Il corpo dell'immagine - Martina Maitan thesis

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uomini come una radiazione malefica. Nella penombra di una luce grigio scura percepiamo una forma umana che si alza dal solito letto: dapprima intravediamo una folta chioma di capelli grigi, poi riconosciamo la figura di una donna anziana che indossa solo un paio di mutandoni bianchi. La vecchia dalle forme abbondanti come le antiche dee della fertilitĂ si siede sul letto, con le spalle rivolte al pubblico, raccoglie qualcosa e se lo porta davanti al volto: forse è uno specchio. Dietro il velo, intanto, la capra dell'inizio riprende a muoversi irrequieta mentre al suo fianco avanza una figura in rosso e, contemporaneamente, dall'alto scende un vetro ovale del tutto simile al primo che lentamente si reclina muovendo il liquido imprigionato al suo interno. La vecchia ha al suo fianco un apparecchio elettronico: una sorta di bilancia o di misuratore di pressione che si aziona al contatto con il braccio destro della donna e che ostenta variazioni numeriche in rosso. Improvvisamente del sangue cola dalla nuca della donna fino a formare una scia che le imbratta la schiena e le mutande bianche in una poderosa macchia tonda. La figura in rosso retrocede mentre la vecchia alza verso di essa la mano detersa, ora tinta di nero, in un estremo saluto dal chiaro ricordo politico. Qui, a Bergen, l’anziana madre si guarda allo specchio ed è questo rapporto di autocontemplazione che produce l'emorragia, che segna l'inizio della perdizione, il paradiso perduto è ormai celato e lo capiamo dal cambiamento delle luce e dei suoni sulla scena. La banda sonora mostra rumori di interferenze elettriche, la vecchia si pettina la crespa peluria con una spazzola, mentre il lattiginoso ovale viene issato in alto come presenza divina irraggiungibile fino a scomparire. Una luce verde illumina la donna che continua nel suo gesto ripetitivo mentre l'apparecchio al suo fianco continua ad inviare segnali numerici luminosi. Poi, lei si volta a sinistra, muove le braccia come per nuotare, e di scatto di gira come per sorprendere il pubblico che la sta osservando con insistenza, in sottofondo si sente la cantilena di una vecchia canzone, e dal fondo di un bianco corridoio avanzano delle figure: due trasportano la testa dell'ariete romano, un'altra segue reggendo l'asta, un'altra infine chiude il corteo portando due bacchette con dei grossi ovali sulla punta simili a delle teste di gameti maschili. L'ultimo angelo solleva il velo tra la donna e la capra permettendo agli altri tre di posizionare l'ariete frontalmente alla vecchia. Nelle antiche


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