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desco, pochi gli Italiani. Nel febbraio del ’17 conobbe un altro motorista Vincenzo Splivalo, nato a Vigani il 3 luglio 1892, che provava i suoi stessi sentimenti, persona preparata e coraggiosa. A maggio vennero trasferiti a Lussino nella base di Prico che poteva ospitare due idroplani. Dovevano fare manutenzione su un idrovolante Lohner 76 in dotazione a un pilota istriano che, come loro richiedevano spesso, pareva intenzionato a portarli in Italia.
L'hangar degli idrovolanti a Prico
Poiché l’uomo tergiversava, decisero di agire da soli e cominciarono a osservare e a provare le manovre che i piloti eseguivano per decollare e ammarare. Facevano manutenzioni molto accurate su un idrovolante costruito in 24 esemplari dalla ditta Ungarischeflugzeugwerke A.G. su licenza dell’azienda Jacob Lohner di Vienna. Questo era un Lohner, matricola L.127, di nome "Mani", dotato di un motore Rapp a 6 cilindri in linea della potenza di 150 cavalli, che era stato consegnato alla Imperial Regia Marina Austriaca il 3 giugno 1916. Nel frattempo alcuni lussignani davano loro appoggio non solo con aiuti, notizie, manifesti e… pasti ma anche con il passaparola e il silenzio sull’operazione. Si ritrovavano tutti al caffè Quarnero (oggi sede dell’Apoxiomenos) dove in gran segreto programmavano il trafugamento dell’idrovolante e la fuga in Italia, ma nessuno dei due era pilota. Splivalo disse che avrebbe guidato lui il velivolo e che era sicuro di riuscire. Intanto si preparavano osservando i gesti del pilota e le manovre di decollo. Gli amici lussignani insegnarono loro a usare la bussola e a fare la rotta su Ancona, il punto più vicino della costa italiana che dista 60 miglia. La direzione da tenere era ovestsudovest per allontanarsi il più possibile dalla base militare di Pola. Quando decisero di fuggire, le condizioni meteo erano avverse ma il mattino del 3 giugno 1918 il tempo era
buono e alle 7,30 dopo aver sabotato l’altro idrovolante, un Lohner L. 113, e un motore di riserva, per evitare di essere inseguiti, aprirono le porte dell’hangar, spinsero in mare il Lohner L.127 "Mani" che scivolò in Valle d'Augusto. Riuscirono a decollare e passando sopra il Monte Baston, puntarono subito verso sudovest per evitare le postazioni di Sansego e si diressero verso la costa italiana, navigando a 800-1000 metri di quota senza occhiali e privi di qualsiasi riparo, con nebbia intensa. Dopo parecchie ore di volo, ammararono, piastrellando, a Fano nei pressi di un treno armato, mentre la gente del luogo seguiva quello strano arrivo austriaco. Il trafugamento dell’idrovolante e il sabotaggio delle altre macchine allarmarono gli austriaci che fecero levare in volo sei idrovolanti per dare la caccia ai fuggiaschi, senza però esito alcuno. Una beffa coraggiosa era andata buon fine ma è rimasta quasi sconosciuta finché Sergio Castelli non ha ritrovato il Lohner 127 Mani nel Museo Storico dell’Aeronautica di Vigna di Valle. In effetti l’impresa di Lussino ebbe poca risonanza perché solo una settimana dopo, il 10 giugno 1918 il comandante Luigi Rizzo con i suoi MAS affondò la corazzata austriaca Santo Stefano al largo di Premuda, e il fatto ebbe grande rilievo sui giornali mentre il trafugamento del Lohner passò quasi inosservato.