Beyond Taste - Oltre il Gusto Magazine - Edizione Primavera 2021 ..

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Autore e fotografo Giovanni Panarotto




Mast Head Copyright 2021 by Beyond Taste – Oltre il Gusto Magazine. All rights reserved. No part of this magazine maybe reproduced or used in any manner without the written permission of the Publishers. Graphic Design: Alba Graphic Design Studio, Madrid, Spain. Advisory Board of Directors & Director of Technical Solution: Author & Photographer Philippe Germain. Founder, Publisher & Editor in Chief: Margaux Alexandria Cintrano. Co Publisher, Author & Italian Translator: Maurizio Pelli. Official Photographer: Giovanni Panarotto. Official Spanish Editor in Chief: Sommelier José Luis Del Campo Villares. Collaborating Photographers – Spring Edition 2021: Cover Photographer Emanuela Nocito Official Photographer Giovanni Panarotto Photographer Philippe Germain Photographer Gigi Montali Photographer Giovanni Vernengo Photographer Adolfo Loyola Photographer Laura Rizzo Staff Collaborating Authors, Journalists and Reporters: Journalist Margaux Cintrano Author Maurizio Pelli Author & Sommelier José Luis Del Campo Villares Cybartender Luca Coslovich Massimo Vidoni – Italtouch, Dubai Livia Riva, La Dame du Vin Nisrin Stoica & Ramona Maria Dinca - Kids Chef Academy, Bucharest Maestro Chef Giuseppe Giuliano Chef Mario Pucci Doctor & Research Scientist Susan Levenstein, Rome, Italy


Fotografia di Giovanni Panarotto


Publisher Page

Edizione Primavera 2021 Pagina Editoriale a cura di Margaux Alexandria Cintrano

Un website internazionale Beyond Taste - Oltre il Gusto Magazine, presenterà a breve il proprio sito in quattro lingue; italiano - inglese – spagnolo - francese. Sono lieta di poter affermare che questa indizione per i nostri lettori sarà una “visita” davvero interessante. L’edizione Primavera 2021, per appassionati di vino e buongustai con la sua selezione di gastronomia internazionale e cucina regionale italiana classica e moderna. I nostri giornalisti, fotografi, autori e collaboratori hanno spaziato nei territori di molti Paesi; Argentina - Francia - Italia - Spagna – Romania - Dubai, Emirati Arabi Uniti. Oltre ai nostri collaboratori e contributori abituali, presentiamo alcuni volti nuovi, provenienti da tutti i sette mari. In questa edizione, molto speciale, la dottoressa - ricercatrice Susan Levenstein, di Roma, fornisce un rapporto straordinario riguardo Covid19 e agli aspetti positivi e negativi di tutti i vaccini disponibili. Due i nuovi fotografi; Adolfo Loyola di Buenos Aires - Argentina e la fotografa italiana Emanuela Nocito, autrice della Copertina di questa edizione. Nisrin Stoica, fondatrice e direttrice e Ramona Maria Dinca, ufficio stampa e pubbliche relazioni presentano la nuova “Kids Chef Academy”, ricca di programmi ideati e dedicati ai bambini di tutte le età con i loro genitori, proponendo agli adolescenti sani consigli nutrizionali - abilità culinarie di base - capacità di interazione sociale - cultura alimentare - conoscenza dei prodotti e capacità di lavoro di squadra. A partire da questa edizione, l’editore Margaux Cintrano ha deciso di creare una colonna zodiacale per tutti coloro che desiderano leggere il loro oroscopo. Un nuovo articolo - aggiornamento riguardo gli oli d’oliva extravergini spagnoli premiati della stagione 2020 in Spagna. Seguirà una serie di nuovi articoli e interviste di Maurizio Pelli editore, tra i quali; Michelin Starred Chef Andrea Sarri, Paola Cappuccio – Pizza Verace, Enrica Beatrice Amabilia - Tenuta Baron Wine Estate e la nuova cripto banca “Italian Wine Cripto Bank”. Non mancheranno gli articoli dei nostri corrispondenti abituali; Massimo Vidoni - “The Truffle Man”, Livia Riva - La Dame du Vin, Sommelier José Luis Del Campo Villares con tre interessanti articoli in lingua spagnola, Cybartender Luca Coslovich con una gamma sensazionale di cocktail primaverili, il maestro pasticcere Giuseppe Giuliano - fotografia di Giovanni Vernengo e lo Chef Mario Pucci - fotografia di Laura Rizzo. Beyond Taste - Oltre il Gusto Magazine inizia positivamente questa nuova stagione, anche se in un momento globalmente molto difficile e impegnativo, augura una rigenerante primavera a tutti i suoi lettori. Margaux Cintrano & Maurizio Pelli editori - Madrid



Co-Publisher Page

Edizione Primavera 2021 Co.Publisher Page a cura di Maurizio Pelli editore

Interviste **Michelin Starred Chef Andrea Sarri - “Ristorante Sarri” Enrica Beatrice Amabilia - Tenuta Baron Emanuela Nocito - Maestra d’Arte Paola Cappuccio - “Pizza Verace”

Articoli GulFood 2021 - di Maurizio Pelli editore – Dubai La Banca “Italian Wine Crypto Bank” di Maurizio Pelli “Expo 2020” di Marco Lolli -Dubai “Champagne” di Livia Riva



Contents

Cover: Lady Photographer Emanuela Nocito

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Maurizio Pelli: Interview on Lady Photographer EmanuelaNocito.

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18

Cybartender Luca Coslovich

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Photographer Gigi Montali

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32

Photographer Philippe Germain

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36

Photographer Adolfo Loyla – Buenos Aires, Argentina

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44

Maurizio Pelli: Michelin Starred Chef Andrea Sarri

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50

Sommelier José Luis Del Campo Villares ( 3)

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58

Nisrin Stoica & Ramona Maria Dinca: Kids Chef Academy - Bucharest

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66

Livia Riva, La Dame du Vin

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70

Massimo Vidoni, “The Truffle Man” - Italtouch, Dubai

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74

Maurizio Pelli: Paola Cappuccio – “Pizza Verace”

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80

Maestro Chef Giuseppe Giuliano & Photographer Giovanni Vernengo.

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84

Maurizio Pelli: Enrica Beatrice Amabilia – “Tenuta Baron”

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88

Doctor and Research Scientist Susan Levenstein

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92

Chef Mario Puccio & Photographer Laura Rizzo

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Tourist Guide Marco Lolli – “Vivere a Dubai” - U.A.E.

Pag. 102

Maurizio Pelli: The Italian Wine Crypto Bank

Pag. 106

Publisher Margaux Cintrano – The 12 Signs of the Zodiac in English and Italian

Pag. 110

Publisher Margaux Cintrano - Spanish Olive Oils

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Emanuela Nocito, poliedrica Fotografa - Maestra d’Arte di Maurizio Pelli editore fotografia di Emanuela Nocito Emanuela Nocito, nasce ad Andora (SV) nel 1983. Nel 2001, frequentò l’Istituto d’Arte di Imperia qualificandosi “Maestro d’Arte” dove nel 2003 conseguì il diploma di “Grafica Pubblicitaria e Fotografia”. Seguì un “Attestato di Frequenza” partecipando ai corsi di organizzazione mostre - gestione gallerie d’arte presso pressi l’Associazione Artemisia Savona dal 2005 al 2006. Dove realizzò un progetto di creazione e allestimento della mostra avente tema “I Cinque Sensi”, basata sulla ricerca - contatto diretto di artisti - scelta delle locations - stesura dei costi relativi alla realizzazione di una mostra d’arte. Frequentò corso tecnico di gestione - servizi - eventi presso “Immaginazione e lavoro -Torino” dal 2008 al 2009 e nel 2011 si laureò in “Scienze dei Beni Culturali” con indirizzo storico artistico presso l’Università degli Studi di Torino Facoltà di Lettere e Filosofia. Proseguì con uno stage formativo presso la Fondazione 900 Chivasso (To) nel 2012, principalmente con mansioni di responsabilità; segreteria organizzata - accoglienza visitatori museo - guida per gruppi o singoli visitatori - progettazione laboratori didattici per bambini delle scuole elementari e medie - gestione dati - help desk - allestimento e disallestimento mostre - progettazione allestimento spazio espositivo. Durante lo stesso si dedicò al volontariato, sempre nella Fondazione, con mansioni principali di guida museale di gruppi e singoli. Nel giugno 2013 partecipò mostra fotografica “non solo rosa...donne in fantasia” dove rappresentò la trasformazione del corpo umano tramite lo sport, il tatuaggio quando ricopre interamente il corpo e la maternità, questo fu il suo primo scatto di una gravidanza, un genere fotografico che approfondì al quale si dedicò molto, specializzadosi in questo tipo di ritratti. Dal 2013 a oggi si dedica anche a un genere diverso da quello del suo studio, scoprendo la passione di fotografare i cocktail creati dai barman, esaltando la forma forma e colore, sperando di tramettere il piacere di gustarli. Nel 2014 Emanuela espose una mostra fotografica presso “Paratissima Torino” dove presentò le fotografie di tre tipi di donne, che rispecchiavano ironicamente, come spesso sono identificate nella società; “suora - gallina - prostituta”. Nel 2017 partecipò al “workshop fotografico” con Paloma Shell, americana, specializzata nella fotografia neonatale e nel 2018 al workshop con Toni Lara, spagnolo, specializzato nella fotografia neonatale e della famiglia, entrambi noti fotografi di fama mondiale. Emanuela gode di notevoli capacità relazionali, predilige il lavoro in “team” a stretto contatto con le persone, le nuove esperienze non la spaventano, al contrario, la stimolano. Costantemente pronta ad adavventurarsi in nuovi territori dove può continuare a imparare e apprendere. Le sue precedenti attività lavorative le hanno permesso di acquisire ottime capacità di organizzazione e con i corsi di gestione di eventi e delle gallerie d’arte le hanno permesso di ottenere nozioni specifiche per poter spaziare in tutti i diversi campi di Maestra d’Arte.


Da Andora, passando per Capo Mele, prima di raggiungere Laigueglia si gode uno dei panorami più suggestivi - fotografati della Riviera di Ponente, cosa ha scatenato la tua passione per la fotografia? Devo proprio ringraziare il territorio in cui sono nata e cresciuta, circondata dall’azzurro del mare e il contrasto verde brillante della vegetazione che ha fatto emergere in me il desiderio fin dall’adolescenza di immortalare questi angoli, così d’angolo in angolo la mia passione è con il tempo sempre più cresciuta allargando e cambiando anche la prospettiva. Il sogno comune di molti fotografi è quello di vivere - studiare - emergere nelle grandi metropoli come New York o nelle nuove città emergenti come Dubai, non sei mai stata tentata di lasciare le tua Liguria per altri lidi? Mi piacerebbe espolrare altri lidi per nuove esperienze professionali, New York è la città simbolo credo quasi per ogni artista, ma se dovessi partire per un viaggio fotografico trovo affascinante il Giappone, pieno di scenari completamente diversi da scoprire e da fotografare. Lasciare completamente la Liguria? Come ho detto prima, ho la fortuna di vivere in un territorio bellissimo, come è d’altronde tutta l’Italia, a misura d’uomo dove puoi trovare stimoli creativi non lontano da qui, quindi almeno per il momento non credo che la lascerò. Fotografare corpi coperti da tatuaggi, neonati e famiglie, apparentemente sembrano soggetti fotografici contrastanti oltre che totalmente diversi. Qual è trait d’union? Sono tutti ritratti, in cui cerco di far esaltare le peculiarità di ogni soggetto, probabilmente, il neonato di oggi sarà l’uomo tatuato di domani. Solitamente i fotografi del “food & wine” iniziano dal “food plating” fotografando i piatti degli chef, per poi spaziare in tutto il settore. Al contrario, tu, ti sei dedicata direttamente alle creazioni dei barman, com’è nata la tua passione per i cocktail? È stata una passione scoperta quasi per “caso” nata da una richiesta lavorativa. Quello dei cocktail e la rittratistica sembrano due mondi completamente diversi, invece, trovo che siano complementari. Fotografando i cocktails cerco di esprimere e far comprendere lo stile del o della barman, dunque dell’uomo o donna che ha creato ogni cocktail. Quando e perché hai deciso di aprire il tuo studio fotografico? Ho aperto il mio studio il primo luglio del 2018, perché ho sentito l’esigenza di avere uno spazio esclusivamente dedicato alla creazione dei miei set fotografici. Progetti futuri? Far crescere il mio studio, migliorarmi sempre più, continuare a studiare sempre e allargare il mio obiettivo fotografico, magari poi riunendo i miei scatti in un libro fotografico.




Primavera da bere “Non importa quanto freddo sia l’inverno, dopo c’è sempre la primavera”. (Eddie Vedder, frontman dei Pearl Jam) di Luca Coslovich fotografia di Emanuela Nocito

La voglia di sole, di stare fuori, ritorna prepotente, come ogni anno alla fine dell’inverno. Anche in tempi difficili come i nostri, il desiderio di stare in terrazza a sorseggiare un buon drink si fa sentire. E allora vediamo le proposte dei barmen italiani per questa tanto desiderata stagione. “Velvet Dream” di Rita Proietti 3 cl vodka liscia 3 cl triple sec 1,5 cl bitter campari 1,5 cl succo di limone velluto di ciliege La primavera è sempre stata vista come la stagione della rinascita e, mai come quest’anno ci auguriamo che questo accada presto visto che stiamo vivendo tutti un momento di letargo causa Covid19. Rita si occupa dell’organizzazione di eventi, a Roma, ed in questo preciso momento storico ha riscoperto il valore della solidarietà, ha infatti fondato una associazione no profit mettendo a disposizione la sua professionalità per tutte quelle persone che non hanno la possibilità economica di poter frequentare un corso di formazione. Perché ha scelto questi ingredienti per il cocktail: Vodka: forte, secca e dura come la vita; Triple sec: aromatico, dolce come vorremmo fosse la nostra esistenza; Succo di limone: profumato e aspro per ricordarci sempre che la vita ci riserva cose belle e meno belle. Bitter campari: rosso vivo, amaricante, il rosso accende la passione e la parte amaricante ci ricorda di agire con moderazione; Velluto di ciliegie: profumato, soffice, il ciliegio dal fiore al frutto non sempre il raccolto è certo, così come nella vita si lotta per creare armonia, unione e legami forti e non sempre si riesce a farlo ma sarà questa unione che nei momenti di sconforto ci permetteranno di attutire le avversità della stessa. E’ da tutto questo che nasce il Velvet Dream.


“Passeggiata in montagna” di Mauro “Dandy” Uva: 1 oz succo di limone del garda, 1/2 oz sciroppo di pino mugo fatto in casa con metodo tradizionale, 1e 1/2 oz grappa storica nera, top selz aromatizzato ai licheni di pino cembro, garnish lichene caramellato Mauro potremmo definirlo “l’ambasciatore della grappa’. Veneto doc, mette la territorialità al primo posto, sia nei cocktail che prepara sia nei corsi che tiene alla “fucina del bere”. I suoi home made sono rielaborazioni di ricette tradizionali, di rimedi casalinghi, prodotti creati in origine per curarei vari malesseri, fino a ricette tradizionali di liquori o aromatizzazione della grappa.

“Trois derniers” di Luca Coslovich 5 cl.Tequila 3 cl.Peachtree 2 cl.Lime 1 cl.sciroppo di Butterfly pea tea Spry acqua di rose Shakerare bene e servire in coppetta ghiacciata “trois derniers” (le ultime tre) è l’annuncio che fa il groupier della roulette per annunciare l’imminente chiusura del tavolo. Un momento atteso e temuto dai giocatori, a seconda delle vincite o delle perdite! La forza della tequila viene stemperata dalla dolcezza della pesca ed equilibrata dall’acidità del lime. Il “Butterfly pea” è una specie che appartiene alla famiglia delle leguminose, originario del Sud-Est asiatico e, in particolare, la varietà diffusa sull’isola indonesiana di Ternate fa parte dell’Arca del Gusto di Slow Food, che raccoglie e tutela i saperi e i prodotti tradizionali che le diverse comunità nel mondo si tramandano da generazioni. La parte che affascina di più di questa pianta è rappresentata dai fiori di un blu profondo e intenso.


“La Casalinga di Voghera” di Teo “radici” Stafforini 45ml Pisco acholad 15mlRiga Black Balsam 7,5ml Albume pastorizzato 25ml Limone 15ml Zucchero aromatizzato ai peperoni De. Co. di Voghera 20ml Mostarda dolce-piccante mista di Barbieri (Voghera) Foglie di prezzemolo fresco Straight up /Double strain Andiamo in provincia di Pavia per trovare una proposta che unisce una forte territorialità unita ad un distillato peruviano. Il drink ruota intorno a due eccellenze di Voghera, la Mostarda dolce piccante di Barbieri e i peperoni De. Co. La Mostarda mista(usando i pezzi meno forti, come fichi, marroni, meloni, pera e zucca) viene frullata col proprio sciroppo di conservazione. I peperoni aromatizzano lo zucchero per tutta la notte e poi vengono tolti dal barattolo per evitare che estraggano eccessivo sapore,essendo molto aromatici. Il Black balsam dona amaricante e intensità. La parte sour è rigorosamente italiana (limoni anziché lime) La scelta del pisco è data dal fatto che è il distillato che meglio si avvicina al concetto di uva in miscelazione, essendo Voghera capitale dell ‘Oltrepò, ampia zona vitivinicola del nostro paese. La grappa sarebbe stata troppo invasiva, ed il brandy (per citare un altro distillato di vino) troppo rotondo per il mio scopo. “I miss the kiss” di Gianluca Brizzolesi 2 cl Vodka 2 cl Passion Fruit 1 cl succo di lime 2 cl S.Germain 3 cl Ginger Beer 2 dash di Blu Curacao Shakerare i primi quattro ingredienti, servire in old fashioned, con double strain e completare con ginger beer e blue curacao. Decorare con una foglia di Basilico Coreano (perilla frutescens) Gianluca, classe 1968, nasce professionalmente nel maggio del 1989 al Bonnie Prince Charlie Pub alla guida di Medardo Casella (mitico, ndr.) Capo Barman a.i.b.e.s. Dopo varie esperienze nei migliori american Bar e discoteche di Piacenza e della Riviera Romagnola nel 2001 viene reclutato da Diageo nel incarico di super ho.re.ca Manager alla Guida di Rodolfo Maria Guidi e Franco Gasparri ed è li che incrementa la sua esperienza nel modo del Beverage e non solo interagendo con locali a livello nazionale e internazionali nelle organizzazioni di eventi riguardanti distillati e liquori poi l’incontro con un amico di vecchia data Danilo Bellucci lo porta ad essere nel suo team per organizzare eventi nazionali e internazionali come Lady Drink challenge on ice il 110 e lode e Order of Merit insieme a Michele Dicarlo, Fabio Marinoni, Gionata Repetti, Enrico Rovella. Da poco, insieme a Paolo Trippitelli alla guida di “Emporion“ nella centralissima via Vittorio Emanuele a Piacenza di un Concept di nuova tendenza che crea come un blended sofisticato moda e locale dalle colazioni con una caffetteria con una vasta offerta che comprende diversi tipi di caffe, anche creati con la Chemex , moka e V 60, fino ad arrivare agli aperitivi.



Verdi tra le nebbie, viaggio fotografico trapassato e presente dei luoghi verdiani articolo e fotografia di Gigi Montali La memoria è uno strumento fondamentale per l’attivazione del pensiero, la comprensione degli eventi e della Storia. Nelle Basse Terre parmensi il ricordo di Giuseppe Verdi resta vivo e sempre accompagnato da aneddoti. Ogni angolo di queste zone rievoca qualche parte del percorso umano del Maestro. Questo progetto fotografico è nato per far conoscere Verdi anche come uomo della terra e come possidente agricolo oltre che come grande compositore. Giuseppe Verdi abitava in un triangolo di terra tra Roncole (PR), Sant’Agata (PC) e Busseto (PR). Terre bagnate dall’Ongina e dal Po, che si estendono tra filari di pioppi, cascine, argini, brine e nebbie. Verdi passa in questo angolo di mondo, che gli ha dato i natali, ottanta dei suoi ottantotto anni di vita. Solo dal 1839 al 1846 si trasferisce a Milano. Per la maggior parte della sua vita, pur viaggiando moltissimo per raggiungere i teatri di tutto il mondo che lo acclamano (Parigi, Londra, San Pietroburgo, Venezia, Napoli) o località dal clima più gentile (Montecatini, Recoaro, Genova) per questioni di salute, farà puntualmente ritorno “a casa”, tra le sue nebbie e i filari di pioppi. Con le fotografie di questo progetto rivisito i luoghi verdiani con un filtro quasi onirico e racconto, attraverso la fotocamera, come sono diventati e da chi sono abitati oggi, in un viaggio emozionante tra chiese, terreni epalazzi, dove l’uomo Giuseppe Verdi è passato lasciando la sua influenza, vivendo nella propria storia, nel proprio tempo. Il progetto è una puntuale ripresa dell‘’attualità dei luoghi che oggi sono chiamati Verdiani e che un tempo erano solo le basse terre padane nelle quali il Maestro camminava, lavorava e viveva. La terra era per il maestro una forte attrazione era lui che andava a controllare il lavoro dei fattori e verificava la qualità dei suoi raccolti. È nella sua villa di Sant’Agata che componeva le sue opere, la nebbia oltre a far stagionare i Culatelli, alimenta la vena artistica di chi ci vive. Vorrei che attraverso le fotografie possiate vedere un punto di vista nuovo ed inedito la figura del musicista, che aveva uno stretto rapporto con la sua pianura nebbiosa che si espande lungo le rive del fiume Po tra filari di pioppi e vegetazione.







Invitée D´Honneur Photographer Philippe Germain Ses Passions, Ses Sectets Pour 2021 et Interview De: Journaliste Margaux Cintrano Photographies: Auteur et Photographer Philippe Germain Oû est - ce que vous êtes installe? Je suis installé à Montpellier (dans le Sud de la France). Cést une ville très agréable, trèslumineuses, proche de la mer et qui est très dynamique tout l´année. Les saisons, les produits, les arômes, l´ambiance, les couleurs, le restaurant, ce qui vousinspire? Vous dire, c’è qui m’inspire, c’est ce qu’inspire la vue de l’assiette. Bien sûr qu´il fauttravailler avec ces éléments, mais ce qui m´intéresseavant tout est l´aspect final de l´assiette, queques solentles produits, arômes, couleurs ou style de cuisine. Puisque vous aves créé le concept de Visions Gourmandes, pourquoi ne pas aider les amateurs de belles présentations par d´autres moyens ? Vouspourriez faire du coaching, our mettre au point des outils d´aides à la realization de dressagesprofessionnels ? C´est une excellente question…J’y réfléchis despuis longtemps et je travaillé actuellement sur un projet dans ca sens. Vous en aurez la surprise d´ici quelques temps. Mystère et patience. Queles photographes admirez vous le plus et pourquoi ? Il n´y a pas de photographes que j´admireparticulièrement. Je peux aimer tel ou tel photographepour telle our telle photo. Mais pas de mentor que jepourrais admirer. Quelles son vos villes favorites ? Paris and Bangkok. Parce que ce sont des villes riches culturellement et humainement, et où des surprises vous attendant à tous les coins de rue. Dites - moi, à propos de vos voyages les plus remarquables et memorables. J´al vu certaines de vos belles potos prises en Asie, par exemple: Avez vous un voyage de rêve concernant l’art du dressage ? Même si en France, pays de la gastronomie, on trouve la plupart des trés grands Chefs qui fon d´excellentes présentations, il y a aussi un pays qui esttrès présent dans la domaine artistique culinaire, c´estle Japon. Les asiatiques aiment regarder avant de manger et les japonaises sont passé maîtres dans l´art de presenter de belles assiettes. J´aimerais vraiment y faire un tour. Vous m´invitez à aller !






Amedeo Scarpa, Italian Trade Agency


Gulfood 2021, dentro l’evento, The Italian Food Lab Maurizio Pelli editore fotografia: GulFood 2021 Oltre 2500 aziende provenienti da 85 Paesi delle quali più di 120 italiane, hanno partecipato alla prima fiera internazionale del settore durante l’epidemia di Covid-19. Gulfood 2021, il primo evento globale (F&B) “dal vivo” da ormai quasi un anno, quando espose la pandemia. Iniziato domenica 21febbraio al Dubai World Trade Center (DWTC). Gulfood, tra le più grandi fiere alimentari (cibi e bevande) del mondo è giunta alla sua ventiseiesima edizione, con meno presenze rispetto le scorse edizioni, che durante il pre pandemico 2019 stabilì l’affluenza record con più di centomila visitatori provenienti da oltre duecento Paesi. In questa edizione 2021 come durante la precedente 2020, nonostante il calo di presenze, maggiori sono stati gli incrementi di partnership, investimenti ed esportazioni multimiliardarie, grazie al collegamento in rete dei partecipanti in grado di visionare, esplorare le novità del mercato e alla possibilità di contrattazione e compravendita online in tempo reale. Molte le conferenze e i seminari dedicati agli investitori globali attraverso le startup di molti programmi innovativi. Continua, anche se sottotono rispetto lo scorso anno, l’aspetto culinario, gastronomico multisensoriale, con una serie di eventi giornalieri in stile festival. Rientrato a Dubai, lo scorso 19 febbraio dalla Bulgaria, appena in tempo in tempo per partecipare a questa ventiseiesima edizione di Gulfood 2021, svoltasi dal 21 al 25 febbraio. Un evento che seguo dal 2000, dove ho il piacere di parteciparvi attivamente dal 2014. Appena entrato, subito notai la differenza rispetto la precedente edizione, quando si iniziava a percepire l’arrivo incombente dell’epidemia e molte entrare di accesso al “World Trade Center”, sede della manifestazione furono chiuse, in modo da convogliare tutto il pubblico solo nei punti d’ingresso muniti di rilevatori della temperatura corporea. Durante questa edizione GulFood 2021, in conclamata pandemia, sono stati messi in atto rigorosi protocolli di sicurezza e igiene, DWTC (Dubai World Trade Center) ha dimostrato una notevole capacità organizzativa in grado di sanificare e igienizzare ininterrottamente l’ambiente degli incontri “viso a viso” rendendoli il più sicuri possibile, garantendo così un livello alta sicurezza, come già fu in occasione del “Gitex Technology Week” dello scorso dicembre (dove partecipai e scrissi un articolo sull’edizione Natale 2020 - Inverno 2021 di Beyond Taste - Oltre il Gusto), l’unico evento tecnologico “dal vivo” dello scorso anno, dove il 96% delle decine di migliaia di partecipanti locali e internazionali interpellati la considerarono un’esperienza “sicura o molto sicura”. Durante tutto lo svolgimento della fiera fu obbligatorio indossare correttamente le mascherine e rispettare il distanziamento sociale. Per garantire la sicurezza di tutti i partecipanti, un notevole spiegamento di addetti ai controlli, pronti a intervenire in caso di situazioni di rischio, che con gentilezza, ma, fermamente richiedevano l’immediato uso corretto delle mascherine e delle misure di distanziamento. Per evirate assembramenti, sono state abolite anche le registrazioni del pubblico in loco in favore di quelle esclusivamente online (addetti stampa, media e giornalisti esclusi) e l’orario di ingresso al pubblico, a parte la prima giornata che iniziò alle 11, fu esteso di un’ora, dalle 10 alle 17. Come per ogni precedente edizione, costantemente cresce l’interesse, anche se la presenza degli espositori, produttori, commercianti e rappresentanti provenienti da tutto il mondo è compromessa dalla pandemia in corso. Le aziende italiane del settore sono sempre più presenti, Dubai si riconferma, la vetrina più scintillante del Medio Oriente. Un evento fieristico globale, dove prodotti e produttori hanno la possibilità di “viaggiare virtualmente” nel Golfo Arabico, ancora oggi, molti Paesi del Medio Oriente non sono visitabili o perlomeno lo posso essere con molti rischi e difficoltà. Gulfood offre la possibilità di reperire clienti e fornitori tra e per le aziende nei Paesi del Golfo senza necessariamente doverlo fare fisicamente.


Costante e sempre crescente negli anni anche l’impegno di supporto e patrocinio delle istituzioni italiane, da sempre presenti in questa importante manifestazione fieristica internazionale. Durante la prima giornata, la mattina del 21 e’ stato presentato al pubblico, con la gradita presenza del Console Generale S.E. Giuseppe Finocchiaro, “The Italian Food Lab” parte del “Italian Pavillon”, patrocinato dall’Ambasciata Italiana di Abu Dhabi e dal Consolato Generale Italiano a Dubai e organizzato dall’ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane nell’ambito del programma promozionale pubblico) e dall’ITA (Italian Trade Agency) che anche in questa edizione si sono avvalse del supporto operativo della società di eventi di Rosario Scarpato, “The I Factor” di Dubai. Il direttore culinario chef Marcello Rivetti - Bice Group , inizia il programma cucinando e coordinando tutti gli chef provenienti dai migliori ristoranti italiani negli Emirati, che si esibiranno durante la serie di “show cooking”, “master class” e “The Pasta Challenge” dedicati al pubblico per tutti i cinque giorni dell’evento. Amedeo Scarpa “Italian Trade Agency” trade commissioner e Alessandro Lamura deputy commissioner, introducono e commentano al pubblico i lavori dell’Italian Food Lab. Il pomeriggio sarà dedicato alla Master Class “Zero Waste in the Kitchen” dello chef Marco Sacco, 2 Stelle Michelin - Piccolo Lago Verbania e Piano 35 Torino. Nella seconda giornata al The Italian Food Lab, giunge la gradita visita dell’Ambasciatore Italiano S.E. Nicola Lener, mentre chef Marcello Rivetti cucina e coordina la Master Class dello chef Giuseppe Pezzella - Cinque Restaurant Five Hotel di Dubai. Nel pomeriggio la master class Zero Waste in the Kitchen dello Chef Norbert Niederkofler 3 Stelle Michelin, Executive chef del ristorante St.Hubertus dell’Hotel Rosa Alpina e Patron del Ristorante AlapiNN di Bolzano che durante l’occasione presenterà anche il suo libro “Cook the Mountain”, the nature around you. La terza giornata The Italian Food Lab è dedicata al “The Pasta Challenge” - “Italian Cuisine Connects People” in collaborazione con Tutto Food Milano e Chef Uwe Micheel, Presidente della “Emirates Culinary Guild”. The Challengers: Carofaro Chocolate, filetto al cioccolato. Fontina Coop, filetto di manzo alla fontina. Con Gusto, Taormina vista mare. Social by 3 stelle Michelin Heinz Beck, tributo alle donne. Happy Mama, pappardelle contadine. Campo d’Oro, penne trapanesi.



La quarta giornata del The Italian Food Lab, è dedicata alle Master Class e agli show cooking “Italian Cuisine Connects People” in collaborazione con Tutto Food Milano. Protagonista Chef Davide Gardini, BICE Restauran - Hilton JBR, con una sfera di verza e i ravioli ai porcini di ricotta e spinaci. Seguiranno gli show cooking: Fontina Coop, risotto al limone. Con Gusto, filetto di manzo al caffè. Happy Mama, tagliatelle forti. Campo d’Oro, mousse di ricotta e pistacchio. Karoma Caffè, ricotta dolce alla menta. Quinta e ultima giornata di questa ventiseiesima edizione, chef Marcello Rivetti coordina la Master Class dello Chef Alessandro Miceli, Bella Restaurant & Lounge, il minestrone. Seguiranno gli show cooking: Fontina Coop, classica fonduta. Con Gusto, fragole menta e caffè. Carofaro Chocolate, risotto cioccolato e formaggio. Happy Mama, beef medallion. CampodOro, tagliatelle della fattoria. Girando tra i tre padiglioni italiani, locati in differenti aree dell’enorme fiera, si trova anche il padiglione “Taste of the World”, che promuove “Cucina Internazionale” dove molti chef, anche italiani, partecipano agli eventi di “Flour Kitchen” - “Eat Drink Recharge” - “ChefsTalks”, presente il famoso pasticcere tedesco René Frank, 2 Stelle Michelin, eventi coordinati dallo chef Aira Piva di Dubai. Una grande manifestazione di riconoscimento per questo settore di rilevante importanza economica, dove 110 delle più importanti società di F&B e affari si sono incontrate e confrontate. Dirigenti e General Manager della DHL, Emirates SkyCargo, Microsoft, Pizza Hut, Pepsi Cola e gli amministratori delegati delle grandi aziende locali; Majid Al Futtaim, Lulu International Group. Chef di fama internazionale, Michelin Starred Chef e i migliori maestri culinari degli Emirati Arabi Uniti, insieme riuniti per sviluppare nuove intuizioni e prospettive da mettere in atto per fronteggiare l’epidemia di Covid-19, nella speranza che si potrà partecipate alla prossima edizione GulFood 2022, senza restrizioni, in totale libertà e a pandemia finalmente debellata.






Fotógrafo Adolfo Loyola Pasión, Éxito y Versátil Entrevista de: Margaux Cintrano, redactora Fotografía de: Food Photographer y Chef Adolfo Loyola Buenos Aires, Argentina

¿Puede decir a nuestros lectores qué o quien lo inspiró a estudiar las artes culinarias y la fotografía? Mi Hermano Rafael, fue gerente del restaurante “Rey del vino” ubicado en el barrio de Palermo, Buenos Aires. Allí comencé lavando platos a los catorce años de edad. A los dieciocho años comencé a trabajar en el hotel Sheraton Buenos Aires como camarero de eventos durante un año. Luego de ello volví a la cocina y a los veinticuatro años ya era jefe de cocina de “Cerpae” para Repsol YPF. Fue allí donde llegué a mi techo en la cocina y me vi en la obligación de comenzar mis estudios gastronómicos durante cinco largos pero fructíferos años. No puedo negar que con el correr de los años, mi abuela materna Constanza (Lituana), mi madre Elvira (QEPD) y luego la señora Lorenza (Quien me educó) marcaron mis gustos por la cocina. Mi padre Don Adolfo Loyola dejó su huella con el campo, las brasas, el fuego, las carnes y la cocina criolla argentina. La fotografía llegó a mis treinta y nueve años (Hoy tengo cincuenta años) Comencé sin pensarlo, como un juego, con una cámara digital pocket General Electric, una camisa blanca como telón y un reflector de estudios de TV. La primera fotografía es visualmente intolerante, pero, la amo y, hoy en día está colgada en mi cocina. Me recuerda todos los días mi comienzo y mis primeros pasos. Pasaron los años y fotografiar (Sin tener conocimientos) era algo habitual. Una pareja de amigos fotógrafos, viendo mis trabajos, me recomendaron estudiar fotografía y allí fue cuando el mundo apareció ante mí. Estudié dos años y ya había ganado premios tanto nacionales como internacionales. Hoy tengo el honor de ser el fotógrafo oficial del movimiento “Nueva Cocina Argentina” lugar que alberga a los chefs más importantes de Argentina, trabajando junto a ellos en el arte de la imagen. Hoy cuento con mi estudio fotográfico, salón para producciones gastronómicas, parque para producciones al aire libre y una cocina totalmente equipada para el desarrollo de los platos y Food Styling. ¿Se nota que eres muy comprometido y polivalente (versátil). ¿Que estas haciendo profesionalmente en este momento? Es una gran pregunta y más en este momento que aflige al mundo entero. Con el comienzo de la pandemia, mi trabajo fotográfico quedó muy postergado. Más aun teniendo en cuenta que mi trabajo es netamente gastronómico. Por ese motivo y por la falta total de trabajo decidí abrir un local gastronómico de cocina regional argentina, trabajando “Take Away” y con delivery.


Hablamos de 2021 - 2022. ¿Tiene algún libro y / o proyecto en el que este trabajando en este momento? Continúo con mis estudios fotográficos, para incrementar aún más mis conocimientos y poder llevarlos a la práctica para mi proyecto personal (Mi primer libro) el cual contará con historias de vida a lo largo de mis cincuenta años, recetas añejas y contemporáneas y muchas fotografías no solo de platos, sino también, arquitectura de Buenos Aires, otra de mis pasiones. Sí el dinero no fuera un problema, cual es el viaje gastronómico de tus sueños y por que? Me encantaría viajar a Lituania (Cuna de mis abuelos) disfrutar y descubrir su idiosincrasia, paisajes, ciudades, costumbres gastronómicas y su arquitectura. Es algo muy particular que viví de niño. Entrar a la casa de mis abuelos, era entrar a Lituania. Todo estaba ambientado, los colores, los muebles, la cocina, habitaciones ¡Era otro mundo! Lo supe de grande al ver documentales y la gloriosa película de Sylvester Stallone F.I.S.T 1978, donde él se enamora de una joven lituana. No puedo negar que Italia y España son otros de los atractivos turísticos y gastronómicos que generan un gran interés en mí. En especial esos pequeños pueblos que mantienen pura esa gastronomía añeja. La arquitectura y los paisajes, son realmente interesantes, pequeñas casas, campos, piedras, jardines, madera, mimbre, horno a leña y esa belleza de lo cálido, es para mí un sueño. ¿Cuáles son sus manías? ¡Tengo muchas! Tomar mate todo el día, haga lo que haga. Es una infusión de yerba mate que se coloca en un recipiente de madera, cerámica o vidrio, lleva una bombilla en su interior, se agrega agua caliente y se bebe dulce o amargo. Lo prefiero amargo, es una costumbre muy argentina. Otra manía muy personal cuando estoy fuera de casa es comer “Hot Dog” y gaseosa. Muero por ello.



¿Qué marca de camera utiliza en fotografía de alimentos? Trabajo con una cámara Nikon D5200 y un lente sigma 17-50 2.8. Vale aclarar en este tema, que a diferencia de los que muchos creen, la fotografía la realiza el fotógrafo y no la cámara. Por citar un ejemplo, mi fotografía ”Lasidra y la manzana” ganadora de la medalla de oro Asemeyando España 2019, fue realizada con la misma cámara y un lente kit 18-55 5.6 llamado lente “Básico” o de “Principiante”. Se puede realizar una fotografía ejemplar, con cualquier cámara y hasta un teléfono celular. Para finalizar, una cámara fotográfica de alta gama, solo brinda calidad digital y algunas otras excelentes prestaciones, pero no el arte fotográfico del fotógrafo. ¿Cuáles son tus especialidades culinarias? Me especializo en cocina caliente. Dentro de ello, la cocina criolla argentina, la cocina española, la cocina italiana y oriental. Trabajo mucho con leña, fuego, brasas, ollas antiguas de hierro y barro, ellas son mis preferidas. Otra de mis pasiones es la panadería. Trabajar con mis manos junto a distintas harinas, fermentos naturales, como la masa madre, es una satisfacción difícil de describir. ¿Que cocineros Argentinos y Extranjeros le han inspirado? Realmente es muy difícil de enumerar dado que cada cocinero tiene su grado de influencia de una u otra manera. Grandes maestros de la cocina como Paul Bocuse, Pedro Subijuana, Joan Roca, Massimo Botura, Quique Dacosta, Alain Ducasse entre otros. Argentinos, grandes maestros de la cocina como el gran Gato Dumas (QEPD) Ramiro Rodríguez Pardo, Manuel Corral Vide, Francis Mallmann, Ada Concaro (QEPD) Es imposible nombrarlos a todos. Muchos son grandes amigos. ¿Cuando descubrió supenchante para fotografía? Fue un momento que me dejo atónito, cuando aún era un hobbie para mí. Ya llevaba varios años trabajando y realizando fotografías de mis platos, con una simple cámara pocket y editando en un programa básico de internet, algo cambio mi rumbo y ese momento fue cuando un negocio gastronómico, al ver mis fotografías, me encargó mi primer trabajo. Fue insólito, pero, un grato momento de esos que llenan el alma. No era fotógrafo profesional, ni contaba con equipos y mi trabajo ya era apreciado por muchos y me sentí muy afortunado de ello.



La Primavera es un momento muy especial. ¿Cuáles son tus ingredientes favoritos con los que trabajar? La primavera aquí en Buenos Aires es muy bonita. Las mañanas continúan siendo frescas y el aroma a café y las tostadas con manteca, son un universo de placer. Los mediodías son cálidos y luego del encierro obligado del invierno, disfrutar del aire libre es algo maravilloso.

Esos mediodías de sol pleno invitan a disfrutar del aroma a leña y carnes asadas, costumbre muy argentina. Brillan las especias y las hierbas frescas. La primavera regala esas maravillosas flores comestibles que acompañan exquisitas ensaladas festivas. Imperdible los sándwiches de carnes y vegetales.

Debido a Covid19, los chefs del mundo han tenido que cerrar sus restaurantes o han perdidos su trabajo. Muchos pudieron entregar alimentos a los hogares de los clientes. Cómo te ha afectado esto? Mi experiencia con la pandemia que hoy afecta al mundo entero, fue reversible y estoy muy agradecido de ello. Mi trabajo era netamente fotográfico y pasó a ser netamente gastronómico. Durante los últimos diez años no tenía pensado volver a cocinar y la pandemia me reencontró con la cocina y mi negocio gastronómico. No fue un cambio drástico, al contrario, disfruto mi cocina, la atención personalizada con los clientes y la negociación con los proveedores. La pandemia me saco exitosamente de una zona de confort y me brindó un nuevo y exitoso camino. Eso es magnífico, lo disfruto y estoy plenamente a agradecido a mis hijos, el universo y dios.




Michelin Starred Chef Andrea Sarri, in sintesi, l’alta cucina di Maurizio Pelli fotografia: Ristorante Sarri Michelin Starred Chef Andrea Sarri, imperiese, classe 1970, nasce figlio d’arte di una generazione di ristoratori. Nonostante iniziò da subito a respirare il profumo delle cucine, non volle rimanere in quelle di famiglia. Ambizioso e determinato, percorre gli studi per affermarsi chef, attratto dall’alta cucina, affronta molte esperienze e stages con i più importanti chef in Italia, Francia e a Montecarlo, con Alain Duchasse nel prestigioso ristorante “Le Louis XV”, dell’Hotel de Paris del Pincipato di Monaco. Dopo un periodo come “Personal Chef” imbarcato su un mega yacht di uno sceicco arabo, ritorna nella sua Imperia. Nel 2002, apre il “Ristorante Agrodolce” al Porto di Imperia, dopo soli quattro anni, nel 2006 conquista sua la prima stella Michelin. Nel 2014 chiude Agrodolce e inizia un ambizioso progetto, con la moglie Alessandra Pesce, apre il “Ristorante Sarri”. In tempi record, dopo solo sei mesi dall’apertura consegue la seconda Stella Michelin. Determinante fu la decisione di cambiare località, dal Porto di Imperia allo storico Borgo Prino, uno dei più antichi borghi marinari della Riviera di Ponente. Un locale di impronta moderna, sobrio – elegante, 50 coperti con un delizioso dehors affacciato al mare. Meno ostentativo, con un concetto più attuale in favore di una cucina più concreta e territoriale con un servizio sempre attento ma più dinamico - snello. In sala la moglie Alessandra, attenta e precisa affabile accoglie con discrezione i clienti e coordina il servizio del giovane staff. Il sommelier Alex Dal Fior, si occupa della cantina e del suggerimento vini, offrendo anche abbinamenti al bicchiere per ogni portata. Il ristorante è aperto tutto l’anno, necessaria la prenotazione con un buon margine di anticipo. Andrea Sarri, oltre che essere presente in molte delle più importanti riviste e guide gastronomiche del settore, è stato il Presidente Nazionale Italia dell’associazione internazionale “JRE” (Jeunes Restaurateur d’Europe) dal 2012 al 2015. Associazione che lascerà improvvisamente nel 2016. Dal 2020 fa parte del prestigioso circuito “Le Soste”. Ho avuto il piacere di cenare al Ristorante Sarri, un paio di anni or sono, Andrea è il prototipo della migliore evoluzione dello “chef ligure”, sempre legato al suo territorio, cucina di collina, di mare e di erbe aromatiche. La maniacale ricerca - scelta - freschezza dei migliori prodotti localmente disponibili. Esperienze e stage gli hanno conferito la tecnica, la forte personalità gli consente di realizzare azzardi ambiziosi - inediti - a volte estremi. Solo un innato profondo senso del gusto e di equilibrio può bilanciare - ponderare “tali azzardi” mantenendo l’eleganza del piatto, senza mai sconfinare in un “dubbioso abbinamento” o una sgraziata esecuzione. In sintesi, l’alta cucina.


Perché non hai voluto lavorare nel ristorante di famiglia? Ci ho lavorato ma solamente all’inizio del mio percorso. Poi ho scelto di crescere a livello tecnico e professionale, andava fatto. Tra gli chef dei tuoi stage, con quale ti sei sentito più in sintonia? Non saprei indicarne uno in particolare, ma ogni esperienza ti fa crescere. Persino i locali più (semplici) insegnano ad arrangiarsi ed a cavarsela. Dal “Le Louis XV” al mega yacht dello sceicco il passo è breve? Non è stato così costruttivo lavorare su uno Yacht per 2 persone soltanto, ma mi ha dato delle soddisfazioni personali. Molte voci girano circa il tuo abbandono JRE, quale il vero motivo? Non amo parlare di cose che ritengo private, altrimenti lo avrei già fatto! Non mi sentivo più a mio agio, JRE, ha scelto democraticamente un percorso che non lo ritenevo vicino al mio. Quanto del tuo tempo dedichi alla ricerca degli ingredienti? Moltissimo, i prodotti sono troppo importanti. Ultimamente dedico molta cura nella scelta degli ortaggi e verdure. Per il pesce mi rivolgo oramai quasi esclusivamente a pescatori della nostra zona. Come stai affrontando questo periodo pandemico che purtroppo ha messo in crisi la ristorazione? Passivamente, durante la mia vita professionale ho dovuto affrontare molte problematiche, ma con sacrifici e a volte giuste scelte sono sempre riuscito a superarle. Questa situazione non mi permette di esserne l’artefice. Per il momento la nostra azienda gode di buona salute, speriamo di recuperare. Purtroppo per molti colleghi non sarà così. Sono rammaricato per la parte umana, anche se in questo momento storico si è capito che le attività di ristorazione sono davvero troppe. Molto spesso anche improvvisate. Progetti futuri? Ho dei sogni…Per adesso li custodisco, forse più in là potrei pensare a realizzarli. Dopotutto sono ancora un ragazzino..




Aprendiendo a servir el vino como el perfecto anfitrión Autor José Luis Del Campo Villares Fotografia: Sobrelias Rectum El vino, elixir del dios Baco, sagrado para algunas religiones y elemento de integración social, es un elemento que ha formado parte siempre de la cultura y la gastronomía mundial desde tiempos inmemoriales. Para muchos, la bebida más antigua del mundo, se ha convertido de esta manera en protagonista de los momentos más especiales en todo el mundo. El vino ha pasado a ser piedra angular en la sociedad impulsando la inspiración y desarrollo de nuevas actividades para otros sectores además del gastronómico, como el turismo o la industria de la belleza. Por eso es interesante prender cómo servir el vino. Tanto los ya conocedores y amantes de los vinos como los que solo son aprendices o disfrutan de forma esporádica de ellos, saben que ningún vino es igual que otro e, incluso, los realmente ‘wine lovers’, saben identificar sus diferentes cualidades, su cuerpo, su sabor y sus aromas. Pero todos ellos saben que en los eventos y celebraciones en nuestros hogares, cuando el vino entra en juego, siempre debe haber ciertos procesos y actuaciones que debemos seguir a la hora de servirlo que nos permitan mostrar nuestras habilidades de sommelier y quedar como un perfecto anfitrión. Y para poder mostraros cuáles son estas normas sencillas, nos hemos desplazado al complejo oleoturístico y hotel boutique La Boella para que nos indiquen cuáles son éstas, sencillas pero necesarias para transformar nuestra velada en un encanto de experiencia y, como decíamos antes, nos conviertan en el perfecto anfitrión. 1. ¿Cómo seleccionar el vino? Los vinos deben escogerse en consonancia con los platos del menú, es decir, procurando conseguir un excelente maridaje. Para ello se deben analizar tanto las características de los alimentos como la intensidad, graduación, sabor y aroma del vino. El efecto que debe provocar el maridaje al degustar la comida es el de armonizar su sabor con el recuerdo del vino. Como norma general, los vinos blancos son buenos aliados para entrantes, pescados ligeros, alimentos cremosos y salsas blancas o ácidas; las carnes rojas y salsas más contundentes combinan muy bien con vinos tintos; los sabores picantes o ahumados casan con tintos profundos; los alimentos salados y quesos maridan a la perfección con vinos espumosos (que equilibran el sabor y la sal) y los postres se compaginan de forma ideal con vinos dulces y espumosos. Al final, el maridaje es una cuestión de gustos con muchas variables y dependerá de la propia experiencia. 2. Descorchar la botella, todo un arte. En este punto es perfectamente aplicable el refrán de “Más vale maña…”, porque no es el uso de la fuerza lo que facilita el descorche, sino la buena técnica. Lo más importante: que el instrumento sea de calidad, procurar que el sacacorchos entre de forma recta y realizar la extracción sin movimientos bruscos (lo que debe girar es el sacacorchos, no la botella). Por último, eliminar restos o impurezas que queden al haber extraído el corcho para disfrutar el vino en toda su esencia. 3. Decantación y oxigenación Estos dos métodos, que tienen en común el objeto con el que se realiza (el decantador), guardan ciertas diferencias. Decantar (separar las partículas que contiene el vino vertiéndolo poco a poco en otro recipiente) es un proceso requerido especialmente para los caldos que tienen posos, ya sea por la edad o porque son vinos naturales sin filtrar, con el fin de evitar beberlos o verlos en la copa. La oxigenación se realiza para darle “fuerza” al vino y mejorar sus características. Por ejemplo, esteproceso se realiza con vinos que se abren antes de tiempo que deberían estar más años en la botella paraque el oxígeno lime ciertas asperezas. Al abrirlos desprenden un olor algo fuerte, lo que indica que necesitan oxígeno (el que no les entró naturalmente y con tiempo en la propia botella). Otra diferencia importante: para la oxigenación el vino se verterá con menos suavidad.


4. La importancia del cáliz para la bebida de los dioses: el vino siempre en copa. Existen muchos tipos de copas y es fundamental escoger una copa acorde al vino. Es más: hay una copa para cada tipo de vino producido con cada tipo de uva. En términos generales, cuanta más potencia, aroma y fuerza tenga un vino, más grande será la copa -tipo balón-, para dejar más espacio y los aromas se expandan. Un ejemplo sería la copa Borgoña. Por el contrario, para un vino más fino y de aroma más sutil, la copa deberá ser más estrecha, tipo Burdeos. 5. Cada tipo de vino a su óptima temperatura. Esta variable debe tener la atención que se merece porque será indispensable para paladear el carácter del vino y apreciar sus cualidades. Así, las temperaturas de servicio recomendadas según el tipo de vino son: de 5 a 8 grados para blancos jóvenes, espumosos, finos y manzanillas; de 8 a 10 para rosados y blancos muy dulces; de 10 a 12 para blancos con crianza, amontillados, olorosos y oportos; de 12 a 14 grados para tintos jóvenes con pocos taninos; de 14 a 16 para tintos con crianza y de 17 a 18 grados para tintos reserva y gran reserva. No obstante, estos estándares variarán en función de las costumbres de cada país y el momento en que se tomen. Lo más importante es que se sirvan a la temperatura correcta y que ésta se mantenga durante todo el servicio. 6. Guardado en casa como oro en el paño. Los anfitriones son los que deben comprobar que los vinos están en óptimas condiciones y van a encargarse de servirlos, siempre antes de cada plato y teniendo en cuenta el tiempo de decantación si es necesario (idealmente, una hora antes). Para su correcta conservación en casa, lo ideal es guardarlos en una nevera de vinos, pero en caso de no disponer de una, pueden seguirse los siguientes principios: mantener los vinos en posición horizontal (que el tapón esté siempre húmedo para que no se contraiga y deje entrar el aire) y la temperatura debe ser estable, entre 8 y 15 grados, alejados del sol y la luz directa. Si se va a servir un vino que requiera otra temperatura, se colocará en la nevera el tiempo necesario. Un utensilio muy práctico es el termómetro para vinos (los de tipo fajín son muy prácticos, ya que permiten detectar la temperatura antes de abrir la botella de vino). Agradecimientos Agradecemos al hotel y complejo oleo-turístico La Boella, que se encuentra en medio de campos de olivos y viñas en La Canonja, a tan solo 10 kilómetros de la histórica Tarragona romana, todos los consejos que nos han dado y que, sin duda alguna, nos convertirán en nuestras próximas celebraciones en nuestro hogar en los perfectos anfitriones. Fotos: Miriam Pagador - Mas La Boella - www.laboella.com



C.E.O. Vincente D. Cebrian Sagarriga, Conde De Creixell


Marqués de Murrieta, historia del vino de España Articulo de: Autor José Luis Del Campo Villares. Fotografia de: La Bodega Marqués de Murrieta. Hablar de la bodega Marqués de Murrieta es hablar de uno de los referentes en la historia del vino de Rioja, pero también de un buen pedazo de la historia del vino en nuestro país. Sería difícil hablar del vino de Rioja o de España sin mencionar esta bodega, sin lugar a dudas. En el año 1852, Don Luciano Murrieta, elaboraba los primeros vinos de Rioja, además de ser el primero en exportarlos y dar comienzo así al reconocimiento internacional que poseen los vinos riojanos en estos momentos, siendo sin duda una de las zonas vitivinícolas de mayor reconocimiento a nivel mundial. Historia de un visionario Luciano Murrieta, militar de profesión, realizaba viajes frecuentemente al Reino Unido, viendo en las cenas a las que asistía que se bebía mucho vino de Oporto, Burdeos y Jerez. A su llegada a Logroño, a la vuelta de uno de sus viajes, habla del tema con un amigo suyo y deciden adquirir uvas y elaboran vino. Saldrían de este proyecto 10 barricas de vino que exportan a Hispanoamérica. El resultado fue mejor del esperado, un éxito rotundo en aquellas tierras. El éxito es tal que se decide a solicitarle a Isabel II una excedencia dentro de su profesión militar para lanzarse de lleno al mundo del vino. Viaja a burdeos para cursar estudios en enología. Tras ello se instala en Logroño, en la Finca Ygay donde construye una bodega para la elaborar vino de Rioja. Bodega edificada en el contexto de castillo francés “chateau”, del que nació su vino más reconocido hasta la época “Castillo de Ygay”, conocido por aquel entonces como “Chateau de Ygay”. Su esfuerzo por la elaboración de vinos en Rioja e impulsar la imagen en todo el mundo le supuso el nombramiento de Marqués de Murrieta por parte del Rey Amadeo de Saboya.


Historia reciente En 1983 recoge el testigo Vicente D. Cebrián-Sagarriga, décimo Conde de Creixell, quien actualizó la bodega y continuó el legado del Marqués de Murrieta. Tras su fallecimiento, su hijo, Vicente D. Cebrián-Sagarriga, actual Conde de Creixell, asume junto con su hermana Cristina la gestión de la bodega, acompañado de un equipo joven y cualificado, y actualiza por completo la bodega riojana. A lo largo de los años la familia del Conde de Creixell se ha convertido en un eslabón perfecto para mantener el equilibrio entre tradición y modernidad, colocando a Marqués de Murrieta en el siglo XXI en una posición privilegiada en los vinos de Rioja del mundo. En la primera década de este siglo, concretamente en 2007, Vicente D. Cebrián-Sagarriga, consciente de que la ladera está afectando al edificio original de la bodega, decide su restauración, contando para ello con la ayuda de una familia de canteros gallegos que proceden a su restauración piedra a piedra, un trabajo extraordinario que dio paso en el año 2012 a que el antiguo edificio/bodega pase actualmente a ser museo, edificio social y oficinas, con intención a futuro de convertir esta obra, en un referente de la hostelería, restauración e historia del vino en Rioja y en el mundo. Como resultado final, el visitante puede encontrar las primeras instalaciones que muestran cómo se elaboraba el vino en esta bodega desde sus inicios. El edificio consta de 4 alturas, siendo la primera de ellas donde se recepcionaba la uva y se pesaba. En la segunda planta esa uva era despalillada e introducida en tolvas. Descendía la uva hacia la tercera planta, donde se depositaba en tinas de madera de castaño y donde se prensaba si fuese necesario, para que una vez terminada la fermentación alcohólica fuese introducido el mosto resultante en barricas, y trasladado a la cuarta planta por unas pequeñas escaleras, que por el paso del tiempo, siguen marcadas del golpeo continúo que descender esas barricas conllevaba, y donde se depositaban para realizar la crianza tanto en barrica como en botella. En la actualidad, conservando la esencia de dicha antigua bodega, el edificio se ha convertido en un museo en sí, con muestras de incalculable valor de la historia del Marqués de Murrieta y sus vinos, transformando las distintas plantas en salones para realizar actos sociales, como restaurante, cocinas, botellero histórico de la familia… Un museo en sí mismo, lleno de documentación, maquinaria o fotografías desde sus orígenes hasta nuestra era. En el exterior, además de viñedo, podemos encontrar fantásticos jardines para hacer eventos, un Wine Bar, ubicado en el edificio donde residía anteriormente la familia y por último, la nueva bodega que aún está pendiente de finalizarse. Todo ello forma parte de una de las instalaciones más importantes y de mayor historia de la Denominación de origen Rioja.



Los Viñedos Marqués de Murrieta es una bodega que trabaja en la actualidad 300 hectáreas de viñedos propios ubicados alrededor del Castillo de Ygay, lo que es similar al funcionamiento de los Châteaux franceses. Entre ellas nos encontramos con algunas fincas muy relevantes, donde se recogen las uvas de los vinos emblema de la bodega. La primera es el Finca de Canajas, entre 1,5 y 2 hectáreas de viñedo, ubicada en la ladera superior donde su encontraba la bodega original. En su mayoría ocupada por la variedad tempranillo, con algo de Cabernet Sauvignon, variedad prohibida en Rioja, pero que Marqués de Murrieta puede utilizar como derecho adquirido, junto a unas pocas bodegas de Rioja. De esta finca nace “Dalmau”, uno de sus vinos más representativos. La segunda parcela importante dentro de la bodega es la Finca de La Plana, de 30 hectáreas, desde la que se puede divisar la ciudad de Logroño. Una finca que en gran parte está plantada con la variedad Tempranillo. Aquí se elabora su buque insignia, el vino “Castillo de Ygay”. Como curiosidad, debemos nombrar que, en la zona central de esta finca, hay una serie de filas de vides de la variedad blanca viura. La tercera, Finca Capellanía, nace su vino de igual nombre, “Capellanía”, y en ocasiones especiales, “Castillo de Ygay Blanco”. Las 300 hectáreas están trabajadas todas con riego por goteo, no con un empleo sistemático, sino que es empleado únicamente si las condiciones climatológicas lo exigen. Las fincas principales son en vaso, siendo las fincas dedicadas a la elaboración del Reserva y el Gran Reserva en la que nos encontramos algo de viñedo en espaldera. Viticultura integrada, trabajo con robots de control climatológico, poda que se suele realizar en alto para que las viñas estén lejos del contacto con el suelo para evitar enfermedades.


Vinos Bodega Marqués de Murrieta trabaja con la Tempranillo mayoritariamente. Además tiene, como os comentábamos anteriormente, cepas de Cabernet Sauvignon. También nos encontramos con la presencia de otras uvas tintas como son la Graciano, la Garnacha y la Mazuelo. Entre las uvas blancas trabajan la Viura. Producción de 1,5 millones de botellas. 1 millón van destinadas al Reserva, mientras que el resto se destinan a la elaboración del resto de los vinos. “Reserva”, “Gran reserva”, “Dalmau”, “Castillo de Ygay”, “Capellanía” y “Rosado de Marqués de Murrieta”, son los vinos que elabora la bodega en Rioja. 50.000 botellas al año se destinan a la bodega familiar.



Descubriendo el Priorat y sus vinos El Priorat es, sin lugar a dudas, una de las zonas de referencia internacional de vinos españoles de calidad. Es una zona situada en la provincia de Tarragona, ubicada entre el Campo de Tarragona y las Tierras del Ebro limitando con las comarcas del Bajo Campo, la Ribera de Ebro, Las Garrigas y la Conca de Barberá. El vino que se produce en el zona central de la comarca tiene la denominación de origen calificada Priorat, mientras que los vinos de pueblos del Bajo Priorat se elaboran bajo la denominación de la denominación de origen Montsant. Primero la filoxera y luego la Guerra Civil, hizo que la despoblación de esta zona fuera notable, lo que llevó al abandono de los cultivos agrícolas de la zona, entre ellos los viñedos. Pero la figura de Álvaro Palacios a finales del siglo XX que se instala en esta comarca con la finalidad de elaborar vinos de calidad monovarietales, como había aprendido en su formación en los Chateaux franceses, supuso un resurgir dentro del sector vinícola de esta comarca. La Denominación de Origen Calificada Priorat tiene una superficie de 17.629 hectáreas, de las cuales 1.887 están plantadas con vid y cultivadas por más de 600 viticultores. Está formada por 12 zonas de producción vitícola, las diferentes villas. Cada una de las villas responden a variables geográficas, ambientales, climáticas, vitivinícolas sociales, históricas y económicas, a través de las cuales se identifica la raíz social del vino con las raíces culturales de cada pueblo y se identifica el vino con cada una de sus realidades sociales, que van más allá de los límites administrativos existentes. Las villas que constituyen la DOC Priorat son Bellmunt del Priorat, Gratallops, el Lloar, la Morera de Montsant, Porrera, Poboleda, Scala Dei, Torroja del Priorat, la Vilella Alta, la Vilella Baixa y las zonas de Masos de Falset y les Solanes del Molar.




Historia del Priorat La Cartoixa d’Scala Dei representa la cuna histórica de los vinos y la viticultura de la Denominación de Origen Calificada Priorat. Los monjes cartujos trajeron desde la Provenza, en el siglo XII, los conocimientos y las técnicas para desarrollar una viticultura que arraigó con fuerza y ha evolucionado a lo largo de los siglos. Los dominios de la Cartuja configuraron el llamado Priorat histórico, que hoy coincide con la región vitivinícola de la DOCa Priorat.

Desde hace casi 1.000 años, nueve pequeños pueblos han crecido escondidos entre las pendientes de pizarra que se dispersan a los pies de la sierra de Montsant.

La orografía de esta zona hace que se tenga que cultivar la vid en «costers» (cuestas) con pendientes tan pronunciadas que obliga, en algunos casos, a construir terrazas. El paisaje que generan estos viñedos es uno de los rasgos característicos del Priorat, que le confieren esta personalidad tan acusada. La DOC Priorat fue admitida a principios de 2013 en el CERVIM (Centro de Investigación, Estudio y Valorización para la Viticultura de Montaña), en el cual todas las zonas productoras que forman parte de este organismo tienen una serie de características comunes que permiten hablar de una viticultura «heroica». La viticultura «heroica» viene definida por una serie de condicionantes en los que encaja la DOC Priorat, como los siguientes: • condiciones orográficas con poca mecanización • viñedos pequeños, a veces fragmentados y a menudo organizados en terrazas • empresas agrícolas con superficie de cultivo contenida • necesidad de inversiones económicas elevadas para la modernización de cultivos y • la existencia de condiciones climáticas adversas.


Varietales del Priorat Variedades tintas recomendadas: Garnacha Tinta y Cariñena. Variedades tintas autorizadas: Garnacha Peluda, Tempranillo, Picapoll Negre, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot Noir, Merlot y Syrah. Variedades blancas: Garnacha Blanca, Macabeo, Pedro Ximénez, Chenin Blanc, Moscatel de Alejandría, Moscatel de grano menudo, Blanquilla, Picapoll Blanc y Viognier. Bodegas del Priorat y Consejo Regulador Una de las figuras fundamentales que supuso el resurgir y la expansión internacional de los vinos del Priorat al final del siglo pasado fue la de Álvaro Palacios, riojano de nacimiento pero casi se puede decir que del Priorat de adopción. Tras su formación y estar unos años en grandes Crus de Francia, vuelve a su Rioja natal pero decide comenzar su andadura en solitario en la zona del Priorat, ya que para él, era una de las zonas de España que permitiría elaborar vinos con la profundidad y expresividad que él quería elaborar, siendo lo más representativos de la tipicidad de la uva y la zona de elaboración, como son los vinos franceses. Esto supuso un redescubrimiento del Priorat, acompañado de otros visionarios que percibían en las ideas de Álvaro Palacios eran perfectamente plasmables en el terroir del Priorat. Hoy, si nos acercamos a probar los vinos de esta zona, encontraríamos más de 700 viticultores que elaboran vinos al amparo del Consejo Regulador de la DOQ Priorat lo que demuestra la cultura vitivinícola enraizada desde hace décadas en este terroir. En 1924 la Comarca del Priorat d’Scala Dei, formada por los pueblos de Bellmunt, Gratallops, la Morera, Poboleda, Porrera, Torroja y la Vilella Alta, elevaron al Directorio Militar de Primo de Rivera una Exposición en la que solicitaban la adopción de medidas para el reconocimiento de la zona y evitar su despoblación. En 1928, estos mismos pueblos solicitan al Ministerio de Trabajo, Comercio e Industria del Régimen de la época la creación del Consejo Regulador del Priorato de Scala Dei como organismo designado para velar por esta denominación vitícola, por el uso de la marca colectiva y por la gestión de la zona de producción. En 1932, con la aprobación del Estatuto del Vino por parte del gobierno republicano, se reconoció a la zona del Priorat como región vitivinícola a proteger, pero a causa de las circunstancias sociopolíticas del momento no fue hasta unos años después de la Guerra Civil, en 1954, cuando se oficializó la existencia de la Denominación de Origen Priorat con un reglamento y un Consejo Regulador operativos. Esta medida daba rango legal a una marca vitivinícola con más de 1000 años de historia.



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Che vi devo dire, in Champagne piccolo è bello, ma, soprattutto buono! articolo e fotografia di Livia Riva

Come abbiamo visto nel corso di queste “chiacchierate” con voi, nella Champagne i produttori si possono ricondurre a 3 grandi categorie: 1 Maison - 2 Vigneron - 3 Cooperative Al punto 1, ci sono i grandi produttori, quelli storici, quelli che hanno l’80% del mercato e possiedono il 20% delle vigne perché comprano le uve dai vigneron. Sono circa 200. Al punto 3, ci sono quei consorzi che raccolgono tanti soci proprietari di vigne, che conferiscono le uve e che, in contropartita, rirpendono o il mosto, per finire loro la lavorazione, o le bottiglie con lo Champagne già sboccato a cui applicano le loro etichette. Al punto 2, abbiamo i Récoltant Manipulant, gli agricoltori che posseggono l’80% delle vigne ma fanno il 20% del mercato. Ed è di loro, o almeno, una parte di loro, che vorrei raccontarvi qualcosa. Vi lascio qualche numero: i vigneron sono all’incirca 15.000, di questi solo 5.000 producono lo Champagne con il loro nome e la loro etichetta. Tutti gli altri vendono le uve ai grandi commercianti (Maison) o le portano in Cooperativa. Fare lo Champagne costa di più che vendere le uve. C’è però una nuova generazione di giovani ragazzi, 30/40 anni, che ha deciso di rischiare il tutto per tutto, per portare avanti qualcosa di nuovo rispetto a quanto fatto dalle generazioni precedenti. Nascono così nuove etichette con una produzione minuscola perché, anche se le vigne ci sono e magari sono pure di una certa dimensione, una parte di esse viene sempre venduta per equilibrare quello che gli champenois chiamano “cave flow” (invece cash-flow, ndr) e che serve ovviamente ad avere la disponibilità economica necessaria per portare avanti le diverse fasi della coltivazione delle uve e della produzione di Champagne con il proprio marchio. Per quantità esigue intendo quei vigneron che danno la nascita a 10.000 bottiglie e anche meno, che vengono poi distribuite in tutte le parti del mondo. Vi faccio alcuni esempi pratici.


Aurélien Lurquin, giovane vigneron che ha iniziato nel 2012 a produrre il suo vino a Romery, nella Vallée della Marne, poco lontano da Dizy. Iniziò con il Coteaux Champenois rosso, 100% Meuniere, dal 2012, con la certificazione biologica e biodinamica, vende parte delle sue uve ad una famosissima Maison che produce solo Champagne biodinamici: Leclerc Briant. Non usa diserbanti e lavora le vigne con l’ausilio del cavallo, per non appesantire e compattare il terreno. Oltre al Coteaux Champenois, che è un vino fermo prodotto nella stessa regione e con gli stessi vitigni con cui si fa lo Champagne, Aurelien produce 3 Champagne, ognuno con un vitigno in purezza, con una tiratura estremamente limitata perché il totale della sua produzione non arriva a 2000 bottiglie. Vini di grande carattere e personalità. Fortunati quelli che riusciranno a berselo! Champagne Delalotte, un ettaro di vigne a Nogent l’Artaud, parte più occidentale della Vallée de la Marne (siamo più vicini a Parigi che a Reims) sempre lavorate a mano da Eliane, minuta vigneronne tutta d’un pezzo che, qualche anno fa, ha lasciato le redini aziendali al figlio Jérôme Lefevre, professore di Storia dell’Arte a Parigi. Jérôme ha quindi intrapreso questa carriera con dei risultati straordinari in poco tempo. Poco meno di 7000 le bottiglie prodotte da uve coltivate in regime biologico (invero sarebbe biodinamico ma Jérôme invece di usare il corno-letame per coprire le vigne in inverno, utilizza la pacciamatura, necessaria per la certificazione biodinamica) e piantate su suolo e sottosuolo lavorati da sempre a mano, senza interventi di mezzi meccanici se non quelli che possono essere trascinati da un cavallo. Il vitigno più presente è il Meunier, come dovrebbe essere in automatico in quella regione. Champagne d’autore, tutti numerati, etichette che si stampano nella memoria e non ne escono più. Il suo Champagne Impressions, è uno dei Meunier in purezza più buoni che ci siano attualmente in circolazione. Jérôme, che da poco ha abbracciato un nuovo progetto continuando a produrre la gamma originale con il nome di Champagne Delalot, e mettendo in pista delle nuove produzioni, fra cui anche un Corteaux Champenois molto interessante e uno Champagne demi-sec (ossia con un dosaggio fra i 32 e 60 g di zucchero per litro) pensa che ogni Champagne debba essere come un’opera d’arte: unico e indimenticabile, capace di suscitare emozioni e non riproducibile. Anche in questo caso, vista l’esiguità di bottiglie, fortunato chi riuscirà a gustarselo! Facciamo ora un salto nell’Aube, la regione più a sud della Champagne. Qui abbiamo due produttori estremamente interessanti. Étienne Sandrin, nel 2006 Anne e Étienne Sandrin, ingegnere agronomo lei, avvocato giurista lui, hanno deciso di riprendere le vigne della famiglia Sandrin mossi dal desiderio di creare il progetto di vita per loro e la loro famiglia. Dotati di quella semplicità ormai rara, si occupano delle vigne come fossero loro figli. Nel 2013 hanno iniziato la conversione biologica e, l’anno successivo, quella biodinamica. Non usano diserbanti o trattamenti chimici. Preparano da soli i loro decotti e li spargono sulla vigna con delle pompe a mano in rame che portano sulle spalle come uno zaino. Nel 2017, anno molto difficile in Champagne e soprattutto nell’Aube, con una piovosità estrema, hanno rischiato di abbandonare il loro progetto per via della grande fatica fisica che hanno dovuto affrontare. Una volta che i trattamenti omeopatici vengono dati alle vigne e si depositano sulle foglie, se il giorno successivo piove, l’acqua lava via tutto il lavoro che si è fatto, obbligando i vigneron a ripetere lo stesso trattamento ancora e ancora fino a quando non viene assorbito dalla pianta. Uno sforzo immane! I loro Champagne hanno quella grande piacevolezza ed eleganza impercettibile che viene tanto apprezzata soprattutto da chi non vuole troppa impetuosità e stravaganza nel vino. Hanno 10 ha di vigne suddivise in 80% Pinot Noir, 20 Pinot Blanc, lo Chardonnay è in quantità quasi risibile (0.2 ha), ma ne lavorano solamente nella quantità adatta ad ottenere poco meno di 7.000 bottiglie totali. Anche in questo caso, una bella rarità!



Domaine de Bichery, un’altra giovane coppia di vigneron che ha deciso di fare, dello Champagne, la propria vita. Hannah Boesel, tedesca, e Raphaël Piconnet, francese, si sono conosciuti lavorando nello stesso periodo a Bordeaux e hanno deciso di condividere gioie e dolori nel nome di una bottiglia di Champagne. La famiglia Piconnet è sempre stata membro della cooperativa del paese e da sempre vi vende le sue uve, come avviene in parte ancora oggi, ma al giovane Raphaël ciò non basta e, dopo la laurea in ingegneria dell’enologia e varie esperienze in campo vinicolo tra Svizzera, Borgogna e Bordeaux, torna a casa nella primavera del 2013 con l’intenzione di produrre i propri Champagne. Oggi questa piccola azienda vanta 8 ettari vitati nel paese di Neuville sur Seine e dal 2019, dopo 3 anni di conversione obbligatoria, tutti i vigneti sono certificati Agricoltura Biologica, secondo Ecocert. Poco meno di 6000 bottiglie prodotte con cura maniacale per i dettagli che non riguardano solo la qualità del vino, ma arrivano al packaging, alle etichette, ai colori usati, e via dicendo. Champagne sempre puliti, vividi, precisi. Una pienezza di gusto che non toglie nulla alla piacevolezza del sorso e della condivisione. Piccoli esempi che ci insegnano che, a volte, piccolo è bello, ma soprattutto buono, anche in Champagne!

Santé….






One Year after lockdown article by: Massimo Vidoni photo credit: Italtouch, Dubai March 2021, marks the first anniversary of the first COVID-19 lockdown. This pandemic took all of us by surprise, the hospitality and the tourism industries were hit very hard. Unfortunately, many businesses and restaurants are still affected and it is extremely tragic that we still have to deal with this pandemic. In Dubai, after the 3 month lockdown, the future looked very dark for us, as it has always been a state that thrives on tourism. The Lockdown regulations of different countries made it almost impossible to travel. However, we starting to see a bit of light. Dubai has been one of the earliest countries in the world to welcome and open its boarders for travel and tourists and many restaurants in the UAE made record sales and had a record number of guests. At Italtouch, after the desperate months of struggle, we had boom sales of truffles and caviar that somehow balanced the year 2020. In fact it turned out to be almost a positive year. The future is always uncertain but I consider myself lucky living in Dubai. The UAE government took a very aggressive stance against COVID-19 with a massive vaccination campaign and hopes that soon the virus will be contained and starting to see the aviation industry open up flights to more countries which will help the F&B industry return to life. I wanted to talk about this first and to pay respect to the people, families and friends who have suffered tremendous losses. We are approaching the summer truffle season and I hope that this year there will be copious rain to feed white truffle pores to have a great white truffle season next autumn 2021. All the best and stay safe! The Truffleman - Massimo Vidoni




felixlobassorestaurant.it




Dr. Paola Cappuccio, dal marketing management dello sport, al forno a legna per vocazione designata di Maurizio Pelli editore fotografia di Paola Cappuccio Paola Cappuccio, classe 1964, napoletana si laurea in marketing e management dello sport, lavorò in qualità di consulente allo sport, prima presso il Coni Campano e in seguito al Comune di Napoli. Dal 1995 al 2001 fu responsabile del marketing management presso la “UISP” lega “Tennis Nazionale”. Nel campo dell’arte bianca ho frequentò “Università della Pizza” presso il Molino Quaglia, dove partecipò al simposio di “Pizza Up” dal 2015 al 2020. Paola, inseguito ottenne l’attestato di specializzazione sulla pizza gourmet presso l’associazione “Pizzaiolo Napoletano Gourmet” frequentando tutti i corsi di primo, secondo e terzo livello. Paola si diplomò pizzaiolo dell’associazione “FIP”, Pizzaiola Istruttore della NIP, pizzaiolo ufficiale della APIM. Dopo essersi dedicata alla consulenza e agli eventi sportivi, Paola mossa dalla passione, sentì l’attrazione dell’arte bianca, decise così di ripercorrere le radici della sua famiglia, da parte di madre. Si rimboccò le maniche e iniziò a impastare, facendo tesoro dei segreti tramandati dai suoi nonni. La prima pizzeria della mia famiglia fu aperta dai suoi bisnonni Ciro Leone e Giorgina De Somma nel 1923, fondatori della “Pizzeria Trianon” al centro storico di Napoli, di fronte al “Teatro Trianon”. Alla sera, dopo gli spettacoli, gli attori del calibro di Totò e i fratelli De Filippo, andavano a rifocillarsi alla pizzeria Trianon, spesso Totò, era solito intrattenersi a chiacchierare con suo nonno. Ciro Leone, il bisnonno di Paola, era un uomo di bella presenza che sapeva come conquistare i clienti, con il suo sorriso, la sua maestria e bravura nella stesura e cottura della famosa pizza chiamata “a ruota di carretta” per le sue notevoli dimensioni, amava deliziare i clienti anche cantando, perché dotato di una bellissima voce. Giorgina de Somma, la bisnonna, era donna austera, quella che controllava il personale, nonché madre di undici figli. La sua prima figlia Anna, la nonna di Paola inizio a lavorare alla tenera età di sei anni. Una famiglia di pionieri, le prime “pizzaiuole” napoletane sono state proprio loro. La pizza a quei tempi era la classica del centro storico; di cornicione sottile, bella stesa, grande e condita bene, ma, alla portata di tutti. Furono anni molto difficili, dopo la guerra, i soldi scarseggiavano, cosi i miei nonni, per andare incontro ai più indigenti, la pizza la facevano pagare dopo otto giorni, esista l’abitudine di raccogliere i cornicioni non consumati per donarli ai passanti che vivevano di elemosina. Attualmente la pizzeria viene diretta e gestita dai cugini di Paola che continuano la tradizione proponendo sempre la stessa pizza dal cornicione basso e le dimensioni grandi “a ruota di carretta” buona come all’epoca. Durante un secolo di storia, la pizzeria si è estesa realizzando tre enormi sale su tre livelli, attualmente è un simbolo della pizza napoletana.


Paola è una “ pizzaiola destinata e designata”, prima o poi, il richiamo alle origini sarebbe arrivato. In età adulta, il richiamo della farina si fece sentire con più forza. Così, Paola nel 2000, aprì la sua prima pizzeria a Portici “Pizza Verace”, dove propone la pizza classica napoletana in versione gourmet. Crea nuovi impasti, lavora con farine biologiche macinate pietra, dalla 0 a quella integrale, gioca con miscele diverse, propone con successo ai suoi clienti la pizza con farina di canapa, di segale e di grani originari antichi, alternando le farce che possano esaltare il profumo degli impasti, offrendo un prodotto gustoso, equilibrato e sano. Tutti gli ingredienti utilizzate per farcire le pizze provengono esclusivamente dalle eccellenze delle produzioni campane. Dopo 20 anni, Paola ha voluto diversificare la sua attività, apparendo in diversi programmi televisivi: su “7TV, “Mica Pizza e Fichi”, “Alice TV”- “Cuochi e Dintorni”. Partecipa a diversi eventi oltreoceano, a San Francisco per l’Ambasciata Italiana con il gruppo “Donne di pizza Donne di cuori” del quale fa parte, a New York per “Identità Golose”. Attualmente ha lasciato la pizzeria, si occupa di consulenze, presiede in qualità di docente ai corsi di formazione sulla pizza ed è attualmente “Brand Ambassador” di una grossa azienda di produzione di eccellenze campane. Questa sarà un’ulteriore sfida per Paola, un nuovo stimolo, dove sicuramente otterrà molte altre soddisfazioni.


Dallo sport marketing management al forno a legna, il passo è breve? Più che un passo, è stato un ritorno alle mie origini, il profumo della farina, i ricordi legati ai miei nonni e la mia sfacciata dipendenza dalla pizza. Richiami forti, tanto da farmi prendere una decisione che avrebbe definitivamente cambiato la mia vita; diventare imprenditrice di me stessa, aprire la mia pizzeria ed entrare nel magico mondo dell’arte bianca. A volte, i richiami alle origini, possono diventare così forti da cambiare radicalmente lo stile di vita? Sì, aprire una pizzeria o un ristorante richiede un radicale cambiamento di vita. l’impegno è totale, tutti i giorni dalla mattina alla sera, il tempo libero da trascorrere con gli amici è molto limitato. Non esistono festività. perché in quei giorni sei al lavoro, la pizzeria diventa parte integrante della tua persona e la tua vita ruota intorno alla tua attività. La tua continua, perseverante ricerca e sperimentazione delle farine è mirata più alla realizzazione di una pizza più digeribile e salutare o una più fragrante e gustosa? Sono due fattori imprescindibili, la pizza deve essere gustosa e allo stesso tempo sana ed equilibrata a livello nutrizionale. Questo risultato si ottiene ed garantito solo da come vengono lavorate le farine, dai giusti tempi di lievitazione e maturazione dell’impasto. Per renderlo digeribile, la qualità del prodotto che deve essere di ottima fattura iniziando dalle farine preferibilmente macinate a pietra e biologiche. La riscoperta dei “grani antichi” originari, non modificati dall’uomo hanno permesso di ottiene un prodotto finale bilanciato, nutriente e gustoso. Ho avuto il piacere di testare molte delle tue “pizze gourmet” nella tua “Pizza Verace” a Portici. La tua sperimentazione non si è fermata alle farine e agli impasti. Dove e come reperisci tutti i migliori prodotti campani che usi per farcire le tue pizze? Sono maniacale nella ricerca dei prodotti, per comporre le farciture delle mie pizze, personalmente vado alla scoperta di piccoli agricoltori del mio territorio. Ho la fortuna di abitare alle falde del Vesuvio, dove sorgono molte delle masserie dei contadini che si dedicano alla produzione del “Pomodorino del Piennolo”e alla coltivazione dei “friarielli”, uno broccolo molto buono che esiste solo da noi e che si presta a moltissimi abbinamenti. Così come le “papaccelle”, o le “torselle”, sono tutti prodotti tipici del mio territorio, molto saporite, perché vengono seminate nel terreno del nostro Vulcano, ricco di sali minerali che gode di un microclima che rende unici questi prodotti. Una pizza per essere buona non solo deve essere realizzata con un ottimo impasto, anche il suo “topping” deve essere di altissima qualità. Prediligo i prodotti della mia terra come la mozzarella “Fiordilatte” della Penisola Sorrentina e la bufala di Battipaglia, territori di assoluta ecccellenza di questi prodotti.


Si fa presto a dire “pizza gourmet” ma si fa ancora prima a sconfinare nel cattivo gusto, la pizza nasce come cibo povero - cibo da strada - pratico e voce nutrimento nei vicoli di Napoli. Trasformarla gourmet è facile impresa? Ormai è di moda dire pizza gourmet! Si vedono abbinamenti a volte buoni, altri molto azzardati che nulla hanno a che fare con la definizione “gourmet”. Per diventarlo una pizza non deve essere per forza super elaborata, anche una semplice “marinara” diventa gourmet, se condita con un ottimo pomodorino del piennolo, spolverata con l’origano fresco di collina, uno spicchio di aglio fresco del Vesuvio, irrorata da un ottimo olio extravergine di oliva e quattro belle foglie di basilico riccio fresco. Un concentrato e un’intensità di sapori che non ti stancheresti mai di mangiare, anche se stiamo parlando di semplicissimi ingredienti. Dal forno a legna ai programmi televisivi, il passo è breve? Beh, il passo non è stato breve, prima di accedere ai programmi televisivi, sono passati anni di impegno e dedizione. Un giorno, per caso arriva un giornalista e assaggia la tua pizza, ne rimane colpito…e voilà, il passo diventa breve! Già sai come mi sta a cuore l’autenticità della cucina italiana all’estero, la pizza, non solo fa parte della nostra tradizione culinaria, ma è pilastro della nostra alimentazione. Tutti i programmi e format televisivi “solo italiani” non sono sufficienti per far comprendere qual è la nostra vera e autentica pizza nel mondo. Non sarebbe il caso di condividere i sottotitoli anche in altre lingue? Sono pienamente d’accordo con te! La pizza del futuro o il futuro della pizza? Mode passeggere a parte, quale sarà l’evoluzione della pizza negli anni a venire? La pizza è già futuro, francamente mi auguro e spero che rimanga un prodotto artigianale, gestito solo dalle sapienti mani dei pizzaioli. Immaginare una pizza sfornata da un box inserendo delle monete o una carta di credito lo trovo aberrante. Il fascino dell’artigianalità, deve rimanere la caratteristica che rende unica la pizza nel mondo e nel tempo.




Le Proposte Vegane di Giuseppe Giuliano di Giuseppe Giuliano fotografia di Giovanni Vernengo Elaborati culinari a base di pesce e carne, dessert realizzati con derivati animali, frutta e ortaggi sono il punto forte nei menu di Giuseppe Giuliano, che da qualche tempo suggerisce in aggiunta anche elaborati Vegani e non solo. La sua cucina e la sua pasticceria sono particolari e inconfondibili. Gli elementi utilizzati nelle sue creazioni sono maggiormente prodotti tipici del territorio. La ricerca di ingredienti, profumi e sapori a volte dimenticati o tralasciati nel tempo, diventano nuovo tema di studio e interesse tale da realizzare nuove creazioni. Per Giuseppe Giuliano rispettare il cliente e dare una alternativa vegana è una sua prerogativa, come d’altronde dovrebbe essere per ogni professionista. Da tempo Giuliano quando progetta gli elaborati che andranno a comporre il menu propone elaborati vegani e non solo. Il cliente in un ristorante deve trovarsi bene, come se fosse a casa sua, soprattutto quando è ospite, non dovrà mai sentirsi in imbarazzo. Le sue consulenze sono orientate alla formazione del personale, ai suggerimenti delle portate che serviranno per allestire un menu orientato anche all’inserimento di piatti che trattino altri temi. Uno studio più accurato sulle scelte alimentari o sulle diete, diverse da quella mediterranea, da lui preferita, è uno stimolo per scoprire e testare le nuove creazioni. Per Giuseppe è un piacere progettare nuove proposte culinarie e dolciarie, motivo di grande interesse per arricchire la sua conoscenza professionale. La ricerca degli ingredienti e il loro studio approfondito lo stimolano a produrre piatti innovativi, nello stesso tempo si rende conto che la cucina del territorio regala costantemente molti spunti e opportunità d’uso. Da alcune preparazioni della tradizione siciliana, togliendo gli ingredienti di origine animale e i loro derivati, rispettando completamente la ricetta composta totalmente da vegetali ci si accorge che possono essere utilizzati anche per comporre un menu vegano. Tra le preparazioni classiche ricordiamo; la “caponata di melanzana”, proponibile senza guarnizione di uova - i “carciofi alla villanella” senza l’uso dell’acciuga sul fondo d’aglio - le “fave a cunighiu” con fave secche, biete e aglio - la “frittiedda” composta da carciofi, fave fresche e piselli freschi - le “patate alla paesana” senza aggiunta del caciocavallo - le “crocchè di patate” senza aggiunta d’uova e formaggio grattugiato - “le panelle” e molte altre ricette. Tutte preparazioni che senza ingredienti di origine animale e i loro derivati possono senza dubbio soddisfare il palato del cliente non solo vegano. Vengono inoltre proposte altre tre inedite preparazioni vegane con colori della primavera, sinonimo del risveglio della natura, campi fioriti e giornate soleggiate. Iniziando con un’insalata arricchita da carboidrati e proteine vegetali, grazie all’inserimento di gnocchi aromatici di patate e piselli e lenticchie rosse, con semi di zucca essiccati semi-salati, ortaggi scottati e verdurine di stagione con una salsa allo zenzero e carota. Proseguendo con una composta di riso bianco e nero, ortaggi insaporiti all’aglio e aromatizzati con “burro di arachidi”, gli involtini di biete rosse con tofu alle erbette aromatiche, sbriciolato di semola di grano duro alla curcuma e salsa agrodolce con biete rosse. Terminando con un dessert al latte di mandorla e vaniglia, gelèe all’arancia rossa profumata alla mentuccia, sfere di crema al latte di soia ghiacciata all’arancia rossa e crumble di mandorla.


Fotografo Giovanni Vernengo


Fotografo Giovanni Vernengo


Fotografo Giovanni Vernengo


Giovanni Vernengo


Enrica Beatrice Amabilia - Tenuta Baron Wine Estate


Enrica Beatrice Amabilia - Tenuta Baron da Designer a Vigneron di successo Maurizio Pelli editore fotografia: Tenuta Baron

Domenico Baron, noto imprenditore, titolare della “Bamax”, società produttrice di mobili e cucine, negli anni 70’ decise soddisfare anche la sua grande passione per il vino e l’olio, oltre a quelle per l’arredamento e i cavalli da corsa. Acquistò l’antica residenza di campagna, dove soggiornò più volte anche il Re d’Italia Vittorio Emanuele III, la settecentesca Villa Persicini a Fonte, in provincia di Treviso. La Tenuta Baron, è attorniata da un parco di ulivi secolari, circondata da vigneti e laghetti nascosti in un territorio panoramico, descritto da artisti e poeti come il “paradiso veneto”, una visuale di bellezza che spazia dal Monte Grappa alla laguna veneziana. Dieci ettari estesi sulle Prealpi Trevigiane, ricchi di fascino, arte e storia adagiati sulle colline di Asolo, centro culturale, teatro di numerose battaglie della prima guerra mondiale e città natale dello scultore Antonio Canova. Dopo il restauro degli storici fabbricati, Domenico, riassettò la vecchia vigna e risistemò il parco secolare. I lavori proseguirono per una quarantina di anni, compresa la costruzione della cantina di stoccaggio, che fu scavata all’interno di una collina, per ottenere l’invecchiamento dei vini in modo naturale, sfruttando l’ecosistema climatico - ventoso collinare. Oggi, la Tenuta Baron, che ebbi il piacere di visitare nel 2019, gode del suo pieno splendore. La moglie Enrica Beatrice Amabilia Baron, con i figli Massimo e Giacomo, l’enologo Francesco Giacomazzi e l’aiuto commerciale di Andrea Sbrissa, concretizzano la visione che ebbe Domenico, partendo dalla terra, passando per la vigna sino alla messa in bottiglia l’interpretazione del suo vino, naturalmente, sempre sotto il suo attento, costante e appassionato controllo. La “Cantina Boutique” fu realizzata nelle antiche scuderie dei cavalli, oggi sala delle degustazioni, il vero centro dell’ospitalità della Tenuta, dove si testano i vini pregiati e l’olio di alta qualità, tra mobili di antiquariato perfettamente restaurati, quadri, tappeti, fotografie d’epoca e oggetti di design contemporaneo. Enrica Beatrice, designer e consulente aziendale, appassionata di arte e cultura, ma anche di vino e buon cibo, fa parte dell’Associazione Mondiale della Gastronomia della “Confrérie de la Chaîne des Rôtisseurs” ed è l’attuale “Bailli” in carica di Asolo. Ispirata dalla bellezza delle vigne che circondano la Tenuta e dalla visita al figlio Giacomo in Australia, ebbe l’idea di importare e piantare dei filari di uva Shiraz, allora vitigno poco conosciuto sulle colline trevigiane e con grande impegno e determinazione decise di creare un suo vigneto. Nel 2011, Enrica Beatrice diede vita a un grande vino, il “Conàmore” un blend di Shiraz e Merlot, che dal 2014, perfezionò ulteriormente affinandolo per sei mesi nelle botti nell’antica cantina scavata a mano durante la costruzione della parte centrale della Villa. Un vino che diverrà uno prodotti di punta della Tenuta. Enrica Beatrice, grazie alla sua passione per il design, iniziò a creare delle eleganti e originali bottiglie colorate con disegni floreali e artistiche etichette regalando così carattere e un tocco di femminilità a tutta gamma dei prodotti della Tenuta. Dalla potatura alla vendemmia, tutte le viti sono coltivate esclusivamente a mano, il microclima ventoso, contribuisce alla perfetta maturazione delle uve che successivamente, in cantina, verranno sottoposte a soffice pressatura, affinate in botti di acciaio inox, prima del trasferimento in autoclave dove saranno trasformate in spumante, tramite il metodo Charmat.


Il terreno ricco di minerali e il clima mite creano un perfetto terroir per la coltivazione della vite del Prosecco Asolo, Il Glera è il primo vigneto della Tenuta, fondamentale per la produzione del Prosecco Asolo Superiore DOCG, brut extra dry millesimato. Completano la produzione dei vini della Tenuta: Il Camouflage Wine - Camo Wine, sintesi tra enologia e design, prodotto con uva Glera 85% e 15% con Bianchetta Trevigiana. Il Rosé delle Stelle, vino spumante rosato da una cuvée di uve bianche e rosse, spumantizzate con metodo Charmat composto da Glera - Cabernet Sauvignon - Verduzzo - Raboso. Il Poesia e Armonia vini bianchi fermi IGT eleganti freschi in finezza prodotti da uva Manzoni Bianca Il Baronico, un Cabernet Sauvignon in purezza. La Tenuta produce maggiormente vino spumante, oltre trentamila mila bottiglie, “Prosecco Asolo Superiore DOCG” millesimato all’anno. Tutte uve sono lavorate e raccolte esclusivamente a mano e il vino viene custodito nell’antica cantina della Tenuta settecentesca. La produzione annualmente circa quarantamila bottiglie, destinate al mercato italiano e esportate maggiormente negli Stati Uniti e in Australia. Cinque ettari sono destinati alla produzione di olio extra vergine monocultivar Leccino al 85% il resto da Frantoio e viene commercializzato esclusivamente in piccole bottiglie pregiate da 250 ml. È possibile visitare la Tenuta con un percorso di visite guidate, dove l’ospite può assistere al ciclo stagionale della vite, godendo della bellezza e del panorama delle colline trevigiane.


Da consulente aziendale e designer a vigneron di successo, il passo è breve? Ritengo sia una fortuna avere l’opportunità di cambiare lavoro e interessi nella vita. Ci vuole la forza e la convinzione di chiudere con un passato certo e avere il coraggio di vivere un futuro incerto e sconosciuto ma ricco di novità. Portare lo Shiraz dall’Australia alle colline trevigiane, fu premeditazione o casualità? Mio figlio era Australia per studio, quando andai a trovarlo mi accolse con una cena a base di costicine di agnello e una bottiglia di Cabernet Shiraz ottima. Quando rientrai alla Tenuta piantai 1000 piante di Shiraz avendo già una produzione di Cabernet . Quando e come nacque l’ispirazione che ti portò a creare il Conàmore? Il Con-amore nacque proprio da questa mia esperienza australiana, vissuta veramente in modo amorevole, tra madre e figlio, da soli e lontani da ogni altro affetto. Questo ti entra nel cuore, così lo immortalai in un vino! L’arte e il vino, da sempre ispirano pittori e artisti, come crei le tue bottiglie? Non ho mai pensato che “devo” fare un vino o una bottiglia nuova! I miei vini sono la conseguenza di un momento importante vissuto, di una situazione, di un incontro, di un affetto, magari di un ringraziamento al cielo per la Bellezza che ci circonda. Infatti l’ultima creatura è proprio “Bellezza” che esprime gratitudine per il bello che abbraccia le nostre colline asolane. Come riesci a ritagliare il tempo necessario da dedicare alle tue passioni? Il tempo da dedicare alla famiglia e al lavoro ad una certa età finisce, ora ho il privilegio di poter fare quello che mi piace e che mi fa stare bene. Seguire i potatori in vigna in queste belle giornate di primavera non ha prezzo! Progetti futuri? Questa anomala annata, appena trascorsa, ha stravolto tutti i progetti e i traguardi, penso non solo miei ma di tanti settori economici. Siamo stati privati dei grandi eventi, dal Vinitaly al Merano Wine Festival alle degustazione importanti, perciò ho rivisto le piccole cose, gli incontri locali, le degustazioni all’aperto direttamente in vigna. Ho notato che le persone apprezzano quando la accompagni fra i filari in mezzo all’erba. Le signore sorridono quando tolgono il tacco 12 e camminano scalze! Anche i piaceri della vita sono cambiati, allora bisogna essere pronti a offrirli. Perché qualcuno ha detto che sopravvive solo chi si saprà adeguare ai cambiamenti!









The Vaccine Vaudeville Show article and photographs by Doctor Susan Levenstein News about vaccines and vaccine rollouts has provided an embarrassment of riches lately, plenty to fill a blog post. I couldn’t resist a brief detour on variants, though, and a coda ofprize headlines. Two ticklish issues Do vaccines prevent infection? The main aim of COVID-19 vaccines is to keep people from getting sick. But it would be nice if they also protected against getting infected, since asymptomatic people with SARS-CoV-2 living in their noses might be able to transmit the virus to others. Moderna’s vaccine does prevent infection. Their Phase 3 trial called for researchers to swab volunteers’ noses the day they returned for their second dose, and it found 15/14,550 vaccine recipients and 39/14,598 placebo recipients who felt fine but tested positive. That calculates as an efficace’s of 62% against asymptomatic infection, though with so few cases we can’t be totally certain. Overall the Moderna vaccine reduced infection, with or without symptoms, by 89.6%. AstraZeneca’s doesn’t. It was the only manufacturer to get weekly nasal swabs on some Phase 3 volunteers throughout the trial, but the vaccine turned out to be completely ineffective in preventing asymptomatic infection (41/2692 cases in vaccine recipients, 42/2751 in the control group). The vaccine’s overall reduction in infection, with or without symptoms, was 54.1%. Pfizer’s might. None of their studies directly addressed the issue, but the company promised in its Phase1-2 report that it would eventually do so indirectly, by using a blood test (for SARS-CoV-2 N-binding antibodies) that candetect asymptomatic infection. Sputnik V might. We’ll definitely find out eventually because Gamaleya, like Moderna, reswabbed people on the day of their booster shot, though they haven’t released those results yet. Novavax, Johnson & Johnson, and the Chinese: no comment. Should COVID-19 survivors be vaccinated? Logically, people who have tested positive for SARSCoV- 2 should stay at the end of the vaccine line, at least for the 5 or 6 months of immunity afforded by natural infection. Additional light has now been shed by a new study from Moderna which found that people with pre-existing SARS-CoV-2 antibodies all had a humongous antibody boost days after a single dose of vaccine, and suffered particularly severe side effects. So if people who’ve ever tested positive are to be vaccinated at all in the short-medium run, which is questionable, they should definitely receive only one dose rather than two. Vaccine news Johnson & Johnson: The biggest newsflash in this cycle involved Johnson & Johnson’s long-awaited interim Phase 3 result among 40,000-odd volunteers. But the mountain seemed to have given birth to a mouse, with vaccine efficacy of only 66%, far lower than either of the RNA vaccines. Efficacy was better in the US (72%), against the original SARS-CoV-2 virus, lower in South Africa (57%). Positive aspects: side effects were mild, there were no anaphylactic reactions, the vaccine only needs a single shot, and it will keep for 3 months in the fridge. The company is testing a two-dose regime, hoping for better results, but they’ve applied for emergency authorisation from the US Food and Drug Administration anyway. Application to the European Medicines Authority should follow swiftly, with doses (already bought and paid for) reaching the EU as early as April 1st.


I and others have a niggling doubt about the Johnson & Johnson Phase 3 results, arising from what the company counted as a case of disease: not “any” COVID-19, like its competitors, but only “moderateto- severe” COVID-19. On the bad end the vaccine worked great, preventing 100% of hospitalizations and deaths, and 85% of severe cases. We would also like to prevent “mild” COVID-19, because it can be debilitating and lead to long-term residual symptoms. But an even greater reason for concern is tha Johnson & Johnson’s tougher endpoint may, perhaps paradoxically, make the vaccine look better than it actually is. Sinovac’s candidate vaccine, for example, had an efficacy rate of 78% against moderatesevere cases but only 50% when mild cases were included. I hope that when Johnson & Johnson publishes its data we will be given the information we need to compare efficacy with other vaccines, apples to apples. Both Anthony Fauci and distinguished infectivologist Dr. Paul Sax see the glass half full, pointing out that the perfect should not be the enemy of the good and that unlike Moderna and Pfizer’s vaccines, this one was handicapped by having to wrestle with the difficult South African variant. Novavax: The second biggest vaccine news is the interim results from this US vaccine’s Phase 3 trial in the UK: 89% effective overall among 62 cases of COVID-19. Like Johnson & Johnson’s the Novavax vaccine was much less effective in South Africa, 49% in the population as a whole, 60% when looking only at HIV-negative volunteers. Though it works splendidly against the strains dominant in Europe and the United States, this vaccine may not arrive in time to relieve Europe’s dosage drought. Both the US and the UK long ago reserved many millions of doses, but a contract with the EUthat’s been in the works for months, is still not finalised. Damn. Sputnik V: Back in November, when the Russians’ Phase 3 trial reached 78 COVID-19 cases, Gamelaya said their vaccine worked. Those preliminary results have now been properly published, reiterating an overall efficacy of 91.4% against “any” COVID-19 and 100% against “moderate or severe” disease, with no serious side effects. Efficacy did not vary by age, though few subjects were over 60 and almost none over 70. The one oddity I see in the report is that researchers excluded 39% of potential volunteers for preexisting conditions (Pfizer excluded only 3%). Otherwise the trial looks perfect. But . . . the research game depends on trust, and only the researchers themselves can know what really went on. Am I crazy for nourishing lingering doubts about the paper’s veracity based solely on the fact that this vaccine is the official product of a regime infamous for lying about everything from the doping of athletes to interfering in American elections to murdering its political enemies? Some experts expressed concern about possible data fabrication when earlier Sputnik V data were published last September, pointing out what they called “strange data patterns”: “on the ground of simple probabilistic evaluations the fact of observing so many data points preserved among different experiments is highly unlikely.” (The most famous case of data fabrication in history, Sir Cyril Burt’s “proof” that intelligence was an inherited trait, was unmasked because of a similar defect.) The perfection of the new results could merely reflect progress in data fudging. In my humble opinion it would not be unreasonable for Western regulators to hold off on approving this vaccine until they see a couple of months of real-world experience in the countries where it has already been authorised: Belarus, Serbia, Argentina, Bolivia, Algeria, Palestine, Venezuela, Paraguay, Turkmenistan, Hungary, the UAE, Iran, Uruguay, the Republic of Guinea, Tunisia, and Armenia. Sinovac: This Chinese contender, the 4th to release Phase 3 result last week, had to report cutting the rate of COVID-19 only by a disappointing 50%, despite not having to contend with the South African variant. As I’ve already mentioned, this vaccine did better at preventing severe disease.


AstraZeneca: As expected, the European Medicines Agency approved the Oxford vaccine. For now Germany won’t give it to anybody over 65 or Italy to anyone over 55. But new data are arriving soon that could change everything, because AstraZeneca’s Phase 3 trial in the USA expects its first results around the end of February. A quarter of its 30,000 volunteers are over 65, so we should soon know, at last, whether the vaccine is effective in the elderly. A mystifying new preprint from AstraZeneca says it’s OK to leave 12 weeks between doses, as they are doing in the UK, because a single dose works just fine. Maybe even better than a double dose. And the longer a gap you leave between doses the better the vaccine works. Except if you wait more than 3 months, at which point the protection abruptly falls off the cliff from 76% to 32%. Huh? This paper is based on longer follow-up and thus more cases, but it’s still a methodological muddle. If volunteers received a single dose it was mostly because they chose to, and those who were elderly, male, or nonwhite generally chose to get 2 doses – creating a strong bias in favor of the one-dose regime that the authors did not even attempt to control for statistically. Most subjects were vaccinated single-blind, meaning the researchers knew who had gotten what, another potential source of bias. And, suspiciously, the 1-dose analyses were “post hoc,” i.e. not planned ahead of time. Overall efficacy in preventing symptomatic COVID-19 was similar to their interim results at 63.1% (74 cases in vaccine recipients, 197 in control groups), though maybe it was 82% after a 12-week rather than a 4-week booster dose. I’m not the only one to find this paper confusing and inconclusive. Pfizer: The French pharmaceutical firm Sanofi, whose candidate vaccine flopped so badly it needs reconstructive surgery, is kindly inviting Pfizer to produce its own vaccines at Sanofi plants, which may make more Pfizer available for the EU – though unfortunately not before July. Meanwhile Israeli data say that COVID-19 hospitalizations plunge by 60%? in the elderly just 3 weeks after the first Pfizer shot, even before full immunity is reached. This is great news, especially considering that hospitalizations reflect infections picked up a couple of weeks earlier. Pfizer hasn’t yet commented on the current CDC policy of allowing a 6-week gap between doses in a pinch, but I suspect they’ll be OK with it while continuing to nix longer gaps. Three weeks after a single jab vaccinees have neutralizing antibodies comparable to those in survivors of mild COVID-19.And in Phase 3 trials a single dose was highly protectivestarting 2 weeks after the shot. We don’t know how long that protection lasts, but it’s unlikely to fade away very fast, so lengthening the gap to 6 weeks should be fine. Moderna: Their excellent Phase 3 trial results have now been published, but the company is not sitting on its laurels. Not only is Moderna busy developing a booster shot designed to protect specifically against the evasive South African variant, but it is also testing its vaccines in 12-17-yearolds, as far as I know the only vaccine maker to target adolescents. Good for them. Curevac: This German candidate vaccine is of particular interest here in Europe because the EU has reserved a massive supply. All we know so far, from a preprint, is that it’s good at inducing antibodies, though at the cost of lots of side effects. Their Phase 3 trial only kicked off in December, so we’ll have no results for months. Vaccination campaigns - No-wax graffiti Israel: Israel has now started distributing vaccines in the occupied territories, but instead of the topline Pfizer vaccine they’re using SputnikV for Palestinian health care workers, and plan to administer AstraZeneca when they get around to the general population. United Kingdom: The British National Health Service continues to get high points for calling in enrollees systematically, in proper order, to get vaccinated, instead of making people waste hours at websites and call centers. At the same time it continues to accumulate demerits for favoring the AstraZeneca vaccine, especially in the elderly. But pushback is piling up against their one-dose vaccine policy, especially now knowing that AstraZeneca tends to stop working


after 3 months (see above). One group of experts is calling the policy “a non-randomised, uncontrolled population experimental study without pilot data,” pilot data meaning a small preliminary study. United States: Chaos still reigns. The New York Times calls the vaccination campaign a debacle it describes as rife with waste, confusion, and injustice, while a Facebook friend writes, “To get my 93 year old mother vaccinated in FL three people ran four computers for a total of 15 hours.” New York City has run out of vaccines, Governor Andrew Cuomo is feuding with all his public health officials, nobody can trace, the 20 million doses scattered across the country, and black and brown Americans are getting (as usual) the short end of the stick in New York and elsewhere. But the United States is nonetheless way ahead of the EU, having administered 10 doses per 100 people instead of 2 or 3, thanks to a 3-week head start plus privileged access to doses being churned out by Pfizer and Moderna factories on American soil. South Africa: Poor South Africa. Before the troublesome B.1.153 variant appeared on the scene, it unfortunately put its bets on the AstraZeneca vaccine, which is utterly useless against the local strain, and Johnson & Johnson, which has only limited efficacy. They’ve now wisely cancelled their orders for AstraZeneca, and are trying to get their hands on more Pfizer. Vaccination by appointment in Rome on February 8th Italy: According to an optimistically updated vaccine schedule all Italians over age 70 and all teachers, policemen, and prison personnel and inmates under 55 could be vaccinated by mid-May, the former with Pfizer or Moderna and the latter with AstraZeneca. But teachers and police are already putting up resistance against getting a second-tier vaccine. For 3 weeks now Italy, with the rest of the EU, has been forced by the shortfall in Pfizer’s deliveries to use almost all its fresh vaccine doses as boosters. But at noon on February 1st Rome’s Lazio region finally dared to roll out a dedicated website and call center for over-80’s to arrange vaccine appointments. Both crashed instantly. At 10.30 PM I finally succeeded in scoring a February 22nd appointment for my 82-year-old husband. People who waited until the morning were given appointments in April. Miraculously, shots started getting into arms on February 8th, as scheduled. Some Europeans are accusing Pfizer of giving the EU’s vaccine doses to the UK because the UK pays more. But Pfizer actually cut back its supplies to the UK as well as to the EU, and the EU’s small discount on the price is amply justified by vaccine development funding that was considered “down-payment on the vaccines”, think from AstraZeneca-EU contract as publicly released War of the Roses: After Brexit, the ex-couple is scrapping over the kids. The UK announces it will cut the promised supplies of AstraZeneca to the European Union by 60%. The EU threatens to hold back Pfizer doses manufactured in Belgium in retaliation. Much turns on arcane clauses in the relative contracts, but the upshot is that the EU is getting royally screwed. If Johnson & Johnson and Novavax both get approved fast, and both fulfill their contractual promises, Italy and the rest of the European Union will be on track to reach herd immunity – 80% of adults vaccinated – by the end of September. If not, not. A mutable virus - Mutant, by Johannes Holm Why now? It is very likely that bad behavior last summer, and the coronavirus population bomb it caused in the fall, is theunderlying reason all these mutants have been popping up this winter. Johannes Holm B.1.1.7 (England): As the English variant spreads across the United States, I still see no reason to think is more contagious or more virulent. A London friend writes: “I shop around for shops that look like they keep their doors open and require masks.” Masks in shops are an optional???!!! Fortunately the Moderna and Pfizervaccines probably work fine against the B.1.1.7 variant, Novavax a little less so. B.1.351 (South Africa): The South African variant, on the other hand, is scary. The Novavax and Johnson & Johnson


vaccines are strikingly less effective in preventing infections with it, and AstraZeneca’s is utterly useless. Pfizer is confident its vaccine will work against the variant. Moderna’s elicits fewer neutralising antibodies against it, but the company thinks there are still enough of them to be effective. They’re hedging their bets, though, working on, a booster shot aimed specifically at B.1.351 - both AstraZeneca and Novavax are likewise already working on fixes to improve their vaccines’ performance. But vaccine resistance isn’t the only reason for concern about B.1.351. Previous infection with the original SARS-CoV-2 virus, especially mild cases, seems to barely protect at all against reinfection with the South African variant, and it is relatively resistant to treatment with convalescent plasma (and therefore, probably, to monoclonal antibody products). P.1 (Brazil): I’m still not sure how much to worry about this one – is it more contagious? Is it escaping antibodies in plasma? Is it resistant to vaccines? Despite scare headlines we have as yet no real evidence. Certainly P.1 is becoming the dominant strain in the Amazon area of Brazil. But, as with B.1.1.7 in England, it may not be intrinsically more contagious. Have a headline, any headline! Administering a dose of vaccine on the road rather than let it expire Africa News: “Vaccinations are dangerous. If the white man was able to come up with vaccinations, he should have found a vaccination for Aids by now” How low can you go? This elaborate, pseudo-scientific conspiracy theory ((not espoused by the head of Pfizer research, incidentally) has been thoroughly debunked. When a visitor asked Rabbi Chaim Kanievsky what people “should take upon themselves so this disease does not get to them and there are no problems,” the rabbi replied, “They should learn Talmud.” - New York Times Weird: Russian disinformation campaign. Think it’s convinced anybody? “Inside Sunrise Family Diner you might assume there is no pandemic” Canada the civilised: And so have 200 of the National Guardsmen who fought at their sides on January 6th. So many Capitol Police are out sick or quarantined that they’re having to work 14-hour shifts. Talk about Good Samaritans! The Oklahoma governor stockpiled millions of dollars worth of hydroxychloroquine on the President’s word. Now he’s looking to unload it. When the Italians decreed army escorts for all vaccine deliveries to prevent pilfering, everybody thought “only in Italy.” Wrong! This stem cell therapy not only doesn’t work against COVID-19, it doesn’t even contain any stem zcells. And the woman who’s hawking it is yet another Republican politician.



La Cucina di Mario Puccio, tra tradizione e innovazione di Mario Puccio fotografia di Laura Rizzo Figlio d’arte, iniziai giovanissimo a cimentarmi tra i fornelli dei miei genitori, quelli del “Ristorante Puccio” a Capaci. La mia passione per l’enogastronomia mi portò ad affiancare all’attività di chef, anche quella della docenza nelle scuole alberghiere. Oggi sono docente del IPSSEOA (Istituto Professionale Statale per i Servizi Enogastronomici e l’Ospitalità Alberghiera di Castellammare di Stabia), Piazza di Palermo. Una passione, che riesco a trasmettere a tanti giovani, che si apprestano a diventare chef. Dalle docenze alle consulenze, non sono pochi i ristoranti che, grazie alla mia guida ed esperienza, sono diventati veri e propri fiori all’occhiello della cucina siciliana. Creo i loro menu tenendo conto delle specificità dei diversi target, senza rinunciare alla mia “firma”, unendo nuovi sapori e gusti alla ricchissima e golosa tradizione culinaria, di una tra le Regioni d’Italia, dai fornelli più storici e variegati. Tanti i riconoscimenti conseguiti, in Italia e all’estero, prestigiosi premi come la Medaglia d’Oro ai “Campionati Italiani di Cucina” nel 2013 e la Medaglia d’Argento alla competizione internazionale Culinary World Cup di Lussemburgo nel 2014. Grazie al web e alle sue potenzialità, in perfetta sintonia con la mia seconda passione, quella dell’insegnamento, ho creato il sito “Parola di Chef”. Dove oltre a insegnare e trasmettere il mio amore per la cucina, mi occupo delle tematiche come la sostenibilità e lo spreco alimentare in cucina. Uno spazio è riservato ai progetti nei quali collaboro. Naturalmente il sito Parola di Chef contiene alcune delle mie ricette. Alcuni esempi? Il maialino in crosta di pistacchi e salsa alla birra, i fusilli con i gamberi rossi di Mazara, il pesto di pistacchi e le sarde crunch in farina di grani antichi e spuma di mozzarella di bufala. Il miei ingredienti preferiti? Senza dubbio sono i pistacchi di Bronte e i capperi di Pantelleria. Alla mia passione per la cucina affianco quella per la pasticceria, trasmessami dai grandi maestri dell’arte pasticciera isolana, con i quali ho lavorato. Trasformare le materie prime della propria terra, combinandoli ai profumi e ai colori, realizzando delle vere e proprie prelibatezze per il palato è la mia arte. Incantare ospiti italiani e stranieri, portare in tavola la mia passione per la cucina, per la Sicilia, per la vita, la considero una missione.


La Sicilia e il Mediterraneo nei miei piatti “Nei miei piatti i protagonisti sono i prodotti della mia Sicilia” Storicamente, la Sicilia, essendo al centro del mare mediterraneo è stata crocevia di popoli e dominazioni che hanno lasciato le loro impronte culturali e hanno influenzato la cucina tradizionale dell’isola. Quello che più amo cucinare è il pesce, da secoli il protagonista indiscusso della tavola dei siciliani, soprattutto il pesce azzurro oltre ai molluschi e crostacei, abbinati agli ortaggi, verdura e frutta che lavorati con tecniche innovative ne esaltano il gusto e le proprietà nutrizionali consentendomi di creare piatti dal sapore e dai colori davvero incredibili; amo sperimentare tecniche innovative per poter realizzare piatti che possano stupire i miei commensali. Molto importante nella mia cucina è l’impiego di un ingrediente al quale non potrei mai rinunciare: l’olio extravergine d’oliva siciliano di grande qualità. La mia filosofia di cucina è quella di esaltare le materie prime che offre la mia terra cercando di valorizzarle il più possibile. Caratteristiche ho interiorizzato durante le esperienze in Francia, fondamentali nella mia cucina sono la stagionalità e il “terroir” uniti alla sostenibilità ambientale.

La cucina tradizionale siciliana offre grandi spunti di riflessione ma mi lascio incuriosire e affasciare anche dalle culture culinarie straniere che utilizzo come fonte di ispirazione per creare fusioni uniche. Oggi, attraverso il mio lavoro, sono portavoce del mio territorio, utilizzando prodotti certificati, prediligendo il “farm to fork” di contadini, allevatori e pescatori, con lo stesso amore e passione che mettono quest’ultimi nel produrre le eccellenze che rendono le mie preparazioni inimitabili. Chef Mario Puccio I piatti che vi presento sono: Tartare di gambero rosa all’olio extravergine d’oliva con gel di limone, insalatine di campo Risotto con estratto di prezzemolo, riccioli di totano alla curcuma cipolle in agrodolce e finocchio di mare Calamaro farcito ai capperi in guazzetto, cipollotto glassato e spinacino fresco Mousse al cocco e cedro, crumble allo zafferano, ananas e gelatina di lamponi

Laura Rizzo




Marco Lolli - “Vivere a Dubai” In attesa di “Expo 2020”. di Marco Lolli fotografia: Expo Dubai 2020 In questi ultimi anni, il turismo a Dubai, ha avuto un’enorme incremento, un risultato ottenuto grazie al continuo impegno del Governo degli “Emirati Arabi Uniti” che da sempre si è prodigato affinché questo settore diventasse, insieme ad altri, il fulcro di un’economia multi settoriale. Il “Dipartimento del Turismo” è ben organizzato e molto attivo, da sempre ha promosso gli Emirati in tutto il Mondo con strategie di marketing mirate e molto incisive, facendo così crescere notevolmente l’interesse dei viaggiatori con destino Dubai. Fino a pochi anno or sono, nell’immaginario collettivo, Dubai era identificata come una meta esclusivamente accessibile per “ricchi”, conseguentemente per i più rimase “irraggiungibile”. Oggi grazie al pragmatismo e alla concretezza dello Sceicco di Dubai S.E. Mohammed Bin Rashid Al Maktoum, questa percezione è cambiata e per molti turisti il “sogno” di visitare la “Città del Futuro” è diventato realtà. La realizzazione di molte nuove strutture alberghiere non esclusivamente “super lusso”, solo negli ultimi due anni, ne sono state inaugurate oltre cento unità, permette oggi di offrire soggiorni a prezzi più contenuti rispetto al passato, pur mantenendo standard qualitativi di ottimo livello. Dubai ha reagito molto bene al difficilissimo periodo provocato dalla Pandemia. Grazie alle misure messe in atto tempestivamente, all’organizzazione funzionale e alla lungimiranza dei suoi Governanti, l’Emirato ha riaperto i propri confini ai turisti già dallo scorso luglio. Durante Expo 2020, che avrà inizio il primo ottobre 2021, sono attesi 25 milioni di visitatori, il 70 per cento si prevede arriverà da Paesi extra UAE, quindi Dubai dovrà essere pronta ad ospitare oltre 18 milioni di turisti. L’organizzazione di tale Evento prende ancora più importanza se si pensa che per la prima volta si svolgerà in un Paese Arabo. Il tema scelto per l’Esposizione Universale di Dubai è: “Unire le Menti, Creare il Futuro”, sono stati identificati tre sotto-temi; Opportunità - creare connessioni più intelligenti e produttive. Sostenibilità - progresso e prosperità senza compromettere i bisogni delle generazioni future. Mobilità - sbloccare nuove possibilità per persone e comunità, contribuendo con successo al futuro. In previsione dell’inizio della manifestazione, il 22 Gennaio è stato inaugurato il “Padiglione della Sostenibiltà”, cosi da permettere ai residenti e ai numerosi turisti che in questo periodo sono in Città di poterlo visitare in anteprima. Durante le prossime settimane sono previste le inaugurazioni di altri due padiglioni. La “Città del Futuro”, già è proiettata verso il futuro, lasciandosi alle spalle questo terribile periodo, pronta ad accogliere i milioni di visitatori provenienti da ogni parte del Pianeta.







Alla Scoperta della “Italian Wine Cripto Bank”, il futuro del vino Italiano, è già presente e lo sarà per restarci di Maurizio Pelli fotografia: IWCB “Italian Wine Cripto Bank”, un progetto innovativo - inedito nel mondo del vino italiano, la prima e unica “Banca del Vino” del suo genere a livello globale. La promozione dei vini pregiati delle Cantine Italiane selezionate su un mercato mondiale - globale nuovissimo, tenendo costantemente presente, anche quello tradizionale è tra i primi obbiettivi della Banca, come quello di offrire agli amanti del vino italiano, appassionati - collezionisti delle grandi etichette da godersi o conservare, aggiungendo la possibilità di “guadagnarne” molte altre, senza correre rischi. La Banca offre ai suoi “Believer” delle eccezionali opportunità di ritorno, garantite dai vini pregiati del proprio caveau assicurato e coperto da ogni eventualità di rischio. Questa, in sintesi, è la missione del “Italian Wine Crypto Bank” (IWCB), la prima e unica “Banca del Vino” del suo genere a livello globale. Il progetto, fu lanciato lo scorso dicembre 2020, ora nella sua fase “uno”, quella della presentazione alle cantine italiane. Il lancio ufficiale dell’inizio delle sue attività è previsto per il prossimo giugno 2021. Basata su “Blockchaine” e “DLT” (Distributed Ledger Technology), tecnologie affidabili, controllabili oltre che a prova di manomissione, la IWCB punta innanzitutto al nuovo segmento economico e sociodemografico degli utilizzatori delle criptovalute, oltre a quello dei “digital asset”, a livello mondiale. Parliamo di potenziali consumatori, con alta capacità di spesa, soprattutto nei giorni durante i quali le loro valute produrranno guadagni: oggi sono 180 milioni, nei prossimi cinque anni potranno crescere fino cinque volte il numero attuale la previsione è di Michael Saylo CEO di “MicroStrategy”. Per questo i correntisti che avranno puntato sui vini dalla Banca potranno, anzi dovranno, pagarli solo in cripto valute. Sì, c’è anche Bitcoin, tra le altre venti cripto opzioni disponibili. Facilissimo per gli entusiasti delle criptovalute, forse un pocomeno per gli altri, che sono potenzialmente tantissimi. La Banca punta, infatti, anche al mercato tradizionale, quello composto da chi nel mondo vuole acquistare vini pregiati italiani perché ama degustarli o vuole collezionarli comeforma di investimento. Un target attuale, in grosso fermento inquesto periodo. Dopo anni di preparazione, l’IWCB è nata, sì, in un momento travagliato a causa della pandemia, ma, allo stesso momento, scrive il “Decanter Magazine”: “il buon vino italiano è alle prese con una domanda storica e l’Italia è molto di moda tra i collezionisti e i commercianti di vinipregiati”. Il valore commerciale dei vini italiani nel mercato secondario, negli ultimi 10 anni, è cresciuto con tasso annuocomposto del 28,5%, mentre la crescita degli altri vini è stata limitata al 9% - fonte Liv-Ex (the global market place for thewine trade). Chi non ha dimestichezza con le criptovalute non avrà nessunproblema: sarà assistito dalla Banca a convertire il suo “fiat” (nome del contante nel gergo del settore, ndr) in pochi minuti e tutto online. Il correntista lo farà con entusiasmo, perché si renderà conto del vantaggio di usare le cripto. “Siano essientusiasti degli asset digitali o wine lover, i correntisti della Banca avranno infatti un


vantaggio unico. Dopo un anno dal loro primo acquisto avranno diritto a un bonus fino al 50% dell’incremento del valore della criptovaluta che hanno usato per pagare il vino. Ovviamente ci sono delle condizioni da rispettare e il bonus gli sarà corrisposto in vino che il correntista potrà scegliere liberamente tra le disponibilità della Banca. Cosa potrebbe succedere se non dovesse crescere il valore della cripto? Niente, il correntista si godrà comunque il vino acquisito e il suo eventuale incremento di valore dovuto all’invecchiamento. Dal prossimo giugno il portale della IWCB sarà online per mettere a disposizione dei suoi correntisti reali - potenziali e di tutti gli “stakeholder” (cantine – believers - compratori di utility token), fornendo continue informazioni sui vini del suo portafoglio, la promozione delle aste online e le opportunità di scambio tra i propri correntisti, fornendo assistenza continua per facilitare i pagamenti in criptovaluta. Rosario Scarpato, Ideatore, Fondatore e Direttore del Progetto, assicura che: “Questa è un’occasione per le cantine italiane selezionate per fare storia e allo stesso tempo per entrare nel futuro, non solo perché vedranno per la prima volta i loro vini acquistati in criptovaluta, ma perché beneficeranno dei vantaggi di un’esposizione mediatica globale, della brand awareness. Le cantine selezionate infatti non avranno nessun costo monetario da sostenere, avranno diritto a cospicue “Revenue Sharing”, oltre che avere reintegrati i loro vini una volta venduti. Inoltre riceveranno degli “utility token” gratuiti emessi dalla Banca e che potranno scambiare liberamente sulmercato”. La partecipazione delle cantine alla IWCB è solo su invito. La Banca ha predisposto un originale e sofisticato algoritmo che sceglierà i vini in base a una serie di parametri, compresa la loro capacità d’invecchiamento, la reputazione e il rendimento dello specifico vino in termini di incremento del suo valore durante gli anni. La Banca ha anche una sezione dedicata ai vini speciali: piccole produzioni - varietà autoctone - aree interessanti. Il progetto della IWCB nella sua fase “uno” che è proprio quella della partecipazione delle cantine. Per ottenere i vantaggi riservati alle “fondatrici” le cantine interessate dovranno perfezionare la loro adesione entro il 15 aprile 2021.




Oroscopo Primavera 2021 a cura di Margaux Cintrano, editore e giornalista crediti fotografici diversi Il pianeta Mercurio nell’aprile 2021 entrerà nel segno zodiacale dell’Ariete, apportando un’enorme influenza. I suoi effetti si sentiranno in tutti gli ambiti della vita. Questa influenza apporterà desideri di unificazione della popolazione. Il mese di aprile sarà anche favorevole a nuovi progetti, inizi e relazioni. La prima parte di aprile si concentrerà sul lavoro, sulla carriera o sui cambiamenti professionali. Saranno favorite le decisioni aziendali e le innovazioni per promuovere le imprese. Alla metà di aprile si inizierà a raccogliere i cambiamenti iniziati a fine marzo e ai primi di aprile. Arriveranno nuove fonti di guadagno suggerite da consigli inaspettati. Nuovi sviluppi nella vita personale sono molto probabili per i single. Per le coppie, la comunicazione positiva e la condivisione del tempo di qualità, dovrà essere una priorità. Nell’ultimo terzo del mese, con la luna piena sempre favorevole, sarà il momento propizio solo per concludere i progetti, non per iniziarli. Durante questo periodo, si consiglia vivamente di cercare un nuovo hobby, liberare spazio dagli oggetti accumulati e prendersi più cura del proprio fisico.


I 12 segni dello zodiaco Ariete: La situazione finanziaria influenzerà la vita de segno dell’Ariete durante tutto il 2021, potresti rimanere sorpreso dai tuoi risultai. Sarà comunque necessario gestire le spese vivendo non contando sulle normali entrate. Se vuoi allargare la tua cerchia sociale, questo anno ti offrirà molte opportunità. I single potrebbero incontrare l’anima gemella. Toro: Il 2021, sarà un concentrato di emozioni causa dei diversi pianeti in transito, tuttavia potrebbero verificarsi alcuni conflitti. Sarà possibile ricostruire una relazione armoniosa risolvendo tutti i malintesi passati. Sarà fondamentale intraprendere nuove iniziative con idee innovative contattando le persone giuste. Gemelli: I Gemelli avranno nuovi obiettivi che potrebbero causare un conflitto con un’impresa commerciale che non ha funzionato. Le relazioni, sia lavorative che personali, avranno il favore di Marte e Venere durante tutto l’anno. Tuttavia, il successo sarà garantito solo se si disporrà di un piano d’azione concreto. Cancro: Il 2021 sarà un anno molto speciale, dedicato alla costruzione di nuovi contatti. L’influenza di Giove sarà visibile nelle tue ambizioni e nei progetti di successo. Marte e Venere possono portare una nuova storia d’amore per i single. Non farti influenzare dalle forze esterne, dovrai essere diligente e determinato. Leone: Le questioni professionali saranno in prima linea nel 2021. Sarai incoraggiato dalla tua carriera e dalle tue ambizioni professionali. Gli aspetti planetari sono indicativi, ma non esagerare nelle reazioni ai conflitti che potresti incontrare. Marte giocherà un ruolo importante, quindi fai attenzione agli incidenti che la fretta protrerebbe causare. Vergine: Chi è nato nel segno della Vergine non dovrà essere influenzato da nessuno e seguire solo le proprie idee intuizioni. Gli aspetti planetari sono favorevoli per intraprendere una nuova direzione, forse un cambiamento professionale, un semi pensionamento o un viaggio.

Bilancia: I nati del segno della Bilancia otterranno quello a cui aspirano apportando alcune piccole modifiche alle attività quotidiane ed evitando cambiamenti significativi. I transiti planetari sono favorevoli per migliorare la salute e la vitalità, grazie a Giove e Saturno che si spostano in Acquario. Scorpione: Gli Scorpioni saranno in grado di realizzare i loro progetti tramite l’aiuto di nuovi contatti stranieri. Incontrerete molte persone che vi offriranno delle nuove opportunità, necessiterà vagliare attentamente per valutare quali saranno quelle positive. Sarà essenziale liberarti degli approfittatori e da chi potrebbe pugnalarti alle spalle. Sagittario: I centauri dello zodiaco possono aspettarsi molto romanticismo nell’anno 2021. Ci saranno tante opportunità per incontrare nuove amicizie che possono eventualmente svilupparsi in una storia d’amore. Ci saranno anche delle nuove iniziative con l’aiuto di contatti più stretti. Necessita prendere in considerazione, con consapevole impegno, un serio regime di alimentazione sana. Capricorno: Il 2021 comportarà molte responsabilità nei confronti dei propri cari. Questo potrebbe drenare le tue emozioni e causare effetti molto stressanti, avrai bisogno di un adeguato rilassamento e tecniche adeguate per abbassarne il livello. Marte fornirà le energie per eseguire nuovi progetti e le finanze per realizzarli. Acquario: Gli Acquari si dirigono verso molti trampolini di lancio per i cambiamenti. Trasferimenti, nuove professioni o nuovi lavori. Probabile una nuova relazione e forse un ambio di residenza in un altro Paese o regione. L’inizio dell’anno potrebbe non favorire i cambiamenti, tuttavia, scoprirai che maggio sarà l’inizio della nuova agenda. Pesci: Con il favore di Marte, vi ritroverete a realizzare nuovi progetti e forse anche una nuova impresa commerciale. È essenziale usare l’ intuito, il tuo migliore consigliere. Viaggiare in un nuovo Paese o nelle regioni di quello in cui vivi potrà essere all’ordine del giorno. Si consigliano di prendere precauzioni per la salute e fare esercizi regolarmente. Salta la corda sulla terrazza o in giardino con Disco Music, procurati una cyclette o una bicicletta per i fine settimana.




Spring 2021 Horoscope By: Margaux Cintrano, editor and journalist assorted photographic sources An enormous influence in April 2021, is going to be planet Mercury in the astrological sign of Aries. Its effects will be felt in all areas of one´s life. This influence shall provide the desires for unification of the population. The month of April is also favorable for new projects, new beginnings and new relationships. The first part of April, shall focus on work, career or professional changes. Business decisions and new avenues for promoting businesses shall be favored. The middle of April, is going to begin to harvest the changes that you have begun in late March and early April. There will be new sources of income offered to you from unexpected recommendations. New developments in one´s personal life are highly likely for singles. For couples, positive communications and sharing personal quality time shall be on the forefront burners. In the last third of the month, the full moon ever so present, is a time to complete projects and not begin them. During this time, it is highly recommended to search for a new hobby, free up space of accumulated items and to take better care of your physical bodies.


The 12 Signs of the Zodiac Aries: Financial situations shall control your life during the year of 2021 and you might be surprised on this score. It is necessary to manage your expenses and live within your income. If you want to enlargen your social circle, this year shall provide you with plenty of opportunities. Single Aries, may find Mr. or Miss Right. Taurus: 2021, can be full of excitement due to the several planets transiting however, there could be many conflicts. You can build a harmonious relationship by resolving all past misunderstandings. Trying out new innovative ideas and contacting the right people will be instrumental. Gemini: Geminis shall find new objectives which could cause a conflict amongst a business venture which is has not been working out. Relationships both business and personal shall have the support of Mars and Venus this year. However, success will be ensured only if you have a concrete plan of action. Cancer: The year 2021, will be a very special year, spent on building new contacts. The influence of Jupiter will be seen in your ambitions and successful projects. Mars and Venus can bring in a new romance for singles. Outside forces should not influence you. You must be diligent and determinded. Leo: Professional matters shall be at the forefront during 2021. You shall be encouraged by your career and professional ambitions. The planetary aspects are indicative, not to go overboard in response to conflicts you might face. Mars is going to play a strong role, so be cautious with accidents as haste makes waste. Virgo: Virgo ladies and gentlemen should not be dependent on others and their ideas. They should go by their own intuitions. The planetary aspects are favorable for accomplishing a new direction, perhaps a professional change, semi retirement and / or travelling. Libra: Librans can achieve what they aspire by making some minor alterations in thei daily activities, and avoiding significant changes. The planetary transits are favorable for improving health and vitality with Jupiter and Saturn moving into Aquarius. Scorpio: Scorpions are going to be able to execute their new projects with the assistance of new contacts and foreigners. You shall be in contact with many offering new opportunities. One must sift and sort to decide which are positive and which are negative. It is essential to rid yourselves of users and back stabbers. Sagittarius: The centaurs of the zodiac can look forward to plenty of romance in the year 2021. There shall be many opportunities to meet new friends which can possibly develop int love alliance. There is also going to be new ventures with the help of close contacts. A conscious effort on a regime of healthy eating may be considered. Capricorn: 2021 might come with alot of responsibilities towards dear ones. This could drain your emotions and cause stress to the ultimate. You shall require proper relaxation and techniques for working out your stress levels. Mars shall provide the energies to execute new projects and finances to be earned from these new projects. Aquarius: Aquarians shall be headed for many stepping stones for changes. Relocating, a new profession and / or a new job, a new relationship and perhaps a move to another country or region. The beginning of the year may not be conducive for changes however, you shall find May to be the beginning of a whole new agenda. Pisces: With the assistance of Mars, you shall find yourselves executing new projects and perhaps even a new business venture. It is essential to use your intuition, it is your best advisor. Travelling to a new country and /or region in the country in which you live, can be on your agenda. Cautions with your health are advised, and exercise regularly. Jump rope on the terrace or in the garden with Disco Music and / or get a stationery exercise bicycle or bicycle at the weekends.




Il Ministero Spagnolo dell’agricoltura, della pesca e dell’alimentazione, ha recentemente annunciato i riconoscimenti “Alimentos de España”, per il migliore Olio Estravegine di Oliva della stagione di raccolta 2019 - 2020. di Margaux Cintrano editore traduzione di Maurizio Pelli editore fotografia a cura del Ministero Spagnolo Quattro le categorie in concorso; “Verde Amaro”, “Verde Dolce”, “Maturo” e “Biologico”. L’obiettivo di questi premi è quello di evidenziare gli oli d’oliva di altissima qualità e di riconoscere i produttori. Alla fine del 2020, hanno concorso 55 produzioni diverse di Olio Extravergine di Oliva, valutate con delle degustazioni alla cieca da un gruppo di esperti coordinato dal Ministero. Tra i diversi gli aspetti di giudizio anche la valutazione sensoriale e quella chimico fisica. Il premio speciale è stato assegnato a “Cortijo de Suerte Alta” che ha ricevuto il punteggio più alto nella degustazione alla cieca e che si conferma nella categoria Verde Amaro. Di intenso sapore di olio d’oliva verde, con note di agrumi, menta, pianta di pomodoro, carciofo, mela e banana. Tra i finalisti “Almazara de Muela” e “Sociedad Cooperative Andaluza San Vicente”. Nella categoria Verde Dolce, vince “Oliva Palacios” con un premio di distinzione, un olio di oliva verde molto equilibrato e intenso con note di erba, carciofo, pomodoro, mandorla verde, banana e mela. Tra i finalisti “Aceites Finca La Torre” e “Manuel Molina Muñoz y Hijos”. Nella categoria Maturo, si aggiudicano i premi “Agricola y Caixa Agraria” е “Seccio Credit de Riudecanyes”. Le note aromatiche dell’olio di oliva includevano: mela, banana e mandorle, un olio extravergine di oliva molto armonico ed equilibrato. Tra i finalisti “Pag Peñarrubiа” e “Agricola y Caixa Agraria” e “Seccio Credit de La Selva del Campo Coselva”.






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