I miei sette figli - Alcide Cervi

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avanti, io e la madre andavamo appresso, finché lo incontriamo quasi a metà: le parole furono poche e i baci tanti. Poi lo guardiamo bene, io e la madre, il ragazzo è trasformato, è diventato uomo, ha un’espressione grintosa e gli occhi illuminati. Dopo, Aldo ci prepara a una cattiva notizia. Dice che deve finire il servizio militare. Deve tornare a Conegliano, per il congedo, e non sa se gli scaleranno qualche mese e come si metteranno le cose. La madre rimase addolorata, ma io dico: – l’importante, figlio, è che sei uscito dalla galera. Poi ti faremo uscire anche dalla ferma. Adesso godiamoci gli otto giorni. Così torniamo a casa e si fa festa. Antenore dice a Margherita: anche le mura girano per la contentezza. E siccome in carcere c’era stato, tutti fanno domande su come si trovava, e lui rispondeva di mezze parole, senza piacere, e noi dicevamo che non si era riabituato. Riprese anche poco il lavoro e tutto il giorno stava sempre sui libri, e ne voleva dei nuovi, che non si trovavano nelle librerie. La madre lo guardava tribolata, e diceva: che cosa ha fatto questo figlio mio, che lo vedo così preoccupato? Allora Aldo capì che doveva spiegare, mi disse che voleva parlare a tutta la famiglia. La sera, dopo cena, restammo tutti intorno al tavolo e Aldo mi chiese il permesso di parlare. – Parla figlio – gli dissi – e levati tutti i pensieri. «Papa, mamma e tutti – disse Aldo – dovete scusarmi se non ho spiegato finora. Ma è perché dovevo chiarirmi tante cose. Il carcere non è poi una cosa tanto terribile, per chi sa fare esperienza. Andrea Costa diceva: una scuola che si apre è un carcere che si chiude. E vero, ma bisogna dire, anche, che il carcere è una scuola di verità, per chi sa intendere. Credevo che l’Italia fosse tutta qui. Gente che lavora, un governo che governa, e lo sforzo dell’uomo di diventare migliore, di conquistarsi il cielo. Invece c’è un’altra Italia che non conoscevo, l’Italia del carcere. Se aveste conosciuto quanti italiani sono nelle carceri solo perché hanno fatto il loro dovere, perché hanno voluto la bontà e la giustizia! Così oggi chi fa il suo dovere e vuole rispettati i suoi diritti si mette contro lo Stato. Vedete la storia delle nostre campagne. Si comincia con le lotte contro la legge sul macinato, e restano i morti dalla parte nostra, c’è lo sciopero degli scariolanti a Bagnolo e vengono fatti arresti, c’è una manifestazione a Reggio per la libertà e il pane e anche lì arrestano e confinano. E poi guardatevi qui intorno.

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