4 minute read

Le regole di Antonia Scivittaro

LE REGOLE

DI ANTONIA SCIVITTARO

Advertisement

“Devi imparare le regole del gioco e poi devi giocare meglio di chiunque altro” (A. Einstein)

Lorenzo Parelli, 18 anni, è morto alla fine di gennaio colpito da una putrella nel suo ultimo giorno di stage scuola-lavoro nello stabilimento di carpenteria meccanica di Lauzacco (Udine).

Questa notizia mi ha sinceramente scossa. È stato come un fulmine a ciel sereno esploso nella mia quotidianità ponendomi davanti ad una cruda e terribile realtà: avrei potuto essere io a morire a 18 anni in una fabbrica. Sarei potuta morire di alternanza scuola-lavoro.

Studenti di ogni parte d’Italia erano in piazza il 4 febbraio per protestare e sui loro striscioni era scritto “non si può morire di scuola”. Io non ero alla manifestazione ma sono d’accordo con loro. Da chi, da cosa è stato ‘tradito’ Lorenzo Parelli? Forse è stato tradito dal mondo del lavoro degli adulti che in Italia conta 1221 morti bianche nel 2021. E perché le forze di polizia hanno reagito così male? Il loro comportamento nelle piazze ha avuto un carattere violento e repressivo. Perché disperdere con la forza degli studenti che avevano il solo obiettivo di portare solidarietà e chiedere maggiore protezione? Sono cose molto brutte da vedere.

Anche per i miei compagni e per me verrà il momento dell’alternanza scuola - lavoro. Come potremo affrontare tale esperienza con serenità? Io ritengo che questa proposta didattica abbia le giuste potenzialità per essere utile e funzionale alla crescita di noi studenti e alla nostra introduzione nel mondo del lavoro, ma deve svolgersi nella tutela e nella dignità di tutti i partner coinvolti: aziende, lavoratori, scuola e studenti. È per questo motivo che la domanda sorge spontanea: com’è potuta accadere questa tragedia? È un interrogativo nato nella mia mente in modo prepotente e, ovviamente, la risposta non potrà arrivare in fretta…

Ma una riflessione voglio farla: perché è nata l’idea della scuola-lavoro? Probabilmente per mettere in comunicazione le nozioni teoriche apprese con lo studio e la loro applicazione pratica. Ma, guardando meglio, il mondo del

lavoro a quali regole e norme deve rispondere? È una domanda che fa riflettere. In Italia non esiste il salario minimo; le norme di sicurezza sono lì, sulla carta. Ma quando guardo degli operai su di una impalcatura (e, in questo periodo se ne vedono tanti visto il boom dei ‘bonus facciata’) non ho la sensazione che lavorino in maniera protett… E non posso dimenticare che l’Italia ha il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa e continua a costringere le donne a scegliere fra maternità e lavoro.

Vista da queste prospettive, l’alternanza scuola-lavoro potrebbe NON essere una preparazione al lavoro inteso come il fine ultimo del nostro studio. Sembra più una preparazione al MERCATO DEL LAVORO che risponde con grande prontezza anche a leggi economiche brutali che niente hanno a che fare con un dignitoso svolgimento delle mansioni di un qualsiasi lavoratore.

Sulla triste vicenda di Lorenzo Panelli è nata in me una seconda domanda alla quale non riesco a dare una risposta: come si poteva evitare? Da dove nascono degli errori così gravi e tremendi? La mia sensazione è che, nell’ applicare le leggi, qualsiasi esse siano, non ci si metta veramente la giusta cura e la necessaria attenzione.

Eallora ricominciamo dal principio. Quale posto è più idoneo per discutere di regole se non la scuola? È il primo posto dove apprendiamo cosa sono e a che cosa servono le norme che dovremo seguire; cosa possiamo e non possiamo fare e come relazionarci fra noi e con chi è più grande di noi. Insomma, impariamo come comportarci. Ma credo anche che in questo preciso periodo storico si stiano verificando gravi incomprensioni fra adulti e ragazzi, e, in una prospettiva più grande, tra Stato e cittadini e fra la collettività e le regole.

Èdiventato difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato perché il mondo sembra grigio, senza forma e nessuno ci aiuta a capire come comportarci. Per questo motivo desidero che la scuola migliori. Perché credo che nelle classi di ogni istituto di qualsiasi grado possa svilupparsi un obiettivo molto più ampio della sola preparazione ‘scolastica’. L’istruzione ci fornisce conoscenza, ci deve (dovrebbe?) preparare al concetto di accoglienza, di conoscenza del nostro territorio dove purtroppo noi ragazzi abbiamo davvero poco spazio e voce in capitolo. La scuola entra in gioco nella formazione della nostra personalità, dei nostri pensieri e della nostra capacità di formularli e affermarli. Ed è anche (dovrebbe essere?) una palestra civile per creare un rapporto SANO fra diritti e doveri.

Voglio davvero credere, per l’ennesima volta, che la terribile vicenda di Lorenzo Parelli sarà l’occasione per imparare dagli errori perché le regole non uccidono e, se lo fanno, vuol dire che sono sbagliate o che vengono applicate in maniera errata. E voglio avere fede e sperare che un giorno non lontano, nessuno potrà anteporre i propri profitti alla sicurezza, all’umanità e alla giustizia. Soprattutto mi auguro che nessuno muoia di lavoro o di scuola. Vorrei che le cose cominciassero a cambiare da subito. Adesso. E desidererei che fossimo noi giovani a dare una marcia in più, una spinta maggiore al rinnovamento partendo dalla scuola per poi arrivare al lavoro e alla società. Le regole non dovrebbero essere una clava che colpisce, ma delle opportunità per migliorare; non limitazione delle libertà, ma legittimazione dei bisogni più profondi e concreti; non ignoranza ma dignità per tutte le persone.

This article is from: