Mordi e Fuggi

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Cosimo corre

Ci ritrovammo che era quasi mezzanotte. Con le brache ancora sbottonate, Leonardo guardò Cosimo, la cui espressione era invece sigillata – abbottonatissima. Io respiravo rumorosamente con il naso. «Niente.» «Sparito.» «Volatilizzato.» Dopo tre ore trascorse a cercare il vecchio cane, dedicammo due minuti a cercare qualche parola nuova. Non trovammo neanche quelle, e ce ne andammo a casa. Dormire, era l’intento – ma se il mio quella notte fu riposo, tanto vale trascorrere le notti a spalar carbone. Mi giro da un lato e vedo belve feroci. Mi volto dall’altro e vedo gente che scappa. Se spengo la luce un’orda di ragni cammina sul lenzuolo. Alla fine, quando già mi sono rassegnato ad aspettare l’alba, degli urli che potrei definire disumani, se non fosse che anche a bestia sarebbe azzardato attribuirli, squarciano il silenzio della notte, e io – di colpo – crollo addormentato. Dormii profondamente fino alle tre di pomeriggio. Dalla finestra – mentre ancora mi chiedevo se vestirmi, o se, giacché col sonno avevo fatto pace, non fosse il caso di ritornare a letto – notai per strada un diffuso fermento, una latente agitazione che strisciava tra i passanti e che, strisciando, inevitabilmente mi richiamava alla mente lo scorpione. Buon motivo per restare, dissi – e invece andai. Ché – sebbene non brillassimo per intraprendenza, né gli eventi per il ritmo vorticoso – il concetto dell’attesa, nelle nostre vite, ci apparteneva poco: le cose accadevano, semplicemente, e aspettandoci in generale un po’ di tutto, non aspettavamo mai niente in particolare. Quando arrivai da Cosimo, però, mi resi conto che, nel tutto che sempre mi aspettavo, quello che avevo sotto gli occhi non ci rientrava proprio. C’era Pluto detto Pippo detto Bracco, disteso sulla soglia, con una flemma così imperturbabile che per scavalcarlo ed entrare dentro casa dovetti prendere una rincorsa ancora più lunga dei suoi già lunghissimi sbadigli. Non solo. Cosimo e Leonardo, adagiati sul divano, conversava75


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