L'Ortese - Gennaio 2011

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150 anni dell’Unità d’Italia?! Questa sì che è una notizia! Ero infatti convinto che la storia d’Italia fosse finita nel 1948. Il mio orizzonte è pieno di cronaca: Iran, Berlusconi, Obama, D’Alema... Ma non chiedetemi che ci fanno lì. La storia dal 1948 ad oggi non la conosco. A scuola non me l’hanno proprio insegnata. Però abbiamo letto i giornali. Il terzo regime, quello repubblicano, è quello in cui vivo, ma lo conosco meno. Forse questo spiega perché la politica a me e a molti della mia generazione paia un mondo marziano. Del primo regime, quello monarchicoliberale, mi viene da dire che si tratta di un liberalismo ben strano. Sì, una piccola minoranza di proprietari strappa lo Statuto albertino nel 1848 ad una monarchia ottusa e reazionaria. Poi con l’aiuto di Francia e Inghilterra e con il contributo di un migliaio di sessantottini dell’epoca in camicia rossa, guidati da tale Garibaldi, la monarchia sabauda unifica il Paese, eccetto il Nord-Est, e arriva a Roma. Ma i liberali si vedono solo quando si tratta di spartirsi le proprietà della Chiesa e degli ordini religiosi, accumulate nei secoli da generazioni a beneficio dei poveri. Bismarck, che era uno junker prussiano, ha unificato la Germania, ma ha lasciato l’autonomia ai Laender. La monarchia italiana e i liberali invece impongono un duro modello statale centralistico ad un Paese, che dal VI secolo ha incominciato a dividersi in stati autoctoni o controllati da potenze straniere: un modello monostatale ad una nazione storicamente pluristatale. Perché hanno scelto questo modello, benché Gioberti e Cattaneo proponessero un’alternativa più realistica e più rispettosa della storia? Perché la borghesia italiana è poca cosa, rispetto a un Paese

di 22 milioni e 182 mila abitanti nel 1861: contadini analfabeti fino al 90%, artigiani, qualche operaio. Nel gennaio del 1861 fu concesso il diritto di voto solo a 419.938 persone; a votare ci andarono in 239.583; i voti validi si ridussero a 170.567. Di costoro 70.000 erano di impiegati statali precettati. Cavour è eletto con 6 voti, Garibaldi con 4! Mah! Perciò questa borghesia, arricchitasi con

i latifondi piuttosto che con la produzione, non riesce a tener sotto il Paese, se non usando brutalmente l’esercito e l’Amministrazione, soprattutto al Sud. Il regime monarchico-liberale ha generato la questione meridionale. Per il popolo le libertà reali sono pochi: la prima è quella di crepare di fame, la seconda di emigrare: 5 milioni alla fine dell’Ottocento. Questo liberalismo povero culturalmente e a base sociale ristretta, al quale

Giolitti prova a fornire un orizzonte più largo, viene sopraffatto dalle correnti nazionaliste e rivoluzionarie che spingono per l’avventura coloniale di Adua nel 1896, per l’occupazione sanguinosa della Libia nel 1911 e per la partecipazione non dovuta al grande macello della Prima guerra mondiale. I contadini sono mandati al massacro a centinaia di migliaia: 700 mila morti e 1 milione e 100 mila feriti. Il passaggio al fascismo è la risultante di una borghesia debole e impaurita di fronte a grandi masse che ora, dopo aver irrorato di sangue il Nord-Est, chiedono a gran voce di partecipare alla cosa pubblica e che incominciano ad organizzarsi in partiti. La nazionalizzazione delle masse avviene in Italia per via totalitaria, essendo stata incapace la borghesia liberale italiana di farlo per via democratica. È il periodo che conosco meglio, grazie a History Channel! La caduta del fascismo nel 1943 non avviene per moti antifascisti - l’antifascismo essendo defunto nel 1939 dopo il Patto Molotov-Von Ribbentrop - ma per un colpo di stato della Monarchia. La liberazione finale dal nazifascismo è opera principale di Inglesi, Americani, Polacchi, persino di una Brigata ebraica. La Resistenza ha fatto la sua parte. Nel 1945 erano circa 300 mila i resistenti, hanno avuto quasi 80 mila morti. So che nel 1946 ha vinto la Repubblica nel referendum istituzionale del 2 giugno e che nel 1948 è entrata in vigore la nuova Costituzione. Ma non chiedete a me chi fossero De Gasperi o Togliatti o Benedetto Croce. O Fanfani o Moro o Berlinguer o le Brigate Rosse o Reagan o Gorbaciov o Khomeini. Sono nato nel 1979.


È noto che l’invecchiamento della popolazione rischia di provocare il fallimento dei sistemi di sicurezza sociale nei paesi industrializzati. Nel mondo industrializzato le persone vivono più a lungo, hanno meno figli e vanno prima in pensione. La proporzione di persone anziane in rapporto alla popolazione attiva aumenta rapidamente con il risultato che il funzionamento dei fondi pensionistici e degli altri programmi di sicurezza sociale è sbilanciato, insufficiente perché i beneficiari sono più numerosi dei contribuenti. Gli esperti stimano che questo squilibrio costituisca una vera e propria bomba a scoppio ritardato perché, se dovesse durare, tra 15-20 anni potremmo andare incontro ad una grave crisi del mercato pensionistico. Il problema dei mezzi da applicare per disinnescare questa bomba rischia di suscitare forti contrasti. La soluzione generalmente preconizzata consiste nel prolungamento della vita attiva oltre l’età in cui si può accedere alla pensione. I partigiani di questa soluzione sostengono che aumentando il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati si alleggerirebbe il carico gravante sui sistemi di sicurezza sociale. Numerosi governi hanno, di fatto, proposto di aumentare il tasso di attività delle persone anziane. I ministri del lavoro riuniti in occasione del vertice del G8 hanno sostenuto che per far fronte all’impatto economico dell’aumento della percentuale di persone anziane bisognerebbe innalzare il più possibile il tasso d’impiego di tutte le persone in età lavorativa. In questi ultimi anni molti governi hanno deciso di ritardare l’età di ammissione alla pensione. La maggior parte dei Paesi industrializzati sembra ormai ammettere che il modo migliore per prevenire la crisi che l’invecchiamento demografico potrebbe provocare consiste nell’incentivare le persone anziane a prolungare la loro vita lavorativa. Bisognerebbe, però, incentivare anche gli imprenditori perché trattengano o assumano lavoratori anziani. Innalzare l’età pensionistica, tuttavia, non è sufficiente in caso di recessione eco-

nomica, di riduzione delle maestranze per massicci licenziamenti; in tal caso gli interventi di prepensionamento possono essere per i Governi, per gli imprenditori e per i Sindacati uno strumento vitale per far fronte alle conseguenze della diminuzione della popolazione attiva. Obbligare le persone a rimanere più a lungo sul mercato del lavoro potrebbe sembrare ingiusto e risultare controproducente rispetto allo scopo prefissato, se in pari tempo non si mettono in atto misure per appianare gli ostacoli che si oppongono all’impiego delle persone anziane. L’azione mirata a migliorare le prospettive d'impiego delle persone anziane dovrà essere condotta su vari punti: rendere innanzitutto illegale la discriminazione fondata sull'età: affinché migliori la posizione dei lavoratori in età anziana bisognerebbe generalizzare la formazione e l’apprendistato lungo tutto l’arco della vita. Inoltre si potrebbe, ad es., moltiplicare la possibilità di lavoro a tempo parziale e, in genere, facilitare le condizioni di lavoro. L’opportunità di legiferare a protezione dei lavoratori anziani è ancora molto contrastata in numerosi Paesi, pur non essendo

rari i Paesi in cui la legislazione proibisce la discriminazione basata sull'età. Allo stato attuale, la maggior parte dei Paesi non offre alcuna protezione legale contro la discriminazione fondata sull’età. I quadri intermedi sono riservati alle persone di mezza età, la formazione dei lavoratori anziani è inutile perché tra breve andranno in pensione. Tuttavia se l’evoluzione che si sta disegnando da qualche decennio dovesse proseguire, la sicurezza sociale ed in particolare i sistemi pensionistici e di assicurazione malattia si troveranno in una situazione sempre più difficile. Per ora il problema si pone soprattutto nei Paesi industrializzati poiché i fenomeni che sono all'origine (basso tasso di natalità, allungamento della speranza di vita) negli Paesi sono meno pronunciati. Ma con il tempo questa situazione potrebbe cambiare. Se i pessimisti avessero ragione e l’invecchiamento demografico costituisce veramente una bomba a scoppio ritardato, prima verranno adottate misure per il suo disinnesco e meglio sarà. Il conto alla rovescia è già iniziato.


Sono ormai pochi i mesi che ci separano dalle prossime attesissime elezioni comunali, e il clima in seno alle varie forze politiche inizia a surriscaldarsi, ma lo scenario che lentamente va dipanandosi appare oggi ancora piuttosto ingarbugliato e poco chiaro, a testimonianza che le strategie e le logiche partitiche e sociali stiano conoscendo la loro fase embrionale. Col nostro periodico continuiamo ad analizzare le prime “mosse” di quella che appare una vera e propria partita a scacchi, ed in questo numero abbiamo dato voce a Lorenzo Annese, cinquantacinquenne esperto uomo politico, attualmente consigliere all’opposizione: al primo turno dell’ultima tornata elettorale per la carica di sindaco, con una lista facente capo a Riformisti, Autonomisti, Udeur, Margherita e Italia dei Valori, per un solo punto percentuale non la spuntò su Donato Iorio, che al ballottaggio fu sconfitto da Giuseppe Moscarella. Anche due anni fa fu sfortunato il suo impegno per le elezioni provinciali, in quanto ottenne 1162 voti, caldeggiando la candidatura a Palazzo Dogana di Enrico Santaniello, che però non furono sufficienti a garantirgli un posto come consigliere. Oggi i rumors lo danno pronto a scendere nuovamente in campo, ma lui glissa, precisando che non è questa la sua priorità: “La nostra idea è di creare una coalizione di centro di moderati-riformisti, perciò abbiamo avuto incontri con diversi schieramenti partitici, coi quali abbiamo parlato di voler cambiare pagina; rivolgiamo pertanto l’appello, a chi vuole impegnarsi nel settore civile e amministrativo, di mettere da parte ambizioni personali, e volere veramente il bene del paese: dobbiamo trovare un candidato sindaco con esperienza e lungimiranza, altrimenti proporremo le primarie”. “La mia preoccupazione” prosegue Annese “è infatti rivolta a chi vuole fare il sindaco senza avere alla base un mi-

nimo di esperienza e di criticità; infatti sono disposto ad aprire un dibattito verso quelle forze sane e progressiste in grado di fare un passo indietro e avviare un confronto per il bene del paese: occorre ridare futuro alle imprese locali e speranza ai troppi giovani che abbandonano

questa terra, bisogna progressivamente ridurre l’ingente debito delle casse comunali, pari a oltre 15 milioni di euro, in modo da garantire una più equa distribuzione della ricchezza, abbiamo a cuore la rivalorizzazione del centro storico come luogo in cui ritrovarsi e scambiare opinioni e siamo totalmente contrari all’eolico selvaggio, una scelta inutile in un paese a vocazione agricola come Orta Nova e che cercheremo di interrompere”. Con oltre cento interrogazioni nei consigli comunali, Annese si è distinto come tra i più tenaci e risoluti oppositori dell’attuale Amministrazione Comunale,

in particolar modo nei confronti dell’Assessore al Bilancio Cosimo Bombino, al punto da esserne querelato lo scorso maggio. “Il quinquennio di Moscarella è stato deludente, disastroso, da dimenticare”, tuona Annese - “Abbiamo spesso messo in difficoltà un’Amministrazione che ha fortemente trascurato la cosa pubblica, sperperando i soldi delle casse comunali con scelte inopportune, su tutte la Programmazione della Seconda Zona Pip di Viale Ferrovia, ricaduta all’indomani delle elezioni per un ammontare complessivo, tra acquisto di terreni, opere di arredo e interessi maturati, per oltre otto milioni di euro. Esiste in Orta Nova una considerevole disuguaglianza a tutti i livelli sociali, tanti uffici tecnici di eccellenze professionistiche rischiano la chiusura perché gli appalti vengono assegnati sempre ai soliti, perciò si assiste in maniera sempre più disarmante a una esternalizzazione dei servizi pubblici, che reca non pochi disagi ai cittadini. La Villa Comunale è stata chiusa oltre un anno, i semafori continuano a non funzionare, le strade sono piene di buche che sono delle vere e proprie voragini, e ultima ciliegina del suo mandato sono state le verifiche della Tarsu e della Tariffa Igienico Ambientale, che si sono rivelate del tutto prive di fondamento”. La curiosità di Annese è quella di “chiedere a Moscarella quale sia l’orgoglio di questa Amministrazione, e non mi dica che sono i lavori presso la Scuola Media Pertini: infatti ha chiesto un finanziamento di 700.000 euro più due mutui con scadenza ventennale (per una cifra totale di ben tre milioni di euro) per un rifacimento strutturale, invece la scuola è stata totalmente demolita, pertanto ha usato un vero e proprio escamotage credendo di prenderci in giro, e quei fondi potevano essere destinati per altri settori della nostra economia, altro che fiore all’occhiello quindi!”.


La discarica di rifiuti speciali “non pericolosi” in località Ferrante, sembra ormai un lontano ricordo. L’azione dell’attuale Amministrazione Comunale, guidata dal Sindaco Peppino Moscarella, e di tutta la cittadinanza è riuscita a far sì che l’incubo ecologico per la nostra terra non si sia trasformato in realtà. Dopo il 25 febbraio 2008, data in cui fu revocata la famosa delibera provinciale 525/2005 che autorizzava la realizzazione della discarica in località Ferrante, sembra opportuno rinverdire i ricordi dell’iter che consentì il successo della Città di Orta Nova contro la realizzazione di un “mostro” ecologico che avrebbe ucciso per sempre un territorio come il nostro a vocazione prettamente agricola. Tutto incominciò nel novembre del 2004, quando l’Amministrazione del Sindaco Michele Vece approvò in Consiglio Comunale “il parere urbanistico favorevole” alla localizzazione di una discarica di rifiuti speciali “non pericolosi” della ditta A.GE.CO.S. SpA, con il solo voto contrario del Consigliere Comunale di opposizione, Lello Iorio (AN). Preso atto del parere favorevole del Comune di Orta Nova, la ditta A.GE.CO.S. SpA, nel frattempo, inoltrò all’Assessorato regionale all’Ambiente un’istanza per la realizzazione della discarica. Nel gennaio del 2005 il Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia aveva espresso parere favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto, presentato dalla ditta A.GE.CO.S. SpA. I giorni passavano come se niente fosse accaduto e i cittadini continuarono a non essere informati di nulla; intanto, fra una conferenza di servizi e l’altra indette dalla Provincia di Foggia, l’iter burocratico avanzava inesorabilmente. Nella seduta del 29 aprile del 2005, la Conferenza Provinciale acquisiva una nota presentata congiuntamente dalla sezione di Alleanza Nazionale e quella dei Democratici di Sinistra, con una petizione contro la discarica, accompagnata da oltre 5000 firme dei cittadini di Orta Nova. Inoltre, nella stessa seduta venivano acquisiti i pareri contrari dei Comuni di Stornarella, Cerignola, Stornara, Ordona e Carapelle. Qualcosa si incominciò a muovere: a maggio del 2005 il movimento politico giovanile di Alleanza Nazionale “Azione Giovani” di Orta Nova, diffuse un volantino alla popolazione in cui si invitava tutti i cittadini a protestare contro la realizzazione della discarica. Incurante di tutto e di tutti, la Giunta Provinciale di centro-sinistra, con deliberazione del 05/07/2005 n. 525 decideva di “approvare il progetto per la costruzione, gestione e ripristino ambientale del sito a chiusura della discarica”. L’attuale Sindaco di Orta Nova Peppino Moscarella, eletto nel giugno 2006, con delibera comunale n. 14 del luglio 2006, approva “l’annullamento d’ufficio in autotutela della delibera di parere urbanistico favorevole” della precedente amministrazione Vece, non avendo l’appoggio dell’opposizione, che al momento del voto abbandonava l’aula lasciando sola la maggioranza ad assumersi tutte le responsabilità, così come il sindaco Moscarella aveva promesso

ai suoi elettori durante la campagna elettorale. Un primo esito, apparentemente positivo, ci fu dopo la sospensione dei lavori previa istanza del Comune di Orta Nova all’amministrazione Provinciale. A questo punto l’A.GE.CO.S. SpA, in data 5 dicembre 2006, faceva ricorso al TAR; anche il Consiglio di Stato con sentenza del 19/10/2007 disciplinava che era la Provincia di Foggia ad avere le competenze in materia ambientale e quindi l’unico ente titolato al rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di discariche e di conseguenza a revocarle o a sospenderne i lavori di realizzazione! Così, tra burocrazia e tentennamenti amministrativi caratterizzati da un’inspiegabile inerzia della Provincia di Foggia, la ditta A.GE.CO.S. SpA comunicava al Comune di Orta Nova che avrebbe, in data 25/10/2007, riavviato il lavori per la realizzazione della discarica. Perciò, nel dicembre del 2007, il Sindaco Moscarella, con tempestiva urgenza provvedeva ad inviare al Presidente dell’Amministrazione Prov.le Carmine Stallone, all’Assessore Provinciale all’Ambiente Pasquale Pellegrino, al Presidente della Giunta Regionale Nichi Vendola e al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, una nota in cui si sottoponeva alla loro attenzione una serie di osservazioni intese ad ottenere la illegittimità della delibera di Giunta Provinciale 525/2005 ad avere il definitivo annullamento della stessa. A seguito di ciò, il Consiglio Provinciale disponeva di sospendere l’efficacia dell’atto deliberativo n. 525 e quindi di sospendere l’autorizzazione all’approvazione del progetto della ditta A.GE.CO.S. S.p.A. Tuttavia, l’annullamento della delibera 525/2005 tardava ad arrivare da parte della Provincia di Foggia a causa di inspiegabili e per nulla giustificabili perplessità di ignota natura. Così, la mattina del 12/02/2008, il Sindaco Moscarella insieme ai suoi Consiglieri ed Assessori, vista l’inerzia e la palesata “strafottenza” della Provincia di Foggia compì un’azione prorompente, quantomeno singolare, ma visti i risultati, piuttosto efficace, incatenandosi a Palazzo Dogana, sede della Provincia di Foggia. Il Sindaco, in una nota divulgata direttamen-

te da Palazzo Dogana, chiedeva che la Regione e l’Amministrazione Provinciale provvedessero a quanto di loro competenza per annullare i rispettivi atti in quanto viziati ed illegittimi. L’atto di incatenarsi alla Provincia, seppur disperato ma forte, aveva portato in data 14/02/2008 ad una grande manifestazione delle popolazione dei Cinque Reali Siti, coordinate dal comitato “Salviamo la Nostra Terra” davanti alla sede della Provincia di Foggia, che insieme all’azione del Sindaco Moscarella ottennero un incontro con alcuni Consiglieri Provinciali e con l’Assessore all’Ambiente della Provincia. Da tale incontro uscì un impegno sottoscritto dai rappresentanti della Provincia ad annullare in autotutela la delibera 525/2005 che aveva autorizzato la discarica dei rifiuti speciali in località Ferrante. Il sit-in presso la Provincia durò fino all’ultimo giorno della legislatura della “Giunta Stallone” cioè fino al 25 febbraio 2008; giorno in cui fu revocata la tanto infima delibera 525/2005. Attualmente la discarica è stata sottoposta a sequestro da parte della Guardia di Finanza, in attesa della conclusione del processo, dopo indagini relative anche ad altri siti di proprietà della stessa ditta A.GE.CO.S. S.p.A. In tutta questa faccenda non sono state poche le strumentalizzazioni, da parte di chi evidentemente non tiene a cuore le sorti del nostro paese, cercando di scaricare la colpa sull’Amministrazione Comunale che come si può ben capire ben poco poteva fare, se non avere il coraggio e la galanteria di mantenere la promessa con gli elettori annullando la delibera dell’amministrazione Vece, unica deliberazione di competenza del Comune di Orta Nova. Difficilmente si potrà dimenticare che si è rischiato più volte di compromettere gravemente l’ordine pubblico della Città di Orta Nova a causa di operazioni demagogiche e denigratorie ad opera di alcuni “non interessati” ai lavori, prendendo di mira un’Amministrazione seria e responsabile, più volte testata e collaudata da mille problemi amministrativi risolti e sanati, con l’obbiettivo di distogliere l’attenzione dei cittadini da quello che era il vero problema da rimuovere: LA DISCARICA!!!


“Lo Stornarese” and “L’Ortese” Ha contribuito certamente l’atmosfera natalizia a farci maturare l’idea di scrivere alla redazione de “L’Ortese”nella persona del suo editore Annito di Pietro, che tutti conosciamo molto bene, per cercare di stabilire un contatto tra il nostro Circolo Culturale “Lo Stornarese”di Milano e l’Associazione de “L’Ortese”. È evidente che siamo due Circoli sociali che entrambi credono ancora nel valore della socializzazione, in un epoca in cui gli uomini tendono ad isolarsi e dove ognuno è proteso a coltivare il proprio ‘orticello privato’. Il mondo di oggi purtroppo dà grande valore agli aspetti materialistici e di conseguenza gli uomini si sentono spinti unicamente a mettere in atto performance di ordine concreto. Le nostre Associazioni, invece, nutrono degli ideali, valori nobili capaci di rendere gli uomini meno egoisti e più solidali sia nell’affrontare i problemi della vita che nel condividere i momenti di spensieratezza e gioia. Se ciò è vero ci sembra dunque ovvio che i nostri due Circoli Culturali entrino tra loro in contatto; lo scopo che ci muove, pertanto, è quello di ricercare un’Amicizia con “L’Ortese”, sperando possa nascere in futuro un’utile e reciproca collaborazione. Quindi prima di tutto il Presidente de “Lo Stornarese”, nella persona di Domenico La Quale, desidera rivolgere a tutta l’Associazione Culturale dell’Ortese un affettuoso saluto con i migliori AUGURI di BUONE FESTE e di un FELICE 2011. Con la certezza che le nostre Associazioni si sentono motivate ad inseguire valori culturali e sociologici, e un amore disinteressato verso i nostri compaesani. Voi impegnati nel campo dell’informazione, e noi de “Lo Stornarese” più orientati ad una socializzazione a tutto tondo: stare insieme e

divertirsi, ma con attenzione anche agli aspetti culturali e umani. Caro Annito e tutta la Redazione de “L’Ortese”, come certamente saprete il nostro Circolo “milanese” è stato fondato molti anni fa da un gruppo di amici stornaresi, e domenica 12/12/2010 ha festeggiato il suo 24° compleanno in un grande ristorante, con pranzo, musica, danze e tanta allegria. Col passare del tempo sono entrati a far parte della nostra Associazione soci di altri paesi e provincie, tra cui annoveriamo parecchi ortesi, come la gentile consorte del nostro Presidente sig.ra Nina Coluccelli, il dott. Tonino Torraco e la sua signora, la sig.ra Liliana Giuffreda, il sig. Franco Squarciotti ed altri ancora. Dopo il lungo periodo in cui i nostri due Circoli si sono ignorati ora “Lo Stornarese” ha deciso di chiedervi ‘amicizia’! Ma non quella virtuale, tanto di moda oggi nei social network tipo Facebook o Twitter, ma un’amicizia reale, concreta, tangibile e possibilmente anche utile e produttiva. Con l’unico fine di poter contare su chi ha la stessa visione della vita e continuando insieme verso obiettivi puramente umanistici e fraternizzanti. Per il momento la cosa che ci sentiamo di dire all’Ortese è che vivendo lontano dai nostri paesi d’origine, siamo avidi di notizie su di essi, dove ovviamente conserviamo ancora diversi affetti ed interessi. Con la pubblicazione de “L’Ortese” potreste sopperire magnificamente a questo nostro bisogno, magari inviandoci un numero limitato di copie; tuttavia il vostro giornale non ci è sconosciuto del tutto, ogni tanto ci capita di leggerlo quando un nostro socio ortese ce lo passa da leggere (a proposito segnaliamo che la sig.ra Nina Coluccelli non riceve più L’Ortese da oltre un anno).

A questo punto ci fa piacere raccontare ciò che avviene di norma nel nostro Circolo. Come già accennato siamo un gruppo molto nutrito di soci-amici, specie da quando si sono piacevolmente “infiltrati” tra noi milanesi, calabresi, siciliani, sardi e tanti altri ancora, ma nessun leghista. Ci piace stare insieme e divertirci, ballando e gustando i sapori della cucina pugliese, pietanze preparate dalle nostre socie coadiuvate dal simpatico sig. Vincenzo Prete, un vera artista in cucina. Amiamo poi andare in gita (ormai abbiamo visitato tutto quanto merita di essere visitato nel nord Italia), apprezziamo mostre e frequentiamo il teatro, ci raccontiamo storie e barzellette ma sempre all’insegna del puro e sano divertimento. Ogni anno il 13 dicembre per l’anniversario della fondazione del Circolo, organizziamo una grande Festa presso un grande ristorante, con un menù straordinario, musica live, ottimo vino, balli di gruppo e tanta tanta allegria. Spesso i compleanni e certi lieti eventi dei soci diventano dei pretesti per far festa e poter gustare cene eccellenti. Ultimamente, per esempio, abbiamo festeggiato un evento molto insolito, che ci ha fatto molto piacere: un socio di nome Rocco Muschitiello, di 71 anni, ha conseguito la laurea di dottore in Filosofia presso l’Università Statale di Milano. A Rocco abbiamo fatto le nostre congratulazioni! Un caso che ci ha fatto riflettere: l’uomo anche da pensionato può continuare a rimanere attivo e partecipativo alle questioni umane ed esistenziali, e poi Dio sa quanto è importante mantenere la mente allenata per vivere pienamente la nostra intricata esistenza. Cari amici del Circolo Culturale dell’Ortese, cosa ne pensate della nostra richiesta di Amicizia? Ci rivolgiamo più precisamente


all’editore Annito di Pietro e a tutti i membri del Circolo de “L’Ortese per dire che abbiamo la stessa finalità: cercare di avvicinare e amalgamare il più possibile le persone del nostro territorio, specie oggi quando si profila la possibilità di realizzare il progetto dell’Unione dei 5 Reali Siti (un unico Ente sovra comunale che comprende Carapelle, Ordona, Orta Nova, Stornarella e Stornara). 5 paesi che hanno la stessa storia e identica vocazione, per cui devono essere protetti dallo stesso ombrello socio-politico e culturale, per un indubbio beneficio delle nostre generazioni future. Cogliamo l’occasione per salutarvi tutti affettuosamente, rinnovando i nostri miglior AUGURI di BUONE FESTE a nome del Presidente Domenico La Quale.

Il neo dottor Rocco Muschitiello Caro Presidente carissimi amici del Circolo “Lo Stornarese” Ho ricevuto la Vostra gradita lettera con gli auguri per le S. Feste Natalizie che ricambio insieme ai miei amici dell’Ortese. Non conoscevo l’esistenza del Vostro Circolo per cui non ho avuto prima l’opportunità di intraprendere un dialogo con tutti voi. Come alcuni di voi già sanno, la nostra Associazione oltre a curare varie attività culturali annovera tra essa specificatamente: la Settimana della Cultura, la Giornata dell’Emigrante, i dibatti e i convegni che riguardano il nostro territorio. Propagandiamo l’ortesità dei nostri concittadini sparsi nel mondo mantenendo vivi i rapporti con tutti. Li proponiamo ogni anno con dibattiti e presentazioni di libri in cui il più delle volte gli autori raccontano la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni. Abbiamo fondato un giornale che ha preso il nome de “L’Ortese dei 5 Reali Siti”. Abbiamo costituito una sede dell’Unitre denominata: Unitre dei Comuni dei 5 Reali Siti. Il mio desiderio è stato sempre quello di creare un ponte tra i residenti dei nostri Comuni e i nostri compaesani che vivono sparsi nel mondo; questo si sta realizzando attraverso il giornale L’Ortese. Con piacere attendiamo le lettere da parte degli emigrati che intendono comunicarci le loro esperienze e magari per pubblicarle sul giornale L’Ortese se ciò può fare loro piacere. Unitamente a tutti i Soci de L’Ortese saremmo felici di questa opportunità che soddisfa i nostri proponimenti istituzionali, quali lo scambio di idee tra i vari concittadini.

Oltre le iniziative menzionate abbiamo istitutito un premio denominato: “L’Ortese nel mondo” dove andiamo a premiare coloro che si distinguono nel campo letterario, artistico, scientifico, commerciale ed industriale. A seguito della costituzione dell’Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti il suddetto premio si potrebbe allargare a tutti i concittadini appartenenti ai 5 Reali Siti. Un’altra idea: che ne pensate se il vostro circolo prenda il nome dell’Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti considerato che tra gli iscritti risultano amici dei vari Comuni? Prendetela come una provocazione, però non mi sembra molto “malvagia”. Nei prossimi mesi provvederò a spedire un congruo numero di riviste al vostro indirizzo, voi provvederete poi alla distribuzione. Che ne pensate di un incontro tra il vostro circolo e le cinque Comunità per festeggiare magari il Santo Patrono dell’Unione? Sempre in attesa di un piacevole vostro scritto vi saluto molto affettuosamente unito agli amici soci dell’Ortese dei Comuni dei 5 Reali Siti. Annito Di Pietro Ordona Boccata di ossigeno per le casse comunali di Saverio Gaeta I consiglieri del Gruppo di opposizione “Ordona Moderna”, Serafina Stella, Leonardo De Luca, Rocco Volpone e Antonio Troccoli, rispondono, con una breve nota sul loro sito, alla lettera del Sindaco Rocco Formoso, fatta recapitare nel mese di luglio ai preoccupati cittadini ordonesi per illustrare il motivo dell’aumento della tariffa della nettezza urbana. Nella missiva, il primo cittadino spiegava di aver, suo malgrado, “trovato le casse del Comune desolatamente vuote. Che fossero vuote in verità lo sapevo; quello che non sapevo è che ci fossero tanti debiti [...]. C’è poco da stare allegri anche perché gran parte degli introiti spettanti al Comune per i prossimi quattro anni e relativi ai parchi eolici, sono stati già richiesti, incassati e spesi dalla passata Amministrazione”. La sofferta ed impopolare decisione dell’attuale Amministrazione ricade quindi come una improrogabile e diretta conseguenza della negativa situazione finanziaria ereditata dall’ex Sindaco, nonché Assessore al Bilancio, Rag. Michele Pandiscia, ma per i tre consiglieri dell’opposizione “viene difficile condividere lo stato d’animo del Sindaco e pensiamo che tutti i cittadini ordonesi, di fronte a queste parole, si siano fatti almeno una risatina. La ragione è semplice: nei dieci anni di amministrazione Pandiscia tutti sapevano che Lei Signor Sindaco era il consigliere particolare del suo predecessore e di qualche altro saltimbanco consigliere che pur di stare nella stanza del potere ha preferito ingannare i propri elettori passando dalla minoranza alla maggioranza”. “Pertanto” - prosegue la nota - “ci risulta piuttosto strano che proprio Lei sia rimasto sorpreso della situazione economico-finanziaria del nostro Comune anche perché nel suo schieramento elettorale c’erano due persone, attualmente presenti nella sua ammi-

nistrazione, che ne erano pienamente a conoscenza. Di conseguenza ci viene da credere che la lettera sia stata una manovra demagogica e pretestuosa per preparare i cittadini ordonesi alla fatidica frase non ci sono soldi e, quindi, si devono necessariamente aumentare le tasse locali per ripianare il bilancio comunale ed eventualmente mantenere i servizi”. Al centro delle polemiche vi è l’incremento della tassa della nettezza urbana: “Stranezza del caso è che la percentuale di aumento è stata pari alla capacità del Comune più virtuoso, cioè Ordona, tra i Comuni aderenti al Consorzio S.I.A. nell’effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti: il 22% circa. Per dirlo in modo più pratico: lo sforzo civico ed ambientale degli ordonesi nell’affrontare quotidianamente il lavoro certosino della raccolta differenziata dei rifiuti (carta/cartone, vetro, plastica, farmaci scaduti e, soprattutto, umido od organico) è stato posto allo stesso livello degli altri Comuni aderenti alla S.I.A. che sono meno virtuosi o indifferenti alla problematica dei rifiuti” tuonano i consiglieri, che hanno anche presentato in data 14/09/2010 un’interrogazione al Sindaco chiedendo di rendere nota la reale situazione debitoria trimestrale a partire dal giorno di insediamento della nuova Giunta. “Dopo circa un mese abbiamo ottenuto il materiale richiesto. Il Responsabile finanziario, Rag. Carlino La Torre, ci ha fornito un prospetto da cui si evince che la situazione debitoria del Comune di Ordona dal 31/03 al 30/09/2010 è passata da circa 1,31 a circa 1,02 Milioni di euro e, quindi, risulta essere di circa il 50% in meno rispetto a quanto dichiarato nella lettera del Sindaco. Ci spieghi ora il Sindaco da dove sono usciti i famosi 2 milioni di euro da alcuni dichiarati nella lettera e che tanto ha fatto preoccupare i cittadini ordonesi. Una salutare boccata di ossigeno per le casse comunali pare arriverà entro la fine dell’anno, quando, fanno sapere i quattro consiglieri di Ordona Moderna, “si calcolerà l’introito della parte produttiva (royalty) dei due parchi eolici installati: la situazione non è ai livelli del dissesto finanziario del comune di Taranto, in quanto il Resp. Funzionario ci ha prospettato una situazione sicuramente non rosea, ma neanche catastrofica: la capacità di indebitamento teorico del Comune, sebbene non sostenibile dal punto di vista contabile risulta essere di tre milioni di euro. Ed è proprio tale elemento che viene in soccorso all’attuale Amministrazione permettendole di fare, presso la Cassa Depositi e Prestiti, n. 3 mutui (Cofinanziamento Asilo Nido, Pubblica illuminazione e Urbanizzazione zona PEEP) per un ammontare complessivo di Euro 295.500,00 (circa il 10% della capacità teorica di indebitamento)”. L’accusa ricade poi su l’ex Sindaco Pandiscia, “il quale bene avrebbe fatto a spiegare lui stesso ai cittadini la situazione contabile del Comune di Ordona, ma in mancanza di un atto dovuto (comunque c’è sempre il tempo e l’opportunità per farlo) noi del gruppo di minoranza ci siamo sentiti nel dovere di illustrare chiaramente ai nostri compaesani la situazione dei conti della “casa del popolo”. L’Amministrazione Formoso è pronta a ribattere alla


nota durante il prossimo Consiglio Comunale, che pertanto si preannuncia estremamente interessante per risolvere la querelle in corso. La chiesa ortese ha un nuovo sacerdote: Don Leonardo Torraco

Sabato 11 dicembre, nella Basilica Cattedrale “San Pietro apostolo” di Cerignola, il Vescovo Mons. Felice Di Molfetta ha ordinato sacerdote il diacono Leonardo Torraco. Don Leonardo proviene dalla Parrocchia “B.V.M. Addolorata” di Orta Nova, ha ventisette anni e sin da bambino ha vissuto la vita della parrocchia avendo come punto di riferimento l’arciprete don Michele Ventrella. Ha frequentato il Seminario Vescovile di Cerignola e poi è entrato nel Seminario Regionale di Molfetta dove ha seguito i corsi del quinquennio filosofico-teologico. Ordinato diacono l’8 dicembre 2009 ha svolto il suo anno pastorale nella parrocchia di “San Trifone Martire” di Cerignola ed ha collaborato con il Centro Diocesano Vocazioni. Don Leonardo ha celebrato la prima Messa domenica 12 dicembre presso la Parrocchia “B.V.M. Addolorata” di Orta Nova e il 13 dicembre presso la Parrocchia “San Trifone” di Cerignola. Il Vescovo ha ricordato, nella sua omelia, come il sacerdozio sia un servizio per il popolo di Dio e non deve essere marcato solo dal carattere rituale della figura sacerdotale. L'ordinazione è stata anche occasione, per Mons. Di Molfetta, per annunciare il riconoscimento delle virtù eroiche del Servo di Dio Mons. Antonio Palladino, che da ora assume il titolo di Venerabile. Con la speranza che il Signore dia a Don Leonardo tutta la forza necessaria per il suo nuovo e difficile ministero, tutta la diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano si stringe in un affettuoso augurio. Andrea Zicolillo Di Pierro presenta il suo libro “rivoluzionario” di Saverio Gaeta Tra i tanti intervenuti alla presentazione del libro “Per una scuola diversa - Non una scuola simile ad un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, Book Sprint Edizioni, scritto dal professore Salvatore Di Pierro,

attualmente docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Classico “N. Zingarelli” di Orta Nova, non potevo mancare, io che per cinque anni sono stato suo alunno di Lettere e Latino presso il Liceo Scientifico “Federico II” di Stornarella: tra i banchi di scuola ho infatti visto nascere e svilupparsi i pensieri e le sofferenze di un insegnante da sempre alla ricerca di una istituzione Scuola in grado di umanizzare l’educazione e rappresentare un autentico serbatoio di menti pensanti. Il libro è un saggio contenente, in quattrocento pagine, godibilissime riflessioni didatticopedagogiche raccolte negli ultimi venti anni dall’autore che, a suo stesso dire nella prefazione, “vogliono semplicemente presentare una breve analisi teoretica e fenomenologica sulla scuola, a testimoniare il bisogno di un cambiamento e di riforme graduali nell’ambito di riferimento”. L’evento si è svolto il quattro dicembre presso la Sala Convegni del Palazzo Ex Gesuitico, promosso dall’Associazione Culturale “Le nove Muse” e con la gradita partecipazione del professore Francesco Bellino, docente di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Bari, intimo amico dell’autore nonché suo relatore, oltre vent’anni fa, della tesi di laurea sulla Scuola di Francoforte. Ad introdurre la serata è stato il presidente dell’associazione, Andrea Zicolillo, il quale ha sottolineato come il titolo dell’opera sia volutamente provocatorio e intrigante, a simboleggiare una scuola oggi lontana da chi è svantaggiato e in oggettive difficoltà, e vicina a chi è maggiormente preparato, favorendo così i dilaganti fenomeni della dispersione scolastica e della disuguaglianza culturale, aspetti tristemente predominanti nel nostro piccolo territorio ortese. Successivamente ha preso la parola il prof. Bellino, da sempre legatissimo alla sua terra natia, che ha spiegato “di aver accettato con entusiasmo l’invito che mi è stato rivolto, in quanto il libro ben analizza le problematiche legate al mondo della scuola, mettendo in luce la considerazione che essa appartiene a tutti ed è rivolta a tutti, soprattutto a partire dalla didattica: la strategia vincente è quella della metacognizione, bisogna cioè imparare a studiare in maniera corretta e appropriata, e devono essere gli insegnanti ad aiutare gli alunni a farlo, in quanto chi impara a studiare impara tutto!”. Tante sono le pagine dedicate all’aspetto emotivo che incide su un’interrogazione o su un compito in classe. “L’alunno non è

solo mente ma affettività, l’emotività e l’intelligenza vanno di pari passo, pertanto la passione è una componente fondamentale: si crede che essa turbi l’intelligenza, ma a mio avviso la potenzia e rende più forte”. Non mancano nel libro i riferimenti alla didattica del latino, uno dei più grandi amori del prof. Di Pierro: per Bellino “l’arte della traduzione sviluppa l’intelligenza, significa avere a che a fare con la diversità temporale e culturale, sviluppa il senso dell’altro, è la cosa più sperimentale che avviene nella nostra scuola”. In seguito, il microfono è andato all’autore del saggio, che con non poca emozione ha ringraziato il relatore e i numerosissimi docenti, amici e alunni intervenuti alla serata. “È per me un onore parlare davanti ai miei compaesani, dopo il professor Bellino, che per me rappresenta un faro della cultura: di lui mi piace in particolar modo la capacità di valorizzare e rispettare l’altro, e grazie a lui ho conosciuto e ho potuto apprezzare l’abilità divulgativa del giornalista Rai Piero Angela”. Di Pierro ha poi proseguito con riflessioni estrapolate dal libro. “Nel nostro paese ci sono menti che hanno bisogno di essere stimolate ed è mortificante parlare con persone dotate di una grande cultura, ma senza un pezzo di carta per colpa della scuola. Il vero problema è pertanto la demotivazione, e la responsabilità è di colleghi che entrano negli istituti senza passione, limitandosi a pensare di essere mal pagati e precari per troppi anni. Ricordo che quando ero alunno il latino mi ha tormentato per colpa di un professore, poi ho avuto la fortuna di incontrarne un altro che mi ha trasmesso la sua passione per le culture classiche”. “La scuola”, continua Di Pierro “deve costituire il volano di una società col compito di trasmettere idee, metodi, concetti in grado di aiutare gli studenti a conoscere se stessi e a capire il loro tempo, per poter affrontare razionalmente i problemi complessi della società moderna. Non vedo l’ora di andare in pensione per poter dare spazio a nuovi giovani docenti che siano vicini ai ragazzi e siano in grado di ascoltare i loro tanti disagi”. Si tratta quindi di un’opera che non può mancare nelle librerie di docenti, genitori e studenti “arrabbiati” con l’attuale istituzione scolastica e desiderosi, per dirla con le parole dell’autore, “di impegnarsi a livello praticooperativo perché la realtà cambi verso il meglio”.


Volendo fare un bilancio alla fine del primo decennio del terzo millennio, ognuno di noi azzarda un bilancio su iniziative, questioni e soprattutto problemi che hanno caratterizzato la società in cui viviamo. La prima impressione è quella di essere giunti in un’epoca in cui nel nome della modernità abbiamo iscritto nel nostro vivere quotidiano una scarsa attenzione verso quel valore fondamentale che una moderna società deve avere in alta considerazione: la dignità dell’uomo. In un periodo in cui è lo stato di precarietà lavorativa a farla da padrone affiorano seri motivi per dubitare come ad ogni singolo individuo possa essere garantito questo irrinunciabile valore. Volendo esprimere un giudizio del tutto soggettivo, credo che una società dignitosa è una società in cui tutti coloro che ne fanno parte abbiano un lavoro che dona dignità a se stessi, alla propria famiglia ed infine al proprio contesto sociale. A nessuno può sfuggire la stretta relazione che esiste tra la dignità dell’uomo e i diritti di cui gode, per cui non può esserci l’una senza la presenza degli altri. Perché tutto questo non resti lettera morta è assolutamente necessario che tutti, nel proprio piccolo o grande ruolo sociale che occupano, si impegnino a rispettare la dignità della persona umana proprio perché essa rappresenta quell’aspetto della nostra umanità a cui è dovuto un assoluto rispetto. In modo paradossale, essa appare più evidente nell’uomo quando è in uno stato di miseria e di svantaggio. Attualmente tutti parlano di lavoro, tutti ritengono che sia il problema principale da risolvere, tutti vogliono dare impulso per una maggiore occupazione, ma sembra che non si tiene conto di un elemento fondamentale:

il lavoro non è solo una fonte per la produzione della ricchezza di un paese, ma è soprattutto il mezzo attraverso il quale una persona realizza se stessa mettendo a frutto i propri talenti. Anzi sarebbe giusto affermare che il lavoro è lo strumento con cui una persona concepisce il proprio progetto di vita. Perciò è proprio in questa ottica che persona e lavoro divengono un binomio inscindibile, attraverso il quale la dignità della persona possa essere garantita solo con la dignità del lavoro. Purtroppo oggi si assiste ad una evidente contraddizione: da una parte si evidenziano gli elementi positivi del lavoro, ma nello stesso tempo si creano le condizioni che sfociano in un aumento dello stato di precarietà. Tanto per rappresentare un problema attuale, sarei curioso di chiedere al ministro della Pubblica Istruzione se riesca ad immaginare come potrebbe la sua “Riforma”, basata su un precariato diffuso, poter garantire, nel delicato campo dell’educazione il rispetto della dignità. Cerchiamo di immaginare quale potrebbe essere lo stato d’animo di un docente precario certamente sfiduciato ed in un profondo stato di angoscia, che dovrebbe dare il meglio di sé in un tempo limitato e con un incerto futuro. Sono certo che in ognuno di noi alberga la consapevolezza che il momento storico attuale è particolarmente difficile e c’è chi pagherà lo scotto della crisi. Non è corretto, però, dare ascolto a coloro che con appelli altisonanti dichiarano invece che l’Italia sta semplicemente attraversando un periodo di transizione, di cambiamento, ma che presto l’emergenza occupazione non sarà più tale. Bene, potrebbe essere vero tutto ciò, peccato che io sia (o meglio sono) uno scettico

non per vocazione, ma perché guardandomi intorno non posso fare a meno di notare che disoccupazione e stato di precarietà continuano a crescere in maniera allarmante. Quello che più spaventa è che queste anomalie passano dalle eccezioni alle regole e quindi a minacciare ciò che dovrebbe rappresentare la normalità. Purtroppo questo è un dato di fatto che difficilmente può esser confutato da chicchessia. Il lavoro, come è stato tante volte sottolineato, è una dimensione fondamentale della persona, e non è esagerato affermare che esso rappresenta un elemento importante per la sua perfezione. Impegnarsi, affinché una persona conservi la sua dignità significa realizzare quell’importante dualismo, che da una parte consente ad ognuno di realizzarsi per il raggiungimento del “bene comune”, dall’altra diventa un elemento fondamentale e necessario per lo sviluppo e la crescita complessiva della società. Il bene comune è un concetto, ma anche un agire che coinvolge tutta l’esperienza dell’uomo, di ogni uomo, dal suo concepimento fino al termine della sua dimensione terrena. Quando si parla di bene comune bisogna far riferimento al dovere di contribuirvi, ma anche ai diritti da riconoscere, soprattutto ai soggetti più deboli; ogni scelta di direzione del bene comune è importante non solo per la sua efficacia concreta, ma soprattutto per la sua valenza e il suo ruolo educativo. Gli aspetti appena citati, sono importanti ma non sono gli unici per dare un valore aggiunto al senso di responsabilità di tutti nel lavoro. Lo stato di disoccupazione o di precarietà può essere considerato, senza alcuna ombra di dubbio, un grave stato di sofferenza, e nello stesso tempo una sconfitta personale, una sconfitta per la speranza che ha in se il lavoro, ma soprattutto una sconfitta per la dignità della persona e della famiglia.



Posso con orgoglio affermare che, assieme alle persone che mi hanno seguito fin dalla prima ora della nascita della Sezione di Orta Nova e con i collaboratori più validi di oggi, si è stabilita una nuova realtà interpersonale e collaborativa estesa ai Comuni dei 5 Reali Siti. Stiamo realizzando l’Accademia di cultura che si traduce nell’attenzione a porre in essere un programma di divulgazione di conoscenze in tutti i rami del sapere, attraverso una costante sensibilità all’elaborazione e alla sperimentazione di metodologie didattiche adeguate ai diversi livelli cognitivi, d’istruzione e d’interesse generale. Tutto ciò si sta concretando nell’apertura a quanti concepiscono la cultura come fusione di conoscenza, confronto permanente di opinione e di pensiero. La partecipazione, infatti, non si esaurisce nella presenza agli incontri o nell’ascolto, ma presuppone lo scambio d’idee e l’iniziativa personale: il superamento dell’atteggiamento, da parte di ciascuno, di spettatore, per divenirne protagonista. L’accademia di umanità, propria dell’Unitre, in questo senso diviene una sorta d’ingegneria sociale al servizio dell’uomo durante tutta la sua esistenza, in un quadro di educazione permanente rivolta a tutti. Viviamo, infatti, l’era post scolastica dell’educazione (televisione, internet, biblioteche virtuali, iniziative private), ossia un tipo di società integralmente educativa ove le attività dell’insegnare e dell’apprendere non sono più delegate alle istituzioni tradizionali, né limitate alla sola età scolastica. Nella nostra nuova sede abbiamo già realizzato altre due importanti iniziative. La prima, seguita con attenzione da un pubblico di esperti e appassionati, riguarda la cerimonia per l’apertura dei corsi dell’anno accademico 2010-2011, che ha avuto luogo sabato 18 dicembre c.a. presso la Sala Consiliare del Comune di Carapelle. Questi i corsi: Tecniche pittoriche, Chitarra, Informatica, Ballo di grup-

po, Etica comportamentale, Laboratorio di chiacchierino. L’evento è stato programmato nelle manifestazioni di apertura della nuova Sede; tema questo, che è stato introdotto dall’intervento del Presidente dei 5 Reali Siti, Rag. Vito Monaco. Carapelle è da qualche tempo attiva, ha raggiunto indicativi traguardi e sta operando per migliorare le proprie linee d’attuazione, come ha detto il Prof. Alfonso Palomba, Sindaco di Carapelle, il quale si è soffermato anche sulle caratteristiche degli interventi futuri.

L’Assessore alla cultura, Prof.ssa Nunzia Tarantino, ha proposto la vicinanza delle istituzioni alle iniziative dell’Associazione. Da parte sua il Vice Presidente dell’Unitre, Rag. Annito Di Pietro, ha descritto la propria esperienza diretta in questo commino, che ha portato alla nascita della nuova Sede. Dopo il saluto della Presidente, Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere, il compito di terminare gli in-

terventi al convegno è stato affidato al Direttore dei corsi, Prof. Antonio De Carolis. L’altra iniziativa riguarda il Concerto di Natale, tenutosi lo scorso giovedì 30 dicembre 2010 alle ore 19,30 presso la Chiesa “Santa Maria della Stella” in Stornarella (FG). È stata una serata all’insegna della musica natalizia, voluta dall’Unitre per contribuire, dal punto di vista culturale, alla crescita della comunità dei 5 Reali Siti, nonché all’eliminazione dell’indifferenza, del disimpegno e della mancanza di collaborazione. Il Concerto è stato realizzato con il patrocinio dell’Unione dei Comuni dei 5 Reali Siti, la fattiva collaborazione del Parroco Don Rosario Lofrese e la gentile disponibilità della Presidente del Coro Polifonico “Jubilate Deo”,

Dott.ssa Rachele Sessa. Il Coro Polifonico dell’Accademia Musicale “A. Chénier” di Foggia è stato diretto dal M° Carmen Battiante, alla quale si devono anche la maggior parte delle elaborazioni musicali dei brani natalizi eseguiti. Presenti il Presidente dell’Unione dei 5 Reali Siti e Sindaco di Stornarella, Rag. Vito Monaco, l’Assessore alla cultura del Comune di Stornarella Dott. Franco Luce, il Sindaco di Stornara, Dott. Matteo Silba, il Parroco Don Rosario, la Presidente dell’Unitre dei 5 Reali Siti, la Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere con il Vice Presidente, Rag. Annito Di Pietro, con il Segretario, Sig. Francesco Giagnotti e il Tesoriere, Sig. Carlo Dalla Zeta. Il Coro, unitamente alle straordinarie voci soliste, ha interpretato il repertorio proposto di motivi natalizi tradizionali con grande professionalità e con lo spirito giusto che contraddistingue la grande festa cristiana del Natale. Nella splendida chiesa seicentesca si è creata subito un’atmosfera di grande suggestione religiosa per l’ascolto delle sublimi arie natalizie, che il pubblico ha molto apprezzato con lunghi applausi. La serata si è conclusa con lo scambio degli auguri di rito.


Guardando i tetti di Bovino la cosa che più colpisce sono le centinaia di canne fumarie, la maggior parte di esse ancora in eternit, materiale usato nei decenni scorsi per camini, coperture, contenitori di acqua eccetera. Venivano denominati eternit, dal nome dell’azienda che li produceva, i manufatti ottenuti con la mescola di cemento e fibre di amianto, con una forte resistenza alla trazione, all’usura e al fuoco. Trovarono quindi facile e larghissimo impiego nelle costruzioni soprattutto nel quarantennio dal 1950 al 1990 anche perché venivano prodotti come coperture piane e ondulate, lastre perimetrali, tubazioni, canne fumarie e serbatoi per acqua. Purtroppo da appropriati studi e ricerche, risultò la pericolosità dell’amianto come materiale fortemente cancerogeno e apportatore di tumore ai bronchi e alla pleure nel caso di inalazione di fibre e con la legge n. 257 del 27 marzo 1992 veniva vietato in Italia l’estrazione, l’esportazione, l’importazione, il commercio e la produzioni di manufatti o altro contenente amianto. La stessa legge conteneva le direttive per la difesa e il risanamento di aree, fabbriche, edifici e quanto altro interessato dall’amianto. In particolare il comma 1 dell’articolo 12 recita così: 1. Le unità sanitarie locali effettuano l’analisi del rivestimento degli edifici di cui all’articolo 10, comma 2, lettera

l, avvalendosi anche del personale degli uffici tecnici erariali e degli uffici tecnici degli enti locali. A circa 20 anni dall’entrata in vigore della suddetta legge, Bovino in provincia di Foggia uno dei borghi più belli d’Italia, è imbottito completamente di amianto. I tetti sono cosparsi di camini in eternit. E se contano a centinaia, molte canne fumarie si innalzano lungo le pareti di diverse case e, tante sono ancora le case ricoperte completamente di tegole in eternit, in molte abitazioni esistono ancora i serbatoi di riserva acqua in cemento

amianto. Bovino rispetto ai centri vicini è senz’altro il paese dove tale materiale abbonda almeno il triplo in quanto negli anni cinquanta venne largamente impiegato da alcune ditte che costruirono il primo nucleo fuori della cinta muraria e operarono anche nella ristrutturazione di altri fabbricati soprattutto installando le nuove canne fumarie che apparivano molto più funzionali. Sappiamo che allo stato di buona conservazione non esistono pericoli gravi ma è anche certo che allo stato di sfibramento l’amianto significa morte... e lo lo sfibramento è facile a causa del tempo, delle intemperie, delle vibrazioni, sia pur minime, degli edifici al passaggio di auto e soprattutto dell’azione del vento che a Bovino non è certamente un dolce zefiro primaverile. Ma poi, basta guardarsi intorno per vedere lo stato fatiscente di tanti manufatti in amianto esistenti nelle case di Bovino. Ma quello che più preoccupa è la manipolazione selvaggia che in questi periodi sta avvenendo da parte di privati e operatori edili che rimuovono manufatti in cemento amianto senza sicurezza alcuna né per chi opera né per chi risiede nei dintorni e la manipolazione di tale materiale significa sfibramento e liberalizzazione nell’aria delle micidiali fibre pericolo che aumenta in quanto poi tali rifiuti speciali non vengono smaltiti come previsto dalle norme in vigore ma abbandonate in decine di discariche abusive che


stanno sorgendo intorno al nucleo abitato costituendo così un gravissimo pericolo mortale per chiunque. È da tener presente che le fibre di amianto o abesto che dir si voglia, non danno immediatamente gli effetti, ma l’incubazione dura dai 15 ai 20 anni, quindi inalare una fibra adesso significa accorgersene fra 20 anni e questo forse è quello che fa prendere a tutti la cosa sotto tono e quasi non credere alla nocività. Inoltre sembra che la maggior parte ignori tali pericoli sarebbe quindi necessaria una campagna di sensibilizzazione in materia e per cittadini e per gli operatori del settore. Come mai dopo tanti anni chi predi-

sposto non ha mai effettuato un censimento degli edifici interessati o qualche monitoraggio ambientale per controllare la situazione? La salute pubblica non è forse un’obbiettivo primario? Come mai non viene effettuato alcun controllo sulle decine di discariche abusive che ogni giorno aumentano lungo le strade appena fuori il centro abitato? Come mai nei permessi o licenze di ristrutturazione degli edifici non si è messa la condizione di rimozione dell’amianto? La mortalità per cancro a Bovino (come altrove) è elevata e non sappiamo se inconsciamente qualcuna sia avvenuta appunto per questi motivi... Non vogliamo con questo creare al-

larmismo ma soltanto sollecitare chi competente a prendere al più presto le dovute misure di sicurezza prima che sia troppo tardi. Quanto sopra è da mesi ormai che viene trito e ritrito sul Web da parte di “Ventoamico blog” e gran parlare ne hanno fatto anche i “Bovinesi Doc” su Facebook. Anche un quotidiano di Foggia ne ha parlato a lungo l’estate scorso riportando anche un’intervista al sindaco di Bovino Michele Dedda che si dichiarava pronto a parlarne seriamente, ma a distanza di mesi nulla si è mosso: le uniche cose a farlo sono state soltanto le foglie degli alberi cadute in autunno.

Giovedì 2 dicembre scorso, presso la sala della “Rimembranza” del Palazzo ExGesuitico di Orta Nova è stato presentato al pubblico il libro di Eletta SantoPietro intitolato “Sotto le ali dell’Angelo”, un libro colmo di sentimenti nostalgici scaturiti dalla lontananza dal proprio paese natio. Sulla copertina del libro è raffigurato un angioletto posto su di una casa rurale di inizi ‘900, che indica la direzione del vento. Quest’immagine, tanto cara all’autrice, racchiude tutto il senso dell’opera e l’angelo rappresenta, in maniera metaforica, il protagonista di un cambiamento dei tempi ma con la fedeltà dei valori antichi. Eletta SantoPietro è nata ad Orta Nova e ci ha vissuto sino alla maggiore età; poi la strada della sua vita l’ha portata a compiere un percorso doloroso ma ineludibile per quei tempi: lasciare il suo amato paese, Orta Nova. “L’ultima mia volta qui ad Orta Nova”, afferma l’autrice con un pizzico di commozione “è stata circa 10 anni fa; posso affermare tranquillamente che d’allora Orta Nova è cambiata in meglio, ma la sua aria e le sue tradizioni mi fanno emozionare sempre alla stessa maniera, portando alla mia memoria ricordi che non cancellerò mai!”. La manifestazione si è aperta con i saluti del Sindaco Peppino Moscarella, che ci ha tenuto a sottolineare con quanta passione e dedizione l’autrice ha saputo descrivere Orta Nova nei suoi affascinanti e rustici costumi. “Eletta SantoPietro - continua il Sindaco - torna nella sua città con un bellissimo dono per la comunità ortese, sottoponendo all’attenzione dei lettori il forte attaccamento alle proprie origini e l’amore per il proprio paese”.

A questo punto della serata, la responsabile della casa editrice, Falina Marasca ha dato un giudizio tecnico-letterario dell’opera: “Il libro è un romanzo psicologico, autobiografico e introspettivo a carattere epistolare; un libro in grado di parlare al presente di questa terra, ribadendo il concetto che più sono forti le radici culturali e sociali di una comunità più questa comunità riesce a volare alto”. Poi è toccato al Sindaco di Carapelle Alfonso Palomba, che dà una chiave di lettura duale del libro: una chiave di lettura di “superficie”, in cui l’autrice narra le vicende e le avventure della sua vita quotidiana; e quella “introspettiva”, dove la scrittrice, come, un fiume carsico, scava nel suo animo portando alla luce sentimenti che invocano il motivo del ritorno nella sua città natale.

Il Sindaco Palomba afferma che: “La “facilità-difficile” di lettura del testo porta i lettori a leggere il romanzo in poco tempo ma a pensarci e rifletterci per il resto dei loro giorni e, addirittura, per affrontare la vita in maniera diversa e più propositiva. Al termine di una serata emozionante, l’autrice Eletta SantoPietro si rivolge al pubblico, cercando (e riuscendoci molto bene, ndr) di far capire le motivazioni che l’hanno indotta a scrivere questo romanzo: “Il libro è dedicato soprattutto ai giovani per cercare spunti da cui capire e trovare le proprie radici. L’identità “continua la SantoPietro” è un valore che assolutamente non si può perdere col tempo”. E, infine, se gli si chiede qual è il vero motivo che la spinge a ritornare ad Orta Nova, Eletta, con semplicità risponde: “Perché amo il mio paese”.



Il 21 e 22 dicembre nella Sala Teatro del Secondo Circolo Didattico tutti gli alunni delle classi Prime hanno vissuto con docenti e famiglie momenti di festa

e di grande emozione, inneggiando al Natale con canti, poesie e simpatici dialoghi. Grandi applausi ai piccoli cantori e ai loro messaggi di pace e di fratellanza

che, come è stato sottolineato dalla Dirigente Dott.ssa Immacolata Conte, ci auguriamo diventino in tutti gesti concreti per una vita migliore. In occasione del Santo Natale gli alunni di Prima e Seconda classe hanno generosamente donato giocattoli alla Caritas parrocchiale che li ha distribuiti ai bimbi poveri del nostro paese.

Questo è l’obiettivo che si propone da sempre la scuola Primaria del 2° Circolo Didattico di Orta Nova, i docenti sempre più impegnati in questo ambito formativo, realizzano percorsi diversi, per stimolare i bambini alla lettura. Quest’anno per l’occasione della festa della lettura sono stati inaugurati la biblioteca e il laboratorio musicale. Tutto si è concluso in una bellissima giornata, vissuta intensamente da grandi e piccoli dove giochi, mimo, personaggi fantastici e reali aiutano a farci capire che il libro è un CARO AMICO, che regala emozioni. A gennaio per gli alunni di I, II e III comincerà la rassegna “Cinema a scuola” in collaborazione con il Circolo Culturale Ulisse di Foggia. Il film tratto dal libro “Nat e il Segreto di Eleonora” di Rèbecca Dautremer narra la storia di una bambina che riceve in eredità, da zia Eleonora, una biblioteca davvero bizzarra. Ogni opera è un pezzo originale e, la notte, i protagonisti delle storie che hanno fatto sognare generazioni di bambini escono dai loro libri... Nat comincia a fare la conoscenza e si vede designato a succedere alla sua antenata: dovrà proteggerli. Se, per disgrazia dovessero lasciare quella biblioteca, le loro storie verrebbero dimenticate per sempre... Ed è proprio quando i suoi genitori decidono di vendere i libri, che l’avventura comincia! Nat farà tutto il possibile per salvare i suoi amici e le loro storie: Alice, Gulliver, Cappuccetto Rossso, Pinocchio ,

Peter Pan… Riuscirà a portare a buon fine questa

missione? Lo scopriremo solo guardando il film.



Entro timidamente nel Cinema Cicolella di viale XXIV Maggio a Foggia, una sera del novembre scorso. Il profumo dei popcorn è fortissimo, inebriante. Mi indicano la strada per arrivare nello studio di Francesco Paolo Cicolella. Mi passano in mente le notizie che maggiormente mi hanno colpito sul suo conto e sulla storia della fondazione del Super Cinema Cicolella di Orta Nova. Ricordo l’opera del padre di Francesco Paolo che ha fatto tanto per la popolazione ortese comprando, nel 1947, il suolo dell’attuale cinema e costruendo una fabbrica di pomodori in scatola, dando così ai tantissimi disoccupati ortesi una possibilità di riscatto; la rapidità dei lavori di costruzione (soli sette mesi); le memorie dello stesso Francesco Paolo che racconta le sue avventure a bordo dell’auto usata per la pubblicità dei film e i suoi escamotage per incuriosire i passanti (una scimmietta per il film “Tarzan” e l’imitazione al microfono delle voci di Stanlio ed Ollio). Entro, mi presento. La stanza è molto piccola ma piena di foto, fogli, ricordi. Il sig. Cicolella mi fa accomodare e comincio. Domanda: Al momento dell’apertura del cinema Cicolella a Orta Nova, nel ’47, sappiamo che c’era già il cinema Roma dei fratelli Capolongo. Qual è stato il motivo dell’investimento da parte di suo padre? Non si temeva il fallimento data la concorrenza di una sala già avviata, per di più in un centro così piccolo? Risposta: Quello era un momento di evoluzione, il mercato del cinema era in crescita. Mio padre voleva investire nel cinema e, avendo il commercio di generi alimentari, frequentava anche la piazza di Orta Nova. Gli sarebbe sicuramente piaciuto aprirne uno a Foggia ma non voleva mettersi in concorrenza con il fratello. Pensò quindi alla provincia e in particolare a Orta Nova, una piazza vicina e diciamo “scoperta” perché c’era solo il cinema Roma, sala di piccole dimensioni che quindi non spaventava. D.: E quale è stata la risposta del pubblico? R: La risposta è stata enorme perché era la prima volta che la gente si trova in un locale con tante sedie, date le dimensioni dell’altra sala. Il posto aveva tutti i comfort tra cui il riscaldamento che per l’epoca era una gran cosa. Ricordo che l’inaugurazione ci fu il 20 dicembre 1947, con il film “Il gigante di Boston”, di Frank Tuttle, con Greg McClure nelle vesti di John Sullivan, campione del mondo dei pesi massimi. D.: L’affluenza del pubblico è cambiata nel tempo? R.: C’è stato un crescendo fino agli anni ‘70. Immagina che nei dintorni del cinema c’erano tre famiglie che vivevano con il parcheggio delle biciclette. Molta gente veniva dai paesi vicini con la bicicletta perché era l’unico mezzo di locomozione. Poi nel tempo è venuta sempre meno.

D.: Quanto è stata controproducente l’apertura del multisala? R.: Lo è stato per Foggia, Orta Nova, Lucera, Manfredonia e per tutte le città collegate. San Giovanni Rotondo ne ha risentito pochissimo, Vieste per niente. D.: Qual è il futuro del cinema a Orta Nova? Quali sono le sue intenzioni dato che si vocifera di un’eventuale chiusura? R.: Le pressioni e le richieste che mi fanno, per poter trasformare il cinema, sono tante. Effettivamente il cinema è grande, andrebbe diviso in più sale ma non mi converrebbe data la vicinanza con Foggia e soprattutto con il multisala. Le richieste allettanti per poter fare del palazzo una bella costruzione ci sono, però io, al momento, non mi sento ancora di tradire la memoria di mio padre. D.: C’è, secondo lei, un modo per smuovere la gente? R.: Sono pessimista a riguardo. Prima il cinema costituiva l’unico svago, oggi ce ne sono tanti: la televisione prima, adesso il multisala. D.: Secondo lei il film nei multiplex, dove ci sono altre attrattive, diventa secondario? I ragazzi vanno lì per il film o per altro? R.: Vanno lì con la scusa del film. Mangiano la pizza, giocano a bowling. A mio parere il guadagno del multisala non viene dal cinema ma dal resto, da tutto ciò che c’è attorno D.: Sappiamo che nelle sue sale ospita assemblee d’istituto dei vari licei foggiani e la possibilità di vedere film gratis. C’è stata risposta da parte dei ragazzi? Lo fa per educare i ragazzi al buon cinema?

R.: Lo faccio sicuramente per educare, anche perché i professori me lo chiedono. Il fine è quello di istaurare un dibattito a film terminato, anche se i ragazzi dovrebbero essere preparati e conoscere il film prima di vederlo. Quando il dibattito avviene a me fa piacere perché significa che i giovani sono interessati. Spesso, però, sono superficiali, non prestano attenzione, durante la visione, nemmeno alla trama. Capita che durante la proiezione vadano a fumare. D.: Ha mai pensato di proiettare film meno noti, d’autore per far conoscere alla gente, non solo ai ragazzi, il cinema di qualità? R.: Quelle sono rassegne da fare con un certo “rumore”. Le fanno qualche volta in Italia ma in locali specializzati. Qui non c’è un pubblico abbastanza numeroso per coprire le spese minime. Per vedere vecchi film c’è bisogno di grandi finanziamenti, forse più di quanto ce ne vogliano per i film nuovi. D.: Ci parli dei suoi gusti personali in fatto di cinema. R.: Apprezzo specialmente i registi italiani però come addetto ai lavori non vedo film nelle mie sale. Ci passo solo per controllare che tutto sia in ordine. Nelle mie strutture non riesco a vedere un film perché magari arriva una telefonata o qualcuno che mi cerca e quindi preferisco vederlo fuori. D.: Cosa pensa del cinema di oggi rispetto a quello di ieri? R.: I film del passato, come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica o Roma città aperta di Roberto Rossellini, hanno una loro valenza storica. Sono pellicole diverse da quelle di oggi poiché raccontano l’Italia di quegli anni, la nostra storia. Apprezzo ugual-


mente il cinema di oggi che comunque resta ben diverso da quello degli anni ’50. D.: Qual è il criterio di scelta dei film in programma nelle sue sale? R.: Scelgo compatibilmente con il mercato. Purtroppo c’è il monopolio del mercato cinematografico, anche se non ci dovrebbe essere. Il mercato cinematografico ha questa anomalia: è un mercato di “esclusiva”, non posso comprare i film da chiunque, mi devo rivolgere per forza a certi fornitori. Per quanto riguarda Foggia ci sta ancora un’altra anomalia: i fornitori di film nella Puglia sono rimasti in due. Quindici anni fa ne erano oltre venti. Quando si andava a Bari non si riusciva a visitare tutti i 20 fornitori. Oggi c’è stata una concentrazione dei fornitori che si sono ridotti a due di cui uno è cointeressato alla programmazione del multiplex, cioè fa la sua programmazione prendendo una percentuale sull’incasso oltre al pagamento del canone per l’uso del film (l’uso del film comporta un pagamento al distributore del 45% al 50% dell’incasso). Ad esempio se volessi programmare un determinato film di cui ci sono poche pellicole da distribuire dovrei aspettare una quindicina di giorni, cioè il tempo della programmazione di quel film al multiplex. Non conviene più, quindi, farlo vedere nelle mie sale dato che la gente ha già avuto modo di visionarlo nei giorni precedenti. Sarebbe uno spreco di denaro. D.: In passato al Cicolella di Orta Nova venivano presentati spettacoli teatrali. Come mai questo non avviene più? R.: La stagione più bella fu quella degli anni 50, periodo in cui si esibiva Sena An-

tonio, il mago incantatore napoletano il cui nome d’arte era ‘Chambernot’. Ricordo ancora le parole con cui iniziava lo spettacolo: “Io vi incanto con le parole e con le mani” . Ci fu molta affluenza, ho ancora il borderò dell’epoca (elenco per identificare l’organizzatore, la compagnia esecutrice e la quantità dei biglietti venduti per un determinato spettacolo o per una determinata manifestazione). Gli spettacoli teatrali furono organizzati grazie al comune che ha collaborato con il Teatro Pubblico Pugliese. Questo è durato per diversi anni poi l’amministrazione comunale ha organizzato gli spettacoli teatrali con l’Oda Teatro di Foggia, ma la collaborazione è durata due anni con pochissimo pubblico. In passato il comune dava il suo contributo per il mantenimento della sala, ora non più. Il comune faceva una sorta di convenzione con noi: affittava il teatro per 10/15 giornate durante l’anno durante le quali si svolgevano saggi di danza o di fine anno scolastico, manifestazioni di associazioni. Questo aiutava

Ancora una volta Orta Nova conferma il suo straordinario feeling con il biliardo sportivo, rappresentando uno dei comuni della provincia che vanta il maggior numero di giocatori professionisti. Infatti, a pochi mesi di distanza dall’impresa vincente di Giovanni Triunfo nel combattutissimo primo Memorial Vito Procaccino, un altro ortese conquista il primo posto in una Gara Interprovinciale di Biliardo Sportivo, organizzata presso l’accogliente Sala Biliardi “Professional” dei fratelli Laddaga. A spuntarla su 128 agguerriti giocatori provenienti dalle province di Foggia, Bat e Bari, è stato il padrone di casa Giovanni Laddaga, che al termine di un’entusiasmante finale contro il compaesano Nicola Caldarisi, si è aggiudicato il primo premio, pari a 800 euro. A Caldarisi è andato il montepremi di 400 euro, mentre a tutti i finalisti è stato consegnato un premio ricordo. Il torneo, giunto alla sua terza edizione e intitolato alla memoria del compianto Antonio Ruggiero, si è disputato dal 25 al 31 ottobre sotto l’attenta direzione del foggiano Adriano Maselli, coadiuvato dall’arbitro Dell’Oglio di Cerignola.

Sul tavolo verde, nelle specialità Goriziana 500 p.ti T.D. e Italiana 100 p.ti, davanti a un pubblico ogni giorno più numeroso, si sono confrontate, dapprima in un girone iniziale e poi in scontri a eliminazione diretta, le migliori stecche delle categorie 1A - 1ª - 2ª e 3ª, in regola col tesseramento Fibis 2010/2011. Tutti gli incontri dell’evento, che ha di fatto aperto la stagione sportiva nella provincia di Foggia, sono stati molto tirati ed equilibrati fin dall'inizio: infatti gli atleti delle categorie inferiori, pur non partendo coi favori del pronostico, hanno dimostrato grandi qualità e

il cinema /teatro a sopravvivere. L’anno scorso scrissi ai sindaci dei Cinque Reali Siti facendo presente che il cinema stava correndo il rischio di chiusura. Si dovrebbe capire che il cinema è un bene prezioso e senza di esso il comune non è più una città. Il privato non ce la fa più ad andare avanti e se chiuderò definitivamente la colpa non è mia, ma degli amministratori. L’amarezza e il dispiacere che trasmettono gli occhi e le espressioni di Francesco Paolo fanno riflettere. Mi trovo di fronte ad un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al cinema e che con amara rassegnazione ma anche con dolce nostalgia ci racconta la sua storia.

possesso di valide tecniche di gioco sin dai primi incontri. In semifinale sono così giunti due bravi atleti di 2ª categoria, Stoduto di Foggia e Fioritoni di Margherita di Savoia, che hanno superato nei quarti due giocatori iscritti nella 1ª categoria, Manfredi e Rendina, quest’ultimo Campione Provinciale in carica. Entrambi hanno poi dovuto cedere in passo ai più esperti e quotati Caldarisi e Laddaga, Campioni Italiani di 1ª categoria, che però hanno dovuto faticare non poco per avere la meglio sugli indomiti sfidanti. In finale, la vittoria è andata a Giovanni Laddaga, che ha dimostrato, rispetto all’avversario, maggior freddezza e concentrazione durante tutta la gara. Da noi interpellato, Laddaga ha ringraziato il numeroso pubblico intervenuto che con calore ed entusiasmo ha seguito ogni gara, nonché tutti i giocatori per la grande professionalità e correttezza dimostrata nelle partite. “Il nostro obiettivo è di organizzare per il prossimo anno un nuovo torneo con un montepremi ancor più cospicuo, in modo da aumentare il numero degli iscritti”.


Antonio aveva cominciato a lavorare nei campi, al fianco di suo padre, a undici anni, vale a dire appena terminata la scuola elementare. A ventisei si era sposato con Nunzia, apprendista sarta, figlia unica di un piccolo agricoltore, aveva cominciato a lavorare col suocero e lo aveva fatto fino all’età di trentasei anni divenendo, nel frattempo, padre di due bambini. Poi, un brutto giorno, aveva avuto un incidente col trattore, riportando fratture in varie parti del corpo e la lesione permanente di una gamba. Gli era stata riconosciuta una percentuale di invalidità insufficiente per ottenere una pensione, ma sufficiente per accedere all’elenco degli “invalidi civili” e quindi ad una corsia preferenziale per eventuali assunzioni nell’Amministrazione pubblica. Con i soldi dell’assicurazione aveva ristrutturato il locale prima adibito a magazzino e deposito degli attrezzi agricoli adibendolo a negozietto di maglieria e abbigliamento per bambini, intestandolo a sua moglie. Gli affari non andavano male, ma Antonio, che non poteva più lavorare nei campi, non era contento di stare in ozio. Aveva impiegato il tempo della convalescenza e della riabilitazione, riuscita solo in parte perché era rimasto claudicante, frequentando un “Corso serale per lavoratori”, organizzato dai Sindacati e aveva conseguito la licenza media. Dopo di che aveva presentato domanda di assunzione come “applicato di segreteria” nelle scuole. Nella nostra Provincia non c’erano posti disponibili e l’attesa si prospettava lunga e allora, su consiglio di Michele, un suo vecchio compagno d’infanzia, divenuto Preside di una scuola media di Faenza, egli aveva presentato la domanda proprio a quella scuola ed era stato assunto come supplente annuale. Nunzia non era stata contenta, ma egli l’aveva rassicurata dicendole: “Staremo lontani solo per due o tre anni, giusto il tempo per acquisire il punteggio necessario per essere assunto in ruolo e poi chiedere l’avvicinamento, come hanno fatto tanti meridionali. Farò l’impiegato e non più il contadino e potremo contare su un reddito sicuro. I nostri ragazzi potranno andare all’Università e fare dei buoni matrimoni!”. Fu proprio il pensiero di cambiare stato sociale a persuadere Nunzia la quale, da quando aveva aperto il negozio, si sentiva ormai uscita da quella dei contadini. Antonio era partito da Orta, all’alba del 2 settembre e, durante il viaggio aveva dormito fino a poco prima di arrivare a destinazione perché aveva trascorso la notte precedente abbracciato alla sua Nunzia. Era la prima volta che si separavano, erano giovani e ardenti (Nunzia lo era quanto e forse più di lui) e in quella notte avevano voluto colmarsi di reciproche tenerezze, che sarebbero dovute bastare per tre mesi circa, fino alle vacanze natalizie. A Faenza Antonio aveva conosciuto Nazario, un bidello proveniente da Sannicandro Garganico, il quale prestava servizio da tre anni nella sua stessa scuola e, insieme, avevano affittato un monolocale, dividendosi le spese. Così entrambi riuscivano a mandare circa la metà dei loro

stipendi alle rispettive famiglie. Nunzia era stata contenta di ricevere quei vaglia, che considerava una sorta di risarcimento per la separazione dal marito. Il pensiero di Antonio, il bisogno di averlo vicino l’assaliva soprattutto la sera, dopo la chiusura del negozio, quando i ragazzi erano andati a letto. Per fortuna, a farle compagnia fino all’ora della chiusura c’era Concetta, una maestra di quarantatre anni, separata dal marito e senza figli, la quale abitava poco lontano, in fondo alla strada, nell’ultima casa, sul retro della quale c’era una porticina che dava sull’orto ampio e recintato. Il recinto in muratura, alto più di due metri e che aveva un piccolo cancello di ferro nella parte opposta alla casa, isolava quest’ultima dalla campagna circostante, una grande superficie coperta da ulivi secolari. Concetta e Nunzia si conoscevano da molti anni, ma la frequentazione era diventata più intensa dopo la morte del marito di Concetta e la partenza di Antonio per Faenza. Antonio, per la verità, da tempo si prendeva cura dell’orto, potava gli alberi da frutta e lo faceva gratuitamente. Concetta si disobbligava regalandogli parte della verdura e buona parte della frutta raccolta dicendo: “Io sono sola e tutto quel ben di Dio andrebbe sprecato. Voi siete in quattro e la frutta fa bene ai bambini”. “È proprio una buona vicina” - diceva Nunzia al marito, quando lo vedeva tornare a casa col cesto pieno di frutta e verdura appena raccolte - “e , come dice il proverbio, Buona vicina, buona mattina” (una buona vicina è come una giornata bella). Nunzia e Concetta, dopo la chiusura del negozio, si salutavano per andare a dormire. Nunzia, dopo cena e dopo aver messo a letto i bambini, si addormentava presto, mentre Antonio, da qualche tempo, smaniava a lungo prima di prender sonno e presto ne comprese il motivo: le due telefonate alla settimana che egli faceva a Nunzia dalla cabina telefonica a gettoni della stazione ferroviaria di Faenza, non gli bastavano più; mentre gli pesava ogni giorno di più, dopo oltre due mesi, la condizione di forzata castità. Così, alle undici meno un quarto di un venerdì di metà novembre, egli era entrato nella Presidenza e aveva detto al Preside: “Preside, mi dovete dare due o tre giorni di permesso!”. Michele, il Preside nonché suo amico d’infanzia, si era accorto che egli era teso, ma aveva risposto: “Due o tre giorni di permesso? Sei al primo anno, anzi ai primi mesi di servizio e non posso darteli. E poi, scusa, a che ti servono? È morto qualcuno della tua famiglia?”. “No, Preside” - aveva risposto Antonio concitato - “morirò io se non torno a casa subito. Non sono mai stato tanto tempo senza mia moglie, prima d’ora, e non fatemi dire di più!”. “Ho capito!” - aveva risposto il Preside ridendo - “ Succedeva anche a me, nei primi tempi. Poi ho fatto venire su la famiglia. Va bene, per una volta ti voglio accontentare. Prima di partire, però, procurati un certificato

medico per una gastroenterite e portamelo prima di partire. Lunedì mattina, però, dovrai stare davanti al portone alle otto meno un quarto. Se ritarderai di un solo minuto ti licenzio. Siamo intesi?”. “Grazie, sei un vero amico!” - aveva detto Antonio, il quale citando un vecchio proverbio, aveva aggiunto: “Visto che hai fatto trenta, fai trentuno!”. “Che altro vuoi?”. “Dammi il nome del medico al quale posso rivolgermi per ottenere il certificato di malattia!”. Il Preside aveva telefonato al suo medico di famiglia, gli aveva spiegato il motivo della richiesta ed entrambi avevano riso a lungo. Poi aveva dato l’indirizzo ad Antonio il quale, alle dodici e mezza gli aveva consegnato il sospirato pezzo di carta e si era diretto verso la stazione ferroviaria. Aveva fatto il biglietto “di andata e ritorno”, consultato l’orario delle partenze per Foggia e poi era andato a telefonare a Nunzia. Aveva composto il numero del telefono del negozio di Nunzio, in uno stato di crescente esaltazione e quando aveva sentito la parola “Pronto?!”, aveva detto, tutto d’un fiato, quasi gridando: “Nunzia, ascoltami! Arriverò a casa stasera alle otto e non voglio perdere tempo. Chiudi il negozio e corri a casa, manda a letto i bambini e fatti trovare già pronta nel letto. Fino a domenica sera intendo uscire dalla camera da letto solo per la colazione, il pranzo e la cena!”. Poi, non udendo alcuna risposta, aveva aggiunto: “Non dici niente? Non è un bel programma?”. “Il programma è senz’altro ottimo e io personalmente ne sarei più che felice. Ma io non sono Nunzia. Sono Concetta, la vostra vicina! - “aveva risposto la vedova, la quale si era sentita rimescolare tutta dentro nell’udire le parole di Antonio, il quale aveva risposto imbarazzato: “Scusate, signora Concetta, credevo che foste Nunzia. Ma lei dov’è?”. “Nunzia è di sopra, in casa. Sono passata dal negozio all’uscita dalla scuola e lei mi ha pregato di stare qui fino al suo ritorno. È salita per andare a… “ - aveva fatto una pausa. Poi, vinto l’imbarazzo, aveva concluso: “Insomma è indisposta!”. “Ah!” - aveva esclamato Antonio e la delusione traspariva nettamente dal tono della sua voce - “Allora farei un viaggio a vuoto. Forse è meglio rimandare”. “Non dire così! A Nunzia e ai bambini farà piacere rivederti e anche a te farà bene tornare al paese e ti spiego perché. Se, prima di andare a casa tua, passerai dall’uliveto e aprirai il cancello dell’orto, che io lascerò socchiuso come la porticina sul retro, chiudendo poi tutto alle tue spalle, vedrai che non avrai fatto un viaggio a vuoto!”. “Allora parto adesso e farò come hai detto tu. Dì a Nunzia, quando tornerà, che io arriverò domani sera. Per stasera, però, sai già ciò che devi fare, vero?”. “Si,” - aveva risposto lei, bruciante di desiderio e divenuta improvvisamente impudica - “Quando ti sentirò chiudere la porta, mi toglierò la vestaglia e correrò a infilarmi nel letto! Un bacio, ciao!”... Si sentiva felice la “buona vicina”, mentre posava il ricevitore del telefono; felice come non le capitava da molto tempo. Da due anni, cinque mesi e otto giorni, per la precisione.



s’alza una nuvola di vapore: / così è il pranzo dei cafoni. // Con il viso rosso / e le mani dure / anche mio padre si è seduto. // Con gli occhi sofferenti / e con le ossa rotte / pensa: “come mi sono stancato”. Continua la pubblicazione delle composizioni di autori pugliesi, presentate nel “Convegno d’Autunno “dell’A.N.PO.S.DI., svoltosi a Pomezia nell’ottobre 2010. PRIMU AMMORE di Biagio Congedo Telicata è stata la manu toa ca n’carizzao la facce mia… Iou cussì carusu me sentii ulare. N’cignaiu cussì lu primu amore… Inda all’ecchi ndi vardammu, senza che dicimu niente… Cu lu scuernu li musi toi baciai e cittu cittu te dissi. “Te ogghiu bbene!” Quanti anni ane passati de tandu… Ma la manu toa, intra lu sennu, la facce mia n’carizza ancora. PRIMO AMORE Delicata fu la tua mano / che accarezzò il mio viso… / Io così giovane mi sentii volare. / Cominciò così il mio primo amore… / Negli occhi ci guardammo, senza parlare... / Timidamente le tue labbra baciai. / E sussurrando ti dissi: / “Ti voglio bene!” / Quanti anni sono passati da allora… / Ma la tua mano, nel sogno, / il mio viso accarezza ancora! / AUTUNNU di Erminio Giulio Caputo Se scattano le site de risate calandu cu lli dienti de rubbinu nu cùcaru de sule a llu mmasùnu. Gnetta lu ientu capiddi lunghi de sarmiènti all’igna stisa ssarmata susu na manta fràceta de rùggia. An cima a nu ceppune calinutu nu raciuppieddu ca se jundulìscia sunciru ncajuppatu tuttu sucu Me ride e ddice: - e ccuègghime, cce spietti, pizzuliscìame -. Urtimi àceni comu siti duci…

AUTUNNO Scoppiano le melegrane di risate ( mordendo con denti di rubino / uno spicchio di sole al tramonto. / Pettina il vento / lunghi capelli di sarmenti alla vigna / stesa sfinita / su una coperta fradicia di ruggine. / In cima ad un tralcio ignudo / un racimolo che si dondola / schietto turgido succoso / mi ride e dice / - e coglimi, che aspetti, piluccami - / Ultimi acini come siete dolci…/. U PRANZE di Mario Gravina Sott’a nu cile d’èståte na tàvele èje ståte apparecchiåte e li cafone affategåte atturn’a èsse s’ànn’assettåte. Da li pjatte chjine chjine de maccarune èsse na nùvele de fume: quiss’èje u pranze d’i cafune. Che la facce rosse e i mmåne toste pure papà s’èj’ assettåte. Che l’ucchje sicche e li spangedde sfasciåte idde pènze: “quande m’agge stangåte”. IL PRANZO Sotto un cielo d’estate / una tavola è stata imbandita // e i cafoni stanchi / attorno ad essa si sono seduti. // Dai piatti pieni / pieni di pasta /

‘U CELU CRI’GGIU di Giuseppe Greco ‘U celu crìggiu è ccomu ‘e madreperle se vite cchiui te jernu quando ‘u verde te l’àrbuli t’ulie ete cchiu’vverde e cquandu ‘u celu crìggiu se strazza ‘sutta ‘mmare e dduma tanti russi e gialli e rrosa disegna le nuveje vacabbonde nui fuscimu a ssusu ‘ i monti erti cu bbitinu’ i quatri t’u Signore e nne nguacchiamu te luce te tanta luce a lla nchianata. Ma a ttie ci nu tte piace ‘u celu crìggiu pija t’intr’a ttie nu picca te celeste e danni ‘na llappata.

IL CIELO GRIGIO Il cielo grigio ha il colore di una madreperla / si vede di più d’inverno quando il verde / degli alberi d’ulivo è più verde / e quando il cielo grigio / si lacera lontano vicino al mare / e accende tanti rossi e gialli e rosa / disegna le nuvole vagabonde. / Noi andiamo correndo sopra i monti alti / per ammirate i quadri del Signore / e c’imbrattiamo di luce di tanta luce / alla salita. / Ma a te se non piace / il cielo grigio / prendi da dentro di te / un po’ di celeste / e dagli una pennellata.


La festa del Maiale San Daniele o quello di Faeto sono le icone del buon prosciutto, ma alcuni lustri fa, nell’economia agro-familiare di Deliceto, come in tutti i paesi della provincia di Foggia, il maiale occupava una posizione importante per l’utilizzo delle sue carni, sia fresche che conservate. Era l’intera famiglia ad occuparsi della cura del maiale ospitandolo in campagna o nell’aglomerato urbano in un luogo personalizzato “lu juse”. Il maiale veniva acquistato nei mesi di febbraio-marzo per crescerlo fino al periodo natalizio. C’era invece chi lo acquistava quasi adulto nella fiera della festa padronale del 29 agosto di Bovino o quella nostrana del 22 settembre. Un’altra tradizione che ha caratterizzato la collettività delicetana è quella della Confraternita di S. Rocco iniziata nel lontano 1867, meglio conosciuta come “lu porche re sandrocche”. Alcuni fedeli offrivano al Santo, dei maialini lattanti, perché venissero allevati dalla congregazione e poi venduti al maggiore offerente prima della macellazione. I confratelli, purtroppo, non avevano le risorse finanziarie per allevarli, quindi li lasciavano per le vie cittadine, non prima dell’asportazione del lobo dell’orecchio per renderli riconoscibili. I buoni delicetani li mantenevano con un buon pastone al giorno fatto di crusca ammorbidita con l’acqua bollente avanzata dalla cottura di pasta e verdura. E così in autunno inoltrato erano pronti per essere venduti all’asta e il ricavato devoluto alla chiesa di S. Rocco. Purtroppo nel 1952, per motivi igienici, la tradizione fu soppressa. L’alimentazione quotidiana per questo animale era abbastanza strutturata quindi essenzialmente a base di ghiande (re cerze), di crusca (la caniglie) e di avanzi di frutta e verdura. La macellazione avveniva nel mese di dicembre ed era occasione per festeggiare. Parenti e amici erano invitati all’evento, non mancava l’esperto macellaio. Ho scelto alcune delle ricette che la cucina popolare dedica al maiale, in particolare il soffritto di maiale con peperone sotto aceto, che era il piatto principe della serata del maiale. Fagioli con le cotiche Ingredienti per 4 persone: gr. 500 di fagioli cannellini secchi, gr. 200 di cotenne di maiale, gr. 300 di pomodori pelati, gr. 50 di prosciutto crudo; 1 mazzetto di prezzemolo; 1 spicchio d’aglio; 1 cipolla; olio di oliva extravergine; sale e

pepe q.b. Questo è uno dei tanti piatti che la cucina delicetana conserva gelosamente. Mettete in ammollo i fagioli per 12 ore, poi sgocciolateli e lessateli in acqua fredda non salata per 2 ore. Nel frattempo raschiate le cotenne di maiale e lessatele per 15 minuti. Sgocciolatele, tagliatele a listarelle, poi mettetele in acqua pulita, salatele e proseguite la cottura fino a quando non risulteranno tenere. Preparate un trito con il prosciutto, l’aglio e la cipolla sbucciate e lavate. Soffriggetelo in un tegame con l’olio, quindi unite i pelati a pezzetti, sale e pepe e cuocete per 20 minuti. Unite i fagioli sgocciolati e le cotiche con un poco della loro acqua, portare a cottura per 15 minuti ed infine servite. Sfresciedde re puorche che li cuppulune sott'acite (soffritto di maiale con peperoni sotto aceto) Ingredienti per 4 persone: gr. 600 di misto di polmone, fegato, cuore e carne di maiale, 4 peperoni tondi sott'aceto, vino, olio di oliva extravergine, pepe (peperoncino), sale. Lavare con cura il misto di maiale

(polmone, fegato, cuore e carne), asciugarli ed affettarli. In una padella ampia soffriggere in olio di oliva extravergine la cipolla, aggiungendo un po' di vino e quando è sfumato unire il trito di peperoni sott'aceto, aggiungendo un pizzico il sale, poi calare il misto di maiale: mescolare più volte e fare cuocere a fiamma allegra. Appena cucinati, servire. Pizza con le sfregole (céchele) Ingredienti: Kg. 1 di farina, gr. 25 di strutto, gr. 250 di sfregole (céchele), olio di oliva extravergine, sale. Versare sulla spianatoia la farina aperta a fontana, aggiungere l’olio, lo strutto e le sfregole. Impastare fino ad ottenere un composto liscio, elastico e morbido assottigliarlo con il matterello. In una teglia versare l’olio ed estendere la pasta distribuendo le sfrecole, quindi passare al forno (caldo a 180°) lasciando dorare.


Telemarketing, in attesa della Robinson list Dopo oltre sei mesi di attesa, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto istitutivo del Registro delle opposizioni, ma bisognerà attendere ulteriori tre mesi per realizzare l'elenco. La normativa in deroga Ripercorrendo in breve la normativa in materia di telemarketing, si ricorda che il 25/05/10 è cessato di avere effetto il decreto Ronchi (decreto c.d. milleproroghe, d.l. 25/09/09, n. 135), il quale aveva concesso la possibilità di fare telemarketing senza alcuna autorizzazione preventiva dell'abbonato telefonico. Ciò in palese deroga al principio di consenso preventivo ed espresso (c.d. opt-in) del nostro Codice sulla privacy. In quel decreto, però, era stata prevista anche l'introduzione di un Registro per le opposizioni in cui dovranno iscriversi coloro che non vogliono essere disturbati dalle chiamate dei call centre (c.d. opt-out). In un'ottica di rispetto dei tempi legislativi, dunque, alla scadenza di maggio 2010 avrebbero dovuto essere poste le fondamenta per l'istituzione di tale registro da parte del Ministero dello sviluppo economico. In questo modo non si sarebbe creata confusione né incertezza normativa qualora non fosse stato istituito nei tempi. In realtà, il decreto per l’istituzione del Registro delle opposizioni è stato approvato il 9 luglio scorso dal Consiglio dei Ministri, emanato a settem-

bre (Dpr 07/09/10, n. 178), ma pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 2 novembre. Il notevole ritardo comporta il ripristino della normativa del consenso esplicito (opt-in) nel periodo transitorio. Il Registro delle opposizioni Dalla pubblicazione in Gazzetta scatta il conto alla rovescia per istituire il registro. Il Ministero dello sviluppo economico ha trenta giorni di tempo per svolgere e concludere la consultazione dei principali operatori del settore; sessanta giorni per redigere le modalità tecniche e operative di funzionamento e accesso al registro da parte degli operatori; novanta giorni, infine, per rendere tutto attivo e operativo. Dovremo attendere, dunque, ancora entro il 02/02/11 per capire le modalità

di funzionamento di tale registro e, soprattutto, per sapere a quale soggetto dovremo rivolgerci per essere esclusi dalle telefonate indesiderate. Secondo una norma del decreto Ronchi, infatti, il registro verrà istituito da un ente o organismo pubblico, supervisionato dal Garante della privacy, ma di cui ancora non si conosce il nome. Telefonate vietate fino alla partenza della Robinson list A causa di questi slittamenti temporali nell'adozione di normative e, infine, della stessa Robinson list (così chiamano il registro oltralpe), dunque, si ritorna al regime del preventivo consenso. Fino a quando non entrerà in vigore il Registro delle opposizioni, ogni telefonata di marketing potrà essere fatta solo se l'abbonato abbia acconsentito a riceverla “preventivamente”. Operatori scorretti La realtà delle cose, invece, è totalmente diversa. Il telemarketing selvaggio continua quotidianamente, tartassandoci di insistenti e ripetute telefonate a qualunque orario della giornata, con buona pace di Robinson list, decreti, normative da rispettare, e buon senso.


IN SEGNO DI PACE Due colombe bianche ed agili, nel cielo limpido di maggio, volano felici una accanto all’altra, cinguettando e confidandosi sconosciuti segreti; sembrano sorelle, sono amiche, sono portatrici di pace in un paese privo d’amore.

d’oro. A guardia stavano le Esperidi (Egle, Egizia, Aretusa) e un ferocissimo drago. Di giorno il drago mangiava chiunque

si fosse avvicinato all’albero, di notte le Esperidi facevano fluttuare intorno all’albero un vento gelido. Eracle che desiderava quei pomi, addormentò le Esperidi e tagliò la testa al drago. Zeus punì le Esperidi e le trasformò in olmo, pioppo, salice. Rocchina Morgese

È SERA Quando il crepuscolo cede il passo all’incipiente sera, ogni mamma culla e protegge il suo bimbo con amore sconfinato. Ma c’è sempre un bimbo infelice: è la vittima della guerra. Racconto L’OLMO, IL PIOPPO, IL SALICE Per il matrimonio di Era e di Zeus, la dea della terra di nome Gaia, aveva regalato un albero che produceva pomo

Potito Mele (Ascoli Satriano) Lucia D’Agostino (Torino) Vittorio Tumolo (Genova Quarto) Gerardo Attino (Torino) Luigi Carvelli (Torino) Antonia Ardito (Torino) Cosimo Del Ninno (Milano)

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30,00 60,00 30,00 50,00 20,00 30,00 50,00

Antonio Ciarallo (Torino) Giuseppe Simone (Torino) Antonio De Carolis (Orta Nova) Serafina Dedda (Carapelle) Pasquale La Rovere (Milano) Antonio Di Corato (Torino) Elena Tarallo (Torino)

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