Juliet Jacques: Fiction, memoir, performance

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Sono fuori dalla Pitié-Salpêtrière nel 13° arrondissement di Parigi. Dopo mesi di conversazioni online incontrerò N. per la prima volta [N. – come si evince più avanti nel testo – è “un insieme composito” di molti amici dell’autrice. Come tale in inglese è sempre di genere neutro; nella traduzione italiana si è deciso di usare il femminile]. N. traduce la targa commemorativa sul lavoro di Jean-Martin Charcot sull'ipnosi e sull'isteria in un linguaggio che capisco; mi prendo un momento per pensare a quelle donne e a cosa potrebbe averle spinte a una tale condizione, prima di andare in giardino. Su una panchina è seduta una donna bionda. Una lettrice di tarocchi mostra le sue carte. Voglio vederle ma, avvicinandomi, le immagini si trasformano in ologrammi d'argento. Chiedo una lettura ma nessuno mi presta attenzione e N. mi guida all'interno della chiesa. Cerco Charcot, ma non può essere trovato. Le donne isteriche si allineano lungo i banchi, ridendo spasmodicamente mentre io e N. risaliamo il corridoio in abiti abbinati, camicie bianche con cravatte nere e gonne lunghe, bianche e stringate con sottovesti. Quando raggiungiamo l'altare e posiamo per alcune fotografie, [le donne] si inginocchiano. Le statue dei santi le dicono di chiedere a noi una cura – a me e a N. La congregazione sta in piedi e marcia verso di noi: io e N. corriamo attraverso il parco in una rete di tunnel abbandonati sotto l'ospedale. Leggo i graffiti – gli slogan del Front National e gli adesivi antifascisti – prima di arrivare in un edificio disabitato, dalle finestre distrutte. Entriamo nel corridoio attraverso una porta rossa con sopra la scritta Joyeux noël imbrattata di vernice bianca. Vediamo la Creazione di Adamo di Michelangelo, ma Dio ha il seno e un pene. Lei/lui [nel testo originale: S/he] tocca una donna nuda – “Adam?” – con la punta del dito. Sono circondati da volti che sembrano familiari, ma non li riconosco: forse sono Artaud, Breton, Péret, Soupault, et al. È datato 3 ottobre 1999, il giorno in cui ho compiuto diciotto anni, ma sembra che l'edificio sia stato dismesso molto prima della fine del 20° secolo. Claude Cahun non ha scritto che “l'anno 2000” sarebbe stato “la fine del mondo?” Mi ricordo del Millennium Bug, che è passato senza incidenti, e degli eventi apocalittici a New York, ventun mesi dopo, e di tutto quello che ne è seguito. Successivamente vediamo due sale da pranzo. Quella a sinistra è dipinta di bianco, ha le pareti spoglie e le finestre sbarrate: deve essere stata la sala per i pazienti. La stanza di destra è invece color giallo senape, con Klimt e Courbet in bella mostra, la finestra che guarda il parco e l'ospedale in lontananza. Entrambe le sale sono allestite per la cena di Natale, con belle porcellane e posate su tovaglie incontaminate, con cracker [tradizionali segnaposto britannici] e decorazioni, ma non c'è nessuno.


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