I Racconti 2009

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MICHELA MURGIA

inverno o guerra, lì dentro te ne saresti dimenticato, se ci restavi abbastanza tempo. Noi di tempo cominciammo a passarcene tanto davvero. Non andavamo più in giro nei vicoli e non ci infilavamo più nelle case a vedere se qualcuno sfollando aveva lasciato indietro qualcosa di utile, tanto le case di quei quartieri non avevano molto da rubare nemmeno quando erano abitate. Torràu Scékspir prese la cosa subito molto sul serio: ci spiegò bene la storia del protagonista, un certo Triagus che faceva di mestiere sia il barbiere che il tabaccaio, e che voleva mettere in scena una rappresentazione per raccogliere i soldi per ricomprare le campane alla chiesa di San Saturnino del suo paese. Si capiva da subito che quella parte la voleva tenere per sè, perché in fondo quel Triagus voleva fare la stessa cosa che aveva in testa anche lui. A noi restavano da fare i personaggi degli amici e dei paesani, e quel Garau, il commediografo che l’aveva scritta, era bravo davvero, perché erano tutti personaggi che ci sembrava di conoscere davvero, e li assomigliavamo ora al tale, ora a quell’altro del quartiere. Per tutto dicembre Torràu Scekspir ci insegnò come andavano recitate le parti: le leggeva perché le imparassimo, le recitava per noi per farci vedere come andavano rese sul palco, e poi ci faceva provare se avevamo capito. Brunetto si dimostrò un attore penoso: la maggior parte delle volte si dimenticava la battuta, e se per caso se la ricordava, si metteva a ridere mentre la diceva, ci faceva ridere tutti, e non combinavamo più niente. Franziscu invece era bravino, e persino Giulio, una volta imparata a memoria la

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I RACCONTI DI MONUMENTI APERTI

A CIELO APERTO

parte del prete, sembrava nato per fare messa. Antioghedda si divertiva molto nella sua parte, e quando diceva le battute era tale e quale a sua madre, con lo stesso tono di voce. Siccome serviva anche un’altra donna e nessuno la voleva fare, si decise che l’avrei fatta io. Mi conciarono con degli stracci sotto il maglione per fare le tette, e un fazzoletto in testa, ma ogni volta che entravo in scena travestito, Brunetto esclamava che sembravo sua nonna, e allora io dicevo che i crucchi ci avrebbero fottuti anche in questa guerra, e loro smettevano di recitare e ridevano, perché sembravo un po’ mascufemmina, e un po’ davvero la nonna di Brunetto. Quando scendeva il buio tornavamo a casa prima del coprifuoco e a casa non dicevamo dove eravamo stati, perché qualcosa ci suggeriva che le nostre madri non avrebbero trovato la nostra iniziativa così divertente come sembrava a noi. Avevano ragione. Mentre noi ci organizzavamo per provare agli inizi dell’anno nuovo, Elmas fu bombardata dagli aerei inglesi, e ci furono sei morti. A Cagliari non successe nulla, ma si erano sentiti i colpi per tutta la città, e la gente rimasta nelle case si aspettava qualcosa di brutto da un momento all’altro. Non c’erano rifugi antiaerei a Cagliari, non li aveva costruiti nessuno, perché chi ci pensava che noi potessimo essere importanti, c’era il mare di mezzo, in Sardegna non si decideva niente, bombardare noi ci sembrava una perdita di bombe. Ma evidentemente non era così per la contraerea americana. Il 7 febbraio ci passarono in testa almeno 50 aerei, e a titolo di avvertenza tirarono bombe di nuovo a Elmas e tutto intorno alla

città. Fino a quel momento avevamo avuto freddo, avevamo avuto anche fame, ma non avevamo ancora avuto veramente paura. Gino diceva che era segno che la guerra stava finendo davvero, ma io pensavo che invece per noi era cominciata in quel momento, e con la gente del quartiere decidemmo di trovarci un rifugio dove andare quando i bombardamenti veri e propri fossero cominciati sul serio. C’era una specie di grotta sotto Piazza d’Armi, una vecchia cava romana sopra alla quale avevano costruito le case, ma l’apertura per andare sotto era rimasta, nascosta dietro un cespuglio di capperi, e sotto c’era un certo numero di stanze scavate nella roccia, e un incredibile lago sotterraneo con l’acqua chiara e dolce, la potevi bere, e talmente profonda che ci potevi magari anche navigare con un chiattino piccolo, se volevi. L’unico problema era che dal soffitto delle grotte cadeva di continuo acqua come se piovesse, e a causa di questo non potevi starci per molto tempo; ma se uno deve scegliere tra pioggia di bombe e pioggia di acqua, all’umidità alla fine non è che ci fai troppo caso. Il problema era che il 7 febbraio le sirene per avvisare che era in arrivo un bombardamento non avevano funzionato, quindi ci prendemmo l’abitudine di guardare il cielo, sperando che il tempo di avvistamento fosse sufficiente per raggiungere le grotte prima che gli aerei raggiungessero noi. Ma non avevamo nessuna intenzione di rinunciare ai nostri progetti, o di stare chiusi in casa a guardare la finestra tutto il tempo. Il patto era che durante il giorno avremmo provato al teatro, e che uno di noi

PRIMO QUADERNO

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