Materia Prima - La Ruota della Vita

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Questa narrazione dal sapore fiabesco veniva proposta ai giovani della tribù che avrebbero, a breve, preso parte al rito di iniziazione al mondo adulto. Il rito consisteva nella scelta di una guida, una persona della tribù, l’ascesa ad un colle o una montagna, la solitudine per tre giorni, e la scelta di percorrere le quattro direzioni (Nord, Sud, Est e Ovest), in un viaggio concreto che portava però all’acquisizione delle virtù fondamentali per i Nativi, a cui avrebbe fatto seguito l’attribuzione del nuovo nome ad opera degli anziani, della nuova identità, a fronte della lettura simbolica degli eventi della natura che si sarebbero manifestati in quel momento. È un viaggio dell’Anima psicosomatico, quello del protagonista che stiamo per conoscere. Nella sua storia possiamo provare a cogliere, oltre al valore simbolico sottile dei diversi personaggi che pregnano questa storia, l’eco della filogenesi in essa celata. Proprio il recupero della storia evolutiva implicita nel copro, se indagata coscientemente, recuperata, e riconnessa, può aprire ad ulteriori comprensioni che possono essere evolutive per la coscienza dell’anima che indaga attivamente, spinta dal fuoco della ricerca interiore, l’Analogia Vitale. Con questo sguardo ho provato a mettermi in ascolto di questo viaggio, portando alcune ipotesi e tessendo alcuni embrionari legami analogici che troverete solo inerenti alla prima parte della storia. Ho scelto infatti di provare a gettare un ponte di riflessioni possibili e di rispettare il linguaggio e lo scorrere di questa narrazione, affinché ciascuno possa, se lo vorrà, aprirsi ad ulteriori indagini e

nel contempo godere della bellezza di questo Viaggio dell’Anima. C’era una volta un Topo. Era un Topo sempre affaccendato, che cercava dappertutto, toccava l’erba con i baffi e teneva gli occhi bene aperti. Naturalmente aveva da fare, come tutti i topi hanno da fare. Ma di tanto in tanto sentiva un suono strano: allora alzava la testa, strizzava gli occhi per vedere meglio, con i baffi in aria e si chiedeva che cosa potesse essere. Un giorno corse da un altro Topo e gli chiese: “Hai sentito una specie di rombo nelle orecchie, Fratello?” “No, no”, rispose l’altro Topo, senza neppure alzare il suo naso affaccendato da terra. “Non ho sentito niente. Ma ora ho da fare. Ne par-

Stefania Pelfini, La Waziya, Fuoco, 2020


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