Quadrimestre 53 - Aprile 2017 - pagina 35
Giorno del Ricordo 2017 a Treviso Sull’orlo della foiba per onorare il padre Federica Haglich, Esule da Lussinpiccolo Giorno del Ricordo dell’Esodo e delle vittime delle foibe, giorno del dolore di noi italiani dell’Istria e della Dalmazia per essere stati costretti ad abbandonare la nostra amata terra, per aver dovuto affrontare un viaggio a senso unico e per molti di noi senza più ritorno! Verso la fine della seconda guerra mondiale, il maresciallo Tito incaricò i suoi scagnozzi di eliminare le persone che non avrebbero mai approvato l’annessione dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia perché sentivano, dentro di loro, un forte sentimento che li legava all’Italia. In quel periodo maledetto, le persone sparivano senza lasciare traccia, venivano prelevate di notte, nel sonno senza che nessuno avesse la possibilità di vedere, con la scusa banale che dovevano espletare qualche formalità burocratica. Oggi voglio ricordare la storia di un mio carissimo amico, Francesco Tromba, ora ottantaduenne, che aveva solo nove anni quando la notte del 16 settembre 1943 gli sgherri di Tito vennero nella sua casa a Rovigno d’Istria, a frugare dappertutto alla ricerca di una vittima sacrificale: suo padre Giuseppe. Quella notte, quando gli scagnozzi di Tito bussarono alla porta, suo padre si nascose nella madia in cucina, ed era quasi riuscito a salvarsi quando uno degli aguzzini ebbe un ripensamento che lo fece tornare indietro a controllare anche quel mobile… e lì fu trovato! Ebbe subito la percezione che stava per morire senza che gli fosse stato concesso di sapere il perché. Per questo le sue ultime parole alla cara moglie furono per i 3 figli: “Maria te raccomando i fioi”. Di lui non si seppe più nulla e aveva solo 43 anni! Suo figlio Francesco ha trascorso tutta la vita aspettando il suo ritorno, un’attesa inconscia e interminabile di chi non sarebbe mai più arrivato… E finalmente nel 2003, dopo anni di ricerche, di congetture, di supposizioni, lui riesce a individuare la foiba nella quale riposa, ma non in pace, suo padre: la foiba di Vines, un buco nero pieno di ingiustizie e di lamenti di chi non ha più fatto ritorno a casa. Si inginocchia commosso sul bordo di quella foiba, il suo volto rivela un dolore che gli ha spezzato il cuore per più di settant’anni. Ora finalmente ha trovato suo padre, è lì sulla sua tomba e lancia verso il cielo una preghiera per quel padre tanto amato e tanto cercato, che gli era stato strappato di
notte all’improvviso e che finalmente lui aveva ritrovato. Suo padre era sotto centinaia di corpi di sventurati innocenti, con voci senza voce che continuavano a interrogare il mondo dei vivi per chiedere giustizia e riconoscimento per ciò che avevano subito. Francesco affonda una croce nel terreno, la fissa con del cemento e, nel baratro spaventoso che gli si presenta davanti, getta un mazzo di fiori e la bandiera tricolore, simbolo della sua identità. Nel suo cuore colmo di emozione scorrono lacrime di rimpianto per ciò che poteva essere e che invece non è stato. Dentro di lui non c’è vendetta, c’è solo desiderio di giustizia e una infinità di altri sentimenti, ma essendo un uomo nobile nell’animo ne afferra uno soltanto, in assoluto il più difficile da applicare: quello del perdono. Riesce a farlo suo e perdona tutta la nefandezza e la malvagità degli assassini di suo padre. Prova sollievo e lo pervade la sensazione di essersi liberato da un grande peso. Francesco ora ha sì perdonato la morte del padre, ma continua a raccontare agli studenti delle scuole medie e superiori la spaventosa verità delle foibe: ha perdonato, ma la Storia stessa e l’amore per il padre gli impongono il sacrosanto dovere di ricordare per evitare il pericolo che il male vissuto non sia servito a niente. Il suo compito non è ancora terminato…
Foiba di Vines, ottobre 2003 - Posa della Croce in memoria di tutti i Martiri infoibati