Il mercato della moda in Giappone

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G. Massimo Lupis IL MERCATO DELLA MODA IN GIAPPONE

Rapporto realizzato per ICE – Istituto nazionale per il Commercio Estero Gennaio, 2004 “SERVING CLIENTS WHO CHALLENGE THE WORLD”


INDICE

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Sintesi della ricerca

11 INTRODUZIONE 11 Prima dell'ingresso nel mercato: valutazioni di scenario 14 Tra vecchie logiche e nuove tendenze: tre casi di successo 16 Un prodotto che va bene in Giappone andrĂ bene in Asia SEZIONE A 19 IL MERCATO GIAPPONESE DELL'ABBIGLIAMENTO 20 20 20 21 24 26 26 30 32 33 34 36 37 40 41 42 46 47 48

La distribuzione Scenario delle tendenze nella distribuzione per le marche estere La crisi dei canali commerciali tradizionali L'abbandono del kata della distribuzione Nuovi segnali e nuove tendenze nella distribuzione Tipologie distributive, aziende rappresentative, modelli distributivi per le PMI italiane I grandi magazzini Strategie innovative nel mondo dei grandi magazzini: il caso Mitsukoshi La formula 'shop-in-shop': il caso Marina Rinaldi Una nuova tendenza ormai consolidata per il dettaglio di gran marca: il megastore Dettaglio indipendente, catene, select shops Un fenomeno in netta crescita: le SPA La SPA che ha scosso il mercato giapponese: il caso Uniqlo FOM, una formula vincente per la distribuzione dell'abbigliamento di importazione? FOM: il caso Yokohama Bayside Marina Marketing diretto: tante formule sotto uno stesso termine Comprare moda su internet Le vendite televisive I cataloghi postali: il caso Belluna 2 Il Mercato della Moda in Giappone


51 Lo scenario competitivo 51 Marche internazionali e nazionali: punti di forza e di debolezza, minacce ed opportunità 52 Competizione tra aziende: quanto pesa l'immagine del paese di origine? 55 Punti di debolezza e minacce per la moda di importazione 59 Dimensioni e quote nel mercato dell'import: la posizione dell'Italia 60 Strade e strategie commerciali delle marche estere di moda presenti sul mercato giapponese 60 Zara, il successo è nell'innovazione di sistema 64 Strategia dello sviluppo in franchising: il caso Benetton 67 Itochu, la tradizione si rinnova per gestire i marchi ad alto contenuto-moda SEZIONE B 71 TENDENZE DEL CONSUMO E DELLA MODA 72 Mercati di consumo 72 Criteri e metodi per la segmentazione dei consumatori giapponesi: segmenti leader e segmenti passivi nel consumo di moda 74 Innovatori e conservatori, tradizionalisti ed individualisti, e molto di più: la segmentazione dei consumatori secondo Itochu Fashion System 77 La segmentazione dei consumatori di moda secondo JMR Science 79 Un segmento tipicamente giapponese: gli Oyaji 83 Il segmento delle O.L. 84 I single parassitari 84 La terza età: tre segmenti in uno 88 88 89 92 96 98 111 124 137 150

Sei segmenti-obiettivo per la moda italiana Criteri-guida Il sogno della moda ed il segno del denaro I valori nella moda Il backstage dell'acquisto di moda I ventenni I trentenni I giovani quarantenni ed i quarantenni maturi I cinquantenni I sessantenni

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163 Tendenze nel consumo di prodotti-moda 163 I prodotti di importazione: valori, percezioni, comportamento e scelte d’acquisto 166 Fattori critici nella comparazione tra prodotti nazionali ed esteri 168 Dove si acquista la moda di importazione 170 Temi moda, colori, materiali, funzioni d'uso 173 Stagionalità delle vendite SEZIONE C 176 STRATEGIE DI ACCESSO AL MERCATO E POLITICHE DI CONSOLIDAMENTO 177 178 180 182 184 186

Mappe-obiettivo I ventenni I trentenni I quarantenni I cinquantenni I sessantenni

188 189 191 193 194 196 198 199

Strategie distributive Strategia della presenza diretta I costi della presenza diretta Strategia dell'alleanza di canale Il rapporto con agenti ed importatori Strategia del licensing Strategie miste Strategie dei paesi produttori a basso costo del lavoro: il caso del Vietnam

201 201 203 203 207

Il sistema degli affari in Giappone Dal prezzo FOB al prezzo in vetrina: una tormentata e lunga catena del valore Come evitare di cadere nelle trappole piĂš pericolose per le aziende italiane Gestire gli errori per non perdere i clienti Meglio saperlo prima

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210 210 212 212 213 215 215 215 216 217 220 222 222 226 226 227

Marketing Posizionamento della moda italiana in Giappone: l'immagine-paese Raccomandazioni sulle politiche di prodotto e di prezzo Assicurare un vasto assortimento di taglie Il prezzo al dettaglio nel vissuto dei consumatori Temi di riflessione sul marketing Dalla percezione del valore del prodotto alla percezione del valore dell'esperienza L'influenza dei testimonial L'ascolto della voce delle clienti: il CRM secondo Wacoal Nuove tecniche di marketing per una vecchia filosofia: il kaizen applicato al CRM La forza del servizio alla clientela I costi del marketing I media della moda ed il loro costo ModalitĂ economiche ed efficaci per costruire visibilitĂ di marca Il fattore kodawari Micromarketing

SEZIONE D 230 TRATTARE CON SUCCESSO CON LE IMPRESE GIAPPONESI 231 Dall'A alla Z, un primo abbecedario di orientamento alla gestione di buoni rapporti d'affari in Giappone

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SINTESI DELLA RICERCA

Scenario La ricerca è stata realizzata nel corso dell'ultimo trimestre del 2003. Le fasi desk, mirate alla selezione, alla collazione ed all’analisi dell’evidenza statistico-documentale disponibile (fonti giapponesi ed internazionali) sono state condotte in parallelo presso la sede di Bari e presso l'ufficio di Tokyo. La ricerca sul campo si è articolata in una serie di interviste a testimoni privilegiati del settore ed in un'indagine motivazionale condotta in quattro città (Sapporo, Tokyo, Osaka e Kitakyushu) su di un campione di 329 consumatori di tutte le fasce di età, attraverso la somministrazione di questionari strutturati a risposte chiuse. Il coordinamento generale in Giappone è stato curato da Asayo Takazawa, supervisore delle attività della sede di Tokyo. Il rapporto di ricerca si articola in una introduzione ed in quattro sezioni. Introduzione Si articola in tre temi: - Prima dell'ingresso nel mercato: valutazioni di scenario I media tendono oggi a fornire del mercato giapponese un'immagine negativa, tale da scoraggiare le imprese italiane a sviluppare le esportazioni in Giappone. Nel capitolo sono riportate opinioni dirette di protagonisti italiani e giapponesi che invitano ad abbandonare le rappresentazioni sommarie e di taglio impressionistico, presentando la ricchezza di opportunità che offre il mercato. - Tra vecchie logiche e nuove tendenze: tre casi di successo Il capitolo presenta tre strutture di grande rilievo nel settore della moda in Giappone. Un'azienda spagnola, una italiana ed una giapponese sono le protagoniste dei tre casi, 6 Il Mercato della Moda in Giappone


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tanto eterogenei quanto emblematici, che vengono successivamente sviluppati nel corso della ricerca. Un prodotto che va bene in Giappone andrà bene in Asia Il Giappone, già di per sé mercato più che remunerativo degli sforzi aziendali necessari per l'accesso ed il radicamento, è la testa di ponte per operazioni che possono estendersi a tutti i grandi mercati di consumo del Pacifico occidentale. Il capitolo argomenta questo scenario, con il supporto dell'evidenza documentale riveniente da una recentissima indagine internazionale condotta sui consumatori di 11 metropoli negli 8 grandi mercati dell'Estremo Oriente.

Sezione A - Il mercato giapponese dell'abbigliamento Si articola in due grandi temi. 1. La distribuzione: sono illustrate le dinamiche che caratterizzano attualmente la catena distributiva della moda; una particolare attenzione viene dedicata alla tipologia dei protagonisti sul fronte del dettaglio ed alle innovazioni in atto. 2. Lo scenario competitivo: con particolare attenzione alla competizione internazionale ed alla posizione ed al ruolo del made in Italy, propone anche lo sviluppo dei tre casi aziendali presentati nell'introduzione. Dinamiche in atto nella distribuzione I 'canali lunghi' tradizionali sono in crisi, i ruoli intermedi sono spesso cortocircuitati; le vecchie 'regole del gioco' della distribuzione saltano l'una dopo l'altra. Il capitolo rappresenta i fenomeni in atto con testimonianze eterogenee ma singolarmente assonanti: un'imprenditrice, due accademici, un saggista. Tipologie e protagonisti della distribuzione - I grandi magazzini, baluardo del dettaglio di fascia alta: il rapporto sintetizza punti di forza ed aree d'ombra della formula che costituisce un mito nella distribuzione della moda in Giappone, con un approfondimento sul caso Mitsukoshi. - Il megastore, una tendenza ormai consolidata per il dettaglio di gran marca. - Dettaglio indipendente, catene e select shops: i perturbatori del fronte del dettaglio. - La rivoluzione nella moda casual: il fenomeno delle SPA (Specialty store retailers of Private label Apparel). Il caso Uniqlo, la SPA che ha spianato la pista. - La formula dei FOM (Factory Outlet Mall) si consolida in tutto l'arcipelago, all'insegna della diffusione di marche note a prezzi ragionevoli. Un esempio: il caso Yokohama Bayside Marina. 7 Il Mercato della Moda in Giappone


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I dieci canali del marketing diretto sono in fase di sviluppo: ottimi risultati per le vendite su internet e le vendite televisive. Anche i più tradizionali cataloghi postali confermano la loro tradizionale posizione di forza tra i canali non-store: il caso Belluna.

La competizione tra paesi produttori: prodotti giapponesi e di importazione Il capitolo analizza alcuni aspetti della competizione tra prodotti nazionali e di importazione, proponendo un'analisi qualitativa di punti di forza e di debolezza dell'immagine dei principali paesi che competono nel comparto della moda in Giappone, per presentare infine la posizione dell'Italia attraverso recenti dati quantitativi. Le strategie delle marche estere di moda presenti sul mercato giapponese Il rapporto presenta tre diverse opzioni strategiche, fortemente caratterizzate dalla centralità del peso della distribuzione sull'intero business aziendale: 1. La reinterpretazione di tempi, processi e canali che crea margini e profitti: il caso Zara. 2. I produttori esteri si integrano a valle nella commercializzazione al dettaglio; il caso Benetton. 3. I vecchi protagonisti dell'intermediazione reinventano il loro ruolo rafforzando la collaborazione con i grandi marchi internazionali per riaffermare la loro potenza commerciale. Il caso Itochu. Sezione B - Tendenze del consumo e della moda Il capitolo dedicato ai mercati di consumo affronta, in ruolo centrale, il tema della segmentazione del mercato giapponese, allo scopo di fornire strumenti operativi per il marketing delle aziende italiane interessata a valutare il mercato. Nella prima parte del capitolo si descrivono alcune tecniche utilizzate per la segmentazione del mercato. Vengono innanzi tutto presentate due ipotesi 'firmate': la prima è di Itochu Fashion System, e propone una segmentazione molto specificamente 'giapponese', ed inoltre particolarmente suggestiva ed efficace. La seconda è proposta dall'istituto JMR Science, e propone interessanti cluster generati da un'indagine sul campo. Al di là dei due casi strutturati, la ricerca propone altri segmenti molto utili da considerare: le O.L. (Office Lady), i cosiddetti 'single parassitari' (i giovani che scelgono di non abbandonare la casa dei genitori) e la terza età, analizzata sotto diverse sfaccettature. Successivamente vengono individuati e proposti sei segmenti-obiettivo per la moda italiana. Ciascun segmento-obiettivo, corrispondente ad una fascia di età, viene 8 Il Mercato della Moda in Giappone


approfondito in tre sezioni di analisi, ciascuna delle quali focalizza l'attenzione su uno specifico tema del comportamento di consumo: 1. il sogno della moda ed il segno del denaro, che affronta gli aspetti del livello di attenzione alla moda, della spesa reale, del vissuto emotivo della spesa, della propensione repressa all'acquisto; 2. i valori nella moda, che affronta nove diversi temi: gli aspetti del valore dell'immagine del paese produttore, dell'immagine dei grandi magazzini e dei negozi despecializzati, per quindi misurare e comparare la percezione di affidabilità dei tre principali canali non-store (televisione, internet, cataloghi postali), analizzare il fenomeno dei due principali fattori di rassicurazione del consumatore di moda (il prezzo e la marca, definiti gli ansiolitici del processo d'acquisto); e rilevare, infine, il valore della marca attraverso un sondaggio sulla popolarità di dieci insegne molto note in Giappone; 3. il backstage dell'acquisto di moda, che studia sia il sistema degli influenzatori che incidono nella scelta d'acquisto del consumatore, sia il sistema degli accompagnatori che interagiscono con il consumatore durante lo shopping. Il paragrafo successivo approfondisce alcune tendenze nel consumo di moda, soffermandosi su diversi aspetti legati a valori, percezioni, comportamento e scelte d'acquisto. Viene approfondito sotto diverse angolazioni il sistema di comparazione dei consumatori tra prodotti-moda di origine nazionale e di importazione; sono identificati i canali di approvvigionamento preferiti per i prodotti-moda di importazione, ed sono proposti i risultati di un'attualissima ricerca sul peso specifico di sette diverse variabili (componente-moda, materiali, stile e colore, prezzo, origine, funzionalità e marca) nel meccanismo di scelta del consumatore, arrivando a rilevare la 'formula' che incide nella scelta finale in funzione non soltanto del sesso dell'acquirente, ma anche delle diverse tipologie di prodotto). La sezione si chiude con una rilevazione sulla stagionalità degli acquisti, analizzata in funzione di quattro settori-moda (donna, uomo, bambino e calzature/accessori) e su intervalli cronologici a base mensile. Sezione C - Strategie di accesso al mercato e politiche di consolidamento La sezione si apre con una serie di sintetiche 'mappe-obiettivo', organizzate secondo le fasce di età dei segmenti-obiettivo già identificati, che illustrano per ciascuna fascia le tipologie di dettaglio preferite per gli acquisti e le fonti di informazione sulla moda più spesso utilizzate; suddividendo l'analisi tra moda formale e casual, per ciascuna fascia vengono rilevati gli aspetti critici del meccanismo di valutazione e la loro incidenza percentuale. 9 Il Mercato della Moda in Giappone


Il capitolo successivo è dedicato alle strategie distributive. Vengono identificate le tre strategie di presenza commerciale più diffuse in Giappone tra le aziende di moda estere: la strategia della presenza diretta, la strategia dell'alleanza di canale, la strategia del licensing, e le strategie miste; il capitolo è corredato da opinioni dirette di testimoni privilegiati del settore. Segue un capitolo più focalizzato sull'operatività: una paragrafo sulla catena del valore del prodotto moda precede l'analisi delle trappole più pericolose per le aziende italiane. Al marketing è dedicato l'ultimo capitolo della sezione: il primo paragrafo affronta il tema del posizionamento di immagine della moda italiana, mentre quello che segue propone due raccomandazioni sulle politiche di prezzo e di prodotto, arricchite da esempi e brevi casi. Il terzo paragrafo è più articolato, in quanto propone cinque temi di riflessione sul marketing della moda in Giappone. Anche in questo caso, i temi sono collegati a dinamiche e casi del mercato giapponese, e forniscono spunti di riflessione che potranno essere di particolare utilità alle imprese interessate all'accesso a questo mercato ed alla elaborazione della loro specifica strategia di marketing. A concludere il capitolo segue un paragrafo 'di servizio' che presenta una rassegna dei media a stampa più utili per la pianificazione di campagne, con le indicazioni sui segmenti-obiettivo, sulla tiratura e sui costi pubblicitari, ed un paragrafo finale che illustra due temi esemplificativi di come si possa 'vestire' il proprio sistema d'offerta per metterlo in condizione di guadagnare visibilità a basso costo nel mercato giapponese. Sezione D – Trattare con successo con le imprese giapponesi La sezione conclusiva della ricerca presenta una serie di riflessioni in merito a venticinque temi critici che si sono mostrati utili a evitare errori, risparmiare denaro, risolvere situazioni difficili: in breve, suggerimenti pratici su come trattare con successo con le imprese giapponesi. I temi sono presentati secondo una scansione alfabetica: ordinati dalla A alla Z, possono fornire anche a chi non sia interessato ad operare direttamente nel mercato una veloce ricognizione delle più rilevanti aree di frizione nei rapporti economici provocate dal profondo sistema di diversità tra la cultura ed il carattere latino ed il complesso sistema sociale e culturale giapponese.

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INTRODUZIONE

Prima dell'ingresso nel mercato: valutazioni di scenario Nell'autunno del 2002 Yves Carcelle, amministratore di Louis Vuitton, ha dichiarato: "Da una decina d'anni gli economisti continuano a parlare della condizione a rischio dell'economia giapponese. Ma va fatta una distinzione tra i giapponesi ed il loro sistema bancario. I giapponesi hanno soldi, il loro sistema bancario no. E mentre passano gli anni e ci si continua a chiedere se e quando ci sarà un crollo dell'economia giapponese, io vedo i giapponesi acquistare sempre più prodotti firmati Vuitton." Vista da lontano, ed attraverso le chiavi di lettura dei rapporti macroeconomici, l'economia giapponese è certo lontana dai risultati univocamente positivi che aveva sperimentato in anni nemmeno così tanto lontani da oggi. Osservando dall'Italia, più nello specifico, il mondo della distribuzione, l'amplificazione data dai mezzi di comunicazione ai clamorosi fallimenti di diversi protagonisti del settore ha indotto molti osservatori a leggere con preoccupazione il futuro dell'economia giapponese, mentre gli operatori economici che negli ultimi anni si erano affacciati alla valutazione di ipotesi di accesso nel mercato giapponese non hanno potuto nascondere un certo raffreddamento dei loro entusiasmi. In sintonia con le opinioni di Carcelle, e dunque tutt'altro che pessimista sullo scenario giapponese, è Luciano Benetton, uno dei protagonisti della presenza della moda italiana in Giappone. "Questo paese non affonda, questo è certo. Un paese che denuncia un surplus commerciale di mille miliardi di yen in un mese (febbraio 2003, 20% in più rispetto

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all'anno precedente) non è a rischio. Lo sono alcuni settori. Banche ed imprese edili. Ma è in corso una seria ristrutturazione. Lenta, ma efficace1." Non è negabile che il basso livello di vitalità della dinamica dei consumi giapponesi sia anche legato all'oggettiva difficoltà di spingere alla spesa un consumatore alle prese con il senso di disagio che deriva dalla costante esposizione ad uno scenario orientato al pessimismo: i mezzi d'informazione sembrano non parlare d'altro che della difficile situazione dell'economia del Giappone. In un Paese che dal dopoguerra ha vissuto decenni di opulenza, e che vive uno scenario di recessione con poca familiarità ed evidente disagio, il consumatore è spinto istintivamente a mettere in atto comportamenti d'acquisto orientati alla prudenza ed al risparmio, piuttosto che allo sviluppo di investimenti ed alla pratica di acquisti d'impulso; e si pensi a quanto diversa, invece, sia la condizione del consumatore italiano, abituato da decenni a convivere con scenari economici spesso dichiarati al limite del collasso, e che ciò nonostante continua a gestire spese sia basilari che superflue, anche in condizioni di disponibilità finanziarie spesso drammaticamente lontane da quelle della famiglia Tanaka, rappresentazione idealtipica della famiglia media giapponese. È questo, infatti, un dato che tende a sfuggire all'analisi dell'imprenditore italiano, che oggi tende spesso a manifestare un certo scetticismo rispetto all'eventualità di investire nello sviluppo del mercato giapponese. Ma la famiglia Tanaka dispone di un livello di giacenza sul conto in banca – un risparmio, dunque, liquido e disponibile - pari in media a circa 14 milioni di yen (oltre 100.000 euro); questa cifra arriva addirittura a raddoppiare nei nuclei familiari in cui il capofamiglia ha superato i 65 anni di età2. Buona parte dei problemi che incontra il sistema di offerta giapponese sembra nascere dalla difficoltà che i protagonisti dell'offerta trovano nel convincere i consumatori a spendere i propri risparmi, non certo nella loro mancanza di liquidità. Questo scenario è ben noto a Roberto Pelo, direttore della sede ICE di Tokyo, che con la forza dell'evidenza di fatti e cifre interpreta con lucidità i dati-chiave necessari ad una corretta interpretazione della situazione dell'economia giapponese. "Il Giappone è e rimarrà almeno per 15-20 anni la seconda economia del mondo per quanto riguarda il PIL, e tra i primi per reddito pro capite. Considerando la media degli ultimi tre anni, il PIL giapponese è stato di circa 5.000 miliardi di dollari, ed il reddito pro capite di 35.000 dollari; se si vuol fare un raffronto veloce, basta considerare che per il PIL si tratta di una cifra pari alla somma di quelli di Italia, Francia e Regno Unito messi insieme (dollaro più, Intervistato da Pio d'Emilia per Viste, periodico della Camera di Commercio Italiana in Giappone, maggio/giugno 2003. 2 Fonte: Management and Coordination Agency, Tokyo, rapporti annuali. 1

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dollaro meno), ma con 50 milioni di abitanti in meno. E per quel che riguarda il reddito pro capite, quello giapponese è superiore a quello italiano di circa il 70%. Ed ancora: il Giappone detiene lo stock di risparmio pro capite più alto al mondo: una massa monetaria inattiva e dormiente, in attesa di tempi migliori (ed in questo, forse, c'è tutta la componente 'psicologica' della stagnazione)."3 Ma la crisi nel mercato giapponese può anche, ed in buona parte, essere dunque dovuta all'incapacità di rinnovamento del sistema d'offerta e delle formule commerciali? In piena armonia con questa chiave interpretativa, solo apparentemente paradossale, appare Midori Tani, dirigente del Ministero giapponese dell'Economia, del Commercio e dell'Industria 4. Incontrando recentemente un gruppo di economisti 5 ha ribadito il concetto dell'alto livello delle giacenze sui conti bancari delle famiglie, cercando di interpretare i motivi per cui i giapponesi tendano a risparmiare ed a spendere meno, frenando così lo sviluppo dell'economia. "Ritengo che ci siano almeno due motivi per cui abbiamo enormi giacenze in risparmi bancari. Il primo è dovuto al fatto che i giapponesi hanno già tutto quello di cui hanno bisogno. Su questo punto, c'è poco da fare. Se non si acquista perché si dispone già di tutto quel che serve per la vita di ogni giorno, allora bisogna riuscire a vendere cose nuove di cui ancora non si dispone. Ci sono due strade per vendere cose nuove alla gente. La prima è quella di investire nella politica di sviluppo del prodotto. Questa è un'area in cui il nostro Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Industria ha lavorato molto, e comunque non è un campo in cui i risultati si possano vedere dall'oggi al domani. L'altra strada è quella dell'importazione. Il mondo è vasto. Non c'è dubbio che esistano da qualche parte del mondo dei prodotti che siano importabili e che facciano esclamare ai nostri consumatori giapponesi: "che carino!" oppure: "davvero utile!" e spingerli a spendere i loro risparmi." Di certo, nessuno potrà mai affermare che in Giappone nulla sia cambiato, e che i comportamenti della signora Tanaka, incaricata della spesa quotidiana per conto della sua famiglia, non si siano modificati nel corso degli ultimi anni, e certamente non nella direzione di una spesa più impulsiva ed 'allegra'. Ma l'affermazione del presidente di Louis Vuitton, che vede le signore giapponesi continuare a spendere per acquistare le sue costosissime borse, non rappresenta soltanto una battuta legata al mondo dei consumatori di prodotti di lusso; la frequentazione dei centri commerciali, delle strade dello shopping, Roberto Pelo, in Viste, periodico della Camera di Commercio Italiana in Giappone, settembre/ottobre 2003. 4 METI - Ministry of Economy, Trade and Industry. 5 Midori Tani, dall'indirizzo di saluto alla tavola rotonda "Costruzione di una nuova strategia di gestione dei canali distributivi in stile giapponese", Import Distribution Symposium 2002, MIPRO – The Japan Machinery Federation, Tokyo, ottobre 2002. 3

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dei negozi a catena, continua a mostrare segni evidenti di disponibilità e propensione alla spesa. E se talvolta questi segnali possono rimanere al livello del window shopping, della contemplazione dei prodotti in mostra nelle vetrine, la responsabilità non va automaticamente ed esclusivamente ricercata nella prudenza dei consumatori. È questa l'opinione di Yoshihiro Tajima - presidente dell'Istituto Giapponese di Economia della Distribuzione e docente alla Università Gakushuin – che, con serafica semplicità, ribadisce a suo modo il punto di vista della signora Tani del Ministero dell'Economia, e lancia un chiaro segnale, che è anche un invito ad agire, agli imprenditori esteri. "Insomma, si dice che il consumatore giapponese non spenda più come una volta. Ma ha ancora denaro da spendere per le cose che gli piacciano davvero. Prendiamo il caso dei biglietti teatrali per la lirica. In Giappone, novembre e dicembre sono i mesi destinati alle stagioni liriche, ed il biglietto non costa mai meno di 50 o 60 mila yen (tra 400 e 500 euro), e di solito all'opera ci si va in coppia. E perché si spendono tutti questi soldi? In cambio del piacere dell'ascolto di buona musica e di buoni cantanti. Questo tipo di consumatori non cerca soddisfazioni nei beni materiali, ma in emozioni, come nel caso della musica. I dettaglianti giapponesi possono anche dispiacersi del fatto che il consumatore giapponese non voglia spendere; in realtà, continua perfettamente a spendere per ciò che gli procura buone emozioni. E sono certo che gli operatori stranieri del dettaglio sapranno come muoversi6."

Tra vecchie logiche e nuove tendenze: tre casi di successo Tra i tanti casi di successo che si sono susseguiti nel mercato giapponese della moda si è scelto di presentare in questo rapporto un approfondimento di tre tipologie molto diverse, e idealtipicamente rappresentative di schemi operativi appartenenti a logiche e livelli molto eterogenei della distribuzione del prodotto-moda, ma comunque tutti disponibili ad essere riproposti, rimodulati o semplicemente utilizzati dalle imprese italiane che si accingono ad entrare nel mercato giapponese della moda. Il primo caso – Zara – racconta una storia legata al comparto casual di fascia media. Appare particolarmente interessante per le imprese italiane, sia perché propone soluzioni Yoshihiro Tajima, presidente dell'Istituto Giapponese di Economia della Distribuzione e docente all'Università Gakushuin, in "Politiche della distribuzione e promozione del consumo in Giappone", intervento al convegno "Scenario e prospettive della distribuzione estera in Giappone", Import Distribution Symposium 2000, MIPRO, Tokyo, 2000. 6

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di management che presentano un ottimo livello di integrazione con le nuove esigenze del mercato giapponese, sia perché la formula imprenditoriale dell'azienda galiziana interpreta con molta vivacità le caratteristiche vincenti di flessibilità e creatività commerciale di molte piccole e medie imprese italiane. Il secondo caso è italiano, e presenta una sintesi delle scelte strategiche generali di Benetton, viste attraverso la testimonianza di chi le ha riproposte ed adattate per affermare la presenza dell'azienda nel mercato giapponese. Il terzo caso – Itochu – intende riproporre il modello della shosha, la versione nipponica della trading company, che ha dominato il mondo della moda, ed in generale del commercio giapponese, nel corso dell'intero ventesimo secolo. Nel nuovo mondo della distribuzione, in cui si affianca il canale lungo – dei grossisti – con i canali più corti ed innovativi, come nel modo di operare delle SPA7, le shosha si muovono lungo il primo dei due canali. "Il ruolo della shosha è fondamentale per il funzionamento del mercato, ma agisce molto poco spesso alle luci della ribalta: è un ruolo molto simile a quello del kuroko8. Nella nostra cultura c'è un teatro di burattini di grandi dimensioni, animati dai kuroko, uomini vestiti di nero. I kuroko sono visibili in scena, e non si può fare a meno della loro presenza, altrimenti lo spettacolo non si potrebbe rappresentare; ma per convenzione – essendo vestiti di nero – gli spettatori li devono considerare invisibili. Anche nel teatro kabuki accade qualcosa di simile: se entra in scena un tecnico vestito di nero, il suo ruolo è indispensabile perché lo spettacolo possa continuare, ma gli spettatori devono far finta di non notarlo." Questa efficace metafora, raccontata da un dirigente di Tomen 9, tratteggia con inconsueta arguzia e capacità di sintesi il profilo della shosha. È fuori di dubbio che la shosha non è immune da limiti dimensionali, legati all'elefantiasi di cui hanno sofferto, ed in parte continuano a soffrire, molti grandi nomi che hanno scritto la storia del commercio giapponese; patisce acciacchi legati all'età, che può variare da cinquant'anni a qualche secolo di vita; subisce gli attacchi quotidiani di strutture innovative e snelle, che erodono spazi di mercato grazie alla loro piccola dimensione e conseguente grande agilità, ad approfittando delle trasformazioni dello scenario di mercato.

Acronimo per "Specialty store retailers of Private label Apparel": imprese di commercio al dettaglio che commissionano all'esterno la produzione delle proprie collezioni. 8 Kuro in giapponese significa nero. 9 Takashi Kondo, dirigente del settore abbigliamento di Tomen. 7

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Eppure, nonostante tutto, le shosha continuano a rappresentare un caposaldo del sistema distributivo giapponese. Senza l'attività delle kuroko-shosha - burattinai invisibili del commercio all'ingrosso giapponese, centenari ma infaticabili - l'economia rischierebbe un blocco totale. Per l'imprenditore italiano interessato a questo mercato è indispensabile non ignorarne la potenza commerciale, le scelte strategiche e le logiche operative. I tre casi sin qui introdotti sono illustrati in dettaglio all'interno della Sezione A di questo rapporto.

Un prodotto che va bene in Giappone andrà bene in Asia Non è un segreto, è un dato di fatto: il Giappone è il paese-guida in Estremo Oriente per quel che riguarda le tendenze di consumo. La cultura giapponese è dominante su tutti i fronti, anche se questo fenomeno riguarda in maniera pressoché esclusiva le generazioni più giovani, quelle che non hanno vissuto neanche indirettamente le esperienze di guerra. Ma ormai le storie di guerra non si raccontano più da molti anni, e nessun fattore di inquinamento – o tanto meno di disturbo – frena il nuovo colonialismo giapponese, fortunatamente sospinto da incruente strategie di marketing piuttosto che da bellicose strategie militari. Alcuni dati possono aiutare ad inquadrare il fenomeno in maniera oggettiva, di là dalle suggestioni di taglio impressionistico. Nel corso del 2003 una delle principali aziende giapponesi del comparto della pubblicità e delle ricerche di mercato 10 ha condotto un'indagine internazionale tra i consumatori di undici metropoli di otto grandi paesi dell'area asiatica, escludendo il Giappone. Agli intervistati è stato chiesta un'opinione in merito all'immagine comparata dei prodotti di origine giapponese, europea, americana e coreana (i principali paesi produttori dei beni di consumo d'importazione presenti sui mercati asiatici). I risultati, che sono riportati nella tabella che segue, hanno del sorprendente. L'immagine del made in Japan è inconfutabilmente egemone in tutte le aree di mercato, e sbaraglia quella dei produttori europei o nordamericani anche in campi che, per un occidentale, possono apparire difficili da accettare. Ad esempio, rispetto alla domanda relativa a quale Si tratta di Hakuhodo: Hakuhodo Global Habit Survey, 2003, riportata in 2003 JETRO White Paper on International Trade and Foreign Direct Investment, JETRO, 2003. 10

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sia il paese da cui provengono prodotti 'alla moda', i consumatori di tutti i mercati asiatici, senza alcuna eccezione, concordano nell'attribuire unanimemente al Giappone la prima posizione in classifica. E la medesima inattaccabile unanimità mostrano i consumatori asiatici nell'indicare quale sia il paese da cui provengano i prodotti che attribuiscono maggior prestigio a chi li usa o li indossa: anche in questo caso, come ormai prevedibile, la risposta è "Giappone". L'interpretazione della tabella, che fornisce anche altri interessanti spunti di riflessione, è comunque univoca: il Giappone è il paese trend setter dell'area dell'Estremo Oriente. Un'area, quella dell'Estremo Oriente, che sul fronte della domanda mostra, per altro, costanti segnali di crescita. Nell'ultimo decennio il livello dei consumi privati è cresciuto in Cina da 194 miliardi di dollari USA (1991) ai 582 miliardi del 2002. La Cina, per altro, continua ad accrescere la sua quota di paese 'grande compratore' nell'insieme dei paesi dell'Asia orientale, passando dal 27,5% del 1991 al 39,9% del 2002. Nel corso del decennio si è progressivamente sviluppato e consolidato in Estremo Oriente un ceto medio, particolarmente presente nelle aree metropolitane della costa orientale della Cina, che può disporre di redditi relativamente alti e capacità di consumo; si tratta di una classe sociale costituita da dirigenti e quadri intermedi che lavorano per aziende straniere (nordamericane, europee, giapponesi) nei settori della finanza, dell'alta tecnologia, della tecnologia dell'informazione, oltre che da imprenditori e liberi professionisti – avvocati, medici, commercialisti. Dall'India alla Cina, dall'Indonesia alla Thailandia, miliardi di consumatori si ispirano quotidianamente a quel che consuma il Giappone, e – quando ne abbiano la possibilità, sia in termini di disponibilità dell'offerta, sia in termini di disponibilità di reddito - ne emulano scelte e tendenze attraverso il rituale degli acquisti. In questo scenario, gli imprenditori giapponesi, consapevoli del potere economico dell'alta immagine del paese, continuano incessantemente a pianificare lo sviluppo commerciale in Asia orientale, vista sempre più come mercato di consumo, dopo il consolidamento del ruolo di fornitrice di manodopera a basso prezzo. E per chi ritenga ancora che le trading company giapponesi siano ormai destinate a progressivamente scomparire dalla scena economica, basti osservare la coerenza strategica di alcune dei più recenti mosse di Itochu. I marchi Castelbajac, Renoma e Greenclubs sono mirati specificamente allo sviluppo del mercato cinese; il marchio Cimarron è una testa di ponte già lanciata in Corea ed a Hong Kong, all'interno dei grandi magazzini Sogo.

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divertente

Prodotti giapponesi

Singapore Taipei (Taiwan) Seoul (Corea del Sud) Kuala Lumpur (Malesia) Bangkok (Thailandia) Jakarta (Indonesia) Shanghai, Pechino, Canton (Cina) Delhi, Bombay (India)

56,0 53,0 38,6 76,9 50,4 73,7 51,9 62,7

48,9 43,0 34,6 57,9 45,0 51,5 30,1 45,6

24,1 27,5 25,4 58,7 33,6 34,4 21,3 37,5

32,1 32,5 30,6 60,7 41,1 54,4 27,9 42,0

37,3 34,4 26,6 55,0 33,4 24,5 23,4 29,4

38,1 29,6 28,9 42,4 31,3 22,6 27,1 32,4

42,2 44,4 37,3 37,6 19,6 18,0 31,6 33,9

37,5 23,3 21,8 57,4 16,6 37,8 29,5 28,1

32,0 16,5 17,5 44,8 26,4 27,6 8,4 30,7

Prodotti USA

Singapore Taipei (Taiwan) Seoul (Corea del Sud) Kuala Lumpur (Malesia) Bangkok (Thailandia) Jakarta (Indonesia) Shanghai, Pechino, Canton (Cina) Delhi, Bombay (India)

26,6 27,1 21,4 53,3 56,6 33,0 34,8 49,1

23,7 26,3 25,4 45,0 32,9 51,2 24,0 45,6

14,4 21,9 22,4 35,1 19,3 17,4 18,6 35,1

27,4 33,5 32,0 49,0 41,9 33,4 30,4 41,2

19,1 26,4 24,9 32,0 23,4 19,3 19,9 22,3

22,1 20,6 23,8 17,6 22,6 16,4 20,9 23,9

46,5 19,5 30,6 60,3 60,3 45,6 44,5 42,4

23,7 21,0 18,6 31,4 23,9 14,5 23,5 22,9

10,1 11,5 11,0 18,2 9,8 11,8 6,7 24,2

Singapore Taipei (Taiwan) Seoul (Corea del Sud) Kuala Lumpur (Malesia) Bangkok (Thailandia) Jakarta (Indonesia) Shanghai, Pechino, Canton (Cina) Delhi, Bombay (India)

30,4 29,1 19,4 43,4 46,3 37,6 30,5 33,4

19,5 28,9 20,8 34,5 28,9 46,7 26,1 30,6

13,0 17,5 18,4 29,7 16,4 18,7 17,1 26,1

24,5 28,4 24,4 37,4 36,6 33,0 25,1 26,0

19,9 21,8 22,1 24,6 19,1 23,0 17,3 19,4

20,3 19,5 23,8 12,0 20,3 19,9 20,9 18,1

51,5 30,0 27,3 48,1 58,6 45,8 40,9 24,2

25,2 14,0 18,9 24,4 20,3 17,2 18,1 13,3

10,3 9,8 9,5 11,6 8,0 11,0 5,4 16,0

Singapore 10,1 18,7 32,3 7,9 12,4 11,8 11,4 Taipei (Taiwan) 5,5 15,6 29,1 8,9 9,6 14,4 5,4 Seoul (Corea del Sud) 29,8 27,3 43,6 22,1 24,4 25,0 21,8 Kuala Lumpur (Malesia) 28,3 27,9 37,2 26,6 18,6 12,4 17,8 Bangkok (Thailandia) 14,0 19,5 15,4 20,0 16,0 17,4 8,4 Jakarta (Indonesia) 36,3 33,0 39,0 31,9 28,8 17,4 21,8 Shanghai, Pechino, Canton (Cina) 17,3 25,4 25,1 12,9 24,4 21,9 19,7 Delhi, Bombay (India) 24,1 24,0 20,6 18,6 18,8 14,8 15,2 Indagine basata su interviste realizzate nelle cittĂ citate. Risposte multiple. La percentuale indica le scelte indicate per ciascuna categoria. Fonte: Hakuhodo Global Habit Survey, Hakukodo, 2003

14,6 4,5 36,9 22,3 8,4 27,2 12,0 10,0

14,8 8,3 20,6 13,0 9,3 18,3 14,2 11,9

Prodotti coreani

di qualitĂ

Prodotti europei

IMMAGINE DEI PRODOTTI DI IMPORTAZIONE IN ALCUNI PAESI ASIATICI, PER PAESE DI PROVENIENZA

18 Il Mercato della Moda in Giappone


SEZIONE A IL MERCATO GIAPPONESE DELL'ABBIGLIAMENTO

19 Il Mercato della Moda in Giappone


DISTRIBUZIONE

Scenario delle tendenze nella distribuzione per le marche estere Per una migliore comprensione delle dinamiche in atto nella domanda, è utile mettere a fuoco alcune tendenze ed alcuni fenomeni che si sono andate sviluppando e rendendo visibili nel corso degli ultimi anni, e che possono rappresentare utili centri di riflessione per gli operatori economici italiani che propongono un'offerta destinata al largo consumo, in generale, ed ancora più in particolare per i protagonisti dell'offerta del sistema-moda. In questo settore, infatti, i cambiamenti appaiono più rapidi ed incisivi, tanto da rendere opportuna un'osservazione più attenta ed approfondita. La crisi dei canali commerciali tradizionali È, in realtà, la crisi delle 'regole' tradizionali. In Giappone, per decenni, il fattore 'lunghezza' ed il concetto di 'specializzazione' hanno caratterizzato i canali di importazione dei prodotti di largo consumo. Ogni protagonista del canale gestiva la propria specifica area di competenza, con proprie regole, procedure, specificità, ed i propri più o meno codificati rapporti di forza con gli altri protagonisti della catena, a monte ed a valle. Il sistema marciava bene, lasciando a ciascun anello della catena un margine di profitto, e continuando a scaricare tutto il sistema dei costi connessi al suo funzionamento sul cartellino del prezzo esposto al consumatore finale: lo scontrino del prezzo rimaneva sufficientemente alto da soddisfare le esigenze di tutti i protagonisti della catena. Nel frattempo, due singolari e speculari elaborazioni erano al centro delle riflessioni degli operatori economici italiani e giapponesi che – sempre più di frequente – si affacciavano sui mercati di reciproco interesse. Agli occhi dell'imprenditore italiano, non ancora 20 Il Mercato della Moda in Giappone


consapevole della complessità e dei costi della distribuzione interna, i prezzi al dettaglio sul mercato giapponese dei prodotti di propria specifica competenza apparivano incomprensibilmente alti, tanto da lasciar immaginare ai nuovi arrivati la possibilità di realizzare grandi profitti con relativa facilità. Di contro, gli operatori giapponesi in viaggio in Italia si chiedevano sempre più spesso il motivo per cui i prezzi dei prodotti da loro stessi commercializzati fossero, in Italia, così tanto significativamente inferiori – perfino al livello più visibile, quello del prezzo al consumatore finale – di quello a loro proposto dal distributore all'ingrosso in Giappone. Nelle parole della titolare di un negozio di moda di Osaka, che ha preferito rimanere anonima: "come molte mie amiche, ho fatto molti viaggi di piacere in Italia. Ma alcuni anni fa, e per pura coincidenza, ebbi modo di fare conoscenza con un imprenditore italiano che produceva articoli di mio interesse, e gli chiesi se fosse stato possibile acquistare direttamente da lui. Mi invitò in azienda, e non riuscivo a credere ai miei occhi quando vidi i prezzi praticati alla fabbrica. Non ero pratica di costi di trasporto, dazi, e tutto quello che c'era da pagare per importare direttamente. Ma i prezzi che avevo visto erano troppo invitanti, e la conoscenza personale dell'imprenditore italiano e la sua gentilezza nell'offrirmi di vendermi direttamente la merce rappresentavano per me un'occasione molto interessante. Pur preoccupata di quello che avrebbero potuto pensare i miei fornitori in Giappone, e vincendo un certo senso di colpa, feci così il mio primo ordine diretto dalla fabbrica italiana, e devo però confessare che passai molte notti agitate in attesa della prima piccola fornitura, temendo di trovare qualche sgradevole sorpresa all'arrivo della merce. Per mia fortuna, e con mia grande soddisfazione, andò tutto bene." Pur non pretendendo che possa essere considerato paradigmatico nella propria estemporaneità e nell'irrilevanza della significatività in termini di dimensione del business, l'episodio raccontato dalla commerciante di Osaka rappresenta, simbolicamente, una profonda e significativa trasformazione in atto nella mentalità degli operatori economici giapponesi. Il senso della testimonianza diretta della commerciante di Osaka trova una conferma accademica nell'analisi di Yoshihiro Tajima 11 . "Nel periodo della crescita veloce della nostra economia, i consumatori giapponesi avevano piena fiducia nella politica di prezzo dei produttori. Ciò nonostante – e questo è soprattutto il caso delle consumatrici – la comparazione dei prezzi degli stessi prodotti di marca, facilmente realizzabile attraverso i viaggi all'estero, ha progressivamente creato una caduta di credibilità nel sistema dei prezzi nel mercato giapponese. L'effetto è stato evidente: le consumatrici hanno 11

Yoshihiro Tajima, cit. 21 Il Mercato della Moda in Giappone


progressivamente accettato il sistema dei 'discount' o dei 'category killers', che hanno portato a ravvivare tra i protagonisti del dettaglio una vivace competizione basata sul prezzo." Ben consapevole del tema è Shuzo Koyama, professore di Management dei Servizi all'Università Bunri. "Gli osservatori stranieri del nostro mercato sembrano meravigliarsi del fatto che i dettaglianti giapponesi tendono a non trattare direttamente con i produttori. Anche a me viene talvolta chiesto come mai tendano ad evitare le transazioni dirette con i produttori, che li metterebbero in condizione di ottenere merci a prezzi decisamente inferiori. Ma non è semplice rispondere a questo interrogativo: l'approvvigionarsi di prodotti sia sul mercato interno che attraverso le importazioni richiede costi non indifferenti per il trasporto, la gestione, lo stoccaggio, eccetera. In Giappone si ritiene che tutte le funzioni correlate al processo distributivo siano di pertinenza esclusiva dei distributori all'ingrosso. In altri termini, si tratta di funzioni che non vengono fornite né dai produttori né dai dettaglianti. Di conseguenza, pur se i dettaglianti volessero trattare direttamente con i produttori, non sarebbero in grado di ottenere i prodotti senza l'intervento dei distributori intermedi (grossisti). Quindi, non si può affermare che la transazione diretta con il produttore possa effettivamente tagliare i costi intermedi; e questo spiega perché tanti dettaglianti giapponesi siano riluttanti ad avviare contatti diretti con i produttori. A meno che i dettaglianti non scelgano di crearsi dei propri centri di distribuzione, non avranno grandi possibilità di sviluppare transazioni dirette con i produttori12." L'abbandono del kata della distribuzione La trasformazione in questione è particolarmente rilevante nei beni di largo consumo, e può essere sintetizzata in questi termini: la scoperta della praticabilità di strade alternative ed innovative. Ma per essere correttamente colta nella sua importanza, questo concetto richiede un approfondimento necessario alla comprensione del lettore occidentale, e utile alla sua elaborazione di metodi e formule di cooperazione con partner d'affari giapponesi. La società giapponese è storicamente marcata in modo profondo dal principio dell'esistenza di procedure codificate per ogni arte e mestiere. Shikata ('il modo di fare le cose') è un termine molto usato nella lingua giapponese, e – nelle parole di Boyé Lafayette De Mente, autore di testi sulla cultura e sulla società del Giappone – va molto al di là del processo meccanico del realizzare qualcosa: arriva addirittura ad incorporare le leggi Shuzo Koyama, in "Caratteristiche e prospettive del mercato della distribuzione in Giappone", intervento al convegno"Scenario e prospettive della distribuzione estera in Giappone", Import Distribution Symposium 2000, MIPRO, Tokyo, 2000. 12

22 Il Mercato della Moda in Giappone


fisiche e spirituali del creato13. Si riferisce al modo in cui ci si aspetta che le cose debbano essere fatte, in termini di forma e di processo: e il fare le cose 'nel modo giusto' assume un significato ed un vissuto che in Europa si direbbe religioso, in quanto percepito come un contributo (tanto importante, quanto dovuto) al mantenimento dell'armonia nella società e nell'universo. Il fare le cose 'nel modo giusto' assume un valore morale, tanto da legittimare una sanzione sociale nei confronti di chi non vi si uniforma (kata ni hamaranai, essere 'fuori del modo giusto', è un reato nei confronti della società). Nella società giapponese c'è, dunque, un modo, una 'forma' (kata) giusta per ogni cosa: per leggere, per pensare, per vivere, così come anche per tutte le attività della vita quotidiana. Di conseguenza, la resistenza all'innovazione ha una consistenza molto maggiore rispetto agli scenari occidentali: chiunque decida di ricercare strade nuove (nuovi canali commerciali, ad esempio) ha storicamente dovuto accettare innanzi tutto di assumersi il costo della sanzione sociale, oltre al rischio legato al potenziale di errore intrinsecamente e potenzialmente connesso a ciascun processo di innovazione. La commerciante di Osaka, dunque, ha osato molto di più, nel cortocircuitare la lunga catena convenzionale della distribuzione di abbigliamento, di quanto potrebbe apparire agli occhi di un imprenditore occidentale. Ha deviato dal 'modo giusto' di agire quale dettagliante, e di conseguenza si è esposta alle severe sanzioni sociali del mondo del commercio. Ma la tentazione era, evidentemente, molto forte, ed il processo di progressiva apertura della società giapponese al modo di fare occidentale ha parallelamente contribuito ad incoraggiare la signora a deviare dal kata di dettagliante; e probabilmente il risultato economico della trasgressione ha contribuito a mitigare in lei il disagio derivante dal senso di colpa. Molti kata hanno oggi perso importanza nella vita quotidiana; altri rimangono fortemente vivi e praticati, come quelli legati alla pratica delle attività economiche, ed in particolare ai processi di negoziazione, più approfonditamente illustrati in séguito. Ma la pratica di un kata presuppone studio, attenzione, tenacia, una forte autodisciplina, e sacrificio costante; e probabilmente per gli imprenditori giapponesi che si sono trovati – come la commerciante di Osaka - nelle coincidenze e nelle condizioni migliori per abbandonare il kata e sperimentare una strada innovativa, è immaginabile che l'aver ottenuto positive ricompense abbia ulteriormente stimolato la ricerca di formule di innovazione commerciale finalizzate alla massimizzazione dei profitti d'impresa. 13

Boyé Lafayette De Mente, Kata, Hong Kong - Singapore, 2003. 23 Il Mercato della Moda in Giappone


Cambiare è possibile – questa, forse, in estrema sintesi, la convinzione che si va progressivamente radicando negli imprenditori commerciali giapponesi. Che questo convincimento sia frutto di elaborazioni oggettivamente innovative e legate al pensiero strategico, o che nasca dalle difficoltà incontrate nel proseguire secondo la 'strada giusta', va comunque sottolineato che il processo è ormai pienamente innescato, e che non sembra possibile immaginare, a questo punto, nessuna inversione di rotta che riporti sulla tradizionale 'strada giusta'.

Nuovi segnali e nuove tendenze nella distribuzione Nel corso degli ultimi anni all'interno del sistema distributivo giapponese si sono manifestati diversi e tutt'altro che marginali processi di trasformazione. I cambiamenti, rilevanti in pressoché tutti i comparti, non hanno escluso il comparto dell'abbigliamento e della moda, tradizionalmente marcato da un certo grado di complessità nella catena distributiva. Infatti, e per opinione condivisa in maniera pressoché unanime da parte di tutti gli operatori economici, la tradizionale complessità dei canali distributivi giapponesi del comparto abbigliamento-moda si va a mano a mano trasformando, ed i cambiamenti sono orientati nella direzione di una progressiva semplificazione. I processi in corso non si manifestano con particolare repentinità, ma la loro velocità tende ad aumentare, in risposta alle innovazioni che caratterizzano lo scenario della distribuzione. In linea di massima, le tendenze in atto possono essere così riassunte: 1. Continua la marginalizzazione del ruolo degli operatori all'ingrosso, il cui ruolo è sempre più spesso cortocircuitato dai collegamenti diretti tra importatori e dettaglianti e tra produttori e dettaglianti. 2. Il ruolo dei grossisti resta solidamente ancorato alla distribuzione rivolta ai piccoli negozi a gestione familiare. 3. I tempi di consegna tendono a ridursi sensibilmente, ed ulteriormente. Alcuni grandi magazzini, ad esempio, tentano costantemente di reagire rapidamente alle nuove tendenze moda, e - scavalcando il classico intervallo di sei mesi – spingono i

24 Il Mercato della Moda in Giappone


compratori a monitorare costantemente le dinamiche del mercato, ed a piazzare ordini con consegne anche a tre mesi, e talvolta anche soltanto a due mesi. Un autorevole analista delle dinamiche della distribuzione giapponese ha un'opinione precisa sui fenomeni che potrebbero prossimamente contraddistinguere gli scenari dei canali distributivi dei prodotti di importazione. "La gestione di attività commerciali al dettaglio in Giappone, dove il costo del terreno è estremamente alto, tende ad essere contrassegnata da bassi livelli di ritorno sull'investimento. Ma d'ora in poi i dettaglianti stranieri inizieranno ad entrare nel nostro mercato non soltanto attraverso punti vendita al dettaglio, ma anche combinando diverse modalità commerciali: ad esempio, coordinando vendite per corrispondenza con vendite su internet. In altri termini, cercheranno di incrementare la produttività grazie alla combinazione di diverse tecniche di vendita14." Secondo la Associazione giapponese degli importatori del comparto tessileabbigliamento15, gli operatori economici esteri non dovrebbero mancare di valutare sette punti-chiave, fondamentali per la comprensione del mercato. 1. Il mercato è particolarmente complesso, ma anche molto ricco di informazioni, e pretende ordini di piccole dimensioni e consegne a breve. 2. Il consumo è estremamente diversificato. 3. Il mercato è sempre inondato di offerta, e le eccedenze sono la regola. 4. Il mercato è inesorabilmente competitivo. 5. I clienti pretendono qualità, alta qualità. 6. Le consegne in conto vendita – una consuetudine abituale in Giappone – sono ancora praticate in alcuni settori. 7. Il fenomeno delle SPA16 è in fase di sviluppo.

Yoshihiro Tajima, cit. JTIA (Japanese Texiles Importers' Association), The Japanese Apparel Market in Imports, 2000. 16 Acronimo per "Specialty store retailers of Private label Apparel": imprese di commercio al dettaglio che commissionano all'esterno la produzione delle proprie collezioni. 14 15

25 Il Mercato della Moda in Giappone


Tipologie distributive, aziende rappresentative, modelli distributivi per le PMI italiane Lo scenario giapponese della distribuzione nel settore della moda si va trasformando rapidamente in due diverse dimensioni: sia sul fronte della lunghezza del canale distributivo, nel quale i processi aziendali di integrazione a monte ed a valle rendono sempre più superate le tradizionali distinzioni rigide tra protagonisti dell'ingrosso e del dettaglio; sia sul fronte delle formule commerciali, spesso ibride e difficilmente codificabili. Questa sezione del rapporto presenta alcune riflessioni di carattere prevalentemente qualitativo sui protagonisti storici ed emergenti della distribuzione, selezionate in funzione degli aspetti che presentano maggiore interesse agli occhi delle imprese italiane in fase di osservazione e studio del mercato.

I grandi magazzini Simbolo centenario della fascia alta del mercato al dettaglio in Giappone, i grandi magazzini stanno attraversando difficoltà di mercato connesse sia ai cambiamenti dell'intero canale distributivo, sia – più nello specifico – alle trasformazioni in atto sul fronte del dettaglio, nel quale forse più rapidi sono i processi di adeguamento alle nuove esigenze della domanda. In ogni caso, va anche considerato che in uno scenario tendenzialmente recessivo le strutture più pesanti accusano le maggiori difficoltà, in un quadro competitivo dove i nuovi arrivati operano con strutture relativamente molto più agili e pronte a costruire la loro immagine in funzione delle dinamiche del mercato. Con una immagine 'importante' e talvolta un po' polverosa, pressoché tutti i grandi magazzini stanno mettendo in atto sforzi notevoli per mantenere le posizioni sul mercato. Al di là dei più superficiali interventi di refurbishing, comunque spesso resi necessari (il 'magazzino-bandiera' di uno dei più grossi nomi del settore non subiva interventi di ristrutturazione da decenni), molte aziende stanno operando azioni anche di rilevante taglio strategico. Il caso proposto a corredo della presentazione di alcuni dati di scenario 26 Il Mercato della Moda in Giappone


sul mondo dei grandi magazzini presenta alcuni dei temi critici che sono all'ordine del giorno del management di tutte le aziende storiche del settore. Pur avendo mostrato tendenze non del tutto entusiasmanti nella dinamica del fatturato degli ultimi anni, i grandi magazzini rappresentano un'istituzione di grande impatto e presenza nello scenario del dettaglio giapponese di fascia alta e medio-alta. La tabella che segue, elaborata dall'Associazione dei Grandi Magazzini del Giappone 17 , presenta due aspetti importanti che caratterizzano questo canale: la dimensione dei volumi di vendita, e la loro diffusione nell'intero arcipelago. La segmentazione è realizzata per regioni ed aree metropolitane; queste ultime sono indicate con un asterisco. Da rilevare, inoltre, di quale entità e peso percentuale nel mondo dei consumi al dettaglio siano le due principali aree metropolitane nel paese, quella di Tokyo e quella di Osaka.

FATTURATO 2002 DEI GRANDI MAGAZZINI PER AREA GEOGRAFICA 175

Shikoku

212

Kobe *

233

Kinki

257

Chubu Tohoku

292

Hokkaido

304

Kyoto *

314

Chugoku

404

Yokohama *

416 450

Nagoya *

722

Kyushu

1.071

Osaka *

1.401

Kanto

2.086

Tokyo *

-

500

1.000

1.500

2.000

2.500

(Valori in miliardi di Yen) Fonte: JDSA, 2003.

17

JDSA - Japan Department Stores Association. 27 Il Mercato della Moda in Giappone


I grandi magazzini, per altro, continuano ad essere fortemente caratterizzati per il loro sistema di offerta nel campo della moda. I dati che seguono mostrano come, nell'arco di un decennio, la posizione dei grandi magazzini sia rimasta sostanzialmente inalterata nello scenario di mercato giapponese: con una tradizione forte, in diversi casi, di secoli di storia aziendale, questo canale al dettaglio rimane un punto centrale di riferimento per le aziende interessate a sviluppare una presenza in questo mercato. Anche nel caso della tavola che segue, i dati sono di fonte JDSA, l'associazione che riunisce 280 grandi magazzini del paese, con una presenza capillare in tutte le sette principali aree commerciali del Giappone. Il suo direttore, Shigeyoshi Imai, è fiero del ruolo dell'associazione: "Siamo presenti in diverse occasioni internazionali di incontro e di confronto con i nostri omologhi all'estero. Le nostre riunioni affrontano molto spesso il tema della moda, e ricerchiamo opinioni e suggerimenti diretti dei piÚ grandi protagonisti a livello internazionale: recentemente, in Italia, abbiamo avuto un incontro molto positivo con Giorgio Armani. In uno scenario di mercato in costante evoluzione, i grandi magazzini analizzano attentamente le dinamiche e le tendenze in atto, e sviluppano le strategie piÚ opportune per adattarsi ai cambiamenti e gestire il mercato del prossimo futuro." FATTURATO MODA DEI GRANDI MAGAZZINI: 1991 E 2002 978,3 836,2

Accessori 255,2 304,9

Bambino

2.131,2 2.073,4

Donna 646,1

Uomo 0

2002 1991

500

998,2 1.000

1.500

2.000

2.500

Uomo

Donna

Bambino

Accessori

646,1 998,2

2.131,2 2.073,4

255,2 304,9

978,3 836,2

(Valori in miliardi di Yen) Fonte: JDSA, 2003.

28 Il Mercato della Moda in Giappone


GRANDI MAGAZZINI: I PROTAGONISTI 18 Azienda

Sedi

Provincia

1 Mitsukoshi 2 Kintetsu 3 Seibu 4 Hankyu 5 Isetan 6 Takashimaya 7 Takashimaya 8 Takashimaya 9 Daimaru 10 Tokyu 11 Tobu 12 Matsuzakaya 13 Daimaru 14 Odakyu 15 Takashimaya 16 Hanshin 17 Yokohama Sogo 18 Keio 19 Izutsuya 20 Daimaru 21 Nagoya Mitsukoshi 22 Iwataya 23 Takashimaya 24 Meitetsu 25 Tsuruya 26 Daimaru 27 JR Takashimaya 28 Sogo 29 Tokiwa 30 Marui Imai

Nihonbashi, Ebisu, Tama Abeno e altri 6 negozi Ikebukoro Umeda, Senri, Kawanishi Shinjuku Osaka e altri 3 negozi Yokohama, Konanai Nihonbashi Shinsaibashi, Umeda Shibuya, Higashiyoko Ikebukuro Nagoya Motomachi e altri 3 negozi Shinjuku Kyoto, Rakunishi Umeda Yokohama Shinjuku Kokura, Kurozaki Kyoto, Yamaka Sakae A Side, Z Side, Kitakyushu Shinjuku Nagoya Kumamoto Hakata Nagoya Chiba Oita, Beppu, Wasada Town Sapporo

Tokyo Osaka Tokyo Osaka Tokyo Osaka Kanawaga Tokyo Osaka Tokyo Tokyo Aichi Kobe Tokyo Kyoto Osaka Kanagava Tokyo Fukuoka Kyoto Aichi Fukuoka Tokyo Aichi Kumamoto Fukuoka Aichi Chiba Oita Hokkaido

Fatturato 2002 (milioni di yen) 301.800 281.687 272.610 246.722 240.516 246.722 175.596 166.284 158.323 146.524 133.799 133.000 128.780 115.603 110.722 107.240 102.352 101.420 92.252 87.761 86.225 83.679 82.402 74.535 74.277 74.145 73.832 73.492 73.065 68.832

Variazione % sull'anno precedente -1,3 -3,5 -1,1 -1,5 -0,6 -1,5 -2,7 -12,9 -4,0 -4,5 -2,8 -2,4 16,9 -8,7 -2,1 -0,2 1,0 -2,6 7,4 -2,0 -3,8 2,6 3,6 -2,9 9,6 -0,2 11,9 -3,8 -5,9 4,0

Fonte: tabella su dati Nikkei e Japan Department Store Association, in "Il 2002 si conclude con scontento", Notizie & Analisi sul Mercato Giapponese, ICE Tokyo, aprile 2003. 18

29 Il Mercato della Moda in Giappone


Strategie innovative nel mondo dei grandi magazzini: il caso Mitsukoshi Mitsukoshi è uno dei nomi storici nella élite dei grandi magazzini giapponesi. Presente in tutto l'arcipelago, il Gruppo gestisce direttamente 21 punti vendita, diversificati sotto tre insegne (l'insegna-bandiera Mitsukoshi è riservata ai grandi magazzini in stile tradizionale, e riservati ad un pubblico tradizionalista di fascia alta; Printemps ha un contenuto-moda più specificamente rivolto alle donne in carriera; sotto l'insegna Alta, infine – una volta riservata ad un solo punto vendita localizzato a Tokyo, nel distretto di Shinjuku – sono stati recentemente aperti nuovi negozi a Sapporo e Niigata, mirati ad un pubblico giovanile). Nonostante la generale condizione di affanno condivisa da tutti i grandi magazzini giapponesi, e che – nel caso di Mitsukoshi – è motivata da un leggero calo del fatturato, attestato oggi sul livello di circa 450 miliardi di yen, il management del gruppo ha recentemente mostrato alla stampa un profilo orientato all'ottimismo ed alla fiducia sulla propria strategia. Per quanto riguarda le politiche di gestione commerciale, queste sono costantemente orientate dalla osservanza di cinque temi-chiave, costantemente monitorati ed analizzati dai suoi dirigenti19: 1. L'ottimizzazione degli spazi al fine di rispondere al meglio alle esigenze dei consumatori. 2. Lo sviluppo della redditività per tsubo20. 3. Lo snellimento delle procedure di acquisto. 4. La gestione strategica delle informazioni relative alla clientela. 5. La ricerca di nuove e più attrattive formule commerciali. Sul primo punto, il lavoro di Mitsukoshi si basa sull'analisi della segmentazione della clientela, ricercando la definizione dei segmenti su principi di tipo qualitativo. Uno dei Elaborazione dell'intervento di Ken Shigematsu, dirigente di Mitsukoshi Ltd., al convegno Import Distribution Symposium 2002, Tokyo, The Japan Machinery Federation - MIPRO, 2002. 20 Unità giapponese di misura di superficie, pari a circa 3,3 metri quadri. 19

30 Il Mercato della Moda in Giappone


modelli utilizzati, ad esempio, è visualizzato attraverso un sistema a doppia matrice che colloca ciascun consumatore in uno degli otto cluster creati attraverso due coppie di assi cartesiani: l'una costruita in funzione delle variabili età e stile di vita, l'altra in funzione dell'orientamento familiare e dell'orientamento alla carriera. Sulla base di questa segmentazione vengono prese le decisioni in merito all'organizzazione strategica degli spazi 'aperti' 21 ed alla scelta dei prodotti. Questi spazi stanno progressivamente assumendo un'importanza sempre più rilevante nella gestione dei grandi magazzini; tradizionalmente affidate alle proposte autonome delle aziende del comparto moda, oggi molti deepato22 ne vanno assumendo la gestione diretta, alla costante ricerca del recupero di redditività per ogni tsubo di spazio utile per la vendita. Il secondo punto è concettualmente correlato al primo, nel senso che ne è una diretta derivazione logica. A fianco agli spazi affidati alle griffe internazionali, in ogni grande magazzino Mitsukoshi si sviluppa infatti lo 'spazio aperto strategico', suddiviso ed organizzato in funzione di concetti-guida elaborati in base allo studio della clientela, ed affidati agli addetti alle vendite con maggiore esperienza. Ciascuna area viene poi allargata o ristretta in funzione dei risultati economici realizzati, misurati in termini di redditività mensile per tsubo. Sul terzo punto, per quanto riguarda i prodotti a contenuto-moda, vanno registrati gli sforzi nella direzione dell'ottimizzazione dei flussi di approvvigionamento. Nelle parole di Ken Shigematsu, dirigente di Mitsukoshi, con una specifica esperienza alle spalle in questo settore23: "Ho personalmente lavorato in questo campo. Tradizionalmente, il rapporto tra produttore e dettagliante non è mai stato dei migliori. Accadeva che il produttore non riuscisse a consegnare in tempo gli ordini; il dettagliante restituiva la merce senza un commento, in un clima di scarsa chiarezza reciproca. Noi abbiamo lavorato alla redazione di una nuova contrattualistica, in grado di 'blindare' i tempi di consegna, e di assicurare la fattibilità della consegna di eventuali riordini successivi." Il quarto punto riguarda la strutturazione e l'utilizzo delle basi di dati sulla clientela. Attualmente, Mitsukoshi ha 2,4 milioni di famiglie titolari di carte fedeltà, e sviluppa e gestisce con meticolosità i dati relativi ai clienti. Shigematsu racconta una circostanza specifica in cui l'analisi dei dati ha fornito un'utile indicazione commerciale: "Dobbiamo adeguarci ai tempi: una volta, i grandi magazzini erano situati attorno alle stazioni ed alle aree più affollate, e i consumatori vi acquistavano davvero di tutto. Adesso dobbiamo In giapponese: jiyu-henshu-uriba ("aree di vendita a libera interpretazione"). In giapponese, 'grande magazzino' (dall'inglese department store). 23 Dall'intervento al convegno Import Distribution Symposium 2002, Tokyo, The Japan Machinery Federation - MIPRO, 2002. 21 22

31 Il Mercato della Moda in Giappone


studiare i gusti e le tendenze dei consumatori, ed a questo scopo utilizziamo tutti i dati a disposizione: analizziamo gli scontrini, la tempistica degli acquisti, la frequenza di visita della clientela. Prendiamo il caso dei saldi di abbigliamento uomo. Per attrarre i consumatori maschi le strategie commerciali tradizionali suggeriscono di esporre prodotti considerati 'maschili', quali gli alcolici e tutti gli accessori per il golf. Ma lo studio delle nostre basi di dati ci ha mostrato che i prodotti più venduti in abbinamento agli acquisti di abbigliamento maschile sono i dolciumi. Abbiamo quindi studiato l'opportunità di realizzare un volantino di offerte di dolci da distribuire nella zona dei saldi di abbigliamento uomo." Il sistema di offerta di Mitsukoshi non si limita ai prodotti nazionali; l'importazione è inevitabile, per affrontare la sfida di un'offerta sempre innovativa. A questo scopo, Mitsukoshi utilizza abitualmente le proprie filiali all'estero per ricercare nuovi prodotti. Una tecnica finalizzata a cogliere le nuove tendenze internazionali è quella dello sviluppo della collaborazione con uffici moda e gruppi creativi all'estero. Nell'ottobre del 2002, ad esempio, Mitsukoshi ha lanciato una campagna pubblicitaria in Francia mirata a ricercare nuovi prodotti. Tra le poco meno di mille proposte pervenute, la fase di selezione ha individuato un'area interessante di nuove idee, in misura pari al 10–15 per cento delle segnalazioni ricevute. Ristretto il campo delle candidature, Mitsukoshi ha inviato all'estero i suoi compratori, per piazzare gli ordini sul posto; in quel periodo, l'azienda aveva complessivamente in azione all'estero 145 buyer. La formula 'shop-in-shop': il caso Marina Rinaldi Il marchio Marina Rinaldi, di proprietà del Gruppo Max Mara, è molto noto in Giappone grazie ad una accorta politica di sviluppo articolata con la tecnica dello shop-in-shop, aree di vendita a gestione diretta localizzati all'interno di strutture commerciali a marchio diverso (generalmente, all'interno di grandi magazzini). Nel 2003 Marina Rinaldi ha realizzato altre aperture in Giappone, avvicinandosi così al traguardo dei 30 punti vendita (comprendendo il negozio-bandiera di Tokyo), tutti gestiti dalla società Marina Rinaldi Japan.

32 Il Mercato della Moda in Giappone


Una nuova tendenza ormai consolidata per il dettaglio di gran marca: il megastore È una scelta strategica seguita da buona parte delle grandi firme internazionali. Dal 2000 ad oggi si sono costantemente susseguite aperture di grandi superfici commerciali nelle più eleganti zone dello shopping di Tokyo; caratteristiche comuni a tutti questi outlet sono la vastità dell'area di vendita (non meno di 1.000 metri quadri, una dimensione assolutamente inusuale secondo gli standard giapponesi) e la localizzazione in posizioni di grande prestigio. Questa strategia è stata seguita, tra gli altri, dai marchi francesi Hermés, Louis Vuitton e Dior, dalla tedesca Hugo Boss, da Armani, Benetton, Tod's e Gucci, sempre con ottimi risultati in termini di visibilità del marchio e di richiamo diretto di nuova clientela, grazie all'attrattività ed all'innovatività della formula del megastore. Gucci, in particolare, è addirittura alla vigilia del raddoppio, in quanto per il 2005 è prevista l'apertura di una nuovo grande negozio che, sempre nell'area di Ginza, potrà disporre di oltre 1.000 metri quadri destinati alla vendita. Nel caso di Tod's, l'investimento è stato valutato in circa 80 milioni di euro per un palazzo firmato da Toyo Ito, architetto giapponese di grande notorietà in patria. Louis Vuitton ha scelto una strada intermedia: il suo nuovo megastore di oltre mille metri quadri è stato inaugurato a Tokyo nel 2003, ed è ubicato all'interno del centro commerciale di Roppongi Hills. Di contro, si riscontrano almeno due casi in cui la strategia della grande superficie commerciale a gestione diretta sembra non aver raggiunto i risultati attesi: Trussardi ha scelto di chiudere il suo negozio-bandiera nel 2002, mentre il livello di fatturato raggiunto da Tiffany non appare ancora all'altezza delle aspettative. Nel maggio del 2002 anche Ferragamo ha aperto a Tokyo il suo megastore. In un anno in cui il Gruppo Ferragamo ha subito cali di fatturato in pressoché tutti i mercati del mondo, dagli Stati Uniti all'Europa, il mercato giapponese ha assicurato a Ferragamo una dinamica positiva. Con un fatturato di oltre 100 milioni di euro realizzato nei 57 negozi sparsi in tutto il paese, il Gruppo Ferragamo ha scelto di consolidare la sua presenza con una nuova struttura commerciale disegnata dal progettista Michael Gabellini ed articolata su tre livelli, con circa 600 metri quadri destinati alla clientela. Nello stesso edificio, nel centro di Ginza, il quartiere storico dello shopping elegante tokyoita, il Gruppo ha riservato quattro piani per gli uffici. 33 Il Mercato della Moda in Giappone


È anche interessante notare come – grazie al radicamento di questa strategia tra le firme di maggiore visibilità e notorietà internazionale - non soltanto il termine megastore, ma anche il termine outlet (tradizionalmente legato nel mondo anglosassone a punti-vendita di profilo medio-basso) stiano acquisendo un vissuto di eleganza e di prestigio nella percezione dei consumatori giapponesi.

Dettaglio indipendente, catene, select shops Trasformazione ed innovazione sono due parole-chiave che marcano, negli ultimi anni, le dinamiche del dettaglio indipendente del comparto moda in Giappone. In questo paragrafo è riportata una tavola, ripresa dalla preziosa fonte Notizie & Analisi sul Mercato Giapponese, distribuita gratuitamente su internet dall'Ufficio di Tokyo dell'ICE, che presenta una visione d'insieme su nomi e dati del comparto. I negozi specializzati (select shops, nel lessico del settore) si contraddistinguono per l'essere caratterizzati da un concetto specifico: la focalizzazione su di un particolare profilo di consumatore. La fascia di mercato in cui operano è spesso media o medio-alta, e negli ultimi anni hanno riscontrato un buon successo nel mercato giapponese. Tra le insegne più diffuse si segnalano Journal Standards, Beams ed United Arrows, fondata da un gruppo di ex-dipendenti della stessa Beams. È, probabilmente, proprio United Arrows la marca di maggior successo nel segmento dei select shops; ormai quotata in borsa, con ambizioni a raggiungere la prima posizione nazionale nella classifica per fatturato, riporta incrementi molto significativi anche nella profittabilità, grazie all'aver registrato – nell'ultimo anno fiscale - un aumento dell'utile superiore al 20%. Su di una fascia leggermente più economica del mercato, inoltre, opera l'insegna Green Label Relaxing, controllata da United Arrows, mirata al segmento delle famiglie.

34 Il Mercato della Moda in Giappone


PROTAGONISTI DEL DETTAGLIO 24 Azienda Abbigliamento Uomo Konaka Aoyama Shoji Aoki International Haruyama Shoji Taka-Q Goto Futata Torii Ginza Yamagataya Abbigliamento Donna Sagami Blue Grass Suzutan Riochain Cabin Pal Abbigliamento Bambino e Casual Fast Retailing Right-On Shimamura Nishimatsuya Mac House Workman Cox Jeansmate Point Reo Abbigliamento Sportivo Himaraya Kojitu Xebio Calzature Chiyoda ABC Mart Tsuruya

Fatturato provvisorio (2002; milioni di yen)

Variazione % sull'anno precedente

48.941 64.265 31.296 24.263 9.115 7.947 6.256 5.549 5.298

-4,4 4,0 -4,4 6,2 -15,4 -0,3 -13,2 -11,7

26.672 20.710 15.521 13.808 11.500 8.685

-3,2 -0,4 -20,3 15,6 -9,0 22,6

341.640 52.609 124.388 28.692 20.015 12.582 11.612 11.345 9.265 5.866

-18,4 1,6 7,8 30,1 13,7 7,6 -6,9 2,9 31,7 1,2

32.425 7.270 41.691

-10,7 4,7

76.796 19.485 5.394

-5,8 15,3 -2,6

Fonte: tabella su dati Senken, Japan Consuming e Retail Japan 2003, in "I tessuti danno utili", Notizie & Analisi sul Mercato Giapponese, ICE Tokyo, marzo 2003. 24

35 Il Mercato della Moda in Giappone


Un fenomeno in netta crescita: le SPA Anche il mercato giapponese ha visto sempre più di frequente, nel corso degli ultimi anni, la crescita del fenomeno delle importazioni di prodotti da paesi a basso costo del lavoro, oggettivamente agevolate dal rapido sviluppo della qualità della produzione, un tempo decisamente inadeguata a soddisfare adeguatamente le esigenze dei consumatori. Se, da un lato, i paesi produttori (tra i quali la Cina in posizione nettamente predominante) continuano a governare la fascia medio-bassa del mercato, va anche segnalato che gli investimenti giapponesi in Cina (quasi sempre indiretti: raramente legati all'acquisizione di fabbriche ed impianti, molto più spesso caratterizzati dal controllo della gestione delle fabbriche e dall'acquisizione della saturazione della loro capacità produttiva) hanno fatto sì che si sviluppasse anche un'offerta che, dal punto di vista della qualità, può oggi essere comparabile a quella raggiunta negli impianti delle aziende-madri in Giappone. Le politiche di assistenza tecnica e di controllo della qualità hanno raggiunto, quindi, ottimi risultati, tanto che sempre più spesso anche le operazioni finali del ciclo di produzione dell'abbigliamento (il controllo di qualità e l'etichettatura) tendono ad essere realizzate negli impianti all'estero. Grazie allo sviluppo delle comunicazioni, oggi l'alimentazione della produzione può spesso essere gestita in maniera semi-automatica da programmi infotelematici che analizzano i dati provenienti dai punti vendita e propongono i lanci di produzione, simulando gli sviluppi della domanda. Protagonisti di queste strategie sono le imprese denominate, nel lessico internazionale, SPA (Specialty store retailers of Private label Apparel), produttori virtuali che non posseggono alcuna fabbrica né alcuna linea di produzione, ma fortemente specializzate nella ricerca stilistica e nell'affidamento a terzi dell'attività produttiva, e con una forte capacità di marketing e commerciale. Le SPA, dunque, rappresentano un modello organizzativo specificamente caratterizzato dalla progettazione del prodotto, dalla produzione delocalizzata ed affidata a terzi, dalla gestione della distribuzione fisica e della catena logistica e dalla commercializzazione diretta nei propri punti-vendita al dettaglio.

36 Il Mercato della Moda in Giappone


Con un evidentemente altissimo potenziale di flessibilità nella produzione, connesso alla possibilità di rivolgersi a produttori connotati da qualsivoglia specializzazione in qualsiasi parte del mondo, e con un alto livello di agilità finanziaria, grazie al relativamente basso livello dei costi fissi legati agli investimenti in impianti produttivi, le SPA hanno raggiunto risultati molto interessanti anche nel mercato giapponese. LE SPA ATTIVE NEL MERCATO GIAPPONESE: NOMI RAPPRESENTATIVI Bigi Eddie Bauer Japan Fast Retailing Five Foxes Flandre GAP Itokin Laura Ashley Japan Nice Claup Olive des Olive - Mokomoku Onward Kashiyama Ryohin Keikaku Sanei International Sazaby World

La SPA che ha scosso il mercato giapponese: il caso Uniqlo Il caso più rappresentativo del successo delle SPA in Giappone è probabilmente rappresentato da Uniqlo (marca commerciale della società Fast Retailing di Yamaguchi), che dal 1984, anno dell'inaugurazione del primo negozio ad Hiroshima, ha conquistato rapidamente grande visibilità nel mercato giapponese dell'abbigliamento, grazie ai circa 600 punti vendita distribuiti in tutto il territorio nazionale. Focalizzata nel settore dell'abbigliamento casual, Uniqlo è riuscita velocemente a costruire un sistema di offerta incentrato su di un assortimento di linee e prodotti abbastanza ampio, caratterizzato da un ottimo rapporto in termini di qualità percepita e di prezzo offerto. 37 Il Mercato della Moda in Giappone


Posizionandosi, in termini di prezzo, all'incirca del 30% al di sotto di Gap, Uniqlo riesce a ben trasmettere l'immagine di marca attraverso uno stile casual-minimalista, riflesso sia del disegno dei modelli (nessuno dei quali porta il logo aziendale: la moda del 'no logo' è stata cavalcata con molta astuzia dal management di Uniqlo) sua dall'aspetto punti vendita, allestiti senza alcuna concessione alla ricerca di décor particolari. Il concetto che sintetizza lo stile del negozio Uniqlo è ben espresso da Access Asia 25 con un gioco di parole ("pile 'em up, sell 'em cheap") che perde forse parte della sua efficacia nella traduzione in italiano: "impilali molto, e vendili a poco". L'approccio minimalista della marca è confermato anche dalle parole di Tadashi Yanai, presidente di Fast Retailing: "Se gli abiti urlassero più forte di chi li indossa, non ascolteremmo la sua voce". Un invito al consumatore a reagire alla pressione delle spinte massificatici della moda, enfatizzando il valore dell'individualismo e spingendo ciascun cliente ad affermare in piena libertà, attraverso gli abiti, la propria personalità. La comunicazione aziendale rifiuta la definizione di target prioritari, affermando di rappresentare una marca 'per tutte le età', ed invitando i clienti a 'ricercare la propria immagine', con messaggi di taglio populistico-anarcoide: "Uniqlo non è una marca come le altre. Non vi diciamo né cosa né come vestire. Crediamo che, in quanto individuo, ciascuno abbia il proprio senso dello stile. Vi diamo la possibilità di creare il vostro stile personale, offrendovi una vasta gamma di prodotti ben fatti e senza logo a prezzi che chiunque può permettersi26." Nonostante il rigore nella ricerca costante di un profilo che, in Italia, verrebbe definito 'alternativo' (anche nelle immagini ufficiali è sempre ritratto in rigoroso stile casual, contro ogni regola del mondo del business giapponese), il presidente Yanai perde di colpo il suo aplomb minimalistico parlando agli azionisti 27 e presentando gli obiettivi del gruppo, dichiarando apertamente l'obiettivo di 1.000 miliardi di yen di fatturato (circa 8 miliardi di euro) entro l'anno 101028. La manifattura, come prevedibile, è concentrata in circa 90 linee produttive, tutte localizzate in Cina; l'azienda controlla direttamente tutte le fasi del processo produttivo, a partire dall'approvvigionamento della materia prima sino alla progettazione, alla produzione, alla distribuzione ed alla commercializzazione al dettaglio. Questa strategia di gestione (definita dall'azienda 'Total System Control') include la progressiva rarefazione In "Fast Retailing (Uniqlo): a Company Profile", Access Asia Report, 17 ottobre 2003. In "About Uniqlo", www.uniqlo.co.uk, sito web aziendale di Uniqlo (UK). 27 Dal messaggio di Tadashi Yanai, presidente del gruppo Fast Retailing, all'assemblea degli azionisti, ottobre 2003. 28 Il livello attuale di fatturato (2003) del gruppo è di poco superiore a 300 miliardi di yen. 25 26

38 Il Mercato della Moda in Giappone


del numero di fornitori, allo scopo di ridurre i costi attraverso l'incremento del potere contrattuale nei loro confronti. Con l'eccezione degli addetti al settore, probabilmente non molti ricorderanno l'eco che, in tutto il Giappone, ebbe la prima grande campagna-prodotto di Uniqlo, che risale all'autunno del 1989. In quella stagione, all'insegna dello slogan "trasformiamo la lanetta in moda" le vetrine dei negozi della catena si riempirono della grande offerta che caratterizzava la collezione di quell'anno: una linea completa in lanetta, con un prezzo fisso di 1.980 yen (circa 16 euro) per ogni articolo. In realtà, le vetrine richiesero più d'una volta di essere riempite, a causa della velocità con cui si vendevano gli articoli della collezione; uno degli argomenti più convincenti era proprio il prezzo, pari a meno della metà del tradizionale costo medio di prodotti analoghi sul mercato giapponese. La collezione autunno/inverno vendette milioni di capi, e sancì l'ingresso di Uniqlo nel ristretto gotha dei 'casi aziendali di successo'. Parallelamente, Uniqlo ha migliorato le capacità di gestione del magazzino prodotti finiti, evitando di ricadere nell'errore delle vendite mancate per indisponibilità della merce sui punti vendita. Uniqlo ha registrato costanti incrementi nel fatturato, raggiungendo il picco massimo nel 2001 (oltre 400 miliardi di yen, pari a circa 3.200 milioni di euro), subendo però una pesante inversione di tendenza nel corso del 2002, che ha riportato il fatturato al livello di circa 310 miliardi di yen. Va sottolineato che anche il bilancio 2002 si è comunque chiuso con interessanti margini operativi (47 miliardi di yen di utile prima delle imposte), e che – nonostante un'evidente fase di difficoltà di crescita – Uniqlo pare godere di buona salute e attrattività nei confronti dei consumatori. Lo sviluppo commerciale di Uniqlo non è stato indolore per il sistema dei concorrenti più diretti. Molti dei dettaglianti di dimensioni maggiori si sono lasciati prendere dal tentativo di competere ad ogni costo con Uniqlo sul fattore-prezzo, procedendo a tutti i tagli possibili sul fronte dei costi. A livello di settore, l'effetto complessivo della rincorsa al basso prezzo è stato quello della diminuzione della spesa media pro capite, contribuendo a ridurre il valore del mercato dell'abbigliamento. D'altro canto, alcuni tra i dettaglianti più marginali, impossibilitati in partenza a competere sul fattore-prezzo, hanno ricercato una diversificazione del loro sistema d'offerta, tentando di riposizionarsi su fasce di mercato caratterizzate da più alti margini di valore aggiunto. Probabilmente, a subire gli effetti più pesanti ed onerosi dell'espansione di Uniqlo nel mercato del casual sono stati i produttori nordamericani, la cui presenza su queste fasce di mercato è tradizionalmente di forte rilievo.

39 Il Mercato della Moda in Giappone


Secondo interpretazioni condivise da diversi operatori del settore, un limite alla crescita di Uniqlo potrebbe essere individuato in una certa eccessiva tendenza alla standardizzazione del prodotto, in un momento in cui la domanda appariva orientata alla ricerca di innovazione e di diversificazione. Il recente lancio di una linea di prodotti di base con un più spinto contenuto-moda sembrerebbe legittimare l'ipotesi avanzata, che è resa ancor più credibile dall'acquisizione del marchio "Theory", caratterizzato da un'immagine decisamente mirata alle donne inserite nel mondo del lavoro.

FOM, una formula vincente per la distribuzione dell'abbigliamento di importazione? Una tendenza interessante – pur se non recentissima - nella distribuzione dell'abbigliamento in Giappone è rappresentata dallo sviluppo dei centri commerciali specializzati nel proporre al pubblico i punti-vendita a gestione diretta dei produttori. Avviata nel corso degli anni '90, la diffusione dei FOM (acronimo di "Factory Outlet Mall") si è però sviluppata con una certa rapidità nel corso degli ultimi anni, localizzandosi soprattutto nelle periferie delle principali aree metropolitane giapponesi. Uno dei fattori-chiave del successo dei FOM è dato dalla capacità di trasmettere al consumatore la percezione di un ottimo livello di rapporto prezzo/qualità: da un lato, il concetto di 'factory outlet' è abbinato ad un'ideale 'linea diretta' tra produttore e dettaglio, in grado di assicurare prezzi più contenuti rispetto al dettaglio specializzato tradizionale, o ai grandi magazzini; dall'altro, grazie anche alla parallela apertura nelle più prestigiose aree commerciali di Tokyo dei megastore delle grandi marche della moda internazionale, lo stesso concetto sembra non aver mai subito l'inquinamento d'immagine talvolta sofferto in Europa e negli Stati Uniti, legato alla percezione di un punto-vendita finalizzato allo smaltimento di rimanenze, se non addirittura di capi difettati. Tra i protagonisti dello sviluppo dei FOM è la società Chelsea Gca Japan, nata dall'accordo tra tre protagonisti della distribuzione. L'americana Chelsea Gca Reality è un'impresa specializzata nel settore della progettazione di centri commerciali, che ha realizzato non meno di venti centri commerciali negli Stati Uniti, e che ha curato la ricerca delle marche statunitensi da proporre nel mercato giapponese. Nissho Iwai - una delle più note trading company giapponesi - ed il gruppo immobiliare giapponese Mitsubishi Estate sono i partner locali della società americana; a loro è stato affidato congiuntamente sia il compito di ricercare ed invitare ad insediarsi nel centro commerciale le aziende giapponesi 40 Il Mercato della Moda in Giappone


del settore della moda e di quello della ristorazione, sia il compito di individuare le migliori localizzazioni commerciali, di ottenere i permessi per l'edificazione, e di monitorare l'intero processo di costruzione e di avviamento. La prima realizzazione della nuova società è stata la progettazione di un FOM a Gotemba, nella Prefettura di Shizuoka, a circa cento chilometri da Tokyo, per il quale sono stati investiti 5 miliardi di yen (circa 40 milioni di euro). Aperta nel 2000, la struttura ospita circa 70 negozi, con presenze miste sia di marche giapponesi che di marche estere. L'ultima delle strutture progettate sarà aperta nel 2004 in Kyushu (l'isola più occidentale del Giappone), ed ospiterà 80 punti vendita all'interno di uno spazio che si svilupperà su 13.000 metri quadri. FOM: il caso Yokohama Bayside Marina Ma a dare il via al vero e proprio boom di cui i FOM sono stati protagonisti negli ultimi anni è forse stata l'apertura (nel settembre del 1998) di Yokohama Bayside Marina, realizzato dal gruppo immobiliare Mitsui Fudosan con un investimento dichiarato di 3 miliardi di yen (circa 25 milioni di euro). Con una più che eccellente localizzazione (Yokohama è già di per sé una città di primaria importanza, per altro collegata senza soluzione di continuità all'area metropolitana di Tokyo), Yokohama Bayside Marina è uno dei più grandi FOM giapponesi. Si sviluppa su 30.000 metri quadri, dei quali 16.000 sono destinati alle attività commerciali, con oltre 50 negozi (con forte presenza del compartomoda) e 9 ristoranti. L'investimento si è subito mostrato più che centrato. Shigeto Kadowaki, direttore generale del centro commerciale, ha dichiarato di aver sorpassato il budget di fatturato già nel corso del primo anno di attività (le vendite previste erano di 12 miliardi di yen, ma è stato realizzato un fatturato di circa 14 miliardi di yen), grazie prevalentemente alla felice combinazione di una selezione di punti vendita di ottime marche, gestiti direttamente dalle aziende-madri, e di alcuni aspetti tipici dei parchi a tema. In effetti, Yokohama Bayside Marina è costruito sul modello di un antico porto del New England americano della prima metà dell'Ottocento. Per rafforzare la specificità del centro commerciale è stato incaricato del progetto RTKL Associates, uno studio di architettura di Baltimora, e si è data priorità nell'insediamento alle marche più schiettamente nordamericane ed insieme più popolari in Giappone, quali Eddie Bauer, Nike e Levi Strass. Allo stesso tempo, l'apertura di Yokohama Bayside Marina ha segnato il debutto commerciale nel mercato giapponese per 17 nuove marche; anche la presenza di molte 'facce nuove' è stata considerata una delle ragioni del successo del centro.

41 Il Mercato della Moda in Giappone


Marketing diretto: tante formule sotto uno stesso termine In Giappone i canali di marketing diretto sono molto dinamici ed aggressivi, e la dimestichezza che le famiglie mostrano di avere nei confronti dei cataloghi postali, delle vendite televisive, di quelle su internet e così via, appare ben superiore a quella rilevabile nelle famiglie italiane ad una pur soltanto impressionistica rilevazione. Certamente, la grande affidabilità del sistema dei servizi postali giapponesi, ben articolato tra il settore pubblico e quello privato, ha rappresentato (e continua a rappresentare) un prezioso asso nella manica nella partita quotidiana con i consumatori, rassicurati dalla certezza dei tempi e della qualità del servizio; fattori, questi, che – specularmente – hanno storicamente rappresentato la palude in cui si sono spesso impantanate le strategie di sviluppo dei canali diretti in Italia. Nonostante le favorevoli condizioni, la quota di mercato dei canali di marketing diretto sull'insieme delle vendite al dettaglio non è mai storicamente riuscita a superare il livello dei due punti percentuali, pur avendo comunque sensibilmente incrementato il fatturato nel corso dell'ultimo decennio. A confronto con i circa 130.000 miliardi di yen annui (poco più di 1.000 miliardi di euro) che alimentano in Giappone le vendite al dettaglio, e focalizzando l'analisi sullo scenario temporale dei primi anni Duemila, il direct marketing giapponese sviluppa infatti un giro d'affari di circa 2.500 miliardi di yen (circa 20 miliardi di euro), all'interno del quale si colloca nettamente in prima posizione il tradizionale business dei cataloghi postali. Al di là dei cataloghi postali, il sistema giapponese del marketing diretto si articola in una decina di canali. Strano a dirsi, ma nessuno dei canali attivi presenta segni evidenti di cedimento; senza eccezioni, infatti, tutti tendono a mantenere le posizioni, se non ad incrementare le loro quote. Molto diverso è il caso delle vendite su internet, che hanno mostrato un incremento 'a salto' nel 2001, evidentemente correlato all'eccezionale aumento degli allacciamenti domestici che si è registrata in Giappone nel corso del 2000-2001. La prima delle due tabelle che seguono, elaborate sulla base di dati pubblicati dall'Associazione giapponese del Direct Marketing 29 , presenta in uno schema sinottico i canali su cui si regge in Giappone il sistema del DM. 29

In Fact Book on Direct Marketing 2003, JADMA – Japan Direct Marketing Association, Tokyo, 2003. 42 Il Mercato della Moda in Giappone


Appare del tutto prioritario il ruolo dei cataloghi postali, che registrano una penetrazione di mercato pari al 52,6%. È interessante però notare che alle spalle del tradizionale catalogo segue un gruppo compatto di cinque diversi canali: le vendite televisive, le vendite dirette di prodotti pubblicizzati sui periodici, le vendite attraverso specifiche azioni di mailing postale, le vendite attraverso gli inserti dei quotidiani, e le vendite su internet. Tutti i canali citati mostrano un tasso di penetrazione di poco superiore al 20%, ma internet sta registrando un tasso di sviluppo notevole, tale da lasciar presagire il distacco dal gruppo già in occasione della prossima rilevazione periodica organizzata dall'associazione JADMA.

I CANALI DEL MARKETING DIRETTO Altri

1,9

Cataloghi per import diretto

2,9

Vendite radiofoniche

3,6

Servizi di carte di credito

12,2

Pubblicità nei quotidiani

14,9

Internet

20,5

Inserti nei quotidiani

22,0

Mailing postale

22,1

Pubblicità nei periodici

22,2

Vendite televisive

22,9

Cataloghi postali

52,6 0

10

20

30

40

50

60

Percentuali di utilizzo (2001) Fonte: JADMA, 2003.

43 Il Mercato della Moda in Giappone


Grazie alla natura stessa del business, che si struttura sull'attività di gestione di basi di dati, e che si nutre della capacità di analizzare le informazioni contenute all'interno di ogni record, il mondo del marketing diretto offre di sé una rappresentazione particolarmente ricca e nitida: per ricostruire pressoché tutti gli aspetti che caratterizzano il consumo che viaggia sui canali commerciali diretti è sufficiente articolare, combinare ed interpretare i dati quantitativi disponibili. La tabella che segue, ad esempio, è stata elaborata su dati estratti dal testo già citato, pubblicato da JADMA, e mostra quali siano le tipologie merceologiche che si vendono in Giappone sui canali del marketing diretto. L'egemonia del comparto dell'abbigliamento, e più in generale dei prodotti per la persona, appare non soltanto evidente, ma anche ben stabile nell'estrapolazione della tendenza degli ultimi anni; il volume del fatturato relativo alla moda donna appare pressoché doppio di quello sviluppato dalla moda uomo. Tra i prodotti che mostrano una tendenza orientata ad una netta crescita si segnalano due comparti non troppo distanti tra loro: quello della cosmesi e della cura del corpo, ed il comparto dell'alimentazione salutista. I 10 PRODOTTI PIU' VENDUTI NEL MARKETING DIRETTO 13,5

Arredamento Abbigliamento bambini

14,0

Prodotti salutisti

14,1 15,7

Alimentari

18,0

Calzature ed accessori moda

19,7

Prodotti per il tempo libero

22,0

Abbigliamento uomo

23,7

Cosmetici

30,0

Abbigliamento intimo

40,9

Abbigliamento donna 0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

(Valori in percentuale; anno 2001)

Fonte: JADMA, 2003.

44 Il Mercato della Moda in Giappone


Con gli intervistati che hanno dichiarato di aver utilizzato qualche canale di marketing diretto, l'indagine di JADMA ha anche approfondito le ragioni che li hanno motivati a farlo. Grazie all'analisi dei risultati, si può ottenere un interessante quadro sinottico dei punti di forza del direct marketing in Giappone, cogliendo visivamente il confronto tra i fattori davvero critici del successo del business e quelli che, pur concorrendo favorevolmente all'immagine di successo dei canali diretti, occupano una posizione relativamente secondaria. Tra questi, non del tutto marginale (7%) è una motivazione di taglio misantropico ("non mi piacciono le commesse"), che – anche se nella genericità della traduzione italiana può apparire mirata esclusivamente al personale di sesso femminile, nella realtà dell'indagine si riferisce genericamente ad un'avversione nei confronti dell'intervento di mediazione del personale di vendita all'interno dei negozi. È, comunque, il fattore-prezzo (40,2%) a trainare il successo delle vendite dirette, pur senza tralasciare la caratteristica dell'originalità dei prodotti proposti (35,9%) e della loro capacità di attrarre il consumatore (33,5%). Le altre motivazioni sono molto legate alla specificità dei canali non-store: il risparmio di tempo e fatica (32,4%), la possibilità di valutare l'acquisto senza fretta ed in maniera ponderata (26,9%).

I MOTIVI DELLA SCELTA DEL DM 0,6

Il DM va di moda

2,6

Mi hanno consigliato di usare il DM

7,0

Non mi piacciono le commesse dei negozi Posso scegliere come pagare

8,3

Recapitano gli acquisti quando voglio io

8,7 10,0

Si può restituire la merce

26,3

Ho i cataloghi senza neanche richiederli

26,9

Posso scegliere con tutta calma

30,3

Ho già fatto buone esperienze di DM

32,4

Non esco e risparmio tempo e fatica

33,5

I prodotti sono affascinanti

35,9

I prodotti sono irreperibili altrove

40,2

Mi convince il prezzo 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 Indicazioni in percentuale. Risposte multiple.

Fonte: JADMA, 2003.

45 Il Mercato della Moda in Giappone


Comprare moda su internet Attraverso l'analisi dei risultati del sondaggio tra i consumatori giapponesi realizzato per questa ricerca, si è anche rilevato il livello di fiducia attribuito dal pubblico ai diversi canali del marketing diretto. Un risultato forse poco prevedibile dell'indagine, condotta nel corso dell'ultimo trimestre del 2003, ha mostrato un più che solido livello di affidabilità di internet, il cui valore non soltanto supera quello attribuito alle vendite televisive, ma – nell'opinione di qualche fascia di età – è addirittura superiore a quello registrato dai cataloghi postali.

"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 Televisione Internet Cataloghi

Ventenni 26,7 66,7 33,3

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni Sessantenni

23,5 28,0 23,5 35,6 29,4 48,0 47,1 44,4 41,2 32,0 52,9 42,2 Percentuali di consenso con l'affermazione per fascia di età

17,3 43,2 29,6

Fonte: Diva Eris, 2003.

Uno dei motivi di interesse di questo dato risiede nell'evidente superamento del limite dell'intangibilità specifica di internet; il catalogo postale ha sempre goduto del vantaggio 46 Il Mercato della Moda in Giappone


della materialità, e le vendite televisive della istituzionalità specifica della TV. Evidentemente, negli ultimi anni l'immagine di internet si è anch'essa progressivamente consolidata, tanto da far sì che – nel caso-limite dei ventenni – quasi il 70% degli intervistati si siano detti d'accordo con l'affermazione "è possibile acquistare buoni abiti alla moda su internet", mentre nei casi dei cataloghi postali e della TV la percentuale di accordo si è mantenuta attorno al 30%. È ipotizzabile che, in questo caso, l'enfasi posta nella domanda sul concetto di 'moda' abbia giocato a favore di internet, visto come mezzo 'moderno' e dunque più ragionevolmente vicino alla moda di quanto non possa essere, per la specifica natura del mezzo, il catalogo postale, ed i format delle vendite televisive, probabilmente lontane dall'immagine fresca e dinamica del web.

I NOMI DA MONITORARE NELL'E-COMMERCE E-NET JAPAN GETWAY PRINCE HOTELS SENSHUKAI SOFTMAPS SOTEC X-ING

Le vendite televisive Se lo sviluppo delle vendite su internet colpisce a causa della novità del canale e della rapidità di diffusione, non meno dinamico appare però il comparto delle vendite per televisione, trainate dalle cifre di Jupiter, la firma che sigla un canale TV riservato esclusivamente alle vendite dirette. Gestito da Shigeru Ohashi, che spesso promuove personalmente in video i prodotti posti in vendita, lo sviluppo del canale è stato rapido e tangibile, avendo raggiunto un fatturato di poco inferiore ai 30 miliardi di yen (240 milioni di euro) nel corso del 2002. Un aspetto profondamente innovativo di Jupiter Channel è la sua progressiva 'tangibilizzazione': il successo delle vendite via etere ha spinto il management ad aprire a 47 Il Mercato della Moda in Giappone


Tokyo un negozio vero e tangibile, con un percorso che – se verrà premiato dai livelli di fatturato – potrebbe continuare ad espandersi nel resto del Giappone. Anche nel caso di Jupiter Shop Channel si conferma il ruolo assolutamente primario, nel dettaglio giapponese, della componente di servizio al cliente. Mentre le procedure di raccolta degli ordini sono prevalentemente automatizzate, la maggior parte dell'attività degli addetti al call center di Tokyo (e, prossimamente, anche degli addetti al call center di Osaka, la cui apertura è prevista nel corso del 2004) è focalizzata su due attività diverse da quella della vendita in senso stretto: il servizio di risposta alle richieste di informazioni specifiche sui prodotti e quello dell'assistenza post-vendita.

I NOMI DA MONITORARE NELLE VENDITE TELEVISIVE JAPANET TAKATA JUPITER ORBIS QVC JAPAN TOKYO MYCOOP

I cataloghi postali: il caso Belluna L'azienda di Saitama è tra le principali protagoniste del mercato giapponese delle vendite per corrispondenza. I circa trenta diversi cataloghi postali di Belluna toccano settori e merceologie molto eterogenee, tra cui predominano i comparti dell'arredamento e, soprattutto, quello della moda, nel quale risiede il cuore del fatturato dell'azienda. Belluna impiega oltre 700 addetti, e nonostante le difficoltà riscontrate nell'ultimo anno in Giappone anche dalle più forti strutture del dettaglio (a partire dai grandi magazzini), ha chiuso l'ultimo conto economico con un significativo incremento di fatturato. Anche se gli utili non si sono sviluppati proporzionalmente al fatturato, le previsioni aziendali per la chiusura del 2003 appaiono orientate ad un sereno ottimismo, rafforzato dalla considerazione del fatto che - nel settore dei cataloghisti postali - Belluna sia considerata l'azienda più stabilmente in crescita.

48 Il Mercato della Moda in Giappone


Belluna distribuisce i suoi cataloghi attraverso due canali. Alcuni cataloghi sono diffusi nel canale delle librerie (pressoché onnipresenti in tutti gli scenari urbani giapponesi, e frequentatissime in qualsiasi orario; quelle aperte anche nelle fasce serali e notturne non sono da meno in quanto a concentrazione di pubblico), e si presentano come voluminose ed eleganti riviste patinate. Venduti a prezzo di copertina, si rivolgono prevalentemente ad un pubblico femminile di età compresa tra i 25 ed i 35 anni. Ancora più massiccia è la diffusione postale, che solitamente avviene a séguito della compilazione e dell'invio di un tagliando di richiesta del catalogo da parte della clientela. I tagliandi sono pubblicati all'interno degli inserti pubblicitari di giornali quotidiani, riviste e periodici specializzati, e la gestione delle basi di dati che vengono costruite attraverso i dati provenienti dalle richieste della clientela rappresenta un patrimonio informativo di marketing che è alla base dell'intero business delle vendite postali. Per quanto riguarda la segmentazione della clientela, non è necessario addentrarsi in analisi particolarmente complesse: il mercato di Belluna è un universo femminile, in cui gli uomini rappresentano un'esigua minoranza attestata al di sotto del 15%, anche se l'azienda ammette di voler destinare maggiore attenzione nel futuro alla clientela maschile. Ma nell'universo femminile delle lettrici dei cataloghi postali è però marginale la presenza delle adolescenti e delle giovani. Dall'analisi dei dati JDMA si iniziano a trovare addensamenti non marginali di clientela a partire dalla fascia dei 30 anni, per concentrarsi progressivamente ed in misura crescente all'aumentare dell'età, e raggiungere la maggiore densità nelle generazioni delle cinquantenni e delle sessantenni. Ancora allo stato embrionale, invece, sono le sperimentazioni relative alle vendite dirette su internet. Attualmente, Belluna è entrata nel settore in maniera marginale ed indiretta, gestendo un portale dedicato ai dettaglianti interessati a sviluppare il settore; né, per altro, il management di Belluna appare molto interessato ad investire in quest'area d'affari. L'interesse predominante di Belluna nella ricerca di nuovi prodotti e nuovi fornitori può essere ben riassunto in una sola parola: novità. Settori, tipologie di prodotto, aree merceologiche assumono un'importanza del tutto marginale rispetto all'esigenza di novità, che rappresenta uno dei fattori-chiave nel meccanismo d'acquisto delle clienti dell'azienda: fattore, questo, perfettamente in linea con diverse analisi interpretative del comportamento prudente dei consumatori giapponesi nel corso degli ultimissimi anni, alcune delle quali riportate anche in questo rapporto30. 30

Per tutti, cfr. gli interventi già citati di M. Tani e Y. Tajima. 49 Il Mercato della Moda in Giappone


Nobuaki Nakanishi, dirigente di Belluna31, così spiega il punto di forza di questo canale commerciale: "Ha presente il concetto di acquisto d'impulso? Bene, noi ci basiamo esattamente sul principio opposto: l'acquisto ponderato. I nostri cataloghi vengono letti in casa nel tempo libero. Senza fretta, la nostra lettrice sfoglia la rivista, si sofferma su ciò che attira la sua attenzione, e legge fino in fondo la descrizione del prodotto che la interessa. E qui c'è la nostra capacità maggiore, nel fornire buone argomentazioni all'acquisto. Per questo è importante per noi presentare prodotti nuovi, soprattutto se c'è una storia da raccontare: una funzione d'uso tradizionale ma poco nota, un dettaglio innovativo, un particolare che non tutti conoscono." Nonostante che sui cataloghi siano presenti anche prodotti di fascia alta e di livello internazionale in termini di notorietà di marca, in realtà la fascia di prezzo su cui si concentrano gli acquisti postali è prevalentemente media. Le grandi marche contribuiscono a dare lustro, prestigio ed immagine alle insegne dei cataloghisti postali, ma le consumatrici preferiscono ancora vivere l'emozione dell'acquisto di capi-moda con etichette di prestigio nello scenario rituale e gratificante del grande magazzino, a cui rimane (abbastanza) saldamente fedele il segmento delle donne non più giovanissime per quel che riguarda l'abbigliamento 'importante'. Studiando il sistema di offerta di Belluna o di altri cataloghisti postali non dovrebbe essere difficile, per un'azienda italiana, verificare quanto realistica sia l'eventualità di avviare contatti con questo canale di 'vendite senza negozio' per commercializzare i propri prodotti in Giappone. Belluna, ad esempio, frequenta abitualmente le fiere internazionali, e spesso viene anche contattato dalle shosha più attive nei comparti della moda e dell'arredamento per valutare nuove collezioni o nuovi prodotti.

31

Dirigente dell'Area Pianificazione Strategica. 50 Il Mercato della Moda in Giappone


LO SCENARIO COMPETITIVO

Marche internazionali e nazionali: punti di forza e di debolezza, minacce ed opportunità

Uno dei fattori rilevanti nella competizione internazionale risiede nell'immagine del paese produttore. Su questo tema, di grande interesse è l'esame delle dinamiche che si sono registrate nel corso dell'ultimo biennio in merito alle preferenze manifestate dai consumatori rispetto ad alcune specifiche tipologie di prodotto tra articoli di importazione ed articoli di produzione nazionale. Il tema è stato approfondito all'interno di una recente indagine sugli orientamenti di consumo e sugli atteggiamenti dei consumatori rispetto ai prodotti di importazione 32 . Rispetto alla domanda specifica sulle loro preferenze tra prodotti di importazione o nazionali per ciascuna tipologia, si rileva un calo leggero (dell'ordine di 1-2 punti percentuali) ma diffuso su tutti i prodotti nel caso della scelta di beni di importazione; parallelamente, ma con un calo di maggiori dimensioni, sono anche in diminuzione i consumatori che mostrano preferenze per i prodotti nazionali. Il risultato più forte ed evidente, dunque, è dato dal netto incremento del segmento dei consumatori che non ritengono di esprimere alcuna preferenza di massima tra prodotti nazionali ed esteri: un risultato coerente con gli effetti della globalizzazione e con la correlata generale riduzione della visibilità dell'origine dei prodotti, o comunque della distrazione dell'attenzione dei consumatori da questo specifico aspetto. 32

The 10th Survey on Consumers' Awareness of Imported Goods, MIPRO, Tokyo, 2002. 51 Il Mercato della Moda in Giappone


PRODOTTI A CONTENUTO MODA: TENDENZE NELLA PREFERENZA TRA PRODOTTI NAZIONALI O DI IMPORTAZIONE (Dati espressi in percentuale) Prodotto

Scelgono prodotti esteri 2002 2000

Scelgono prodotti nazionali 2002 2000

Nessuna preferenza 2002 2000

Capispalla donna

6,1

6,9

34,1

34,0

59,9

59,1

Capispalla uomo

8,1

10,4

31,9

37,0

59,9

52,6

Sciarpe e cravatte

24,1

25,3

11,1

17,9

64,9

56,8

Intimo e calze

4,3

5,2

40,2

43,1

55,5

51,7

Borse

29,0

31,6

11,1

12,8

59,9

55,5

Calzature non sportive

11,9

13,4

31,7

35,0

56,4

51,6

Cinture, portafogli, acc.ri

21,2

22,2

9,4

18,5

69,4

59,3

Fonte: MIPRO, 2003.

La tabella sopra riportata mostra come alcuni prodotti di importazione del comparto moda godano – nelle scelte del consumatore - di una posizione di notevole vantaggio sugli altri. In particolare, i consumatori si mostrano fortemente esterofili nella scelta di borse, sciarpe, cravatte, cinture e portafogli; è il mondo dei complementi-moda e degli accessori che viene, evidentemente, eletto al vertice di prodotti 'da comprare d'importazione'. Competizione tra aziende: quanto pesa l’immagine del paese di origine? Probabilmente, il dato più interessante che scaturisce dall'analisi della tabella precedente risiede nell'incremento trasversale e pressoché indifferenziato dei valori registrati nella colonna "nessuna preferenza", che senza alcuna eccezione tocca tutti i prodotti citati. Il risultato può essere letto come effetto congiunto della perdita di identità d'origine dei prodotti (causato dalla globalizzazione), da un lato, e della maggiore familiarità con i prodotti d'importazione, dall'altro. Questo dato è rilevante perché, nel medio-lungo periodo, la tendenza qui registrata potrebbe teoricamente portare le imprese italiane al progressivo azzeramento del vantaggio competitivo ascritto del made in Italy; ciò solleva l'esigenza non soltanto di non 52 Il Mercato della Moda in Giappone


interrompere, ma anche di non allentare mai la tensione nella pianificazione ed attuazione di specifiche e continue azioni a supporto della specificità ed unicità del prodotto italiano. Ma, in parallelo, è altrettanto necessario attivare azioni efficaci contro l'usurpazione del vantaggio competitivo connesso all'immagine della denominazione di origine; in mancanza di questo corollario, qualsiasi azione di promozione del made in Italy conferirebbe automaticamente un contributo insperato anche all'attività di mistificatori e falsari. Eppure, il vantaggio - per quanto risicato - che il nostro paese conquista nell'attribuirsi il ruolo di 'fonte della moda' rispetto alla Francia, sua concorrente storica, è da intendersi riconosciuto in modo generico, oppure la competizione tra i due paesi può riservare sorprese se la si osservi con una lente di ingrandimento, osservando – ad esempio – le differenze espresse tra segmenti diversi di consumatori, o se – cambiando angolo di visuale – si ricerchino eventuali distinguo espressi dai consumatori in funzione delle diverse tipologie di prodotto-moda? La domanda, evidentemente retorica, trova alcune interessanti risposte sia nei risultati dell'indagine diretta realizzata nel corso di questa ricerca, per quel che riguarda le differenti opinioni espresse dalle diverse classi di età, sia all'interno del già citato sondaggio MIPRO sugli atteggiamenti dei consumatori giapponesi nei confronti dei prodotti di importazione. Agli intervistati che si sono manifestati favorevoli all'acquisto di prodotti di importazione è stato richiesto da quale paese produttore avrebbero preferito acquistare i beni che attirano il loro maggiore interesse. Attraverso l'analisi incrociata dei paesi d'origine così individuati con le motivazioni addotte per la scelta d'acquisto, è possibile ricostruire l'immagine - sintetica ma indicativa dei paesi produttori percepita dagli intervistati. L'osservazione dei risultati, riportati nella tabella che segue, mostra come la conquista della prima posizione per quel che riguarda l'immagine-moda si combatta su fronti diversi, e con sorti alterne, tra diversi paesi. Nel segmento degli accessori moda (in particolare, quello di sciarpe e cravatte) non c'è ancora un unico vincitore: la prima posizione è condivisa, ex aequo, da Francia ed Italia. Nel comparto del casual, invece, non c'è lotta per le prime posizioni: il dominio delle marche USA è evidente, pur se l'Italia è comunque presente sul podio, in terza posizione, dopo le marche cheap della Cina (l'unica, e totalmente unanime, motivazione addotta dagli intervistati per la segnalazione della preferenza verso i prodotti cinesi è appunto quella del 53 Il Mercato della Moda in Giappone


basso costo). A sostenere la scelta italiana, l'argomento del disegno, dello stile e del colore (89%) si unisce all'immagine di marca (44%). Gli articoli di pelletteria vedono, invece, la netta supremazia italiana (39,7%) con la Francia notevolmente distaccata (19,1%) e la comparsa, in terza posizione, del Regno Unito. Ulteriore vittoria dell'Italia nel comparto calzature (41,2%), accompagnata da una motivazione che testimonia il forte livello di affermazione della notorietà delle marche leader, oltre alla scelta generalizzata del disegno e dello stile. Da segnalare che, in questo comparto, la posizione degli Stati Uniti emerge vincente rispetto a quella britannica, pur tradizionalmente molto blasonata nell'immagine-paese legata al sistema d'offerta della calzatura-uomo di taglio classico. PAESI D'IMPORTAZIONE PREFERITI PER ALCUNI PRODOTTI A CONTENUTO-MODA Prodotto

Paese di origine

Motivazione della scelta d'acquisto

Cravatte e sciarpe

Francia (32,6%)

Design, stile, colori (89,7%) Disponibilità di una marca favorita (51,7%) Design, stile, colori (75,9%) Disponibilità di una marca favorita (41,4%) Design, stile, colori (60,0%) Disponibilità di una marca favorita (40,0%) Prezzo ragionevole (100%) Design, stile, colori (88,9%) Disponibilità di una marca favorita (44,4%) Design, stile, colori (56,0%) Disponibilità di una marca favorita (56,0%) Disponibilità di una marca favorita (66,7%) Design, stile, colori (42,9%) Disponibilità di una marca favorita (85,7%) Design, stile, colori (42,9%) Disponibilità di una marca favorita (66,7%) Design, stile, colori (57,1%) Design, stile, colori (71,4%) Qualità, durata, prestazioni superiori (42,9%) Disponibilità di una marca favorita (42,9%) Qualità, durata, prestazioni superiori (40,0%) Design, stile, colori (40,0%) Disponibilità di una marca favorita (40,0%)

Italia (32,6%) Abbigliamento casual

Stati Uniti (40,0%) Cina (17,3%) Italia (12,0%)

Cinture, portafogli, accessori

Italia (39,7%) Francia (19,1%) Gran Bretagna (11,1%)

Calzature (non sportive)

Italia (41,2%) Stati Uniti (13,7%) Gran Bretagna (9,8%)

Fonte: MIPRO, 2003.

54 Il Mercato della Moda in Giappone


Punti di debolezza e minacce per la moda di importazione

La già citata indagine di MIPRO illustra alcuni interessanti aspetti nel merito delle cause di insoddisfazione dei consumatori rispetto ai prodotti di importazione del comparto moda. L'argomento è tutt'altro che marginale; circa il 40% degli intervistati ha infatti avanzato qualche lamentela verso i prodotti esteri acquistati negli ultimi anni. Se i mugugni ed i reclami sono diffusi in tutti i settori dei beni di consumo, i settori che registrano i maggiori livelli di insoddisfazione sono anche quelli con il maggior tasso generale di utilizzazione (alimentari e sistema moda-abbigliamento). Il dato è comprensibile; i prodotti di importazione tendono a diventare una componente quotidiana della vita dei consumatori giapponesi, i quali – a mano a mano che entrano in contatto ed acquistano dimestichezza con i prodotti esteri – tendono naturalmente a percepirne i problemi ed a manifestare i segni della loro insoddisfazione. È probabilmente inevitabile che la maggiore frequentazione e dimestichezza con prodotti di importazione comporti anche un incremento di problemi, insoddisfazioni e disagi. L'indagine ha già evidenziato come questa esperienza sia comune a 4 consumatori su 10; a questi è stato quindi chiesto come poi gestiscano le contestazioni. Circa la metà dichiara di averne discusso con il venditore, mentre il 10% afferma di non aver poi mosso alcun passo a séguito dei disagi rilevati, o di averne parlato con qualche agenzia pubblica; inoltre, le stesse associazioni di consumatori non sembrano essere del tutto preparate a gestire informazioni sui prodotti di importazione. Nel caso del sistema moda-abbigliamento, i disagi e le lamentele sono causati: 1. da una generale percezione di qualità inferiore a quella della produzione nazionale, intesa in senso di prestazioni e durata del prodotto; 2. dal prezzo alto; 3. dall'insoddisfacente livello di vestibilità. È interessante rilevare che le posizioni delle ultime due voci si sono invertite rispetto ai precedenti sondaggi. In effetti, il livello di insoddisfazione correlato alla vestibilità si è 55 Il Mercato della Moda in Giappone


praticamente dimezzato, probabilmente in correlazione agli sforzi dei produttori esteri nell'adeguarsi alla morfologia del corpo dei consumatori giapponesi. Va inoltre sottolineato che, nel campo dell'abbigliamento, si riscontra con frequenza sempre maggiore il ricorso alla produzione in paesi asiatici a basso costo del lavoro di capi progettati e disegnati in Giappone, e per tanto del tutto adeguati alle specifiche esigenze di vestibilità. Sul secondo punto, va registrato il nettissimo incremento delle lamentele a causa dei prezzi troppo alti dei prodotti di importazione. La richiesta di prodotti di qualità a basso prezzo, abbinata agli effetti corrosivi della recessione a lungo termine, va provocando una sensibile trasformazione nel sistema di percezione dei prezzi al dettaglio. Infine, anche nell'edizione 2002 dell'indagine, come già in quelle precedenti, gli intervistati che hanno manifestato un atteggiamento genericamente negativo verso i prodotti di importazione hanno fornito argomentazioni prevalentemente correlate alla qualità ed alla sicurezza dei prodotti. È anche da notare che è passata al primo posto la motivazione legata agli effetti negativi che le importazioni potrebbero avere per l'industria nazionale, il che conferma l'ipotesi del sempre più diffuso livello di preoccupazione dei consumatori nei confronti della salute dell'economia. I dati riportati nella tabella che segue si riferiscono all'area grigia delle lamentele dei consumatori nei confronti dei prodotti-moda di importazione. A commentare la tabella, che per la sua chiarezza non richiede alcuna chiosa, va soltanto evidenziato come il fattore-prezzo sia causa di lamentela soltanto per il comparto pelletteria ed accessori, mentre nel caso dell'abbigliamento i consumatori tendano ad essere molto più critici rispetto agli altri fattori evidenziati. Va da sé che le informazioni che emergono dall'indagine sono in grado di fornire spunti molto utili sia alle aziende già attive nel mercato giapponese, che – in questo caso – troveranno un utile riscontro ed un supporto alle rilevazioni effettuate attraverso le loro specifiche esperienze quotidianamente vissute in prima persona, sia alle imprese che utilizzano questo lavoro come supporto alla pianificazione strategica del loro prossimo accesso nel mercato.

56 Il Mercato della Moda in Giappone


PRINCIPALI MOTIVI DI INSODDISFAZIONE RISPETTO AI PRODOTTI DI IMPORTAZIONE A CONTENUTO-MODA

Prodotto

1° motivo di insoddisfazione

%

2° motivo di insoddisfazione

%

3° motivo di insoddisfazione

%

Abbigliamento casual

Qualità, durata, prestazioni

71,5 Vestibilità

28,5 Prezzo

9,7

Capispalla uomo

Qualità, durata, prestazioni

48,1 Vestibilità

40,7 Prezzo

37,0

Sciarpe e cravatte

Prezzo

52,4 Qualità, durata, prestazioni

31,0 Design, stile, colori

14,3

Intimo e calze

Qualità, durata, prestazioni

61,8 Vestibilità

23,5 Prezzo

20,6

Borse

Prezzo

65,8 Qualità, durata, prestazioni

34,2 Servizio post vendita

10,5

Calzature non sportive

Qualità, durata, prestazioni

42,9 Vestibilità

31,4 Prezzo

28,6

55,9 Qualità, durata, prestazioni

29,4 Vestibilità

8,8

Cinture, portafogli, acc.ri Prezzo

Fonte: MIPRO, 2003.

57 Il Mercato della Moda in Giappone


Dimensioni e quote nel mercato dell'import: la posizione dell'Italia Le valutazioni in merito possono essere eterogenee, e vissute in maniera più o meno positiva in funzione delle inclinazioni e delle aspettative di ciascun lettore; ma il linguaggio delle cifre è oggettivo, e fornisce un punto di partenza per le riflessioni che possono poi svilupparsi dalla loro analisi. Ecco, dunque, i dati33: nel 2002 l'Italia si è posizionata al secondo posto tra i paesi esportatori di abbigliamento verso il Giappone, totalizzando un fatturato export di 112 miliardi di yen. Migliore dell'Italia è stato soltanto il risultato realizzato dall'imponente flusso di beni proveniente dalla Cina, che – quasi esclusivamente con prodotti compresi nella fascia bassa del mercato – si è assicurata una decisamente dominante quota di mercato (79%). Il secondo posto occupato dall'Italia - che corrisponde, al cambio corrente, a poco meno di 900 milioni di euro – equivale ad una quota di mercato di poco superiore al 5%, il che fornisce con viva immediatezza la dimensione del distacco tra la posizione egemone della Cina nell'interscambio commerciale di abbigliamento con il Giappone. Ma qualsiasi genere di analisi che intenda comparare l'export italiano con quello cinese sarebbe del tutto fuorviante, sia per motivazioni legate alla specifiche tipologie di prodotto, che a tutt'oggi appaiono oggettivamente così eterogenee da risultare di pressoché impossibile comparazione, sia per la rilevanza della quota di produzione cinese importata in Giappone che nasce, però, dalle operazioni di delocalizzazione produttiva effettuate da imprese originarie di paesi occidentali o dello stesso Giappone. Più interessante, invece, è il dato relativo alla dinamica delle esportazioni italiane, che porta segno positivo, ed un valore incrementale del 3,5% rispetto al 2001. Cresce, dunque, l'export italiano di abbigliamento in Giappone, e la tendenza appare confermata dai dati relativi al primo semestre del 2003. Pur se in uno scenario complessivamente negativo, che ha frenato il valore complessivo delle importazioni giapponesi, la quota di mercato italiana è salita ulteriormente, a conferma della buona immagine che il comparto mantiene sia tra il pubblico dei consumatori, sia tra i compratori professionali giapponesi. Meno positivi i dati del comparto pelletteria, le cui esportazioni verso il Giappone hanno subito un calo percentuale a due cifre (si è registrata una diminuzione pari all'11%). Dimensionalmente molto rilevante, il valore dell'export italiano si è attestato attorno agli 33

Fonti: International Financial Satistics (IMF); Ministero giapponese delle Finanze; JETRO. 58 Il Mercato della Moda in Giappone


80 miliardi di yen, un risultato globale non molto lontano – in termini di ordine di grandezza – da quello registrato dall'insieme del comparto abbigliamento. Anche in questo caso, valutando le quote di mercato, le esportazioni italiane in Giappone si posizionano al secondo posto con una quota del 19%, ancora una volta nettamente precedute dalla Cina (46%), e sopravanzando, pur se di poco, l'export francese, che ha conquistato una quota inferiore a quella italiana soltanto di pochi decimi di punto percentuale. I primi dati relativi al 2003, che pure segnalano l'avvenuto sorpasso da parte della Francia, comunicano un lieve incremento della quota di mercato dell'export italiano; ciò è reso possibile da una dinamica di segno complessivamente negativo del valore delle importazioni giapponesi.

59 Il Mercato della Moda in Giappone


Strade e strategie commerciali delle marche estere di moda presenti sul mercato giapponese Questo capitolo propone una sintesi di tre casi aziendali di particolare interesse, relativi alle strategie seguite negli ultimi anni da imprese europee che si sono affermate nel mercato giapponese. Per quel che riguarda i casi di Zara e Benetton, si tratta di imprese che hanno scelto la strada della presenza diretta sul mercato (o che, come nel caso di Benetton, sono arrivati a questa scelta conclusiva); il terzo caso presenta il partner di successo di un impressionante parterre di grandi nomi della moda internazionale, che hanno scelto di svilupparsi e radicarsi nel mercato grazie alla collaborazione con Itochu Shoji. Zara, il successo è nell’innovazione di sistema 2001: uno degli anni peggiori per il dettaglio internazionale, segnato da fallimenti ed uscite di scena più o meno silenziose. Ma in questo scenario tutt'altro che incoraggiante, quando nella mattinata del 15 gennaio 2002 si sono accesi i riflettori del centro convegni Jacob Javits di New York per l'assegnazione del premio per l'operatore al dettaglio dell'anno – un riconoscimento di grande prestigio nel settore, assegnato dalla Federazione Nazionale del Dettaglio degli USA – è salito sul podio a ricevere il premio il signor José Maria Castellano Rios, dirigente di Inditex. La società galiziana Inditex, proprietaria del marchio Zara (con il quale realizza oltre il 70% del fatturato del gruppo) e di altri marchi commerciali con cui opera su diversi mercati internazionali, ha una storia relativamente breve, se comparata all'anzianità di molte aziende di pari rilievo internazionale. Avviata come piccola unità produttiva nel 1963, Inditex ha attivato la commercializzazione diretta soltanto nel 1975, con un piccolo negozio nel nord della Spagna. Ma è con l'avvento del nuovo secolo che ha avuto inizio la storia di Inditex come caso vincente nel mercato internazionale dell'abbigliamento, diventando l'oggetto di studio di prestigiosi osservatori e commentatori dell'industria mondiale34. Tra gli altri: "The Most Devastating Retailer in the World", The New Yorker, settembre 2000; "Just-inTime Fashion: Spanish Retailer Zara Makes Low Cost Lines in Weeks by Running Its Own Show", The Wall Street Journal, 18 maggio 2001; "Galician Beauty: Spanish clothier Zara beats the competition at 34

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La formula imprenditoriale di Zara in Giappone non differisce sostanzialmente da quella che guida le operazioni del gruppo su tutti i mercati del mondo. "La mamma di mezz'età compra da Zara perché non costa troppo, e sua figlia che ha poco più di vent'anni compra da Zara perché è alla moda. Evidentemente, Zara cavalca le due tendenze vincenti del dettaglio: prezzo basso e contenuto-moda, e riesce a combinarle in una formula eccezionalmente efficace35." Nel 1998, anno di avvio delle operazioni del marchio Zara nel mercato giapponese, Inditex era già presente in altri almeno dieci mercati esteri. Nella scelta della strategia d'accesso, i dirigenti del gruppo spagnolo valutarono l'eventualità di avviare una collaborazione con un grande magazzino o con una delle grandi trading company giapponesi. Il risultato delle prime esplorazioni del mercato non fu soddisfacente: tutte le soluzioni prospettate sembravano porre troppi limiti all'autonomia ed all'indipendenza commerciale di Zara. La scelta della creazione di una società autonoma fu, dunque, considerata la più coerente con le caratteristiche dell'azione commerciale dell'azienda: velocità e flessibilità innanzi tutto. Fattore-velocità, dunque. La rapidità del tempo di risposta di Zara ai segnali della moda ha dell'incredibile: nei casi più estremi, la marca riesce a concludere in soli trenta giorni il ciclo che parte dall'identificazione di una nuova tendenza ed arriva alla consegna del nuovo prodotto nei punti-vendita, passando attraverso il disegno, lo sviluppo del modello, la sua ingegnerizzazione e prototipazione, l'approvvigionamento dei materiali a distintabase, la confezione ed il controllo di qualità. Più in generale, un tempo medio di risposta può essere di due o tre mesi, il che rappresenta un risultato molto difficile da immaginare per la maggior parte dei produttori di moda. Per aziende analoghe a Zara per fascia di mercato e dimensioni aziendali i tempi che intercorrono dal primo schizzo del nuovo modello all'approvvigionamento dei punti vendita sono infatti molto più lunghi: 4 mesi per le aziende 'veloci', e fino a 12 mesi per quelle impostate in modo più tradizionale. Un principio-chiave che ha consentito a Zara questo genere di risultati risiede nella logica con cui è concepito lo stesso concetto di adeguamento alle dinamiche della moda. Invece di concentrare gli sforzi negli studi mirati a prevedere con molti mesi di anticipo che cosa potrà essere richiesto dai consumatori, l'azienda si è focalizzata concentrato gli sforzi sulla efficiency – and just about everything else", Forbes, 28 maggio 2001; "Fast Fashion: How a secretive Spanish tycoon has defied the postwar tide of globalization, bringing factory jobs from Latin America and Asia back o Continental Europe", Newsweek, 27 settembre 2001; "Zara", Case History, Columbia Business School, 2002. 35 Devangshu Dutta, "Retail @ the Speed of Fashion", in imagesfashion.com, New Delhi, 2003. 61 Il Mercato della Moda in Giappone


capacità di reazione immediata alle dinamiche già in essere della domanda. "Rispondere alla domanda, piuttosto che prevederla" sembra essere lo slogan dell'azienda: ma per molti concorrenti vincolati ai tradizionali cicli e tempi di produzione, questa strategia è, oggettivamente, inapplicabile. È evidente che riuscire a cogliere una nuova tendenza e piazzare subito il prodotto giusto non soltanto riduce il rischio intrinseco nel concetto stesso del prevedere le tendenze future, ma consente anche di spiazzare la concorrenza. Dunque, il fattore-velocità di Zara resterebbe una enunciazione teorica di principio, se non fosse supportata da un efficace modello di organizzazione della produzione. Il gruppo creativo di Zara è attivo per tutto l'anno, ed è organizzato per ricevere costantemente segnalazioni su quel che accade nel mercato. A questo scopo, non viene utilizzato alcun istituto di ricerca; le informazioni provengono dai punti-vendita sparsi in tutto il mondo, sotto forma di telefonate e di e-mail. Lo sviluppo di nuove linee e nuovi modelli è costante, e le nuove proposte approvate per il passaggio in produzione possono contare su di un processo produttivo reso rapido da un paio di principi-base. Innanzi tutto, le persone-prodotto di Zara sanno di dover privilegiare, nella progettazione dei capi, una gamma di materiali molto ristretta, il che ne rende possibile la tendenziale disponibilità a magazzino. Ma un ulteriore fattore di accelerazione del processo può essere individuato nell'integrazione a monte del gruppo, che - pur non essendo attivo nella tessitura - gestisce direttamente la tintura, accelerando sensibilmente i tempi di messa in disponibilità del materiale tinto alla linea di taglio. Il secondo principio-chiave risiede nella felice combinazione dell'allocazione della fase di confezione tra laboratori esterni e linee di produzione interne, e dall'utilizzo di manodopera galiziana e portoghese (frequentemente e significativamente sottopagata, secondo voci ricorrenti) 36 e dal decentramento produttivo in paesi a basso costo del lavoro, sparsi tra l'Europa orientale e l'Asia37. Un ulteriore principio-chiave che orienta le scelte produttive risiede nella dimensione dei lotti di produzione. La strategia inizia ad apparire coerente: a fronte di una massa impressionante di nuovi modelli lanciati dal gruppo creativo (in media, dodicimila all'anno) fa riscontro un dimensionamento modesto di ciascun lotto di produzione. Elaborando i dati aziendali, che dichiarano una produzione di circa 90 milioni di capi all'anno, si ricava la dimensione media di produzione di ogni lancio di nuovo prodotto, Devangshu Dutta, cit. Nel 2000, Zara avrebbe prodotto oltre il 50% della produzione in diversi paesi a basso costo del lavoro (29% in Asia, 15% in Europa orientale, 9% in Africa). Fonte: dati aziendali, citati da Nelson Fraiman e Medini Singh in Zara, caso aziendale della Columbia Business School, New York, 2002. 36 37

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pari a circa 7.000 unità. Questo meccanismo provoca un altissimo indice di rotazione dei prodotti nei punti-vendita, ed induce evidenti benefici economici che rivengono da almeno quattro considerazioni. 1.

La rapidità con cui scompaiono i modelli dagli scaffali (per poi, tendenzialmente, non essere più riassortiti) fa sì che la clientela, una volta familiarizzata con questa peculiarità del negozio, ritorni spesso a caccia di novità. Ma è necessario che i clienti conoscano le regole del gioco: Devangshu Gutta 38 racconta che quando Zara aprì il suo primo punto vendita in Regent's Street a Londra molti clienti entravano nel negozio, gironzolavano un po' osservando i capi ed andavano via, riservandosi di tornare ad acquistare durante i saldi. Fu necessario spingere il personale a comunicare ai clienti che i modelli cambiavano ogni settimana, e che con ogni possibilità i prodotti per i quali si immaginava di tornare durante i saldi non sarebbero mai più apparsi sugli scaffali.

2.

Una volta acquisita consapevolezza di questa politica commerciale, la clientela non differisce più l'acquisto nel tempo: se il cliente trova qualcosa che piace, l'acquisto è immediato, nella convinzione che potrebbe non trovarlo più nella visita successiva. Tanto immediato ed efficace è l'effetto-Zara, efficace, da essere così commentato da una consumatrice tokyoita: "Oh, no – ci sono cascata. Ho fatto il mio primo acquisto da Zara, la catena di moda spagnola. Prezzi ragionevoli (a metà strada tra Banana Republic e Gap), ma modelli molto più di tendenza e con lo stile casual dell'Europa del sud. Me ne aveva parlato Yuki, e poi anche una delle giovani avvocate dell'ufficio, una abbastanza alla moda, va sempre lì a rifornirsi. Ho comprato di tutto, ed ho speso 60.000 yen."39

3.

Si riduce drasticamente il dimensionamento delle rimanenze. Grazie al basso dimensionamento di ogni lotto, le rimanenze non sono quasi mai ingenti.

4.

La velocità di risposta alle tendenze della moda fa sì che, al ciclo dei saldi, le rimanenze mantengano comunque un alto livello di contenuto-moda: ciò consente a Zara di scontare soltanto del 18% i prodotti in saldo, una percentuale pari a circa la metà di quella praticata in media dalle insegne concorrenti.

Probabilmente, in pochi mercati al mondo come in quello giapponese una formula di questo genere avrebbe potuto sposarsi meglio con le tendenze di consumo di un pubblico Devangshu Dutta, cit. Dalla pagina del 19 febbraio 2003 del blog (diario personale pubblicato su internet ed aperto a commenti di estranei) di una consumatrice anonima di Tokyo. 38 39

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giovane ed interessato alla moda casual. Famelicamente affamati di novità, e con un livello medio di disponibilità di denaro del tutto coerente con la fascia di prezzo praticata dalla marca spagnola, i giovani giapponesi continuano a visitare i nove negozi presenti sul mercato, tra cui il megastore del gruppo, lontano dai quartieri delle griffe (Ginza, Omotesando) e dalla localizzazione più prevedibile per un target giovanilistico (Harajuku), e localizzato nel quartiere di Shibuya, dove da decenni nascono le più trainanti tendenzemoda spontanee dei giovani giapponesi.

Strategia dello sviluppo in franchising: il caso Benetton40

L'introduzione in Giappone della figura dell'agente Il sistema distributivo di Benetton è generalmente considerato uno dei fattori-chiave nella storia del rapido sviluppo dell'azienda. All'inizio del nuovo millennio, Benetton conta su 1.500 punti vendita nel mercato italiano, basati su due segmenti: abbigliamento donna ed abbigliamento bambino. Ciascuno dei due segmenti è gestito da una sola persona, con l'aiuto di un assistente; dunque, quattro persone controllano le attività di 1.500 negozi. Questo è reso possibile esclusivamente attraverso l'attività degli agenti (12 nel mercato italiano). L'agente, remunerato su base provvigionale, ha l'incarico di ricercare continuativamente potenziali gestori di nuovi negozi in franchising, di monitorarne costantemente l'attività, e – ovviamente – di presentare le nuove collezioni al gestore di ciascun punto vendita, di raccogliere gli ordini e di trasmetterli in azienda. Il meccanismo consente agli agenti italiani di realizzare fatturati più che considerevoli. L'agente per la Lombardia, ad esempio, gestisce un fatturato annuo dell'ordine di grandezza di circa 60 milioni di euro; sulla base del trattamento medio provvigionale (5%), l'agente può contare su di un reddito di 3 milioni di euro. Considerando che l'agenzia di solito è a conduzione familiare e si avvale dell'aiuto di pochi collaboratori a part time, è evidente che il guadagno è considerevole, tanto che alcuni agenti utilizzano i loro aerei personali per gli spostamenti di lavoro. Questo modello distributivo, che ha funzionato in Adattato dall'intervento di Takashi Endo, in veste di presidente di Benetton Japan, al convegno "Scenario e prospettive della distribuzione estera in Giappone", Import Distribution Symposium 2000, MIPRO, Tokyo, 2000. 40

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tutto il mondo, non è stato applicato da Benetton nelle prime fasi di accesso al mercato giapponese. Attualmente, però, il sistema è stato attivato anche in Giappone, dove già esistono alcuni agenti locali. Allestimenti e superfici di vendita Dal 1981, anno della apertura dei primi quattro punti vendita Benetton in Giappone, la tipologia dei punti vendita Benetton nel mercato giapponese si è progressivamente sviluppata ed articolata, sino a raggiungere le cifre del 2003, che testimoniano un successo a tutto tondo: 24 miliardi di yen di fatturato, 250 dipendenti, basso livello di turnover. La storia dello sviluppo della formula commerciale è raccontata dallo stesso presidente di Benetton Japan: "Quando un potenziale gestore si propone a noi per una collaborazione in franchising, l'agente responsabile della zona studia lo scenario competitivo dell'area in cui il gestore intende operare, e se da questa fase di indagine non emergono aspetti negativi il gestore è autorizzato a contattare gli allestitori designati dall'azienda per la realizzazione del negozio. Sulle prime, Benetton preferiva realizzare e far vendere gli allestimenti da società giapponesi, con un costo medio per il gestore di 500.000 yen per tsubo (circa 1.200 euro per metro quadro); successivamente, l'intero allestimento è stato fatto realizzare in Italia ed esportato in Giappone, con un risparmio notevole: il prezzo medio è adesso di 300.000 yen per tsubo (poco più di 700 euro per metro quadro). La politica di Benetton ha sempre esplicitamente mirato a ridurre al massimo i costi fissi dei gestori, e questo notevole risparmio nei costi è stato ottenuto grazie alla pratica costante di questa politica di attenzione alle scelte negli approvvigionamenti41." Più di recente, i negozi Benetton nel mondo hanno iniziato ad espandersi verso le grandi superfici; ma il costo delle locazioni commerciali al dettaglio in Giappone non ha reso semplice l'ipotesi di richiedere a gestori privati l'apertura di grandi superfici al dettaglio. Benetton ha dunque scelto di investire direttamente, e di aprire a Tokyo – nella zona di Omotesando - il primo grande punto vendita a gestione diretta, "Benetton Megastore", inaugurato nel dicembre del 2000. A tutt'oggi, Benetton conta su tredici punti vendita in Giappone, comprendendo il nuovo megastore di Osaka - il più grande in assoluto inaugurato nel 2003 dalla signora Ota, governatore della prefettura di Osaka. Politiche di campionario e di piazzamento degli ordini In Benetton girano circa 1.200 modelli per ciascuna stagione. All'arrivo in Giappone, il campionario è esaminato dagli agenti e dai gestori dei principali punti vendita, per una prima selezione di massima. In questa prima fase si realizza una scrematura di massima, 41

Takashi Endo, in veste di presidente di Benetton Japan, cit. 65 Il Mercato della Moda in Giappone


che riduce a 300 il numero dei modelli poi effettivamente destinati ad essere presentati dagli agenti a tutti i punti vendita per lo sviluppo degli ordini. In linea di massima, quello che si vende bene nel resto del mondo è destinato a vendersi bene anche in Giappone; per quel che riguarda le proposte moda, Benetton Japan non rileva significative differenze nella reazione delle clienti tra Italia e Giappone, per quanto si possano rilevare diversità sul tema dei colori e della vestibilità. Di conseguenza, questi due fattori contribuiscono a restringere ulteriormente la selezione. D'altro canto, però, in ogni stagione c'è sempre almeno un paio di collezioni extra di temi all'ultima moda, che si aggiungono alle selezioni già effettuate. Di conseguenza, nel primo giro si piazzano ordini per un 60% circa, lasciando il rimanente 40% a riordini successivi. Quando all'inizio Benetton Japan richiedeva il piazzamento secco immediato del 100% degli ordini si verificavano problemi di rimanenze finali, mentre attualmente – grazie alle possibilità offerte dallo sviluppo della flessibilità nei processi produttivi della casa madre – il meccanismo di piazzamento degli ordini ha potuto modificarsi secondo quanto già descritto. Politiche di comunicazione In tema di pubblicità, Benetton affida le campagne al fotografo Oliviero Toscani. La strategia alle spalle di ogni campagna vuole che il messaggio pubblicitario debba essere sempre lo stesso in qualsiasi negozio Benetton, in qualsiasi parte del mondo, destinando la massima attenzione a temi di interesse sociale. Guerre, AIDS, discriminazioni: Benetton vuole che i consumatori siano non solo consapevoli, ma anche protagonisti attivi del dibattito su queste tematiche. Racconta ancora Takashi Endo: "di solito, le pubblicità ruotano sul tema dell'eccellenza del prodotto. Nulla a che vedere con la nostra strategia: noi abbiamo scelto di destinare le nostre risorse per comunicare con i clienti. In questa logica, abbiamo avviato le prime campagne pubblicitarie: c'è voluto non poco coraggio, in un paese come il Giappone, dominato da molte regole. Non posso dimenticare la nostra prima campagna pubblicitaria – pubblicizzava l'uso dei preservativi. Di solito ricevevamo dalla casa-madre circa sei foto per ciascuna stagione, ed in quel caso scegliemmo quella che ci sembrò più accettabile: era, appunto, quella dei preservativi. Per la prima grande uscita pubblicitaria scegliemmo la zona di Aoyama. Nel primo giorno di campagna ci arrivarono circa cinquemila telefonate. Ricevemmo non poche accuse; ma alcuni clienti, i più giovani, ci chiesero dove acquistare i preservativi che pubblicizzavamo. In seguito, abbiamo raggiunto un accordo con la ditta Okamoto per produrre preservativi a marca Benetton, che sono oggi normalmente in vendita nei supermercati; e tutto ha avuto inizio con quella campagna pubblicitaria. Ogni volta che lanciamo una campagna riceviamo proteste, ed a livello mondiale abbiamo anche subito boicottaggi da parte dei consumatori, ma Benetton non ha mai modificato la sua linea di comunicazione 42." 42

Takashi Endo, in veste di presidente di Benetton Japan, cit. 66 Il Mercato della Moda in Giappone


Itochu, la tradizione si rinnova per gestire i marchi ad alto contenuto-moda Tra le grandi aziende giapponesi, Itochu Shoji e Mitsui Bussan sono alcune delle protagoniste storiche del business dello sviluppo commerciale delle grandi griffe. Nonostante la forza di Mitsui (poco meno di 10.000 addetti, 28 uffici diretti in Giappone e 74 all'estero, e quasi 800 società controllate nel mondo), nel corso dell'ultimo decennio la posizione di Itochu si è ulteriormente rafforzata in quest'area d'affari. Con la forza di un capitale pari a 200 miliardi di yen ed una struttura operativa articolata in 156 uffici nel mondo, l'azienda è considerata in posizione di leadership nel settore dei prodotti di marca. L'attività dell'azienda in questo settore è difficilmente riconducibile ai termini più diffusi nella terminologia commerciale corrente. Definire Itochu 'importatore' o 'distributore' è oggettivamente riduttivo, pur se evidentemente le operazioni di importazione e di distribuzione fanno parte delle funzioni specifiche dell'impresa. Il tradizionale ruolo della shosha, legato ad operazioni a livello di standardizzazione tendenzialmente alto, ed a contenuto di creatività relativamente basso, è stato profondamente reinterpretato da Itochu, sulla base di quasi un secolo e mezzo di attività nel commercio (l'azienda è stata fondata nel 1858). Oggi, il nuovo management di Itochu - per ciascun nuovo marchio da sviluppare - ne progetta specificamente la strategia e procede a pianificare le azioni necessarie, attraverso un piano di attività che comprende la definizione del concetto e del vissuto del prodotto, l'identificazione delle linee-guida della comunicazione, la scelta del posizionamento al dettaglio e dei relativi canali commerciali. Va da sé che la gestione corrente della commercializzazione rimane il core business aziendale, ma è rilevante notare che il contenuto di creatività di marketing – sia strategico che operativo – che oggi contraddistingue l'attività di Itochu rappresenta una delle chiavi di successo del gruppo nel non facile scenario giapponese delle trading company. La ristrutturazione funzionale di Itochu è datata 1997. In quell'anno, Itochu ha creato una struttura divisionale, attribuendo un grande livello di autonomia a ciascuna divisione, allo scopo di incrementare la flessibilità nell'azione sul mercato, mantenendo i vantaggi delle economie di scala legati alla dimensione multinazionale dell'azienda.

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Attualmente, Itochu gestisce nel mercato giapponese circa cento marchi, molti dei quali di primaria fama internazionale. I più noti tra i marchi nazionali sono No Concept But Good Sense e Akiue-Go. Il primo, sviluppato in collaborazione con Yamato International, porta la firma dello stilista giapponese Yoichi Nagasawa, ed è focalizzato sul segmento del casual femminile di fascia alta. Il sistema di offerta di No Concept But Good Sense non si limita all'abbigliamento, ma comprende una vasta gamma di accessori e calzature, sino ad arrivare all'abbigliamento uomo e a espandersi progressivamente ad un pubblico più giovane. Akuie Go, lanciato nel mondo della moda dal successo ottenuto partecipando al programma televisivo Asayan, ha firmato nel 2000 un contratto di collaborazione su licenza con Itochu. Nello stesso anno, il lancio del marchio Akuie-Go – supportato dai grandi magazzini Hankyu e da una massiccia campagna televisiva – fu premiato dall'entusiasmante record di 200 milioni di yen di fatturato in sole due settimane, pari all'incredibile cifra di 400.000 yen al minuto. L'impegno e le azioni nello scouting di marchi nuovi e promettenti da lanciare e sviluppare nel mercato giapponese rappresentano un'area operativa costantemente praticata e sostenuta da Itochu; eppure, non sempre gli investimenti connessi a quest'attività riescono a tradursi in cooperazioni tanto solide da consolidarsi non soltanto nel breve, ma anche nel medio e nel lungo termine. Ad una lunga serie di casi di successo e di alleanze ormai 'storiche' (basti pensare al caso di Mila Schön, una griffe gestita in Giappone da Itochu ormai da un quarto di secolo) si contrappongono anche alcuni altrettanto noti casi di separazione delle strade commerciali: è stato il caso sia di Dunhill che di Giorgio Armani, due griffe supportate da Itochu nella fase di lancio tra i consumatori giapponesi, ma che poi hanno optato per una strategia di indipendenza nello sviluppo del mercato. La politica di scouting di Itochu non va, però, intesa nell'accezione più radicale del termine. Itochu, infatti, non ricerca prodotti ed imprese promettenti ma ancora allo stadio embrionale nel loro cammino verso il successo: valuta, piuttosto, l'opportunità dello sviluppo commerciale di una nuova marca nel mercato giapponese in funzione della notorietà e del successo che la marca ha già raggiunto nel mercato di origine. La politica di Itochu si articola su cinque linee-guida: 1. l'introduzione nel mercato giapponese di marche occidentali del comparto-lusso; 2. lo sviluppo di un sistema di offerta mirata al segmento young casual;

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3. l'utilizzo di personaggi molto noti nel mondo dei cartoni animati televisivi; 4. lo sviluppo di marche gourmet di fascia alta; 5. la diversificazione nei canali commerciali. Una prima area d'affari di Itochu è quella dei prodotti di importazione. Attualmente, Itochu può già vantare un portafoglio di marche estere di fama internazionale. Nel settore degli accessori moda, probabilmente il nome più famoso è quello del marchio svizzero Bally, oggi partecipato da Itochu con la quota maggioritaria dell'80%. Nella gioielleria spicca il marchio Scavia, insieme alla griffe Bulgari, che opera sia nella gioielleria che nella moda; nelle calzature, Pollini. In considerazione dell'importanza crescente che le grandi firme internazionali danno alla presenza ed alla visibilità sui mercati di maggiore prestigio, molti dei marchi gestiti da Itochu sono anche presenti in Giappone con negozi istituzionali a gestione diretta: è il caso dello stesso Bulgari, ma anche di altri marchi quali Hunting World, Tumi, Furla e Tanino Crisci. L'ultimo accordo firmato da Itochu è recentissimo, e prevede l'importazione di prodotti della linea prêt-à-porter di Roberto Cappucci. Una seconda area d'affari è invece legata alla cooperazione a tutto campo con marche e stilisti esteri sulla base di accordi di licenza globale; in questa tipologia d'affari sono comprese le attività legate alla costante o sviluppo sul mercato di molte griffe di primaria notorietà internazionale, attraverso lo sviluppo delle molteplici opportunità connesse all'obiettivo di ottimizzare il business dello sfruttamento commerciale della notorietà del marchio. In quest'area d'affari, e relativamente alla moda uomo, Itochu segue ormai da circa vent'anni lo sviluppo di Paul Smith sul mercato giapponese, una marca molto presente nel canale dei grandi magazzini. Nella moda donna, altrettanto ben stabile è il rapporto con Vivienne Westwood, forte di un sodalizio attivo già da dieci anni; ma ancora più rappresentativo della filosofia di stabilità a cui appare ispirato Itochu è probabilmente il rapporto con Mila Schön, articolato su 35 linee di prodotto, e consolidato da venticinque anni di collaborazione. Da dieci anni è invece attiva la produzione su licenza del marchio Renoma Paris, utilizzato per allargare la presenza commerciale del gruppo nel canale dei grandi magazzini, con linee moda sia per uomo che per donna. Ma la sfilata delle grandi firme prosegue con i nomi di Enrico Coveri, di Guess, di Katharine Hamnett e di Lanvin, con cui Itochu ha 69 Il Mercato della Moda in Giappone


siglato un contratto di collaborazione di lungo periodo. Di contro, si registrano anche nuove acquisizioni, come nel caso dell'accordo con Morgan, operatore francese al dettaglio nel comparto della moda donna. Già presente in Giappone con circa 40 punti vendita, Morgan prevede di sviluppare sensibilmente – grazie all'alleanza con Itochu – il proprio fatturato, operando in parallelo sui business delle licenze e dell'importazione, sino all'obiettivo di superare i 10 miliardi di yen nel 2008. Una terza linea d'affari è sempre connessa alle attività di sviluppo di marchi mirati al canale commerciale del dettaglio despecializzato, focalizzati su di un target familiare di taglio giovanile. Tra questi: UP Renoma, Adam & Eve, PP Rikorino (un marchio, questo, del quale si sta sviluppando la presenza anche in altri mercati asiatici); MCM, Bevely Hills Polo Club. L'area d'affari dell'abbigliamento sportivo è dominata dal marchio Converse, tra i leader nel settore, mentre il marchio Munsingwear sembra specificamente mirato allo sviluppo del mercato cinese. Altri nomi gestiti da Itochu in questo segmento di offerta sono Airwalk, New Bilance, K-Swiss, Abu Garcia, Scorpion Bay e Tony Hawk. La quinta area d'affari è focalizzata sul mercato della moda casual. Oltre al molto noto Miss Sixty, Itochu gestisce Joes Jeans ed il marchio Cimarron, sviluppato anche all'estero, all'interno dei grandi magazzini Sogo a Hong Kong ed in Corea. Oltre dieci marchi di cartoni animati rappresentano il cuore dell'area d'affari legata allo sviluppo commerciale di personaggi molto noti al pubblico infantile. Sulla base di un accordo con Sachiko Kimono, autrice di Nontan, una famosa serie di libri per bambini, Itochu ha avviato l'utilizzo di questo marchio nel segmento infantile di età prescolare e scolare (dalla nascita ai 10 anni). Altri noti personaggi sono il cartoon televisivo Tottoko Hamutaro, in collaborazione con Shogakukan Productions, e Tsuri baka nisshi (diario di un fanatico della pesca); il mercato delle giovani adolescenti è seguito anche attraverso il marchio Girl is Girl, sviluppato in cooperazione con la rivista Nicola.

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SEZIONE B TENDENZE DEL CONSUMO E DELLA MODA

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MERCATI DI CONSUMO

Criteri e metodi per la segmentazione dei consumatori giapponesi: segmenti leader e segmenti passivi nel consumo di moda Le logiche e le tecniche correntemente utilizzate per una segmentazione dei consumatori giapponesi sono molto varie ed eterogenee. Nella letteratura di taglio microeconomico vengono prevalentemente preferiti criteri di taglio psico-sociologico; il ricorso a profili legati al comportamento ed alle abitudini di consumo consente spesso agli autori di trasmettere al lettore rappresentazioni efficaci e di forte impatto. Il limite di questo approccio è legato alle oggettive difficoltà che è destinato ad incontrare un eventuale utilizzatore della segmentazione, alle prese con le esigenze – ad esempio – di costruire una strategia di accesso sul nuovo mercato, o di sviluppare un budget per una nuova area d'affari. Infatti, il passaggio dall'enunciazione di alcuni profili idealtipici di comportamento psico-socio-economico alla fase di 'conta' della popolazione appartenente a ciascun segmento comporta l'assunzione di un tale livello di approssimazione nella stima, da rendere questa tecnica poco adatta all'utilizzazione per impieghi di taglio aziendale. In alternativa, gli studi 'di scenario', con una maggiore attenzione alle dinamiche macroeconomiche, utilizzano più di frequente segmentazioni tradizionali, basate su variabili anagrafiche. Escluso il ricorso a tecniche qualitative nella scomposizione in cluster dell'insieme della popolazione, la costruzione dei sottoinsiemi si articola in una tradizionale matrice a doppia entrata, in funzione delle variabili del sesso e della fascia di età. Contrariamente a quanto accade nella letteratura del settore di matrice europea, in Giappone si riscontra una frequente tendenza a scandire i segmenti attraverso l'utilizzazione di classi d'età a passo decennale: la fascia dei 10 anni (comprendendo dunque l'intera fascia dei teenager, ma allargando i confini alla popolazione di 10, 11 e 12 anni, sul versante basso del segmento); quella dei 20 anni (dall'età di 20 anni a quella di

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29), e così via. È questo, ad esempio, il caso degli ottimi studi sui consumatori prodotti da MIPRO, più volte richiamati all'interno di questa ricerca. Variabile da caso a caso è l'approccio utilizzato dalle imprese commerciali che, lavorando sul fronte del dettaglio in grande scala – è il caso dei grandi magazzini e delle SPA, ad esempio – non possono fare a meno di avere a disposizione degli strumenti per l'analisi della clientela. l'analisi della clientela. I grandi magazzini Tobu, ad esempio, pur utilizzando ed elaborando le analisi sviluppate da Dentsu (uno dei grandi nomi del mondo della pubblicità e delle ricerche di mercato in Giappone) elaborano un metodo interno, che viene attentamente mantenuto riservato. Senza eludere la regola aziendale di riservatezza, un dirigente del settore moda 43 di Tobu così identifica i segmenti più interessanti per il grande magazzino: "I nostri clienti sono donne, in percentuale assolutamente dominante. Secondo le nostre stime, attorno all'80%. La fascia d'età principale coincide con quella in cui si concentra la maggior parte della popolazione nazionale: tra i 45 ed i 65 anni. C'è poi un'altra fascia, per noi non meno importante, che è quella delle donne di età compresa tra i 25 ed i 35 anni – è la seconda generazione di baby boomers, in cui è molto concentrata la presenza di donne che lavorano. Spesso tra le clienti della prima fascia e quelle della seconda c'è un legame stretto: quello di madre e figlia. Non è raro vedere nei nostri grandi magazzini una madre casalinga ed una figlia che lavora che fanno shopping insieme: per noi è molto importante questa frequentazione familiare. Anche tutte le nostre localizzazioni sono studiate per ottimizzare la frequentazione dei nuclei familiari: a Shinjuku, a Tokyo e qui ad Ikebukuro44." Ritornando sul tema della segmentazione, il dirigente illustra le parole-chiave che identificano un sistema di offerta in grado di ottimizzare i profitti. "Sono quattro45, e si collegano al sistema di valori condivisi dalle protagoniste dei segmenti-obiettivo. 'Conservative': comunica il messaggio di autenticità ed originalità dei nostri prodotti. 'Rich': comunica un'atmosfera di raffinatezza. 'Elegance': trasmette la serenità che contraddistingue la donna che sa di indossare un abito sempre perfetto ed adatto alle circostanze, con cui non può sbagliare. 'Global': rappresenta l'armonia della standardizzazione." Motohiko Aruga, dirigente del settore moda-donna di Tobu. I tre toponimi citati si riferiscono, in realtà, ad altrettante localizzazioni sempre all'interno di Tokyo, che prendono il nome dalle grandi stazioni intermodali (bus – metro – ferrovie), frequentate quotidianamente da diversi milioni di passeggeri in transito (si tratta in prevalenza di un traffico di pendolari). Si potrebbe dire che si tratta di tre grandi 'quartieri' di Tokyo, ma le loro grandi dimensioni mal si conciliano con il concetto un po' ristretto che il termine 'quartiere' ha nell'urbanistica italiana. 45 Le parole-chiave sono raccontate in inglese in originale, così come riportate. 43 44

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Innovatori e conservatori, tradizionalisti ed individualisti, e molto di più: la segmentazione dei consumatori secondo Itochu Fashion System. Un'ipotesi di segmentazione molto efficace e funzionale è stata elaborata da Itochu Fashion System46. Il metodo utilizzato presenta almeno tre evidenti punti di forza. 1. Immediata percepibilità dei confini dei segmenti proposti. Questo aspetto, essenziale al fine della possibilità di utilizzare la segmentazione per elaborazioni ed approfondimenti di taglio aziendalistico, è ottenuto grazie alla scelta di confini di tipo anagrafico, che rendono dunque possibile definire i segmenti in termini numericoquantitativi. 2. Acutezza e sagacia nella definizione dei confini di ciascun segmento. I sotto-insiemi circoscritti in questo schema si presentano omogenei e ben coesi agli occhi di qualsiasi lettore giapponese, il quale non fa fatica a coglierne d’istinto gli elementi di efficacia, ed a riconoscerne la funzionalità. 3. Immediatezza evocativa delle definizioni attribuite a ciascun segmento. Le definizioni attribuite a ciascun segmento individuato sono state create con una brillante ed efficace capacità di sintesi. Alcune definizioni, per altro, appartengono già al linguaggio corrente giapponese, mentre altre sono state coniate ex novo. Ma proprio in virtù della specifica ‘nipponicità’ di ciascuna definizione, il lettore giapponese coglie immediatamente e d’istinto le caratteristiche dello specifico cluster, rendendo così merito all’efficacia della segmentazione. È pur vero che per il lettore straniero si rende indispensabile la compilazione di una serie di chiose a supporto della comprensibilità dei termini utilizzati; tuttavia, i necessari approfondimenti che aiutano a cogliere il senso delle definizioni attribuite a ciascun segmento e dei fattori di coesione della popolazione che ciascuno di essi aggrega, possono rappresentare un interessante avvìo sulla strada della progressiva comprensione delle schematizzazioni socio-psicologiche dei comportamenti dei consumatori giapponesi.

46

In Il target di consumo della moda – Il mercato attivo dipende da sette generazioni, Itochu Fashion System, 2002. 74 Il Mercato della Moda in Giappone


Qui di séguito sono presentati i sette segmenti proposti da Itochu Fashion System, corredati da un commento sintetico; per gli approfondimenti, ricchi ed interessanti, si rimanda alla pubblicazione citata. 1. Generazione Purikura47: 11,2 milioni di giapponesi, nati tra il 1977 ed il 1983 (età da 20 a 26 anni). Caratterizzati da un buon livello di flessibilità e di creatività, i purikura amano le relazioni interpersonali, ma le mantengono a livello superficiale, spesso affidandola prevalentemente al telefono cellulare ed alla posta elettronica. I loro comportamenti d’acquisto sono molto simili a quelli degli adulti; Quando trovano un ostacolo smettono di proseguire. Spesso condividono l’idea che l’antica tendenza al ‘mettercela tutta’48 porti a fare brutta figura. 2. Generazione Dankai Junior49: 11,6 milioni, nati tra il 1971 ed il 1976 (età da 27 a 32 anni). Sono nati nel corso del secondo baby boom, che ha avuto il picco nel corso del 1973. Tendono a muoversi in gruppo, ed avendo disponibilità di denaro non spendono con avidità, ma con determinazione ed autonomia. Sono i protagonisti dello stile Shibukaji, che prende il nome dai quartieri di Shibuya e di Harajuku. Non accettano imposizioni, e si adattano facilmente a lavori occasionali e temporanei, pur di mantenere alti livelli di autonomia. 3. Generazione Banana50: 10,5 milioni, nati tra il 1965 ed il 1970 (età da 33 a 38 anni). Pur essendo cresciuta in uno scenario economico rassicurante, questa generazione ha dovuto scontrarsi con le prime difficoltà dell'economia giapponese, per cui manifesta bisogno di sicurezza e di stabilità; non molto sensibile al richiamo della moda, predilige uno stile di vita di matrice materialista. Dal termine purikura, versione giapponesizzata di ‘print club’: le cabine che permettono di scattare foto con amici e di riprodurle su adesivi colorati in piccolo formato, che hanno avuto un enorme successo tra i giovani di questa generazione. 48 Vedi la voce 'Gambari no seishin' sotto la lettera G nell'ultima sezione di questa ricerca. 49 Dankai significa 'masso' in mineralogia. Nel periodo compreso tra il ’46 ed il ’51, il gran numero delle nascite (baby boom) ha evocato l’immagine di una grande pietra; un fenomeno analogo si è manifestato tra il 1971 ed il 1976 (secondo baby boom). 50 Da Banana Yoshimoto, scrittrice popolare in tutto il mondo per i racconti ispirati alla vita delle persone di questa generazione. 47

75 Il Mercato della Moda in Giappone


4. Generazione Hanako51: 9,5 milioni, nati tra il 1959 ed il 1964 (età da 39 a 44 anni). È fortemente segnata dallo sviluppo della società dei consumi di massa. Nei valori di riferimento si identifica come “nuova umanità” (quelli che le generazioni precedenti non sono in grado di capire); si sente portatrice di nuove ideologie, legate allo sviluppo della società dell’informazione. Le donne studiano all'università e conquistano nuovi spazi nella società, diventando in alcuni casi le protagoniste di popolari produzioni televisive. 5. Generazione DC 52: 11,6 milioni, nati tra il 1952 ed il 1958 (età da 45 a 51 anni). In età adolescenziale hanno mirato a differenziarsi dagli altri attraverso capi di abbigliamento ed accessori firmati. Cresciuti durante il boom dell'economia, manifestano atteggiamenti di disinteresse nei confronti del sociale, tanto da essere spesso indicati con l’appellativo di ‘generazione degli indifferenti’; ma continuano ad attribuire grande valore all’impiego del tempo libero ed al piacere del destinare attenzioni alla vita in famiglia. 6. Generazione Dankai53: 12,4 milioni, nati tra il 1946 ed il 1951 (età da 52 a 57 anni). È la generazione che ha vissuto gli echi delle dinamiche del movimento studentesco nordamericano: scopre il valore della comunità contrapposta al regime e tende a modificare le tradizionali caratteristiche del rapporto tra moglie e marito, rendendolo più amichevole e paritetico, con il progressivo abbandono degli aspetti più maschilisti. Ma, d'altro canto, questa generazione appare anche pesantemente segnata dalla durezza della competizione: per l’esame di ammissione per l’accesso all’università, per la valutazione degli esami universitari, per la difficoltà del trovare un lavoro. Di conseguenza, fin da giovani sono abituati ad essere valutati attraverso un voto. La diffusione del principio di eguaglianza tra uomini e donne ha rafforzato la volontà delle donne di frequentare gli studi universitari. Nascono sensi di insoddisfazione e di contestazione nei confronti dei valori sociali e dei genitori, rispetto ai quali sono molto più autocentrati.

Dal nome di una rivista settimanale femminile molto popolare in Giappone, considerata una ‘bibbia’ dalle giovani donne di questa generazione. 52 Dalla definizione di Design & Character Brands, i marchi ‘alla moda’. 53 Vedi la nota relativa a Dankai Junior. 51

76 Il Mercato della Moda in Giappone


7. Generazione Cinema54:16,5 milioni, nati tra il 1936 ed il 1945 (età da 58 a 67 anni). Mentre la loro prima infanzia è stata segnata da tragiche esperienze di guerra, quali la fame, il razionamento e le deportazioni, nel dopoguerra hanno progressivamente assaporato l'entusiasmo per l'economia in espansione. Di conseguenza, hanno sviluppato un profondo bisogno di sicurezza, pur essendo spesso spinti a sviluppare consistenti comportamenti di consumo. Nel periodo della loro giovinezza il cinema era all’apice della prosperità ed era il cuore culturale del divertimento per i giovani: di qui la definizione di questo segmento con il nome di “generazione del cinema”. A causa del rigido sistema di valori sviluppato in Giappone nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, ritengono di fondamentale importanza “essere attenti a come si viene visti dagli altri” ed al “voler essere come sono gli altri”.

La segmentazione dei consumatori di moda secondo JMR Science Attraverso l'analisi approfondita dei risultati di un'indagine molto complessa ed articolata sulla moda, focalizzata sul fronte della domanda e mirata a rilevare gli atteggiamenti ed i comportamenti d'acquisto, in questa ricerca l'Istituto di Osaka ha recentemente isolato sei cluster significativi di consumatori55. L'identificazione dei sei cluster è avvenuta in funzione della rilevazione delle ricorrenze alle risposte fornite in merito a 20 atteggiamenti proposti sul tema della moda, rispetto ai quali si è misurato il livello di adesione degli intervistati. Incrociando i risultati con variabili quantitative sia di taglio anagrafico, sia legate alle stime dei valori di spesa individuale, JMR Science ha proposto al pubblico i sei segmenti-chiave qui di séguito riportati; le definizioni qui proposte per ciascun cluster sono state qui costruite a scopo divulgativo.

Nel periodo della loro giovinezza il cinema era all’apice della prosperità ed era il cuore culturale del divertimento per i giovani: di qui la definizione di questo segmento con il nome di 'generazione del cinema'. 55 Fonte: L'effetto del consumo nell'era della IT, JMR Science, 2003. 54

77 Il Mercato della Moda in Giappone


CONSUMATORI DI MODA: I SEI CLUSTER ELABORATI DA JMR SCIENCE

Moda ma a modo mio 14%

Moda-dipendenti 12%

Basta vestirsi 23% Fedeli alla marca 21%

Attenti al prezzo 14%

La moda sono io 16%

Fonte: JMR Science, 2003.

Cluster 1 "Moda, ma a modo mio" Sensibili alla moda, attribuiscono però molta importanza al proprio gusto personale; non danno molta importanza, invece, al prezzo. Spendono circa 130.000 yen all'anno per i propri acquisti; per i due terzi sono donne, con affollamenti particolari nelle classi di età dei 40 e dei 60 anni. Il peso del cluster è del 14%. Cluster 2 "Moda-dipendenti" Danno grande importanza alla moda, alle marche molto note ed ai prodotti costosi; probabilmente non sono molto sicuri dei propri gusti personali. Spendono quasi 90.000 yen all'anno, e sono prevalentemente ventenni e trentenni, equamente distribuiti tra uomini e donne. Il peso del cluster è del 12%. Cluster 3 "Fedeli alla marca" Non si lasciano tanto particolarmente influenzare dalla moda, ma piuttosto appaiono dipendenti dai loro negozi abituali o dalle marche preferite, per cui spendono poco meno di 80.000 yen all'anno. Con una leggera maggioranza di donne e delle fasce di età comprese tra i 20 ed i 50 anni, questo cluster ha un peso percentuale del 21%. 78 Il Mercato della Moda in Giappone


Cluster 4 "La moda sono io" Acquistano secondo il proprio gusto ed in funzione dell'effetto che provano nell'indossare un abito. Poco sensibili a marca e prezzo, spendono 55.000 yen all'anno, e sono per il 69% donne, prevalentemente trentenni e cinquantenni. Il peso del cluster è del 16%. Cluster 5 "Attenti al prezzo" Sensibili solo ai saldi, indifferenti alla moda. Spendono circa 45.000 yen all'anno; sono in leggera maggioranza uomini, trentenni e quarantenni. Il cluster pesa per il 14%. Cluster 6 "Basta vestirsi" Non hanno alcun interesse né nei confronti della moda, né dell'abbigliamento in generale; questo atteggiamento si ripercuote sulla loro spesa, che è la più bassa di tutti i cluster (40.000 yen all'anno). Il cluster pesa per il 23%, ed è costituito in netta maggioranza (80%) da uomini non giovani, di età compresa tra i 40 ed i 70 anni.

Un segmento tipicamente giapponese: gli Oyaji Un forte blocco allo sviluppo della moda maschile in Giappone è storicamente costituito dalle caratteristiche che contraddistinguono lo stile di vita dell'oyaji, personificazione di un certo profilo di 'uomo medio' giapponese: impiegato a stipendio fisso, serioso e molto poco attento ai temi della moda e dell'abbigliamento in generale. Tradizionalmente, la sensibilità all'eleganza, agli abbinamenti giusti di tessuti, tagli e colori non appartiene affatto alla cultura ed all'esperienza di vita dell'oyaji: nelle occasioni in cui desidera fare bella figura è sempre stato guidato dai modelli imposti dai grandi magazzini. Acquistare un completo firmato da uno stilista europeo, ad esempio, contribuisce ad assicurare una sensazione di 'aver fatto la cosa giusta'. Con il prezzo non indifferente pagato per un abito firmato viene anche acquistata la certezza di essere elegante - una sorta di scotto dovuto per la legittimazione della gradevolezza della propria immagine. Più di recente, l'uomo medio giapponese ha iniziato a sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti della moda maschile. Ciò nonostante, la poca disinvoltura con cui 79 Il Mercato della Moda in Giappone


mediamente affronta la scelta dei capi di abbigliamento rappresenta un forte disincentivo all'acquisto: la paura di sbagliare, il generico disagio derivante dalla bassa padronanza della materia, la disabitudine al ricercare il proprio stile abbandonando i modelli imposti non contribuiscono che a frenare i consumi, riducendo il ricorso all'acquisto al minimo indispensabile. Il tema, che in un contesto occidentale può sembrare forse esageratamente spinto verso una descrizione di taglio quasi caricaturale – un esercito di Fantozzi ingessati nei loro completi grigi o neri, tutti rigorosamente uguali nel taglio e nel tessuto – è in realtà affrontato molto seriamente nel mondo imprenditoriale giapponese. Imprenditori manifatturieri dell'industria della moda e imprenditori commerciali attivi nei canali tradizionali della moda – i grandi magazzini – sono infatti evidentemente e fortemente cointeressati allo sviluppo della domanda nel segmento di mercato degli uomini di fascia d'età compresa tra i 35 ed i 50 anni, che – se attivassero davvero un buon livello di interesse nei confronti della cura della propria immagine – sarebbero in grado di assicurare al settore fatturati di tutto riguardo, anche in considerazione del livello molto basso del punto di partenza, causato dalla tradizionale frugalità nel vestire. A testimonianza di quanto centrale sia la preoccupazione di spingere i consumi del comparto moda uomo tra gli operatori giapponesi del settore va citata la campagna "Dress Up Monday", giunta nel 2003 alla terza edizione. La campagna, creata nel 2000 espressamente al fine di incentivare le vendite di moda maschile nel segmento di età compreso tra i 35 ed i 50 anni, ha avuto come primo testimonial l'attore Kiton Masuda, visto come prototipo dell'eleganza classica maschile. La campagna 2003, lanciata dall’Associazione giapponese dei Grandi Magazzini, ha avuto come tema “uomo bello ed intelligente”, e non si è limitata alla promozione dell'abbigliamento in senso stretto, ma ha spinto alla creazione di corner di total look, comprendendo le calzature e gli accessori moda, e proponendo nuovi stili e nuove formule di abbigliamento. La novità di quest'anno è stata la collaborazione con una rivista il cui segmento-obiettivo di lettori è specificamente rappresentato da uomini di mezza età, impiegati a stipendio fisso. A questo scopo, la strategia di comunicazione ha mirato a spingere l'uomo giapponese a crearsi una sensibilità al tema dell'eleganza, proponendola come chiave per apparire gradevoli ed attrarre l'attenzione delle donne; per incrementare ulteriormente l'efficacia della campagna, l'edizione 2003 è stata gestita con la supervisione dell'Associazione giapponese degli Industriali della Moda.

80 Il Mercato della Moda in Giappone


Su questo tema, un periodico specializzato giapponese 56 ha recentemente intervistato Akio Date, presidente del comitato della campagna "Dress Up Monday" ed Ichiro Kishida, caporedattore della rivista chiamata a collaborare al progetto. Racconta Kishida: "Molti dicono che gli uomini giapponesi non hanno alcun interesse a vestirsi meglio. Io preciserei: dipende dalla generazione; è evidente che ci siano motivazioni molto diverse fra chi oggi ha quarant'anni e chi quarant'anni li ha avuti vent'anni fa. Non voglio dare alcun giudizio di valore, ma vorrei portare un esempio. Credo che la generazione che ha vissuto i tempi duri della guerra e dell'immediato dopoguerra abbia forti scrupoli nei confronti dell'idea di costruirsi un'immagine attraverso l'acquisto di beni di consumo; è una generazione molto più sensibile ai valori della vita interiore e sentimentale. Io ho cinquant'anni, e fin da piccolo apprezzavo i nuovi valori della civiltà dei consumi, dicendo, ad esempio, "io ho molti più modellini di locomotive di te". Le specificità delle generazioni cambiano, cambiano le sensibilità e le attitudini. Nell'era Taisho 57 la gente in Giappone era piuttosto elegante. E così, anche l'atteggiamento dei nostri oyaji verso la moda può cambiare." Kishida, da parte sua, sottolinea le difficoltà che incontrano gli uomini giapponesi alle prese quando sono costretti a fare i conti con l'esigenza di vestirsi in modo elegante. "Quello che manca davvero in Giappone è la moda per gli uomini di mezz'età. Prendiamo un esempio banale. Un uomo sui quaranta, volendo essere più elegante, si veste in stile giovanile, poi gli dicono che si sforza di apparire giovane, che appare ridicolo, e tutto finisce lì, con una brutta figura. In Italia non è così, esiste una moda anche per gli uomini non più giovanissimi; è necessario creare una strada giapponese per una moda per gli oyaji, così potrebbero mostrare il loro stile, il loro modo di essere anche ai giovani che hanno meno di trent'anni, quelli che non hanno difficoltà con la moda e sanno combinare gli abiti con stile ed in modo autonomo." Il grafico che segue fornisce un interessante orientamento in merito alla prezzo medio al quale i capifamiglia giapponesi (categoria alla quale appartengono mediamente tutti gli oyaji) acquistano tre capi di abbigliamento più comuni – una camicia, un paio di pantaloni ed una maglietta. Per quel che riguarda le camicie, le indicazioni si sono ripartite in maniera pressoché eguale (due gruppi, ciascuno di peso percentuale pari a circa il 40% degli intervistati) tra la fascia dei 3.000 e quella dei 5.000 yen (rispettivamente, 24 e 40 euro); marginali le percentuali degli intervistati che acquistano solitamente camicie di costo medio più elevato, nelle fasce dei 10.000 e dei 20.000 yen (80 e 160 euro). Ciò nonostante, il dato 56 57

In Senken Shimbun, 8 ottobre 2003. Dal 1912 al 1926. 81 Il Mercato della Moda in Giappone


individua l'esistenza di circa 100.000 consumatori che abitualmente acquistano camicie dal costo medio compreso tra i 100 ed i 200 euro, che rappresentano un segmento non insignificante in termini di mercato. FASCIA DI SPESA MEDIA PER L'ACQUISTO DEI TRE CAPI INDICATI 100,0 78,7

% intervistati

80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 3000 5000 7000 10000 20000

41,7 39,8 23,3 26,3 19,5 16,8 5,9 6,1 3,3

10,0

15,4 2,3 1,0 0,3

camicia da uomo

pantaloni

maglietta

41,7 39,8 5,9 6,1 3,3

23,3 26,3 19,5 16,8 10,0

78,7 15,4 2,3 1,0 0,3

(I prezzi medi d'acquisto dei capi sono in Yen)

Fonte: JASMEC, 2002.

Molto pi첫 articolato il dato riguardante i pantaloni, articolo per il quale le scelte in merito agli orientamenti sul prezzo medio di acquisto si distribuiscono in segmenti di dimensioni similari, e compresi tra il 23,3% degli intervistati che spende mediamente 3.000 yen ed il 10% che spende invece attorno ai 20.000 yen. Il dato appare molto interessante, in quanto sembra indicare che il capofamiglia medio giapponese manifesta un'attenzione molto superiore nell'acquisto di questo capo; la dispersione dei valori medi d'acquisto indica che sui pantaloni si concentrano le preferenze pi첫 personali, a differenza di quanto avviene per le camicie ed ancor pi첫 per le magliette, verso i quali capi si rilevano crescenti livelli di omogeneizzazione e standardizzazione nelle scelte. Nessuna spesa folle, invece, per le magliette, per le quali quasi l'80% degli intervistati conviene nel dichiarare di spendere mediamente 3.000 yen, con un piccolo gruppo pari al 15% che si spinge sulla fascia dei 5.000 yen.

82 Il Mercato della Moda in Giappone


Il segmento delle O.L.58 Potendo contare su di un reddito medio di poco superiore a 270.000 yen (circa 2.200 euro) al mese, la giovane donna che lavora giapponese di età compresa tra i 20 ed i 35 anni ne spende circa il 5% in abbigliamento e calzature, pari a poco più di 12.000 yen (100 euro circa). Comparando questo dato con i 9.500 yen che rappresentano la spesa media in abbigliamento e calzature di una famiglia, appare evidente che questo segmento costituisce un bersaglio primario per l'industria della moda59. Talvolta questo segmento è definito come 'donne in carriera'. In realtà, questa definizione appare leggermente eufemistica, in considerazione delle ancora forti 'barriere invisibili' che si frappongono ad una reale conquista di posizioni di rilievo per le donne all'interno della vita economica giapponese. Convenendo nel comprendere sotto questa accezione le giovani donne generalmente impiegate a diversi livelli in ruoli impiegatizi, gli operatori giapponesi del marketing affermano che si tratta di un segmento con alta esposizione e reattività alla comunicazione proveniente dai mezzi di informazione, e tra questi soprattutto quelli specializzati in due direzioni: o specificamente orientati sul tema della moda, oppure mirati, con temi di informazione generale, al mondo della giovane office lady. L'effetto di questa esposizione ai media si manifesta con evidenza nei comportamenti di acquisto: si tratta, infatti, di donne che hanno idee molto chiare sulle proprie preferenze sia in termini generale di look individuale, sia in termini di marca. Nella scelta dei capi, focalizzano la loro attenzione prevalentemente sullo stile, per poi esaminare i materiali, ed infine valutare il prezzo. Anche nella valutazione finale in merito all'eventuale acquisto, queste tre variabili 'pesano' nella stessa proporzione: il prezzo non è quasi mai, dunque, il fattore decisivo.

Acronimo dal termine inglese Office Lady. Fonte dei dati citati: Ministero della Gestione Pubblica, degli Affari Interni, delle Poste e Telecomunicazioni, Single Workers' Household Receipts and Disbursements Survey, 2000. 58 59

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I single parassitari Il termine può non apparire particolarmente elegante, ma è la traduzione letterale della definizione corrente con cui in Giappone viene indicata quella fascia di giovani-adulti di età compresa all'incirca tra i venti ed i trent'anni (talvolta, anche trentacinque) che vivono ancora con i genitori, scegliendo di non affrontare i costi e le difficoltà della vita da adulti e di confidare sulla famiglia per tutte le spese relative alle esigenze di base (fondamentalmente, quelle legate al cibo ed all'abitazione). Agli occhi dei lettori italiani - per i quali questo fenomeno rappresenta una condizione ancora ben tollerata, quanto meno in diverse aree del paese - la definizione può forse apparire cinica, ma è indispensabile una chiave di lettura: mentre in Italia il fenomeno tende, pur se lentamente, a regredire, in Giappone si presenta in espansione, ed il dato preoccupa gli sociologi ed economisti per le ricadute in termini di calo del tasso di natalità, dovuto agli effetti del procrastinare l'età del matrimonio (o al rinunciarvi del tutto). Le stime dimensionano questo segmento della popolazione attorno ai 10 milioni di persone; rappresentano un segmento di mercato molto particolare, in quanto dispongono di denaro liquido per spese voluttuarie, e tendono ad essere protagonisti attivi della domanda di beni ad alto contenuto-moda, di elettronica di consumo, e di servizi turistici. La terza età: tre segmenti in uno Uno dei segmenti più interessanti su cui può puntare in Giappone il comparto italiano della moda è, probabilmente, anche uno dei più imprevedibili. È il segmento della terza età, i cui protagonisti dispongono mediamente di notevoli risparmi, ma ai quali manca ancora un adeguato riscontro di un sistema di offerta in grado di fornir loro valide e premianti emozioni legate agli acquisti. Ma attenzione: ciò non vuol dire che non esista terreno fertile per acquisti finalizzati all'autogratificazione – al contrario. Sono ormai superati i tempi in cui in Giappone gli anziani praticavano con orgoglio la virtù della frugalità, e risparmiavano per assicurare un buon tenore di vita a figli e nipoti. Oggi, i risparmi degli anziani non sono sempre destinati alle nuove generazioni: da un lato, lo sviluppo della propensione alla socializzazione, che riduce il fenomeno dell'isolamento degli anziani (e dunque la loro astinenza dal consumo), e dall'altro la 84 Il Mercato della Moda in Giappone


progressiva diffusione di servizi mirati a questo segmento di mercato rappresentano, insieme, efficaci incentivi all'incremento della spesa. Ciò nonostante, il valore dei depositi bancari da parte degli anziani si mostra ancora molto elevato, tanto da raggiungere valori medi istintivamente inimmaginabili nello scenario europeo o nordamericano; basti immaginare che il saldo del conto corrente medio di un gruppo familiare in cui il capofamiglia ha un'età pari o superiore ai settant'anni è di circa 25 milioni di yen (circa 200.000 euro). È da notare che, in questo segmento, esiste però un significativo livello di sperequazione tra un sottoinsieme, di dimensione pari a circa un terzo del totale, che dispone di risparmi bancari la cui giacenza media è superiore ai 30 milioni di yen, ed un altro sottoinsieme, che raggruppa all'incirca la metà del totale degli anziani, che vive di sola pensione. È nella fascia della terza età, quindi, che si manifesta una forte differenza tra ricchi e poveri nella società giapponese; ed in questo scenario, se i poveri tenderanno inesorabilmente a tentare di risparmiare, la propensione al consumo degli anziani (ricchi) mostra un'apprezzabile tendenza all'incremento. Secondo un autorevole istituto di ricerca giapponese 60 , l'indice della propensione al consumo degli anziani è cresciuto da 100 nel primo trimestre del 2002 a 120 nel primo trimestre del 2003. Un incremento, dunque, a velocità del tutto sconvolgente nel mondo delle dinamiche socioeconomiche, soprattutto se si consideri che nello stesso periodo lo stessi indice, nel caso del segmento dei giovani al di sotto dei 29 anni (il segmento più bombardato dalla comunicazione pubblicitaria e che, in assoluto, spende di più), dopo un picco in crescita è crollato al valore di 96, mentre le altre fasce di età hanno fatto registrare un incremento pressoché irrilevante (da 100 a 102). Non appare dunque così improbabile che gli anziani stiano diventando oggetto di studio delle ricerche di mercato e dei sondaggi di opinione, a caccia di informazioni da trasmettere al mondo dell'industria per trasformarle in prodotti e servizi sempre più personalizzate e su misura. Uno dei colossi della pubblicità e delle ricerche di mercato61 si è spinto a distinguere tre differenti sotto-insiemi nel segmento della terza età, tratteggiando con precisione le differenze tra senior (55-65 anni), super-senior (65-75 anni) ed anziani (oltre i 75 anni). Tra questi, il sotto-insieme che detterà le tendenze negli acquisti è quello dei super-senior: consumatori attivi, con alto livello di capacità di assorbire le informazioni commerciali. 60 61

Dai-Ichi Life Research Institute, cit. in J@pan inc., novembre 2003. Si tratta di Densu; cit. da Darrel Whitten, Behold the Grey Panthers, in J@pan Inc., novembre 2003. 85 Il Mercato della Moda in Giappone


Ma se le dinamiche della popolazione prevedono un futuro popolato da anziani, il cui numero diventerà impressionante a partire dal 2025, il prossimo futuro è dei senior. Entro il 2010 si prevede che in Giappone ci sarà una popolazione di circa 25 milioni di senior in buona salute (escludendo, dunque, quelli che probabilmente necessiteranno di cure mediche); attualmente, sono poco più di 18 milioni. Si tratta del segmento più ricco in assoluto di disponibilità finanziarie e di propensione alla spesa, con una giacenza bancaria media di oltre 24 milioni di yen (circa 200.000 euro) per ciascun capofamiglia al di sopra dei 60 anni62. Il segmento degli anziani (ricchi) in Giappone è pronto, dunque, a spendere, ed il sistema d'offerta del comparto-moda italiano non può sottovalutare questa opportunità. Ma anche lo stesso Governo giapponese non sembra desiderare di meglio: lo sviluppo delle esportazioni e degli investimenti commerciali verso il Giappone e mirati alla terza età è non soltanto benvenuto, ma addirittura ufficialmente auspicato. In questo senso, le parole della signora Tani, dirigente del Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Industria non potrebbero essere più dirette ed esplicite 63 : "Un altro motivo per cui i giapponesi sono restii ad allargare i cordoni della borsa è legato al desiderio di metter soldi da parte per quando si sarà vecchi. Quelli che oggi hanno tra i cinquanta ed i sessant'anni, della prima generazione dei baby boomer64, del grande sviluppo delle nascite, dopo essere stati grandi protagonisti degli acquisti al dettaglio adesso preferiscono tenere i loro risparmi ben riposti in banca, al sicuro per la vecchiaia (…); ma possibile che non ci siano prodotti specifici che possano servire ad assicurare una vecchiaia serena? In Giappone non vedo segnali di crescita nello sviluppo di prodotti destinati specificamente agli anziani, che non sono ancora visti come un promettente segmento di mercato. Dovremmo, invece, mirare a ricercare questo genere di prodotti ed importarli – ritengo che questa sia una chiave per sviluppare il mercato al dettaglio e l'attuale clima economico giapponese, e su questo punto, una delle cose che come Governo possiamo fare è lavorare sodo nel semplificare le procedure di importazione." Nel frattempo, l'industria giapponese ha già avviato la manovra di avvicinamento al segmento della terza età. Darrel Whitten, giornalista attivo sulla scena giapponese, non ha Fonte: Tokyo Shoko Research. Midori Tani, dall'indirizzo di saluto alla tavola rotonda "Costruzione di una nuova strategia di gestione dei canali distributivi in stile giapponese", Import Distribution Symposium 2002, MIPRO – The Japan Machinery Federation, Tokyo, ottobre 2002. 64 In Giappone si registrò un abnorme incremento della natalità tra il 1947 ed il 1949, tanto che i nati in quel periodo vennero definito baby boomers. Un analogo picco di natalità si registrò successivamente tra il 1971 ed il 1974 (second baby boom). 62 63

86 Il Mercato della Moda in Giappone


mancato di cogliere un segno rivelatore65. Nel febbraio del 2003, nella sede di Yokohama dei grandi magazzini Sogo, un negozio di abbigliamento per donna ha venduto pantaloni per donna per 8 milioni di yen (pari al doppio del fatturato previsto). Pur se disegnati per le donne più giovani nell'idea di mettere in evidenza silhouettes attraenti, in realtà le acquirenti principali sono state signore anziane in buona forma fisica. Una cliente non più giovanissima (60 anni) si è presentata al negozio con un ritaglio di giornale in mano, dicendo: "voglio questo, è proprio quello che cercavo". Kanebo ed Onward Kashiyama stanno progettando una linea per donne anziane e di mezza età che si sentono giovani, con attenzione a fornire ogni capo di un alto contenutomoda. Onward Kashiyama, in particolare, ha sviluppato la linea Jane Moore per donne anziane, allontanandosi dagli stereotipi dello stile tradizionale 'da signora', registrando un aumento costante del fatturato, che ha riscontrato incrementi dell'ordine del 25%. Ma il dato probabilmente più eclatante che testimonia il segno dell'irresistibile tendenza allo sviluppo della spesa per prodotti-moda nella terza età viene dal comparto che istintivamente si potrebbe immaginare come il più lontano dall'essere toccato dalla frenesia di spesa della terza età: l'abbigliamento intimo. La testimonianza viene da Wacoal, il colosso giapponese dell'underwear: la linea Grappi, disegnata in esclusiva per le donne anziane, continua a crescere a velocità del tutto inusuale. In un segmento di mercato in cui solitamente ci vogliono almeno dieci anni per raggiungere il livello di fatturato di un miliardo di yen, la nuova linea ha raggiunto e superato questa quota nel primo anno di vita, a partire dal lancio del marzo del 2000. Nell'anno scorso Grappi ha raggiunto il fatturato-record di 2 miliardi di yen, ed il tasso di crescita non sembra mostrare ancora segni di stanchezza. Combattendo il processo naturale per cui il corpo femminile tende a perdere le forme dai sessant'anni in su, la linea Grappi aiuta a mantenere una silhouette attraente senza la scomodità tradizionale della corsetteria 'per donne anziane'. E la novità ha il suo prezzo: un reggiseno Grappi costa in media 6.000 yen, contro i 5.000 dei modelli per donne giovani. Wacoal ha stimato che il valore medio della spesa per abbigliamento intimo per le donne di età compresa tra i 55 ed i 64 è di 57.771 yen (circa 460 euro): si tratta di una cifra praticamente uguale a quella delle giovani donne non sposate di età compresa tra i 20 ed i 34 anni, che supera quella relativa alla spesa delle donne sposate di età compresa tra i 25 ed i 34 anni del 70%, e quella delle donne tra i 35 ed i 44 anni del 60%.

65

Darrel Whitten, cit. 87 Il Mercato della Moda in Giappone


SEI SEGMENTI-OBIETTIVO PER LA MODA ITALIANA Criteri-guida Sulla base delle diverse valutazioni espresse precedentemente in merito alle diverse tipologie di segmentazione attuabili sul fronte dei consumatori, per motivi di confrontabilità di dati si è scelto di adeguarsi alla più diffusa prassi dell'utilizzazione delle fasce anagrafiche. In realtà, entro ragionevoli ordini di approssimazione, in questo criterio è anche possibile ricomprendere altri ottimi criteri usati sia in letteratura che nelle analisi aziendali 66 , per cui si è proceduto ad orientare in questo senso anche la metodologia utilizzata per i sondaggi d'opinione specificamente realizzati tra i consumatori giapponesi nel corso di questa ricerca. Gli argomenti ed i temi utilizzati per la descrizione dei sei segmenti sono eterogenei, e mirano a presentare – per ciascun profilo – quegli atteggiamenti di consumo che possano mettere ciascun 'addetto ai lavori' in grado di valutare la coerenza di ogni segmento con le caratteristiche del sistema d'offerta di suo primario interesse. In questo modo, sia il produttore e potenziale esportatore, sia l'operatore del dettaglio internazionale possono ricavere gli spunti ed i suggerimenti necessari all'elaborazione delle proprie strategie e formule commerciali per operare nel mercato giapponese. I sei segmenti analizzati sono: -

i ventenni;

-

i trentenni;

-

i quarantenni (suddivisi tra 'giovani quarantenni', di età compresa tra i 40 ed i 44 anni, e 'quarantenni maturi', di età compresa tra i 45 ed i 49 anni);

-

i cinquantenni;

-

i sessantenni.

Sono i casi, ad esempio, della segmentazione proposta da Itochu Fashion System e dei cluster proposti da JMR Science, entrambi già illustrati in questo capitolo. 66

88 Il Mercato della Moda in Giappone


Qui di séguito sono presentate le singole voci che concorrono a definire la batteria di argomenti utilizzata per costruire il profilo di ciascun segmento. Il sogno della moda ed il segno del denaro a) L'attenzione alla moda L'indagine ha valutato, per ciascuno dei segmenti individuati, sia il livello di soddisfazione che ciascun intervistato dichiara di provare nel sentirsi informato sulle dinamiche e sulle tendenze della moda, sia il piacere che prova nel sentirsi vestito bene ed alla moda. Com'era prevedibile, le risposte hanno mostrato un rapporto di proporzionalità inversa tra l'aumento dell'età e l'indice di sensibilità alla moda. Questa dinamica è evidente in linea di tendenza, ed include tutti coloro i quali hanno dichiarato di riconoscersi nell'affermazione di attribuire attenzione al vestirsi alla moda con intensità compresa tra 'molto' ed 'abbastanza'. Ma limitando l'osservazione ai soli veri moda-dipendenti (quelli che dichiarano di dare 'molta' importanza alla moda), si nota come le frequenze appaiano costanti (e addirittura in lieve, pur se non significativa, crescita) fino ai 45 anni, per poi decrescere progressivamente. SEGUONO LA MODA: SEGMENTAZIONE PER FASCE DI ETA' 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

34,4 15,6

29,4 17,6

28,0 24,0

23,5 17,6

22,2 15,6

13,6 14,8 Fonte: Diva Eris, 2003.

89 Il Mercato della Moda in Giappone


Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali Vengono proposti i dati forniti da un'indagine realizzata nel 2003 da JRM Science, che indicano i valori medi della spesa annua (suddivisi tra abbigliamento e calzature, e per fasce di età). Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo Misurando il livello di accordo con l'affermazione "per vestirsi alla moda si deve fare qualche sacrificio economico", il sondaggio affronta il tema della propensione all'acquisto di capi ad alto contenuto-moda, esplorando l'area della emotività dell'intervistato. Sempre su questo registro, l'indagine ha voluto inoltre appurare se esistano, ed – in caso affermativo – quanti siano i consumatori giapponesi che si aspettano di poter acquistare la moda italiana in patria a costi più accessibili. I risultati, riportati nella tabella che segue, mostrano che all'incirca un terzo dei consumatori condivide questa speranza, con picchi che arrivano al 50% nel segmento dei quarantenni maturi. "Presto sarà possibile comprare anche in Giappone moda italiana a prezzi ragionevoli" 60,0 52,9

50,0 40,0

40,0 34,4

% 30,0

29,4

34,6

32,0

20,0 10,0 0,0 Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

Percentuali di adesioni all'affermazione per segmenti di età Fonte: Diva Eris, 2003.

90 Il Mercato della Moda in Giappone


Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa In questo caso, l'indagine si muove nella direzione di indagare sul tema della 'spesa repressa' per la moda. Proponendo uno scenario improbabile, ma del tutto verosimile, nel quale sono rimossi i vincoli legati alla reale disponibilità economica, all'intervistato è stato chiesto il livello di accordo con la affermazione "se vincessi un milione di yen alla lotteria, ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda". La somma indicata, corrispondente a circa 8.000 euro, è stata studiata in maniera tale da non essere tanto rilevante da far sorgere aspettative di destinazioni 'importanti' per il denaro vinto, ma insieme abbastanza alta da porre un filtro efficace per identificare quei consumatori in cui emerga davvero la presenza di forti pulsioni verso l'acquisto di capi alla moda. Questo tipo di rilevazione è finalizzato a valutare quale potrebbe essere l'elasticità della domanda, ipotizzando uno scenario in cui l'attuale costante esposizione dei consumatori giapponesi al quotidiano bombardamento sulle condizioni negative dell'economia dovesse interrompersi, o addirittura cambiare direzione. Attualmente, infatti, al di là della maggiore o minore oggettiva disponibilità di denaro, il consumatore giapponese è pesantemente frenato nella spesa dai comportamenti orientati alla prudenza indirettamente indotti dalla stampa e dalla TV. Ma quando questo fenomeno dovesse cambiare, quale sarebbe l'effetto sulla spesa destinata al comparto-moda? Attraverso l'analisi delle risposte fornite a questa domanda, e presentate in maniera analitica nei paragrafi relativi agli approfondimenti su ciascun segmento di età, è possibile costruire una rappresentazione indicativa delle dinamiche possibili. "SE VINCESSI 1 MILIONE DI YEN, NE SPENDEREI LA METÀ PER ACQUISTI DI MODA" 30,0 25,0 20,0 %

15,0 10,0 5,0 0,0

abbastanza molto

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

9,9 7,4

0,0 5,9

16,0 8,0

11,8 11,8

8,9 15,6

9,9 7,4

PERCENTUALI ED INTENSITÀ DI ACCORDO CON L'AFFERMAZIONE PER FASCE DI ETÀ

Fonte: Diva Eris, 2003.

91 Il Mercato della Moda in Giappone


I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese Nelle sezioni dedicate agli approfondimenti relativi ai sei segmenti-obiettivo, l'immagine dell'Italia quale paese-bandiera della moda viene messa a confronto con quella di altri paesi concorrenti, ottenendo un quadro comparativo della percezione del sistema-moda italiano nel vissuto specifico di ciascuna fascia di età.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine del grande magazzino c) Il valore dell'immagine del negozio multimarca Nel corso del sondaggio si è identificata e quantificata la percezione di affidabilità riposta in alcuni dei molti canali del dettaglio da parte degli intervistati, in funzione dell'ipotesi di acquisto di un capo di abbigliamento ad elevato contenuto-moda. In particolare, l'indagine ha consentito di rilevare la autorevolezza riconosciuta dagli intervistati in due tipologie di dettaglio 'tangibili' (grandi magazzini e negozi specializzati multimarca). La scelta delle categorie del dettaglio su cui centrare l'indagine è maturata dalla considerazione che, per diversi motivi, su queste tipologie si addensa un maggior numero di interrogativi di taglio strategico; nell'evidenza della fase di sviluppo dei negozi a catena, ed in uno scenario marcato dalla brillantezza dei risultati dei megastore, si è ritenuto di approfondire la riflessione su altre principali tipologie, per ottenere dai protagonisti della domanda un insieme di spunti utili nella fase di analisi del mercato e di elaborazione di strategie di accesso e di consolidamento della presenza commerciale. Il grafico che segue presenta, in un quadro d'insieme, una visione simbolica del livello di autorevolezza nel campo della moda attribuito dai consumatori a due tipologie di dettaglio: i grandi magazzini ed i negozi multimarca. La misurazione si è basata sulla rilevazione del grado adesione all'affermazione "Il miglior modo di comprare un abito alla moda è di andare ad acquistarlo dai grandi magazzini" (e, successivamente, nella versione "Il miglior modo di comprare un abito alla moda è di andare ad acquistarlo dai negozi multimarca").

92 Il Mercato della Moda in Giappone


Com'era prevedibile, i grandi magazzini riscuotono una fiducia crescente in correlazione diretta con l'età degli intervistati, con l'imprevista eccezione dell'opinione dei ventenni, mentre il livello di affermazione dei negozi multimarca non è altrettanto pesantemente influenzato dalla variabile-età. Nella sfida diretta, infine, il risultato finale può dirsi a favore dei grandi magazzini, che – grazie all'opinione positiva dei ventenni – riescono a superare i negozi multimarca in quasi tutte le fasce di età, avendo per altro buon gioco grazie alle preferenze espresse (tra adesioni intense ed adesioni più tiepide) dall'insieme dei consumatori in età più matura.

"IL MIGLIOR MODO DI COMPRARE UN ABITO ALLA MODA È DI ANDARE AD ACQUISTARLO DAI…"

50,0 45,0 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 Grandi magazzini Negozi multimarca

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

34,4 28,1

11,8 17,6

16,0 16,0

40' maturi Cinquantenni Sessantenni 35,3 23,5

26,7 22,2

44,4 19,8

PERCENTUALI ED INTENSITÀ DI ACCORDO CON L'AFFERMAZIONE PER FASCE DI ETÀ Fonte: Diva Eris, 2003.

93 Il Mercato della Moda in Giappone


I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilità dei negozi intangibili Uno dei tradizionali punti di debolezza dei canali ‘non-store’ risiede nella loro intangibilità, che può indurre atteggiamenti di insicurezza o addirittura di diffidenza da parte del consumatore. La tabella che segue mostra i risultati del sondaggio condotto su di un campione di consumatori, che ha misurato e comparato tra di loro la percezione di affidabilità trasmessa da tre canali 'non-store': televisione, internet e cataloghi postali. L’elaborazione dei dati raccolti ha portato, probabilmente, a smentire il diffuso atteggiamento di pregiudizio nei confronti di internet quale canale per le vendite al dettaglio. Alla richiesta di opinione in merito alle affermazioni “è possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso internet”, con le successive varianti “…sui cataloghi postali” e “…attraverso le vendite in TV”, è stato proprio internet a raccogliere i maggiori consensi, graduati tra le opinioni più ferme (“molto d’accordo”) e quelle più tiepide, ma comunque di segno positivo (“abbastanza d’accordo”). La sezione dedicata ai diversi segmenti di consumatori presenta le varianti in merito alle opinioni sul tema in funzione delle classi di età degli intervistati. “È POSSIBILE COMPRARE BUONI ABITI ALLA MODA ATTRAVERSO…” 45,0 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0

Televisione

Internet

Cataloghi

abbastanza

14,0

26,7

27,1

molto

9,1

15,8

10,6

PERCENTUALI ED INTENSITÀ DI ACCORDO CON L'AFFERMAZIONE PER TIPOLOGIA DI CANALE Fonte: Diva Eris, 2003.

94 Il Mercato della Moda in Giappone


I valori nella moda e) Il valore della farmacopea: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto Nel comportamento d'acquisto di ciascuno dei segmenti individuati, quali leve di marketing incidono nel fornire stimoli all'effettuazione dell'acquisto, nei casi in cui si rilevi una condizione di indecisione? L'indagine si è soffermata sull'effetto di due variabili endogene, il prezzo e la notorietà di marca; l'incidenza dei due fattori è stata rilevata attraverso la tecnica della misurazione dell'intensità di adesione a due specifiche affermazioni. Per quanto riguarda l'effetto di legittimazione dell'acquisto operato dal fattore-prezzo, l'affermazione utilizzata è stata "un abito alla moda che non costa molto di solito non è un buon acquisto". Si sono, di conseguenza, analizzate le frequenze degli intervistati che hanno confermato di essere 'molto' o 'abbastanza' d'accordo con il concetto espresso. Nel caso del fattore-marca si è invece utilizzato come parametro l'affermazione "se si compra una marca che non è famosa c'è il rischio di non fare un buon acquisto". L'analisi parallela dei risultati mostra una netta maggiore sensibilità al prezzo: in estrema sintesi, un capo che costi poco è sospetto, mentre un capo di marca poco nota potrebbe anche essere accettato senza troppe preoccupazioni. Il punto è evidentemente di molto rilievo per la costruzione delle politiche commerciali, ed i risultati del sondaggio sono presentati in dettaglio all'interno di ciascuna delle sezioni dedicate alle diverse fasce d'età. EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 80,0 70,0 60,0 50,0 %

40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 marca prezzo

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

25,0 50,0

17,6 47,1

24,0 68,0

17,6 41,2

6,7 33,3

8,6 53,1

Fonte: Diva Eris, 2003.

95 Il Mercato della Moda in Giappone


I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca Nelle sezioni di approfondimento dedicate ai sei diversi segmenti di consumatori vengono presentati i risultati di una recente rilevazione realizzata da JMR Science 67, relativa alle marche preferite nel commercio al dettaglio dal pubblico femminile giapponese. Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori Nel processo di elaborazione di strategie di marketing per la commercializzazione al dettaglio, lo studio del comportamento e delle abitudini di acquisto dei consumatori ricopre un'importanza tutt'altro che marginale. Uno degli scopi della rilevazione è quello di studiare il sistema degli influenzatori del processo d'acquisto: infatti è noto che l'incidenza di questi attori può talvolta giocare un peso decisivo non soltanto nella scelta del che cosa acquistare, ma in casi tutt'altro che sporadici sulla stessa scelta tra acquistare o non acquistare. Quest'ultimo aspetto cresce di rilevanza in correlazione diretta con il contenuto-moda ed il prezzo dei capi su cui si focalizza la scelta del consumatore, ovvero a mano a mano che ci si allontani dalle condizioni in cui si possa configurare lo scenario di un acquisto di impulso. Nel caso di un acquisto 'importante', infatti, è legittimo immaginare che – crescendo il livello di ansia e di insicurezza sull'opportunità dell'acquisto - le voci degli influenzatori acquistino proporzionalmente di importanza. INFLUENZATORI SIGNIFICATIVI NEGLI ACQUISTI DI MODA, PER FASCIA DI ETA' 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

75,0 31,3 59,3 68,8

52,9 35,3 64,7 76,5

60,0 40,0 40,0 64,0

41,2 41,2 29,4 70,6

53,3 31,1 40,0 55,6

42,0 19,8 32,1 56,8

Giornali Compagno/a Amici/amiche Addetto/a vendite

Fonte: Diva Eris, 2003. 67

Fonte: JMR Science, cit. 96 Il Mercato della Moda in Giappone


Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori L'indagine ha voluto verificare le condizioni in cui si realizza il momento dell'acquisto di capi di moda: quanto frequente sia il caso in cui al fianco del consumatore siano presenti una o più altre persone, e – in caso affermativo – il tipo di legame intercorrente. Il dato probabilmente più significativo, o comunque il più evidente, è la rilevanza percentuale degli intervistati che dichiarano di effettuare i propri acquisti di moda sempre da soli: abitudine presente già nei ventenni (40%), e che cresce di frequenza in maniera pressoché proporzionale al crescere dell'età, per attestarsi tra il 50 ed il 60% già dai 45 anni. Nell'analisi dei risultati segmentati per fasce di età è presentato l'insieme dei risultati, individuando di volta in volta chi siano gli accompagnatori più frequenti nello shopping di capi di moda.

ACQUISTI SEMPRE DA SOLI: PERCENTUALI PER SEGMENTI DI ETA' 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 %

Ventenni

Trentenni

Giovani 40'

40' maturi

Cinquantenni

Sessantenni

40,6

41,2

52,0

58,8

53,3

56,8 Fonte: Diva Eris, 2003.

97 Il Mercato della Moda in Giappone


Sei segmenti-obiettivo per la moda italiana 1: i ventenni Profilo psico-sociologico Autonomi, informali ed antiautoritari. Spendono con determinazione ed autonomia; vestono rigorosamente casual, e vivono senza impegno e senza valori. Peso demografico 17,4 milioni (8,9 milioni di maschi e 8,5 milioni di femmine). STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE PER ETĂ€: I VENTENNI 1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 20

21

22

23

24

25

26

27

28

29

Fonte: Censimento generale della popolazione.

98 Il Mercato della Moda in Giappone


"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

6,3

9,4

per niente

non molto

34,4

abbastanza

34,4

molto

15,6 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

Segmento: Ventenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro a) L'attenzione alla moda nei ventenni Il segmento dei ventenni si spacca in due fazioni opposte e di peso pressochÊ equivalente sull'atteggiamento generale nei confronti della moda. La prima fazione è favorevole, forte di un 15,6% di moda-dipendenti (dichiarano apertamente di amare molto seguire la moda e sentirsi alla moda), e sostenuta da un 34,4% di 'fiancheggiatori' (condividono la posizione, ma con un'intensità leggermente minore nell'affermazione). La seconda è tendenzialmente negativa: guidata da una minoranza (9,4%) di 'ostili' ("non mi piace affatto seguire la moda"), è spalleggiata dal 34,4% di ventenni che dichiarano un atteggiamento tendenzialmente freddo verso l'orientamento alla moda. Soltanto il 6,3% non ama affermare la propria posizione in merito a questo tema.

99 Il Mercato della Moda in Giappone


VENTENNI - SPESA REALE PER LA MODA (spesa media annua pro capite; valori in Yen)

Calzature - Footwear

Abbigliamento - Apparel

0

F M

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

80.000

90.000 100.000

Abbigliamento - Apparel

Calzature - Footwear

89.159 72.408

25.728 21.268 Fonte: JMR Science, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali dei ventenni I ventenni spendono, per gli acquisti di moda, e senza troppe distinzioni tra ragazzi e ragazze: i valori medi della spesa dei due sessi non sono, infatti, così distanti, pur se – come accade in ogni segmento – la spesa per la moda rimane sempre prevalentemente una spesa femminile. Le giovani ventenni investono poco meno di 120.000 yen all'anno (quasi 1.000 euro), tra abiti e calzature, con un'incidenza percentuale del valore delle calzature pari al 29% del totale della spesa. Di contro, i loro coetanei maschi spendono poco più di 90.000 yen (circa 700 euro), mantenendo la stessa percentuale delle ragazze nella quota relativa alle calzature (29%). 100 Il Mercato della Moda in Giappone


"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 40,0 35,0

34,4 31,3

30,0 25,0 18,8

20,0 15,0 10,0 5,0

0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

Segmento dei ventenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo dei ventenni La netta maggioranza degli intervistati (65,7%) dichiara di concordare con l'affermazione per cui "per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico". Tra questi, più della metà sottolinea di essere molto d'accordo con l'entità del sacrificio. La posizione è generalmente comprensibile alla luce della difficile condizione in cui si trovano i ventenni: da un lato, costantemente esposti ai messaggi che spingono al consumo di prodotti-moda; dall'altro, alle prese con una disponibilità di denaro che – soprattutto a causa della loro giovane età - non è ancora all'altezza di soddisfare tutte le pulsioni e gli stimoli all'acquisto indotti dai media e dai messaggi pubblicitari. In questa congiuntura, appare comprensibile che l'allinearsi alla moda venga correlato a sacrifici economici, vissuti con notevole intensità dal 34% degli intervistati, e da un altro 31% con chiara consapevolezza, pur se meno esasperata, dei sacrifici economici che comporta la scelta del vestirsi alla moda.

101 Il Mercato della Moda in Giappone


"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 40,0

37,5

35,0 30,0 25,0

25,0

18,8

20,0

15,6

15,0 10,0 5,0

3,1

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei ventenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa nei ventenni Come già illustrato nel paragrafo precedente, l'obiettivo di questa domanda è quello di far emergere il vero desiderio di spesa per l'acquisto di capi alla moda, allontanando dall'intervistato le quotidiane preoccupazioni economiche, ed ipotizzando una condizione di improvvisa liberazione dai vincoli legati alla disponibilità di denaro. Nella fascia dei ventenni, i 'consumatori repressi' che – nel caso di un'imprevista grande disponibilità di denaro - si mostrerebbero favorevoli a spenderne buona parte in abiti e calzature ammontano al 19% circa. Ma, tra questi, lo 'zoccolo duro' consiste soltanto del 3% del totale: da una popolazione del segmento pari a circa 17 milioni di individui, emerge quindi una massa di circa mezzo milione di consumatori ventenni pronti a piccole follie pur di comprare ciò che desiderano. Il dato è interessante soprattutto nella prospettiva di un'inversione di tendenza dell'economia giapponese, o quanto meno in caso di una modifica dell'atteggiamento dei mezzi di comunicazione di massa: la riduzione della pressione continua sul tema della crisi, e la diffusione dei segnali positivi comunque presenti, potrebbero sin d’ora liberare, quanto meno in parte, la propensione all'acquisto oggi tenuta a bada dalla preoccupazione per il futuro indotta dai media. 102 Il Mercato della Moda in Giappone


"La patria della moda migliore è..." 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

34,4 15,6 46,9 6,3 3,1 6,3 18,8 3,1 Ventenni: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese per i ventenni Quasi a senso unico i risultati dell'indagine su questo tema nella fascia dei ventenni. Il paese della moda è l'Italia, non c'è dubbio: il confronto storico con la Francia non pone dubbi sul risultato: sia nel segmento degli entusiasti (molto d'accordo) che in quello dei 'tiepidi' (abbastanza d'accordo) la netta maggioranza converge nell'indicare l'Italia. Da notare il secondo posto del Giappone, che può contare in una percentuale non eccezionale, ma molto significativa di grandi estimatori (quelli che si dicono 'molto d'accordo' sul fatto che la patria della moda sia il Giappone). Il risultato è molto interessante, e mostra le grandi chance che la moda italiana ha per il futuro, grazie all'entusiasmo di quegli 11 milioni e mezzo di giapponesi che indicano l'Italia come paese-simbolo della moda, e che – fatto più importante – appartengono alla fascia dei ventenni. Un potenziale di mercato che non aspetta altro che di non essere disatteso nel suo entusiasmo e nella sua propensione alla spesa. Ecco dove puntare, dunque, per le iniziative promozionali: su quegli 11,5 milioni di giapponesi ventenni che possono diventare altrettanti portabandiera del sistema-moda italiano. Lo fanno già, per altro; l'obiettivo è di gratificarli e motivarli ulteriormente. L'inazione lascerebbe spazio ai competitori, e – come mostra il sondaggio – la moda giapponese non resterebbe a guardare gli spazi aperti dalla mancanza di azione dell'Italia a sostegno del suo ruolo-guida a livello mondiale. 103 Il Mercato della Moda in Giappone


"L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 40,0

37,5

35,0 30,0 25,0 20,0

18,8

18,8 15,6

15,0 9,4

10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Ventenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine del grande magazzino nei ventenni Se qualcuno era convinto che fosse finita l'era dei grandi magazzini, è bene che riconsideri la sua opinione alla luce dei risultati di questa tabella. Un terzo dei ventenni concorda con l'affermazione perentoria "l'unico modo per acquistare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino"; e pur se il consenso è espresso con diversi livelli di intensità, la presenza di uno 'zoccolo duro' pari al 18,8% degli intervistati che sono molto convinti di questa valutazione conferma che i giochi non sono ancora fatti, e che i grandi magazzini godono ancora di un buon credito anche tra i giovani. Certamente, ciò non deve portare a sottovalutare il 'bicchiere mezzo vuoto'; basti osservare la quota dei ventenni che non concorda con l'affermazione, e che quantitativamente è superiore alla prima. Ma in uno scenario in cui tutte le nuove formule di commercio al dettaglio di moda sembrano non prescindere dal mirare al segmento dei ventenni, sembrerebbe impossibile registrare posizioni univocamente a favore dei grandi magazzini. Il dato, dunque, è quello della tenuta dell'immagine: ciò che l'indagine non può svelare è il segno delle dinamiche in corso. La percentuale di ventenni che credono nel ruolo dei grandi magazzini come alfieri della moda sta aumentando o diminuendo? E qual è la velocità del processo? La risposta sarà molto influenzata dalle politiche degli stessi grandi magazzini, e dalla loro capacità di mantenere appeal nei confronti delle generazioni più giovani. 104 Il Mercato della Moda in Giappone


"I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 30,0

26,7

26,7

26,7

non molto

per nulla

non so

25,0 20,0 13,3

15,0 10,0

6,7

5,0 0,0 molto

abbastanza

Ventenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda c) Il valore dell'immagine dei negozi multimarca per i ventenni Il dato rivelatore dei risultati relativi a questa domanda risiede, probabilmente, nell'alta quota delle risposte 'non so'. I ventenni, probabilmente, non frequentano molto (e dunque, probabilmente, non conoscono bene) i punti vendita di moda multimarca; di conseguenza, un confronto diretto con i grandi magazzini - forti di una storia, di una notorietĂ ed una visibilitĂ pressochĂŠ imbattibili nel mondo del dettaglio - appare quanto meno poco proponibile. Poco meno del 7% degli intervistati, comunque, si dichiara 'molto' d'accordo con l'opinione espressa, raccogliendo in pieno la formula provocatoria dell'intervista: esiste dunque, anche dentro la fascia dei ventenni, una quota, pur se piccola, che ha eletto a sua preferita la formula del 'multimarca', nonostante le offensive delle SPA e dei megastore firmati da nomi di rilievo internazionale.

105 Il Mercato della Moda in Giappone


"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 50,0

43,8

40,0

34,4

30,0

25,0

20,0

Televisione Internet Cataloghi

31,3

21,9

12,5

28,1

25,0

12,5 6,3

10,0 0,0

28,1

12,5

9,4 9,4

0,0 molto 0,0 12,5 6,3

abbastanza

non molto

per nulla

25,0 34,4 28,1 43,8 21,9 12,5 28,1 31,3 25,0 Ventenni: livello di accordo con l'affermazione

non so 12,5 9,4 9,4 Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilità dei negozi intangibili nei ventenni Internet batte tutti i concorrenti: e c'era da immaginarlo, quanto meno nella fascia dei ventenni. La grande maggioranza degli intervistati si dice d'accordo sull'affermazione proposta ("è possibile acquistare buoni abiti alla moda su internet"), e tra questi il 12,5% sostiene l'affermazione con molto calore. Se non freddo intenso, invece, quanto meno molto poco calore è manifestato dal segmento dei ventenni nei confronti della televisione, in quanto canale di acquisto di abiti alla moda. Il 12,5%, inoltre, dichiara di non avere opinione in merito, probabilmente anche per il non aver mai assistito ad una televendita. Soltanto un quarto degli intervistati, e per altro tutti con poca enfasi, dichiarano di convenire sulla possibilità di buoni acquisti di moda in TV; ma un atteggiamento non molto più positivo è mostrato nei confronti dei cataloghi postali, la cui immagine è probabilmente troppo legata ai valori ed allo stile di comunicazione più vicini ai segmenti-obiettivo tradizionali delle vendite per corrispondenza (i consumatori più maturi e gli anziani). 106 Il Mercato della Moda in Giappone


EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 60,0 50,0 40,0

%

30,0 20,0 10,0 0,0

abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

12,5 12,5

34,4 15,6

Segmento dei ventenni - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda e) Il valore della farmacopea: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto I risultati di questa tabella sono stati raccolti richiedendo agli intervistati il livello di consenso con le affermazioni parallele: "Se si compra una marca che non è famosa di solito non si fa un buon acquisto" e "Un abito alla moda che non costa molto di solito non è un buon acquisto". Attraverso la rilevazione dell'accordo o del disaccordo, nonché dell'intensità con cui viene espressa l'affermazione, misurata in base ad una semplice scala di valori a differenziale semantico (molto/abbastanza), si è proceduto ad elaborare ed a presentare i risultati. L'ipotesi di base è che la concentrazione di risposte sulla scelta "sì, molto d'accordo" individui e racchiuda un cluster di consumatori che manifestano un certo livello di insicurezza nell'occasione del dover affrontare un atto di acquisto di moda, e che – di conseguenza – ricerchino inconsapevolmente in quel momento il supporto di 'legittimatori' della scelta. Tradizionalmente, questo ruolo di 'ansiolitico' del processo di acquisto può venire giocato dal potere di rassicurazione della marca, o del prestigio di un negozio o di una insegna, ma anche semplicemente dal prezzo (purché questo sia sufficientemente alto). Il livello di consenso attribuito al ruolo della marca divide l'insieme dei ventenni in due segmenti di pari peso percentuale: quelli che per un buon acquisto confidano nella marca e quelli che confidano nel proprio gusto personale. Ma nel caso del prezzo, l'aggressività dei produttori di moda a basso costo sembra aver colpito duro: sono davvero pochi i ventenni che ancora credono all'incontrovertibilità della equazione "prezzo alto = buon acquisto". Eppure, l'analisi dei risultati delle altre classi d'età serba ancora altre sorprese. 107 Il Mercato della Moda in Giappone


LE MARCHE PREFERITE DALLE VENTENNI Valori in percentuale (risposte multiple) Burberrys Comme Ca Du Mode OZOC GAP MK 23ku Kumikyoku Beams Muji UNIQLO 0

10

20

30

40

50

Fonte: JMR Science, 2003.

I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca per le ventenni L'indagine di JMR Science ha posto a confronto dieci marche molto note alle consumatrici giapponesi, e ha mirato a rilevarne le preferenze. Con il vantaggio della freschezza dei dati, in uno scenario di mercato così volubile e cangiante da rendere subito obsoleti i risultati dei sondaggi d'opinione sulla popolarità di marca (per non citare la caducità della rilevazione in merito alle percezioni sulle tendenze della moda), l'analisi – pubblicata nel 2003 – riesce a mettere in luce evidenti rapporti e confronti di popolarità tra le dieci marche selezionate. Va da sé che il successo di Uniqlo non sembra temere rivali, quanto meno in questa fascia di età. Ma l'azienda italiana interessata ad operare in questo segmento non dovrebbe mancare un'azione di monitoraggio costante di tutte le marche citate, o – quanto meno – di quelle che hanno un punteggio percentuale almeno a due cifre. 108 Il Mercato della Moda in Giappone


"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

56,3 18,8

18,8 12,5

43,8 15,6

53,1 15,6

Ventenni: livelli e percentuali di importanza attribuita Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori dei ventenni Ipotizzando che un’azienda di moda sia interessata al segmento dei ventenni, su chi agire per condizionarne indirettamente gli acquisti? I risultati del sondaggio affermano che la domanda è, in un certo senso, mal posta. Non su chi, ma su che cosa agire: infatti l'influenzatore più efficace del ventenne, o della ventenne, non è una persona, ma un oggetto – il giornale, la rivista. È al giornale o alla rivista, infatti, che gli intervistati attribuiscono il ruolo primario nell'orientare i propri acquisti. Dunque, per operare in questo segmento, è opportuno consultare, nella sezione C di questa ricerca, il paragrafo "I media della moda ed il loro costo" per individuare le testate più centrate sul segmento dei ventenni, ed agire di conseguenza. Un'alternativa – se mai fosse praticabile – appare quella di riuscire a manipolare le scelte delle commesse, la cui forza orientatrice rispetto ai clienti appare eccezionale. Ma prima di considerare quest'affermazione soltanto a livello di boutade, occorre osservare con attenzione di quale entità si mostra, nei confronti dei consumatori di altre fasce di età, la forza del personale di vendita. 109 Il Mercato della Moda in Giappone


CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 qualche volta sempre

solo/a

amico/a

compagno/a

parente

50,0 40,6

56,3 12,5

34,4 12,5

31,3 6,3

Segmento: Ventenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori dei ventenni Il dato più rilevante della tabella: gli intervistati dichiarano, in netta maggioranza (40,6%) di andare sempre a fare spese da soli. A questi si aggiunge un ulteriore 50% che dichiara di andare ‘talvolta’ da soli a far spese di articoli di moda. Le spese in compagnia sono, dunque, un’eccezione, misurata dalle basse percentuali rilevate sulle risposte relative all’andare sempre a fare spese con qualcun altro: il 12,5% va sempre con un amico o una amica, ed un altro segmento di uguale peso percentuale sceglie sempre il fidanzato o il marito nel ruolo di accompagnatore. Meno frequente è il caso in cui viene scelto come accompagnatore un parente (6,3%).

110 Il Mercato della Moda in Giappone


Sei segmenti-obiettivo per la moda italiana 2: i trentenni Profilo psico-sociologico Culturalmente flessibili, economicamente instabili e poco sensibili al richiamo della moda; infatti, da piccoli hanno avuto dimestichezza con marche e griffe, per cui non avvertono piĂš un particolare desiderio di differenziarsi attraverso capi firmati. Peso demografico Sono 17,7 milioni (8,9 milioni di maschi; 8,8 milioni di femmine).

STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE PER ETĂ€: I TRENTENNI 1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 30

31

32

33

34

35

36

37

38

39

Fonte: Censimento generale della popolazione.

111 Il Mercato della Moda in Giappone


"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

2,0

5,9

per niente

non molto

45,1

abbastanza

29,4

molto

17,6 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

45,0

50,0

Segmento: Trentenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro a) L'attenzione alla moda nei trentenni Il grafico presenta la netta bipartizione del segmento dei trentenni in funzione dell’atteggiamento nei confronti della moda. Da un lato, si rileva una quota del 51,0% di ‘contrari’, costituita da quelli che non sono affatto attratti dalla moda (5,9%) e da una larga fascia di ‘tendenzialmente non interessati’ (45,1%). Sul fronte opposto, il 17,6% è dichiaratamente modaiolo, ed il 29,4% dichiara un atteggiamento positivo ma meno esasperato. In linea di massima, l’atteggiamento generale appare abbastanza simile a quello rilevato nella fascia dei ventenni, e caratterizzato dalla bipartizione in due grandi gruppi opposti rispetto all’attenzione alla moda.

112 Il Mercato della Moda in Giappone


TRENTENNI - SPESA REALE PER LA MODA (spesa media annua pro capite; valori in Yen)

Calzature - Footwear

Abbigliamento - Apparel

0

F M

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

Abbigliamento - Apparel

Calzature - Footwear

74.733 47.811

21.314 19.034

80.000

Fonte: JMR Science, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali dei trentenni I trentenni spendono, per gli acquisti di moda, meno dei ventenni; ma il dato importante è che, tra tutte le fasce di età, i trentenni sono quelli che spendono meno in assoluto. Mentre la spedia media per calzature è simile tra maschi e femmine, e si aggira attorno ai 20.000 yen, sull’abbigliamento le distanze di marcano con visibilità molto maggiore. Ai quasi 75.000 yen annui spesi dalle donne trentenni fanno riscontro i circa 48.000 yen spesi dai loro coetanei maschi. 113 Il Mercato della Moda in Giappone


"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 45,0

41,2

40,0 35,0 30,0 25,0

23,5

20,0

17,6

15,0 10,0 5,0 0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

Segmento dei trentenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo dei trentenni In questa fascia di età non c’è un solo intervistato che si sia detto ‘per nulla d’accordo’ con l’affermazione provocatoriamente proposta, secondo la quale per vestirsi alla moda è indispensabile affrontare qualche sacrificio di tipo economico. La netta maggioranza (64,7%) degli intervistati dichiara, invece, di concordare con l'esigenza di affrontare qualche sacrificio economico per essere alla moda, ed all’interno di questa maggioranza più della metà sottolinea di essere 'molto' d'accordo con l’idea del dover sopportare spese anche relativamente poco leggere.

114 Il Mercato della Moda in Giappone


"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 45,0

41,2

41,2

40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0

11,8 5,9

5,0

0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei trentenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa nei trentenni Come già illustrato nel paragrafo precedente, l'obiettivo di questa domanda è quello di far emergere il vero desiderio di spesa per l'acquisto di capi alla moda, allontanando dall'intervistato le quotidiane preoccupazioni economiche, ed ipotizzando una condizione di improvvisa liberazione dai vincoli legati alla disponibilità di denaro. Nella fascia dei trentenni, ammontano a poco meno del 6% gli intervistati che, trovandosi quasi per caso un milione di yen in tasca ne spenderebbero quasi la metà in articoli di moda. Di contro, l’82,4% dei consumatori sembra avversare quest’idea, pur se con differenziazioni nell’intensità dell’affermazione. Di tutti i segmenti, quello dei trentenni sembra, in generale, il meno propenso alla spesa per la moda, e soprattutto appare orientato ad un approccio tendenzialmente razionale e pragmatico piuttosto che di taglio emotivo e passionale.

115 Il Mercato della Moda in Giappone


"La patria della moda migliore è..." 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

41,2 17,6 29,4 0,0 5,9 5,9 11,8 0,0 Trentenni: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese per i trentenni Per i trentenni, la moda targata USA sembrerebbe non esistere; in realtà, il dato che emerge dai risultati dell’indagine indica esclusivamente che gli Stati Uniti non vengono riconosciuti come paese-leader nel mondo della moda internazionale. Invece, tra i trentenni è molto forte l’immagine della Francia, che nelle indicazioni globali, ottenute sommando le segnalazioni di alto livello di accordo con la frase “La moda migliore viene dalla Francia” con quelle di accordo di intensità media, si piazza al primo posto, superando l’Italia. Al nostro paese spetta, però, la prima posizione tra le indicazioni più convinte: l’11,8% degli intervistati attribuisce con decisione al nostro paese il ruolo di leadership, con una quota doppia rispetto alle indicazioni attribuite alla Francia ed allo stesso Giappone, che in questa dimensione raggiunge esattamente lo stesso valore delle preferenze attribuite alla Francia.

116 Il Mercato della Moda in Giappone


"L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 70,0

64,7

60,0 50,0 40,0 30,0 20,0

11,8

11,8

11,8

per nulla

non so

10,0 0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

Trentenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine del grande magazzino per i trentenni I risultati dell’indagine mostrano che è il segmento dei trentenni quello in cui l’immagine dei grandi magazzini è più appannata. Nessun intervistato ha dichiarato un alto livello di accordo con l’affermazione secondo cui “il miglior modo di acquistare un abito alla moda è quello di andarlo a comprare in un grande magazzino”: d’altro canto, soltanto poco meno del 12% accetta, pur se con adesione poco entusiastica, di condividere questa opinione. Molto più forte è invece la percentuale di quelli che sono tendenzialmente contrari a questa posizione (64,7%), mentre una quota pari all’11,8% si dichiara del tutto contraria all’idea che il grande magazzino sia da considerare il posto migliore per acquistare un abito alla moda.

117 Il Mercato della Moda in Giappone


"I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 45,0

41,2

40,0 35,0 30,0 23,5

25,0 17,6

20,0 15,0

11,8

10,0

5,9

5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Trentenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda c) Il valore dell'immagine del negozio multimarca per i trentenni Un livello non trascurabile (11,8%) di decisi estimatori della formula del negozio multimarca alligna nella fascia dei trentenni, pur se in questa classe di età si rileva una percentuale molto alta di contrari alla elezione a simbolo della moda del negozio multimarca. Molto alto è anche il livello dei ‘non so’, il che rappresenta un chiaro segno della ancora non eccezionale visibilità della formula (o della scarsa frequentazione dei trentenni di questa tipologia di dettaglio).

118 Il Mercato della Moda in Giappone


"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 60,0

52,9 47,1 47,1

50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 Televisione Internet Cataloghi

23,523,5

23,5

17,6 11,8

11,8

11,8

5,9 molto 11,8 5,9 17,6

5,9 5,9 abbastanza

non molto

per nulla

11,8 47,1 23,5 23,5 52,9 5,9 23,5 47,1 5,9 Trentenni: livello di accordo con l'affermazione

5,9

5,9

non so 5,9 11,8 5,9 Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilità dei negozi intangibili nei trentenni Una buona metà dei trentenni non ha grande fiducia nei canali di vendite dirette, ed in particolare nei tre che sono stati loro sottoposti a valutazione di affidabilità (televisione, internet e cataloghi postali). Le opinioni sono state raccolte rilevando le adesioni (e la loro intensità) alla affermazione “è possibile acquistare buoni abiti alla moda attraverso la TV”, e successivamente ripetendo la domanda con riferimento a internet, o ai cataloghi. Tra questi canali, è la TV a riscuotere del minor credito in assoluto; i due terzi degli intervistati, infatti, non concordano con l’affermazione. Di contro, esiste una fascia comunque non marginale di ‘possibilisti’, mentre il gruppo degli ‘entusiasti’ ammonta a quasi il 12% nel caso della televisione (che, come sempre accade, tende a polarizzare i giudizi), mentre pesa poco meno del 6% nel caso di internet, e che invece cresce decisamente di numero, per arrivare al 17,6% nel caso dei cataloghi postali. 119 Il Mercato della Moda in Giappone


EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 50,0 45,0 40,0 35,0 30,0

%

25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0

abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

11,8 5,9

35,3 11,8

Segmento dei trentenni - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda e) Il valore della farmacopea: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto I trentenni si presentano tendenzialmente allineati con la fascia dei ventenni rispetto all’importanza indirettamente attribuita al valore della marca ed a quello del prezzo in funzione di rassicurazione della bontà degli acquisti fatti. Rispetto ai più giovani, i trentenni mostrano più disincanto nei confronti del valore della marca, mentre comunque quasi il 50% continua a ritenere che un prezzo alto sia un segnale, o addirittura una garanzia, della qualità dell’acquisto.

120 Il Mercato della Moda in Giappone


LE MARCHE PREFERITE DALLE TRENTENNI Valori in percentuale (risposte multiple) Burberrys Comme Ca Du Mode OZOC GAP MK 23ku Kumikyoku Beams Muji UNIQLO 0

10

20

30

40

50

60

Fonte: JMR Science, 2003.

I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca per le trentenni Uniqlo spopola anche tra le consumatrici della fascia dei trent'anni, e conquista in questo segmento la maggioranza assoluta dei consensi (poco meno del 60%). Seguono, allineate tra di loro ma con grande distacco dalla prima marca, Comme Ca du Mode e Gap, mentre il 'classico' Burberrys mostra un livello di appeal molto basso nei confronti di questa fascia di etĂ .

121 Il Mercato della Moda in Giappone


"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

29,4 23,5

29,4 5,9

52,9 11,8

64,7 11,8

Trentenni: livelli e percentuali di importanza attribuita Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori dei trentenni Il ruolo centrale dei giornali nell’influenzare le scelte relative agli acquisti di moda è confermato dal sondaggio anche nella fascia dei trentenni, che – in misura pari al 23,5% dichiarano di confidare molto nei giornali per orientarsi nelle scelte d’acquisto. Ciò nonostante, in questa fascia di età emerge prepotentemente il ruolo degli addetti alle vendite, che si rivelano nel ruolo di veri persuasori occulti del cliente: i tre quarti degli intervistati affermano di vedere nel commesso (o nella commessa) un affidabile consigliere, al quale rivolgersi per un valido consiglio. Il dato si mostra del tutto in armonia sia con la tendenza agli acquisti in solitudine, già emersa dall’indagine, sia con quanto dichiarato dall’imprenditrice al centro del caso aziendale raccontato nella sezione C di questa ricerca, al paragrafo “micromarketing”; ed il tema è degno di essere molto approfondito, quanto meno delle aziende interessate a svilupparsi in Giappone con formule che prevedano la gestione diretta del dettaglio.

122 Il Mercato della Moda in Giappone


CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 qualche volta sempre

solo/a

amico/a

compagno/a

parente

52,9 41,2

41,2 5,9

41,2 0,0

29,4 5,9

Segmento: Trentenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori dei trentenni Anche i trentenni, in quattro casi su dieci, vanno sempre da soli ad effettuare i loro acquisti di moda. Ma su questi dieci, gli altri sei non sono tendenzialmente molto meno solitari: a cinque, infatti, talvolta capita di fare spese da soli. A questo dato orientato alla prevalente solitudine fa riscontro la percentuale molto bassa di intervistati che dichiarano di preferire sempre la compagnia di qualcuno per i loro acquisti: il 5,9% è sempre in compagnia di un amico o di un’amica, e la stessa percentuale è sempre in compagnia di un parente. È interessante notare che neanche un solo intervistato dichiara di uscire sempre per fare acquisti con fidanzati e fidanzate, o mogli e mariti; questa tipologia rientra però nel ruolo di accompagnatore occasionale per il 41,2% degli intervistati.

123 Il Mercato della Moda in Giappone


Sei segmenti-obiettivo per la moda italiana I quarantenni: 3 - i giovani quarantenni (40-44 anni) 4 - i quarantenni maturi (45-49 anni) Profilo psico-sociologico Giovani quarantenni Innovativi, individualisti, avidi consumatori di tecnologia. Tra gli uomini non sono rari i cosiddetti otaku, racchiusi in un microcosmo delimitato dai loro interessi, e privi di alcuna attenzione verso il mondo esterno; le donne hanno studiato all'universitĂ e sono talvolta 'in carriera'. Quarantenni maturi Materialisti, centrati sul microcosmo familiare. Da giovani hanno seguito attentamente la moda, con grande attenzione per i capi firmati. Oggi sono centrati sulla famiglia, e dispongono di livelli di liquiditĂ relativamente bassi da destinare agli acquisti. Peso demografico I 'giovani quarantenni' sono 8 milioni (3,9 milioni di maschi e 4,1 milioni di femmine); i 'quarantenni maturi' sono 7,9 milioni (3,9 milioni di maschi e 4 milioni di femmine) STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE PER ETĂ€: I QUARANTENNI 900.000

850.000

800.000

750.000

700.000

650.000 40

41

42

43

44

45

46

47

48

49

Fonte: Censimento generale della popolazione.

124 Il Mercato della Moda in Giappone


"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

4,0

12,0

per niente

non molto

32,0

abbastanza

28,0

molto

24,0 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

Segmento: Giovani quarantenni

"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

2,1

35,3

per niente

non molto

21,4

abbastanza

23,5

molto

17,6 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

Segmento: Quarantenni maturi

Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro: a) L'attenzione alla moda nei quarantenni Da questa tabella, come in molte di quelle che seguono, appare con evidenza il motivo per cui si è scelto di sdoppiare la fascia dei quarantenni in due sottoinsiemi: si rilevano, infatti, molte differenze negli atteggiamenti e nei comportamenti d'acquisto tra giovani quarantenni e quarantenni maturi, tali da giustificare l'esigenza di analisi separate. In questo caso, ad esempio, si può notare come nella prima metà dei quarant'anni l'attenzione nei confronti della moda sia molto viva, per poi cambiare di segno nella seconda metà. Il dato è leggibile sia dall'analisi delle frequenze di quanti si dichiarano 'abbastanza' o 'molto' attenti alla moda, sia – specularmente – dalle frequenze di quanti si dicono 'per nulla' o 'poco' attenti alla moda: tra i giovani quarantenni i primi ammontano al 52% ed i secondi al 44%, mentre tra i quarantenni maturi le percentuali sono invertite: i primi calano al 41% ed i secondi raggiungono la percentuale del 56,7%. 125 Il Mercato della Moda in Giappone


QUARANTENNI - SPESA REALE PER LA MODA (spesa media annua pro capite; valori in Yen)

Calzature - Footwear

Abbigliamento - Apparel

0

F M

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

80.000

Abbigliamento - Apparel

Calzature - Footwear

84.064 61.398

23.542 19.683

90.000

Fonte: JMR Science, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali dei quarantenni In questo caso, l'analisi della spesa dei quarantenni accorpa le due fasce, dei 'giovani' e dei 'maturi'. Come per tutte le altre fasce di età , sono le donne a spendere cifre maggiori di quelle degli uomini; e se la differenza non è rilevante nel caso della spesa per le calzature (23.000 yen per le donne e 20.000 yen in media all'anno per gli uomini), la forbice si allarga sensibilmente nel caso della spesa dell'abbigliamento. Per questa voce di spesa, le donne arrivano a spendere 84.000 yen, mentre i maschi superano di poco la soglia dei 60.000 yen all'anno.

126 Il Mercato della Moda in Giappone


"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 40,0 35,0

36,0 32,0

30,0 25,0 20,0

16,0

15,0 8,0

10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

Segmento dei giovani quarantenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione

"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 25,0

20,0

23,5

17,6

17,6

17,6

non molto

per nulla

15,0

10,0

5,0

0,0 molto

abbastanza

Segmento dei quarantenni maturi - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione

Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo dei quarantenni L'impatto visivo delle due tabelle a confronto non tragga in inganno: si può infatti notare che le scale dei grafici sono diverse, per cui i valori relativi ai giovani quarantenni in realtà differiscono sensibilmente da quelli relativi ai quarantenni maturi. Nel caso dei primi, i due terzi degli intervistati ammettono il sacrificio economico che richiede la moda, mentre la percentuale scende al 41,1% per i secondi. I quarantenni più giovani, e più sensibili alla moda, affermano in modo diretto l'esigenza della spesa per la moda, rilevando il peso economico connesso; per i secondi, meno toccati dal desiderio di seguire la moda, il sacrificio economico è meno presente e dunque meno avvertito. 127 Il Mercato della Moda in Giappone


"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 50,0

44,0

45,0 40,0 35,0 30,0 25,0

20,0

20,0

16,0

15,0 10,0

12,0 8,0

5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei giovani quarantenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione

"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 70,0

64,7

60,0 50,0 40,0 30,0 20,0

11,8

11,8

10,0

5,9

5,9

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei quarantenni maturi - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione

Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa dei quarantenni L'analisi delle risposte fornite a questa domanda conferma ulteriormente il divario tra i due sottogruppi dei quarantenni, marcando il calo di interesse progressivo per la moda che si rileva tra le due fasce di età. I giovani quarantenni, di fronte all'improvvisa ed imprevista disponibilità di denaro ipotizzata dall'intervistatrice, sono molto più propensi a lanciarsi nell'idea di spenderne la metà per acquisti di moda; molto minore è tale propensione tra i quarantenni maturi, i quali– oltre ad essere in quota molto minore a dichiararsi disponibili alla 'grande spesa' raggiungono un compattissimo 64,7% nell'affermare all'unisono il loro 'no' deciso di fronte all'eventualità loro proposta dall'intervistatrice. 128 Il Mercato della Moda in Giappone


"La patria della moda migliore è..." 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

16,0 12,0 28,0 24,0 12,0 8,0 16,0 4,0 Giovani quarantenni: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione "La patria della moda migliore è..."

40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

11,8 11,8 17,6 0,0 17,6 0,0 17,6 0,0 Quarantenni maturi: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese per i quarantenni Un'altra coppia di tabelle che potrebbero risultare molto interessanti agli 'addetti ai lavori'. I giovani quarantenni 'vedono' la moda giapponese e quella nordamericana; per i quarantenni maturi sembra quasi non esistere altro che la moda italiana e quella francese. Il dato rileva ancora una volta il profondo divario che esiste tra queste due classi di età pur così vicine e contigue. Nella fascia dei quarantenni, sono in netta prevalenza i giovani a mostrarsi attenti alla moda ed alle sue nuove tendenze.

129 Il Mercato della Moda in Giappone


"L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 70,0

64,0

60,0 50,0 40,0 30,0 20,0

20,0 10,0

12,0 4,0

0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Giovani quarantenni: livello di accordo con l'affermazione "L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 45,0

41,2

40,0 35,0 30,0 23,5

25,0

17,6

20,0 15,0

11,8

10,0

5,9

5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Quarantenni maturi: livello di accordo con l'affermazione

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine del grande magazzino per i quarantenni Attenzione, anche in questa coppia di grafici, ai valori portati nella scala. Sono, infatti, le cifre ad indicare con chiarezza un fenomeno evidente: i quarantenni maturi amano i grandi magazzini molto di piĂš dei quarantenni piĂš giovani. Tra questi ultimi, infatti, soltanto una piccola percentuale riconosce ai grandi magazzini il ruolo primario nel mondo della moda, mentre la quota sale considerevolmente, sino a quasi raddoppiare, nel caso dei quarantenni maturi. 130 Il Mercato della Moda in Giappone


"I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 60,0

56,0

50,0 40,0 30,0 20,0

20,0

16,0 8,0

10,0 0,0

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Giovani quarantenni: livello di accordo con l'affermazione "I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 45,0

41,2

40,0 35,0

29,4

30,0 25,0 20,0 15,0

11,8

11,8

10,0

5,9

5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Quarantenni maturi: livello di accordo con l'affermazione

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda c) Il valore dell'immagine del negozio multimarca per i quarantenni La scarsa dimestichezza dei quarantenni maturi con la moda è evidente anche dalla lettura del dato relativo alla frequenza delle risposte 'non so' fornite all'intervistatore che poneva una domanda in merito al ruolo dei negozi multimarca. Con tutta probabilità, i quarantenni (e tra questi, si ribadisce, sono compresi sia i consumatori che le consumatrici di questa fascia di età) non sono grandi frequentatori dei luoghi di acquisto della moda, e non hanno esperienza diretta di tutte le formule del dettaglio; con l'evidente eccezione dei grandi magazzini, ricchi di un tale carico di storia e visibilità di mercato da non poter affatto restare sconosciuti neanche a chi non sia né interessato né tanto meno incuriosito dalla scena della moda. 131 Il Mercato della Moda in Giappone


"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 50,0 40,0 30,0 20,0

24,0 16,0 12,0

10,0 0,0

40,0

36,0

8,0

molto 16,0 12,0 8,0

Televisione Internet Cataloghi

32,0

28,0

24,0

16,0

12,0

abbastanza

non molto

12,0

per nulla

12,0 28,0 32,0 36,0 16,0 24,0 24,0 40,0 12,0 Giovani quarantenni: livello di accordo con l'affermazione

16,0 12,012,0

non so 12,0 12,0 16,0

"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 47,1

50,0

41,2

41,2

40,0

35,3 29,4 23,5

30,0 17,6

20,0 10,0 0,0 Televisione Internet Cataloghi

17,6 11,8 5,9

17,6

5,9

0,0

5,9 0,0

molto 0,0 17,6 5,9

abbastanza

non molto

per nulla

23,5 41,2 17,6 29,4 5,9 11,8 47,1 41,2 0,0 Quarantenni maturi: livello di accordo con l'affermazione

non so 17,6 35,3 5,9

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilitĂ dei negozi intangibili per i quarantenni Una gran parte dei quarantenni si fida di internet come canale per gli acquisti di moda, pur se si rileva una molto elevata percentuale di 'non so' tra le risposte fornite dai quarantenni maturi alla domanda sul commercio elettronico. Ma a parte l'alleanza sul tema dell'e-commerce, i quarantenni giovani e quelli maturi poi divergono su tutti gli altri temi: piĂš aperti i giovani rispetto alle vendite televisive, molto piĂš disponibili i 'maturi' nei confronti delle vendite per corrispondenza. 132 Il Mercato della Moda in Giappone


EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 80,0 70,0 60,0 50,0

%

40,0 30,0 20,0 10,0 0,0

abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

16,0 8,0

40,0 28,0

Segmento dei giovani quarantenni - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 45,0 40,0 35,0 30,0

%

25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0

abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

11,8 5,9

23,5 17,6

Segmento dei quarantenni maturi - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni

Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda e) Il valore della farmacopea: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto della moda Messi di fronte a specifiche situazioni di acquisto ("si rischia a comprare un prodotto non di marca?" "si rischia a comprare un articolo che costa poco?"), i giovani quarantenni si mostrano per quel che sono: modaioli, e tendenzialmente pronti a spendere pur di non sbagliare. Molto più distaccato è il comportamento dei quarantenni maturi, che – oltre a mostrare un minore interesse nei confronti della marca – sono prontissimi a risparmiare, ed in effetti la frequenza di quanti affermano che un prezzo basso nasconda la possibilità di un cattivo acquisto è molto inferiore rispetto a quella dei 'giovani' (41,1% contro 68%). 133 Il Mercato della Moda in Giappone


LE MARCHE PREFERITE DALLE QUARANTENNI Valori in percentuale (risposte multiple) Burberrys Comme Ca Du Mode OZOC GAP MK 23ku Kumikyoku Beams Muji UNIQLO 0

10

20

30

40

50

60

Fonte: JMR Science, 2003.

I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca per le quarantenni Il sondaggio, limitato in questo caso alle sole signore, e senza distinzioni all'interno della fascia di età, porta ancora a rilevare il grande primato di Uniqlo, e – in mod non molto diverso da quanto già notato per le trentenni – un podio condiviso quasi ex aequo da GAP e Comme Ca Du Mode, pur se con un netto distacco dalla prima posizione.

134 Il Mercato della Moda in Giappone


"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

40,0 20,0

24,0 16,0

32,0 8,0

40,0 24,0

Giovani quarantenni: livelli e percentuali di importanza attribuita

"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

23,5 17,6

23,5 17,6

17,6 11,8

47,1 23,5

Quarantenni maturi: livelli e percentuali di importanza attribuita

Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori dei quarantenni

Fonte: Diva Eris, 2003.

I dati sono evidenti: i giovani quarantenni leggono i giornali, e ne subiscono l'influenza all'atto dell'acquisto. I quarantenni maturi leggono meno, o comunque non si fanno condizionare dalla stampa in misura prioritaria. Chi è, dunque, che esercita influenza su di questa fascia di età? Come avviene anche in altri casi, un grande potere di orientamento risiede negli addetti alle vendite, dai quali dichiara di essere influenzato oltre il 70% degli intervistati. 135 Il Mercato della Moda in Giappone


CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 qualche volta sempre

solo/a

amico/a

compagno/a

parente

32,0 52,0

40,0 4,0

40,0 4,0

44,0 8,0

Segmento: Giovani quarantenni CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 qualche volta sempre

solo/a 29,4 58,8

amico/a

compagno/a

23,5 35,3 0,0 11,8 Segmento: quarantenni maturi

parente 35,3 0,0

Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori dei quarantenni Riemerge da queste tabelle il tema della solitudine nel fare acquisti di moda: uno scenario in cui il consiglio dell'addetto alle vendite finisce evidentemente per acquisire sempre maggiore peso ed influenza. Si nota, per altro, come esista una sorta di correlazione diretta tra il crescere dell'etĂ e la tendenza a far acquisti da soli. 136 Il Mercato della Moda in Giappone


5. I cinquantenni Profilo psico-sociologico Molto competitivi, autocentrati. Avendo vissuto una vita di sacrifici, adesso iniziano a ‘trattarsi meglio’ ed a spendere molto di più per le proprie esigenze. Peso demografico Sono 20,2 milioni (9,5 milioni di maschi e 9,7 milioni di femmine). STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE PER ETÀ: I CINQUANTENNI 1.400.000 1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 50

51

52

53

54

55

56

57

58

59

Fonte: Censimento generale della popolazione.

137 Il Mercato della Moda in Giappone


"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

6,7

17,8

per niente

non molto

37,8

abbastanza

22,2

molto

15,6 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

Segmento: Cinquantenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro a) L'attenzione alla moda Come prevedibile, il livello di attenzione alla moda tende a decrescere in funzione dell’età. Ciò nonostante, i cinquantenni non mostrano un profilo così tanto diverso da quello evidenziato dai quarantenni maturi; probabilmente, con una posizione economica più stabile, la fascia dei cinquantenni può disporre di un tempo libero relativamente maggiore, ed è in condizioni di iniziare a sviluppare interessi anche al di fuori del mondo del lavoro, tra i quali anche quelli connessi alla cura di sé stessi. Su questo tema, è anche interessante notare come in questa fascia di età decresca sensibilmente la quota degli ‘anti-moda’, ovvero di colori i quali dichiarano di non essere affatto interessati alla moda: tra i quarantenni maturi avevano raggiunto il picco massimo (35,3%), mentre nei cinquantenni la quota si dimezza, sino a raggiungere il valore del 17,8%. La quota dei cinquantenni interessati alla moda (comprende uomini e donne) è del 37,8%, composta da un 15,6% di veri seguaci delle dinamiche della moda, e da un 22,2% di osservatori un po’ meno accaniti. 138 Il Mercato della Moda in Giappone


CINQUANTENNI - SPESA REALE PER LA MODA (spesa media annua pro capite; valori in Yen)

Calzature - Footwear

Abbigliamento - Apparel

0

F M

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

80.000

Abbigliamento - Apparel

Calzature - Footwear

81.221 62.035

22.647 21.290

90.000

Fonte: JMR Science, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali dei cinquantenni Coerentemente con quanto descritto nel profilo generale di questo segmento, nonché con i dati che emergono dal sondaggio, non appare strano che la spesa media per abbigliamento e calzature dei cinquantenni sia superiore, pur se di poco, a quella dei quarantenni. Le donne spendono in media più di 80.000 yen all’anno per capi di abbigliamento, contro i 62.000 yen spesi in media dai cinquantenni maschi. Per le calzature, invece, spendono poco più di 22.000 yen, cifra pressoché uguale a quella spesa dai loro coetanei maschi.

139 Il Mercato della Moda in Giappone


"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 33,3

35,0 30,0 25,0 20,0 15,6

15,6

15,0

11,1

10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

Segmento dei cinquantenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo dei cinquantenni Sensibilmente più consapevoli (e, probabilmente, anche disponibili) a piccoli sacrifici economici per gli acquisti di moda, i cinquantenni aderiscono all’affermazione proposta loro dalle intervistatrici nella quota del 48,9%. Ma va anche notato che in questa fascia d’età diminuisce molto anche la netta resistenza all’idea del ‘piccolo sacrificio’ opposta dai quarantenni maturi, tra i quali il 17,6% dichiarava di non essere per nulla disposto a condividere tale idea; nei cinquantenni questa quota diminuisce all’11,1%.

140 Il Mercato della Moda in Giappone


"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 40,0

35,6

35,0 28,9

30,0 25,0 20,0

15,6

15,0

11,1

8,9

10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei cinquantenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa dei cinquantenni Nella descrizione generale di questo segmento si è scritto che i cinquantenni, avendo vissuto una vita di sacrifici, adesso iniziano a ‘trattarsi meglio’ ed a spendere molto di più per le proprie esigenze. Il dato è già emerso con evidenza dai risultati delle tabelle del sondaggio sin qui illustrate; ma vien fuori con ancora maggior vigore dall’analisi della propensione ‘repressa’ alla spesa per vestirsi alla moda. Il desiderio di ‘trattarsi meglio’ esplode, di fronte alla provocazione delle intervistatrici: “se vincesse un milione di yen, ne spenderebbe la metà per acquisti di moda?”. La percentuale di coloro i quali rispondono di sì, senza esitazioni, sale al 15,6% (era attorno al 10% nei quarantenni), ma è soprattutto indicativo notare il crollo della quota dei drasticamente contrari all’idea: questi, che arrivavano al 64,7% tra i quarantenni maturi, non sono più del 35,6% tra i cinquantenni. Solo un cinquantenne su tre, dunque, rifiuta del tutto l’idea un po’ folle di spendere di colpo circa 4.000 euro in acquisti di moda.

141 Il Mercato della Moda in Giappone


"La patria della moda migliore è..." 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

20,0 8,9 33,3 6,7 17,8 8,9 17,8 2,2 Cinquantenni: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese per i cinquantenni Anche per i cinquantenni, la moda è l’Italia, pur se la Francia resta la concorrente più forte e temibile, immediatamente a ridosso del livello di popolarità del nostro paese. Analizzando le quote di chi dichiara di avere le idee molto chiare su quale sia la patria della moda, Italia e Francia raccolgono infatti esattamente la stessa percentuale di indicazioni (attorno al 18%), mentre l’Italia passa in prima posizione grazie ai voti espressi in maniera più possibilistica (“sono abbastanza d’accordo”). Da notare, inoltre, che i cinquantenni si mostrano evidentemente molto più attenti alla moda rispetto ai quarantenni maturi; riescono, infatti, a ‘vedere’ ed apprezzare la moda giapponese e quella nordamericana, invece quasi invisibili agli occhi dei giapponesi nella seconda metà dei quarant’anni.

142 Il Mercato della Moda in Giappone


"L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 60,0 48,9

50,0 40,0 30,0 20,0

15,6

13,3

11,1

11,1

10,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Cinquantenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine dei grandi magazzini nei cinquantenni I cinquantenni esprimono opinioni divergenti rispetto alla scelta dei grandi magazzini quale luogo ideale per i migliori acquisti di moda. Circa uno su dieci ne è fermamente convinto, mentre il 15% circa condivide l’idea, ma senza mostrare particolare entusiasmo; d’altro canto, quasi la metà degli intervistati tendenzialmente non si sente di condividere l’affermazione perentoria proposta dalle intervistatrici, e il 13,3% si dichiara invece in netto disaccordo.

143 Il Mercato della Moda in Giappone


"I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 40,0

35,6

35,0

31,1

30,0 25,0 20,0 15,0

11,1

11,1

molto

abbastanza

11,1

10,0 5,0 0,0 non molto

per nulla

non so

Cinquantenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine dei negozi multimarca nei cinquantenni Anche tra i cinquantenni appare un piccolo manipolo di forti sostenitori del negozio multimarca, tanto che questa formula viene eletta a luogo ideale per gli acquisti di moda dall’11% circa degli intervistati. Tendenzialmente contraria, invece, all’idea è poco meno della metà dei cinquantenni, tra i quali una piccola quota (11,1%) scarta l’ipotesi proposta con notevole enfasi (“non sono per nulla d’accordo”), mentre i più (35,6%) esprimono un disaccordo in forma più generica (“non sono molto d’accordo”). Tre intervistati su dieci, infine, non rispondono alla domanda, probabilmente a causa dell’insufficiente conoscenza di questa tipologia di negozio al dettaglio.

144 Il Mercato della Moda in Giappone


"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 35,0

31,1

30,0

26,726,7

25,0 20,0 15,0

22,2 17,8 15,6 13,3

28,9

26,7

20,0

24,4 20,0

11,1

10,0

8,9

6,7

5,0 0,0 Televisione Internet Cataloghi

molto

abbastanza

non molto

per nulla

13,3 17,8 15,6

22,2 31,1 26,7 26,7 20,0 11,1 26,7 28,9 20,0 Cinquantenni: livello di accordo con l'affermazione

non so 6,7 24,4 8,9 Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilità dei negozi intangibili nei cinquantenni Un dato significativo che emerge dall’analisi dei dati rilevati nel corso dell’indagine è l’elevato livello di fiducia che ripongono i cinquantenni nei confronti delle tre forme del marketing diretto evocate loro nel corso dell’intervista: i risultati indicano che concorda sul ritenere possibile acquistare buoni abiti alla moda su internet il 44,5% dei cinquantenni, pur se un intervistato su cinque non sa esprimere valutazioni rispetto alla domanda sulle vendite attraverso questo canale. Le quote dei cinquantenni fiduciosi verso i canali non-store scendono al 42,3% nel caso dei cataloghi postali, ed al 35.5% per le vendite televisive.

145 Il Mercato della Moda in Giappone


EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 35,0 30,0 25,0 20,0

% 15,0 10,0 5,0 0,0 abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

4,4 2,2

20,0 13,3

Segmento dei cinquantenni - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda e) Il valore della farmacopea per i cinquantenni: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto della moda Assolutamente disincantati, in misura maggiore rispetto a qualsiasi altra fascia di età: così è possibile definire l’atteggiamento dei cinquantenni di fronte all’idea di ricercare la legittimità dell’acquisto nella marca famosa o nel prezzo alto. Per quel che riguarda la marca, soltanto il 2,2% degli intervistati si è detto molto d’accordo con l’opinione proposta dalle intervistatrici “comprando un abito che non sia di marca c’è il rischio di non fare un buon acquisto”. Ma, in generale, ben pochi hanno condiviso questa affermazione, neanche con toni più possibilisti: la quota complessiva di entusiasti e di ’tiepidi’ rispetto a quest’atteggiamento non raggiunge il 7%. Anche sul tema del prezzo, l’atteggiamento è analogo. Sommando le percentuali dei cinquantenni molto convinti ed abbastanza convinti che il prezzo alto garantisca un buon acquisto, si raggiunge la quota del 33.3%, la più bassa in assoluto tra quelle riportate da tutte le altre fasce di età. 146 Il Mercato della Moda in Giappone


LE MARCHE PREFERITE DALLE CINQUANTENNI Valori in percentuale (risposte multiple) Burberrys Comme Ca Du Mode OZOC GAP MK 23ku Kumikyoku Beams Muji UNIQLO 0

10

20

30

40 Fonte: JMR Science, 2003.

I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca Uniqlo vince senza alcuna esitazione anche tra il pubblico delle cinquantenni, che lo citano come insegna preferita con il 33% delle segnalazioni. Dal secondo e terzo posto scompaiono GAP e Comme Ca Du Mode, marche preferite dalle quarantenni, e si piazza un marchio giapponese (Muji, scelto dal 19% delle intervistate) ed un nome classico internazionale (Burberrys, indicato dal 17%).

147 Il Mercato della Moda in Giappone


"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

40,0 13,3

15,6 15,6

33,3 6,7

37,8 17,8

Cinquantenni: livelli e percentuali di importanza attribuita Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori dei cinquantenni Un certo ‘recupero’ di tempo libero dei cinquantenni e delle cinquantenni appare anche dall’analisi dei risultati relativi a questa domanda; la fascia dei cinquantenni segue i giornali, dai quali più del 50% degli intervistati dichiara di essere influenzato in misura maggiore o minore. Per quanto riguarda il prestare ascolto alle opinioni di mariti e mogli, amici ed amiche, le quote si attestano attorno al 30%, nel primo caso, ed al 40% nel secondo. Ma, anche per questa fascia di età, il vero consigliere rimane sempre l’addetto alle vendite, ascoltato dal 55,6% degli intervistati.

148 Il Mercato della Moda in Giappone


CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0

solo/a

amico/a

compagno/a

parente

qualche volta

26,7

28,9

31,1

33,3

sempre

53,3

4,4

13,3

13,3

Segmento: cinquantenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori dei cinquantenni Anche i cinquantenni vanno, in netta maggioranza, sempre da soli a fare i loro acquisti di moda: è questa la condizione che ricorre nel 53,3% dei casi. La quota sale all’80% se si sommano gli intervistati che dichiarano di andare ‘qualche volta’ da soli a fare le loro spese nei negozi di abbigliamento e di calzature. La quota complessiva di cinquantenni che, invece, scelgono di andare sempre a fare acquisti di moda in compagnia non supera il 31%, con preferenze dirette ai membri della famiglia (mariti, mogli e parenti), e con soltanto il 4,4% degli intervistati che dichiarano di uscire sempre con amici.

149 Il Mercato della Moda in Giappone


I sessantenni Profilo psico-sociologico Nati nel periodo delle guerre: conformisti, economicamente tranquilli. Attribuiscono molta attenzione alla vita sociale, nella quale ritengono di fondamentale importanza il sistema delle apparenze, con conseguenti forti tendenze all'adeguarsi allo stile ed al tenore di vita del vicinato, evitando estrositĂ e bizzarrie, ed al mostrarsi all'altezza del proprio status socio-economico e della propria immagine. Peso demografico Sono 15,4 milioni (7,4 milioni di maschi e 8 milioni di femmine). STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE PER ETĂ€: I SESSANTENNI 1.000.000 900.000 800.000 700.000 600.000 500.000 400.000 300.000 200.000 100.000 0 60

61

62

63

64

65

66

67

68

69

Fonte: Censimento generale della popolazione.

150 Il Mercato della Moda in Giappone


"Mi piace seguire la moda e sentirmi alla moda" n. r.

6,2

19,8

per niente

non molto

45,7

abbastanza

13,6

molto

14,8 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

45,0

50,0

Segmento: Sessantenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro a) L'attenzione alla moda Anche tra i sessantenni, la quota percentuale di appassionati ed appassionate di moda si attesta di poco al di sotto del 15%, rimanendo per altro molto vicina a quella registrata tra i ventenni. Di contro, aumenta la percentuale di quelli che si dicono poco o per nulla interessati alla moda: complessivamente, si tratta del 65,5%, il che equivale alla misura di due sessantenni su tre. Si tratta, in questo caso, della percentuale più alta tra tutte le classi di età: dunque, se per un verso è condivisibile l’affermazione per cui l’attenzione alla moda decresce (quanto meno, in linea di tendenza) al crescere dell’età, appare per altro confermato che gli appassionati veri di moda sembrano non appassire con il trascorrere del tempo.

151 Il Mercato della Moda in Giappone


SESSANTENNI - SPESA REALE PER LA MODA (spesa media annua pro capite; valori in Yen)

Calzature - Footwear

Abbigliamento - Apparel

0

F M

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

80.000

Abbigliamento - Apparel

Calzature - Footwear

82.966 53.387

22.640 24.520

90.000

Fonte: JMR Science, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro b) La spesa per la moda: le cifre reali dei sessantenni Decresce sensibilmente, nei maschi sessantenni, la spesa media annua per capi di abbigliamento, che si attesta attorno ai 53.000 yen. Nel caso delle calzature, invece, i sessantenni spendono pi첫 dei cinquantenni: la spesa per le calzature arriva a superare i 24.000 yen. Le signore, invece, non si comportano in modo diverso dalle cinquantenni, confermando i livelli sia degli acquisti per calzature (circa 22.000 yen all'anno), sia quelli degli acquisti per abbigliamento (circa 83.000 yen).

152 Il Mercato della Moda in Giappone


"Per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico" 30,0 24,7

25,0

21,0 20,0 15,0 11,1 8,6

10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

Segmento dei sessantenni - percentuali ed intensitĂ di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro c) La spesa per la moda: il vissuto emotivo dei sessantenni Ciò che non appare in tabella è l'alta incidenza delle mancate risposte alla domanda. Il fenomeno ha riguardato un caso su tre, e segnala probabilmente un certo livello di distacco dal tema proposto, forse ritenuto non piÚ pertinente o interessante dagli intervistati. Resta, in ogni caso, un piccolo insieme di sessantenni (11,1%) a condividere con foga l'affermazione per cui "per vestirsi alla moda bisogna fare qualche sacrificio economico", mentre il 24,7% aderisce 'abbastanza' a questa opinione. In netto disaccordo, invece, l'8,6% degli intervistati, affiancati da un ulteriore 21% che si dice non molto d'accordo con l'esigenza di affrontare qualche pur piccolo sacrificio pur di poter seguire le tendenze della moda.

153 Il Mercato della Moda in Giappone


"Se vincessi alla lotteria 1 milione di yen ne spenderei quasi la metà per vestiti belli ed alla moda" 60,0

54,3

50,0 40,0 30,0 20,0 10,0

14,8 7,4

13,6

9,9

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

n. r.

Segmento dei sessantenni - percentuali ed intensità di adesione all'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

Il sogno della moda ed il segno del denaro d) La spesa per la moda: la propensione repressa dei sessantenni Le percentuali dei sessantenni che spenderebbero volentieri buona parte di un'ipotetica vincita alla lotteria per acquisti di moda sono singolarmente molto simili a quelle dei ventenni, ovvero – rispetto alle altre fasce di età – abbastanza basse: si aggirano attorno al 17%, e precisamente suddivise tra un 7,4% che si dichiara molto d'accordo con l'idea, ed un altro 9,9% che aderisce all'affermazione in maniera meno entusiastica. Del tutto contrario a questo scenario di uso del denaro è il 54,3% degli intervistati, che evidentemente hanno chiare in mente ben altre destinazioni di uso per il milione di yen riveniente dall'eventuale ipotizzata vincita alla lotteria.

154 Il Mercato della Moda in Giappone


"La patria della moda migliore è..." 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia

Giappone

Italia

USA

24,7 8,6 33,3 8,6 19,8 3,7 11,1 2,5 Sessantenni: percentuali e livelli di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda a) Il valore dell'immagine-paese per i sessantenni Un solo decimo di punto percentuale di vantaggio assegna alla Francia, togliendolo all'Italia, il ruolo di paese-guida della moda mondiale, secondo le opinioni espresse dai sessantenni. Ma la vittoria francese è ulteriormente rafforzata dalla quota di intervistati che esprimono l'opinione in maniera più decisa ("molto d'accordo"), che equivale al 19,8%, contro un più modesto 11,1% che, con la stessa intensità, è d'accordo a ritenere invece l'Italia "la patria della moda migliore". Da rilevare, inoltre, le percentuali a due cifre relative alle preferenze attribuite al Giappone ed agli Stati Uniti (rispettivamente, 12,3% e 11,1%); evidentemente i sessantenni non si fermano alle valutazioni più impressionistiche e stereotipate, ma analizzano anche le nuove tendenze della moda, e probabilmente - quanto meno per quel che riguarda il Giappone – non sottovalutano neanche il valore della moda tradizionale.

155 Il Mercato della Moda in Giappone


"L'unico modo per comprare abiti alla moda è di andare in un grande magazzino" 30,0 25,9

25,9

25,0 20,0

18,5 16,0 13,6

15,0 10,0 5,0 0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Sessantenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine dei grandi magazzini nei sessantenni Non a caso alcune valutazioni superficiali liquidano come "un po' polverosa" l'immagine dei grandi magazzini: sono infatti, ed in maniera inequivocabile, i luoghi d'acquisto della moda preferiti dai sessantenni, che di fronte all'affermazione volutamente perentoria proposta loro dalle intervistatrici "il miglior modo per acquistare un abito alla moda è di andare dai grandi magazzini" manifestano il loro consenso nella misura del 44,2%, ripartita tra il 18,5% di netti sostenitori dell'idea, ed un ulteriore 25,9% di sostenitori meno decisi, ma pur sempre favorevoli al senso dell'affermazione. Tra tutti i segmenti di popolazione considerati, i sessantenni rappresentano il gruppo più favorevole in assoluto ai grandi magazzini, e qualche visita ad alcuni nomi rappresentativi della categoria sarebbe probabilmente sufficiente a fornire una pur se impressionistica conferma a questa considerazione. Il coté opposto, costituito dai sessantenni in disaccordo, non è però trascurabile, in quanto è costituito dal 39,5% degli intervistati; ma ciò significa esclusivamente che questo segmento non condivide l'elezione del grande magazzino allo status di 'tempio della moda', e non vuol dire affatto che non frequenti i grandi magazzini, e neppure che non ne abbia in generale una buona immagine. 156 Il Mercato della Moda in Giappone


"I negozi multimarca sono il posto migliore per comprare abiti alla moda" 50,0

44,4

45,0 40,0 35,0 30,0

24,7

25,0 20,0

14,8

15,0 10,0 5,0

11,1 4,9

0,0 molto

abbastanza

non molto

per nulla

non so

Sessantenni: livello di accordo con l'affermazione Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda b) Il valore dell'immagine dei negozi multimarca nei sessantenni Quasi il 20% degli intervistati sceglie la formula del negozio di moda multimarca quale miglior luogo dove recarsi per effettuare buoni acquisti di moda. La percentuale è tutt'altro che trascurabile, e segna un orientamento abbastanza deciso in merito all'immagine generale che i negozi multimarca proiettano nel segmento dei sessantenni. Il limite più evidente, però, risiede probabilmente nella loro visibilità. Una percentuale molto alta di intervistati, pari al 44,4%, preferisce non rispondere alla domanda, e la spiegazione più ragionevole appare risiedere semplicemente nel livello di conoscenza di questa tipologia di negozi al dettaglio, che forse non è sufficiente a legittimare l'espressione di un'opinione in merito.

157 Il Mercato della Moda in Giappone


"E' possibile comprare buoni abiti alla moda attraverso..." 50,0 38,3

40,0 28,4 23,5

30,0 20,0 10,0 0,0 Televisione Internet Cataloghi

28,4 23,5 18,5

14,8

12,3

21,0

24,723,5 21,0

per nulla

non so

11,1

6,2

4,9

molto

abbastanza

non molto

4,9 14,8 6,2

12,3 23,5 38,3 28,4 11,1 21,0 23,5 18,5 28,4 Sessantenni: livello di accordo con l'affermazione

21,0 24,7 23,5 Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda d) Il valore della percezione di affidabilità dei negozi intangibili nei sessantenni La quota di sessantenni che manifestano un certo livello di fiducia rispetto ai canali del direct marketing varia in funzione del canale di volta in volta proposto: rispetto alle vendite televisive si rileva un totale di sostenitori pari al 17,2% degli intervistati. Nel caso delle vendite per corrispondenza su catalogo questa percentuale sale sino al 29,7%, mentre è forse meno prevedibile il grande successo di immagine di internet: il 43,2% dei sessantenni intervistati sostiene che "è possibile comprare buoni abiti alla moda su internet". Il sondaggio non consente di affermare quanto quest'ultima valutazione sia correlata ad elementi oggettivi di giudizio, o quanto non sia piuttosto influenzata da un'immagine di internet quale luogo dove 'tutto è possibile'. Ma - in termini di marketing - la ricerca dell'oggettività della valutazione non è particolarmente rilevante; ciò che conta è, piuttosto, il valore della percezione in sé, che in questo caso mostra con chiarezza il segno positivo a cui è orientata. Esiste, dunque, una quota considerevole di sessantenni che ha fiducia in internet quale canale commerciale per articoli di moda, e questo è il dato rilevante che emerge dal sondaggio. 158 Il Mercato della Moda in Giappone


EFFETTI DI LEGITTIMAZIONE DELLA MARCA E DEL PREZZO 60,0 50,0 40,0 30,0 % 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

"Marca non famosa = rischio cattivo acquisto"

"Abito non caro = rischio cattivo acquisto"

4,9 3,7

32,1 21,0

Segmento dei sessantenni - percentuali ed intensità di accondo con le affermazioni Fonte: Diva Eris, 2003.

I valori nella moda e) Il valore della farmacopea per i sessantenni: marca e prezzo, ansiolitici del processo d'acquisto della moda È soprattutto il prezzo a 'rassicurare' i sessantenni sulla qualità di un acquisto: all'incirca un intervistato su due concorda nell'affermare che, se un prodotto non è caro, si rischia di non fare un buon acquisto. Ad essere fortemente d'accordo con l'affermazione è il 21% degli intervistati, mentre un ulteriore 32,1% condivide l'opinione, ma senza particolare enfasi. Per quel che riguarda la marca, soltanto il 3,7% è fortemente convinto che senza una marca 'forte' si rischi un cattivo acquisto, né la percentuale di quanti condividono l'opinione in maniera più blanda è superiore ad un ulteriore 5%.

159 Il Mercato della Moda in Giappone


LE MARCHE PREFERITE DALLE SESSANTENNI Valori in percentuale (risposte multiple) Burberrys Comme Ca Du Mode OZOC GAP MK 23ku Kumikyoku Beams Muji UNIQLO 0

10

20

30 Fonte: JMR Science, 2003.

I valori nella moda f) Il valore dell'amore per la marca nelle sessantenni Il sondaggio conferma che Uniqlo riesce ecumenicamente a riunire sotto la medesima opinione positiva le opinioni di tutte le fasce di età della popolazione femminile giapponese. Indicato come marca favorita dal 28% delle signore sessantenni intervistate, anche in questo segmento di consumatrici batte nettamente tutti i concorrenti. Nella fascia delle sessantenni, però, compare un nuova marca a contendere la seconda posizione di Muji, già forte nella fascia delle cinquantenni: si tratta di 23ku 68, che ottiene il 17% delle segnalazioni.

68

Pronuncia: ni-ju-san-ku. 160 Il Mercato della Moda in Giappone


"Negli acquisti di moda, quanto è importante l'opinione di..." 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 abbastanza molto

Giornali

Compagno/a

Amici/amiche

Addetto/a vendite

25,9 16,0

12,3 7,4

24,7 7,4

42,0 14,8

Sessantenni: livelli e percentuali di importanza attribuita Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda a) Il sistema degli influenzatori dei sessantenni Ancora una volta, ed anche nel caso del sondaggio relativo al segmento dei sessantenni, emerge il ruolo degli addetti alle vendite – i commessi e le commesse – in veste di 'grandi influenzatori' dei consumatori giapponesi intenti ai loro acquisti di abbigliamento e calzature. Il fenomeno è già stato rilevato in fase di trattamento generale dei dati, ed anche successivamente – nell'analisi differenziata per ciascun segmento di età – si è costantemente ritrovato con lo stesso alto livello di incidenza. Si tratta, dunque, di un aspetto molto specifico del processo d'acquisto di moda; tanto specifico ed evidente, da rendere legittima l'aspettativa di rilevare quanto prima che qualche azienda italiana interessata alla conquista di posizioni nel mercato giapponese della moda prenda questo elemento in seria considerazione nella formulazione della propria strategia commerciale.

161 Il Mercato della Moda in Giappone


CON CHI SI VA A FARE SHOPPING DI ABBIGLIAMENTO ALLA MODA

valori in % sul totale degli intervistati

90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 qualche volta sempre

solo/a

amico/a

compagno/a

parente

19,8 56,8

21,0 8,6

13,6 9,9

21,0 8,6

Segmento: Sessantenni Fonte: Diva Eris, 2003.

Il backstage dell'acquisto di moda b) Il sistema degli accompagnatori dei sessantenni In maniera non dissimile da quanto accade nelle altre fasce di etĂ , i sessantenni giapponesi vanno, in netta maggioranza (56,8%), sempre da soli a fare i loro acquisti di moda. Sommando a questa fascia la percentuale di intervistati che dichiara di andare ‘qualche volta’ da soli a fare le loro spese nei negozi di moda, la percentuale dei 'solitari' sale al 76,6%. La percentuale globale di sessantenni che, invece, preferisce essere sempre in compagnia nell'occasione dell'acquisto di abbigliamento e calzature si attesta attorno al 27%, con preferenze equamente ripartite tra mariti e mogli (9,9%), altri membri della famiglia (8,6%) ed amici o amiche (8,6%).

162 Il Mercato della Moda in Giappone


Tendenze nel consumo di prodotti-moda

I prodotti di importazione: valori, percezioni, comportamento e scelte d’acquisto Anno dopo anno, i consumatori giapponesi acquistano sempre maggiore familiarità con i prodotti di importazione. In linea di massima, il mercato tende a mostrare un atteggiamento benevolo nei confronti dei beni di provenienza estera, pur mantenendo alcune aree di resistenza che (in pochi casi) appaiono legate a pregiudizi e luoghi comuni, mentre in altri si collegano ad argomentazioni connesse a reali disagi incontrati nell'utilizzazione o al consumo dei prodotti acquistati. Nel caso del comparto-moda, storicamente si sono registrati disagi connessi prevalentemente alla inidoneità delle scelte modellistiche rispetto alle esigenze di vestibilità della donna (ma spesso anche dell'uomo) giapponese, nonché alla scarsa precisione di alcune lavorazioni, a volte anche in capi del comparto del lusso e delle grandi firme. È però anche evidente che il sistema delle percezioni e dei giudizi che gravitano attorno all'universo dei prodotti-moda realizzati all'estero non può, per sua stessa natura, che configurarsi in maniera molto complessa, articolata e talvolta anche contraddittoria. Inoltre, le costante evoluzione dello scenario di mercato, e lo stesso progressivo modificarsi delle idee dei protagonisti della domanda, fanno sì che la già ambigua definizione delle opinioni relative ad un fenomeno di mercato si vada costantemente trasformando all'interno di ogni singolo consumatore, contribuendo a rendere lo scenario di mercato dei prodotti di importazione come un mare in continuo movimento – ora lento e prevedibile, ora violento ed impetuoso. Nell'oggettiva difficoltà di cogliere un sentire comune giapponese rispetto ai prodotti di importazione, MIPRO 69 - Ente governativo giapponese preposto al supporto delle importazioni - ha provveduto a realizzare con lodevole continuità un osservatorio permanente sulla percezione dei prodotti di importazione tra i consumatori giapponesi. 69

MIPRO - Manufactured Imports Promotion Organization, Tokyo. 163 Il Mercato della Moda in Giappone


L'indagine, infatti, è stata avviata nel 1982, e da allora viene costantemente replicata, con cadenza biennale70. Nel corso degli anni i contenuti del questionario sono stati modificati soltanto in minima parte, allo scopo di rendere possibile lo studio della dinamica delle tendenze attraverso il confronto dei risultati. Ciò nonostante - a distanza di venti anni dalla prima edizione - per consentire all'indagine di riflettere le trasformazioni della società e dei consumi, si è reso necessario introdurre alcuni cambiamenti non del tutto marginali nei temi delle domande, nella selezione delle categorie dei prodotti e nel metodo di classificazione, per cui le analisi storiche dei risultati possono talvolta essere rese più complesse dalle modifiche introdotte. Inoltre, gli autori della ricerca sottolineano, con una malcelata preoccupazione rispetto alla sorte delle future edizioni dell'indagine, che diviene sempre più difficile distinguere oggettivamente e chiaramente i prodotti di importazione da quelli di produzione nazionale. La globalizzazione dell'industria ha fatto crescere il numero delle imprese giapponesi che importano beni realizzati nei loro insediamenti produttivi all'estero, ed inoltre sono sempre tutt'altro che marginali i casi in cui le aziende straniere decidono di far realizzare in Giappone, su licenza, i loro prodotti. In questo scenario dai confini sempre più indefiniti, ai fini dell'indagine si è lasciato – con ottima intuizione - che ciascun intervistato definisse come 'prodotto di importazione' qualsiasi prodotto semplicemente percepito come tale. Una scelta metodologicamente più che corretta, considerando che l'oggetto dell'analisi è la rilevazione del sistema di atteggiamenti, giudizi e credenze espresso dai consumatori rispetto al prodotto importato; ed a tal fine la rilevanza del dato oggettivo - che il prodotto, cioè, sia effettivamente importato o meno – è del tutto nulla. L'ultima edizione dell'indagine è stata pubblicata nel novembre 2002. Presenta i risultati di un sondaggio condotto in tutto il paese nel giugno dello stesso anno, ed è stata realizzata in uno scenario vissuto dai consumatori con una diffusa sensazione di disagio per il presente, e di timore per il futuro. In quel non lontano periodo, nel cuore della fase di recessione economica, la spesa individuale e le vendite dei grandi magazzini non mostravano alcun segno di ripresa, ed il tasso di disoccupazione permaneva relativamente alto, anche a causa del processo di ristrutturazione in atto nella maggior parte delle grandi aziende. Dei risultati dell'indagine, alcuni dei quali sono già stati anticipati all'interno della Sezione A di questa ricerca, viene qui di séguito proposta una selezione ragionata in funzione dei 70

The 10th Survey on Consumers' Awareness of Imported Goods, MIPRO, 2002. 164 Il Mercato della Moda in Giappone


presumibili interessi degli operatori italiani del comparto moda, insieme ad alcuni commenti dei ricercatori che riflettono l'umore dell'incertezza economica generale. Osservando, più in particolare, gli atteggiamenti relativi ai prodotti ed alla loro origine, si rileva infatti una certa crescita del livello di preoccupazione dei consumatori per la situazione dell'industria nazionale, in uno scenario in cui si riversa dalla Cina un'enorme quantità di prodotti a basso costo, e le aziende giapponesi continuano a delocalizzare la loro produzione all'estero. Queste incertezze non hanno mancato di sollevare in alcune fasce di consumatori qualche resistenza nei confronti delle importazioni. Gli spunti più significativi forniti dallo studio possono essere sintetizzati in sette puntichiave: 1. Si rileva una forte crescita nell'uso di prodotti di importazione a basso costo, quali – nel settore dell'abbigliamento – l'intero comparto del casual. 2. La preferenza per i prodotti di importazione è in crescita in tutte le categorie, con l'eccezione dell'abbigliamento e del comparto moda. Solo la fascia del casual è in crescita. 3. I consumatori apprezzano i prodotti d'importazione soprattutto per il colore, il design, il gusto e l'immagine di marca, mentre apprezzano nei prodotti nazionali soprattutto la sicurezza, la vestibilità ed il servizio post vendita. Inoltre, un fattore decisivo per la scelta del prodotto è rappresentato dalla disponibilità di informazioni sul prodotto stesso. 4. Si rileva una tendenza crescente a differire nel tempo gli acquisti, sia dei prodotti di importazione che di quelli nazionali. 5. Cambiano i motivi di insoddisfazione legati all'acquisto di prodotti di importazione; tra questi, cresce l'insoddisfazione correlata al fattore-prezzo. 6. Il 41% degli intervistati dichiara di desiderare più prodotti di importazione, contro un 16% di opinione contraria; quest'ultimo segmento è in leggera crescita. Sta di fatto che queste dichiarazioni sono talvolta in contraddizione con i reali comportamenti di acquisto. 7. I consumatori sembrano desiderare uno scenario di armonica coesistenza tra i prodotti di importazione e quelli di produzione nazionale. 165 Il Mercato della Moda in Giappone


Fattori critici nella scelta tra prodotti nazionali e di importazione Nel processo di valutazione dell'acquisto, i consumatori si soffermano sugli aspetti della qualità del prodotto, delle sue prestazioni e della sua durata; e ciò vale sia per i prodotti nazionali che per quelli di importazione. I principali motivi per la scelta di prodotti di importazione vanno ricercati nel colore e nel design, oltre che nella disponibilità di una marca favorita. Sul versante opposto, i motivi addotti per la scelta di prodotti nazionali si concentrano su di una generale maggiore percezione di sicurezza, di una migliore vestibilità e di un miglior livello di assistenza post-vendita. Un altro motivo citato a favore della scelta di prodotti nazionali è la disponibilità di informazioni: un'osservazione degna di nota, che sottolinea come l'informazione sul prodotto rappresenti un fattore decisivo sulla scelta del consumatore. Le recenti statistiche del commercio con l'estero giapponese hanno rilevato un calo apprezzabile della domanda, presente sia nel caso dei prodotti nazionali che di quelli di importazione; ma le categorie di prodotto d'importazione che continuano a mostrare buoni risultati di mercato sono concentrate nell'alimentare. Infatti, nella graduatoria delle categorie più richieste di prodotti di importazione, le prime sei voci sono connesse a prodotti alimentari (tè, vino, olio d'oliva, caffè, pasta e formaggio); seguono i prodotti di profumeria, gli accessori moda (prevalentemente sciarpe e cravatte) e le borse. Ciò nonostante, è un fatto non più confutabile che i prodotti di importazione siano già una presenza stabile nel mercato giapponese, e che lo diventeranno ancor più nel futuro. Agli intervistati, i ricercatori di MIPRO hanno chiesto esplicitamente se nel futuro avrebbero gradito di vedere ancor più prodotti di importazione. Il 41% ha risposto affermativamente, il 30% si è dichiarato soddisfatto dei livelli attuali, ed il 16% ha manifestato una preferenza per la loro riduzione. Gli analisti sottolineano come da una più approfondita lettura di questi dati si possa leggere nei consumatori una sorta di vago senso di disagio nei confronti dell'effetto che le importazioni potrebbero avere sull'industria nazionale; ciò nonostante, il livello di ansia connesso non è tale da influenzare i comportamenti di acquisto. Come già nel sondaggio realizzato nel corso dell'anno precedente, l'80% dei consumatori che dichiarano di salutare positivamente un incremento delle importazioni motiva il proprio atteggiamento con il desiderio di una più ampia gamma di offerta; inoltre, alcuni hanno precisato che all'estero esistono molti prodotti eccellenti, di cui desidererebbero poter disporre anche in Giappone. D'altro canto, rispetto al sondaggio precedente è 166 Il Mercato della Moda in Giappone


diminuita la percentuale di quanti richiedono prodotti di importazione al puro scopo di ottenere prezzi migliori. La tavola che segue organizza in cluster i principali utilizzatori di alcuni prodotti d'importazione a contenuto-moda, costruendo un'interessante 'mappatura' che consente di identificare, prodotto per prodotto, dove risiedano i principali estimatori del prodotto stesso, a quale genere appartengano, e quale sia la loro fascia d'età. La consultazione della tabella è intuitiva, e mostra, ad esempio, particolari concentrazioni di interesse verso i profumi nell'Area Metropolitana di Tokyo; una leggera prevalenza di donne tra le acquirenti di moda casual; e, sempre nel caso dei profumi, un inconsueto testa-a-testa tra le fasce di utilizzatori ventenni e cinquantenni. PRODOTTI DI IMPORTAZIONE A CONTENUTO-MODA: PROFILO DEGLI UTILIZZATORI A MAGGIOR INDICE DI UTILIZZO Prodotto

Regione

Genere F (65,2%) M (61,7%)

Fascia d'età

Abbigliamento casual

1 2 3

Chukyo/Hokuriku Keihanshin Hokkaido/Tohoku

1 2

1 10-20 (73,1%) 2 30-40 (68,6%) 3 20-30 (65,7%)

Sciarpe e cravatte

1 2 3

Area Metropolitana di Tokyo Keihanshin Chugoku/Shikoku/Kyushu

1 M (44,6%) 2 F (43,9%)

1 50-60 (54,4%) 2 40-50 (50,3%) 3 60 + (50,0%)

Cinture, portafogli, accessori

1 2 3

Keihanshin Area Metropolitana di Tokyo Chukyo/Hokuriku

1 M (44,6%) 2 F (41,7%)

1 20-30 (47,9%) 2 60 + (47,0%) 3 10-20 (45,0%)

Borse

1 2 3

Keihanshin Area Metropolitana di Tokyo Chukyo/Hokuriku

1 F (52,8%) 2 M (21,4%)

1 20-30 (40,8%) 2 30-40 (39,4%) 3 10-20 (45,0%)

Profumi

1 2 3

Area Metropolitana di Tokyo Chukyo/Hokuriku Chugoku/Shikoku/Kyushu

1 F (43,7%) 2 M (20,8%)

1 20-30 (40,8%) 2 50-60 (39,1%) 3 10-20 (31,9%)

Cosmetici

1 2 3

Area Metropolitana di Tokyo Keihanshin Chugoku/Shikoku/Kyushu

1 F (43,9%) 2 M (16,3%)

1 20-30 (40,2%) 2 50-60 (32,0%) 3 10-20 (30,6%) Fonte: MIPRO, 2002.

167 Il Mercato della Moda in Giappone


Dove si acquista la moda di importazione Nel caso dell'abbigliamento e dei prodotti a contenuto-moda, la provenienza dei capi di importazione è così descritta dagli intervistati71: 1. grandi magazzini (36,5%); 2. negozi specializzati (33,9%); 3. acquisti effettuati all'estero (25,0%); 4. regali ricevuti72 (16,4%). L'analisi della serie storica delle tendenze mostra comunque che, a fronte di un calo nella scelta dei grandi magazzini, si manifesta una – pur se non effervescente – crescita delle preferenze relative ai negozi specializzati. Questi, però, sembrano aver sofferto, specialmente nel corso dell'ultimo biennio, della concorrenza dei canali commerciali che fanno del fattore-prezzo il loro punto di forza, ormai assestati attorno al 7% del mercato, ed apparentemente tesi a conquistare presto quote a due cifre. La domanda è stata posta anche con un'ottica ancora più micro, focalizzandola su alcune delle categorie merceologiche più diffuse. In questo caso, la tabella che segue consente di apprezzare con maggiore evidenza le preferenze manifestate nella scelta del tipo di struttura alla quale il consumatore si rivolge prioritariamente per acquistare ciascuna specifica tipologia di prodotto. Dai risultati proposti emerge uno scenario molto articolato, che mette in evidenza come l'antico predominio assoluto dei grandi magazzini intesi come templi della moda sia ormai nettamente scalfito da altre tipologie del dettaglio. È anche interessante notare la rilevanza quantitativa degli acquisti di prodotti a contenutomoda effettuati all'estero: nell'analizzare la consistenza dei prodotti di cui è in possesso, il Fonte: MIPRO, cit. Non è evidentemente possibile risalire alla tipologia di dettaglio da cui proviene l'acquisto del regalo ricevuto, che – al fine della classificazione del dato – è comunque correttamente evidenziato come tale. 71 72

168 Il Mercato della Moda in Giappone


consumatore conferma che un prodotto su quattro, tra quelli di produzione estera, è stato acquistato nel corso di un viaggio. L'utilizzazione di altri canali commerciali diretti, quali le vendite porta a porta, i cataloghi postali, e le vendite su internet appare, di contro, ancora relativamente modesta.

STRUTTURE DEL DETTAGLIO PREFERITE PER L'ACQUISTO DI ALCUNI PRODOTTI D'IMPORTAZIONE A CONTENUTO-MODA Prodotto

1° luogo d'acquisto

%

2° luogo d'acquisto

Capispalla donna

Grandi magazzini

Capispalla uomo

Negozi specializzati 48,5 Grandi magazzini

Sciarpe e cravatte

%

3° luogo d'acquisto

53,1 Negozi specializzati 41,2 All'estero

% 15,6

45,1 All'estero

17,2

Grandi magazzini

50,7 Negozi specializzati 27,5 All'estero

26,8

Intimo e calze

Supermercati

42,0 Grandi magazzini

29,5 Negozi specializzati

28,8

Borse

Grandi magazzini

42,2 All'estero

39,6 Negozi specializzati

32,6

Calzature non sportive

Negozi specializzati 48,3 Grandi magazzini

35,7 All'estero

19,6

30,0 Negozi specializzati

29,7

Cinture, portafogli, acc.ri Grandi magazzini

39,0 All'estero

Fonte: MIPRO, 2002.

169 Il Mercato della Moda in Giappone


Temi moda, colori, materiali, funzioni d'uso Per ciascun consumatore, la scelta finale d'acquisto di un capo di abbigliamento è la risultante di un sistema di valutazione in cui coagiscono diverse variabili – l'immagine del paese produttore, la marca, il prezzo, i materiali, la funzionalità, lo stile ed il colore, la componente-moda. A rendere ancora più complicata la decodifica e l'analisi dei processi mentali del consumatore nell'atto di acquisto intervengono almeno tre varianti: la prima, che implica che ciascun consumatore ha, per così dire, il proprio algoritmo di valutazione, ovvero un sistema del tutto personale di pesi specifici attribuiti a ciascuna delle variabili sopra elencate. Inoltre, l'algoritmo di valutazione non si limita ad essere individuale; ciascun consumatore modifica il proprio sistema di analisi in funzione della tipologia del capo che decide di prendere in considerazione. Così, ad esempio, lo stesso consumatore potrebbe ritenere la componente-moda molto importante per una giacca, e molto meno per un soprabito, e così via. Infine, come i gusti e le opinioni di ciascun consumatore si trasformano con il passare del tempo, così lo stesso algoritmo di valutazione con il tempo può variare, anche all'interno del sistema di analisi dello stesso capo di abbigliamento: dopo aver letto un articolo su di una rivista di tecnica della confezione, ad esempio, lo stesso consumatore può incrementare il peso specifico della analisi dei materiali nell'esprimere un giudizio su di un cappotto o di un cardigan. La considerazione della complessità dello studio del meccanismo di acquisto non è però mai stata di ostacolo allo sviluppo della ricerca motivazionale. Su questo tema si è scelto di portare all'attenzione dei lettori italiani i risultati di una ricerca recentemente realizzata da JaSMEC 73 , centrata sull'analisi del peso specifico di ciascuna delle variabili che intervengono a determinare la scelta d'acquisto di abbigliamento e calzature; un aspetto "Studio analitico sul comportamento dei consumatori relativo a prodotti di abbigliamento", Centro Informazioni Tessile-Abbigliamento, JaSMEC (Japan Small and Medium Enterprise Corporation), 2003. 73

170 Il Mercato della Moda in Giappone


interessante della ricerca è la possibilità di ottenere i risultati segmentati in funzione non soltanto del sesso del consumatore, tratteggiando così due diversi profili di orientamento nella valutazione del capo-moda, ma anche in funzione di una ricca tipologia di prodotti. I risultati, di particolare interesse per gli operatori del marketing interessati a costruire una strategia specifica per promuovere nel mercato giapponese il sistema di offerta di proprio interesse, sono proposti nelle tabelle che seguono.

VARIABILI RILEVANTI E LORO PESO SPECIFICO NELLA SCELTA D'ACQUISTO DI CAPI DI ABBIGLIAMENTO (donne) intimo gonna o pantaloni maglietta, t-shirt camicia maglione, cardigan tailleur cappotto 0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

cappotto

tailleur

maglione, cardigan

camicia

maglietta, tshirt

gonna o pantaloni

intimo

moda

2,1%

2,2%

4,0%

4,1%

4,6%

4,2%

0,3%

colore/disegno

46,9%

50,1%

44,7%

42,9%

41,2%

49,3%

13,8%

funzionalità

5,2%

7,5%

3,4%

7,4%

6,9%

10,9%

19,8%

materiali

19,8%

12,1%

25,7%

18,8%

19,1%

12,5%

39,3%

prezzo

19,1%

21,4%

19,6%

24,7%

25,4%

20,6%

24,2%

marca

5,2%

5,6%

1,9%

1,6%

2,1%

2,3%

2,2%

provenienza

1,7%

1,1%

0,7%

0,5%

0,7%

0,2%

0,4%

100%

Fonte: JaSMEC, 2003.

171 Il Mercato della Moda in Giappone


VARIABILI RILEVANTI E LORO PESO SPECIFICO NELLA SCELTA D'ACQUISTO DI CAPI DI ABBIGLIAMENTO (uomini)

intimo pantaloni maglietta, t-shirt camicia maglione, cardigan abito cappotto 0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

cappotto

abito

maglione, cardigan

camicia

maglietta, tshirt

pantaloni

intimo

moda

1,0%

0,6%

1,2%

0,5%

2,4%

1,0%

0,3%

colore/disegno

32,1%

32,7%

32,9%

24,7%

34,6%

30,0%

6,2%

funzionalitĂ

9,5%

9,7%

8,0%

11,0%

8,2%

12,0%

9,7%

materiali

17,3%

13,9%

19,7%

20,3%

12,8%

17,4%

33,8%

prezzo

29,1%

31,6%

33,5%

39,6%

37,9%

34,2%

47,0%

marca

8,5%

8,9%

3,5%

3,0%

3,5%

4,5%

2,1%

provenienza

2,5%

2,6%

1,2%

0,9%

0,6%

0,9%

0,9%

100%

Fonte: JaSMEC, 2003.

172 Il Mercato della Moda in Giappone


Stagionalità delle vendite Il ciclo di stagionalità delle vendite al dettaglio della moda in Giappone può essere analizzato utilizzando i dati forniti dall'Associazione giapponese dei Grandi Magazzini 74. Nelle pagine che seguono, i dati sono presentati graficamente; la prima tabella fornisce una rappresentazione globale delle dinamiche delle vendite al dettaglio della moda nel suo insieme; più utili alle imprese italiane interessate al mercato giapponese sono le tabelle che seguono in progressione, che illustrano la ripartizione percentuale delle vendite, mese dopo mese, per ciascuno dei principali segmenti del comparto moda. Tutti i grafici presentati sono stati elaborati sulla base di dati di fonte JDSA75.

STAGIONALITA' DELLE VENDITE: RIPARTIZIONE PERCENTUALE PER MESE 12 10

10

9,8 8,4

8

8,1

8,8 7,7

9

9,3

9,3

10

11

12

7,7

6,2

5,8

6 4 2 0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Abbigliamento ed Accessori Moda Fonte: JDSA, 2003.

74 75

JDSA - Japan Department Stores Association. Rapporto annuale (2002), JDSA (Japan Department Stores Association). 173 Il Mercato della Moda in Giappone


STAGIONALITA' DELLE VENDITE: RIPARTIZIONE PERCENTUALE PER MESE 12

10,2

9,9

10

8,5

8,1

8

8,9

9,2

10

11

8,1

7,3

6,2

9,2

8,5

5,9

6 4 2 0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

12

Moda Donna Fonte: JDSA, 2003.

STAGIONALITA' DELLE VENDITE: RIPARTIZIONE PERCENTUALE PER MESE 14,0

11,6

12,0 10,0

10,5

9,9 8,3

8,2

8,2

9,2

8,8

8,3

8,0

6,3

5,8

6,0

4,8

4,0 2,0 0,0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

Moda Uomo Fonte: JDSA, 2003.

174 Il Mercato della Moda in Giappone


STAGIONALITA' DELLE VENDITE: RIPARTIZIONE PERCENTUALE PER MESE 16

13,6

14 12 10

9,9

9,4

8,3

8

8

6,5

6,2

7,9

7,9

8,1

9

10

11

8,9

5,4

6 4 2 0

1

2

3

4

5

6

7

8

12

Moda Bambino Fonte: JDSA, 2003.

STAGIONALITA' DELLE VENDITE: RIPARTIZIONE PERCENTUALE PER MESE 11,3

12

9,5

10

8,5

8,3

8,4

8

7,8

8,5

8,1

8,3

8,2

9

10

11

6,7

6,3 6 4 2 0

1

2

3

4

5

6

7

8

12

Calzature ed Accessori Moda Fonte: JDSA, 2003.

175 Il Mercato della Moda in Giappone


SEZIONE C STRATEGIE DI ACCESSO AL MERCATO E POLITICHE DI CONSOLIDAMENTO

176 Il Mercato della Moda in Giappone


Mappe-obiettivo

Le pagine che seguono presentano una serie di 'mappe-obiettivo', ciascuna delle quali è focalizzata su di un segmento specifico di consumatori, definito attraverso una fascia di età. Nella sezione precedente si è avviato un percorso di familiarizzazione con la complessità delle segmentazioni possibili di un mercato così complesso, dinamico e vasto quale quello giapponese, approfondendo l'analisi di alcuni segmenti ritenuti di una certa importanza per le imprese italiane del comparto moda. L'azienda italiana potrà utilizzare le 'mappe-obiettivo' come supporto alle più opportune riflessioni per la progressiva elaborazione della propria strategia di accesso nel mercato giapponese; successivamente, seguendo gli esempi ed i temi di riflessione di taglio strategico proposti nelle pagine che seguono, potrà arrivare a costruire un orientativo piano di lavoro, in base alla quale attivare i primi contatti operativi per la verifica della fattibilità della strategia commerciale. I dati presentati in questa sezione della ricerca sono stati rilevati ed elaborati nel corso del 2002 nell'àmbito di una indagine promossa dalla Corporazione delle piccole e medie imprese del Giappone (JaSMEC), e raccolti recentemente in un interessante volume pubblicato nel marzo del 2003.76 In merito alla tabella che rileva le fonti dalle quali si raccolgono le informazioni sulla moda, va precisato che con la voce 'strada' ci si riferisce alla 'moda di strada': le nuove tendenze spontanee che si rilevano passeggiando per le zone più trendy, come – nel caso di Tokyo - Omotesando, Harajuku e Shibuya.

Studio analitico sul comportamento dei consumatori relativo ai prodotti dell'abbigliamento, JaSMEC (Japan Small and Medium Enterprise Corporation), 2003. 76

177 Il Mercato della Moda in Giappone


MAPPA-OBIETTIVO Segmento: Ventenni

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO FORMALE Aspetti critici Citazioni in % 1 Che sia giapponese 22,8 2 Che sia europea 10,9 3 Che sia cinese 0,3 4 Che sia molto nota e famosa 24,3 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 21,0 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 7,4 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 2,4 8 Che abbia credibilità sociale 19,5 9 Nessun aspetto è interessante 51,2 10 Altri temi 0,6 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO CASUAL Aspetti critici % 1 Che sia giapponese 13,3 2 Che sia europea 5,9 3 Che sia cinese 0,3 4 Che sia molto nota e famosa 16,0 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 5,6 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 11,5 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 3,8 8 Che abbia credibilità sociale 14,8 9 Nessun aspetto è interessante 67,2 10 Altri temi 0,9 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

178 Il Mercato della Moda in Giappone


Ventenni: dove acquistano 0,6

Altro

1,5

Negozi dell'usato Outlet e discount

10,2

Cataloghi postali

11,7

Negozi multimarca

6,6 21,0

Grandi magazzini 12,0

Grandi superfici despecializzate Negozi monomarca

8,8

Catene di negozi

19,2

Negozi singoli, boutiques

8,4 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

Ventenni: da dove raccolgono informazioni sulla moda Opinioni varie

15,7

Riviste despecializzate

11,8

PubblicitĂ TV

15,1

Programmi TV

19,2

Strada

23,4 12,7

PubblicitĂ su giornali e riviste Internet

34,3

Riviste di moda

56,5

Inserti nei giornali

34,3

Vetrine

76,0 0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

179 Il Mercato della Moda in Giappone


MAPPA-OBIETTIVO Segmento: Trentenni

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO FORMALE Aspetti critici Citazioni in % 1 Che sia giapponese 27,9 2 Che sia europea 15,2 3 Che sia cinese 1,4 4 Che sia molto nota e famosa 19,8 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 18,4 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 5,5 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 2,3 8 Che abbia credibilità sociale 24,4 9 Nessun aspetto è interessante 49,7 10 Altri temi 1,1 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO CASUAL Aspetti critici % 1 Che sia giapponese 16,7 2 Che sia europea 9,2 3 Che sia cinese 2,6 4 Che sia molto nota e famosa 14,1 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 4,0 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 7,8 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 4,9 8 Che abbia credibilità sociale 16,4 9 Nessun aspetto è interessante 69,8 10 Altri temi 1,1 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

180 Il Mercato della Moda in Giappone


Trentenni: dove acquistano Altro

0,9

Negozi dell'usato

0,5

Outlet e discount

12,0 15,0

Cataloghi postali 2,3

Negozi multimarca Grandi magazzini

17,7 18,8

Grandi superfici despecializzate Negozi monomarca

7,4

Catene di negozi

18,9 6,6

Negozi singoli, boutiques 0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

16,0

18,0

20,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

Trentenni: da dove raccolgono informazioni sulla moda Opinioni varie

12,6

Riviste despecializzate

21

PubblicitĂ TV

18,4

Programmi TV

23

Strada

15,2 16,4

PubblicitĂ su giornali e riviste Internet

29

Riviste di moda

44,8

Inserti nei giornali

42,5

Vetrine

74,4 0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

181 Il Mercato della Moda in Giappone


MAPPA-OBIETTIVO Segmento: Quarantenni

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO FORMALE Aspetti critici Citazioni in % 1 Che sia giapponese 33,8 2 Che sia europea 11,1 3 Che sia cinese 0,7 4 Che sia molto nota e famosa 29,3 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 22,3 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 2,4 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 2,4 8 Che abbia credibilità sociale 27,2 9 Nessun aspetto è interessante 45,0 10 Altri temi 0,3 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO CASUAL Aspetti critici % 1 Che sia giapponese 17,1 2 Che sia europea 5,2 3 Che sia cinese 2,1 4 Che sia molto nota e famosa 15,0 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 5,6 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 7,0 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 6,3 8 Che abbia credibilità sociale 20,2 9 Nessun aspetto è interessante 67,6 10 Altri temi 0,3 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

182 Il Mercato della Moda in Giappone


Quarantenni: dove acquistano Altro

1,0

Negozi dell'usato

0,6

Outlet e discount

9,9 14,1

Cataloghi postali 1,6

Negozi multimarca Grandi magazzini

18,4 23,6

Grandi superfici despecializzate Negozi monomarca

6,5

Catene di negozi

18,4 6,0

Negozi singoli, boutiques 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

Quarantenni: da dove raccolgono informazioni sulla moda Opinioni varie

12,2

Riviste despecializzate

16

PubblicitĂ TV

17,4

Programmi TV

17,8

Strada

15,7 17,1

PubblicitĂ su giornali e riviste Internet

30,3

Riviste di moda

35,9

Inserti nei giornali

52,3

Vetrine

80,8 0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

183 Il Mercato della Moda in Giappone


MAPPA-OBIETTIVO Segmento: Cinquantenni

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO FORMALE Aspetti critici Citazioni in % 1 Che sia giapponese 48,0 2 Che sia europea 15,3 3 Che sia cinese 0,8 4 Che sia molto nota e famosa 24,6 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 25,4 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 4,0 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 5,7 8 Che abbia credibilità sociale 32,2 9 Nessun aspetto è interessante 35,5 10 Altri temi 0,3 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO CASUAL Aspetti critici % 1 Che sia giapponese 29,0 2 Che sia europea 9,3 3 Che sia cinese 3,0 4 Che sia molto nota e famosa 16,1 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 7,7 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 6,8 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 13,3 8 Che abbia credibilità sociale 20,8 9 Nessun aspetto è interessante 62,3 10 Altri temi 0,5 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

184 Il Mercato della Moda in Giappone


Cinquantenni: dove acquistano Altro

1,0

Negozi dell'usato

1,1 8,6

Outlet e discount Cataloghi postali

10,5

Negozi multimarca

0,9 22,6

Grandi magazzini

23,1

Grandi superfici despecializzate Negozi monomarca

5,3 17,2

Catene di negozi 9,7

Negozi singoli, boutiques 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

Cinquantenni: da dove raccolgono informazioni sulla moda Opinioni varie

11,2

Riviste despecializzate

21,6

PubblicitĂ TV

18,9

Programmi TV

18

Strada

19,9 23,2

PubblicitĂ su giornali e riviste Internet

17,2

Riviste di moda

36,1

Inserti nei giornali

53,3

Vetrine

77,3 0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

185 Il Mercato della Moda in Giappone


MAPPA-OBIETTIVO Segmento: Sessantenni

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO FORMALE Aspetti critici Citazioni in % 1 Che sia giapponese 50,4 2 Che sia europea 14,1 3 Che sia cinese 1,1 4 Che sia molto nota e famosa 27,8 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 19,0 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 2,8 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 6,7 8 Che abbia credibilità sociale 32,7 9 Nessun aspetto è interessante 37,0 10 Altri temi 1,1 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

ASPETTI PIÙ IMPORTANTI NELLA MARCA DI ABBIGLIAMENTO CASUAL Aspetti critici % 1 Che sia giapponese 28,9 2 Che sia europea 9,2 3 Che sia cinese 4,9 4 Che sia molto nota e famosa 18,3 5 Che sia posizionata nella fascia alta del mercato 7,4 6 Che sia innovativa, che precorra la moda 5,6 7 Che sia attenta e sensibile ai temi dell'ecologia 12,2 8 Che abbia credibilità sociale 26,8 9 Nessun aspetto è interessante 59,9 10 Altri temi 1,4 Valori in percentuale sul totale delle preferenze espresse (risposte multiple). Fonte: JaSMEC, 2003.

186 Il Mercato della Moda in Giappone


Sessantenni: dove acquistano Altro

0,6

Negozi dell'usato

0,7

Outlet e discount

6,2 11,0

Cataloghi postali 1,2

Negozi multimarca Grandi magazzini

25,5 23,0

Grandi superfici despecializzate Negozi monomarca

5,4

Catene di negozi

17,6 8,8

Negozi singoli, boutiques 0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

Sessantenni: da dove raccolgono informazioni sulla moda Opinioni varie

16,2

Riviste despecializzate

22,5

PubblicitĂ TV

15,8

Programmi TV

12,7

Strada

18,3 30,3

PubblicitĂ su giornali e riviste Internet

18,7

Riviste di moda

31,7

Inserti nei giornali

48,9

Vetrine

81,3 0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

Valori in percentuale; risposte multiple. Fonte: JaSMEC, 2003.

187 Il Mercato della Moda in Giappone


Strategie distributive Analizzando le scelte strategiche attuate dalle imprese estere per l'accesso al mercato giapponese, si rileva una particolare ricorrenza di tre principali schemi operativi: strategia della presenza diretta, strategia dell'alleanza di canale e strategia del licensing. Dopo aver individuato, quanto meno in linea di massima, il proprio segmento-obiettivo e verificato quale sia la tipologia di dettaglio preferita per gli acquisti di abbigliamentomoda, l'azienda italiana interessata all'accesso al mercato giapponese potrà iniziare un percorso di riflessione e di orientamento per la definizione della propria strategia, prendendo anche in considerazione le argomentazioni e le riflessioni proposte in questo capitolo. Ciò nonostante, ognuna delle tre principali opzioni strategiche - come intuibile - presenta propri specifici punti di forza e di debolezza, e può prospettare interessanti opportunità o nascondere rischi talvolta poco prevedibili. È possibile avviare un tentativo di razionalizzazione delle esperienze rilevate sul mercato, allo scopo di fornire uno schema di riferimento che porti indicazioni utili all'impresa italiana interessata a sviluppare la propria strategia d'accesso al mercato giapponese? In realtà, l'idea di una schematizzazione del percorso più opportuno da intraprendere in funzione delle caratteristiche di un'azienda appare come un obiettivo tanto appetibile, quanto probabilmente lontano dall'essere oggettivamente raggiungibile con risultati davvero efficaci. Da un lato, infatti, per la costruzione di un modello è necessario identificare ed isolare le variabili significative, e pur soltanto quelle che interagiscono all'interno di un'azienda sono già incredibilmente numerose ed eterogenee; e se anche si riuscisse nel còmpito di isolare in una griglia efficace le più rilevanti componenti di taglio quantitativo (microsettore, dimensioni aziendali, fatturato, risorse, e così via), resterebbe irrisolta la difficoltà del gestire quelle di natura puramente qualitativa. 188 Il Mercato della Moda in Giappone


Si pensi, infatti, a quante e quanto complesse, e più che rilevanti allo scopo di definire una strategia efficace e coerente con l'azienda nel suo insieme, siano le variabili qualitative che influiscono pesantemente sia nell'orientamento strategico, che nella gestione quotidiana di un'impresa, e forse più che mai se l'impresa agisce all'interno del comparto moda. Basti considerare l'area delle aspettative imprenditoriali, delle motivazioni, dell'energia, e del troppo spesso sottovalutato potere operativo dello stesso entusiasmo 77. A questa preponderante incidenza delle variabili qualitative sui dati rigidamente quantitativi si aggiungano altri aspetti tutt'altro che facilmente misurabili: ad esempio, la dotazione di coraggio e/o di prudenza della proprietà e del management aziendale, che si riflette in termini di strategia nella tendenza nel ricercare maggiore rassicurazione attraverso l'adesione a modelli già rodati, oppure a perseguire le opportunità del mercato non aderendo a modelli già rodati, ma con l'esplorazione di strade innovative ed ambiziose, seguendo il dettato eracliteo78. In considerazioni di queste condizioni oggettive che si frappongono all'idea di costruire griglie schematiche su come accedere al mercato, si è preferito evitare del tutto di fornire schemi troppo rigidi, che risentirebbero inevitabilmente delle forzature necessarie ad abbinare meccanicamente una data tipologia di impresa ad un dato orientamento strategico. Ciò nonostante, si è ritenuto di proporre esemplificazioni, esperienze e spunti di riflessione, sia attraverso le voci dirette di alcuni testimoni privilegiati del settore, sia attraverso alcuni suggerimenti, selezionati ed elaborati pur nella consapevolezza della loro strumentalità nei confronti delle analisi e delle intuizioni dell'imprenditore e del suo management di riferimento. Strategia della presenza diretta L'azienda produce secondo le modalità correnti, e pianifica le modalità commerciali per distribuire direttamente sul mercato. Si distinguono due modalità: a. Integrazione totale a valle. Attraverso una società commerciale, l'azienda gestisce tutti gli anelli della catena della distribuzione e della commercializzazione al dettaglio: importazione – stoccaggi – movimentazione interna – gestione punti vendita – gestione attività post-vendita. È la strada delle aziende che intendono sviluppare una rete di Ralph Waldo Emerson: "Nothing great was ever achieved without enthusiasm", "senza entusiasmo non si è mai realizzato nulla di grande". 78 Eraclito: "Se non cerchi l'inaspettato, non troverai mai la verità". 77

189 Il Mercato della Moda in Giappone


punti vendita con una propria insegna, attraverso la formula della gestione diretta ed eventualmente sperimentando (in alternativa o in integrazione alla gestione diretta) la formula del franchising. b. Presenza diretta convenzionale. L'azienda delega un agente alla ricerca di clienti business-to-business nel mercato giapponese. È una strada praticabile sia nell'obiettivo di raggiungere i consumatori che acquistano attraverso i canali di marketing diretto (cataloghi postali, internet, vendite televisive), sia mirando a raggiungere i clienti dei negozi multimarca e delle boutique private. La presenza diretta, realizzata attraverso la costituzione di un'impresa commerciale in Giappone, rappresenta una strada indubbiamente onerosa, ma che – se la condizione economica e finanziaria dell'impresa produttrice lo consente – potrebbe rivelarsi un investimento premiante in un periodo contrassegnato da marcati cambiamenti nello scenario della distribuzione. In questo caso, l'approccio diretto alla ricerca delle migliori formule relative alla movimentazione delle merci, alla logistica, alle problematiche del marketing e delle vendite, e la stessa ricerca del contatto diretto con i consumatori rappresentano altrettante sfide di mercato, che se gestite con opportune capacità manageriali possono permettere all'azienda di capitalizzare velocemente le esperienze maturate. Va anche considerata la necessità di costruire uno staff misto e bilingue, per quanto ciò costituisca un'impresa complessa, tale da richiedere un management maturo e consapevole delle condizioni necessarie a creare collaborazione in un piccolo gruppo di lavoro dove coesistono approcci alla vita ed al lavoro spesso profondamente divergenti. Nonostante le molte ed oggettive difficoltà, la presenza diretta sul mercato rappresenta una scelta strategica teoricamente in grado di assicurare ampi gradi di libertà alla manovra sul mercato. Attraverso la presenza diretta, l'azienda-madre è libera di costruire la formula imprenditoriale commerciale più opportuna, sperimentando piste innovative o adattando alla propria situazione i casi di evidente successo, integrandosi a valle sino alla gestione diretta del commercio al dettaglio o valutando l'ipotesi dello sviluppo di una rete in franchising. I costi relativi a quest'opzione strategica potrebbero tendere a rivelarsi superiori ai budget sviluppati in Italia, in considerazione della presenza di diverse voci di costo così specificamente giapponesi da non essere valutabili se non a séguito di una certa esperienza diretta sul mercato. A questo scopo, la ricognizione preventiva del tema-costi, attraverso il 190 Il Mercato della Moda in Giappone


ricorso a interviste e consulenze, si rivela sempre molto utile; inoltre, all'interno del sito web di JETRO 79 è possibile trovare uno schema interattivo, da utilizzare per la simulazione di un budget relativo alla costituzione di una società in Giappone. Supporti di questo genere, se gestiti con l'attenzione sempre dovuta a qualsiasi strumento standardizzato, forniscono un orientamento di massima utile all'azienda che si affacci per la prima volta a sviluppare un business plan per l'accesso al mercato nipponico. Indiscutibilmente a favore della strategia della presenza diretta è il gruppo italiano Benetton, che negli ultimi anni ha optato inequivocabilmente per la scelta dell'autonomia sul mercato giapponese, per altro dopo aver sperimentato anche altre formule e senza averle trovate perfettamente compatibili con la filosofia e le politiche di gestione del Gruppo. Su questo tema così si è espresso Fabrizio De Nardis, presidente di Benetton Japan, che ha regalato agli imprenditori italiani tre principi da cui non derogare per avere successo in Giappone. “Un buon prodotto, tanta pazienza e un impegno solenne: non sposarsi. Noi l'abbiamo fatto, all'inizio, ed abbiamo finito per divorziare 80". I costi della presenza diretta La costituzione di un ufficio di rappresentanza non è complessa e non comporta costi molto elevati, ma la operatività è in questo caso molto limitata. Non è possibile condurre attività economiche, neanche se l'attività non prevede la realizzazione di utili, e di conseguenza non si pagano tasse. La funzione di un ufficio di rappresentanza può essere coerente con le aziende che intendano studiare il mercato per un periodo di tempo limitato, riservandosi di decidere successivamente quali passi intraprendere; se l'azienda ha la necessità di condurre esclusivamente attività di pubbliche relazioni in Giappone, questa formula può essere soddisfacente. Un ufficio di rappresentanza non può aprire un conto in banca, tranne che in formula ibrida, intestando ad esempio il conto a "Mario Rossi, Ufficio di Rappresentanza della Ditta Acme in Giappone". Potrebbe, inoltre, non essere affatto semplice riuscire a prendere in affitto un ufficio, a meno di ricorrere ad uffici temporanei attrezzati, stipulando contratti su base mensile con l'azienda italiana. D'altro canto, la costituzione di una società, a capitale misto o interamente italiano, richiede alcune formalità non sempre immediatamente superabili; ad esempio, JETRO – Japan External Trade Organization. Allude all'accordo che Benetton stipulò inizialmente con il Gruppo Seibu per lo sviluppo commerciale sul mercato giapponese. 79 80

191 Il Mercato della Moda in Giappone


l'amministratore (o quanto meno uno degli amministratori, con la carica di presidente) deve necessariamente risiedere in Giappone. Qui di seguito sono riportati, in due tabelle, alcuni riferimenti iniziali per avviare la costruzione del budget relativo ad una presenza aziendale diretta in Giappone. Oltre ai costi descritti per la locazione, è opportuno considerare che la commissione per l'agenzia immobiliare equivale ad un mese di locazione, e soprattutto che il deposito cauzionale, pur se restituibile a fine locazione, è infruttifero e può ammontare a 10-15 mensilità; non è affatto comune riuscire a negoziare depositi di entità inferiore alle 6 mensilità. COSTI-BASE MENSILI Ipotesi di costi relativi ad un ufficio per 3-4 addetti in una zona centrale di Tokyo, in palazzo di medie dimensioni Voce superficie costo note 81 tsubo metri q. p/tsubo totale Costo di locazione dell'ufficio82 20 66 20.000 400.000 83 Servizi condominiali 40.000 Manutenzione aree comuni Climatizzazione84 20.000 Aria condizionata e riscaldamento Pulizie 700 14.000 Costi vari 20.000 Elettricità, gas, acqua, affitto macchine per ufficio Totale

494.000 COSTI PER LA COSTITUZIONE DI UNA SOCIETA' Ufficio di rappresentanza

Tassa di registrazione85

SPA

90.000

SRL

150.000

60.000

Bolli

40.000

40.000

Costo di registrazione dell'atto costitutivo

50.000

50.000

2 copie della registrazione della società

2.000

1.500

10.000

10.000

10.000

1.000

1.000

1.000

25.000

7.500

278.000

170.000

10 copie autenticate del registro commerciale 2 copie della registrazione del certificato di sigillo Costo bancario per il deposito del capitale86

101.000

1 tsubo = 3,3 metri quadri. Cifra indicativa, contrattabile. 83 Hall, corridoi, ascensori, servizi (di solito comuni per ogni piano nei palazzi per uffici), eccetera. 84 Costi-base per consumi legati agli orari lavorativi. 85 O,7% del capitale sociale, con minimi di 150.000 yen per le Spa e di 60.000 yen per le Srl. 86 Di solito, pari allo 0,25% del capitale sociale. 81 82

192 Il Mercato della Moda in Giappone


Strategia dell'alleanza di canale In questa opzione strategica, l'azienda italiana produce secondo le modalità correnti, e ricerca in Giappone un alleato che operi professionalmente all'interno del canale commerciale (importatore/distributore). Le attività, limitate alla fase della distribuzione intermedia, escludono la commercializzazione diretta, e possono essere gestite attraverso la società giapponese alleata, o attraverso la costituzione ad hoc di una società mista. Utile per raggiungere i consumatori dei grandi magazzini, o delle grandi superfici despecializzate. Una grande e blasonata trading company può indubbiamente costituire un solido ed affidabile partner per l'accesso nel mercato giapponese per una grande marca, di fama e notorietà ben consolidate quanto meno a livello di mercato nazionale. Meno indicata, invece, appare la shosha come compagna di strada per il lancio di una nuova marca che, per quanto promettente, non abbia ancora raggiunto livelli di primaria rilevanza sia per quanto riguarda la notorietà di mercato, sia in termini di fatturato e – in termini più generali – di solidità di bilancio. A supporto di questo orientamento tendenziale va riportata, a titolo di esempio, la già citata strategia di Itochu, una delle leader tra le trading company giapponesi nel settore della moda. Itochu, infatti – quanto meno in linea di principio – tende a valutare l'eventualità di investire in una nuova marca estera in funzione della notorietà e del successo che la marca ha già raggiunto nel proprio paese, piuttosto che ricercare marche a pur alta potenzialità, ma ancora in fase di progressivo consolidamento nel mercato d'origine. In questo senso, la scelta di una trading company come possibile alleato per l'accesso al mercato giapponese non è indicata a qualsiasi impresa italiana, per quanto valido possa essere il suo sistema di offerta: anche la disponibilità di un prodotto di fascia alta, pur se sostenuto da un buon rapporto prezzo/qualità, rappresenta soltanto un prerequisito. La miglior credenziale per l'avvio di un proficuo rapporto d'affari, infatti, rimane in questo caso un dimostrabile livello di notorietà già raggiunto sul mercato italiano, in grado di lasciar immaginare l'avvio di un rapporto d'affari bilanciato ed armonico. Fabrizio De Nardis, presidente di Benetton Japan, è però apertamente scettico rispetto all'eventualità di fondare una strategia di penetrazione nel mercato giapponese attraverso la collaborazione con una trading company. Ma, nonostante i molti luoghi comuni contrari, è 193 Il Mercato della Moda in Giappone


convinto che questo sia un ottimo periodo per pianificare con calma un percorso di accesso e di radicamento commerciale. "Sì, il momento è giusto. A patto di non avere troppa fretta e attrezzarsi come si deve. Per il resto, oggi è possibile ciò che prima era impossibile. La crisi, che perdura, ha trasformato il Giappone; adesso è un paese quasi normale. Oggi, con il prodotto giusto e la capacità di muoversi, si può accedere direttamente alla distribuzione. Il ruolo delle trading company, come quello dei grandi magazzini, per fortuna si è dimensionato. Il lungo sciopero dei consumatori giapponesi ha funzionato; non è che non comprano più. È che 18 milioni di persone viaggiano, vanno all’estero, e siccome sono un popolo colto, intelligente e curioso, comprano se conviene, altrimenti fanno un bel giro per gli scaffali, sorridono e vanno via."87 In linea con le opinioni di De Nardis sono i dirigenti di non poche aziende occidentali, entrate nel mercato evitando il ricorso ad importatori e distributori giapponesi. Ma una voce sostanzialmente scettica di fronte a questa strada 'autarchica' è quella di Kensuke Hosomi, dirigente di Itochu 88 , il quale sostiene che un successo iniziale è anche ipotizzabile, in virtù della grande attenzione e curiosità del pubblico nei confronti delle novità d'importazione, ma va anche tenuto nel giusto conto che molto spesso, in questi casi, si rileva un rapido calo di interesse, dovuto alla grande brevità nel tempo del picco di attenzione che i consumatori evidenziano verso i nuovi prodotti. In questo caso, l'esperienza commerciale di un'azienda giapponese specializzata nella distribuzione è in grado di gestire queste dinamiche, perché riescano a non rappresentare dei sostanziali insuccessi, dopo un'apparente fase di buona riuscita. In linea di massima, sempre secondo Hosomi, la generale complessità - e comunque la specificità - della distribuzione giapponese portano a suggerire all'impresa italiana decisa ad entrare in questo mercato di evitare la scelta di camminare da sola. Il rapporto con importatori ed agenti Pianificare, avviare e gestire un rapporto sereno e produttivo con un partner giapponese non è semplice. Al di là delle migliori intenzioni, le differenze di mentalità, di stile di gestione, di carattere, di aspettative sullo sviluppo del business sono tali e tante, e per altro spesso aggravate dalle barriere linguistiche, da ingenerare molto spesso fraintendimenti e disillusioni. Occorre, dunque, una estrema pazienza, disponibilità, umiltà, e poi ancora pazienza; ma questo tema è trattato ancora più approfonditamente sia in questa sezione che nella sezione successiva di questa ricerca. Fabrizio De Nardis, intervistato da Pio d'Emilia su Viste, periodico della Camera di Commercio italiana in Giappone, maggio-giugno 2003. 88 Kensuke Hosomi, Brand Marketing Manager di Itochu. 87

194 Il Mercato della Moda in Giappone


Al di là delle difficoltà culturali sin qui evidenziate, non va negato che per una piccola o media azienda di moda italiana potrebbe non essere molto facile avviare una collaborazione con un grande importatore giapponese, soprattutto se la marca non è ancora molto nota. In questo caso, un partner più adatto potrebbe essere una catena di negozi, o un grande magazzino. Su questo tema, un suggerimento proposto da Kensuke Hosomi di Itochu alle piccole e medie aziende italiane non ancora famose: "un'idea che può funzionare per tastare il mercato e farsi conoscere è quella di partecipare ad una delle 'feste italiane' periodicamente organizzate dai grandi magazzini e dai centri commerciali, solitamente in collaborazione con importatori molto noti. In questo modo, l'azienda può avere un contatto diretto con il mercato senza grandi investimenti, e se l'esperienza si dimostra positiva è ragionevole immaginare che la relazione potrebbe continuare anche in maniera continuativa, e portare ad un accordo più stabile." Hironobu Uchida, dirigente di Tomen89, va dritto alla radice di molti dei problemi che intercorrono nelle partnership tra produttori italiani ed operatori del commercio giapponesi. "Noi di Tomen Fashion Express siamo aperti alla collaborazione con nuove aziende italiane, ed in questo senso la strada migliore è un incontro diretto. Però, se l'azienda ci è presentata ufficialmente da un Ente istituzionale e qualificato, come ad esempio nel caso italiano dall'ICE, per noi l'azienda è più affidabile. Ma per una buona collaborazione è importante che gli italiani comprendano alcune logiche che qui sono dominanti. Talvolta ho l'impressione che le aziende italiane – e non sempre esclusivamente quelle italiane, spesso accade anche con aziende di altri paesi europei – non siano in grado di comprendere le ragioni dell'impegno e della rigidità con cui i concetti-chiave di un accordo commerciale vengono considerati dalle aziende giapponesi, per cui accade che gli italiani non rispettino, sottovalutandoli, gli impegni assunti. Troppo spesso si verificano ritardi nelle consegne, ed addirittura consegne in cui manca un colore tra quelli ordinati. Ma se noi ci aspettiamo tre colori, ad esempio, come da ordine accettato e confermato, vuol dire che noi abbiamo già proceduto a presentare a tutti i nostri clienti questo programma di importazione sulla base dei tre colori ordinati. Le aziende italiane spesso, in questi casi, sostengono che la colpa è di qualcun altro, ad esempio del produttore delle tinture, che ha aumentato il prezzo di un colore. Ma se un'azienda giapponese si trovasse in una condizione simile, non avrebbe alcuna esitazione ad ordinare quel colore a qualsiasi prezzo, pur di consegnare esattamente quello che era stato ordinato. Non è un paradosso: anche alla nostra azienda può accadere di affrontare talvolta costi imprevisti pur di mantenere gli impegni presi con un cliente. Non pretendiamo che gli italiani debbano diventare uguali a noi, ma è fondamentale comprendere che in Giappone le posizioni di cliente e fornitore non sono paritetiche." 89

Hironobu Uchida, Brand Manager di Tomen Fashion Express Co. 195 Il Mercato della Moda in Giappone


Anche sul fronte italiano, le testimonianze di varie difficoltà non mancano, anche ai massimi livelli. Racconta Fabrizio De Nardis, presidente di Benetton Japan, parlando della rottura con l'importatore con cui Benetton avviò la sua presenza in Giappone: "Loro volevano fare a modo loro: da noi si fa così, il Giappone è diverso, eccetera, eccetera. Ad un certo punto ci siamo ritrovati con un milione e mezzo di capi invenduti. Invece di abbassare i prezzi, come volevamo noi, ci proposero di cambiare marchio. Abbiamo messo mani al portafoglio e ci siamo comprati la loro parte. Non è vero che i giapponesi si stufano dei marchi, che cercano sempre la novità. Si stufano se il marchio non è in grado di rinnovarsi. Ma il nome conta, eccome”. E rispetto alla oggettiva difficoltà di operare in un mercato molto diverso, e reso ancora più complicato da usi e costumi particolari, De Nardis ha le idee chiare su come avvicinarsi con prudenza alla definizione di una partnership: “Ci sono molti modi per 'annusarsi', e - se funziona - avviare un progetto comune. Come primo passo, tuttavia, consiglio una consulenza. E poi un partner locale. Ma è fondamentale mantenere il potere decisionale. I giapponesi sono formidabili esecutori, il team work qui raggiunge una micidiale efficienza, ma prima di partire…ce ne vuole".90 Strategia del licensing Con la politica del licensing, lo stilista o l'azienda produttrice cede al licenziatario giapponese l’utilizzo del marchio, ricavando un fatturato variabile in funzione del fatturato globale e del valore percentuale della royalty. Nel caso che l'azienda italiana interessata ad entrare nel mercato giapponese possa contare su un'immagine tale da legittimare l'eventualità di concedere l'uso del marchio ad imprese locali, questa strada costituisce probabilmente il canale più veloce e meno costoso per portare in azienda positivi riscontri economici dell'operazione. È questa, infatti, la strategia anche tecnicamente più semplice da seguire per le imprese che abbiano già raggiunto una reale notorietà di mercato, tale da poter ragionevolmente avviare una trattativa commerciale sulla base del valore dell'immagine della marca e dell'alto livello raggiunto nella percezione di qualità trasmessa al pubblico dal sistema d'offerta aziendale.

Fabrizio De Nardis, intervistato da Pio d'Emilia su Viste, periodico della Camera di Commercio italiana in Giappone, maggio-giugno 2003. 90

196 Il Mercato della Moda in Giappone


Nonostante la relativa semplicità tecnica della strategia, le applicazioni operative si rivelano spesso molto articolate e complesse. Ciò nonostante, è una strada ancora massicciamente praticata dai protagonisti della moda di tutti i paesi-leader; un ulteriore fattore che ne sostiene la ragionevolezza è costituito dalla possibilità di realizzare una produzione dedicata al mercato giapponese, e quindi meno vulnerabile dalle possibili aree di insoddisfazione che spesso il consumatore giapponese non riesce a non manifestare rispetto a prodotti considerati qualitativamente del tutto accettabili nei mercati occidentali. Tra gli aspetti negativi della scelta non va trascurata la caduta del vantaggio competitivo del made in Italy, che può probabilmente essere trascurato soltanto da un novero molto ristretto di marchi la cui notorietà e visibilità sul mercato sono in grado, da soli, di motivare l'acquisto, marginalizzando oggettivamente l'effetto di qualsiasi altra leva di marketing. Dal punto di vista degli imprenditori giapponesi, questa formula tende ad essere salutata con un certo favore, in quanto sembra solitamente confermato che i margini di contribuzione della produzione su licenza tendano ad essere superiori a quelli relativi al business dell'importazione. È questa, con ogni probabilità, la posizione di uno dei protagonisti giapponesi di questa formula imprenditoriale: dai tempi lontani (poco meno di un secolo fa) in cui non era che un piccolo produttore di abbigliamento, Onward Kashiyama è riuscita a diventare il primo operatore giapponese nel settore, diversificando radicalmente le sue attività a valle della manifattura. Attualmente, i rami di attività di Onward si espandono nel campo delle vendite su licenza e della commercializzazione al dettaglio. In quest'ultimo settore, la dinamicità dell'azienda è testimoniata dal numero di punti vendita gestiti (l'ordine di grandezza si attesta al di sopra dei mille). Nel business del licensing, il portafoglio delle marche gestite si gonfia ulteriormente, anno dopo anno, ed attualmente conta non meno di 50 nomi tra nazionali ed internazionali. Con nomi di spicco a livello mondiale (Polo, Donna Karan, Calvin Klein), Onward opera anche attraverso Gibò, una consociata italiana che, tra le altre firme, produce capi per Giorgio Armani. Ma tra importazioni dirette ed attività su licenza i nomi nel carnet di Onward comprendono – oltre a quelle già citate - anche molte altre griffe di prim'ordine: in ordine sparso, è possibile citare Missoni, Gianfranco Ferrè, Ralph Lauren, Cerruti 1881, Jean Paul Gaultier, Paul Smith.

197 Il Mercato della Moda in Giappone


La crescita dell'azienda segnala, evidentemente, ottime capacità di gestione dell'area d'affari del licensing, così come positiva e vivace è stata la performance nel campo della commercializzazione al dettaglio. Strategie miste Un percorso che appare praticabile, quanto meno dal punto di vista teorico, potrebbe essere quello di ricercare una formula ragionevole di abbinamento delle esportazioni alla produzione su licenza. Partendo da un'analisi comparata dei margini di contribuzione, attraverso la simulazione dello sviluppo delle distinte-base dei prodotti-chiave nei due diversi scenari produttivi, si potrebbe arrivare a prevedere che alcune linee mantengano l'integrale originalità del made in Italy, e che altre invece vengano fatte produrre su licenza in Giappone o in altri paesi produttori dell'Estremo Oriente. Trussardi è una casa italiana che ha a lungo confidato sulla strategia del licensing, ma che oggi non riesce a nasconderne alcuni limiti strutturali che, in funzione dello specifico posizionamento dell'azienda, si mostrano poco indicati a valorizzarne tutte le potenzialità. Nelle parole del Presidente del Gruppo: "Le più importanti aziende italiane di fascia alta tendono a ricercare formule miste nella definizione delle strategie distributive in Giappone, operando nella direzione di integrare i tre modelli classici: presenza diretta, presenza tramite distributore, e presenza tramite licenze. L'obiettivo è quello di far crescere il made in Italy, ed abbandonare progressivamente le licenze. Questo perché il vero valore del brand oggi è dato dalla qualità di lavorazione e dei materiali che, prodotti direttamente in Italia, hanno un know-how tecnico e di controllo maggiore. Inoltre, come evidenziato da dati elaborati da Yano, il mercato delle licenze presenta un calo strutturale dagli inizi degli anni ’90."91 Le vicende del Gruppo Trussardi in Giappone, in effetti, sono spesso state segnate da tutt'altro che marginali inversioni di rotta. Dopo la rottura con la trading company Itochu, avvenuta nel 1999, e tendendo a ridurre progressivamente la percentuale delle vendite su licenza a favore delle esportazioni dirette, ha avviato un rapporto di collaborazione attraverso la costituzione di una joint-venture con un'azienda giapponese del comparto tessile.

Dall'intervento di Francesco Trussardi, presidente di Trussardi SpA, all'Assemblea Generale di ItalyJapan Business Group, Bergamo, ottobre 2002. 91

198 Il Mercato della Moda in Giappone


Nelle parole di Francesco Trussardi: "La tendenza è quella di operare tramite un modello di business maggiormente integrato, che permette il controllo della distribuzione; una maggior presenza sul territorio con l’acquisizione del controllo delle joint-venture ed il riposizionamento del brand con la selezione delle licenze al fine di controllare l’immagine. Si otterranno, in questo modo, margini più elevati, una maggiore flessibilità ai cambiamenti di gusto ed una riduzione del ciclo di produzione, nonché degli organici dedicati al controllo dei costi. Il riposizionamento dei marchi prevede, inoltre, un miglioramento del rapporto qualità-prezzo, ed una focalizzazione sui prodotti di nicchia con un’immagine distintiva. Nell'ultimo decennio, questa è la strategia adottata da Trussardi: riduzione delle licenze e costituzione di joint-venture con un partner locale, che permette un maggior controllo del posizionamento del marchio."92 Strategie dei paesi produttori a basso costo del lavoro: il caso del Vietnam Nello scenario della progressiva internazionalizzazione della competizione nel compartomoda, è opportuno che gli operatori economici italiani non sottovalutino i passi dei paesi emergenti, o quanto meno che non manchino di esserne informati. Un caso interessante è quello dell'industria tessile vietnamita, che probabilmente oggi riveste un ruolo ancora marginale nel quadro competitivo mondiale, ma che si suggerisce di monitorare con attenzione per la dinamicità e l'aggressività con cui tende a conquistare nuovi clienti e nuovi mercati, e che recentemente ha riportato successi significativi nel mercato giapponese. Su questo mercato la posizione vietnamita si è fortemente rafforzata, gettando le basi per una presenza che tende ad allontanarsi dal ruolo di subfornitore di processi di trasformazione, mirando ad assumere progressivamente un profilo più autonomo anche nel mercato della moda. In Vietnam la promozione del comparto tessile-abbigliamento è affidata a Vinatex, ente governativo, che riunisce 64 imprese del settore. Attraverso la sede centrale di Hanoi controlla l'attività degli associati, fornisce consulenza per l'organizzazione della produzione, per la formazione manageriale e tecnica, per lo sviluppo della commercializzazione all'estero. Dopo aver aperto uffici ad Hong Kong, negli Stati Uniti ed in Russia, Vinatex ha recentemente aperto un ufficio a Tokyo, con l'obiettivo di assistere le imprese associate nelle trattative commerciali con le imprese giapponesi e di diffondere informazioni sulle opportunità di investimento in Vietnam nel comparto del tessile-abbigliamento. 92Francesco

Trussardi, cit. 199 Il Mercato della Moda in Giappone


Le esportazioni vietnamite di abbigliamento rappresentano oggi la prima voce in assoluto dell'export mondiale del paese; i flussi di esportazione verso il Giappone sono attualmente maggiormente focalizzati su giacche, pantaloni ed abbigliamento intimo. Il periodico giapponese specializzato "Senken" ha recentemente ascoltato le opinioni dell'Ente vietnamita in occasione della firma di un contratto di agenzia con Mitsui Bussan, un nome storico nel mondo delle importazioni in Giappone93. "Il nostro maggior punto di forza è la qualità della forza lavoro. Per quanto riguarda la tecnica del cucito temiamo il confronto con la Cina, che pure è avvantaggiata rispetto a noi nei confronti del mercato giapponese per la vicinanza geografica. Pur se non possono considerarsi punti di debolezza, dobbiamo invece ancora migliorare le qualità della tintura e dell'organizzazione aziendale. Attualmente, nel campo dell'abbigliamento, le nostre industrie lavorano materiali vietnamiti in misura del 30-35%, e prevediamo di raddoppiare questa percentuale entro il 2010. Abbiamo allo studio un progetto di investimento per la polimerizzazione del poliestere; mi auguro che sempre più imprese giapponesi del settore che hanno alti livelli tecnici e tecnologici decidano di investire da noi in Vietnam."

93

Dall'intervista a Doi Tee Tu Tui, vice governatore di Vinatex. 200 Il Mercato della Moda in Giappone


Il sistema degli affari in Giappone

Dal prezzo FOB al prezzo in vetrina: una tormentata e lunga catena del valore Non è semplice, in un sistema distributivo così complesso ed articolato come quello giapponese, ricostruire schemi relativi alla catena del valore dei prodotti d'importazione, dall'uscita della fabbrica sino all'acquisto da parte del consumatore finale. La spesso incomprensibile, ed in alcuni casi apparentemente ingiustificabile, articolazione di ruoli e còmpiti degli attori che interagiscono nella catena distributiva è costruita sulla base di specifiche specializzazioni, che talvolta sono legate anche soltanto all'esecuzione di una singola funzione commerciale. Ciascuna di queste attività o funzioni rappresenta un anello nella catena del valore della distribuzione: dal marketing al confezionamento (o ai riconfezionamenti), dai servizi di finanziamento alla gestione dei resi commerciali (pratica una volta del tutto normalmente praticata dai dettaglianti e correntemente accettata dai grossisti, ed ancora oggi molto diffusa), dall'etichettatura alla logistica di magazzino, dai trasporti interni all'alimentazione del punto-vendita, e così via. Su questo tema, è interessante il punto di vista di Hironobu Uchida, dirigente di una delle più famose trading company giapponesi 94 , che espone dettagliatamente i vantaggi offerti dall'organizzazione tradizionale della distribuzione in Giappone. "Nella struttura della distribuzione dei prodotti di marca importati vige tradizionalmente il principio della consegna in conto vendita. I resi, dunque, sono la regola. All'interno del canale commerciale bisogna decidere chi assume questo rischio: se un solo protagonista, o se lo si debba ripartire tra più soggetti. Tra l'altro, un vantaggio del sistema tradizionale è costituito dal fatto che ci si pone così anche l'obiettivo di evitare i saldi, che rappresentano una caduta di immagine della marca. Ma se non si rispettano queste logiche e nessuno si vuole assumere la responsabilità dei resi, l'anello più debole – il dettagliante – è costretto a lanciare una campagna di saldi. I risultati sono l'indebolimento dell'immagine della marca, e la riduzione dei margini di profitto del dettagliante. Ci sono anche dettaglianti che non rispettano la struttura tradizionale ed importano direttamente la merce. Per evitare il rischio di una rottura degli stock dei prodotti in vendita, spesso il dettagliante 94

Hironobu Uchida, Brand Manager di Tomen Fashion Express Co. 201 Il Mercato della Moda in Giappone


sovradimensiona gli acquisti, ed alla fine della stagione deve affrontare il problema dell'invenduto. In questo caso, gli svantaggi sono addirittura triplici: sono costretti a fare saldi, così facendo danneggiano l'immagine della marca, ed i consumatori tenderanno ad evitare quel negozio, che un giorno vende a prezzo pieno, ed un altro a prezzo molto inferiore." Ciò nonostante, Uchida è ben attento alle dinamiche in atto nel mercato, e si dice convinto che tra le variabili in gioco nel comparto della moda in Giappone saranno proprio i canali commerciali a manifestare i cambiamenti più significativi. La complessità della distribuzione in Giappone non può, dunque, essere sottovalutata dall'impresa italiana che intenda operare nel mercato. Di conseguenza, si rende opportuno analizzare con grande attenzione il ruolo dell'interlocutore con cui si intende operare, studiando il suo posizionamento all'interno dei canali distributivi, la tipologia dei suoi clienti a valle, ed in generale le funzioni che contraddistinguono la sua attività, anche allo scopo di trovare la formula distributiva più armonica e coerente con l'immagine che la propria marca intende comunicare al pubblico: una scelta di posizionamento strategico sul mercato, in altri termini, non può non includere anche una valutazione complessiva in merito alle politiche di distribuzione. In linea di massima, uno schema di orientamento per quanto riguarda la struttura dei prezzi può articolarsi come segue: Prezzo FOB Costi di assicurazione e intercontinentale Dazi Tassa di consumo Importatore: margine e costi Dettagliante: margine e costi Prezzo finale al consumo

di

trasporto

Incidenza %

Valore

20%

20

15% 5% 30% 60%

18 7 43 112

Costo scalare 100 120 138 145 188 300 300

La richiesta di pagamento attraverso lettere di credito irrevocabili è da considerarsi una pratica accettabile nel caso di rapporti nuovi e comunque non consolidati attraverso legami di collaborazione consolidati dal tempo o da particolari vincoli di amicizia. È anche possibile, in considerazione dell'incidenza dei costi connessi all'emissione della lettera di credito, convenire sull'eventualità di disporre semplicemente un pagamento diretto anticipato attraverso bonifico bancario, soprattutto nella fase di avvio dell'attività commerciale con un nuovo cliente, e soprattutto se il pagamento è legato alla liquidazione 202 Il Mercato della Moda in Giappone


di ordini di prova, di importi quindi non particolarmente impegnativi e non necessariamente destinati ad essere reiterati nel tempo. La forbice finanziaria è dunque particolarmente sfavorevole ai protagonisti intermedi dei canali commerciali, e questo rappresenta uno dei fattori di costo meno visibili tra i tanti che sono connessi all'onerosità del sistema distributivo giapponese. Sul fronte interno, infatti, l'importatore provvede alle fatturazioni a fine mese, mentre il cliente - grossista o distributore – è tenuto a pagare con dilazioni che si articolano sulla base di scadenze scaglionate tra i 30 ed i 120 giorni. Sempre più frequentemente, però, si registra la tendenza ad accorciare i termini di pagamento, sino ad arrivare a pratiche di soluzione per cassa delle fatture.

Come evitare di cadere nelle trappole più pericolose per le imprese italiane

Gestire gli errori per non perdere i clienti Tra i più diffusi motivi di insoddisfazione lamentati dagli importatori giapponesi del comparto moda, uno dei più ricorrenti è sempre ed inesorabilmente legato ad errori di mancata conformità delle consegne nei colori, nei modelli e nelle taglie rispetto alle specifiche dell'ordine. Non sembra mai sufficiente ribadire quanto questo genere di errori debba essere evitato ad ogni costo nel mercato giapponese; ma a questo scopo è fondamentale anche richiedere al produttore italiano di comprendere le logiche che lo rendono inaccettabile, o quanto meno di accettarle e di conformarsi alla regola della precisione assoluta. Il motivo per cui per il cliente giapponese (importatore, distributore) un errore del produttore italiano rappresenta un problema molto serio va ricercato nel principio assoluto dell'affidabilità che ogni fornitore deve mantenere, ad ogni costo (ed in Giappone "ad ogni costo" significa "anche a costo di rimetterci", inteso in senso squisitamente letterale). L'affidabilità, il buon nome, il rispetto delle consegne relative all'ordine ricevuto da un cliente hanno in Giappone un valore inimmaginabile agli occhi di un imprenditore occidentale, abituato ad una maggiore flessibilità nella gestione degli errori.

203 Il Mercato della Moda in Giappone


Ad esempio, dal punto di vista di un operatore economico giapponese una dinamica di questo tipo potrà non apparire affatto improbabile: un importatore giapponese è messo in condizione di non poter consegnare ad un suo cliente la merce ordinata a causa di un errore del fornitore italiano nella consegna dei capi: mancano 30 capi nella taglia 38 e nel colore blu. L'importatore, pur di evitare una brutta figura con il suo cliente, manda un dipendente in giro per negozi, a caccia dei 30 capi mancanti, ed è pronto ad investire il tempo del collaboratore ed il denaro necessario all'acquisto al dettaglio dei 30 capi mancanti, pur di onorare la completezza e la precisione della consegna. È comunque evidente che, ammettendo che sia riuscito in questo modo improvvisato e costoso a salvare la faccia con il cliente, l'importatore giapponese non sia poi disposto ad accogliere con troppo fair play un'eventuale scusa del produttore italiano, che per altro – in casi analoghi – tende per altro ad essere solitamente fornita in maniera tiepida, informale e quasi mai di propria iniziativa diretta; per non citare i casi in cui le scuse non vengono neanche esplicitamente presentate. Una reazione frequente – e probabilmente la più diffusa - a questo genere di dinamica è la seguente: l'importatore giapponese interrompe gli acquisti, contiene dentro di sé la rabbia per i mancati guadagni (o, talvolta, addirittura per i costi sopportati) e non fornisce nessuna spiegazione all'impresa italiana. Questa, da parte sua, non comprenderà mai il motivo dell'interruzione del rapporto commerciale, immaginandola dovuta alle cause più prevedibili secondo le logiche occidentali: la preferenza accordata ad un altro fornitore, o un generico calo della domanda nel mercato giapponese. Esiste un metodo, anche nell'inflessibile sistema giapponese di totale dipendenza del fornitore nei confronti del cliente, per cui sia possibile emendare un errore, ed assicurare il proseguimento del rapporto? Non esistono formule in grado di fornire garanzie di certezza, ma esistono pratiche consolidate dalle folkways commerciali che si presume debbano essere seguite pressoché inesorabilmente in queste circostanze. I cinque consigli che seguono non sono né rigidi né tassativi, ma nascono da esperienze di collaborazione con clienti giapponesi, e sono orientati dall'obiettivo di ricucire (e addirittura di consolidare) un rapporto d'affari che sia stato messo a dura prova da un errore del fornitore. 1. Agire per primi Dopo aver commesso l'errore, non aspettare mai la contestazione dal cliente (nei casi, ovviamente, in cui ci si sia resi autonomamente conto dell'errore). Un operatore economico giapponese ritiene indispensabile non perdere un attimo di tempo per 204 Il Mercato della Moda in Giappone


prevenire gli effetti di un problema che sta per nascere, quale (come nel caso dell'esempio citato) quello che gli deriverà dal non poter consegnare i 30 capi al cliente che glieli ha ordinati. Il segnalare tempestivamente l'errore, eventualmente proponendo soluzioni in merito, sarebbe comunque letto come atteggiamento collaborativo; il tacere sarebbe invece vissuto come atteggiamento irresponsabilmente disfattista, e comunque totalmente inconcepibile. 2. Presentare le proprie scuse in modo formale Una telefonata non è assolutamente sufficiente. Occorre una lettera formale, a firma di una persona che occupa una posizione di responsabilità in azienda. Una e-mail non è accettabile; un fax è tollerabile, ma soltanto se rappresenta l'anticipazione della lettera di carta che dovrà seguire immediatamente, inviata per posta prioritaria. Non è sufficiente una lettera firmata da un capo reparto; in linea di massima, più grave è l'errore, più alto dovrà essere il ruolo di chi è tenuto a porgere le scuse. 3. Riconoscere apertamente l'errore L'errore va riconosciuto senza alcuna riserva, condividendone la totale inaccettabilità. Qualsiasi tentativo di minimizzare l'errore ("sì, vi abbiamo consegnato 30 capi in giallo al posto di 30 capi in blu, ma vi assicuriamo che il blu sta andando moltissimo nelle vendite in Italia, e vedrete che i vostri clienti si troveranno benissimo") - per quanto molto coerente con gli stereotipi delle visioni del mondo degli italiani - si manifesterebbe del tutto inopportuno e controproducente, in quanto il destinatario troverebbe quanto meno irrispettosa qualsiasi argomentazione di questo genere, che non mancherebbe di provocargli nuovi motivi di irritazione. 4. Attivarsi per evitare il ripetersi dell'errore È necessario impegnarsi formalmente ad attuare provvedimenti in grado di evitare che si verifichino nuovamente errori analoghi. Ma attenzione: in questo caso, promesse generiche e di taglio infantilistico ("vi assicuriamo che errori di questo genere non si manifesteranno più nel futuro") non sono affatto soddisfacenti. È indispensabile precisare quali misure verranno prese per incrementare l'efficienza del controllo degli ordini da evadere, e definire nel dettaglio come verranno inserite queste misure nei processi di lavorazione; se l'azienda dispone di un sistema di certificazione di qualità, sarà utile mostrare la modifica formale apportata nel manuale delle procedure di controllo della commessa. 205 Il Mercato della Moda in Giappone


5. Risarcire il danno Un errore rappresenta un problema per il cliente, e quasi sempre al problema è correlato un danno economico. Dunque, sarà necessario dichiararsi disposti a risarcire il danno eventualmente provocato; ed anche in questo caso, la dichiarazione non si dovrà limitare ad una vaga disponibilità, ma potrà essere corredata da una richiesta di dettaglio dei costi eventualmente sostenuti. Ma per evitare di dover correre il rischio di dover poi onorare ad ogni costo la richiesta (e non è impensabile che possa arrivare, sulla base del disappunto, anche una richiesta oggettivamente spropositata) potrà essere opportuno, piuttosto, proporre in anticipo un'elargizione da offrire a riconoscimento simbolico del danno arrecato. Un esempio: "in segno di comprensione dei disagi che involontariamente vi abbiamo arrecato con la mancata consegna di 30 capi nel colore blu, vi preghiamo di accettare a testimonianza del nostro impegno a servire sempre meglio la vostra azienda - 30 capi omaggio nel colore da voi scelto e da noi erroneamente non consegnato, pregandovi di voler contemporaneamente valutare il piano di miglioramento del controllo delle commesse che abbiamo subito attivato a séguito di questo increscioso errore. In caso di vostra accettazione del nostro provvedimento, saremo onorati di continuare ad avere l'opportunità di servirvi nel futuro". Può accadere che il comportamento sin qui descritto possa apparire eccessivo, o forse troppo servile, agli occhi di un operatore economico italiano; o più semplicemente frutto di una visione troppo esasperata dello scenario imprenditoriale giapponese. La testimonianza di un dirigente giapponese che da dieci anni opera nel campo della moda gestendo i rapporti con imprese produttrici europee non appare, però, meno rigorosa: "Non ha senso discutere sulla questione, queste sono le regole, questa è la prassi. In Giappone esiste un'abissale sperequazione tra i ruoli di cliente e fornitore, e la posizione del cliente è sempre ed inesorabilmente quella che governa il gioco." 95 Ma se ad avanzare perplessità su quanto descritto è un imprenditore che sta valutando l'opportunità di iniziare a lavorare nel mercato giapponese, è bene che la questione non venga accantonata, ma affrontata direttamente e con piena onestà intellettuale. Se si dovessero riscontrare serie resistenze all'idea di dover agire in coerenza con quanto descritto nei cinque punti precedenti per aver commesso un errore che potrebbe anche apparire veniale, potrebbe addirittura essere il caso di riconsiderare in toto l'idea dell'avvio di un'attività sul mercato giapponese. 95

Hironobu Uchida, Brand Manager di Tomen Fashion Express Co. 206 Il Mercato della Moda in Giappone


Meglio saperlo prima Si dice che i consumatori giapponesi siano pignoli ed ipercritici. Non c'è dubbio che, almeno in questo caso, quello che potrebbe apparire un luogo comune rappresenta una verità spesso addirittura sottovalutata dagli eventi. Un prodotto che presenta difetti viene molto spesso restituito al negoziante, con richiesta esplicita di rimborso della spesa, e promessa implicita di abbandono del negozio nei percorsi dello shopping per il futuro. Ma anche nel caso in cui il cliente rinunci alla restituzione del prodotto, la cancellazione della frequentazione del punto vendita rimarrebbe la sanzione pressoché inesorabile a punizione della delusione subita. L'azienda produttrice italiana deve tener conto di queste abitudini consolidate, perché qualsiasi insoddisfazione del consumatore finale sarà rivendicata al dettagliante, e verrà inesorabilmente rigirata dal dettagliante al distributore, e da questi all'importatore, e finirà sempre per ritornare al produttore, che potrà essere chiamato a rispondere dei danni subiti. È opportuno, dunque, agire in almeno due direzioni. 1. Personalizzare le procedure per il controllo di qualità Si suggerisce di valutare l'opportunità di attivare una procedura particolare di controllo qualità per le commesse destinate al mercato giapponese. In questo caso, la collaborazione con l'importatore, o il distributore, o il dettagliante giapponese potrà giocare un ruolo di grande importanza: sulla base della loro esperienza, gli si potrà richiedere una lista dei difetti verso i quali più frequentemente sono sensibili i clienti giapponesi, allo scopo di orientare correttamente la check list del controllo qualità. Nei primi anni Novanta, un'azienda italiana del comparto dell'intimo fu costretta ad affrontare un problema spigoloso a chiusura di una trattativa lunga e laboriosa, ma potenzialmente molto premiante, con un distributore giapponese. Quest'ultimo insisteva a sottolineare la preoccupazione costante del consumatore giapponese rispetto al pericolo di trovare spilli nella confezione ed al conseguente rischio di ferite (l'eventuale insorgenza di azioni giudiziarie da parte del consumatore danneggiato, in realtà, sembrava preoccupare in misura non minore lo stesso distributore). Quest'ultimo raccontava, a sottolineare la gravità del fatto, di casi che si erano già manifestati nel mercato, e che avrebbero messo in allarme i consumatori. L'impresa italiana, per contro, sottolineava che né nella linea di produzione, né in quella di 207 Il Mercato della Moda in Giappone


confezione venivano utilizzati spilli, e che eventuali casi rilevati in Giappone avrebbero, tutt'al più, potuto riguardare capi di camiceria, settore per altro non trattato dall'azienda. La trattativa sembrava avviata ad arenarsi su questo problema, quando il distributore giapponese propose all'imprenditore italiano di richiedere ad un'azienda produttrice di controlli elettronici se fosse stato possibile realizzare un piccolo metal detector da applicare sulla catena del controllo di qualità. Esasperato da questa richiesta, che considerava assolutamente priva di ogni fondamento logico, l'imprenditore italiano interruppe la trattativa, che non venne mai più riaperta. Analizzando a posteriori la questione, fu possibile verificare che il costo di un piccolo dispositivo di rilevazione di metalli sarebbe stato davvero molto ragionevole. L'applicazione del controllo al metal detector alla fine del controllo qualità avrebbe, in effetti, fornito una tangibile rassicurazione al distributore, che avrebbe utilizzato il controllo antispilli – con dovizia di dati tecnici, fotografie e statistiche del controllo di qualità – come argomentazione finale di vendita ai suoi clienti. In questo caso, l'impazienza, l'intolleranza e la scarsa attitudine alla cooperazione attiva tra produttore e distributore avevano interrotto all'ultima fase del lavoro un rapporto d'affari già pronto per partire. 2. Standardizzare le procedure per le contestazioni È possibile pianificare la standardizzazione di una procedura finalizzata alla gestione delle contestazioni della clientela. La sottoscrizione con il cliente aziendale (importatore, distributore o dettagliante che sia) di un accordo esplicito per la sostituzione dei capi difettati, per l'attivazione di eventuali riparazioni o rilavorazioni e per il ritiro delle restituzioni non potrà che migliorare la qualità della collaborazione, mettendo il cliente dell'azienda in condizione di poter gestire con serenità le eventuali contestazioni da parte dei consumatori finali. 3. Rispettare i tempi di consegna Una delle contestazioni più frequenti riguarda il tema dei ritardi nelle consegne. I ritardi non influiscono soltanto sui tempi delle campagne commerciali e delle promozioni, ma anche sull'intera catena della logistica. La pianificazione dei tempi è una delle funzioni aziendali più maniacalmente rispettate in Giappone, e non certo senza motivo: la scarsità di spazi di stoccaggio ed il loro costo elevato non consentono il minimo errore. 208 Il Mercato della Moda in Giappone


La salvaguardia dei margini di contribuzione si gioca spesso sulla capacità di ridurre, e spesso addirittura di azzerare, i tempi ed i costi degli stoccaggi intermedi (e non è certo un caso che gli studi più approfonditi sul just in time siano di origine giapponese). Oltre ai prevedibili danni commerciali relativi alla mancanza sugli scaffali degli articoli in promozione o in campagna, oltre ai costi aggiuntivi dovuti all'esigenza di ricercare trasporti e stoccaggi con i fornitori di questi servizi al di fuori delle pianificazioni già concordate (e dunque a costi extra), non va mai inoltre trascurato un terzo fattore: l'immagine. Infatti, è difficile quantificare di quale portata sia il danno d'immagine che riceve un dettagliante che abbia presentato un prodotto in volantino, e che non si mostri poi in grado di proporlo alla clientela: un comportamento di questo genere verrà inesorabilmente giudicato dalla clientela come poco serio e trasmetterà al punto vendita una generica immagine di inaffidabilità, per altro molto difficilmente ricostruibile.

209 Il Mercato della Moda in Giappone


Marketing

Posizionamento della moda italiana in Giappone: l'immagine-paese Nel corso del sondaggio tra i consumatori giapponesi realizzato per questo rapporto, si è richiesto agli intervistati di esprimere le loro valutazioni in merito al paese che meglio si identifica con l'immagine della moda. I risultati generali, presentati nella tabella che segue, sono lusinghieri per l'immagine del nostro paese, che vince sul concorrente storico – la Francia – pur se di misura. Come già illustrato in dettaglio, nella sezione destinata all'analisi dei comportamenti dei consumatori in funzione della loro fascia di età, un ruolo decisivo in questo successo proviene dei giudizi delle generazioni più giovani, per le quali l'immagine della Francia si presenta un po' più appannata rispetto a quella dell'Italia. Ciò nonostante, la scarsa distanza che separa la posizione italiana da quella francese suggerisce di non riposare certo sugli allori. Per altro, a ben analizzare i dati, si può rivelare che se si limita l'analisi dei risultati soltanto ai segmenti degli ultras a favore dell'uno o dell'altro paese, è l'immagine della Francia a vincere. L'immagine dell'Italia, dunque, vince grazie ad un consenso generalizzato ma non certo 'incandescente': ed in mancanza di dati storici relativi a questa indagine, non è possibile dire se questa condizione possa lasciar prevedere per il futuro un raffreddamento del consenso, oppure una tendenza orientata alla crescita della nostra popolarità. Quale che sia lo stato delle cose, appare comunque indispensabile non allentare la tensione sul tema della promozione istituzionale della moda italiana, anche attraverso interventi innovativi e sperimentali. Se, infatti, non servono indagini di mercato per rilevare quale e quanto positivo sia il livello di notorietà del nostro paese in Giappone, non è probabilmente utile operare ripetitivamente con una ripetitiva enfasi sul generico concetto del made in Italy: ad un pubblico bulimicamente e incessantemente affamato di novità, potrebbe essere sufficiente presentare – passo dopo passo – un percorso di 210 Il Mercato della Moda in Giappone


conoscenza dei tanti aspetti del sistema-moda italiano, lungo un itinerario che non rischierebbe neppure di esaurirsi troppo presto. Si pensi, ad esempio, alla costruzione di nuove forme di illustrazione dei sistemi di offerta italiani, organizzati ad esempio per itinerari provinciali lungo le direttrici dei distretti industriali; ed a quanto più ricca di attrattività possa essere una presentazione di un gruppo di aziende italiane attraverso la storia sociale e culturale del loro territorio e le testimonianze dei protagonisti vecchi e nuovi dello sviluppo economico, rispetto alle prevedibili e noiose tradizionali presentazioni di aziende e prodotti. Riecheggiano, su questo tema, le parole-guida di Yoshihiro Taijima 96 : "Si dice che il consumatore giapponese non spenda più come una volta; (...) eppure, continua perfettamente a spendere per ciò che gli procura buone emozioni. E sono certo che gli operatori stranieri del dettaglio sapranno come muoversi". "La patria della moda migliore è..." 45,0 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 abbastanza d'accordo molto d'accordo

Francia 20,7 14,3

Giappone

Italia

USA

9,7 28,6 4,3 13,4 percentuali e livelli di accordo con l'affermazione

5,8 1,8

Fonte: Diva Eris, 2003.

Presidente dell'Istituto Giapponese di Economia della Distribuzione e docente all'Università Gakushuin di Tokyo. 96

211 Il Mercato della Moda in Giappone


Raccomandazioni sulle politiche di prodotto e di prezzo

Assicurare un vasto assortimento di taglie Secondo quella che probabilmente un tempo era un'affermazione verosimile, la morfologia del corpo delle giapponesi è fortemente standardizzata, per cui è sufficiente una scala di taglie relativamente ristretta per soddisfare la maggior parte delle consumatrici. È sufficiente una giornata di osservazione delle passanti ad un qualsiasi incrocio per rendersi conto del fatto che questa affermazione non rappresenta più null'altro che un luogo comune. La vastità di tipologie nella diversificazione morfologica del corpo delle consumatrici giapponesi non è ormai molto dissimile a quella che è possibile rilevare in Europa o in America; e se è pur vero che, da un continente all'altro, la distribuzione percentuale delle taglie presenta ancora significative differenze, è altrettanto vero che aumentano le donne alte, le donne robuste, le donne con taglie differenziate tra parti alte e parti basse, provocando un unico effetto sul fronte del mercato: la domanda di un sempre più ampio assortimento di taglie. Il mondo dei grandi magazzini ha già sviluppato grande attenzione a questa tendenza della domanda, per altro in sensibile espansione. Nel magazzino-bandiera del Gruppo Isetan, a Shinjuku, sono presenti 53 marchi di taglie differenziate (per donne alte, alte e forti, giovanissime e forti, e così via). La stessa sensibilità alla diversificazione delle taglie si rileva anche da Marui, ed in altri grandi magazzini. Il fenomeno è stato recentemente analizzato da Mayumi Morimoto, consulente aziendale particolarmente attenta alle dinamiche della moda, che ha riportato su di un giornale specializzato la sua esperienza su questo tema 97 . La Morimoto racconta che, ogni qualvolta si trova a guidare un focus group con donne di mezz'età, tra le consumatrici riaffiora costantemente un vissuto evidentemente molto diffuso: "quando vado a fare acquisti ed osservo donne più giovani di me che provano dei bei vestiti, inesorabilmente mi chiedo: vorrei provarlo anch'io, ma non mi andrà stretto?". Riflessioni analoghe si Mayumi Morimoto, consulente di Papier Colle e collaboratrice del periodico di moda Channeller, in Fashion Hanbai, novembre 2003. 97

212 Il Mercato della Moda in Giappone


pongono nel caso dell'abbigliamento intimo, dove l'assortimento per le taglie piccole e medie non sembra affatto limitato, ma sembra invece diffuso il disagio per la mancanza di modelli disponibili per le taglie forti. Ma, in generale, il fenomeno non appare ristretto alle taglie forti, ma presente in tutti i casi di taglie lontane da quelle più centrali: ad ogni inizio di stagione, ad esempio, le scarpe-moda tendono immediatamente ad esaurirsi nelle misure inferiori, per cui le consumatrici dal piede più piccolo affollano i negozi già nei primi giorni di presentazione delle nuove collezioni. La capacità di una marca o di un punto-vendita di fornire alla consumatrice di taglia 'difficile' la sicurezza di trovare la vestibilità giusta per sé rappresenta, dunque, un fattore di fidelizzazione estremamente potente, ed in grado anche di sfuggire senza alcuna esitazione alla aggredibilità da parte della competizione basata sul prezzo. Il consiglio professionale della Morimoto su questo tema è semplice e chiaro: se una marca o un punto-vendita può contare su di un assortimento di taglie valido e competitivo, è indispensabile investire nell'ottimizzare la comunicazione alle clienti su questo aspetto. Produrre manifesti informativi, disporre cartellini specifici sui capi in esposizione che evidenzino la disponibilità di taglie particolari per quel modello, organizzare corner riservati a taglie particolari, e così via: la comunicazione è in grado di cortocircuitare i mancati acquisti potenziali legati all'auto-censura delle clienti, che non sempre scelgono di richiedere al personale la disponibilità della loro taglia, preferendo talvolta rinunciare all'acquisto. Il prezzo al dettaglio nel vissuto dei consumatori Non occorre procedere a ritroso nel tempo di troppi anni per ricordare lo stereotipo del consumatore giapponese molto poco attento a percepire correttamente le variabili rilevanti di un processo di valutazione del rapporto di qualità/prezzo nei prodotti di importazione: rassicurato nel proprio processo d'acquisto dalla legittimazione data alla spesa (anche di entità oggettivamente impegnativa) riveniente dalla presenza di una griffe di prestigio, non avvertiva la necessità di elaborare più di tanto il proprio percorso di valutazione del prodotto. Ma se il fenomeno della rassicurazione del consumatore operato della marca di fama internazionale (l'effetto-griffe) non appare in calo significativo, è per altro vero che il consumatore giapponese è sempre più in grado di entrare nel merito delle caratteristiche tecniche di un prodotto, e di valutarne con maggiore consapevolezza il rapporto prezzo/qualità. 213 Il Mercato della Moda in Giappone


Nel comportamento d'acquisto dei consumatori giapponesi, tre interessanti fenomeni sono correlati alla progressiva acquisizione di attenzione alle caratteristiche intrinseche del prodotto. 1. Il consumatore non ricerca più come una volta la sicurezza dell'aver fatto un buon acquisto soltanto nelle rassicurazioni rivenienti dalla presenza della griffe o di un prezzo elevato. Frequentemente, la scelta di prodotti firmati o molto costosi tendeva infatti a rappresentare un criterio di legittimazione dell'acquisto ("ho senz'altro comprato un buon prodotto, perché è firmato" – o "perché costa molto"), e questo meccanismo è stato fin troppo spesso sfruttato in chiave di marketing da molti produttori. 2. Il consumatore si mostra spesso interessato a valutare anche prodotti con marchi poco noti. La frequentazione del sistema di offerta della moda all'estero, l'accesso in massa di nuovi marchi nel mercato, lo stesso fenomeno collettivo di aumento generalizzato della qualità di analisi del valore dei prodotti-moda concorrono a far sì che l'attenzione del pubblico si possa anche convogliare su marche nuove e poco familiari. 3. Diminuiscono i pregiudizi nei confronti dei prodotti a prezzo basso. Le continue innovazioni del sistema di offerta hanno drasticamente accelerato le trasformazioni del sistema di orientamento dei valori dei consumatori. Le campagne promozionali di Uniqlo, e – fuori dal comparto moda - lo stesso irresistibile successo della catena giapponese 100 Yen Shop hanno contribuito a sviluppare la sensibilità al fattorechiave della valutazione di mercato: il rapporto qualità/prezzo.

214 Il Mercato della Moda in Giappone


Temi di riflessione sul marketing

Dalla percezione del valore del prodotto alla percezione del valore dell'esperienza I consumatori tenderanno sempre più a ricercare il 'valore dell'esperienza'. Nel consumatore, la propensione all'acquisto è legata all'ottenimento non soltanto di un particolare bene, ma anche di uno scenario correlato all'atto d'acquisto fatto di giusti tempi, spazi piacevoli e di un contenuto emotivo. Questo nuovo valore del consumo si può definire valore dell'esperienza o economia dell'esperienza, in contrapposizione ai concetti tradizionali di valore del prodotto o di economia del prodotto. Per esempio, il valore offerto dalle caffetterie Starbucks non è soltanto legato a quello della tazza di caffè. Il consumatore paga anche per il piacere di sorseggiare un caffè nell'atmosfera speciale di Starbucks. Il valore dell'esperienza si può definire come 'il valore che sottende una situazione piacevole di carattere fisica o mentale, o una soddisfazione di carattere estetico", ed è destinato a divenire un fattore importante nei consumi e nell'economia del ventunesimo secolo; ed il settore della moda non soltanto non resterà esente da questo fenomeno, ma potrà riuscire a cavalcarlo con risultati anche eccellenti grazie all'applicazione di buone e creative strategie di marketing.

L'influenza dei testimonial Non è da porre in discussione il fatto che la dinamica commerciale del testimonial, in Giappone, abbia sempre funzionato, ed il fenomeno non sembra affatto destinato a perdere la tradizionale efficacia. In generale, nel mercato giapponese i protagonisti del mondo dello spettacolo e dello sport sono i primi a beneficiare dell'attenzione del pubblico, e – ammettendo che il personaggio sia davvero molto noto – non c'è da dubitare che la campagna pubblicitaria non possa che funzionare. 215 Il Mercato della Moda in Giappone


Ancora una volta, occorre però prestare attenzione ai sistemi ed ai parametri giapponesi di valutazione della notorietà: i personaggi italiani – con rarissime e molto costose eccezioni – sono sconosciuti ai giapponesi, per cui bisognerà valutare in modo approfondito l'eventuale uso di testimonial relativamente poco noti; e comunque, la notorietà del testimonial non va intesa in senso assoluto, ma deve necessariamente essere testata rispetto al segmento-obiettivo verso cui si indirizza la campagna pubblicitaria. In linea di massima, vige anche in Giappone una regola empirica di efficacia internazionale: se, osservando il messaggio pubblicitario che ci si propone di lanciare, un focus group composto da rappresentanti del segmento-obiettivo di consumatori a cui il messaggio è rivolto avverte la necessità di completare il messaggio con una didascalia che suggerisca il nome del testimonial, sarà probabilmente il caso di rinunciare a quella campagna.

L'ascolto della voce delle clienti: il CRM secondo Wacoal Non sembri eccessivo affermare che, nel mercato giapponese dell'abbigliamento intimo, 'il' nome è Wacoal. Attiva dal 1946, l'azienda è stata fondata con la denominazione attuale nel 1949, occupando inizialmente dieci addetti. Con un fatturato che, a dispetto di qualsiasi dinamica congiunturale, negli ultimi cinque anni si è costantemente attestato attorno ai 160 miliardi di yen (circa 1,3 miliardi di euro) e senza mai mancare di portare apprezzabili dividendi agli azionisti, il colosso giapponese dell'abbigliamento intimo - pur continuando a godere di una posizione dominante nel mercato nazionale - si conferma come una delle imprese più attente ad utilizzare il marketing per continuare a consolidare il proprio successo nel mercato; in questa direzione va analizzata attentamente la nuova formula di CRM 98 sperimentata dall'azienda. Si tratta di un'interpretazione decisamente innovativa nella gestione delle relazioni con la clientela, che altrove viene troppo spesso intesa in modo riduttivo ed attivata con ben poca creatività, limitandosi a ricercare le opinioni dei clienti in maniera talvolta discontinua e pigra. In questo campo, l'esperienza più innovativa e proficua di Wacoal si è focalizzata nel settore del Wear at Home, l'abbigliamento casual per la casa, in realtà talvolta indossato anche in esterni, e che secondo alcune consumatrici sembra aver avuto un boom con la 98

Customer Relationship Management. 216 Il Mercato della Moda in Giappone


diffusione di questo bizzarro concetto: "è l'abbigliamento giusto da indossare per il tempo passato in camera d'albergo quando sei in viaggio con il tuo ragazzo". Quali che siano le reali destinazioni d'uso, il Wear at Home è stato lanciato al centro della discussione da un community-site molto popolare in Giappone, Café Globe. Non si tratta di un sito internet creato da Wacoal: il sito è preesistente, e catalizza le attenzioni e le confidenze del target primario per questa linea di prodotto (donne di età compresa tra i 25 ed i 35 anni). Il dibattito è vivacizzato e stimolato da Shiho, una nota modella giapponese che fa da animatrice delle discussioni sulla moda. Indossa nuovi modelli Wacoal e sostiene il concetto per cui "il tempo che spendi nella tua camera è solo tuo, ed è importante come te: lo devi passare mettendoti su qualcosa con cui stai bene, e ti senti a tuo agio". Grazie a questi spunti, il CRM di Wacoal riceve idee, stimoli e proposte, dalle quali gli stilisti riescono a trarre spunti per modelli sempre più vicini ai desiderata delle clienti. Grazie alla formula recentemente sperimentata ed oggi già a regime, Wacoal è in grado di raccogliere opinioni dalla clientela in merito ai prodotti utilizzati, di porre interrogativi alle consumatrici in merito ai punti di debolezza del prodotto ed a stimolare la trasmissione di consigli e suggerimenti su come mettere in atto miglioramenti efficaci 99. Il sistema porta evidentemente ad almeno due benefici: il primo è quello della ristrutturazione globale del reparto progettazione, che oggi è in grado di cogliere spunti diretti dalle utilizzatrici. "L'organizzazione del reparto si sta trasformando radicalmente. Il modello tradizionale era strutturato secondo un flusso ideale che parte dall'unità di progettazione e scorre attraverso la produzione, la distribuzione per arrivare alla vendita; oggi il nuovo modello si struttura in base alle dinamiche dell'influenza reciproca con la clientela… immagini il mare delle nostre clienti, il cui costante movimento ondoso deposita senza interruzioni sulla nostra spiaggia sempre nuovi temi e spunti utili per la progettazione". Un secondo beneficio è rappresentato dalla drastica riduzione dei tempi di progettazione, prototipizzazione ed ingegnerizzazione dei nuovi modelli. Tradizionalmente, il ciclo completo richiedeva undici mesi; attraverso la nuova organizzazione, il reparto è in grado di ridurre a soli due mesi e mezzo il tempo che intercorre tra l'input ricevuto dalla clientela ed il lancio del nuovo modello sul mercato. I risultati delle esperienze realizzate attraverso la nuova formula di CRM sono stati valutati molto positivamente, e sono alla base di un nuovo piano di collaborazione tra Wacoal e Takashimaya, uno dei nomi storici del gotha dei grandi magazzini giapponesi.

99

Il caso è descritto da Hiroyuki Miyamoto in Toyo Keizai, 2 agosto 2003. 217 Il Mercato della Moda in Giappone


4. Nuove tecniche di marketing per una vecchia filosofia: il kaizen applicato al CRM Nissen è un'impresa leader nel campo delle vendite per corrispondenza e, recentemente, anche delle vendite su internet. In Nissen, la sensibilità all'ascolto della voce della clientela è evidentemente sostenuta dalla specificità stessa della formula commerciale aziendale; ciò nonostante, l'interpretazione che Nissen dà al proprio concetto di CRM evidenzia la assoluta centralità che la direzione aziendale attribuisce all'analisi dei desideri dei consumatori, dovuta alla consapevolezza della correlazione diretta che esiste tra la capacità di cogliere correttamente il punto di vista del cliente ed il risultato della gestione economica dell'esercizio sociale. Il lavoro del CRM di Nissen è organizzato con meticolosità squisitamente giapponese, tale da essere probabilmente molto difficilmente riproponibile nel contesto italiano. Nissen riceve ogni anno circa trecentomila comunicazioni dai suoi clienti. Ciascuna di queste segnalazioni è analizzata nei dettagli da un ufficio molto particolare, chiamato "Comitato per la voce della clientela". Al Comitato prende parte, a rotazione e con turni di sei mesi, tutto il personale della sede centrale. Ciascun membro del Comitato deve leggere ogni comunicazione; in tutti i casi di prodotti restituiti da clienti insoddisfatti, prendere nota in modo analitico delle motivazioni di ogni reso merce; analizzare, comunque, ogni messaggio, e codificarlo in una delle 500 aree problematiche preesistenti. Solo a quel punto si inizia a gestire la richiesta del cliente, cercando di risolvere gli eventuali problemi. La registrazione certosina delle opinioni dei consumatori, tradizionalmente riportata a matita su modulistica cartacea, è stata automatizzata con l'uso del computer (per altro, soltanto abbastanza di recente). I possibili argomenti segnalati dalla clientela sono stati codificati in 8.400 categorie, ed ogni addetto è oggi in grado di verificare al computer tutti i dati relativi a ciascuna segnalazione, ed a provvedere alla gestione di ciascun caso già nella giornata successiva alla telefonata del cliente. La gestione computerizzata ha consentito all'azienda un risparmio quantificato in circa 10 milioni di yen all'anno, al di là dell'evidente beneficio derivante dalla migliore efficienza del sistema. Il caso-Nissen è stato anche recentemente commentato da un periodico specializzato giapponese100, che riporta anche un esempio specifico. Una cliente ha scritto a Nissen: “l’etichetta che riporta la taglia e le indicazioni per il lavaggio è ruvida e mi dà fastidio. Non dovrebbe essere così, dato che è una parte che viene a contatto con la pelle”. In 100

In Toyo Keizai, 2 agosto 2003. 218 Il Mercato della Moda in Giappone


seguito alla riflessione su quest'opinione, il Comitato ha deliberato di procedere a modificare il materiale dell'etichetta, decidendo che da quel momento in poi sarebbe stata realizzate in satin, piuttosto che in nylon come invece di abitudine. Ma a quel punto, nonostante che il risultato possa dirsi già raggiunto, la macchina organizzativa del Comitato non si ferma lì: dopo ogni riunione del Comitato, infatti, tutto il personale è messo a conoscenza delle deliberazioni prese, e – in particolare – ne vengono informati tutti gli operatori del call centre, che sono tenuti a consigliare a tutti i clienti che telefonano a Nissen i prodotti che sono stati migliorati grazie all'opinione dei consumatori. L'autore dell'articolo citato sostiene che soprattutto in un periodo di recessione economica la cura meticolosa delle richieste dei consumatori, ed in generale una costante e smaccata attività di corteggiamento della clientela rappresentano un fattore critico di successo di importanza decisiva. La logica di gestione che Nissen applica al CRM è strettamente legata ad uno dei principichiave tradizionali del management giapponese, il 'kaizen'101, che – come in molti casi – nasce dalle politiche di sviluppo del prodotto, una delle applicazioni dell'area di organizzazione della produzione in cui la scuola giapponese di gestione aziendale ha fornito risultati di eccellenza dal dopoguerra ad oggi. L'obiettivo del kaizen è quello di trovare una maniera di realizzare un prodotto, o di compiere un'attività, in maniera migliore o più efficiente rispetto a quella correntemente utilizzata. Pur non differendo, sotto questo punto di vista, dalle tecniche utilizzate nel controllo di qualità, il punto specifico che caratterizza il kaizen sta nei mezzi e nei metodi utilizzati. Con un'efficace metafora, così lo rappresenta Bunji Tozawa, esperto del settore: "Immaginate la differenza tra una bicicletta ed un'auto. Sono tutt'e due dei mezzi di trasporto, ma a seconda delle esigenze si sceglie l'una o l'altra. Chiunque può usare una bicicletta, non c'è bisogno della patente, ci si può andare anche per stradine strette, non costa nulla ed è facile da usare. Allo stesso modo, il kaizen si usa per apportare cambiamenti anche piccoli, ma utili e significativi, ed i grandi vantaggi stanno nella semplicità e nella facilità d'uso. In altre parole, davvero chiunque, anche un non addetto ai lavori, può fare un buon kaizen."102 Il motivo principale del successo di Nissen appare, dunque, concettualmente correlato alla costante applicazione del principio del kaizen – il miglioramento continuo del prodotto, piuttosto che la sua periodica riprogettazione in toto - arricchito da una brillante innovazione copernicana: prestare ascolto alle opinioni dei clienti, piuttosto che a quelle 101 102

Letteralmente, 'miglioramento'. Bunji Tozawa, "Kaizen: Tips for achieving your targets easily and efficiently", Asia 21, gennaio 1997. 219 Il Mercato della Moda in Giappone


dei dipendenti dell'azienda. I campi di applicazione del principio del miglioramento continuo sono illimitati: dalle modalità di consegna dei prodotti, alla compilazione delle lettere di presentazione, alle confezioni, e così via. L'orientamento ai desideri dei clienti sembra permeare l'intera filosofia di Nissen, così descritta dall'azienda: “Creare un comitato a cui partecipa praticamente tutta l'azienda per analizzare le richieste dei consumatori → organizzare una procedura per la gestione attiva della voce della clientela → sviluppare la qualità del lavoro degli operatori del call centre e migliorare i cataloghi”. Attraverso quest'impostazione, Nissen è riuscita a sviluppare un'idea imprenditoriale che nasce dalla gestione del database dei clienti, piuttosto che dagli investimenti per pubblicità e promozioni; e sono allo studio nuove aree d'affari che nascono dagli ulteriori sviluppi nella capacità di gestione delle informazioni relative alle opinioni dei consumatori.

La forza del servizio alla clientela Il servizio alla clientela ha l'efficacia di una chiave passepartout per entrare nel mercato giapponese. Tenendo in primo piano questo concetto è possibile progettare una strategia di visibilità e attrattività di marca con costi relativamente contenuti; la forza di questa componente del sistema di offerta dell'azienda è tale da rappresentare un pilastro della strategia di uno dei più grosse firme della moda mondiale. Il caso che segue è qui raccontato allo scopo di entrare nel merito del tema, sollecitando ciascun imprenditore pronto ad affrontare la sfida giapponese a non trascurare la componente-servizio, tanto importante da essere coltivata con ogni cura anche quando ci si chiama Louis Vuitton. Le cifre giapponesi di Louis Vuitton rappresentano in maniera inequivocabile il segno di un successo senza alcun apparente segno di stanchezza. Entrato nel mercato nel 1978 con l'apertura di una società commerciale, Louis Vuitton ha visto il suo fatturato in crescita continua nel corso del quarto di secolo di presenza in Giappone. La marca ha superato nel 2002 il livello di 100 miliardi di yen di fatturato (circa 800 milioni di euro), raggiungendo nel 2002 la quota di 135 miliardi di yen (poco meno di 1.100 milioni di euro), con un incremento del 15% rispetto all'anno precedente103.

103

In Emerging Business Opportunities in Japan, MIPRO, Tokyo, 2003. 220 Il Mercato della Moda in Giappone


Il successo di Louis Vuitton nel mercato giapponese rappresenta un caso di grande interesse, per diversi motivi. Pur posizionandosi in una fascia di prezzo decisamente alta, i prodotti a firma Louis Vuitton sono acquistati da un pubblico molto più ampio di quello che potrebbe definirsi coerente, per reddito e stile di vita, con i prezzi praticati dalla casa francese. Le borse e gli accessori firmati LV sono acquistati correntemente da impiegate a stipendio fisso, registrando una penetrazione in questi segmenti di mercato che appare inspiegabile con la sola motivazione dell'attrattività del marchio (che è quanto meno comparabile a quella di altri grandi nomi della moda internazionale, abitualmente lontani dal paniere della spesa delle clienti a reddito medio). L'originale alchimia dell'attrattività del marchio francese appare connessa alla capacità specifica di combinare il richiamo del fattore-moda con la qualità intrinseca del prodotto e la sua funzionalità. Ma una motivazione decisiva sembra risiedere nella comunicazione legata al prodotto, che – nella promessa di Louis Vuitton – è destinato a durare "per tutta la vita". La promessa, per altro, è sostenuta dai fatti, interpretati secondo i canoni più amati dal pubblico giapponese: la qualità e l'efficacia dell'assistenza post vendita. I cinque centri di riparazione ed assistenza attivi in Giappone assicurano la stessa efficienza e funzionalità di quello di Parigi, gestendo circa 200.000 interventi all'anno. Un ulteriore rafforzamento alla percezione di valore del prodotto legato alla durata ed alla prestazione è fornito dal mercato dell'usato, che in Giappone riscontra risultati più che interessanti grazie all'attività dei distributori. Questi, infatti, acquistano dai consumatori borse ed accessori usati, e ripropongono ciclicamente sul mercato, a prezzo pieno, i modelli più rari ed inusuali. Anche in virtù della floridezza del mercato dell'usato, la percezione del valore dei prodotti Louis Vuitton riesce a radicarsi profondamente anche nella consumatrice di ceto medio. Un usato 'forte', infatti, allontana nell'acquirente i sensi di colpa connessi alle spese per beni voluttuari e legati alla caducità della moda, fornendo invece una giustificazione razionale all'acquisto di una borsa Louis Vuitton ("è cara, ma è elegante, dura una vita e non perde di valore"), nonostante che sia tratti di un prodotto di fascia e prezzo di mercato decisamente non allineato con il suo reddito.

221 Il Mercato della Moda in Giappone


I costi del marketing I media della moda, ed il loro costo Qui di seguito sono riportate alcune tabelle utili per un primo orientamento all'interno dell'affollatissimo e variegato mondo dei mezzi di comunicazione a stampa periodici non soltanto utili per la progettazione di campagne pubblicitarie, ma anche per la pianificazione di lanci di comunicati stampa; se condotta in maniera professionale, un'attività di PR rivolta ai media più presenti sui segmenti di consumatori di maggiore interesse può produrre risultati non soltanto efficaci, ma anche contraddistinti da un ottimo rapporto di costo/beneficio. Collegandosi con le descrizioni dei "sei segmenti-obiettivo" e le relative "mappeobiettivo", è possibile identificare i segmenti più interessanti per l'azienda ed approfondire la conoscenza diretta con le testate meglio correlabili con il sistema di offerta aziendale ed i segmenti di consumatori selezionati. PERIODICI FEMMINILI GENERICI Titolo

Periodicità

Anatani Yell Mensile Ar Mensile Asahi Graf Person Mensile Baby Age Mensile Bessatsu Esse Kurihara… Quadrimestrale Bridal Note Semestrale Caz Bisettimanale Classy Mensile Como Mensile Cosmopolitan (Japan) Mensile Crea Mensile Croissant Bimenstrale Ēlan Mensile Esse Mensile Fine Mensile

Target Quarantenni, Cinquantenni, Sessantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni Future Mamme, Neo mamme Trentenni, quarantenni, cinquantenni Ventenni, trentenni Ventenni Trentenni, quarantenni, cinquantenni, sessantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Quarantenni, cinquantenni, sessantenni Ventenni, trentenni Ventenni

Costo pagina 4c Diffusione (Yen) 700.000 1.000.000 1.200.000 980.000 1.200.000 800.000 1.200.000 1.600.000 1.600.000 1.200.000 1.500.000 2.100.000 1.500.000 2.400.000 1.350.000

50.000 160.000 250.000 160.000 300.000 70.000 220.000 165.000 110.000 110.000 165.000 390.000 180.000 430.000 367.000

222 Il Mercato della Moda in Giappone


Frau Fujin Gaho Fujin Koron Fujin-No-Tomo Gli Grand Magasin Grazia Jj Josei Jishin Josei Seven Junie Junon Katei Gaho La Vie De 30ans Lee Lettuce Club Maple Maternity Miman Mine Miss Misty Monique Mrs. Muffin My 40's Ohayo Okusan Olive Orange Page Oz Magazine Petit Enfant Pichi Lemon Popolo Pumpkin Ray Say Seda Sesame Shufunotomo Shukan Josei Suteki-Na-Okusan

Bimestrale Mensile Bimensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Settimanale Settimanale Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Quindicinale Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Quindicinale Bimestrale Bimestrale Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Bimestrale Mensile Settimanale Mensile

Ventenni, trentenni Quarantenni, cinquantenni, sessantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni, cinquantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Trentenni Ventenni, trentenni Ventenni Ventenni Ventenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni - donne sposate Ventenni, trentenni, quarantenni Quarantenni, cinquantenni, sessantenni Donne in attesa Cinquantenni, sessantenni Trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni, cinquantenni Ventenni, trentenni Quarantenni, cinquantenni Trentenni, quarantenni, cinquantenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni, cinquantenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni - giovani madri Adolescenti Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni Ventenni Ventenni Madri con bambini dai 3 ai 10 anni Trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Trentenni

1.500.000 1.600.000 1.400.000 400.000 1.500.000 1.250.000 1.500.000 2.300.000 2.400.000 2.150.000 1.200.000 1.500.000 2.000.000 1.600.000 2.100.000 2.200.000 1.600.000 700.000 1.000.000 1.500.000 1.500.000 700.000 1.000.000 1.850.000 1.500.000 1.500.000 1.500.000 1.200.000 2.500.000 1.100.000 650.000 800.000 1.300.000 1.400.000 1.650.000 1.600.000 1.250.000 850.000 1.800.000 1.700.000 2.000.000

160.000 187.000 182.000 120.000 130.000 173.000 140.000 640.000 437.000 480.000 270.000 280.000 246.000 100.000 340.000 720.000 110.000 115.000 180.000 290.000 95.000 220.000 245.000 200.000 210.000 150.000 550.000 100.000 700.000 250.000 140.000 161.000 400.000 255.000 400.000 246.000 188.000 140.000 282.000 345.000 378.000

223 Il Mercato della Moda in Giappone


Thank You Very Vivi Voce Watashi No Country With

Mensile Mensile Mensile Mensile Quadrimestrale Mensile

Ventenni, trentenni, quarantenni Trentenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni

1.700.000 1.800.000 1.900.000 1.500.000 800.000 2.700.000

430.000 320.000 450.000 170.000 145.000 643.000

PERIODICI FEMMINILI DI MODA Titolo 25ans An-An Baila Biteki Can Cam Cutie Domani Ä’f Ego * System Elle Japon Figaro Japon Ginza Hair Catalogue Harper's Bazar Hi-Fashion Luci Marie Claire Japon Mina Mini Mode Et Mode More Nicola Non-No Oggi S-Cawaii! Seventeen So-En Spring

PeriodicitĂ

Target

Mensile Settimanale Mensile Mensile Mensile Bisettimanale Mensile Mensile Mensile Mensile Quindicinale Mensile Quadrimestrale Mensile Bimestrale Mensile Mensile Quindicinale Mensile Trimestrale Mensile Mensile Quindicinale Mensile Mensile Quindicinale Mensile Bisettimanale

Ventenni, trentenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni Adolescenti Trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Adolescenti, ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Trentenni, quarantenni Ventenni Ventenni Ventenni, trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni Adolescenti Adolescenti , ventenni Ventenni, trentenni Adolescenti, ventenni Adolescenti Ventenni Ventenni

Costo pagina 4c Diffusione (Yen) 2.000.000 2.000.000 1.800.000 1.500.000 2.200.000 1.500.000 1.600.000 1.450.000 600.000 1.450.000 1.600.000 1.600.000 650.000 1.600.000 1.200.000 1.500.000 1.500.000 1.500.000 1.300.000 750.000 2.500.000 1.000.000 2.800.000 1.800.000 1.350.000 1.000.000 900.000 1.300.000

196.000 550.000 300.000 200.000 362.000 700.000 160.000 120.000 200.000 120.000 180.000 110.000 65.000 140.000 70.000 250.000 150.000 160.000 450.000 180.000 720.000 210.000 667.000 250.000 250.000 200.000 60.000 450.000

224 Il Mercato della Moda in Giappone


Spur Sweet Vingtaine Vogue Nippon Waraku Zipper

Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile

Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni, quarantenni Quarantenni, cinquantenni Ventenni

PeriodicitĂ

Target

Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Settimanale Bimestrale Settimanale Mensile Mensile Mensile Mensile Mensile Bimestrale Settimanale Mensile Settimanale Settimanale Bisettimanale Mensile Mensile Mensile Settimanale Settimanale

Ventenni Ventenni, trentenni Ventenni Quarantenni Ventenni Ventenni, trentenni Ventenni, trentenni ventenni, trentenni Ventenni, trentenni Trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni Trentenni, quarantenni Ventenni Ventenni, trentenni Trentenni, quarantenni Tutte le fasce d'etĂ Trentenni Trentenni Ventenni Tentenni Trentenni, quarantenni Ventenni Trentenni, quarantenni Ventenni, trentenni

1.800.000 1.300.000 1.800.000 2.350.000 1.500.000 1.500.000

150.000 300.000 202.000 225.000 100.000 257.000

PERIODICI MASCHILI Titolo

Begin Best Gear Boys Rush Brio Fineboys Flash Flash Exciting Friday Gainer GQ Japana Men's Club Dorso Men's Ex Men's Non-No Mr.Hi-Fashion Newsweek Nihonban Rekishi Kaido Shukan Gendai Shukan Jitsuwa Smart Tokusengai Voice Warp Magazine Japan Weekly Post Weekly Takarajima

Costo pagina 4c Diffusione (Yen) 1.400.000 1.400.000 1.200.000 1.500.000 1.350.000 1.800.000 1.000.000 2.200.000 1.500.000 1.300.000 1.300.000 1.400.000 1.500.000 1.000.000 1.200.000 500.000 1.850.000 1.100.000 1.300.000 700.000 400.000 1.200.000 2.000.000 1.300.000

153.000 153.000 180.000 80.000 130.000 461.000 440.000 570.000 140.000 70.000 142.000 78.000 310.000 80.000 111.000 150.000 643.000 151.000 550.000 84.000 150.000 300.000 657.000 500.000

225 Il Mercato della Moda in Giappone


Modalità economiche ed efficaci per costruire visibilità di marca I temi qui di séguito illustrati si prestano particolarmente ad essere adoperati dalle aziende italiane interessate ad entrare e diventare visibili nel mercato giapponese, senza dover necessariamente ricorrere ad ingenti investimenti in comunicazione. Il concetto chiave è, dunque, quello di lavorare con un buon ufficio stampa, in grado di suscitare nei media un tale interesse verso l'azienda da far sì che televisioni, giornali e riviste scelgano autonomamente di parlare dell'azienda, ottenendo così un'efficacissima visibilità sui mezzi di comunicazione. Ma per riuscire in quest'obiettivo, oltre a specifiche capacità nelle pubbliche relazioni e nella gestione dei rapporti con la stampa, è necessario che l'azienda abbia qualcosa di davvero interessante da raccontare e valorizzare. A questo scopo sono state identificate due aree tematiche verso le quali il pubblico giapponese mostra un interesse vivace ed attento. Utilizzando i temi descritti come spunti per la costruzione di una efficace comunicazione d'impresa, l'azienda potrà essere presto in grado di iniziare a far parlare di sé i media giapponesi. Il fattore-kodawari Anche se può essere immaginabile o prevedibile, l'attenzione che manifestano i giapponesi nei confronti dei minimi dettagli dei prodotti si dimostra sempre nettamente superiore a qualsiasi scenario che un consumatore medio italiano possa riuscire prevedere. Piccole imperfezioni nelle cuciture, nella pulizia dei fili dei capi, nel taglio di una tasca, nell'attaccatura di un bottone (micro-difetti che, secondo gli standard europei, sono spesso considerati all'interno delle tolleranze di produzione) sono notate e valutate dai clienti più puntigliosi che esistano al mondo. Ma questa pignoleria può anche nascondere un potenziale fattore critico di successo, se rielaborato in chiave di marketing con attenzione al 'fattore-kodawari'. 226 Il Mercato della Moda in Giappone


Con questo termine, in giapponese ci si riferisce all'attenzione ai particolari ed ai dettagli, all'orgoglio dell'artigiano che è in grado di enumerare i tanti piccoli aspetti del suo lavoro che lo fanno, ai suoi occhi, migliore di quelli degli altri artigiani; i plus di prodotto enumerati dalle imprese manifatturiere, e così via. In uno scenario socio-culturale sensibile al fattore-kodawari, il suggerimento di marketing appare dunque evidente: costruire prodotti che abbiano qualcosa di molto specifico e particolare da raccontare – una lavorazione tradizionale, un materiale scelto con particolare cura, una ragione specifica per una foggia insolita. Progettare, dunque, prodotti in grado di trasmettere un'emozione kodawari: storie da regalare agli addetti alle vendite, perché le possano raccontare ai clienti a bassa voce, in tono confidenziale ed ispirato, quasi come se stessero raccontando loro un piccolo segreto aziendale. I cicli del consumo di prodotti a contenuto-moda cambiano presto, in Giappone; e c'è da attendersi che, dopo il boom dei prodotti massificati di fascia media e medio-bassa, una linea che sfrutti le piccole diversità nascoste in una logica kodawari, se progettata bene, e comunicata ancor meglio, possa meritarsi una piccola nicchia dorata nel mercato. Micromarketing L'ascolto della voce dei clienti rappresenta un'attenzione costante nella cultura di marketing delle imprese giapponesi; ma le modalità con cui si manifesta possono essere anche molto diversificate, e non sempre è necessario applicare tecniche ad alto contenuto di tecnologia o di innovazione. Forse un po' démodé, apparentemente lontano dalle logiche della distribuzione moderna, in realtà il caso descritto trasmette stimoli e spunti che possono essere facilmente raccolti e – se necessario - reinterpretati dai protagonisti della distribuzione al dettaglio; la validità della formula appare in grado di fornire il meglio di sé, per altro, soprattutto in tempi di recessione, nei quali si ritiene generalmente che sia pressoché impossibile vendere prodotti al pubblico che non siano caratterizzati soprattutto da una altissima appetibilità legata alla convenienza di prezzo. Gli addetti ai lavori troveranno, in questo caso, spunti che potrebbero essere molto utili anche a costruire una nuova formula imprenditoriale vincente per un'impresa italiana di piccole-medie dimensioni intenzionata ad affacciarsi direttamente sullo scenario del 227 Il Mercato della Moda in Giappone


dettaglio giapponese. Le tecniche del micro-marketing - o del marketing ad personam - ormai non più marginali nella letteratura specializzata, appaiono perfettamente in armonia con le caratteristiche del sistema di offerta descritto nel caso che segue, recentemente avvalorato nella sua nonmarginalità dalla prestigiosa legittimazione da un periodico giapponese specializzato nel settore 104 che lo ha additato come esempio di studio alla riflessione degli operatori del settore, raccontando al suo pubblico la storia di "Mini Zoo". “Mini Zoo” è un negozio di moda femminile aperto 11 anni fa, situato in un quartiere residenziale lontano dalle tradizionali aree commerciali, gestito da una signora con alle spalle una buona esperienza nel settore - sia come giornalista nella redazione di un periodico femminile, sia come coordinatrice-moda per un'azienda. Nella fase di avvio dell'attività, vista l'inefficacia delle promozioni tradizionali – pubblicità inviata per posta, diffusione di volantini – l'imprenditrice ha cercato di analizzare le motivazioni per cui, nonostante l'assortimento molto limitato, l'infelice localizzazione ed il non certo memorabile décor del negozio, le pur poche clienti continuassero a ritornare a fare acquisti, mostrando una fedeltà tutta particolare nei confronti del negozio. Focalizzando l'attenzione su questo punto, e spesso approfondendo esplicitamente il tema con la clientela, l'imprenditrice ne ha scoperto il motivo dell'inespugnabile fedeltà, riassuntole confidenzialmente dalle clienti stesse con confessioni di questo tenore: "Signora, il fatto è che lei mi conosce benissimo, molto meglio di qualsiasi altra commessa di qualsiasi altro negozio". Racconta l'imprenditrice: "Senza pensarci, ho sempre chiacchierato molto con le mie clienti – sono fatta così. E poi, a mano a mano, mi sono resa conto che le mie clienti avevano piacere nel destinare un po' del loro tempo a qualche confidenza amichevole, per cui – dovendo acquistare un abito – preferivano venire da me. Quello che nessun altro negozio di moda riusciva a dare loro era proprio 'il tempo delle chiacchiere'. Da quando ho messo bene a fuoco questo concetto mi sono applicata sempre di più alle relazioni con le mie clienti, e la clientela si è allargata di giorno in giorno, soltanto per passaparola." Convinta dall'efficacia del metodo, l'imprenditrice di "Mini Zoo" ha pensato di razionalizzarla, trasformandola in una tecnica, formalizzata e codificata, e raccontata come segue. "Il primo punto da raggiungere è l'acquisizione di un ottimo livello di conoscenza delle clienti. In generale, il motivo di richiamo di un negozio è dato dalla qualità dei prodotti e 104

In Fashion Hanbai, novembre 2003. 228 Il Mercato della Moda in Giappone


dal servizio; in altri termini, un buon sistema di offerta non è sufficiente. Quindi, nel mio caso, io devo essere in grado di diventare la commessa migliore che si possa immaginare, in grado di ascoltare con attenzione tutto quello che la cliente ha piacere di raccontare, di comprendere i tratti della sua personalità, di incoraggiarla o magari qualche volta anche di rimproverarla; in ogni caso, di indicarle una strada da seguire. Molte clienti dicono che il mio negozio ha l'atmosfera di un pub, ed il mio ruolo è simile a quello della barista 105. Poi, metto in conto anche il fatto che il peso della mia esperienza di vita mi aiuta a conquistare la fiducia delle clienti: molti amori da raccontare, un divorzio alle spalle, il secondo matrimonio, la storia dei miei cinque figli. Comunque sia, parlando con ogni cliente scopro tutti gli aspetti del suo stile di vita. Parliamo di lavoro e di guadagni, di storie di famiglia, di rapporti umani, di amori segreti, di tutto. Io ascolto le loro confidenze, senza forzarle. Talvolta accade pure che mi vengano a trovare senza aver bisogno di fare acquisti, così, solo per chiacchierare. Ecco, io vorrei che la mia gestione del negozio assomigliasse nello stile ad una consulenza professionale, come quella del medico o dell'analista. Ma il mio lavoro è nella moda: non sono una barista né una psicologa. Io cerco di migliorare la vita delle mie clienti attraverso i vestiti, e questo è tutto. Ma lo faccio con zelo e professionalità, è la mia missione. Ho aiutato diverse persone con difficoltà relazionali a conquistare sicurezza ed a recuperare i loro rapporti familiari o sociali attraverso gli abiti da indossare. Se necessario, per risolvere l'esigenza di una cliente posso dedicare giorni e giorni alla caccia dell'abito giusto, e una delle più grandi soddisfazioni mi viene quando le mie clienti mi confessano: "non riuscirei più a comprare un abito da nessun'altra parte".

Nella traduzione, e soprattutto nel trasferimento dell'affermazione nello scenario italiano, il senso dell'affermazione viene ad essere molto diluito. L'imprenditrice fa riferimento all'atmosfera tipica dei pub giapponesi tradizionalmente riservati agli uomini, nei quali la gestione è quasi sempre nelle mani di una donna; punto di forza di ciascun pub è spesso la qualità delle capacità relazionali delle cameriere, e della stessa titolare, in grado di instaurare un rapporto intenso e confidenziale con i clienti abituali. 105

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SEZIONE D TRATTARE CON SUCCESSO CON LE IMPRESE GIAPPONESI

230 Il Mercato della Moda in Giappone


Dall'A alla Z, un primo abbecedario di orientamento alla gestione di buoni rapporti d'affari in Giappone

In una sequenza ordinata dalle lettere dell'alfabeto, in questa sezione sono raccolti venticinque tra i temi importanti ed utili da conoscere e praticare per aumentare le possibilità di successo nel mettere in atto un piano di accesso e di radicamento al mercato giapponese. Va da sé che questa raccolta di spunti non intende (e certamente non potrebbe, anche se ne avesse l'ambizione) dirsi esaustiva delle tante buone prassi e degli innumerevoli consigli saggi che possono essere raccolti praticando costantemente il mercato ed i suoi protagonisti. Questo glossario va inteso, semplicemente, come un primo memorandum da tener presente ed arricchire costantemente nel cammino aziendale verso il radicamento in questo mercato, nell'auspicio che ogni azienda possa riuscire - in un futuro quanto più prossimo possibile –- a considerare questa lista di riflessioni poco più che un abbecedario per principianti, grazie all'esperienza conquistata in prima persona.

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A

Aisatsu Alla lettera, aisatsu significa 'saluti'. Ma in uno scenario di contatti aziendali, aisatsu è molto di più. È la fase necessaria a creare un contesto di buone relazioni e di armonia (vedi "Wa"), condizioni indispensabili perché un rapporto d'affari possa non tanto già avere successo, ma semplicemente essere nelle condizioni di partire. Aisatsu prevede che, prima dell'inizio delle trattative, la persona al massimo livello della società attivi un rapporto diretto con il suo omologo della controparte; ed a prendere l'iniziativa, con il massimo del rispetto formale, dovrà essere chi – nel rapporto auspicato – avrà il ruolo del 'venditore'. In quest'incontro non si parlerà inizialmente di lavoro, ma ci si dedicherà a stabilire una buona relazione di tipo personale, un collegamento diretto che sarà infinitamente utile a risolvere le inevitabili difficoltà che si incontreranno nel cammino. In set utilissimo, per un incontro aisatsu: fotografie di famiglia, un libro fotografico che descriva le attrattive turistiche della propria area, e soprattutto un sincero desiderio di 'fare amicizia' che riesca a non essere invadente, e si mantenga nel massimo rispetto delle formalità che sono di prassi per un primo incontro. Di solito, sarà la controparte giapponese ad introdurre ad un certo punto l'argomento del lavoro, e – a meno che non si ricevano domande dirette – è soprattutto opportuno restare nell'àmbito del proprio ruolo di 'presidente': affrontare temi generali e strategici, e spiegare il perché si desideri una collaborazione stabile e serena tra le due parti. Un regalo è sempre benvenuto, soprattutto se non è di grande valore e se ha a che fare con le tradizioni del proprio territorio (un libro di fotografie, una bottiglia di liquore tipico). B

Bottom-up "Dal basso in alto": è il principio con cui generalmente funzionano i processi decisionali in Giappone. Negli incontri presso gli uffici delle controparti giapponesi, o nel corso di una loro visita presso la vostra azienda, troverete sempre un 'capo' attorniato da un numero variabile di collaboratori. A meno che non si tratti di un incontro aisatsu (vedi), nel quale è eventualmente tollerata la presenza di un interprete, negli incontri di lavoro ci sarà sempre un numero variabile di collaboratori. Ognuno è lì con un còmpito e con uno scopo particolare, e dovrà fare un rapporto (scritto) sulla riunione. L'opinione di ciascun collaboratore avrà un peso nelle scelte finali: le valutazioni dei quadri intermedi sono importanti, e la scelta del capo è di solito una ratifica delle opinioni dei suoi collaboratori. 232 Il Mercato della Moda in Giappone


Difficilmente il capo prenderà una decisione che si scontri con le loro valutazioni, perché in questo caso la gestione del rapporto diventerebbe difficile: si romperebbe l'armonia (vedi "Wa"), e sarebbe difficile per il 'capo' spiegare al suo superiore perché abbia preso una decisione non rispettosa delle opinioni del gruppo. Di conseguenza, occorre evitare il non improbabile atteggiamento di sottovalutazione dei collaboratori in una riunione: mancare di rispondere compiutamente ad una loro domanda non sortirà buoni risultati. Rispondere (per iscritto, se richiesto) a tutte le domande, fornire tutti i dati richiesti, anche i più improbabili, ascoltare tutte le idee proposte, sono comportamenti che concorrono a costruire un'ottima linea di condotta per il buon proseguimento della trattativa. C Contatti sociali Prima o poi accadrà che il vostro interlocutore giapponese vi inviti a cena, o dovrà accadere che lo facciate voi se la trattativa si svolge in Italia. Questo passaggio è una componente pressoché inevitabile della relazione di lavoro, e siate preparati ad un trattamento di grande attenzione e rispetto, e (se siete voi ad invitare) evitate posti mediocri o anonimi. L'invito a cena è una formalità importante, in cui chi ospita mostra il proprio rispetto per la controparte; è per tanto importante riuscire a mantenere una buona linea di conversazione, mostrare apprezzamento per il cibo e le attenzioni, evitando di parlare di lavoro se non al termine della serata. Potrà accadere che al termine della cena la serata prosegua in un club, di solito convenzionato con la società giapponese, dove - tra una chiacchiera e l'altra - sarà eventualmente possibile affrontare alcuni aspetti strategici degli accordi in corso. D Dati Rappresentano la passione di ogni giapponese. Avere dati a disposizione significa essere preparati, dimostrare di aver fatto il proprio compito, e mostrare di non essere superficiali, o trascurati, o irresponsabili. Prendere una decisione senza aver studiato una mole di dati è del tutto inconcepibile; presentarsi ad un incontro senza una pletora di dati (scritti) sulla propria azienda e sul proprio sistema di prodotto (dalla brochure aziendale al manuale della qualità, dai test di produzione alle brochure delle aziende fornitrici) è considerato un atteggiamento quanto meno bizzarro. Ma quale che sia la mole di dati che riuscirete a presentare, ve ne verranno sempre chiesti altri. Prendete nota (assolutamente per iscritto) delle richieste, e fate di tutto rispondere (sempre per iscritto) entro tre giorni 233 Il Mercato della Moda in Giappone


al massimo; se per qualche motivo doveste aver bisogno di più tempo, fate sapere (per iscritto) alla controparte, entro i tre giorni, che state facendo di tutto per reperire i dati, e fate una stima del tempo che vi sarà necessario per soddisfare (per iscritto) la richiesta. E Escursionismo Studi, analisi, tempo e denaro vengono investiti alla ricerca della più opportuna localizzazione per il commercio al dettaglio. Ma la presenza di un buon sistema di offerta e la costruzione di una buona immagine esercitano un inimmaginabile potere di attrazione sui consumatori, pronti a percorrere distanze anche ragguardevoli pur di trovare novità, divertimento, percezione di convenienza. Il fenomeno è ben noto agli operatori giapponesi del dettaglio moderno, che ricercano ed analizzano costantemente i fattori che influenzano le dinamiche che fanno accrescere la capacità attrattiva di un punto vendita. Le analisi sono rese possibili grazie allo studio delle tracce lasciate dai consumatori attraverso l'utilizzazione delle tessere fedeltà, che consentono di monitorare gli spostamenti e le distanze percorse dei clienti, i giorni e le fasce orarie preferite per lo shopping, la spesa media, e perfino le logiche di esplorazione e gli spostamenti all'interno del grande magazzino (attraverso l'analisi degli scontrini, comparando gli orari e le merceologie di quelli relativi alla stessa giornata di visita); non a caso, l'utilizzazione delle carte fedeltà è fortemente incentivata, con benefici di ogni genere. Il fenomeno dell'escursionismo dello shopping - che non è affatto circoscritto, come si potrebbe supporre, all'area metropolitana di Tokyo, ma che si manifesta in tutte le province del Giappone - è oggi osservato e commentato con attenzione anche dalla stampa specializzata106. Ad esempio, i dati forniti dalle sedi di Kobe di Daimaru e Sogo, due nomi leader nel mondo dei grandi magazzini giapponesi, forniscono cifre in grado di trasmettere con grande chiarezza la dimensione del fenomeno; nel corso degli ultimi anni, sia Daimaru che Sogo hanno visto aumentare il numero dei clienti provenienti dalle quattro province dell'isola di Shikoku, collegata attraverso un sistema di ponti autostradali e ferroviari all'area metropolitana di Kobe. Sogo, in particolare, dichiara che i clienti provenienti da Shikoku arrivano ormai al 4% del totale, mentre per Daimaru rappresentano già il 7% (a valore, questa quota rappresenta oltre 20.000 clienti). Ma è sufficiente restringere appena il raggio di osservazione per notare valori ancora più significativi: nel caso di Daimaru, i clienti che provengono dall'esterno della provincia ammontano al 30%, per Sogo è del 44%, ed in entrambi i casi le percentuali sono in costante aumento. 106

In Senken Shimbun, 1° ottobre 2003. 234 Il Mercato della Moda in Giappone


F Fiere Partecipare ad una fiera internazionale in Giappone con l'idea di concludere contratti è un'aspettativa che rischia di provocare delusioni e frustrazioni. La fiera è un luogo di incontro, di riconoscimento, di consolidamento di rapporti, di confronto con i concorrenti, di esibizione di forza, e così via. Di conseguenza, ed in linea di massima, la fiera non è il primo passo ideale per accedere al mercato giapponese; sarà un passaggio utile quando l'azienda avrà già avviato qualche contatto di lavoro, e comunque va messo in conto che occorre pianificare di essere presenti in fiera in modo continuativo, anno dopo anno. Per i primi passi, una strategia molto utile è l'organizzazione di specifiche missioni di lavoro da svolgersi in Giappone, focalizzate su potenziali interlocutori selezionati. Gli Uffici ICE di Tokyo ed Osaka forniscono un'assistenza completa per realizzare efficaci missioni di lavoro, con un servizio 'chiavi in mano' che va dalla selezione delle aziende da invitare alla traduzione in giapponese della brochure aziendale, sino all'ospitalità per la realizzazione degli incontri, comprendendo in quell'occasione – se necessario - il supporto professionale del servizio di interpretariato. G

Ganbari no seishin Traducibile in qualche modo come 'la forza di non arrendersi mai", rappresenta una componente importante del carattere dell'uomo d'affari, ma anche l'atteggiamento che ci si aspetta di trovare in ogni dipendente e nella controparte. Mostrare di possedere questa dote, dimostrare di essere capaci di affrontare sacrifici pur di raggiungere l'obiettivo prefissato (come, ad esempio, rispettare una scadenza anche in presenza di imprevisti) potrà giocare un ruolo molto importante a vostro favore nella gestione di un rapporto con un'azienda giapponese. Onestà, zelo ed impegno sono doti considerate essenziali nello svolgimento del lavoro, ed quel certo atteggiamento di comprensione e tolleranza nei confronti di errori e debolezze umane, molto frequente nello scenario aziendale italiano, non è affatto ben visto in Giappone non soltanto dagli uomini d'affari, ma da qualsiasi impiegato o quadro intermedio.

235 Il Mercato della Moda in Giappone


H

Hanashi kata "Il modo giusto di parlare". La lingua giapponese è molto complessa, ed il tipo di linguaggio utilizzato comunica immediatamente molto di più di quanto non dicano le parole stesse. C'è uno stile di linguaggio per ogni occasione; occorre usare le parole giuste, le intonazioni più appropriate, e così via. Qualcuno ha paragonato questo scenario al sistema di molto ben codificato, pur se estremamente impalpabile, con i codici di comunicazione diffusi in alcune koiné del Mezzogiorno italiano, dove si comunica anche con i toni della voce, con il linguaggio non verbale, con le parole dette e non dette; la similitudine può aiutare a cogliere il senso generale del concetto, che – fondamentalmente – invita a considerare che non è affatto sufficiente 'dire i fatti' per ottenere i risultati voluti. A differenza di quanto avviene nel Mezzogiorno italiano, però, hanashi kata non è una dote ascritta, che si apprende con l'esperienza di vita: è una competenza 'alta', che richiede un livello sociale di partenza molto elevato, o una forte applicazione di studio e di esercizio. Certo, hanashi kata può non essere indispensabile in qualsiasi rapporto d'affari, o per discutere – ad esempio – dell'ottimizzazione della cubatura disponibile in un container, ma gioca un ruolo tutt'altro che marginale nella costruzione di rapporti stabili a livello di top management o di accordi societari. È, dunque, molto utile ricorrere ad interpreti esperti e sensibili, ed il loro ruolo – se capaci di ben cogliere il senso della trattativa – può mostrarsi estremamente prezioso. Alcuni anni fa, il proprietario di un'azienda di italiana di confezioni molto attiva nei mercati europei mostrò la sua sorda irritazione nei confronti di una interprete giapponese, rea – ai suoi occhi – di impiegare un tempo estremamente lungo a tradurre frasi da lui espresse in pochi secondi, ed a sintetizzare drammaticamente le sue lunghe ed articolate argomentazioni su altri aspetti della trattativa. Inutile commentare che l'interprete non soltanto era incolpevole, ma che stava facendo un ottimo lavoro, contribuendo a tradurre non soltanto le parole dell'imprenditore italiano, ma l'insieme del suo pensiero, proponendolo con grazia e piena padronanza di hanashi kata. I Inchini Gli inchini rappresentano un aspetto immediatamente visibile della comunicazione e della vita sociale giapponese, e nell'osservatore italiano ai primi passi nello scenario giapponese possono apparire talvolta, ed a seconda delle circostanze, un po' ridicoli o imbarazzanti. In realtà, esiste un codice ben codificato che governa il sistema degli inchini: l'inclinazione da raggiungere, la posizione delle mani, la gestione della sequenza (breve o ripetuta), e così 236 Il Mercato della Moda in Giappone


via. Ma nessun giapponese si aspetta da un italiano la capacità di gestire questo codice, per cui è inutile tentare di apprenderlo, a meno di non voler suscitare divertiti ed imbarazzati commenti questa volta nella controparte giapponese. Basti sapere che il principio generale prevede che, in un incontro tra una persona di rango superiore ed una di rango inferiore, quest'ultima è tenuta ad inchinarsi molto più profondamente. Ma come è possibile conoscere i ruoli reciproci ad un primo incontro? La domanda porta, automaticamente, ad una spiegazione del perché i biglietti da visita in Giappone siano così diffusi, e vengano scambiati all'inizio delle riunioni, e siano studiati con tanta attenzione: servono per 'prendere le misure' dell'interlocutore, e per sapere come comportarsi dal punto di vista dell'etichetta. Per un italiano, una regola efficace è questa: negli incontri, non porgere la mano, ma accennare con la testa un rispettoso inchino, e passare alla stretta di mano soltanto se il giapponese prende l'iniziativa. J

Just-in-time Nonostante il nome anglosassone, il termine indica una tecnica di organizzazione della produzione di matrice tipicamente giapponese, nata dall'esigenza di ridurre i costi degli stoccaggi intermedi. Purtroppo, nel lessico informale di alcune aziende italiane, il just-intime viene interpretato in questo modo: "faremo di tutto per rispettare i termini di consegna, anche all'ultimo minuto, perché quasi sempre ci riusciamo, ma state tranquilli che non vi disturberemo neanche un attimo mandandovi noiosi rapporti scritti sull'avanzamento dei lavori; abbiate fiducia e state tranquilli, e fateci lavorare invece di assillarci cinque volte al giorno con le richieste di informazioni sull'avanzamento della commessa". Se in quest'interpretazione il lettore dovesse riconoscere qualche aspetto riconducibile a situazioni correnti nella propria azienda, è bene sapere che forse i tempi non sono ancora del tutto maturi per affrontare con successo il mercato giapponese. K

Keishiki Letteralmente: formalità. Ma nulla in Giappone ha più sostanza della forma stessa: molto spesso, le conversazioni che necessariamente precedono i temi reali d'affari sono soltanto keishiki necessarie per rompere il ghiaccio e creare l'atmosfera giusta per affrontare gli argomenti all'ordine del giorno. Un errore molto comune agli imprenditori ed ai dirigenti occidentali è quello di iniziare un incontro d'affari con interlocutori giapponesi (eventualmente, mai visti prima di allora) mettendo subito sul tavolo le presentazioni 237 Il Mercato della Moda in Giappone


aziendali o i campioni, ed affrontando d'emblée temi relativi a caratteristiche, prestazioni e prezzi del prodotto. Nessuna grande e reale opportunità di collaborazione potrà probabilmente mai vanificarsi a causa di una 'partenza a freddo' di questo genere, ma certamente l'investimento di un po' di tempo iniziale in chiacchiere sul tempo, sull'Italia, sulle esperienze con la gastronomia giapponese, o con qualsiasi altro argomento inoffensivo, contribuirà a disporre meglio gli interlocutori giapponesi nei vostri confronti. A rappresentare il disagio che può patire un manager giapponese (se non avvezzo alle trattative con americani o europei) nel caso in cui fosse costretto ad affrontare i dettagli tecnici di una negoziazione senza un minimo di keishiki preliminare, si immagini l'entusiasmo di un italiano medio costretto ad iniziare un pranzo dal dessert: non sarà di certo un ostacolo insuperabile, ma l'esperienza gastronomica sarebbe inestimabilmente più gradita se avviata con un piatto di antipasto. L Lettere, corrispondenza In linea di massima, gli italiani adorano la forma verbale: nei saluti, nelle comunicazioni, negli auguri. In Giappone l'atteggiamento è opposto, ed ogni occasione è valida (in realtà, pressoché obbligatoria) per ricorrere alla forma scritta (per gli auguri, rigorosamente a mano). Ma è necessario che le aziende italiane forzino le proprie abitudini, e s'impongano il principio 'lo devo dire per iscritto'. Principio che dovrà valere in ogni circostanza richieste di chiarimenti, precisazioni, annotazioni, aggiornamenti, appuntamenti. 'Dimenticare il telefono' sia la regola, sigillando idealmente la cornetta con una fasciatura di nastro adesivo ed un messaggio del tipo "rompere il sigillo per l'uso in caso di reale emergenza". Senza, in tutto questo sforzo, poi dimenticare di custodire ordinatamente tutta la corrispondenza, in rigoroso ordine cronologico. In caso di fraintendimenti o contestazioni, i giapponesi hanno un'abilità eccezionale nel 'mettere alle corde' la controparte grazie a questa tecnica, e non è affatto il caso di concedere loro questo vantaggio. Se l'azienda dispone di un manuale di qualità, si passi ad irrigidire i controlli sul rispetto delle procedure di comunicazione commerciale; e, se necessario, si proceda a riscriverle in maniera più rigorosa, pretendendone la puntuale osservanza. E non si lasci mai una richiesta inevasa: in linea di massima, una tecnica che funziona è quella di attivare una procedura per cui ogni messaggio in arrivo viene 'assegnato' ad una persona di competenza, che deve leggerlo entro 4 ore dall'arrivo, lasciandone traccia scritta in un registro della corrispondenza (può anche essere soltanto lo stesso foglio del fax o dell'email in arrivo, su cui la persona che prende in carica il messaggio appone la sua sigla e l'orario). Questi dovrà, tassativamente entro la successiva giornata lavorativa, inviare una risposta; se a questo scopo è necessario un tempo maggiore, correrà comunque l'obbligo 238 Il Mercato della Moda in Giappone


di rispondere per segnalare la presa d'atto della richiesta, e comunicare il tempo necessario per l'inoltro della risposta. Contestualmente, questa data andrà riportata nello scadenzario dell'interessato, che sarà rigorosamente tenuto a rispettare la scadenza da lui stesso proposta.

M

Meishi Sono i nostri biglietti da visita, che in Giappone rappresentano uno strumento indispensabile per qualsiasi tipo di attività. Servono a riconoscere lo status dell'interlocutore (vedi "Inchini"), ma anche a verifica di come si debba leggere il suo nome (un nome giapponese può essere letto in modi differenti, oppure può accadere che non si conosca un carattere antico o particolarmente raro; di qui la prassi di leggere con attenzione e talvolta di ripetere ad alta voce il nome dell'interlocutore, per aver conferma della corretta pronuncia del suo nome). Ma sono fondamentali anche per gestire la corrispondenza (vedi "Lettere"), allo scopo di scrivere correttamente e compiutamente l'indirizzo per far sì che in un paese in cui praticamente non esistono i nomi delle strade ogni lettera possa raggiungere il suo destinatario. Si rammenta che il proprio biglietto da visita va presentato all'interlocutore nel senso di lettura a lui favorevole, tenendolo gentilmente tra le due mani, accennando con la testa un leggero inchino; e, soprattutto, che ricevendo il meishi dell'interlocutore non lo si infili distrattamente in una tasca, il che sarebbe interpretato come una profonda scortesia. Il biglietto ricevuto va osservato con attenzione, e se si presenta scritto soltanto in giapponese potrà essere rigirato per verificare se presenta una versione inglese sul retro; in mancanza, non è affatto scortese chiedere all'interlocutore di pronunciare il suo nome per scriverlo sul biglietto. Nel corso dell'incontro, i biglietti vanno tenuti ordinatamente sul tavolo, e possono essere 'schierati' davanti a sé per ricordare i nomi degli interlocutori che si hanno di fronte.

N

Nemawashi In origine, nemawashi è un termine di giardinaggio che indica la zappettatura dell'area che circonda il tronco di un albero che si intende trapiantare, allo scopo di tagliare con cura le radici secondarie, con l'eccezione di quella principale, per consentire dopo il trapianto di far riprendere con forza l'attività radicale. Il termine è poi stato utilizzato come metafora 239 Il Mercato della Moda in Giappone


dell'attività di tenace, attenta e costante preparazione del terreno, in vista di un risultato importante per il quale è necessaria una decisione di una certa rilevanza; per evitare il rischio che una proposta venga rigettata, o più probabilmente che ne venga differita la decisione in merito, è utile mettere in atto una attenta azione di nemawashi, ovvero di sensibilizzazione verso il nostro punto di vista sul tema in questione tutti i ruoli aziendali che saranno coinvolti, a diversi livelli, nel processo decisionale (vedi "Bottom-up").

O Organizzazione e pianificazione Sono due parole-chiave per lavorare in Giappone. Senza organizzazione e pianificazione non c'è spazio di manovra, quanto meno per un motivo estremamente concreto: tutto quello che non si organizza e pianifica, in Giappone costa molto, ma molto di più. Costano di più i trasporti, gli alberghi, le fotocopie – fondamentalmente, il tempo ha un valore tale da diventare quasi tangibile, ed essere di conseguenza più rispettato rispetto a quanto non accada in Italia. Ogni incontro, ad esempio, richiede spostamenti, che non sono mai brevi o rapidissimi, e che dunque vanno pianificati con attenzione. Non è sensato, ad esempio, chiedere un appuntamento per il giorno successivo, a meno di casi davvero particolari. Ma la pianificazione è utile anche a livello strategico, per riuscire a cogliere anche le opportunità istituzionali a medio termine; a titolo di esempio, è necessario saper pianificare per cogliere in pieno le opportunità presentate di recente da una rappresentante del governo, che - sul tema della presenza estera sul mercato giapponese, ha rivolto un esplicito invito alle imprese occidentali. "Ritengo che investimenti ed importazioni siano due aspetti della stessa medaglia. Tra voi ci sono degli stranieri. Sapete bene che per vendere qualsiasi cosa in Giappone c'è bisogno di attivare una struttura per le operazioni commerciali, per la distribuzione e l'assistenza postvendita. Oggi come oggi, tutto questo è abbastanza difficile; ciò nonostante, per lo meno il costo degli immobili si è sensibilmente ridotto a causa della deflazione, e mi auguro che vogliate cogliere quest'opportunità per investire (…). Mi aspetto tutta la vostra collaborazione per sviluppare lo sviluppo dei consumi al dettaglio in Giappone, il che tornerebbe a beneficio finale dell'intera nazione. A nome del Governo, vi assicuro il massimo sostegno".107

Midori Tani, dirigente del METI (Ministero per l'Economia, il Commercio e l'Industria), dall'indirizzo di saluto alla tavola rotonda "Costruzione di una nuova strategia di gestione dei canali distributivi in stile giapponese", Import Distribution Symposium 2002, MIPRO – The Japan Machinery Federation, Tokyo, ottobre 2002. 107

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P Pazienza Nel corredo delle tante doti necessarie a preparare una storia di successo, la pazienza è la virtù regina. Non è infrequente che gli imprenditori italiani, o gli occidentali in genere, si aspettino di concludere subito affari in Giappone. È bene cancellare subito illusioni di questo genere. Per quanto rapidamente stiano cambiando i meccanismi decisionali all'interno del mondo imprenditoriale giapponese, non c'è da attendersi repentini cambiamenti di rotta, ed eventuali successi rapidi vanno intesi come eccezioni, in uno scenario che è ancora caratterizzato da processi bottom-up (vedi) che richiedono necessariamente tempi lunghi, e da una generalmente scarsa attitudine allo stile manageriale tipicamente occidentale del 'cogliere d'istinto l'opportunità, e partire in quarta'. Agli occhi di un giapponese, questo atteggiamento è spesso considerato irresponsabile ed irrispettoso nei confronti del valore del gruppo (dell'azienda e dei suoi collaboratori), che deve avere il tempo necessario ad analizzare una proposta in tutti i dettagli e raggiungere un consenso generalizzato (vedi "Ringi") prima di poter procedere con la forza (vedi "Ganbari no seishin") che si può mettere in campo in un contesto in cui il gruppo fa il lavoro di squadra grazie all'armonia raggiunta attraverso il consenso (vedi "Wa"). Q Qualifiche In Giappone, livelli e posizioni sono importanti nell'organizzazione aziendale così come nelle relazioni sociali. A complicare le cose, va rilevato che non esiste un criterio univoco per tradurre ruoli e posizioni aziendali dal giapponese in italiano, per cui è sempre opportuno riuscire a farsi spiegare bene quale sia l'àmbito di attività ed il ruolo di ciascun interlocutore. In linea di massima, il kaicho è di solito equivalente al nostro presidente, pur se i suoi poteri e la sua influenza possono variare da caso a caso; da non confondere con kacho, che è un quadro di alto livello (l'equivalente in Italia di un capo sezione). Lo shacho è un vicepresidente, di solito con funzioni simili a quelle del direttore amministrativo (che, più propriamente, è daihyo torishimariyaku). Torishimariyaku, in generale, è un direttore, quasi sempre membro del consiglio di amministrazione; bucho è un termine molto usato, e designa un capo ad alto livello. Quando un termine è seguito dalla parola dairi, indica che il ruolo che precede è esercitato in funzione di assistente o di vicario.

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R

Ringi Con il termine ringi (pronuncia rin-ghi) ci si riferisce al metodo tradizionalmente utilizzato nelle aziende giapponesi per costruire il consenso attorno ad un'idea o ad una proposta. Dal punto di vista operativo, l'attivazione di un sistema ringi implica la circolazione di fogli e proposte, rigorosamente per iscritto, presso tutti i componenti di un gruppo di lavoro, a ciascuno dei quali si richiede di esaminare gli aspetti di sua specifica competenza, e fornire un parere corredato da osservazioni e suggerimenti. Una procedura ringi allunga notevolmente i tempi del processo decisionale, anche se – una volta che la decisione è presa – le attività poi partono a tutta velocità, grazie al livello di preparazione già raggiunto sull'argomento. Negli ultimi anni le procedure ringi, una volta legate ad una copiosa dotazione cartacea fatta di pesanti raccoglitori di moduli, note ed appunti, tendono ad essere spesso standardizzate su moduli elettronici e veicolate all'interno della intranet aziendale. S

Shikata Definito "l'arma segreta del Giappone", shikata è il principio che orienta l'organizzazione sociale ed economica del paese. Alla lettera, significa "il modo di fare le cose". Diametralmente opposto al pensiero latino per cui "ci sono sempre tanti modi di fare una cosa", shikata vuol dire niente improvvisazione, vuol dire pianificazione e rispetto della pianificazione, vuol dire ruoli precisi, procedure, standardizzazione, controllo di conformità, vuol dire controllo di qualità, vuol dire rispetto dei tempi, e così via. Nessuna meraviglia, dunque, se alla costante pratica dello shikata si può, indirettamente, attribuire la causa della maggior parte delle difficoltà nelle relazioni d'affari tra imprese italiane e giapponesi. T

Teishoku Anche noto come setto menu (dall'inglese set menu), è una parola-chiave per mantenere i costi di una missione aziendale a livelli accettabili nel budget di una media impresa italiana. Il menù del giorno, come si direbbe in Italia, rappresenta la pratica comune a tutte le persone che lavorano in Giappone; presente dovunque e visibilissimo dalle 12 in poi, sempre esposto in fotografia o in vetrina attraverso una incredibilmente perfetta 242 Il Mercato della Moda in Giappone


rappresentazione in cera, con un costo mai superiore ai 1.000 yen (8 euro) offre la possibilità di gestire la pausa-pranzo in modo efficace e funzionale. U Ubicazione Nel senso di "ubicazione del punto-vendita", fattore critico per il successo di qualsiasi strategia di commercializzazione al dettaglio. L'analisi del fenomeno dell'escursionismo dello shopping (vedi "Escursionismo") può condurre ad almeno due riflessioni utili agli operatori italiani interessati ad elaborare strategie dirette di accesso e di consolidamento nel mercato. Una riflessione scaturisce dallo studio delle tipologie di spesa dei clienti escursionisti: si tratta, in netta prevalenza, di clienti interessati prevalentemente agli acquisti di prodotti ad alto contenuto-moda (cosmetici ed abbigliamento femminile di fascia alta); la moda, dunque, attira il suo pubblico, atteso che due condizioni siano soddisfatte. La prima è che il sistema di offerta sia strutturato con abilità di marketing: quanto meno, in modo tale da venir percepito come ragionevolmente accettabile in termini di rapporto prezzo-qualità, e con un sofisticato sistema di elargizione alle clienti di gratificazioni tangibili ed intangibili (disponibilità di strutture per il relax, quali caffetterie, servizi per la cura del corpo, aree-benessere; atmosfera raffinata, con illuminazione studiata e giusta musica di sottofondo; strategia diffusa di corteggiamento alle clienti da parte di tutto il personale). L'altra condizione, invece, si ricollega direttamente alla considerazione per cui l'analisi del fenomeno dell'escursionismo dello shopping non può essere condotta senza tenere in giusta considerazione un aspetto tipicamente legato al profilo socio-urbanistico delle aree urbane giapponesi. Caratterizzati sempre da lunghe distanze fisiche, gli indispensabili spostamenti nelle aree metropolitane vengono coperti con mezzi pubblici, e non con auto private. Di conseguenza, ogni trasferimento non è valutato in termini di distanza chilometrica, quanto in termini di tempi di percorrenza. È infatti del tutto improbabile che un pendolare che viaggi all'interno dell'area metropolitana giapponese sia in grado di fornire d'istinto una risposta in merito alla distanza, indicata in termini di chilometri, del tragitto che compie in treno due volte al giorno, ed ancor meno di valutare il numero di chilometri che separano – per citare soltanto due aree di primaria importanza all'interno di Tokyo – l'area di Shimbashi da quella di Kanda, mentre si illuminerà e sarà felice di rispondere al volo, e con ottimo livello di approssimazione, sulla domanda relativa al numero di minuti necessari a spostarsi in treno dall'una all'altra località (eventuali cambi di linea inclusi). Queste considerazioni sottolineano come il consumatore giapponese sia abituato a tracciare la sua personale mappatura del territorio in base alla ramificazione della rete dei servizi pubblici (e soprattutto di quella ferroviaria). Le conseguenze in termini di strategie localizzative commerciali sono evidenti, ed invitano a riflettere – nella 243 Il Mercato della Moda in Giappone


scelta dell'ubicazione del punto vendita – non tanto in termini di localizzazione in senso tradizionale (la ricerca di siti, ad esempio, all'interno di aree 'centrali', o caratterizzati da un buon livello di immagine di eleganza e di raffinatezza), quanto – e soprattutto – in termini di accessibilità. Se un buon sistema di offerta presenta una potenzialità di attrarre pubblico, in altri termini, è essenziale che si riesca a verificare che il pubblico sia in grado di raggiungerlo con facilità (grazie alla prossimità a stazioni ferroviarie, ad eventuali collegamenti dalla stazione con strade pedonali e possibilmente dotate di percorsi a tapis roulant, eccetera). Sviluppando ulteriormente il concetto, si può affermare che sì, è probabilmente possibile sfuggire alla prevedibile ed apparentemente obbligata scelta di Omotesando o Ginza; che è possibile, dunque, attuare strategie localizzative innovative e premianti, ma a patto di non trascurare a nessun costo gli aspetti dell'accessibilità, studiandola in ogni minimo particolare, e soprattutto sottoponendo le ipotesi localizzative prese in considerazione all'analisi dei consumatori locali (abbattendo del tutto, in altri termini, qualsiasi presunzione di essere in grado di giudicare sull'accessibilità di un sito all'interno di un'area metropolitana giapponese pur essendo nati e vissuti a Roma, Napoli o Milano). V Vaghezza Parlando di comunicazione, in Giappone, la vaghezza e l'ambiguità non rappresentano un aspetto patologico, ma (a livelli 'alti') una vera e propria arte nell'uso del linguaggio. L'imperativo culturale dell'importanza di mantenere l'armonia ed il consenso in un gruppo mal si sposa con un linguaggio duro e diretto, per cui l'esigenza di evitare gli scontri frontali ha sviluppato, nelle classi dirigenti e nell'aristocrazia giapponese, una estremamente sofisticata capacità di mantenere buone relazioni, imparando a controllare e nascondere i propri sentimenti personali in nome del valore dell'armonia (vedi "Wa"). Di conseguenza, a livello più diffuso, si indica con il termine tatemae il linguaggio 'di facciata': le cose che si dicono non perché le si pensino, ma perché sono le cose giuste da dire per preservare i buoni rapporti e l'armonia. Di contro, con il termine honne si indica il vero pensiero nascosto, quello che si deve tenere dentro di sé, e che sarebbe vergognoso non riuscire a celare, tradendo l'interesse del gruppo al quale si appartiene per cedere ad un momento di debolezza individualista e socialmente esecrabile. In uno di questi momenti, agevolato dal ripetuto e frequente ricorso alla bottiglia del sake, un uomo d'affari giapponese ha confidato: "se un giapponese con cui hai rapporti d'affari, ad un certo punto, prende a parlarti con il tono di chi ti fa una confessione personale e la fa precedere con le parole "parlando francamente", allora sappi che in realtà sta per partire un ben studiato esercizio di tatemae." A ciascun lettore la valutazione di quanto sia affidabile il 244 Il Mercato della Moda in Giappone


consiglio, consegnato in un'atmosfera contaminata da un elevato tasso alcolico; ma resti sveglia una costante attenzione nei confronti della difficilmente rimovibile attitudine dei businessmen giapponesi a praticare esercizi di tatemae nel nome dell'armonia, della stabilità e del successo dell'azienda di appartenenza. W

Wa Alla lettera, "wa" (pronuncia "uà") significa "armonia". È un principio molto importante nella cultura giapponese, e spesso rappresenta un valore che va difeso ad ogni costo: laddove 'ad ogni costo' può anche significare 'a costo di salvare per lo meno le apparenze'. In realtà, all'interno delle aziende giapponesi i conflitti non mancano, ed è difficile sostenere se in quantità maggiore o minore rispetto a quelle occidentali. Ma la prassi culturale impone che si faccia di tutto per conservare l'armonia in ogni passaggio della vita dell'azienda: di qui la pratica del ringi (vedi), mirata a non fare un passo se non si è raggiunto il consenso (scritto) di tutti gli interessati. Ma sta di fatto che l'armonia è considerata un valore molto importante e prezioso anche nei rapporti con i fornitori, che entrano a far parte del sistema-azienda, tanto che è legittimo affermare che - una volta entrati nel sistema dei fornitori di un'azienda giapponese (specialmente se di taglio tradizionalista) - diventa praticamente molto difficile esserne espulsi, se non per colpe gravi o dolose. A sostegno della diffusione di quest'approccio e della profonda serietà con cui viene perseguito e rispettato, così Kensuke Hosomi, dirigente di Itochu, sottolinea la filosofia dell'azienda rispetto al rapporto con il produttore: "i gruppi occidentali spesso costituiscono le loro filiali in Giappone, controllate al 100%, escludendo le collaborazioni con le imprese commerciali giapponesi, ed avviando direttamente le operazioni di penetrazione del mercato. Itochu invece considera il produttore occidentale come un partner, e le operazioni commerciali vengono attivate sulla base di una collaborazione molto stretta. Secondo l'ideologia del nostro Gruppo, la marca è un patrimonio comune e prezioso che appartiene a tutti i soggetti che collaborano al suo sviluppo, e per incrementarne il valore l'unica strada è quella di coltivare e sviluppare insieme, con sforzi comuni, la partnership che si è venuta a creare." X

Dame No, non è un errore. Il gesto di incrociare i palmi tesi delle mani a formare una X, o semplicemente di incrociare gli indici delle due mani a forma di X, ha una sola 245 Il Mercato della Moda in Giappone


verbalizzazione in giapponese: "dame" (pronuncia: "damè"), che significa "non se ne parla proprio". Può essere un'esasperata richiesta di essere lasciata in pace da parte di una signorina alle prese con un italiano invadente e scortese; ma se con la coda dell'occhio notate che, in una pausa delle trattative, uno dei membri del gruppo giapponese, parlottando con un collega ed evidentemente riferendosi a voi, incrocia le dita, pur se non cogliete il suono di questa parola sappiate che è molto probabile che la trattativa, per voi, si stia facendo davvero difficile. Y

Yes Yes: un termine comprensibile in tutti i paesi del mondo, la parola che chiunque vorrebbe sempre sentirsi dire. Ma in Giappone "sì" non vuol dire sempre ed effettivamente "sì". Nella cultura giapponese, di fronte alla richiesta di un favore si ritiene offensivo o frustrante rispondere con un no. I vari modi di dire no, dunque, comprendono frasi come "adesso ci penso un po'", oppure "fammici pensare" (significano: "non mi interessa"), e così via. Per un giapponese, questi sono dei 'no' espliciti, espressi in forma gentile e non offensiva; ma per un italiano, specie se di indole ottimista, potrebbero anche significare "ce l'ho quasi fatta". Basta saperlo, dunque: molto spesso, ad esempio, la parola "hai" (la più usata per tradurre alla lettera il nostro "sì") è spesso pronunciata semplicemente come interiezione equivalente al nostro "mmmh", o all'anglosassone "I see": ma non vuol dire davvero nulla di più di "ti sto seguendo nel tuo discorso". Di contro, è bene sapere che la risposta "farò del mio meglio" potrebbe anche significare: "sono convinto che non è possibile, e non proverò a perdere neppure un minuto del mio tempo in questa pazzia". Z Zen Lo zen – antica filosofia orientale, introdotta in Giappone dalla Cina nel XIII secolo applicato alla gestione aziendale invita a concentrarsi sull'essere, piuttosto che sul fare. Sulle persone, piuttosto che sulle tecniche. Insegna a ricercare la perfezione in ogni gesto ed in ogni passaggio. Richiede autodisciplina e capacità di controllo dell'ambiente. Richiede perseveranza, pazienza, attenzione. Ed aiuta a coniugare tradizione ed innovazione, ed a trovare la strada per far coesistere Oriente ed Occidente in armonia.

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