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Gli avvicendamenti legislativi negli ultimi mesi hanno spesso interessato la normativa del settore ambientale. Quali sono le Vostre impressioni a tal riguardo? In effetti ultimamente in ogni norma troviamo un articolo riguardante il settore dei rifiuti o delle bonifiche. L’ultimo è stato proprio il Decreto Destinazione Italia dove all’art. 4 troviamo la sostituzione integrale dell’articolo 252 bis del Testo Unico Ambientale che dovrebbe essere interessante proprio per il rilancio delle bonifiche. Questo articolo parla infatti di Accordi di Programma tra pubblico e privato, accordi che prevedono però degli step fondamentali: 1. messa in sicurezza o bonifica del sito secondo una progettualità ben definita; 2. tempistiche certe; 3. riconversione del sito con lo sviluppo della destinazione finale dell’area, con un piano finanziario ed economico e anche la previsione di sgravi o agevolazioni fiscali per il soggetto che porterà avanti l‘intervento di sviluppo. Questo strumento, sebbene riguardi unicamente i siti di interesse nazionale può comunque rappresentare una traccia da seguire anche a livello privatistico, sempre se i soggetti coinvolti nell’accordo di programma si muovono verso un interesse comune. A proposito degli Accordi di Programma, riteniamo che questi possano essere davvero degli strumenti utili ma è anche vero che a parte l’esempio di Porto Marghera dove l’Accordo di Programma è stato fortemente volu-

to dall’allora Ministro Clini ed è stato portato avanti con successo, altri esempi analoghi tardano ad arrivare. Inoltre, bisogna tenere presente che in certe aree gli Accordi di Programma si prestano ad essere utilizzati poiché vi sono interessi e convenienze di reindustrializzazione, necessità che purtroppo non vi sono in altre zone del Paese rendendo di fatto inapplicabili questi strumenti. Quanto inserito nel Testo Unico Ambientale, grazie all’approvazione del nuovo decreto sulle bonifiche, rappresenta uno strumento che deve però essere ancora correttamente impostato; per ora rappresenta un involucro all’interno del quale andrà sviluppata l’operatività della norma. Inoltre, trattandosi di uno strumento caldamente voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ha evidentemente determinate esigenze di reindustrializzazione delle aree, il suo supporto potrà essere decisivo di fronte al Ministero dell’Ambiente che ovviamente detterà le regole per il ripristino dell’area. Questo è ciò che stiamo portando avanti anche come Associazione, in modo da avere un tavolo di confronto con entrambi i Ministeri per far coincidere gli interessi di tutela dell’ambiente con quelli di recupero e riutilizzo delle aree bonificate. Ritiene quindi che questa tipologia di strumenti sarebbe applicabile anche nel caso dei privati? Penso proprio che questa formula potrebbe funzionare anche in questo caso, si creerebbe un confronto che ora manca tra la parte pubblica, che esercita il controllo, e il privato, che realizza l’opera, in modo da rendere il rapporto più dinamico e soprattutto più costruttivo. Spesso però l’iter di bonifica scoraggia chi vuole proporre un’attività perché i tempi non sono mai definiti e quindi viene a mancare la base di qualunque progetto o piano di investimento.

Parlando invece di rifiuti, nel suo recente intervento al Sicon ha accennato ad altre tematiche normative per lo più inserite nel collegato ambientale alla legge di stabilità. Di cosa si tratta? Il recente collegato ambientale, che come Associazione abbiamo vissuto in prima persona, prevedeva inizialmente una politica di incentivazione per lo sviluppo impiantistico nel trattamento dei rifiuti, che però non è stata poi introdotta nel testo di legge approvato. Si è preferito prorogare nuovamente di un ulteriore anno il divieto di conferimento in discarica per i rifiuti con elevato potere calorifico, una scelta che sposta solo il problema senza però creare le condizioni necessarie per una politica di programmazione per nuovi impianti che dovranno essere un’alternativa alle discariche. Fintantoché non si creeranno le condizioni per favorire la programmazione e l’incentivazione degli impianti, si continuerà di anno in anno a smaltire i rifiuti in discarica e la lobby delle società ex-municipalizzate continuerà a trarne vantaggio. Tra gli strumenti a disposizione del legislatore, ad esempio, si potrebbe aumentare l’ecotassa anno dopo anno in modo da incentivare la realizzazione di nuovi impianti disincentivando sempre più il conferimento in discarica, politica messa in atto da molti altri Stati comunitari. Come dicevo questo avrebbe creato le condizioni, la norma purtroppo non è andata avanti in tal senso ed essendo stato nuovamente prorogato il divieto non vi è convenienza a conferire i rifiuti al di fuori delle discariche. Ciò ha invece portato alla creazione di un paradosso tutto italiano costringendo gli impianti di termovalorizzazione alla riduzione dei prezzi al livello della discarica.

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