faccia da riciclo

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Le scarpe c’era mica tanto da passare uno con l’altro

Ha otto giorni di garanzia Mi hanno regalato un vitello

Una cosa che non mi piace è che ci sono troppi semafori

Ogni tanto mi son buttato nel futuro Ce l’ho fatta a fare altre cose

Se qualcuno ha un tailleur da prestarmi

IO DESIDERO UN AUTOBUS BLU E ALTRE DICIOTTO STORIE CON VENTIDUE FACCE

All’inizio ho giocato per due settimane per i fatti miei

È andata veramente finita, nessuno ci crede più

E poi sai, le polpette, vanno sempre di moda

Ogni due o tre minuti qualcuno ruzzolava giù

FACCIA DA RICICLO

Questo è un birrificio che c’è tanta gente che ci chiede del formaggio

Faccio una potatura Asso di bastoni

faccia da riciclo gruppo fiori

Signora, le devo dire una cosa, dice a loro che non ci spiano?

Era nata in quegli anni la chiamarono Argentina

Ecco, è così è

Entri in macchina e sei di già in un’altra bolla


faccia da riciclo


al nostro paesaggio e alla gente che lo abita

La nostra terra è fatta di persone, relazioni, aziende, istituzioni, famiglie. Un paesaggio condiviso, un profondo senso di appartenenza, una comunità. I nostri progetti nascono da questo senso di appartenenza e sono destinati a questa comunità. Essi si nutrono di ciò che ci sta accanto, di ciò che più ci sta a cuore, come le storie delle persone raccolte in questi libro, il restauro della chiesa di San Francesco del Confortino, i racconti raccolti tra i nostri rottami…

3 Faccia da riciclo


RRRRR

Riciclo, riuso, rivalorizzazione, ricordo, radici... Sono atteggiamenti, attitudini radicati nella nostra cultura aziendale. Eppure stentano ad essere riconosciute, sommerse spesso da consumi e ritmi serrati. Queste “voci” raccolte e registrate durante il mese di agosto del 2010 dagli ex allievi della Scuola media inferiore di scrittura emiliana nei pressi del nostro stabilimento, vogliono essere le testimonianze sonore di come nelle nostre vite l’idea del riciclo, in senso lato, sia praticata costantemente. L’augurio è che da queste testimonianze, dove il riciclo vive nei sogni, nei desideri, nelle idee, nella memoria, possa trasferirsi ai nostri comportamenti materiali. Chiara, Federica, Tamara


Faccia da riciclo Ideazione Chialab e Gruppo Fiori

Stampato su Revive, carta riciclata al 100%. Certificati RAL UZ-14 Blue Angel

Direzione artistica Chialab

APM National Association N of Paper Merchants

Progetto grafico e impaginazione Beppe Chia e Alex Weste Chialab

EMAS, ISO 14001 EU environmental management certification scheme

Testi Ex allievi della Scuola Media Inferiore di Scrittura Emiliana Paolo Nori Fotografie Lorenzo Grandi Grazie a Valentina Clò, Alessandro Masetti, Silvia Volta, validissimi scout e conoscitori del territorio, e a Simona Brighetti per il coordinamento Fotografie backstage Emilian teasers Ufficio stampa Mariagrazia Canu © 2010 Gruppo Fiori Prima edizione ottobre 2010 © gli autori per i testi © gli artisti per le opere www.gruppofiori.it www.chialab.it www.paolonori.it www.imaria.com

Ecolabel

FACCIA DA RICICLO


IO DESIDERO UN AUTOBUS BLU E ALTRE DICIOTTO STORIE CON VENTIDUE FACCE

9 Faccia da riciclo


M

Era nata in quegli anni la chiamarono Argentina

i chiamo Argentina che è il nome di una mia parente che morì molto giovane. In Argentina emigravano tanti italiani all’inizio del secolo scorso e lei che era nata in quegli anni la chiamarono Argentina. Mia madre era sarta e faceva dei bellissimi vestiti anche per sé per andare a ballare che uno di questi vestiti lo ha adattato per mia figlia per una recita scolastica. Mettevano in scena la Gioconda la storia del quadro di Leonardo e mia figlia era la protagonista e mia mamma le ha adattato quel vestito che era di taffettà nero leggerissimo che allora era molto pregiato e lo teneva in una valigia, quel suo vestito da ballo, e lo tirò fuori per mia figlia che era la Gioconda, la protagonista. Poi da quella valigia tirò fuori altri abiti per le compagne di classe e adattò i suoi vecchi vestiti da ballo per quello spettacolo. C’erano anche cappelli, in quella valigia, e le sue camice da notte di seta o chiffon e tutte lavorate a mano e quando mia madre andava all’opera io e mia sorella ce le mettevamo che erano così belle. ((( Voce di Argentina Tabaroni raccolta alla gelateria di Ponte Ronca

11 Faccia da riciclo


Se qualcuno ha un tailleur da prestarmi

S

abato ore 12.00 (a Dio piacendo) intervisterò la sig.ra Lidia proprietaria (con le sorelle) di Villa Nicolaj. Se qualcuno ha un tailleur da prestarmi, per l’occasione batta un colpo, perché credo che il tailleur sia il minimo che dovrei indossare in questa occasione. Che io, l’ultimo tailleur estivo che ho posseduto in vita mia, era quello blu per il giorno della laurea e dopo l’ho lasciato al negozio di vintage di un’amica di Cervia, che poi ha chiuso e chissà se lo aveva venduto oppure se anche lui, con altri stracci è stato resuscitato in forma di carta, è diventato libro e ora qualcuno di noi ce l’ha sul comodino e se lo sfoglia prima di andare a letto. ((( Mail di Elisabetta Cani

13 Faccia da riciclo


I

o prima son venuto qua per studiare ingegneria meccanica, solo che era un po’ faticoso andare avanti tra studi e impegni di lavoro, purtroppo non ce l’ho fatta. Ce l’ho fatta a fare altre cose. Ho messo su una pizzeria. ((( Voce di George Solaman, con la moglie Susan, raccolta nella pizzeria di Calcara

Ce l’ho fatta a fare altre cose

15 Faccia da riciclo


Ecco, è così è

C

ome ci si vestiva? Cioè si usava un paio di pantaloni, un paio di calze, ma lo si usava fino alle estreme conseguenze e quando anche arrivavano le estreme conseguenze si cercava di usarlo di nuovo. Io vengo da un periodo che si mettevano le pezze nel sedere ai pantaloni, adesso si rompono per potere esibirsi e fare da moda. Ecco, è così è.

((( Voce di Giampaolo Brighetti, fermato per strada a Crespellano mentre usciva dalla macchina in un quartiere appena vicino al centro, ma lui è di Muffa

17 Faccia da riciclo


Entri in macchina e sei di già in un’altra bolla

Q

uando sono subentrata io, pensavo di eliminare il basso casalingo, quello che normalmente si utilizza tutti i giorni, poi mi sono resa conto che durante la giornata le persone che mi vengono a trovare, che hanno bisogno, sono quelle che hanno bisogno tutti i giorni, non sono quelle che devono fare dei regali o comprarsi cose particolari tutti i giorni e una persona, quando ha bisogno di riferirsi ai negozi piuttosto che alla grande distribuzione, succede che oltre al coperchio o alla pentola che ha comperato si porta a casa anche qualcos’altro, che è il rapporto che ha con le persone ed è questo che adesso si cerca, che è una campagna che bisognerebbe fare con maggiore pressione, perché uno da un supermercato si porta a casa le tante cose che ha comperato ma non ha nient’altro. Ha solo quello che ha comprato mentre invece facendo due passi in centro e nei negozi si porta a casa dei rapporti, che sono quelli che fanno la quotidianità che noi siamo sempre rinchiusi nelle nostre bolle e anche entrando in un negozio, tu vai un po’ a rompere questa bolla che quando esci di casa e entri in macchina e sei di già in un’altra bolla, lì puoi fare di tutto, anche le corna a quello che ti sorpassa, noi invece, dei negozi piccoli siamo anche un po’ psicologi e un po’ confidenti e la gente ci racconta dei fatti e poi si raccomanda di non dire niente a nessuno e in ogni caso questa campagna che si potrebbe fare è difficile perché siamo tanti e ciascuno ha la sua opinione. ((( Voce di Daniela Grandi raccolta nel negozio Interno casa di Bazzano

19 Faccia da riciclo


Ha otto giorni di garanzia

E

finito di tagliare i capelli, ai clienti gli dico: ÂŤE si ricordi che ha otto giorni di garanziaÂť.

((( Voce di Renzo Zanetti raccolta nel suo negozio di barbiere di Crespellano

21 Faccia da riciclo


P Una cosa che non mi piace è che ci sono troppi semafori

oi ho deciso di cambiare proprio aria, avevo degli amici a Bologna e ho scelto Bologna a caso, senza vederla mai son venuto qui proprio con il fagotto dietro alle spalle, cioè poi insomma sono rimasto contento e ora abito a Bologna in via Zanardi e, vabbé che rispetto alla mia città qui si sta bene, mi manca il mare che è una pecca incredibile questa del mare ma si sta, cioè, rispetto alla mia città si sta più tranquilli e questo mi piace anche se c’è una cosa che non mi piace è che ci sono troppi semafori, anche a Napoli ci sono solo che lì non me ne sono mai accorto. Cioè come città è un po’ troppo rigida, insomma, è molto più tranquilla, che a Napoli che c’è un caos primordiale e questo mi piace di più, cioè Napoli è più bella come città, diciamo che è un paradiso abitato da demoni una citazione ho fatto. A Napoli abitavo al centro tra i quartieri spagnoli e piazza Plebiscito proprio al centro e ho ancora tutti i parenti che là torno a natale e in estate che all’inizio tornavo più spesso adesso meno. Che proprio ieri li ho chiamati e mi hanno detto che stanno per prendere il colera, con questa storia dei rifiuti che è vera che è un problema che non so bene chi e cosa, mala amministrazione, mafie, e quando gli racconto che lavoro in una ditta che fa riciclo è meglio che non glielo dico sennò alcuni mi portano i sacchetti anche se poi alcuni nemmeno lo sanno. ((( Voce di Mario Iaquinta, operaio presso lo stabilimento Gruppo Fiori, a Crespellano

23 Faccia da riciclo


C

ome nel femminile allora succedeva nel maschile, tutti quanti con una bella pettinata, che è diventata démodé adesso. Una volta invece c’era un’educazione per la cura contro la caduta che è andata veramente finita, nessuno ci crede più. Adesso quello che ha pochi capelli si rade, prende un macchinino lui e se lo fa in famiglia. Prima si faceva il riporto, si cercava di coprirsi. ((( Voce di Giancarlo Soli raccolta mentre lavorava nel suo negozio di Bazzano

È andata veramente finita, nessuno ci crede più

25 Faccia da riciclo


E poi sai, le polpette, vanno sempre di moda

E

poi sai, le polpette, vanno sempre di moda, noi ci abbiamo un tegame dove ce ne stanno dentro 198, il tegame da 198 polpette è la mia soddisfazione, perché chi cucina è mio marito e io e mia figlia facciamo i dolci, però le polpette… ((( Voce di Elide Tedeschi raccolta nel suo negozio di alimentari, rosticceria e ristorante di Pragatto

27 Faccia da riciclo


N

ove fratelli, siamo rimasti in tre. Io ero il quarto. Le scarpe c’era mica tanto da passare uno con l’altro. Quando si aveva un paio, un paio per l’inverno e d’estate senza sandali anche. Sotto i piedi veniva una cotica, sotto i piedi. ((( Voce di Ilario De Maria raccolta su una panchina a Crespellano

Le scarpe c’era mica tanto da passare uno con l’altro

29 Faccia da riciclo


Ogni due o tre minuti qualcuno ruzzolava giù

M

i ricordo di una cosa che mi ha colpito molto, quando abbiamo fatto la gara della bicicletta spider, dei triciclo, le chiamavamo le Spider, ognuno si organizzava per suo conto e siamo riusciti a racimolare, negli 800 metri qua della piazza circostante, più di 4000 persone, una domenica, che abbiamo fatto una gara tra locali, tutta gente del paese, tra contrade, ognuno aveva fatto la sua bicicletta, rimescolando delle varie cose aveva creato il suo modellino, e ritrovarsi in un paese, in un pomeriggio con 4-5000 persone in 800 metri che percorrevano questa via, saltavano fino in fondo dal tabaccaio, che ha fatto una tribuna che la chiamavano la tribuna del tabaccaio, che c’era tutto da ridere perché ogni due o tre minuti qualcuno ruzzolava giù, giù dalle balle, che era tutto ricoperto di balle di fieno, poi arrivavano qua che c’erano i box e ognuno faceva i suoi cambi e poi ripartivano perché erano tutte squadre, ecco, era bello. ((( Voce di Carlo, proprietario del Bar l’Angolo di Bazzano

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All’inizio ho giocato per due settimane per i fatti miei

V

ai al fiume, prendi l’albero che è caduto, taglialo, corri in officina, torniscilo, fai il manico, metti il manico, prepara gli archetti. Facciamo tutto noi, acquistato niente! Il golf è bello, ma è molto aristocratico, molto snob e costoso. Il croquet è una cosa molto più divertente, più piacevole, più popolare. All’inizio ho giocato per due settimane per i fatti miei, poi sono arrivati i bambini. I bambini sono un po’ titubanti, ma la curiosità è tale e tanta che mi hanno preso gli strumenti, hanno giocato un sacco, e alla fine gliel’ho dovuti regalare. Poi qualche nonno che accompagnava i bambini si è interessato, incoraggiato dal nipote ha impugnato la mazza e ha provato. Qualcun altro si è fatto coraggio e ha vinto la vergogna. Ora siamo una decina. Crescenta, mortadella, una bottiglia di vino e la mattinata l’hai spesa benissimo. ((( Voce di Claudio Generali di Crespellano

33 Faccia da riciclo


I

o ho una tenuta agricola, però non so fare l’agricoltore. Se io devo andare a potare non son capace, che ogni tanto mi metto a potare degli alberi faccio una potatura Asso di bastoni come dice mia moglie, che far l’agricoltore non si impara così velocemente, l’agricoltura è lunga e difficile, che io provo adesso una cosa, lo so alla fine del 2011, se è andata bene, non è una catena di montaggio che lo vedo subito. ((( Voce di Vittorio Meriggiani, proprietario di Villa Muratori Guerrini (Meriggiani) a Calcara

Faccio una potatura Asso di bastoni

35 Faccia da riciclo


A

me piace tornare al passato, a me piace vedere le macchine di una volta, le 500 le 600 le multiple di una volta, e ogni tanto mi son buttato nel futuro, fra cinquanta o cent’anni, e pensare alle macchine di adesso come saranno fra cent’anni, come saranno che adesso son già d’epoca, come saranno fra cent’anni che han dieci anni adesso, figuriamoci fra cent’anni come sarà. ((( Voce di Marco Trevisan raccolta alla gelateria di Ponte Ronca

Ogni tanto mi son buttato nel futuro

37 Faccia da riciclo


Signora, le devo dire una cosa, dice a loro che non ci spiano?

I

o desidero un autobus soltanto che mio padre non me lo compra, non ce l’ho. Ce l’hai te? In Tunisia mio padre mi aveva comprato un autobus era tutto blu ma mia cugina voleva giocarci quindi l’ha preso e l’ha schiantato in terra, era piccola aveva due anni. Io ne desidero due perché così regalo un autobus a mio fratello e un autobus lo tengo io e ci gioco. Ma giochiamo a nascondino? Signora, le devo dire una cosa, dice a loro che non ci spiano? ((( Voci di Karen, Rasim, Kevin e Mortada raccolte in un giardinetto di Crespellano

39 Faccia da riciclo


Q

uesto è un birrificio che c’è tanta gente che ci chiede del formaggio. Gente che arriva guarda il banco frigo e fa: «Che formaggi avete?». Oppure gente che si ferma e dalla macchina dice: «È qui che vendete il formaggio?». Perché, sotto gestioni diverse, questo posto è stato un caseificio per quarant’anni, per intenderci. ((( Voci di Filippo Bitelli e Cristian Teglia raccolte al birrificio artigianale Statale 9 di Crespellano

Questo è un birrificio che c’è tanta gente che ci chiede del formaggio

41 Faccia da riciclo


H

o 17 anni e vado a scuola a Castelfranco Emilia e mi hanno regalato un vitello, l’anno scorso per il mio compleanno il 30 giugno. Il vitello si chiama Margherita è una femmina, quando era piccola dopo che mangiava dormiva, invece adesso che è diventata grande dorme un po’ al pomeriggio e alla sera; fino a che era piccola era abbastanza calma poi adesso nel diventare grande un po’… se bisogna tirarla fuori dalla stalla scalcia fa un po’ di salti ma poi si tranquillizza subito. ((( Voce di Andrea Gaibari di Calcara raccolta alla gelateria di Ponte Ronca

Mi hanno regalato un vitello

43 Faccia da riciclo


S

Se lo lasciavamo stare si faceva tutto il giro a dar dei bacini

cusa, ma sai perché rido? Mi vien da ridere perché stavo ripensando a mio figlio, quand’era più piccolino, quando se ne è andata la nonna, allora siam venuti qui e gli ho detto «Dai dado, dai un bacino alla nonna». Poi noi ci siam girati un attimo, io e mia moglie, a parlare coi parenti e niente, ci rigiriamo e lui era lì che baciava tutti i tombini, dava dei bacini a tutte le tombe, t’immagini? Ho detto «No, ma dado, ma è solo questa la nonna, lascia stare gli altri tombini!». Ma lui sai, era piccolino piccolino, lui se lo lasciavamo stare si faceva tutto il giro a dar dei bacini. ((( Voce di Cristian Forlani raccolta al cimitero di Casalecchio

45 Faccia da riciclo


G

li elmetti, gli elmetti sulla Linea Gotica, ah, me lo ricordo benissimo, i miei, i miei zii, che stavano su a Grizzana Morandi, a Tudiano, lassù, per il bere delle oche e delle galline, avevano tutti gli elmetti degli inglesi, degli americani, dei tedeschi anche. Io ero ragazzino e mi ricordo che andavamo a giocare e in ogni pollaio tu vedevi questi elmetti che li usavano per dar da bere alle galline. Con gli elmetti ci han fatto anche i tegami la gente, ci facevan le pentole perché l’acciaio degli elmetti era buono un po’ per tutto. Oh, ma non c’era mica niente dopo la guerra! Pensa te, mia madre era una sarta, no?, allora quando tiravano i bengala che facevano la caccia ai partigiani, tiravano i bengala e i paracadute dei bengala erano di seta bianca. Loro, pensa mo che paura che avevano, correvano dietro ai bengala per andare a raccogliere il paracadute per riusar la seta. Oh pensa mo che paura, gli correvano dietro ai bengala, che in teoria i bengala servivano per stanare la gente, dici uno scappa, invece loro gli correvano dietro loro per andargli a prendere per la seta. ((( Voce di Antonio Carlotti raccolta all’Osteria del Pignotto di Zola Predosa

Che in teoria i bengala servivano per stanare la gente

47 Faccia da riciclo


COME È SUCCESSO CHE È STATO SCRITTO QUELLO CHE È SCRITTO IN QUESTO CATALOGO

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uest’anno, la redazione della parte scritta del catalogo del gruppo Fiori per Ecomondo è stata affidata agli ex allievi della scuola media inferiore di scrittura emiliana. La scuola media inferiore di scrittura emiliana è un’emanazione della scuola elementare di scrittura emiliana; è il grado successivo, e ultimo, di un corso di scrittura che si chiama così, Scuola elementare di scrittura emiliana, e che è cominciato cinque anni fa, nel 2005, a Reggio Emilia, quando i maestri erano tre, Daniele Benati, Ugo Cornia e io, che mi chiamo Paolo Nori. Dal 2008 il corso si è trasferito a Bologna e siamo passati, in ottemperanza alle direttive impartite dal ministero attualmente retto da una signora che si chiama Gelmini, al maestro unico, che sono poi sempre io. La scuola elementare di scrittura emiliana è, dicevamo, una scuola di scrittura, ma una scuola un po’ particolare, che insegna, in un certo senso, a scrivere male, cioè a non scrivere in modo scolastico e a non cercare per forza, come materia per la costruzione delle proprie frasi, un italiano alto. Per spiegarci, un esempio della prima cosa che si insegna a non fare è dato dalla prima traduzione del romanzo

dell’americano Bret Easton Ellis American Psycho. In questo romanzo di Ellis, nella prima pagina, compare tre volte la parola Bus, che significa, come sappiamo, Autobus. Nella prima traduzione italiana di American Psycho il traduttore aveva tradotto il primo bus con Autobus, il secondo con Corriera, il terzo con Torpedone. Allora, se questa cosa, usare dei sinonimi per evitare le ripetizioni, in un contesto scolastico ha forse senso, perché può servire all’insegnante a capire qual è il bagaglio lessicale dell’allievo, in un contesto letterario diventa ridicola. Nel caso specifico, ho raccontato l’altro giorno di questa traduzione a un mio conoscente, il quale mi ha detto che se lui leggesse, in un romanzo, la parola Torpedone gli verrebbe da chiedersi «È successo qualcosa?». Non è successo niente, è lo stesso autobus di prima. Un esempio della seconda cosa che si insegna a non fare viene dall’esperienza di traduttore di Daniele Benati. Daniele Benati è di Reggio Emilia, e è uno scrittore e un traduttore, ha tradotto Joyce, Flann O’Brian, Tony Kafferky, Ring Lardner e una volta gli è venuta voglia di tradurre un racconto di Beckett, solo che ci ha provato e non ci riusciva, perché la lingua di Beckett

era infinitamente più veloce dell’italiano che riusciva a mettere in piedi lui. Dopo qualche mese, gli è venuto in mente di tradurlo in dialetto reggiano, quel racconto, e l’ha tradotto e quella traduzione l’ha anche letta in pubblico e io ero lì a sentirla e era bellissimo, Beckett in dialetto reggiano, sembrava un testo scritto proprio in dialetto reggiano e l’inizio, di quel racconto, in inglese suonava così: I was feeling awful, e Daniele lì l’aveva tradotto così: A stèv mel, cioè: Stavo male. Ecco, c’era un traduttore italiano, che aveva tradotto quel racconto lì in italiano prima del mio amico Daniele Benati, che quell’inizio lì, I was feeling awful, l’aveva tradotto così: Avevo una tarantola di inquietudini in petto. Io quando ho sentito questa storia mi sono chiesto Chissà cosa avrà pensato, quel traduttore lì. Secondo me deve aver pensato: Beckett gli han dato il nobel, non può scrivere Stavo male. Stavo male siam capaci tutti di scriverlo. Beckett gli han dato anche il Nobel. Non può scrivere una cosa del genere. Ha preso anche il nobel. Be’, molto brevemente, secondo noi, della scuola elementare di scrittura emiliana, uno che prende il nobel, cioè uno bravo a scrivere, secondo noi è bravo perché quando un personaggio sta male scrive, semplicemente, stavo male,

non ha bisogno di inventarsi delle metafore che sono anche belle, Avevo una tarantola di inquietudini in petto, in un tema in classe farebbero la gioia della professoressa d’italiano, ma dentro un racconto sono una specie di sfoggio non richiesto della propria perizia, una specie di esibizione, e se poi è un racconto tradotto, e se l’originale è I was feeling awful, è anche un discreto marone di traduzione, bisogna dire, come se ci fosse bisogno di elevare Beckett, di alzarlo al livello dei nostri temi d’italiano, Cosa vuoi alzare, vien da pensare, a Beckett gli han dato anche il Nobel, prova a abbassarti te, al suo livello, se hai il coraggio e se sei capace, prova a andare in giro nudo, e si potrebbe andare avanti con le invettive ma usciremmo dal carattere di necessità di questo scritto che serve solo a spiegare come sono state scritte le cose che avete probabilmente appena letto. Quindi, riassumendo, alla scuola elementare di scrittura emiliana, si insegna prevalentemente a provare a misurarsi con una lingua concreta, con la lingua che sentiamo parlare tutti i giorni intorno a noi e che, per questioni legate alla storia della lingua italiana che qui sarebbe troppo lungo trattare, difficilmente trovano ospitalità nei testi letterari. Conseguenza di questo

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approccio, se così si può dire, è che chi scrive si deve indirizzare per forza verso un italiano regionale, dal momento che un unico italiano parlato (non scritto, parlato), non lo parla nessuno, lo insegnano solo nelle scuole di dizione, anche i fiorentini, parlano in un modo che non è il modo in cui si dovrebbe parlare, si pensa la gorgia toscana, quel modo stranissimo che hanno di aspirare le c, che non è un modo italiano, è un modo toscano: l’italiano italiano, l’italiano doc, quello approvato dai glottologi, quello dove si dice giuoco e non gioco, quello dove pésca e pèsca sono due cose diverse, quello dove si dice perché, con la e chiusa, quello dove si seguono tutte le regole dettate non dall’uso, ma dalle grammatiche, cioè quello dove si parla così non perché è cosi che si parla, ma perché è così che si dovrebbe parlare, lo parleranno in Italia, due o tremila persone, gli altri parlano in una lingua che risente del luogo in cui viene parlata, dei dialetti, dei sostrati particolari di quel posto lì, e che differisce, spesso, dalla lingua che si parla nel paese a cinque chilometri di distanza, ma che resta, nella maggior parte dei casi, una lingua comprensibile a tutti e carica di un’espressività che con l’italiano italiano è molto difficile ottenere. Per quello allora la scuola

si chiama emiliana, non perché si debba scrivere in emiliano (ci sono state anche scuole di scrittura emiliana all’estero, in Sardegna, per esempio), ma per sottolineare il fatto che a chi partecipa a questa scuola sarà chiesto di lavorare su una lingua concreta, regionale, anche grossolana, una lingua dove i personaggi difficilmente dicono Cribbio o Poffarbacco, e più facilmente dicono Per la Madonna, o Zio campanaro, o una qualsiasi delle infinite esclamazioni che vengon dal cuore che si sentono o si sentivano in giro fino a pochi anni fa. Credo, allora, che sia facile capire come mai, quando Simona Brighetti ha proposto loro di lavorare a un catalogo di Chialab per il gruppo Fiori, un catalogo sul tema del riuso e del riciclo composto, per la parte scritta, da sbobinature di abitanti della zona di Bazzano, Crespellano e dintorni, credo sia facile capire, dicevo, il motivo per il quale molti degli ex studenti della scuola media inferiore di scrittura emiliana hanno accettato l’invito e hanno raccolto, nei primi quindici giorni del mese agosto dell’anno 2010, più di cinquanta testimonianze, pari, come volume, a un centinaio di cartelle, la lunghezza di un romanzo. Tutto questo materiale è stato scelto e trattato secondo i

seguenti, opinabilissimi criteri, il principale responsabile dei quali è l’estensore della presente memoria: – Si sono alternate le storie che parlano strettamente di riciclo e di riuso con quelle che ne parlano in senso lato. – Si sono privilegiate le storie brevi, contando in qualche caso sul fatto che l’abbinamento alla foto le completi. – Si sono scelte quasi tutte voci tenui, che parlano piano, a bassa voce, non si sa bene perché. – Si è cercato, attraverso l’uso della punteggiatura, che non c’è, nei suoni che emettiamo, di riprodurre il più fedelmente possibile l’intonazione del parlante, senza considerare, anche nel caso della punteggiatura, le regole scolastiche. – Si sono conservate le inesattezze, gli anacoluti, i solecismi, le consecutio non ortodosse e qualsiasi tipo di infrazione alla norma. – Si è cercato, in sintesi, di riprodurre delle voci, e si è arrivati a degli scritti che andrebbero forse letti più con le orecchie, che con gli occhi, così gli occhi si riposano e li si può usare per guardare le fotografie.

Paolo Nori Bologna, 25 agosto 2010

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Gli ex allievi della scuola media inferiore di scrittura emiliana che hanno lavorato alla raccolta, alla sbobinatura, al montaggio e alla revisione delle voci per questo catalogo sono: Enrico Bergamini Andrea Bergonzini Luca Borri Simona Brighetti Elisabetta Cani Francesca Cerioli Giovanni Civa Matteo Martignoni Isabella Pedrazzi Maria Luisa Pozzi Simone Salomoni Camilla Tomassoni Silvia Torlone Paolo Zerbinati Luca Zirondoli

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Finito di stampare nel mese di ottobre del 2010 a Bentivoglio, Bologna presso le Grafiche dell’Artiere


Le scarpe c’era mica tanto da passare uno con l’altro

Ha otto giorni di garanzia Mi hanno regalato un vitello

Una cosa che non mi piace è che ci sono troppi semafori

Ogni tanto mi son buttato nel futuro Ce l’ho fatta a fare altre cose

Se qualcuno ha un tailleur da prestarmi

IO DESIDERO UN AUTOBUS BLU E ALTRE DICIOTTO STORIE CON VENTIDUE FACCE

All’inizio ho giocato per due settimane per i fatti miei

È andata veramente finita, nessuno ci crede più

E poi sai, le polpette, vanno sempre di moda

Ogni due o tre minuti qualcuno ruzzolava giù

FACCIA DA RICICLO

Questo è un birrificio che c’è tanta gente che ci chiede del formaggio

Faccio una potatura Asso di bastoni

faccia da riciclo gruppo fiori

Signora, le devo dire una cosa, dice a loro che non ci spiano?

Era nata in quegli anni la chiamarono Argentina

Ecco, è così è

Entri in macchina e sei di già in un’altra bolla


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