Materia Prima - Memoria e Oblio

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rimossi perché le strutture neurofisiologiche che sottendono la possibilità di rimuovere qualcosa non sono complete, quindi non posso essere funzionalmente attive. Le esperienze affettive e relazionali del bambino prima dei due anni sarebbero registrate in un inconscio “non rimosso”, andando a costituire la cosiddetta “memoria implicita”. È interessante notare che l’età dei due anni è quella in cui compare il linguaggio: la memoria implicita sarebbe quindi di natura “pre-verbale”, non codificata per mezzo del linguaggio. Gli eventi non sarebbero quindi legati alla “rappresentazione di parola”. Secondo Mancia sarebbero questi i ricordi più intimamente legati all’identità profonda della persona, al suo nucleo inconscio, sebbene non siano esprimibili verbalmente in quanto registrati in un modo non-verbale. La memoria implicita produce i suoi effetti, silenziosamente, guidando le scelte, gli affetti, i pensieri della persona. Quanto il soggetto sperimenta nei primi due anni di vita non può essere reso cosciente allo stesso modo dei contenuti rimossi, semplicemente perché la coscienza è legata ad un fattore verbale, che è assente nei contenuti della memoria implicita. L’individuo, d’altra parte, nei primi anni della sua vita entra in contatto non particolarmente con contenuti verbali, ma con una modalità di relazione, un ambiente, un’“estetica primaria”2. Secondo Bollas, “Il bambino non assume solo i contenuti ma anche la forma della comunicazione materna… L’interiorizzazione della forma della madre (la sua estetica) è precedente all’interiorizzazione dei suoi messaggi verbali. La madre trasmette la sua estetica col suo stile di essere col bambino – nutrirlo, cambiarlo, cullarlo, carezzarlo, tenerlo e giocare con lui”. Prima delle parole ci sono i gesti. Quello che viene incorporato sono innanzitutto informazioni di natura non verbale, forme di esperienze e non contenuti, gesti e non parole. Bollas riconosce in queste esperienze il nucleo attorno a cui si forma la personalità adulta, in modo simile a quanto riconosce Mancia rispetto all’inconscio non rimosso3.

Nella relazione analitica il modo di vivere il setting da parte del paziente riflette il suo vissuto dell’estetica primaria. Il tono della voce dell’analista può essere, in certi momenti, più importante delle parole che usa. Il suono della voce richiamerebbe infatti quello della propria madre nelle interazioni precoci di cura. Nella memoria implicita sono conservate le tracce pre-simboliche, come una sorta di “estetica primaria”, piuttosto che come un testo scritto. La memoria implicita fornirebbe, in altre parole, l’accordo di base dell’identità, prima di ogni suo contenuto. Sul piano psicologico la memoria implicita possiamo vederla legata agli “stati d’animo”, i quali “non derivano solo dalle rappresentazioni interne degli oggetti esterni, ma spesso rappresentano gli stati mentali del passato, il modo in cui una persona si vedeva nel passato”4. In questo modo la memoria implicita condiziona fortemente il presente, più ancora della memoria episodica, sebbene ne siamo meno consci. I “ricordi” dei primi due anni, attualizzandosi e concretizzandosi nella forma di precisi “stati d’animo”, costruiscono l’ambiente interno in cui vivere le esperienze e in generale il senso della propria identità. “Gli stati d’animo”, secondo la formulazione di Bollas, “sono complessi stati del Sé che possono costruire un ambiente mnestico in cui l’individuo rivive e ricrea vecchie esperienze e stati dell’essere infantili”5. Questi stati del Sé danno origine a “sensazioni di identità”: conservano il senso del Sé del bambino o il suo senso di essere piuttosto che la comprensione di questo essere. Nella memoria implicita è conservata non la rappresentazione dell’esperienza, ma l’esperienza stessa, riflessa in uno stato d’animo che non è un contenuto psichico ma il contenitore di tutti i contenuti psichici. Bollas è chiaro a questo proposito quando definisce l’oggetto conservativo come C. Bollas, L’ombra dell’oggetto, Borla, p. 48 Bollas analogamente definisce l’esperienza non rimossa come il “conosciuto non pensato”. 4 R. Greenson, 1954, cit. in Bollas, op cit. 5 C. Bollas, op.cit., p. 110. 2 3


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