Giornale n.1

Bilanci e Rilanci edizione inverno 2019-2020

HORTUSACRI

hortusacri

n.1, in corso di registrazione

Giornale dell’Associazione Culturale HortusAcri Pensato ad Acri Fatto a Milano Distribuito in Calabria

giornale dell’associazione

HortusAcri è un Laboratorio di Resilienza Meridiano, composto da docenti, ricercatori, professionisti, studenti, che nasce ad Acri e si occupa di culture urbane, sociali, di sviluppo e formazione nel Meridione, dentro il Mediterraneo.

CONTRIBUIRE AL CAMBIAMENTO DELLA COMUNITÀ ACRESE CON LA CULTURA, L’ARTE, IL DESIGN, LA RESILIENZA!

nti e m a bi cam orso... in C

www.hortusacri.it

Editoriale; Bilancio di un anno di lavoro; Il valore della cultura, della formazione; Città inclusiva; Fuga dal sud, giovani e ambiente; Vetrine ad Arte; L’arte volano di innovazione; Luca Chisté, Fotografando Acri; Lettera a G.B. Falcone, prospettive del Premio; “Creactivity” Sud!; Il Mucone, una valle di tesori inesplorati; Bilancio trasparente, aziende sostenitrici.

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hortusacri

giornale dell’associazione

PERCHÈ ERA NECESSARIO TORNARE A COLTIVARE GLI ORTI Ho esperienza diretta, da molti anni a questa parte, mia e di altre persone -tra queste mio padre, soprattutto, che ha vissuto ad Acri parte della sua attività professionale, umana, politica- che quando metti in moto un processo di cambiamento, infinite sono le reazioni, negative, come quelle positive, che si innescano!

Abbiamo cominciato alla fine del 2018 l’attività ufficiale di HortusAcri, con lunghi preparativi durante tutto l’anno, abbiamo un lungo e concreto novero di iniziative, come riassumono queste pagine, contiamo già su tanto seguito, interesse, locale, nazionale, molti sostenitori e già, inevitabilmente, alcuni sciocchi, locali detrattori!

L’amara riflessione che ne consegue è che quando il Sud smetterà di vedere il “nemico ovunque”, quando gli abitanti di queste terre capiranno che si può e si deve criticare, ma mai attaccare personalmente, forse allora questa grande miniera di risorse potrà esprimere finalmente il meglio di se.

Premessa d’obbligo e chiarimento, perchè fino ad ora ci hanno descritti come un “partito nascosto dietro un’associazione culturale”, e niente è più falso di ciò, in quanto abbiamo dialogato, e seguiamo facendo ciò, con

tutti: dalle istituzioni, fino al più semplice cittadino, tranne con i sordi e gli idioti che non intendono ragioni alcune.

E’ evidente che ci siamo schierati, senza dubbio, ma dalla parte della cultura, contro l’arretratezza, dalla parte della natura, contro gli scempi, dalla parte della comunità contro i piccoli privilegi di casta, contro “le famiglie”, i nepotismi, i sotterfugi. Ci siamo schierati contro l’arroganza, che vuol dire non saper e non volere ascoltare, contro il degrado, che significa sciatteria e disinteresse, contro la presunzione che fomenta distanza e sfiducia, contro la mancanza di coesione sociale, generata proprio da chi dovrebbe sostenerla e volare alto, invece sguazza nel pettegolezzo e lo alimenta. Ci siamo schierati, pertanto, contro tutto ciò che è degradante per una comunità che aspira ad essere operosa, per sostenere, al contrario, ciò che è bellezza, cambiamento, nuove forme di economia e nuova sensibilità ecologica, nuovi modelli sociali: coesi, uniti, con il focus sulla cultura e su nuove forme di urbanità!

Per farlo abbiamo sacrificato e sacrifichiamo tempo di ciascuno di noi, sdoppiando i ruoli e sottraendoci risorse per destinarle alle attività no-profit dell’Asso-

ciazione: ascoltare i giovani, raccoglierne le istanze, organizzare eventi, workshop nelle scuole e con le università, costruire reti di relazioni con altre associazioni, con centri di ricerca, con enti e istituzioni, aiutare le imprese locali e regionali a raggiungere dimensioni nazionali e nuova competizione, non produrre attività effimere, personalistiche, ma condividere e progettare visioni di comunità resiliente!

E se non siamo partitici è perchè difronte ai nostri occhi c’è il fallimento del Sud e di un intero paese, che per troppi anni ha dato fiducia incondizionata alla politica dei partiti, quello stesso Sud che oggi intravede qualche spiraglio di cambiamento, come sostengono anche molte inchieste ufficiali, proprio in attività dal basso, di privati, associazioni, movimenti fuori dalla politica tradizionale e dai partiti.

Per questo, e altre ragioni, abbiamo avviato una attività di mappatura del “Talento Acrese” e Mediterraneo, perchè crediamo nel talento, vogliamo che sia riconosciuto a chi lo dimostra, soprattutto fuori dal contesto locale, e tendiamo a far emergere le personalità, che a diversi livelli, possono contribuire ad una piccola rinascita delle aree del sud e interne, come contributo collettivo alla rinascita dell’Ita-

lia. Non fomentiamo polemiche personali, non alimentiamo odio, scontri e pettegolezzi, crediamo nell’arte, nel valore del progetto, nell’impresa locale sana e ambiziosa, nell’estetica e nelle radici come alimento di ogni comunità e di nuove storie al presente e al futuro.

Abbiamo molti progetti in corso, alcuni li anticipiamo in questo numero: Acri è il nostro Laboratorio a cielo aperto, la nostra fucina di idee, la nostra cartina di tornasole, la Calabria il nostro orizzonte ampio, il Mediterraneo il nostro serbatotio creativo: Acri è il nostro incubatore di idee per giovani e talenti, per un consenso su progetti non su fumose chimere, sulla comunità, non sul singolo, vogliamo rendere centrale un luogo oggi marginale, desideriamo scardinare luoghi comuni, credenze, lamenti e rinunce, rifiutare la rassegnazione, combatterla con la creatività.

Era quindi necessario tornare a coltivare i nostri “orti”, perchè siamo un pò ribelli, senza dubbio audaci, per forza sognatori, ma non siamo i soli in un paese che oggi ha un bisogno disperato di tornare a immaginare e desiderare un altro futuro!

G. PINO SCAGLIONE

A lato, uno scatto di Acri, dalla campagna fotografica di questa estate del fotografo Luca Chistè.

PRIMO BILANCIO DI OLTRE UN ANNO DI LAVORO

EVENTI

HortusAcri è un collettivo di persone, che nate ad Acri e sparse in varie parti dell’Italia, si sono ritrovate in un progetto comune, dedicato alla ripresa di temi importanti per la sopravvivenza locale e globale: natura, paesaggio, ecologia, cultura, comunità e coesione sociale, resilienza.

Un’attività preceduta da seminari, Laboratori dedicati a vari temi, tra i quali, in maniera particolare, le opere pubbliche e incompiute, la ricerca di un nuovo equilibrio tra il costruito e la natura, un’apertura al dialogo e alla cultura, un progetto di recupero necessario e vitale delle aree interne della Calabria e dell’Appennino, di cui Acri rappresenta un esemplare importante. Sempre su Acri e il meridione, è stato presentato nel dicembre 2018, il libro “Città incompiute” di G. Pino Scaglione, che insieme ad altri autori, ha raccolto ricerche sul tema dell’incompiuto, partendo da Acri come uno dei tanti luoghi che vede disseminate sul suolo pubblico e privato una quantità enorme di case, edifici pubblici e privati, non finiti, precari, inquietanti nella loro inespressiva e degradante fisionomia. Ciò è servito anche a lanciare la partenza di un Laboratorio di Resilienza, HortusAcri, aprendo una stagione di nuova attenzione al rapporto tra uomo e natura. Il 2 marzo 2019, dialoghi sul libro di Massimiliano Capalbo “La terra dei recinti”, la proiezione di un film, che racconta i drammi ecologici e le possibilità di fermare il disastro dei prossimi anni. Il 3 marzo, Arturo Crispino/Calabria Food, Maurizio Rodighiero/Slow Food Calabria, Gerardo Colavolpe/Colavolpe Fichi, si sono confrontati sul tema del cibo e del ritorno ai prodotti della natura come necessità vitale, culturale e turistica della nostra regione. Avviato anche un lavoro di coinvolgimento degli istituti scolastici superiori di Acri, nel tentativo di far prendere coscienza ai futuri cittadini acresi, attraverso lo sguardo degli studenti, di quanto il degrado è “l’inferno”, abbia progressivamente preso il posto della bellezza, “il paradiso”!

Un lavoro che nasce dal desiderio di documentare attraverso foto e ricognizioni, le avanzate condizioni di degrado dell’edilizia pubblica e di quella privata, per un orizzonte che guardi alla bellezza, compito di un laboratorio di resilienza. Inferno, Purgatorio, Paradiso è il progetto in progress. “Acri, riprendiamoci il futuro: prove di comunità resilien-

2019

giornale dell’associazione

INCONTRI

2018 2020

hortusacri

Dall’alto in basso, in questa pagina, differenti momenti delle diverse iniziative svolte da HortusAcri, dal 2018 in poi.

LAB

giornale dell’associazione

DEGRADO

ARTE

LAB

te”, è il claim dell’incontro che si è tenuto il 5 aprile 2019, nel Caffè Letterario di Palazzo Sanseverino.

Uno slogan dall’impatto accattivante e coinvolgente, il vero spirito dell’incontro è stato esortare quanti non vogliono subire il corso delle cose, e non ci stanno a rimanere dentro il corto circuito tipico del nostro sud, “fulminato” spesso da sbalzi di rassegnazione e disinteresse.

Il primo di una serie di Laboratori dedicati a raccogliere idee, proposte concrete. “Acri: apriamo gli occhi sul degrado”, è parte del progetto “Inferno, Purgatorio, Paradiso” e intende costruire un piattaforma pubblica e collettiva, di denuncia del degrado urbano, dove ogni acrese è stato invitato a scattare e inviare fotografie di un luogo abbandonato, degradato, depauperato, di edifici che versano in condizioni d’incompiutezza, di non finito, di impoverimento estetico e urbanistico, di spazi non più utilizzati. Nell’estate 2019 esce il primo numero del giornale HORTUSACRI, nel quale è raccolto il programma estivo del primo Festival “Resta(r)te dell’Associazione, la mostra nata come omaggio di Acri a Matera Capitale della Cultura 2019.

Come una vera Farm Culturale, HortusAcri ha lanciato la sua prima Summer School, nel luglio/agosto 2019, punto di partenza di un percorso formativo volto a specializzare i giovani laureati del sud, così come a fornire nuovi spunti creativi alle amministrazioni, alle imprese, agli stessi cittadini. Questa prima Summer School è un progetto culturale e didattico, che si impegna su temi di progetto di architettura, design, paesaggio, arte, e rigenerazione del costruito. Sono stati circa 20 i protagonisti -tra docenti e allieviprovenienti da più parti d’Italia, dei corsi di laurea di Architettura dell’Università di Pescara, Matera, Milano, e alcuni giovani acresi. Le attività della scuola estiva sono iniziate il 29 luglio 2019, e hanno portato il gruppo a lavorare su un progetto mirato: ridare significato urbano ed estetico al corso Sandro Pertini, con il progetto di una piazza, intitolata “P48, della Restanza e dei Ritorni”, con erbari tipici delle essenze di Acri, un’opera di arte urbana dell’artista Luca Mauceri di Firenze, e attraverso un’attività laboratoriale per le strade della cittadina. La piazza, preziosa opera pubblica, realizzata con un budget di 1.400 euro, è stata realizzata a cura della nostra Associazione con il prezioso sostegno di alcune sensibili aziende acresi e l’entusiasmo di una parte della città che se ne è appropriata man mano che la stessa prendeva forma. A cavallo fra la Summer School ed il Festival, il 6 agosto è stata aperta al pubblico l’esposizione dedicata a Matera, in Piazza Matteotti, attraverso i materiali originali di tre straordinari protagonisti della vita culturale e creativa di Matera,

INCONTRI

hortusacri

2019

2018 2020

DESIGN RESILIENTE

a cura di ROSANNA ALGIERI

2019

2018 2020

PIAZZA

PRIMA

DESIGN

DOPO

FESTIVAL

P48

PREMIO

una piccola mostra dedicata a Mario Cresci, Mauro Bubbico e Francesco Marano. A seguire, nel calendario degli eventi estivi, il 5 agosto ha preso avvio la prima edizione di “Resta(r)te”, Festival della Restanza e dei Ritorni, centrato sul talento acrese, calabrese, mediterraneo, che è stato articolato con un ricco programma di serate, al quale hanno partecipato scrittori, artisti, musicisti, critici e curatori d’arte, docenti, imprenditori, con testimonianze e desiderio di contribuire al presente e futuro culturale della comunità acrese. Il Festival ha concluso il suo percorso, il 13 agosto, con una serata speciale dedicata alla prima edizione del Premio Giovan Battista Falcone “Sognatori, Ribelli, Audaci”, nel quale abbiamo attribuito tre riconoscimenti, con targhe di design, ai selezionati di quest’anno, i quali hanno svolto significative attività di rilievo a livello nazionale, regionale, acrese: Andrea Bartoli e Florinda Saieva, notaio e avvocato, collezionisti e amanti dell’arte moderna e contemporanea, fondatori della Farm Culturale di Favara; Florindo Rubbettino, editore e continuatore dell’omonima casa editrice per aver intuito che la Calabria, nel Mediterraneo e nel Meridione, andasse descritta e raccontata diversamente; le sorelle Cristina e Francesca Cofone, imprenditrici agricole, per la loro determinazione e ferrea volontà che le ha spinte ad andare avanti, nonostante la prematura scomparsa dei genitori, quando erano poco più che ventenni. Il premio, intitolato all’eroe acrese non intende, solo retoricamente, celebrare il giovane patriota, ma far riemergere con lucidità un modello di impegno civile, politico, sociale, dentro un ideale di riscatto che ha animato non solo Falcone, ma intere generazioni: sognare altre libertà, ribellarsi all’oppressione, ai soprusi, alle ingiustizie, cambiare la società anche con il pensiero.

Le iniziative fin qui citate, hanno l’obiettivo di costituire uno stimolo per altre aggregazioni e istituzioni nel fare rete e mettere a sistema una permanente offerta culturale capace di riattivare il confronto, lo scambio, e garantire diversi eventi che saranno occasioni di crescita collettiva e strumenti di cambiamento. Acri quindi come realtà che rimette in gioco la sua, mai sopita, capacità di essere luogo di sperimentazione sociale e politico, con la sua centralità tra Cosenza e la Sila Greca, il mare e la collina fertile, il buon cibo locale, l’agricoltura da ritrovare, la gioia e la sapienza contadina, la festa come occasione di ritrovo, di quelli che restano e di quelli che tornano, per rinnovare il senso di una comunità resiliente che cerca nuove forme di coesione e di rilancio.

Dall’alto in basso, in questa pagina, differenti momenti delle diverse iniziative svolte da HortusAcri, dal 2018 in poi.

IL VALORE DELLA CULTURA E L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE

(ma nulla è scontato)* Cosa fa di un territorio uno spazio vitale? Cosa rende un territorio un paesaggio culturale attivo e impegnato? Sicuramente la presenza di istituzioni culturali vive e la presenza attiva e responsabile delle scuole. Acri ha la fortuna di avere ancora nella scuola una forza sociale importante, la scuola è il territorio del confronto tra le generazioni ed è lo spazio sociale maggiormente vissuto e valorizzato dalle famiglie. Di seguito sono proposti alcuni spunti di riflessione per mettere la scuola e la cultura al centro della percezione e del dibattito pubblico. La scuola nelle molte cittadine del sud e di tutta Italia è uno dei pochi attivatori di energia civica.

1. i soggetti della cultura e della formazione

Ci sono piccoli centri delle aree interne della Calabria, del Molise, della Sardegna, della Basilicata, dell’Emilia dove sono ormai pochissimi gli alunni che iniziano la scuola. Ad Acri siamo più fortunati, sono ancora molte centinaia gli studenti di ogni ordine e grado che troviamo nelle classi. Una moltitudine che ogni giorno vive svogliatezza o entusiasmo e riempie le aule scolastiche disseminate nella cittadina. Tanti di loro vivono fuori dal centro città e la piazza del Purgatorio si popola ogni giorno di giovani assonnati, stanchi e vitali. Un’altra moltitudine è fatta dalle decine e decine di insegnanti che tra programmazione, lezioni, verifiche, riunioni si producono in una attività così importante. Quanta responsabilità nelle mani e nelle menti dei docenti che lottano ogni giorno per mantenere la calma, la fiducia, la fede in ciò che fanno. Studenti e insegnanti sono entrambi coinvolti attiva-mente a costruire socialità, conoscenze, identità, incoraggiamento, fiducia, futuro. Diceva Malcom X “La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo”.

2. le tecnologie a supporto della formazione

Gli apocalittici delle tecnologie digitali quasi li demonizzano perché produrrebbero effetti disastrosi sui ragazzi, perdita di concentrazione, stati di assenza, debole socializzazione, solitudi-

ne, incapacità di comunicare e altre cose anche più gravi, quelli entusiasti ne sottolineano gli enormi effetti positivi poiché le tecnologie aumenterebbero la concentrazione, farebbero crescere le sinapsi neurali e la connettività sociale. I primi vedono solo corpi chiusi, isolati e curvi, i secondi vedono solo corpi connessi e aperti. Le tecnologie digitali non sono una scatola chiusa, sono mondi sociali aperti, vitali, interessanti, sono per loro oggetti ludici. La socializzazione a questi oggetti si sviluppa e si alimenta tra i pari, fuori dalla famigli e fuori dalla scuola.

Usando questi oggetti bambini e giovani incontrano loro stessi e gli altri e costruiscono la loro immagine e identità nel sociale.

Eppure sono i 15enni che con gli smartphone stanno producendo il moto globale contro il pericolo del cambiamento climatico, si scambiano immagini e messaggi che in frammenti minimali di tempo (neanche percepibili) raggiungono chiunque in qualunque parte del mondo e poi quante competenze digitali che sviluppano nell’uso che loro fanno dei tanti social? Ma dove sono gli adulti esperti e solidali che con loro dibattono, praticano, sperimentano? Generazioni troppo lontane procurano distanze che si trasformano in divari. I più giovani hanno bisogno di adulti di riferimento esperti che accanto a loro giocano e sperimentano con le tecnologie. Hanno bisogno di adulti che li prendono sul serio.

Anche di questo ha bisogno la scuola a Acri.

3. una questione di generazioni Essere di “quella” generazione indica essere contemporanei di accadimenti che hanno procurato orizzonti culturali condivisi.

Sappiamo che è la discontinuità generazionale che crea il cambiamento e l’innovazione. Ma allora dove nascono i problemi?

La forza di un territorio, di una città, di un luogo è quella di contenere e trattenere generazioni diverse, quelle dei padri e delle madri, da ereditare o da smontare, e quelle dei figli e delle figlie che portano discontinuità, scompiglio, incomprensione ma anche cambiamento e innovazione. Ciò che tiene insieme i legami di un territorio è la convivenza tra le diverse generazioni, il loro accostarsi nella differen-

za, stare accanto per sentirsi diversi, per contaminarsi e per scontrarsi, per apprendere le une dalle altre. Oggi in Italia, nel sud d’Italia e anche ad Acri, rischiamo di vedere interrotta questa necessaria, tesa e creativa continuità tra le generazioni.

Ad Acri si riproducono, su scala minore, fenomeni evidenti da anni su scala nazionale: diminuzione delle nascite e analoga diminuzione della generazione intermedia, quella fertile in grado di produrre ricambio generazionale. Anche in questo Acri è emblematica di molte realtà del Sud. Di questo dovrebbero occuparsi i governi (anche quelli locali). L’intento primario dovrebbe essere quello di ingegnarsi in soluzioni in grado di trattenere e anche aumentare la presenza delle generazioni intermedie prima che queste si assottiglino sempre di più riducendo così anche il futuro dei luoghi.

4. numeri della formazione e fuga tra sud e nord

La distribuzione nelle varie scuole ad Acri indica la presenza quotidiana di quasi 2500 individui tra 6 e 19 anni. La loro distribuzione è più o meno la seguente: più di 500 tra bambine e bambini delle scuole elementari; più di 500 le ragazze e i ragazzi delle scuole medie; quasi 400 persone per la l’istituto superiore che accoglie Ragioneria, Turistico e Liceo pedagogico; più di 500 gli studenti e le studentesse per i Licei Classico e Scientifico e almeno 500 per l’istituto professionale. Quanti resteranno, quanti vivranno una vita mobile tra andate e ritorni?

A sud si è destinati alla mobilità che oggi nel nostro mondo è diventata per molti una necessità e non solo una scelta. Ad Ottobre è stato presentato a Roma il nono rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione: in 10 anni l’Italia ha perso 250.000 giovani (tra i 18 e i 39 anni) che hanno scelto di andare in altri paesi. Una fuga stimata in 16 miliardi di euro. Tra il 2009 e il 2018 dalla Calabria sono partiti 9.600 persone. Londra è la meta più scelta, poi la Germania, dove si trovano occasioni che sono di formazione e di lavoro, molti vanno in Svizzera e Francia. Si spostano per lavoro e per studiare e spesso sono coloro che fanno poi molta fatica

a fare marcia indietro. A questo numeri se ne possono accostare altri riguardo la demografia. Si fanno meno figli (1,32 per donna come media nazionale). Si tratta di fenomeni che incidono sul medio-lungo periodo e che non troveranno a breve inversioni di tendenza. Bisogna allora agire su molti piani di breve, medio-lungo periodo, soprattutto al sud e in ogni realtà locale.

5. innovare la scuola è possibile L’Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (ANP) ha realizzato di recente un Convegno dal titolo “La scuola delle sfide – Autonomia tra desiderio e realtà/sfide e opportunità per la scuola”. Molti i temi: cultura, istruzione e rilancio del paese, fare inclusione con l’innovazione didattica, la dimensione europea dell’apprendimento, efficacia e valutazione del sistema educativo, mobilità sociale e uguaglianza delle opportunità e altri temi ancora, la sfida delle Autonomie differenziate, e altri temi ancora. Un tema merita più attenzione: “la scuola senza discipline”. Questo metodo, che sta richiedendo una radicale trasformazione dell’idea di scuola per gli insegnanti e anche per le famiglie, fornisce agli studenti capacità adeguate per gestire il loro futuro e sentirsi protagonisti del loro presente. Imparano ad esempio come respingere il cyber-bullismo, come individuare su internet notizie false, come installare programma anti-virus, come collegare al computer una stampante, come guardare all’immigrazione e alla diversità, come pensare il passato e il futuro. Un impegnativo lavoro di responsabilizzazione e di apprendimento attivo, un processo lungo, da attuare in un decennio per cambiare la scuola delle discipline nella scuola dell’innovazione interdisciplinare. Su questa scia l’NDIRE sta portando avanti “Avanguardie educative”, un progetto che sta impegnando 952 scuole. Una sfida non impossibile anche a Acri dato che c’è di mezzo il futuro (e anche il presente). E poi sperimentarsi come innovatori è molto divertente, il che non guasta mai.

6. istituzioni culturali e loro ruolo Spesso la scuola è vissuta dai giovani come costrizione e solo

ACRI CITTÀ INCLUSIVA dopo molti anni si capirà che quella costrizione era libertà.

Cosa accade oltre le mura di questa costrizione nei paesi del sud? Qui iniziano i veri problemi. Per gli studenti delle superiori il fuori scuola diventa un problema. I professori li ritengono spesso svogliati, distratti, indifferenti, forse hanno dormito poco, si sono svegliati presto o fino a tardi sono stati sui loro telefonini a chattare sui social, hanno spesso problemi di affermazione e di riconoscimento tra pari, poi magari hanno casini in famiglia, insomma dietro quella apparente svogliatezza c’è il mondo.

Ma tra i 15 e i 19 anni se vivi ad Acri fuori dalla scuola cosa fai? Molti studiano, aiutano le famiglie e altri vagano. Vivono la loro età dove tutto per loro si muove tra il poco e il nulla. Non lo hanno scelto. La famiglia non fornisce tutte le risposte e a un certo punto è anche un’estranea (funziona così nell’adolescenza) e allora resta poco, resta la socializzazione che si muove tra lo svago e lo sballo, anche in questo nulla di diverso dal resto del mondo, ma ciò che ad Acri, non possono neanche desiderare sono spazi di vita sociali, culturali, di qualità, dove esprimersi, dove crescere, dove sognare, dove sperimentare loro stessi. Fuori dalla scuola non c’è (quasi) nulla. Ecco, questo è il punto, per l’amministrazione, per le Associazioni culturali, per le madri, per i padri, per gli insegnanti e le insegnati, per tutti i giovani che ad Acri vivono, per quanti lavorano sul territorio e anche per me stessa.

Certo ci vuole fatica, immaginazione, tempo, coraggio, qualche risorsa e, soprattutto, molto desiderio di agire per il futuro (collettivo). Forse quest’ultimo è il sentimento meno presente.

C’è molto da fare per i cittadini che dovrebbero guardare di più allo spazio pubblico, aprire le saracinesche, far passare aria, non abbandonarsi alla passività del lamento e del silenzio. Ci vuole inventiva civica, è un dovere per far respirare il presente e non soffocare il futuro.

ASSUNTA VITERITTI * Le riflessioni qui proposte sono in parte rielaborazioni di alcuni dei temi trattati nella rubrica attiva-mente da me curata negli ultimi mesi sul quotidiano on line Acrinirete.

Dall’alto in basso, in questa pagina, due differenti momenti delle attività nelle Scuole svolte da HortusAcri, e una lezione Open nella Piazza P48.

In alto a destra, il nuovo simbolo ONU per la disabilità, come un uomo vitruviano, figura simmetrica a rappresentare l’armonia tra esseri umani.

Qui a lato sinistro, un progetto dello studio americano Decker di “Città inclusiva”. Per migliorare l’esperienza sensoriale delle persone con autismo, il porgetto propone di realizzare lungo il percorso alcune piccole aree verdi: una rete di pocket parks che possono essere utilizzati per brevi soste o come spazi di fuga dal caos urbano.

(Tratto dal libro LA CITTÀ PER IMMAGINI, di Valentina Talu, Giulia Tola Verso la definizione di un insieme di requisiti spaziali per la progettazione di città autism friendly.

Edizione LISt Lab)

ACRI CITTA’ AUTISM FRIENDLY Rimuovere le barriere architettoniche, sociali e culturali che favoriscano l’inclusione delle persone con disagi psico-fisici.

Quando si parla di disabilità si pensa alle barriere architettoniche, ma, soprattutto nell’Autismo le barriere sono altre. Le barriere per un soggetto con autismo sono le cose che non conosce, la paura dei cambiamenti, l’eccessiva stimolazione sensoriale, che a volte lo disorienta e a volte lo disturba. Si può e si deve fare tanto seguendo anche le Linee Guida per l’Autismo. Una parte del nostro progetto”Acri, città inclusiva”, come Associazione, è la creazione di una “agenda visiva” all’interno di luoghi pubblici, musei, luoghi, un supporto utile per persone con disagi psico-fisici per partecipare alla vita sociale della comunità. LA NORMATIVA sulle barriere architettoniche, in Italia si fonda sulla Costituzione, ma la normativa che disciplina l’accessibilità e l’abbattimento delle barriere architettoniche è la Legge 13/89, che stabilisce i termini e le modalità in cui deve essere garantita l’accessibilità ai vari ambienti, con particolare attenzione ai luoghi pubblici.

“Accessibilità: possibilità per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruire di spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.”

Il progetto AGENDE VISIVE Gli obiettivi sono: aumento della comprensione, aumento della comunicazione, aumento della prevedibilità, aumento dell’indipendenza, aumento dei significati condivisi, diminuzione dei problemi di comportamento, diminuzione dell’ansia, diminuzione della trappola della confusione (troppi stimoli).

L’agenda visiva è uno strumento che deve essere inserito all’interno di strategie educative.

Cosa serve per far funzionare una agenda visiva? Chiarezza, coerenza, costanza, generalizzazione. Come si costruisce? Servono simboli facilmente riconoscibili dalla persona con autismo (possono essere visivi, tattili, sonori; olfattivi).

L’elaborazione visiva è un punto di forza delle persone con autismo, in particolare quelle che hanno ritardo mentale o particolari disturbi della comunicazione, per questo apprendono soprattutto attraverso l’uso di strumenti visivi (Temple Grandin).

VERSO LA FORMAZIONE Sensibilizzazione culturale e corsi di formazione per personale dipendente di luoghi pubblici, pannelli e opuscoli sui comportamenti, comunicazione, interazione sociale di soggetti con autismo. . Corsi di formazione; Opuscoli; . Pannelli informativi; Obiettivo diventa favorire la crescita culturale della popolazione e l’inclusione sociale.

A cura di NATALIA ALTOMARI

BREVE GUIDA PER LA SOPRAVVIVENZA! FUGA E DISOCCUPAZIONE: I NUMERI

Ultimi dati statistici elaborati da plurime fonti restituiscono l’immagine di una realtà, quella meridionale e calabrese in particolare, che appare in incontrovertibile declino. L’emigrazione, in special modo quella giovanile, raggiunge vette notevolmente elevate: nel solo 2019 - ormai agli sgoccioli - sono oltre 5.500 i calabresi “fuggiti” dalla propria terra. Cosenza è la seconda provincia della Regione per numero di partenze. E, allargando l’inquadratura, si comprende con ancor più chiarezza quale realmente sia la portata del fenomeno: 180.000 i giovani che hanno lasciato la Calabria negli ultimi quindici anni (Fonte: Rapporto Emigrantes). Si tratta di numeri impressionanti, veri e propri “pugni nello stomaco” che non possono e non devono lasciare inermi. E che non vanno interpretati semplicemente, meramente e letteralmente.

Bisogna invece interpretarli in maniera sistematica, alla luce delle connessioni, degli intrecci, delle naturali conseguenze che determinano. Conseguenze che inevitabilmente siamo chiamati a ri-conoscere per proporre soluzioni, oggi necessarie e non più procrastinabili, che si rivelino valide ed efficaci alla prova dei fatti. Non è questo il luogo, né potrebbe esserlo, di tutte le soluzioni. Qui si vogliono offrire spunti di riflessione, pungoli, stimoli.

Innanzitutto si deve ripulire il campo da qualsivoglia eccesso (una adeguata dose non guasta) di pessimismo. Ma non si deve, con ciò facendo, ricadere in un euforico ottimismo, si distorcerebbe il reale, si coltiverebbe la fallace illusione di aver in mano la chiave di volta del tutto. Dai dati sopra esposti emerge, però, un aspetto importante: l’emorragia è tutt’ora in atto. Ha provocato danni e altri continua a provocarne ma tutto non è ancora perduto: il quadro clinico appare desolante ma la parola ‘fine’ non è stata ancora pronunciata.

I giovani che sono andati via (e specialmente per un motivo: l’assenza di reali prospettive e aspettative) sono tanti, tantissimi. La Calabria si presenta oggi come dissanguata: sta venendo meno, goccia dopo goccia, la componente giovanile, quella degli under 35.

Tuttavia è innegabile che molti giovani siano ancora in Calabria,

abbiano deciso di restare, di non partire. E che molti altri abbiano intenzione di tornare. Che considerano la partenza un temporaneo distacco, forse anche necessario, ma non definitivo.

Da questa premessa, dalle intenzioni, discende che non tutto è da gettare alle ortiche. E che, anzi, ci sia ancora largo spazio d’azione.

Le intenzioni sono, tuttavia, necessarie ma non sufficienti.

Alle intenzioni (duplici: e di chi resta nel restare e di chi torna nel tornare) deve affiancarsi inevitabilmente dell’altro, pena la paralisi dell’intenzione stessa, che non si concreterebbe in atti produttori di effetti. Devono affiancarsi delle condizioni, delle situazioni: 1) delle prospettive (elemento soggettivo), vale a dire la possibilità di miglioramenti prossimi che, in relazione ai propri progetti, spingono a virare verso una data convinzione, assumendo oneri e onori della stessa; 2) delle aspettative (elemento oggettivo), intimamente connesse alle prime, che accordano e sostengono: rappresentano ciò che “l’intenzionato” prevede circa le condotte degli altri componenti la società, che inevitabilmente influiscono sulle proprie scelte.

Di importanza capillare è poi un quarto punto: l’attrattività.

Si tratta sostanzialmente della capacità dei territori di attrarre non soltanto chi già vi vive (ed è qui che si ha il “restare”), non soltanto chi vi ha vissuto ed è temporaneamente in sede altra (ed è qui che si ha il “tornare”), ma anche la generalità degli individui. Ciò è possibile giocando varie carte: dal turismo alla gastronomia, dalla cultura all’arte, dall’ambiente alla bellezza. È quindi pacifico che l’impegno debba occupare tutti, governati e governanti. E che nessuno possa sentirsi estraneo a questo processo, bisogna rimboccarsi le maniche.

Processo che è già in parte prodotto. Ed è in parte prodotto nel lavorio delle tante associazioni, dei tanti gruppi spontanei che puntano al rilancio dei territori e alla loro valorizzazione, nei Laboratori permanenti, come il nostro, la cui funzione primaria è quella di pungolare, stimolare, attivare.

DOMENICO VIGLIATURO

I numeri – Le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. Nel solo 2017 sono andati via 132mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70mila unità. La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese. Sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni della Svimez, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017.

Lavoro – Il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord nel 2018 “è stato pari a 2 milioni 918 mila persone, al netto delle forze armate”. La dinamica dell’occupazione al Sud presenta dalla metà del 2018 “una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord“. Gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 “sono calati di 107 mila unità (-1,7%)”, nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, “sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%)”.

Inoltre i segnali di rallentamento apparsi in Europa nella prima metà del 2018 “hanno ridotto le prospettive di crescita dell’intera area, tuttavia l’Italia subisce un rallentamento che riallarga la forbice rispetto alla media europea”. In sostanza, “se l’Italia rallenta, il Sud subisce una brusca frenata. Si sta consolidando il “doppio divario”: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del Sud rispetto al Centro-Nord”.

DATI RAPPORTO SVIMEZ, 2019

La ripresa dei flussi migratori, si legge nel Rapporto Svimez, è “la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese”.

...U FUTURU E DU PAISI SITI VUA...

Si dice sempre che il motore della società siano i giovani, poiché saranno la futura classe dirigente: ma affinché ciò avvenga c’è bisogno di stimolo e continua progressione. Ciò che si sentono dire di continuo è: “u futur e du paisi siti vua!”. Ma cosa fanno davvero le classi dirigenti affinché i giovani possano costruirsi un futuro nel loro centro d’origine senza emigrare altrove? Cosa gli si offre? E soprattutto, quanto stimolo/interesse hanno davvero i giovani? Da quanto risulta lo studente, dopo aver terminato il percorso scolastico, tende a riorganizzare la propria vita in un altro, nuovo ambiente. Durante il percorso di istruzione secondaria, appena ci si rende conto di aver limitate risorse, si pensa alla fuga! La vita nelle piccole città di provincia non è semplice, anche se amministrazioni e, a volte, varie associazioni, fondazioni, enti che operano sul territorio, provano ad offrire alcune opportunità. C’è anche da dire, tuttavia, che queste opportunità non sempre vengono colte dai giovani per approfondire il proprio bagaglio culturale, lasciarsi ispirare e trasformarle in nuove opportunità di lavoro. Ad Acri queste problematiche sono molto sentite, i giovani spesso lamentano il fatto di non vedere un futuro a casa loro e scelgono di allontanarsi per studio, obbligatoriamente, o per lavoro, non accorgendosi che questa soluzione è la più estrema. Andarsene non è la vera opportunità. Restare e cercare di realizzarsi sfruttando ciò che gli viene offerto, costruendo alternative dal basso, è la vera innovazione. Poche sono le persone che dopo la loro formazione hanno deciso di tornare e investire il proprio sapere nel luogo di origine, e questo ha comportato una regressione sociale e una perdita di “menti colte e proiettate di già verso il mondo del lavoro” nonché stati d’animo di insoddisfazione ne. Acri, dunque: giovani in fuga o paura di affrontare problematiche ereditate da una generazione che ha approfittato di risorse non salvaguardando le generazioni future?

ANNA DE BERNARDO

L’ARTE CHE INVADE I CAMMINI L’arte pubblica alimenta nuove visioni e nuove sensibilità in chi la attraversa. Sempre più spesso, tende ad uscire dagli spazi museali, per instaurare un legame diretto con l’ambiente naturale e urbano, con la cittadinanza locale e i turisti. Il processo creativo dell’artista è cambiato; è sempre più viva l’esigenza di sperimentare nuove concezioni spaziali, stimolando la curiosità dei visitatori, che vengono sedotti e trasportati nell’opera a volte anche inconsapevolmente: l’opera si protrae verso i passanti.

Questo ci interessa e lo riteniamo un aspetto importante da sviluppare. Stiamo perciò elaborando due progetti di arte pubblica a lungo termine: ARTE-ENERGIA–PAESAGGIO, progetto avviato a luglio 2019 e Display | vetrine ad arte, un progetto che coinvolgerà le vetrine del corso, creando un contenitore dinamico che accoglierà progetti espositivi.

ARTE-ENERGIA-PAESAGGIO, porterà alla realizzazione di una serie di opere, che comporranno un percorso espositivo nel

paesaggio urbano e naturale, rivolto ad una rivalutazione degli ambienti della città e ai valori paesaggistici.

Il primo artista ospitato in residenza è stato LUCA MAUCERI, vincitore di numerosi premi, tra i quali il Premio Apulia Land Art Festival 2015, il Premio del Monte 2014, Call4robOT e Videominuto 2013. Le sue sculture sono architetture che indagano il rapporto tra uomo e natura, evidenziando le sue infinite possibilità di modificazione.

L’artista ha trascorso a luglio di quest’anno un periodo di ricerca ad Acri, e ha avuto modo di confrontarsi con l’ambiente e le sue peculiarità, che gli hanno permesso di attuare una sintesi, che ha i tratti fondamentali del paesaggio.

La sua opera, FIGURA COSMICA, segna l’inizio di questo percorso che, partendo dal centro urbano, definirà un attraversamento che porterà fino al parco Nazionale della Sila.

FIGURA COSMICA è una scultura composta da tavole (“cozze”) di Pino Laricio dei boschi della Sila, sgrezzate e lavorate, fino a raggiungere la forma di un Dodecaedro, solido platonico ricco di significati simbolici. La scultura entra come un masso erratico nello spazio urbano.

L’artista si è ispirato ai solidi

platonici: forme che hanno appassionato filosofi, matematici e artisti sin dalla Scuola Pitagorica, alla quale si attribuiscono i primi studi dei poliedri regolari.

Ai Pitagorici si deve il termine di Figure Cosmiche, perché definite raffigurazioni degli elementi che compongono l’universo. Fu l’osservazione dei cristalli di Pirite presenti nelle aree della Magna Grecia, che nel processo di cristallizzazione assumono configurazioni geometriche complesse e affascinanti, a ispirare questi studi sulle forme. Platone, in seguito, assocerà quattro poliedri a quattro elementi costitutivi della materia. L’ opera è dunque una sintesi che appartiene ai nostri luoghi naturali, al nostro passato, alla nostra storia e cultura, e rappresenta parte della nostra identità.

DISPLAY | VETRINE AD ARTE è un progetto che prende forma dall’urgenza di trovare nuovi spazi che ci permettano di creare progetti espositivi flessibili e dinamici.

L’arte contemporanea è in cerca di una diversa risposta percettiva. Portare l’arte nella quotidianità è nutrimento per il singolo e

per la collettività: crea sinergie con generazioni diverse, incuriosisce i bambini e li abitua ad una idea di bellezza e di civiltà, crea spazi che spronano alla condivisione e alla socialità.

Progettato come un “contenitore” che ospiterà nel tempo artisti locali, nazionali e internazionali, e che si relazionerà con realtà locali ed esterne. Arte visiva come connettore di esperienze, che si metta in relazione e crei una rete di confronto e dialogo, per instaurare relazioni e collaborazioni. Stiamo operando con organizzazioni locali come BOCS ART - progetto di residenze artistiche cosentino, che da anni ospita artisti emergenti italiani, coordinato da GIACINTO DI PIETRANTONIO, figura di spicco nel panorama nazionale e internazionale dell’arte contemporanea – e organizzazioni esterne come FARM CULTURAL PARK, esempio virtuoso di come l’arte e la cultura possano rigenerare un ambiente abbandonato, rendendolo luogo attrattivo, conosciuto in tutto il mondo.

Il contenitore si strutturerà grazie alla collaborazione dei commercianti aderenti al progetto, che accoglieranno le opere d’arte nelle loro vetrine, e le renderanno visibili in strada.

Sarà così possibile attraversare l’esposizione passeggiando, rendendo Corso Sandro Pertini uno spazio espositivo gratuito e aperto a tutti, un museo a cielo aperto.

FRANCESCA PIRILLO Nelle immagini: da sinistra verso destra, Favara Cultural Farm, Cosenza BoCs Arte, qui in basso, l’opera Figura Cosmica, di Luca Mauceri.

OPEN MUSEUM, L’ARTE COME VOLANO DI INNOVAZIONE “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto”.

Il 24 Agosto 2007, alla ventiduesima General Assembly di ICOM a Vienna, sembrava già una conquista aver inserito nella definizione di Museo la specifica secondo cui l’oggetto museale è testimonianza non solo materiale, ma anche immateriale dell’uomo, aprendo le porte museali a frontiere di indagine fino ad allora inesplorate. Ma come la società corre veloce, così le teorizzazioni che cercano di raccontarla e spiegarla devono mantenere il passo, tant’è che già pochi anni dopo questa definizione comincia a sembrare troppo obsoleta. È Settembre 2019 e alla Conferenza Generale a Kyoto di ICOM - che per i non addetti ai lavori è l’organo museologico internazionale - ecco comparire una nuova proposta di definizione di Museo: “I musei sono spazi democratizzati, inclusivi e polifonici per il dialogo critico sui passati e sui futuri. Riconoscendo e affrontando i conflitti e le sfide del presente, conservano reperti ed esemplari in custodia per la società, salvaguardano diversi ricordi per le generazioni future e garantiscono pari diritti e pari accesso al patrimonio per tutte

Qui a lato, una delle sculture del museo Open Air, nella natura, tra i boschi di Arte Sella, in Trentino.

Per maggiori info: www.artesella.it

le persone. I musei non hanno scopo di lucro. Sono partecipativi e trasparenti e lavorano in collaborazione attiva con e per le diverse comunità per raccogliere, conservare, ricercare, interpretare, esporre e migliorare la comprensione del mondo, puntando a contribuire alla dignità umana e alla giustizia sociale, all’uguaglianza globale e al benessere planetario”? È forse questa la formula giusta?

A quanto pare non esattamente, visto che il nuovo enunciato viene bocciato per mancato accordo tra gli Stati. E allora fino alla prossima riunione del concilio rimane valida la definizione approvata nel 2007 (definizione che in Italia è stata recepita non prima del 2014).

Se qualcuno si sta chiedendo a cosa ci è utile questa cronaca d’impronta semantica: intanto a chiarire quanto delicato e vivo sia il campo della gestione di Arte e Cultura, che agli occhi dei più abitualmente appare come una mera appendice della vita vera, quella economica, quella industriale e industriosa. In seconda battuta, non è difficile notare quanto, in soli dodici anni, si sia modificato il ruolo del museo nell’opinione generale, sebbene ancora non tanto paritariamente da trovare un accordo su una condivisa nomenclatura (l’Italia tra i votanti contrari, e dopotutto sfido a trovare un numero significativo di musei che nel Paese dell’Arte per eccellenza rispondano alla definizione proposta).

Questo aperto e acceso dibattito che si combatte a suon di pezzi museali è, fuori dai denti, una

vera e propria disputa sociale, forse anche politica si potrebbe azzardare, su cosa è e cosa non è degno di essere conservato, tramandato e valorizzato delle civiltà, o in altre parole, dell’uomo. È evidente come la direzione sia quella di spostare, presto o tardi, l’asse museale fuori dalle mere pareti scientifiche e conservative; non si parla più agli operatori del settore, ma alla società tutta, quello che era nato come il luogo sacro alle Muse si concretizza quindi sempre più come posto (fisico o concettuale) sacro all’uomo, spazio della crescita, del dialogo e della costruzione identitaria, dove si innesca il benessere planetario.

E se il Museo si avvicina ad essere un posto del confronto e della creazione di identità, quindi uno spazio aperto, cos’è l’OPEN MUSEUM, che quella apertura la manifesta e ribadisce nel suo stesso nome?

Ciò che un Open Museum si prefigge di essere è il posto in cui, già ora, senza attendere la conferma di un ente deputato, si può sperimentare la formula museale transdisciplinare e inclusiva per il momento solo auspicata dalle istituzioni.

Un ‘museo aperto’ è lo spazio condiviso e ibrido in cui artisti e fruitori possano incontrarsi per far crescere padronanza artistica e insieme autocoscienza socio culturale, quel tipo di consapevolezza che esonda dagli argini della crescita personale e invade il campo dell’emancipazione territoriale. L’Open Museum è uno spazio espositivo partecipativo, il suo scopo è quello di contribuire

a rendere le arti più accessibili a tutti, i visitatori che lo esplorano lo fanno attraverso gli oggetti e insieme attraverso le esperienze delle persone che lo ‘abitano’, ogni visitatore che inizia approcciando il luogo da ospite è auspicabile arrivi a percepirsi in quel contesto come parte integrante del ‘fare’. Il curatore di un Open Museum è chiamato a creare mostre inclusive che coinvolgano i visitatori nelle collezioni, che raccontino a vario titolo la zona di riferimento, non obbligatoriamente con didascalicità, piuttosto trovando più connessioni possibili con altri territori, con altre storie. Lo si può fare ad esempio ospitando residenze d’artista, che a turnazione rimpolpino la ricerca, artisti che lavorino con le lori specificità, stilistiche e di provenienza, ad interconnettersi con il territorio ospitante.

Un polo artistico fucina di idee e progettualità, che metta in moto menti fertili sull’onda del professionismo, e di passione e conoscenza, proiettato in una dimensione nazionale e internazionale ormai imprescindibile.

Senza essere necessariamente schiacciato da vincoli spaziali l’Open Museum può agevolmente strabordare nella città e oltre, uno spazio fluido insomma, ma sempre concentrato a raccontare, valorizzare e comunicare l’area di riferimento. Il superamento dei vincoli spaziali si può sviluppare anche su frontiere virtuali ad oggi del tutto a portata di mano: progetti on line che usufruiscano del digitale come ulteriore piattaforma di condivisione, attraversando quei media che, oltre a rappresentare un possibile canale creativo, sono inevitabilmente utili a condividere e promuovere, comunicare, comunicare e comunicare mostre, eventi, collezioni e quant’altro. OPEN MUSEUM può sembrare un progetto ambizioso e di sicuro utopistico in un Sud in cui la concezione di investimento - di energie e di danari - sembra guardare con ritardo e approssimativamente alla cultura, che invece, come altri territori hanno dimostrato, può rivelarsi il volano di un’innovazione che si allarga a macchia d’olio sugli altri settori dello sviluppo. Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto recita una nota massima attribuita a Thomas Jefferson, e sul mantra pionieristico si fonda una idea che ha tutta la voglia di diventare realtà.

OFELIA SISCA

UN “CREACTIVITY” PER IL SUD Il miglior modo di prevedere il futuro: progettarlo, dargli forma.

Costruito poco per volta, fissando con chiarezza la destinazione da raggiungere, il percorso da seguire, le azioni da compiere, l’organizzazione da progettare.

Nella sua accezione più generale il design può essere definito come la “sfera della produzione d’oggetti nati da un progetto, portatori di valenze estetico-funzionali, riproducibili in serie illimitata grazie alla tecnica industriale”.Con l’avvento della società post-industriale si viene progressivamente allargando l’ambito d’intervento del settore design che finisce per insediarsi in nuove realtà, varcando non soltanto i confini industriali del senso, ma insinuandosi in spazi fino a poco tempo fa improbabili. Gli oggetti diventano intelligenti e trasparente. In ogni modo sia, il design rimane sempre e comunque, un intervento dell’uomo. La capacità di fare innovazione rappresenta oggi una delle principali risorse che le imprese hanno per garantire competitività alla loro produzione. Per favorire una reale incidenza di una figura “tecnica”, nello sviluppo delle singole imprese, è indispensabile orientare la formazione di soggetti capaci di collegare l’innovazione formale e tecnica all’interno del sistema produttivo. Da queste prime considerazioni, si sono sviluppati ed articolati i workshop di creactivity avvenuti all’interno del Museo Piaggio di Pontedera. La finalità si è orientata a fornire ai partecipanti le conoscenze, le competenze e gli strumenti indispensabili per acquisire capacità progettuali e per la costruzione di un progetto condiviso. Da queste molteplicità nasce la ricerca di un progetto innovativo, capace di mettere insieme l’arcaico con il tecnologico, il prodotto seriale con il pezzo unico; ma soprattutto di individuare e confrontare le proprie esperienze con il mondo del design e dell’economia. In questo scenario, le piccole e medie imprese e i distretti, realtà flessibili e dinamiche, sono capaci di occupare spazi rilevanti all’interno di mercati internazionali.

Lo sviluppo culturale dipende dalla capacità delle società di valorizzare identità diverse, nel rispetto del dialogo e del confronto fra tradizione e presente, fra “spontaneo” è razionale”, elementi impliciti in ogni trasformazione. Il punto di forza

del prodotto si può individuare nel suo contenuto di cultura, di storia e tradizione. Gli strumenti non sono più soltanto materiali e fisici, ma, diventano concettuali e con posizioni precise su determinate problematiche. Lo sviluppo culturale dipende dalla capacità delle società di operare nella valorizzazione d’identità diverse, nel rispetto di quel dialogo e confronto fra tradizione e presente, tra “spontaneo” è razionale” implicito in ogni trasformazione. L’innovazione di prodotto e di design costituisce il punto di forza in settori meno conosciuti. Con questo nuovo scenario, cade la distinzione tra industriale e progettista. Per questo motivo da diverso tempo, si stanno moltiplicando le esperienze finalizzate ad incentivare l’incontro tra cultura del progetto e mondo dell’artigianato.

Gli effetti benefici sono tanti, la scuola ed ogni idea di formazione costruiscono un ponte con il mondo del fare, dando nuovi stimoli e prospettive. Il dibattito “didattico” è tra la tecnica che risolve i problemi e la cultura che formula un progetto significante. La differenza è forse, fra sapere, tempo del presente aperto al futuro e saputo tempo del passato bloccato al trascorso e archiviato; come ricordato dallo studioso Robert Putman.

Le esperienze fatte all’interno di creactivity, sono una piccola parte del necessario, bisogna costruire e stabilire delle relazioni con il territorio, attivare dei rapporti di scambio. Un progetto intriso di memoria passa per questa strada, con lo sviluppo d’attività di laboratorio aperte al mondo del fare artigianale: con la progettazione del dialogo e dello scambio. Il progetto interviene in modo critico nello sviluppo di modelli, come rilevato da Maldonato: “il vero esercizio della coscienza critica è sempre inseparabile dalla volontà di cercare una scelta progettuale, coerente e articolata alla convulsione della nostra epoca.”.

Nella trasmissione del genius loci è rilevante il pensiero di Ezio Manzini: “. nessun’attività didattica può essere veramente tale se non è in grado di mostrare l’anima. Se non si organizza cioè attorno a un suo centro che sia in grado di produrre un’isola di senso, magari criticabile, ma intelligibile…”. HortusAcri è di conseguenza un Laboratorio di Resilienza Meridiano, l’obiettivo di questo progetto è esplici-

LA FUCINA DEL PROGETTO CONDIVISO, “IN UN COLPO DI MANO”, SÌ COACH !!

to: costruire nuove relazioni, inventarne di nuove per un “competitivo design”, dare servizi, tecnologia ed informazioni. La ricerca sta’ nel SEGNO DEL PROGETTO, con alcune sperimentazioni audaci e innovative inserite opportunamente nell’ambiente contemporaneo insieme alle più diffuse filosofie progettuali e tecnico-funzionali.

L’obiettivo stesso di Crea©tivity Workout, all’interno dei flussi di progetto, creare nuove relazioni rintracciare spazi in cui innestare percorsi per lo sviluppo di progetti di design fornendo ai partecipanti le conoscenze, le competenze e gli strumenti indispensabili per acquisire capacità progettuali per la costruzione di un progetto condiviso. Un’esperienza densa, un “tumultuoso brainstorming” collettivo che stimola a una progettualità spontanea e consapevole in cui i flussi di progetto sono accelerati e si intrecciano portando i partecipanti ad esplodere gli orizzonti di riferimento con un confronto continuo. Il risultato non è il solo disegno del prodotto ma una visione in cui si rintracciano scenari, tendenze, bisogni e soluzioni. La

In alto, nelle immagini di Duccio Paoli, due diversi momenti di incontri e worskhop del Creactivity a Pontedera.

formula è di tipo “immersivo”.

La complessità non lascia spazio alla presunzione di conoscere tutte le variabili. Per questo è necessario sentirsi a proprio agio anche in un ambiente in cui il cambiamento è la costante e sono richieste decisioni rapide. È auspicabile in futuro, quindi, una contaminazione dei sistemi del progetto visivo, una interazione tecnica tra le diverse forme di arte, operando una vera e propria traslazione dei metodi, delle dimensioni, degli approcci, da una disciplina all’altra. In conclusione, parliamo di nuove professioni pensando ad una ricollocazione di professioni consolidate da tempo, ma con una visione nuova, interdisciplinare, in cui le pratiche lavorative saranno vicine agli orizzonti aperti dalle esperienze virtuali, in cui sarà possibile interagire in uno spazio neutro rispetto alla resistenze fisiche e culturali.

ANGELO MINISCI

FOTO GRAFANDO ACRI Luca Chistè, trentino, fotografo, interprete dei luoghi, documentarista; IMPRESSIONI DI UN’ESPERIENZA Dopo il mio recente soggiorno in Calabria per partecipare, con una breve docenza sulla fotografia ad una summer school universitaria cona la direzione scientifica del prof. arch. G. Pino Scaglione e con una proiezione sul recente lavoro delle Dolomiti al Festival Resta[r] te! di Acri promosso da HortusAcri Laboratorio di resilienza, sento la necessità di condividere, soprattutto per ringraziare molte delle persone che ho avuto modo di conoscere, alcune mie personali riflessioni..

Sono per lo più impressioni, raccolte dai numerosi messaggi che mi sono giunti, dalle sensazioni che ho provato nel corso di quest’esperienza...

In attesa di qualche più approfondita ipotesi (magari con l’ausilio di specifiche immagini al riguardo), vorrei restituire queste mie impressioni utilizzando un acronimo, del quale, ogni lettera, esprime un’idea.

L’acronimo è “R.O.T.” La prima lettera è la [R], come “Resilienza”, ma che vale anche “(Ri) costruzione”.

Un territorio sul quale c’è moltissimo da progettare, investire, lavorare.

Durante la summer school, ho visto alcune giovani intelligenze applicate che, opportunamente coordinate, sono state in grado di produrre cose meravigliose: razionali, organiche, e che possono funzionare entro precisi contesti urbani apparentementi incapaci di scrollarsi di dosso la sindrome dell’immobilismo acuto.

Idee e innovazioni di cui – tutti, non solamente il Sud – abbiamo bisogno, per continuare a credere che sia possibile farcela. Una modalità di rappresentare e produrre le cose che, per le difficoltà dei contesti entro cui le se produce, diviene autenticamente una forma di Resilienza sociale.

Per invertire quella tendenza, drammatica, che vede nei dati Svimez recentemente pubblicati una “emorragia” senza fine della migliore gioventù del Sud. Di (Ri)costruzione ha bisogno anche la Calabria. Materiale, ma anche del senso civico di appartenere ad un territorio e ad una comunità. Il discorso è davvero lungo, infinito, tanto quanto la storia contemporanea occorsa dall’Unità d’Italia in poi e, forse, anche prima. Tutte le persone che ho conosciuto, tuttavia, possiedono le giuste risorse – ed i necessari anticorpi – per sviluppare una operosa “materia sociale” di cui c’è bisogno per cambiare la società e favorire un’autentica inversione di tendenza sulle più diffuse “bad practices” che, ancora spesso, si incontrano in alcuni luoghi.

La seconda lettera, a cui penso, è la lettera [O] come “Ospitalità”.

Meravigliosa e incommensurabile.

Profonda, avvolgente e disinteressatamente rara. Dopo il restauro di una casa, costata una vita di lavoro,

ad Acri, la famiglia dei proprietari, ha invitato tutti ad una grande festa. Ciascuno poteva partecipare, entrare in casa, scoprire i lavori fatti. Una festa in piazza. Per celebrare, collettivamente, un piccolo, prezioso restauro. Un’idea bellissima, partecipata, tenera. Altri esempi non sono mancati, come la squisita ospitalità offertaci dalla famiglia di Pino Scaglione e che, grazie a Luigi Scaglione, mi ha permesso di conoscere un anfratto di territorio destinato ad un porto (“Porto di Schiavonea”, CS), iniziato e mai concluso e che offre, nella sua contraddittoria esistenza, una splendida piscina naturale, di rara bellezza, a tutti coloro che hanno la fortuna di recarvisi..

La terza lettera è la [T], come “Territorio”, da intendersi anche nell’accezione di paesaggio.

E quello calabro, per quanto (poco, pochissimo) da me visto è ricchissimo e bellissimo.

Dall’asprezza e dalla dolcezza della Sila (con i bellissimi invasi dei laghi artificiali Cecita, Arvo e Ampollino) fino al blu profondo, color dell’inchiostro, del Mar Ionio.

Un territorio immenso, complesso, poliedrico nella sua morfologia e variegato nella sua essenza antropica. Denso di storia e tòpoi ambientali, senza escludere alcune coltivazioni di eccellenza, da meritare ulteriori e più analitici approfondimenti con le immagini. Restituire queste sensazioni con le fotografie non è facile.

E tuttavia, pensando ai molti scatti sin qui eseguiti, se dovessi percorrere filologicamente un itinerario (visivo), sceglierei esattamente questo: ROT > Calabria.

Da confermare, da precisare, ma con un substrato abbastanza nitido in “filigrana”, costruito per ora, fra le diverse centinaia di scatti sin qui raccolti, con il contributo – in quese note – di alcune immagini.

Ritornerò assai presto in Calabria..

E’ una speranza e, al tempo stesso, una promessa che voglio mantenere con molte persone e, in un certo senso, anche con me stesso.

Grandi porzioni di quegli immensi spazi aderito alla mia (foto)sensibile retina, giungendo da essa direttamente all’universo delle cose che, personalmente, ritengo importanti. Per questo voglio (ri)tornare: per continuare a conoscere, comprendere ed essere sopraffatto, nelle inevitabili contraddizioni, dalla bellezza di un patrimonio paesaggistico, umano e sociale.

Grazie a tutti coloro che, pazientemente, avranno sin qui letto questa mie sensazioni e visionato alcune delle immagini a corredo.

LUCA CHISTÈ

Nelle immagini di queste pagine, una selezione di scatti fotografici su Acri del fotografo Luca Chistè. Agosto 2019.

LETTERA A GIOVAN BATTISTA FALCONE

PROGETTO STANZE DELLA MEMORIA

“Caro Giovanni, noi non ci conosciamo di persona. Ci siamo visti da sempre, al sabato vicino alla “chiazz e di frutt”, ma mai una parola è stata scambiata tra noi.

Ho saputo che tu, come me, sei partito. Giovanni, ci dicono che stiamo scappando, che siamo in fuga e non si sa bene il perché, poiché lasciamo a casa tutto ciò che amiamo.

Chissà se le tue motivazioni, agli occhi della tua gente, sono così poco comprensibili quanto adesso sono le nostre. Se l’idea di quell’Italia unita - baluardo di valori - che tanto sogni, è considerata dagli altri un vezzo o peggio un principio di follia dettato dalla presunta inesperienza della nostra giovane età.

Ma chi sono io per paragonare le mie semplici aspirazioni ai tuoi desideri tanto nobili?

Tu che prima di lasciare Acri hai fatto consacrare il tuo capo in articulo mortis ancor prima che fosse giunta la tua ora?

Sai già che i sogni comportano immensi sacrifici. Sai già di star togliendo un figlio alla propria famiglia, un fratello ai propri compagni, un fiore alla propria terra. Eppure sei partito, e la paura non ti ha fermato. E con Pisacane tuo compagno giochi a dadi con la sorte per portare avanti quello in cui credi. E mi piacerebbe dirti che la tua storia, come tante di quelle che si raccontano, ha un lieto fine...

So dei tuoi vuoti incolmabili, che sono i miei, e di quella sensazione brusca e repentina che ci assale quando - in partenza - ci lasciamo alle spalle il giallo delle ginestre che si arrampicano vigorose sulle montagne del nostro paese.

Ma dimmi, quanto è difficile rinunciare al profumo della Sila per inseguire un sogno?

Quanto a una carezza? Agli occhi così familiari della tua gente? Al profilo dolce di Padia, l’ultimo quartiere che il tuo sguardo scorge prima di lasciare Acri?

Ma soprattutto, quanto ti manca la tua mamma?

Buon viaggio Giovanni, e grazie. Emilia Bifano

FALCONE

In alto, una prima simulazione di come potrebbe essere configurato lo spazio dedicato alle Stanze delle Memoria di Falcone, Padula, Julia, e molti altri protagonisti della storia acrese, dal Risorgimento fino al 1948.

Vincenzo Padula

GIANNONE

Acri le stanze della memoria

JULIA

Giovan Battist a Falcone

PADULA

Perchè una STANZA DELLA MEMORIA ad Acri e cosa intende rappresentare?

Le STANZE DELLA MEMORIA, realizzate in varie parti d’Italia, costituiscono un percorso museale e didattico, e svolgono attività con studenti delle scuole di ogni ordine e grado, turisti, cittadini, comunità.

Sono pensate, oltre che come luogo espositivo, come spazio laboratoriale dove vengono avviati specifici progetti di ricerca, visionati documentari storici, organizzati seminari e percorsi di apprendimento tematici. Nel caso di Acri il segmento scelto è un lungo brano di storia acrese (1848-1948), in cui particolare attenzione viene rivolta alla divulgazione della cultura letteraria, poetica e risorgimentale, nonchè popolare.

La STANZA DELLA MEMORIA DI ACRI, si propone come itinerario storico capace di ripercorrere le vicende dei protagonisti e la storia della città di Acri, dalla seconda metà dell’Ottocento, focalizzando i temi cruciali del Risorgimento, del Brigantaggio, fino alla lotta per l’occupazione delle terre.

Acri, con il suo territorio, è stata fortemente coinvolta nelle vicende di quell’Ottocento che ha vissuto rivolte sociali, conflitti bellici, resistenza culturale e ideali risorgimentali e di cui la punta più alta è il sacrifico del giovane Giovan Battista Falcone. La Stanza della Memoria di Giovan Battista Falcone, vuole essere uno spiraglio di luce che restituisce limpidezza e giusta visibilità ad una serie di protagonisti, Falcone, Padula, Julia, i briganti, e ad un panorama storico da cui trarre motivi quotidiani di riflessione per un impegno civile sempre rinnovato, che ampli quegli spazi di libertà e di giustizia sociale aperti e conquistati dagli uomini e dalle donne che sono stati protagonisti di quelle tormentate vicende, intrecciando i temi culturali, poetici, letterari e filosofico-etici alla base di queste importanti vicende. Il Premio Giovan Battista Falcone, intende essere, annualmente, il momento in cui rilanciare e sostenere questo ambizioso progetto, che nella realizzazione delle stanze ha la sua più alta espressione di visibilità, civiltà, memoria e cultura, rappresentatività.

Ad alcuni artisti nazionali, già dai prossimi mesi, verrà chiesto di stendere, insieme al gruppo di lavoro di HortusAcri, una serie di ipotesi di progetto, relative a questo affascinante percorso che si muove tra storia e contemporaneo, come richiede una giusta attualità e visibilità.

UN VIAGGIO NELLA BELLEZZA Lunedì 2 settembre ho fatto un viaggio nel tempo, sono riuscito a tornare in una Acri antica quando questa, assieme ai suoi abitanti, si relazionava con la sua natura ed il suo fiume. Questo viaggio, tanto desiderato, sono riuscito a farlo assieme ad Angelo Vaccaro.

Insieme abbiamo scalato (l’aggettivo non è casuale) le famose “coste di Padia”, queste sono state barriera quando bisognava difendersi da possibili attacchi, fonte di cibo e olio grazie ai suoi frutteti e oliveti, sostegno strutturale a ciò che vi era e vi è “sopra” e in ultimo svolgono una rilevante funzione paesaggistica ed ecologica.

La conformazione fisica a dir poco impervia di queste, non ha mai permesso di svolgere un’agricoltura diversificata.

Percorrendo queste “strade” e vedendo dove l’uomo ha dovuto coltivare fa riemergere quella che era una vera e propria agricoltura di sussistenza (coltivazioni destinate al consumo diretto delle famiglie contadine, indispensabili per la sopravvivenza) svolta su un territorio faticoso e imprevedibile.

In questo primo tratto ho un assaggio della vallata, solo il principio, però mi ha già sorpreso.

Arrivando in fondo parcheggiamo dove giaceva il primo mulino di Acri, “Il mulino Petrone”, di cui purtroppo non vi sono tracce, e ci incamminiamo lungo un percorso circondati dal verde.

Dopo qualche metro intravediamo tra gli imponenti alberi e gli arbusti un elemento di rilevante valore patrimoniale, ovvero il ponte che ci permette di oltrepassare il fiume.

È sorto in epoca fascista (tra il 1932-33) e conserva nonostante l’assenza totale di manutenzione i suoi pezzi originali: le pietre con cui è stato costruito sono quelle del fiume che sovrasta ed il legno (dove rimane) quello della vallata.

Proseguendo il cammino riscopro un’altra vita, un’ulteriore tassello del passato di Acri ormai dimenticato, ovvero l’agricoltura in prossimità del fiume, quella che un tempo sfamava le famiglie e arricchiva di prodotti autoctoni il grande e vecchio mercato orto-frutticolo della “Chiazza e di frutt”.

Anche quest’attività è stata abbandonata ma nonostante ciò ancora permangono i segni di quell’agricoltura, seppur mutata, rivelando delle forme insolite rispetto a quelle che siamo abituati a vedere in un contesto agricolo. Ad esempio una vite circonda e si “appropria” di un ulivo intrecciandosi con esso, arrampicandosi sulle sue foglie e sui suoi rami, facendo nascere così un acino sulla sua chioma a circa tre metri da terra.

Il rumore dell’acqua che scorre attira la mia attenzione, il momento che stavo attendendo da più tempo è arrivato, posso passare le mie dita in quell’acqua.

Il Mucone si nasconde dietro la natura come se questa lo proteggesse, arrivo sulla sua riva ed è lì che lo stupore per la bellezza e la purezza di quel luogo, apparentemente incontaminato, si impadronisce di me. Discosto lo sguardo dallo scorrere dell’acqua e guardo su, molto in alto, oltre gli alberi ed il verde, intravedo i quartieri Picitti e Padia e da lì comprendo e sento il legame del fiume con

(DOPO INFERNI E PURGATORI!) la mia città.

Nonostante Acri sia un territorio dove non mancano torrenti, fiumi e fonti, questa presenza fino a quel momento non l’avevo avvertita, forse soprattutto per le scelte politiche fatte in passato (l’interramento del fiume Calamo). Quest’area è stata completamente dimenticata da tutti.

In particolar modo è stata dimenticata da chi avrebbe potuto e dovuto valorizzarla per offrire qualcosa di unico ai suoi cittadini i quali avrebbero avuto il privilegio di sentirsi in mezzo alla natura più incontaminata senza doversi spostare di molto.

Il borgo montano e la sua torre bruzia, il quartiere abbandonato dei Picitti o le molteplici chiese, il paesaggio della vallata del Mucone con i suoi percorsi di diverse difficoltà, il water-trekking e le aree pic-nic avrebbero potuto attrarre un turista e così far rinascere questa cittadina sia turisticamente che economicamente.

Il degrado e l’abbandono sono evidenti, se non si interviene in tempo breve il destino di quest’area è già segnato. L’intervento giusto potrebbe essere

quello cercato e promesso da anni per creare finalmente un punto di incontro “tra quella e questa banna” che al momento risultano essere due poli distanti, distinti e separati come se fossero comuni diversi e come se tra loro non ci fosse un fiume ed una vallata ma bensì un muro.

L’assenza di piani paesaggistici e di un PSC funzionale, che avrebbe potuto introdurre o trovare una funzione a questo luogo, è sinonimo di ciò che attualmente il nostro territorio ci dà in termini economici, turistici e ambientali; tutto questo, oggi come in passato, ha influenzato e influenzerà Acri e la sua comunità presente e futura.

Basta essere consapevoli e conoscere ciò che abbiamo tra le mani o dietro l’angolo o, come in questo caso, ai nostri piedi per poter incrementare la nostra coscienza e conoscenza storica così da riuscire a farla riemergere e a valorizzare quegli elementi che ne sono parte.

E a chi vi dice: “ad Eacr un c’è nent”, non credetegli, scopritelo e fateglielo scoprire, parte tutto da ognuno di noi.

“Ad Eacr c’è tutt ma ullu vidimu...”

Dal territorio per il territorio, possiamo ancora rinascere dalle nostre radici.

IVAN BERTELLI

«Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo. Vai e guarda dietro i monti. Qualcosa è perso dietro i monti. Vai! È perso e aspetta te». da The Explorer, in The collected poems of Rudyard Kipling, 1898

CARTOLINA DI SALUTO: LETTERATURA AL PREMIO PADULA E’ nostro desiderio fare menzione del Premio Padula, e la vincitrice di quest’anno della sezione letteratura Michela Marzano, con una recensione del suo racconto “Idda”, scritta dalla nostra Alessandra Cofone, studentessa dell’ultimo anno di Liceo, ad Acri.

In alto, la scrittrice Michela Marzano, a lato la copertina del suo libro premiato al Padula, 2019.

”“L’amore resta, pure quando l’oblio ce la mette tutta per cancellarlo, l’amore non sparisce mai”. È questa frase emblematica di “Idda”, che descrive le due tematiche attorno alle quali si articola il romanzo sopracitato, scritto da Michela Marzano. La narrazione si fonda sull’amore, ma soprattutto sul ricordo, che lega le due storie parallele raccontate nel libro.

Si tratta del ricordo di due donne, unite dall’amore per un uomo; un amore differente, come differente è anche il loro rapporto con il passato.

Da un lato si scorge la figura di Alessandra, emigrata in Francia giovanissima, che condivide la sua quotidianità con Pierre, il suo compagno, e che

ha dovuto avere il coraggio di lasciarsi alle spalle il passato. Dall’altro, la figura di Annie, madre dello stesso Pierre, costretta a rinunciare alla sua storia da una malattia atroce, la Demenza Senile. È quando la coppia inizia a scavare nel passato di Annie, che Alessandra si concede di riaprire le porte ai ricordi e di abbattere quel muro che aveva innalzato dopo la fuga dal suo Paese. A seguito di una lunga riflessione, decide, quindi, di tornare in Puglia, compiendo un viaggio nei meandri della sua coscienza.

La storia che ci racconta Michela Marzano è un percorso di crescita, non solo della protagonista, ma anche del lettore stesso, il quale viene spinto a guardarsi dentro e ad analizzare quegli aspetti della sua vita che crede di aver seppellito in profondità.

Ed è proprio questo impulso all’analisi interiore, che mi porta a consigliare vivamente il romanzo; un romanzo che riesce a rompere quei muri che, come Alessandra, ognuno di noi innalza, per proteggersi da quei ricordi che troppo spesso fanno paura.

CARTOLINA DA HORTUSACRI IN TOUR PER L’ITALIA

L’attività di HortusAcri non si ferma solo nella città, ma è parte di una rete di relazioni con Centri di Ricerca e altre Associazioni, Università, Enti. Tra le notizie da segnalare senza dubbio la presenza a Matera 2019, al SIMPOSIO REDS, lezioni in vari atenei a presentare la piccola piazza P48, al Creactivity di Pontedera a descrivere il nsotro lavoro.

A Matera si è parlato delle oltre 7milioni di case vuote, oltre 6000 Km le reti di infrastrutture inutilizzate, inoltre il continuo processo di abbandono di centri storici, di siti industriali ed esercizi commerciali, rendono la questione del patrimonio esistente inderogabile in Italia come in tutto il mondo occidentale. L’esistente, la nostra Legacy, ovvero l’eredità, sarà per i prossimi anni e per le generazioni a venire il principale tema del nostro habitat. Matera è oggi l’icona indiscussa della qualità dell’abitare la città esistente e del raccogliere un importante eredità, un faro per l’intero Sud. Il simposio -coprodotto da Università degli Studi della Basilicata e Fondazione Matera-Basilicata 2019, ha accolto, le proposte di una delegazione di HortusAcri: il prof.

Arch. Pino Scaglione, l’Architetto Giacinto Ferraro, la prof. Assunta Viteritti, i giovani architetti Rosanna Algieri, Cristina Molinari, Annunziata Sposato.

IL NOSTRO BILANCIO È ECOLOGICO, RESILIENTE

2019 Totale contributi, 4.900,00 euro Entrate quote associati: 465,00 euro Totale entrate 5.365,00 euro Totale uscite

5.800,00 euro

(n.b., il bilancio è in fase di chiusura e potranno esservi piccole modifiche)

Tre i temi portati all’attenzione della platea di ricerca a Matera da parte di HortusAcri: un primo contributo è sul patrimonio architettonico di Acri e di altri centri simili nel meridione con le possibilità di recupero per finalità sociali, di accoglienza, di integrazione, oltre che turistiche, un secondo contributo riguarda il riattivare le relazioni tra Acri e la Valle del Mucone, con nuove forme di produzione agricola e di valorizzazione del paesaggio, infine un terzo contributo si muove intorno alle nuove forme di uso e relazioni tra società e spazio pubblico.

Tra gli oltre 150 i partecipanti, provenienti da tutta Italia ed Europa, ricercatori, docenti, progettisti selezionati da un Comitato Scientifico internazionale e soprattutto giovani, per presentare i loro contributi scientifici e progettuali, dunque anche Acri, ha una finestra di visibilità, che sta a significare sopratutto il legame importante con il mondo della ricerca, unico, possibile legame capace di dare respiro, prospettive, sbocchi a possibili visioni di futuro, inoltre alla ricostruzione di un legame tra imprese, cittadini e forme nuove di sviluppo, dentro la comunità e nelle relazioni verso l’esterno.

Anche se per la nostra Associazione Culturale, senza fini di lucro, la creazione ed emissione del bilancio sociale non è un obbligo di legge, abbiamo deciso di produrlo e renderlo disponibile a tutti, cosicchè tutti i nostri soci ed amici, sostenitori, possano prenderne visione, diffonderlo per far conoscere l’attività svolta giorno dopo giorno da HortusAcri, apprezzando, ci auguriamo, la semplicità, la trasparenza, la grande economia nella gestione delle risorse e la sapienza nella realizzazione delle attività per la comunità. Il bilancio definitivo, appena chiuso sarà sacricabile dal nostro sito web: www.hortusacri.it; IMPRESA GIUSEPPE CORINA, FIRENZE POLIGRAFICA, F.LII MONTALTO ACRI

IMPRESE CHE HANNO SOSTENUTO IL FESTIVAL, LA REALIZZAZIONE DELLA PIAZZA P48