era giovane, quando un giovanotto aveva adocchiato una ragazza che gli piaceva e, pur senza parlarsi ma solo con gli sguardi e i sorrisi, aveva capito di non esserle indifferente, di buon mattino andava alla sua vigna e scavava una buca profonda ai piedi della vite più robusta e più rigogliosa, fino a scoprirne le radici. Dopo di che le tagliava e tirava fuori la vite con tutto il fusto e il ceppo, cioè estirpava, come diciamo noi ancora oggi,“u ceppone”. Poi tagliava parte delle radici, lasciandone piccoli tronconi, lo puliva ben bene e al calar della notte, senza farsi vedere e senza far rumore, lo depositava vicino allo stipite della porta di casa della sua amata. La mattina seguente, quando apriva la porta, il padrone di casa lo notava certamente ma non diceva nulla perchè toccava a sua moglie, quando si fosse affacciata sull’uscio, dare l’allarme al vicinato per comunicare la buona novella gridando: “Currite, currite, hanne acceppunata la figlia mia! Chi è state a acceppunà la figlia mia? (chi ha messo il ceppo davanti alla mia casa per accaparrarsi la figlia mia?). (1 continua)


La Fun Cup, che quest’anno giunge alla XVII edizione, è una manifestazione tennistica a squadre, rivolta a giocatori e giocatrici adulti, organizzata dal Csen (Centro Sportivo Educativo Nazionale), Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal Coni, in collaborazione con la Tennis Services, i cui Sponsor e Partner sono: Head, Il Tennis, Vdm Tennis, Metropol Resort, Grand Casinò Portoroz. Come ogni anno la manifestazione, seppur organizzata in Italia, vede svolgersi la fase conclusiva in Slovenia, per la comodità di poter dislocare gli incontri sui trentasei campi da tennis, di cui diciotto ubicati a Capodistria e diciotto a Portorose, sede centrale dell’evento. Quest’anno l’Asd 2T di Orta Nova ha preso parte alla manifestazione, riuscendo ad ottenere l’accesso alla fase finale, che si è disputata dal 10 al 14 Ottobre e presentando in gara ben due squadre; La squadra “A”, capeggiata dal Presidente Fabrizio Turchiarelli e composta da Vito Turchairelli, Gaetano Lopes, Giuseppe D’Agostino e la squadra “B” da Luca Ferrandina, Salvatore Di Pietro, Aldo D’Agostino e Rino Iula. Diverse le categorie in gara ed oltre mille il numero degli atleti partecipanti, ma il tabellone cui hanno preso parte le due squadre ortesi, era quello più numeroso ed ha visto ai blocchi di partenza ben 128 squadre, provenienti da tutta Italia. Giunti in Slovenia la sera del mercoledì, sistematisi nelle camere di uno dei sette Hotel dedicati alla manifestazione, i ragazzi sono scesi in campo già la mattina del giovedì per disputare il loro primo incontro e cominciare a misurarsi con l’esperienza ed il gioco di chi calcava quei campi gloriosi da diversi anni. Infatti quell’impianto è sede di un famoso torneo internazionale femminile Wta e di diversi tornei Atp e nel corso degli anni, così come documentato da foto pavoneggianti all’interno del circolo tennis, su quei campi hanno giocato tennisti del calibro di Martina Navratilova, Boris Becker e Goran Ivanisevic. Gli incontri prevedevano la disputa di due singolari ed un doppio, al termine dei quali chi totalizzava più games proseguiva l’avventura. Dato l’elevato numero dei partecipanti, erano previsti incontri mattutini e pomeridiani dal giovedì alla domenica mattina, per un totale di sette incontri in cui imporsi per portare a casa l’ambito trofeo del vincitore. Con impegno,

sacrificio ed agonismo i nostri ragazzi si sono classificati al 9° posto (squadra B) e 2° (squadra A), sconfiggendo, la squadra “A” i campioni in carica in semifinale ma

avendo però il rammarico di essere stati battuti entrambi dalla stessa squadra veneta, che da diversi anni puntava alla vittoria finale. Al termine di questa meravigliosa avventura, una immersione totale nel tennis

ed il suo splendido ambiente, dopo aver ben figurato, considerato il fatto di essere le matricole della circostanza, si è svolta la premiazione all’interno del prestigioso campo centrale ed i nostri atleti hanno ricevuto il plauso dei numerosi partecipanti. Un ringraziamento particolare va rivolto allo sponsor ufficiale della squadra, la ditta “Fiordelisi s.r.l.” di Stornarella, nonché alla ditta Ladogana Vini di Orta Nova e la ditta Tecnofrutta di Orta Nova, che hanno condiviso e supportato il progetto; perché è importantissimo e fondamentale avere alle spalle gente che nello sport e negli sportivi vede lo strumento utile alla crescita sociale e culturale di un territorio intero, che seppur abbia molto da invidiare ad altre parti d’Italia, sa anche dimostrare di poter primeggiare ed essere competitivo in ogni settore, quando in ciò che fa ci mette il cuore.


La principale festa dell'anno, quella più attesa da grandi e piccini, è senz'altro il Natale. Tutti sanno che il Natale è fondamentalmente una festa cristiana, in cui si ricorda la nascità di Gesù, che si fanno risalire dal 10 al 4 a.C., quindi le origini di questa festa sono da ricercarsi in tempi molto remoti Ma a dispetto delle credenze ben salde nella mente della gente, bisogna dire che questa festa nasce invece come festa popolare, piuttosto che religiosa. In questo periodo infatti cadono una serie di ricorrenze e di riti legati al mondo rurale, nonchè dei festeggiamenti per dare l'addio al vecchio anno ed il benvenuto al nuovo. Il Natale, così come noi lo festeggiamo, deriva dalle tradizioni borghesi del secolo scorso. È in questo periodo che nasce la tradizione del digiuno e del cenone della “vigilia”, del presepe e dell'immancabile albero di Natale. Anche le luci e le candele che si accendono in questo periodo per addobbare case e vie hanno un loro antenato “il ceppo”. Il ceppo era un grosso pezzo di legno (solitamente di quercia) che in questi giorni si acendeva nel camino della case, che serviva come rito propiziatorio per l'inizio del nuovo anno. Persino dal modo di ardere del ceppo si prediceva l'andamento dell'anno futuro. I festeggiamenti natalizi si protraggono fino all'anno successivo, per proseguire a Capodanno e terminare in corrispondenza dell'Epifania. E per allietare le vostre tavole amici lettori, anche per queste festività vi propongo alcune ricette prettamente natalizie. Semola battuta con Tacchino in brodo Ingredienti per 4 persone: Tacchino, 350 gr. semola battuta, 1 carota, 1 sedano,

1 cipolla, prezzemolo, sale Su di una spianatoia versare la semola di grano duro aperta a fontana, aggiungere prezzemolo tritato, pecorino grattugiato, 2 uova. Impastare con acqua tiepida e ricavarne un impasto non bene amalgamato, a pezzi grandi, con la mezzaluna sminuzzare in briciole. Preparazione del brodo (il giorno prima): Mettete in una pentola 3 lt. di acqua fredda il tacchino al quale è meglio togliere un po’ di pelle e grasso; poi aggiungere sedano, carota e cipolla mondate e lavate, qualche grani di pepe interi. Portare ad ebollizione a fuoco lentissimo e cuocere a fuoco lentissimo per 3 ore. Schiumare sempre quando affiora il grasso. A metà cottura aggiungere sale. A cottura ultimata filtrare attraverso una stamina e fare raffreddare in frigorifero e sgrassare. In una pentola con abbondante acqua salata lessare la semola battuta. A fine cottura aggiungere il brodo e servire. Baccalà alla napoletana Ingredienti 1 kg di baccalàa ammollato, 500 gr di pomodori ciliegina, 200 gr di olive nere, 1 cucchiaio di capperi, spicchio d’aglio e pinoli. Sciacquare il baccalà, tagliarlo a pezzi, infarinarlo e friggerlo in abbondante olio bollente. Lasciare riposare i pezzi di baccalà cotti su della carta assorbente. Poi mettere in una casseruola un filo d'olio di oliva extravergine, aggiungere lo spicchio d'aglio, i pinoli, le olive, i capperi, i pomodori tagliati a metà. Fare cuocere la salsina per qualche minuto. Unire i pezzi di baccalà e mescolare bene su fuoco medio. Aggiustare di sale e di pepe. Servire con un trito di prezzemolo.

Anguilla agli Aromi con Polenta Ingredienti: 1 kg di anguilla, q.b. di polenta pronta, 80 gr di burro, 1 cipolla, 200 gr di pomodori pelati, 1 bicchiere di vino bianco, una foglia di salvia, qualche foglia di alloro, sale q.b., pepe q.b. Pulire l'anguilla senza togliere la pelle e tagliarla a pezzi. In una padella, far soffriggere il burro con una cipolla affettata, le foglie di salvia e di alloro. Lasciare cuocere per 2 o 3 minuti, quindi unire il vino bianco e lasciarlo evaporare. Aggiustare di sale e pepe ed unire il pomodoro sminuzzato. Far cuocere a fuoco moderato, con coperchio, per circa 15 minuti, mescolando di tanto in tanto e unendo, se necessario, qualche mestolo d'acqua. Servire l'anguilla calda accompagnandola con la polenta. Bucchenotte (il dolce ascolano) Ingredienti: Kg. 1 di farina, 300 gr zucchero. 4 uova, ammoniaca, marmellata di amarena, scorzetta di limone grattugiata, cannella, vainiglia e zucchero velato. Impastare la farina aggiungendo zucchero, uova e ammoniaca. Lavorare fino ad ottenere una pasta morbida, tagliarla e formare delle pagnottine, quindi assottigliarle con il matterello fino ad ottenere delle sfoglie non molto sottili. Con la pasta così lavorata si foderano le formette costituite da stampi di acciaio con bordo orlato e si riempiono i cavi delle formette con marmellata di amarena, condita di scorzetta di limone grattugiata, cannella e vaniglia. Si chiude la formetta con un disco di pasta dello spessore della sfoglia. Cuocere nel forno, ma fare dei forellini sul disco di pasta di chiusura: Dopo la cottura, i dolci vanno liberati dalle formette di acciaio passando un leggera spolverata di zucchero a velo. Esiste una variante del ripieno costituito da mandorle tritate, impastate con zucchero e bianco d'uovo montato a neve.


“mamma” / rafforza sempre di più / il mio amore per te. Giuseppe Maggio UNA FALCE DI LUNA Di sera una falce di luna, quasi invisibile tanto è snella e lontana. Sotto grattacieli illuminati, mari in tempesta, montagne sconosciute. Ma ci sarà per forza un nimbo e una mamma stretti l’uno all’altra. Rocchina Morgese IL CIECO AL VEDENTE Amico, prendimi per mano e guidami per il mondo. Descrivimi tutto ciò che vedi in modo che possa immagazzinarlo nel mio cervello. In cambio, ti farò conoscere il mondo dei ciechi. Noi non vediamo, ma possediamo grande memoria, grande sensibilità tattile e siamo sintonizzati su una lunghezza d’onda, da voi non percepita. Sentiamo la voce del sole e della luna, del cielo e delle stelle, del mare e della piante. Sentiamo anche la voce interna delle persone, che ci stanno intorno. Oggi, sono felice, perché questo incontro ha dato la possibilità ad ognuno di noi di conoscere il mondo dell’altro. Insieme, però, abbiamo scoperto il vero mondo, fatto di sì, di luce e colori,

ma anche e sopra tutto di voci,di tante voci, tra cui primeggiano l’Amicizia e l’Amore.

TU DONNA, TU MADRE. A MIA MADRE

Savino Torraco PE LA MAMME Mà, tùve m’à dàte la vite velute bbéne e cresciute e ambaràte i prégge de la vite. Mò, nnò gge stà cchju e ìje aggi’addevendàte grusse. Ind’a i sunne mije ti revéde, te parle e te voglie bbéne sémbe de cchju. Ind’au core mije u recurde de l’amore tùve pe tutte. E mò sole a nnumenà u nome tùve “mamme” rafforze sémbe de cchju l’amore mìje pe tèje. Alla mamma: Mamma / tu mi hai dato la vita / amato e cresciuto e / insegnato il valore della vita. // Ora / non ci sei più / ed io sono diventato grande. // Nei / miei sogni ti rivedo, / ti parlo e t’amo sempre di più. // Nel / mio cuore il ricordo / del tuo amore per tutti. // Ed ora / il solo pronunciare il / tuo nome

Labbra squarciate di donne che non si arrendono, cuori infranti, pance aperte, viscere inquinate da umani, questa è la donna, questa è la mamma. Hai aperto le strade hai tuoi figli, non hai mangiato per dar loro da mangiare, non hai dormito per assicurare loro un sonno sereno e ti sei privata della tua dignità per dar loro stima, tu donna, tu madre. Se riuscirai ad essere grande come la luna in queste sere, a sfiorare la terra con un dito e a volare negli immensi cuori di questi sporchi esseri umani allora sarai in grado di pronunciare parole d'amore dalle tue labbra screpolate, tu donna, tu madre. Matteo Piarulli


solo dei grandi ceffoni” (Infanzia dimenticata).

Maria Aghilar IL DIARIO DELLA FENICIA raccolta di poesie Maria Aghilar conseguito il diploma di maturità lascia Orta Nova ed emigra a Locarno in Svizzera. Il suo sogno era di diventare una donna manager, un obiettivo che in parte ha raggiunto. Nel mese di agosto scorso ha pubblicato “Il Diario della Fenicia” la sua prima raccolta di poesie. “Chi di noi, durante l’infanzia, non ha affidato alle pagine di un diario le proprie paure, le esperienze, i racconti di eventi belli o brutti, che in ogni caso hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria e che oggi costituiscono piccoli pezzi di un puzzle che formano il nostro passato”, così esordisce nella sua prefazione della sua raccolta di poesie Maria Aghliar, le sue 34 composizioni poetiche è il ritornare alle passate esperienze con il “senno del poi”. Sembrano attraversate da una tensione, ora sottile come un graffio ora simile a

Partenza alla grande per il 2° Circolo di Orta Nova L’anno scolastico, per gli alunni della Prima classe della Scuola Primaria Papa Giovanni XXIII, è cominciato con una grande festa fatta di coloratissimi striscioni e giochi all’aperto, organizzati con l’aiuto di un gruppo di animatori e mascotte vestite da simpatici personaggi della Disney. Per ricordare il loro primo giorno di scuola, i piccoli sono tornati a casa con medaglie e sculture di palloncini. Per gli alunni delle altre classi, l’Open Day si è svolto in piazza P. Nenni, alla presenza del sindaco, degli amministratori e delle scolaresche di ogni ordine e grado. I nostri bambini con bandierine e striscioni, hanno recitato poesie e cantato per sottolineare l’importanza di frequentare una scuola accogliente sotto la guida di insegnanti attenti e didatticamente preparati. Per le classi di Terza, interessante è stata la partecipazione al laboratorio “Leggendo tramiamo, filando illustriamo” tenutosi presso il Palazzetto dell’Arte in occasione di “Buck - Festival della letteratura per ragazzi di Foggia”. A conclusione di questo primo intenso periodo di attività scolastiche, tutto l’istituto ha aderito con entusiasmo alle iniziative proposte dalla Misericordia per la celebrazione del suo ventennale. La “settimana della gentilezza” ha visto impegnati grandi e piccoli in una gara di gesti di cortesia, di attenzione e rispetto

un abisso, tra due estremi: attesa e azione, desiderio e spinta ad agire, malinconia e ironia. Una tensione da cui non sfugge nemmeno la parola poetica, chiamata in causa per dar voce a “Nel tuo animo vorrei fare un viaggio, capire cosa c’è di vero e cosa c’è di falso. Capire per cosa continuo a soffrire” (Emozioni nascoste). “Si ho deciso e ora te lo scrivo: / non voglio scendere a compromessi, / sarebbe solo un torto fatto a me stessa. / Tu non vedi il mio mondo, vedi solo il mio corpo. / Un corpo da sfruttare, un tesoro da rubare, / un tempio da violare. / No! Sono stanca di lottare, / non voglio barattare la mia coscienza / contro la tua vile arroganza”. (A Pugni chiusi). “Ogni notte le mie lacrime bagnavano il cuscino, / bianco, candido, di misto lino. / Non riuscivo a capire / la mia infanzia crudele... / Alla mia mamma mi sforzavo di piacere / ma lei era troppo presa dal suo dovere. / Mo continuavo a chieder se davvero ero sua figlia, / o forse non ero stata amata / nemmeno da un’altra famiglia. / Cercavo le attenzioni, / ma trovavo

“Giochiamo in Italiano”. Il dizionario di italiano per piccoli migranti. Presso la Biblioteca Provinciale “La Magna Capitana” di Foggia è stato presentato il “Dizionario di italiano per immagini per piccoli migranti”, realizzato dal Centro Studi Diomede di Castelluccio dei Sauri, con il sostegno del Ce.Se.Vo.Ca. di Foggia. Il quaderno didattico per immagini, che unisce il gioco allo studio, pensato per i piccoli migranti che iniziano a confrontarsi con la lettura della lingua italiana. Alla manifestazione sono intervenuti Pasquale Marchese, Presidente del Ce.Se.Vo.Ca.; Michele Paglia, Presidente dell'Ass. Centro Studi Diomede e l’illustratrice del quaderno, Tiziana Boscaino. “L'idea di realizzare questo quaderno spiega Michele Paglia - è nata dall'esperienza maturata dal Centro Studi Diomede nel campo dell'insegnamento della lingua italiana ai minori stranieri appena giunti nel nostro territorio. Ritrae gli ambienti e le situazioni più comuni del vivere quotidiano per facilitare l'inserimento dei minori, favorendo il difficile processo di comunicazione”.

verso tutti. A dimostrazione di quanto concretamente fatto, è stato dato spazio alla creatività perché ciascuno potesse con immagini, filastrocche e disegni lanciare il messaggio che ... Ci vuole davvero poco per farsi volere bene. Autoambulanze con sirene e numerosi volontari hanno riempito il cortile della scuola e le aule per un’utilissima simulazione di soccorso in caso di terremoto e altre calamità. L’anno scolastico è appena cominciato e molte saranno le offerte formative

che si svilupperanno nei prossimi mesi: intanto la partenza è stata ... veramente alla grande!




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