MCG_01_2013

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L’IMPRENDITORE - sergio fiorani

specificità per tornare competitivi Sergio Fiorani, Amministratore Delegato della Unical Ag di Casteldario, si trova spesso per affari a girare il mondo. Che considerazione c’è all’estero per il Bel Paese? «Direi che all’estero la considerazione dell’Italia,dal punto di vista della serietà politica, è pari quasi a zero. Dal punto di vista della serietà imprenditoriale siamo considerati di primo livello. Il problema è che molte aziende italiane, che non hanno un’altissima tecnologia da proporre, ma una tecnologia media, sono state costrette a spostare la propria produzione all’estero e quindi spesso non possono vantare il “made in Italy”». Che futuro vede per l’Italia? «Ritengo che l’attuale situazione del Paese si stabilizzerà: se in futuro andremo sul mercato con produzioni di livello basso come gamma credo che risulteremo perdenti, mentre se saremo in grado di proporre prodotti di fascia media e alta di gamma potremo crescere nell’export in tutti i mercati. Purtroppo a sostenerci nei rapporti con l’estero non abbiamo la serietà politica, e quindi perdiamo in credibilità». Come imprenditore con quale fiducia si avvicina alle prossime elezioni? «Purtroppo nutro poca fiducia nelle elezioni politiche, perché più ci avviciniamo ad esse e più vedo un risultato elettorale che porterà ad una ingovernabilità del Paese. Si parla molto delle tassazioni dell’ultimo governo che avrebbero spento le imprese: in realtà le tasse imposte dall’ultimo governo sono state un’emergenza per salvare il Paese, mentre le imprese sono state spente progressivamente dai governi degli ultimi 10 anni. Ritengo che un partito che avesse proprie forze sufficienti a costituire una mag-

gioranza sarebbe in grado di fare le riforme, ma la dispersione di voti costringerà poi i più piccoli partiti a schierarsi come già detto in modo ingovernabile». A suo avviso quali sono i primi interventi che il nuovo governo dovrebbe attuare per rilanciare il lavoro? «Io credo che l’intervento più urgente sia quello di rendere più competitive le aziende: occorrono idee chiare e indispensabili riforme. Una maggiore competitività automaticamente comporterebbe aumento di posti di lavoro. Se analizzassimo le prime cinque regioni del nord Italia assieme, esse sarebbero la prima economia mondiale (pro capite), per cui non saremmo così da buttare». Come ottenere competitività? «Credo che le aziende che sono vicine ad un pareggio, o sono in passivo, non dovrebbero pagare l’IRAP. Il mondo esterno ci ha visto raggiungere una posizione di equilibrio grazie alla tassazione d’emergenza effettuata dal governo Monti, che ci ha salvato da una situazione deficitaria vicina alla bancarotta; ora questa posizione di equilibrio raggiunta va mantenuta abbandonando l’austerity e tassando a zero tutto il nuovo lavoro che si aggiungerà a quello già gestito. Gli imprenditori sono i primi ad avere l’interesse ad investire e a continuare ad operare in Italia e non dobbiamo farli scappare. Quando un imprenditore porta una produzione all’estero non lo fa per far soldi, ma per mantenere in vita la propria azienda; prima di far morire la propria azienda le si tenta tutte. Facendo un passo oltre, direi che un’economia competitiva e credibile porta nella propria nazione ad una scuola e ad una Università credibili e frequentate. Uno Stato con una popolazione poco acculturata è uno Stato destinato al declino.

il MANAGER - FRANCO LEORATI

Franco Leorati è il Direttore Ufficio Acquisti di una delle più importanti aziende del panorama siderurgico mondiale, la Marcegaglia spa

rilanciare i consumi Qual è la sua opinione sulla drammatica situazione economica del Paese? «Dire che l’attuale situazione sia drammatica mi sembra un’affermazione forte, ma che essa sia molto critica è indiscutibile. Attualmente le aziende che riescono ad emergere o a resistere sono quelle che riescono ad esportare verso i pochi mercati esteri ancora dinamici, provandole tutte e attingendo anche al “fieno messo in cascina” negli anni precedenti. Chi si rivolge solo al mercato interno è invece in gravissima difficoltà, e questo riguarda purtroppo la maggioranza delle piccole-medie imprese. E’ oggettivo che non si intravede ancora la soluzione della crisi: a mio avviso abbiamo un anno di tempo per porre le basi per un rilancio. Se ciò non avverrà temo che altre aziende chiuderanno. La verità è che se non riparte l’industria non riparte nient’altro: non è,infatti, l’IMU a preoccupare le famiglie, quella purtroppo l’abbiamo già digerita, ma la certezza del posto di lavoro». Quale può essere la ricetta, da parte del governo entrante, per rilanciare l’economia? «Occorre rilanciare i consumi interni: le aziende producono ma se non c’è il consumo che fa da

Le persone vanno a scuola e all’Università quando hanno fiducia nel futuro, e la fiducia nel futuro la si recupera solo dando valore alla meritocrazia, in un sistema economico competitivo in cui non prevalgano le conoscenze e i soliti favoritismi».

volano tutta l’economia ristagna. Per spezzare questo momento negativo il primo passo deve farlo lo Stato, ovvero individuare quei comparti che possono muovere maggiormente il ristagno economico. Quello più importante è l’edilizia, non solo quella privata ma, anche e soprattutto, quella pubblica, da monitorare con raziocinio in modo da scongiurare sprechi assurdi già visti in passato. Le grandi opere pubbliche sono sempre trainanti per quelle private. Oggi sentiamo solo promesse ma sinora nessun partito o coalizione ha annunciato agli elettori in modo chiaro e dettagliato come promuoverà il rilancio dell’economia e dei consumi». Come manager d’azienda, se lei dovesse parlare a dei giovani, che motivi di pessimismo ed ottimismo evidenzierebbe per commentare l’attuale situazione? «Motivo di pessimismo è il fatto che gli attori sono

sempre gli stessi che ci hanno governato male negli ultimi 15 anni, e che in loro non vedo nulla di propositivo e di nuovo rispetto a quello che hanno fatto sino ad oggi. Personalmente penso che un rinnovamento radicale del mondo politico sarebbe stato salutare: il fatto che non si sia andati in questa direzione ha dell’incredibile, e mostra negli elettori una deprecabile avventatezza. L’unico motivo di ottimismo è legato invece al fatto che noi siamo italiani, una nazione che nonostante le enormi problematiche è pur sempre la settima/ottava nazione industrializzata al mondo; questo nonostante la mancanza di materie prime e di infrastrutture, nonostante la sdoppiata velocità produttiva nord-sud, nonostante una classe dirigente a dir poco inadeguata, e via dicendo. Se noi dovessimo un giorno avere la fortuna di essere governati da politici seri, non saremmo secondi a nessuno. Io sono orgoglioso di essere italiano, non sono orgoglioso però di chi mi rappresenta, di chi rappresenta il Paese. Ai giovani direi, infine, che nonostante tutto non bisogna demoralizzarsi, ma serve capacità di sacrificio e grinta. I posti di lavoro oggi sono pochi e un giovane deve pensare di doversi adeguare ad un lavoro che potrebbe richiedere trasferte o lontananza da casa. La retribuzione poi, seppur importante, non può prevaricare su tutto; io quando sono stato assunto alla Metallurgica Marcegaglia ho conosciuto la mia retribuzione quando ho ritirato la prima busta paga, ma già prima ero ampiamente contento solo per il fatto di essere stato assunto».


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