Luca Marconato, Sovrimpressioni su Sovrimpressioni

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Sovrimpressioni su Sovrimpressioni Analisi testuale del libro Sovrimpressioni di Andrea Zanzotto

Luca Marconato


Introduzione Dopo aver descritto graficamente il libro Sovrimpressioni la mia tesi procede organizzando il lavoro in due parti principali, una dedicata alla materia del libro, l’altra interessata in maggior misura all’analisi formale dello scrivere di Andrea Zanzotto, riservando alla fine di ambedue questi capitoli, i quali sono i filoni d’analisi che ho seguito, una summa in cui racchiudo uno studio che si occupa del generale. Il primo blocco s’intitola “Temi e motivi del testo”, in cui parto dall’analisi puntuale delle tematiche e della strutturazione d’ogni poesia, per poi collocare il titolo all’interno della raccolta a cui conferisce il nome e arrivare infine al tema generale che lega i componimenti. Il secondo capitolo è un’analisi formale concentrata su alcune poesie che ho scelto in quanto le ritenevo indicate a rappresentare la poetica del libro vista attraverso la struttura della poesia, la partitura fonosillabica, l’analisi sintattico lessicale ed un breve commento, i quali contribuiscono al tirare le fila di quanto esaminato per individuare i principi della poetica del poeta.

Capitolo 1 1.1 Veste grafica e struttura del libro Sovrimpressioni di Andrea Zanzotto nella edizione Mondadori del giugno 2001 è diviso in tre sezioni principali che sono: Verso i Palù composta di 38 poesie, organizzata inoltre in 5 sotto sezioni, suddivise da tre asterischi e pagina vuota (ho considerato come poesia a sé stante anche le sottosezioni della poesia Ligonàs, caratterizzata nella sua divisione da numeri romani, Sere del dì di festa, suddivisa da numeri arabi, Adempte mihi suddivisa da numeri romani, Da Carità romane, con numeri arabi e dieci sotto zero rosa, suddivisa con numeri romani). La seconda sezione è Canzonette ispide composta di 9 poesie, tra le quali Apocolocìntosi, In ora fora de man e Perché che no posse dirghe “vidison” sono accompagnati da traduzione d’autore segnalate nell’indice. L’ultima sezione è intitolata Avventure metamorfiche del feudo ed è formata da due sottosezioni, divise da tre asterischi e pagina vuota: la prima è Avventure metamorfiche del feudo diviso in 5 poesie caratterizzate da una numerazione araba, e la seconda è Topinambur e sole. Il libro finisce (a pagina 133) con una nota di Zanzotto, che ricollega Sovrimpressioni a precedenti raccolte, e da una spiegazione del titolo; nella pagina successiva c’è una nota sulla scrittura dialettale, di seguito si trova l’indice. È interessante notare che alcuni titoli sono in corsivo ed altri tra parentesi, inoltre anche solo sfogliando il libro si nota in molta parte uno spostamento intenzionale del margine sinistro di scrittura, a volte avanzato come blocco verso il centro della pagina, altre volte fatto avanzare 1


progressivamente in modo da creare una linea diagonale, inoltre sono presenti pure alcuni grafismi. In quarta di copertina c’è un estratto manoscritto da Sere del dì di festa, coronato del nome del poeta grigio chiaro su bianco e dalla scritta indicante la collana “i poeti dello specchio” racchiusa in un rettangolo. La grafica della copertina presenta un’immagine sfuocata bianca verde e marrone su cui è sovrimpressa un’immagine gocciolante, di gocce come ferme su di un vetro questa è divisa dal nome dell’autore dal titolo dell’opera e dal genere del libro in altre parole ‘poesia’, anch’essa racchiusa in un rettangolo, nero su bianco, inoltre il nome dell’editore, Mondadori, è bianco sull’immagine in copertina. Il dorso è nero su bianco con il logo dell’editore, la sezione, il nome dell’autore ed il titolo. Finisco con il fatto che alcune poesie di questa raccolta Sovrimpressioni sono state in parte già pubblicate nell’edizione del Meridiano Mondatori1, come inediti; inoltre sono state pubblicate Sere del dì di festa, Sopra i colli d’Este, Adempte mihi, Riletture di topinambur, Dintorni Natalizi e Da Carità romane nel mensile Poesia, numero 135, marzo 2000 nelle pagine 11-17 assieme ad altre poesie non destinate ad entrare in questa raccolta.

Capitolo 2 Temi e motivi del testo 2.0 Introduzione In questa sezione analizzo il testo della raccolta Sovrimpressioni dal punto di vista dei temi e dei motivi, in altre parole i fili conduttori che ricorrono attraverso le varie poesie ed i motivi intesi come le situazioni insite nei singoli “pezzi”, lascio parlare il più possibile il testo, attraverso la citazione diretta dei versi composti dall’autore. Partirò infatti con il ripercorrere il testo dal punto di vista dell’analisi dei motivi e delle tematiche nel primo paragrafo, poi riserverò un paragrafo a considerazioni sul titolo del libro, per poi unire nel terzo paragrafo il metatesto dell’opera in un riassunto trasversale: parto quindi dal particolare per poi trovare il generale.

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A. ZANZOTTO, Le poesie e le prose scelte, a cura di STEFANO DAL BIANCO e GIAN MARIO VILLALTA,

Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 1999

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2.1 Analisi dei motivi Il libro si apre con Verso i Palù, che assegna il nome anche alla sezione. Il tema principale di questa poesia è il rapporto tra natura e uomo, a Palù o Val Bone, che sono zone acquitrinose che già dal medioevo erano state “strutturate” in varie forme, specie dai cistercensi, e trasformate in vaste scacchiere di prati ed acque correnti e da alberature di diverso carattere, conservate con memore animo attraverso i secoli. L’attuale espansione d’insediamenti industriali o abitativi e la necessità di ampliare la rete stradale, ormai trombotica, soprattutto nel Veneto cui si aggiunge un’agricoltura cieca e invasiva, minacciano oggi di far del tutto sparire questi veri e propri capolavori della “land art” che erano anche utili economicamente, per prati da sfalcio, acque ricche di pesci ecc (nota a piè pagina di “Verso i Palù” per altre vie). Sono luoghi freddi, vergini, che / allontanano / la mano dell’uomo, (vv. 1-3) ma egli è assorto, assunto in essi (v. 4), sono luoghi in cui l’uomo trova letizia anche solo nel parlare o nell’evocare una natura che è luogo mentale, nel cui silenzio si aggira letizia(v. 37). [… ] Sono intrecci d’acque e desideri / d’arborescenze pure, / dòmino di misteri (vv. 5-7) soprattutto in questi ultimi versi si può enucleare il rapporto di parallelismo tra natura e uomo: specchio e speculante. In “Verso i Palù” per altre vie c’è tutta la propensione del poeta alla difesa di questo paesaggio quasi vivente, come si vede in questi versi, nei più nascosti recinti dell’acqua il ramo / il vero ramo arriva protendendosi / sempre più verde del suo non-arrivare (vv. 1-3), ed invoca proteggi dall’astuzia soave dei tralci ( v. 4) questi mosaici di luci specchiate speculate (v. 12), qui ancora indice dell’unione tra natura e psiche sono, questi, ardui cammini nel verde / sul filo di infinite inesistenze (vv. 16-17). Ligonàs, la poesia successiva, è pervasa da un intimo splendore / di “c’era una volta (vv. 1-2) rotto dagli stillicidi che si appianano ed è, tutto colmo calice di nivale dolcezza / di nivale attitudine ad appianare, sanare, / è-in-sé-e-per-sé di neve involata di soli involati (vv. 7-9) […] E ogni sole e neve punto di sole o neve / va per beatamente allacciare gli estremi di fuoco-luce e / di gelo negatonegante, li allaccia per un solo dito / e poi per dita e fiati e fiati baci e baci (vv. 19-22), quindi una natura che di nuovo seppur fredda è dolce e si allaccia in un tutt’uno d’emozione che redime. Questo è il tema della poesia: la redenzione della natura che dà reticenza dal parlare delle avversità della vita che quella forza appiana, questo fatto nella poesia successiva di Ligonàs è una tematica principe, è un paesaggio in cui ha riversato tutto ciò che tu / infinito assente, infinito accoglimento / non puoi avere (vv. 3-5), un paesaggio che distribuisce con dolcezza / e con lene distrazione il bene / dell’identità, dell’”io” ( vv. 18-20) seppur L’ombra del disamore / della disidentificazione / si imporrebbe qui nei giri, strati e / salti, nelle tue dolci tane (vv. 29-32). Dopo questa struggente ombra si staglia nella terza parte una luce raggiunta infine, raggiungibile in / ogni sua più riposta 3


volontà / di astrarsi e separarsi (vv. 1-3) […] Luce che è pur sempre da indagare / e si fa amare così a perdifiato / ma anche con calma divina (vv. 9-10). Luce che orienti il niente e sei pur sempre in fase / di ristorare da ogni / dubbioso esito da ogni / remora da ogni dispersa frase (vv. 27-30). A questo punto a pagina 19 e 20 c’è una separazione con pagina vuota e tre asterischi. La poesia successiva è Sere del dì di festa: il titolo rimanda ad una poesia di Leopardi La sera del dì di festa alla quale si oppone questa: mentre è dolce e chiara la notte per Leopardi, per Zanzotto è luogo pieno di nulla in cui ci si lascia vendere macellare distribuire (v. 28) ed in cui mi lascio glorioso scaltro rinascere (v. 29) […] singolmente, ciecamente, altrimenti, / deflettere, ripensare, ritrarre / TUTTO SI APRE A SBARAGLIO (vv. 30-32), opposto alla tranquillità che ispira questo verso di Leopardi posa la luna, e di lontan rivela / serena ogni montagna, quindi si oppone la società capitalistica e consumistica al ciel così benigno di Recanati dove la tranquilla aria di campagna si confonde con il sonno dell’amata. Nel segmento successivo cioè “2” è una Sera che non è sera di nulla / non v’è nulla, nel suo tutto, che si chiami sera (vv. 1-2) [...] e ogni vana, infine, / voluttà in lei ristagna / e poi rimbalza e scivola / e ogni grido-bisbiglio precipita / in luce umana (vv. 9-13) […] sotto ogni grado zero (v. 15).[…] Sera, immensa ti fai di suoni nani / di tossici juke-box (vv. 25-26). Sere che sono geli, controventi (v. 1), nella terza sezione sere del dì di festa, / che ovunque aggrediscono / attorniano, suggeriscono (vv. 1-3) […] blandiscono intirizziscono / così che sia tutto adolescente (vv. 5-6) […] invenzione-ostensione del dolore serasera, / della perdita che poi è attitudine matta / della gioia (vv. 27-29). Nella quarta sezione si legge Estatico- maligne (v. 1) […] sull’orlo della sera abbattuto volo / del dì di festa- / vigile e fonda d’ogni cannabinolo (vv. 5-7), e fondamento di Vecchiaia e Adolescenza (v. 8), […] limite improprio di ogni limite (v. 13). Nella parte “5” di sere del dì di festa, si fa una descrizione di una donna vestita di rosso in un’ utilitaria, Opel Corsa, che il poeta si domanda da dove fa ritorno? / Nulla mai comunque ci sarà ridato, / non un solo respiro, un solo afflato: / ma almeno, unicamente un

pensiero / di sera del dì di festa, bloccato (vv. 17- 21). Nella sesta sezione la sera si staglia

da ogni picosecondo del vivere / che dilatato a dismisura / per renderlo pensabile-abitabile, / da ogni nube di tempuscoli in cui si figura / sopravvivere-scrivere / calcolo il corso del congedo (vv. 1-6), e il poeta ammette tristemente ma ora vedo / che nonostante tali manovre mentali / già si è perduto in pezzetti schegge sfrigolio / quel che credevo fosse il minimo / palpito del mio io (vv. 711) e conclude con la sera del dì di festa non più nel bar Hopper trapassa / con pochi patetici cinerei cicisbei: / furente tutto si rinnova tra cubiste e digei (vv. 32-34).

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La raccolta continua con Adempte mihi la quale è una litania sul vuoto della morte definita un ricadere di ceneri / appena velanti

ma infiltrate / ad ogni ammanco (vv. 1-3); questo titolo si

rifà al carme LXVIII di Catullo Tempore quo primum vestis mihi tradita purast, iocondum cum aetas florida ver ageret, multa satis lusi: non est dea nescia nostri, quae dulcem curis miscet amaritiem: sed totum hoc studum luctu fraternal mihi mors abstulit, o misero frater adempte mihi tu meat tu moriens fregisti commode, frater tecum una totast nostra sepulta domus, omnia tecum una perierunt gaudia nostra, quae tuus in vita dulcis alebat amor. Cuius ego interitu tota de mente fugavi Haec studia atque omnes delicias animi.2

In cui la morte del fratello è un LA “la” di diapason in cui lo riporta, fratello (la cui morte sarà l’argomento della successiva poesia) a crollar giù/ col / tendine che si strappa, / nel LA in cui solo ti percepisco (vv. 18-19). La morte del fratello è un poco lembo di spazi (v. 1) e un soffocante dover essere (v. 3) […]sempre più al largo e all’addiaccio (v. 5) , nella poesia Sopra i colli d’Este seconda parte di adepte mihi, è dover vivere e averne possibilità, ma essere recluso in un fatto ineluttabile, fatto che trova pace nel confabulio-saltellio di / paesaggi nel modesto, non distimici, per un attimo aprile (vv. 16-17), che colma di dubbio nella domanda è giusto questo rincorrersi nel futuro? (v. 24) […] come giri di vitree palline / i nostri cammini destini (vv. 34-35). Diplopie, sovrimpressioni è una poesia che ricalca il titolo della raccolta e affronta il tema molto caro a Zanazotto dei martiri della patria che lui ricorda il 30 aprile, anche se il giorno della liberazione ha come festa nazionale il 25 aprile, ma la rivolta armata partigiana liberò la zona della provincia di Treviso appunto il 30 aprile. Martiri, umili elementi / fratelli sacri alle invasioni dei venti, / è il 30 aprile, questo, è il vostro giorno (vv. 3-5) […] Martiri, mirabile / affanno di gioventù- / spari, sangue, non più, / nemmeno lapidi per voi, ma milioni / di leggerissimi globisoffi, devozioni / tra silenzio e voce (vv. 11-15). Un altro luogo della coscienza è Faèn che è luogo ossitono (coincidenza tra significante e significato) Faèn come punto-abbondanza, / di rivalsa e raccolta di fieno (vv. 1-2), di rifarsi di se 2

GAIO VALERIO CATULLO (traduzione a cura di Mario Ramous), Le poesie, Garzanti Al tempo della mia prima toga candida, quando / l’età fiorita si godeva la tua primavera, / mi abbandonai a vivere e certo lo sa la dea /che dolce e amaro mescola in ogni affanno d’amore, / ma tutto, tutto nel pianto la morte del fratello / ha cancellato. Ahimè fratello, fratello mio, / tu con la morte tu ogni gioia m’hai spezzato, / con te ogni mia felicità, che nella vita / tu dolce amore tu nutrivi, con te è finita./ E con la sua morte io ho bandito dalla mente / le mie fantasie, ogni piacere dello spirito.

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stesso, monti di fieni come immani risorse incontabili / incontrollabili inarrivabili, persino ingiuste (vv. 11-12). […] A Faén, dolce amico, c’incontravamo / ed in lungo blablibli qual semidivo ronzio / blablivamo blaviscettavamo incalzavamo / piccole cose italiane o peggio, cose della / nostra miseranda proloco italiana (vv. 37-41). Faèn è quindi un luogo di incontro e di memoria. Da Carità romane è una poesia che si riferisce ad un dipinto Il soggetto del dipinto in esame è tratto dai Dictorum et factorum memorabilium libri di Valerio Massimo che, nel capitolo relativo al De pietate parentes (V. 4, Ext. 1), narra la storia di Cimone e della figlia Pero. La scena vede quale protagonista la figura dell’anziano Cimone, ridotto in manette nella cella di un carcere perché in attesa di essere giustiziato. In quanto condannato a morte Cimone non poteva nutrirsi né ricevere visite: solo la figlia, Pero, era ammessa nella cella del padre. Domenico Manetti raffigura il momento in cui, raggiunta la cella, Pero offre all’anziano padre il nutrimento del proprio seno, volgendo timorosa la testa per non essere scoperta dal carceriere di guardia. La traduzione figurata dell’esemplare gesto di amore3

Ripercorso nella citazione si trova il gesto che portandoci in bocca / latte-veleno di sue glaciali mammelle / è” troppo tardi” in fessure di stagioni oblique / -eppure non c’è, non risuona alcun “tardi” giammai- ambientata in un ottobre-cristallo / mentitore, come tutto lo è qui- / quasi ferendo di beltà rancorosa / e amoroso rancore / tradiscono e inibiscono / in mille stordimenti / ma che cosa, ma chi? (vv. 4-10) Questo si unisce a quelle fittissime bacche rosse (v .1), forse pretesto letterario quei ramoscelli che si addensano in immote emanazioni di / paralizzanti spari (vv. 11-13) ed ecco le bacche invetriate fino a non avere più verbo alcuno (v. 19) che si trasforma in barbieminiwitches (piccole streghe) (v. 23) consumistiche. La successiva poesia della sezione inizia con Quel rosso che funge da connessione intertestuale con le bacche della poesia precedente e ritorna anche nel penultimo verso (rosso delle bacche) dando luogo ad una figura di circolarità non è forse la tua la mia / vicenda di ” corri, corri amore”, di angori / di altri sangui migliori / presenti in noi tutti (vv. 1-5), […] e di ogni segno che diversamente ci scanna /diversamente ci plasma? (vv. 8-9), quindi quel rosso delle bacche si antropomorfizza, fino a diventare nel finale un rossore tuo più intimo (v. 18); si può affermare che è una poesia “tinta di rosso”( bacche/sangue); la sezione si conclude con “OGM” che ha come tema l’elaborazione della natura (frankenstein) (v. 11 ) [...] una combinazione chimera / di vegetalità e torve / sessualità (vv. 24-26) divenuto stupro di sé e del tutto che ci circonda. Pagina 47funge da divisione tramite asterischi e pagina vuota. Nella poesia seguente, il poeta trova pace, un locus amoenus in Riletture di topinambur frutto dalle ottime qualità nutrizionali, mille burle

e saggezze in cui / svanisce ogni furto o trucco /

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La Carità Romana, http://www.mps.it/La+Banca/Visita+Virtuale/Sale+interne++Piano+terreno/Sala+del+Ciarlatano/La+Carit%C3%A0+ro mana.htm

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desofisticarsi di ogni giallo / di lunazioni, in altri bui / /*/ / Spargete tutt’intorno / semi incerti a manciate / fogliole o petali, cose vostre / trapassate subito riacciuffate (vv. 1-8) […] oggi i topinambur, pur se il loro concento / rilancerà domani istorie e fole(vv. 19-20) […] con voi partirò, topinambur / per meditazioni invisibili, acri, / su autunnali tranelli o avvalli / su adynata su mai (vv. 35-38), quindi una sosta di meditazione fantasticante basata sulla fruizione della natura. Il topinambùr appare nella poesia di Zanzotto anche nella raccolta Meteo del 19964 con Topinambùr e Altri topinambùr. Con Spine, cinorrodi, fibule si passa al tema della donna e del sesso che diventa gran cespuglio qui mai / mai prima d’ora individuato / così deduttivo combattivo attraverso attraverso / eppur così terribilmente lontano (vv. 1-4) […] eppure stento confinato / in una nicchia cruda d’inverno/ (vv. 10-11) […] ROSSE di rosecanine, carminio accanito / in forze clitoridiache / urticanti/eleganti (vv. 14-17) […] SPINE AI DENTI (v. 23) […] DINNE, TRAMANE, TU (v. 37) […] apoftegma / dinne quanto di bruto sia pure in questi / segni sulla mano che punta, annoda, duole / duole di rosacanina verso l’infinito rosacanina / duole di questa sua stessa / futilità/fatalità fertilità (vv. 40-44) un femminile rossore di spine e frutti. Nella seconda strofa quanto ormai su prati da se stessi disfatti / slittati fuori

slabbrati

tacitati (vv. 1-2) […] nel loro muoversi stare adagiare adorare (v.

4)[…] divisi disparsi dispersi / ognuno ostile ad ognuno (vv. 9-10) il poeta passa a rose già in fiore trasparenti / di inesistenze leggere, di distrazioni sussurrate (vv. 16-17), […] geyser d’eros paralizzati dal proprio / stesso èmpito, gemito contro / deliri d’infibulazione / intollerabili del gelo, dei più criptici / esorcismi, carmini, sofismi (vv. 22-26). Nella terza strofa intitolata infibulazioni, che sono dove mai si poté vedere / un getto di feroce grossezza (vv. 1-2) rosacanine fior d’odio d’eros per infibulazioni (v. 9) come si legge anche nella nota a questa poesia, arbusti di rosa canina, hiemalizzate ( quasi vaccinate ad essere inverno, contro l’inverno e per l’inverno) / miriadi corse in su, più in su / del niente più biaccato, più patinato, / benedizione / benedizioni / contro ogni infibulazione (vv. 16-21). La successiva poesia è Postremi luoghi del “Galateo in Bosco”; in questa si parla del bosco del Montello, luogo della memoria di Zanzotto, di oltre 80 anni di ricordi tra guerra, giovinezza, maturità, senilità e vita più in generale: un luogo in cui, quanta altezza ha raggiunto il silenzio / come torpidi fiati posati lungo ere / sui vaneggiamenti semivisibili di dossi e brughiere / in cui vaneggiai le storie infinite dei sangui (vv. 1-4), […] quanto colmo è stato questo indietreggiare nell’eterno / dopo vacue vittorie/sconfitte (vv. 8-9), […] silenzio a strati e strami / sul bosco lontano, ahi lontano in ogni direzione (vv. 16-17); […]BOSCO MONTELLO FICTIO / mentre si mutano segnaletiche / ed etiche di operazioni e disperazioni / ormai fuori portata di furti umani 4

A. ZANZOTTO, Meteo, Roma, Donzelli,1996

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(vv. 28-30). Ricordi della guerra e della vita nel fluire delle cose che rimangono tali identiche e diverse a se stesse come un fiume non varia il nome, ma scorre via. Del bosco, “pregno” del suo codice in Premessa oltre un ventennio dopo si denuncia lo stato di degrado, di quasi snaturamento rappresentato con la definizione BOSCO MONTELLO FICTIO per quel bosco lontano, ahi lontano in ogni direzione / via via vaporato da particolarità.5

Ancora una volta c’è ipotesto che richiama un’ intera raccolta precedente di Zanzotto appunto Galateo in bosco, ambientata nella collina trevigiana Montello alla quale Zanzotto è così affezionato. 21/3 equinozio di primavera è forze di furiosa bellezza (v. 1) […] e non beltà (v. 3) che qui trovano perielio in torve ragazze / ricciolate ricolorcaricate / a far svanire / in rapimenti solo al loro apparire (vv. 13-16) però la bruttura del bello / per essere troppo e dato / subito in pasto alle zanne / dei più terribili decibel (vv. 13-16) diventa momentaneo –ancora – delirio del niente / o semplicemente / tutto il carname meraviglioso e repellente (vv. 21-23). Ancora in cattiva luce è la desertificazione della sera del dì di festa. Questa desertificazione si ritrova anche in (After Hours), , che è una poesia d’onomatopee com’è onomatopea l’underground music che si ascolta in queste occasioni: alte favelle italiche / intagliolate o embrionizzate ovunque ma in sfarzo poi accorte/insorte / scivolavi come lava o braci diffondendoti, favella, e fondendo te stessa nel tutto / inguaribile del mondo, / nel maniacale insettirsi / di miriadi di nulla (vv. 4-11) […] in rese di giornali

libri al macero / in acidi

after-hours / di ossari e discoteche (vv. 26-28) […] acida di ogni acido (v. 29) […] tutto fuori da sé fluito / oltre ogni sida e sito (vv. 31-32) nonostante tutto a farsi locus amoenus (v. 33). Grava da una parte il silenzio dell’oblio civile e imperversa dall’altra il rumore di discoteche che costruite in desacralizzata prossimità agli ossari, dove il rito degli After Hours sembra l’ultima e definitiva ‘infezione’ contratta da sempre più devastato Montello tra ‘acidi’ alla ricerca di paradisi artificiali di un improponibile locus amoenus giunto ormai all’estrema degradazione.6

In Manes ribellioni vitalbe rimane la ribellione verso la vitalità del verde che è anche gioventù, virgulto: manes ribellione dei fondi / dei prati e delle forre / obnubilazioni che cedono-/ e l’inconciliabile || l’incoercibile / qui s’addensa, trascende /in fecondità estreme / da mille se stessi orientato alla prova (vv. 1-7) […] fondi– figure disarmanti – muti / teso venire incontro muti– / a

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Guglielma Giuliodori, Il Montello quel “mio allora futuro”, <<L’immaginazione>>, numero 230, (maggio 2007)p 48 Michele Bordin, Coro dei morti nello studio di Andrea Zanzotto, <<L’immaginazione>>, numero 230, (maggio 2007),p. 15 6

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orecchi dai secchi ossicini / per randez-vous clandestini (vv. 14-17) . La figura delle vitalbe appare già, nella poesia di Zanzotto, nella raccolta Meteo nella poesia Albe, manes, vitalbe. Fora par al furlan, attraverso il Friuli, presenta una citazione di magia antica: evoca i beneandanti che sono miti magici venuti a galla nell’esoterico umanesimo analizzati da Ginzburg; il Friuli è pure nel farsi e disfarsi / di prati pensieri spini arsi (vv. 2-3) […] dei piani montani primordi / non c’è nulla che valga / ad esaurire questa in immaginabile / vibralità (vv. 5-8) […] – come a un fossile film- alla tua vita / o beneandante (vv. 11-12). C’è un’ ulteriore divisione a pagina 67, 68 con tre asterischi. In da (Ore di crimini) , chl_rón è un verde virgulto estivo in cui nessun papavero ormai: precocemente: / nello stravolto affacciarsi di luglio (vv. 1-3) […] biancheggiando mortalmente (v. 6) […] s’avvantaggia / entro le immense pretensioni / e tensioni (vv. 12-14) […] è res mitissima / ma con un suo puntillo rosso (vv. 15-16) di papavero, è fatto nel suo apogeo di crescita, e che il poeta strappa ed asporta andando andando (vv. 21-22) […] entro questo verso / un verso mal sopravissuto (vv. 24-25). Questa poesia è campi di grano impressionistici ed impressionati in parole. L’altra stagione è un richiamo in cui ermeticamente il poeta si domanda dov’è sparita, o finalmente / essa è vera nel suo sparire, nel suo nuovo look, / nel suo essersi fatta esodo senza lacrime? / Ssst di echi di mille nulle cose / guscio o coffin di inaudibili addii / ma non è proprio così

il suo

puro esser qui? // In questi siti di noncuranza pallida / in questo strappo già avvenuto / in cui nessun futuro simula (vv. 1-9) e si fa luogo in un tempo che non c’è. Richiami alla genesi, alla religione cristiana ed alla tradizione musicale italiana in Per altri venti, fuori rosa, difatti il poeta inizia la poesia con due versi della vetusta canzone di Bixio e Cherubini vento, vento, portami via con te che si fa domanda a trascinarci e sfilacciarci / in mille e mille dissipazioni (vv. 5-6), seguita da un’ulteriore domanda in cui si chiede se finiremo, consustanziale sangue, / dissecati in mappe (vv. 7-8) […] persi sull’orlo di ignizioni? / O saremo, soltanto, (vv. 10-11) […] non-uomo non-natura, in fondo al fosso / Tohu e Bohu (vv. 14-15), ossia caos primordiale prima della creazione permanente nella relatività dei valori. Dirti “natura” rappresenta una natura cui parlare, che grande fu / poterti chiamare Natura– / ultima, ultime letture / in chiave di natura (vv. 1-4) […] che fu folla di nomi in un sol nome / che non era nome (vv. 8-9) (si rifà alla relatività del significato e del significante); porta al labbro l’ultima sfinita goccia di / possibilità di / dirti natura (vv. 10-12) […] ora talvolta in visura di loschi affari / fatta di bulbi oculari / incendiati / dal re di denari (vv. 23-26). Natura contro la praticità e la burocrazia. Che grande fu / poterti chiamare Natura- /[…] che fu folla di nomi in un sol nome / che non era nome / […] / ora travolta in visura di loschi affari / fatta da bulbi oculari / incendiati / dal re di denari,

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dove lo stravolgimento della natura è imputabile all’accecamento di chi agisce a fini di lucro senza alcuna coscienza ecologica.7

Nella successiva poesia Visura, che significa verifica catastale ed ipotecaria tendente ad accertare il valore economico dell’ immobile, quello che prima incombeva in Dirti”natura” e ora si rende palese e il mondo si fa puro dispetto verso se stesso, un ” mai” stizzoso / stizzito stinto sterpo / che non riesce, ma forse / fuoresce a irretire / un suo intimo / de-definire / sdefinirsi da sé( vv. 4-10) […] il mondo è l’altissimo ed il bassissimo (v. 14) […] è il capoverso che spezza /tutto l’esclamare ESCLAMARE (v 16-17). (Forre, fessure) si apre con un richiamo al paesaggio già dai primi versi, attraverso quale e quanto prostrarsi di prati / mi assesto e restandovi, trovo / la valle che per sacra fissura di roccia / porta al più profondo, mai sepolto, avvento (vv. 1-4), poi riprende lanternamagica di convulse / tesi subito revulse / e pacate in finzioni / in schemi d’interpretazioni / tra erbette buone e / fini induttivi palati / nutrizioni di pre-indagini / (oltre la fessura la porta) / paradiso d’indagini-alberi- (vv. 23-31). Importante la nota per capire il testo, la quale esplica che le forre e le fessure sono pieghe nascoste, relitti vivissimi di paesaggi resi estranei dall’abbandono umano, e ripresi poi. Ma forse ripresi in display o imbiaccati in foto. K_pos è una parola in aramaico che dà titolo a questa poesia: essa significa giardino, l’orto in cui divini / brillano in rari scintillii, rare ombricole (vv. 2-3) […] non indagabili nella loro essenza / nella loro radiante carezza-eleganza (vv. 7-8), ancora un richiamo alla natura come luogo di contatto con se stessi e con il Pan di Verso i Palù e la redenzione di “Ligonas” quella dispersa aiola di spine / e implacabili bacche rosse / come fuoco che mai s’estingua (vv. 13-15) […] giardinidiamanti / giardini-fonti / loci amoeni (vv. 18-19) […] loci a cui veramente mi protendo (v. 22). STRI-STRI è il risveglio della natura che stride, come uccellino di primavera, stridore di peschi di meli di mandorli / e persin di forsizie fattesi innocenti / in questo sconcerto di cento moti d’un parto beffardo / Stridi Strdi stridete alberi arbusti in fiori (vv. 8-11); continua e più tu, stridore dei greti di arsi torrenti / e più tu senza requie stridore (vv. 18-19) […] Stri-Stridi bellezza in corolle di anticipi venéfici (v. 22) Oscuro è il riferimento alla tortura dei sei carnefici nel penultimo verso e pure il fatto che le corolle si fanno anticipi venéfici. A pagina 85, 86 c’è una divisione della raccolta con tre asterischi. Su un nuovo campo di fagioli sbucato come madeleine su dai forami del remoto banco dati è un ricordo di un campo del fratello del poeta come è sottolineato nelle note, nel quale o fu gioia di soia- / o strana lana gitana- /no: PÈPI e NINI / e presto a cena / NINI ad uno ad uno degustati (vv. 7

Guglielma Giuliodri, il Montello quel “ mio allora futuro” , <<L’immaginazione>>, numero 230, (maggio 2007)cit. , p.48.

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17-21), interessante in questo segmento l’utilizzo del petél cioè il linguaggio dei bambini, annuendo a miriadi di destini / in quel lago di bianchi fiori di nini (vv. 25-26). In una resurrezione così tarda, im- / proponibile, ma / furiosamente / succellata mia proprietà( vv. 1-4). Dintorni natalizi è uno spaccato del Natale, Natale mordicchia gli orecchi / glissa ad affilare altre altre radure. / Lascia le luminarie / a darsi arie / sulla piazza abbandonata / col suo presepio di agenzie bancarie. / Natali così lontani (vv. 16-21). Questo è un riferimento alla bieca commercializzazione della festa. Nella poesia La maestra Morchet vive? nel ricordo ermetico di questa figura contraddittoria della pedagogia ingenua e necessaria il poeta si chiede: la maestra Morchet forse / ci fa segnali con lo specchio? / Aggirandosi nei guadi della terza età (vv. 4-6) […] essa- la sua – la nostra storia / ridiventa crisalide instabile / è più prossima a multivocali / alterità? (vv. 18-21) e si chiede pure: esiste davvero / questo punto X del magistero? / Chi davvero saprà darcene informazione (vv. 2628). Questa figura è già apparsa nella raccolta Fosfeni in una poesia con il titolo La maestra Morchet vive. Dieci sotto zero e rosa è una poesia incentrata su un colore, il rosa per l'appunto le nevi diventano color rosa-petalo / petalo d’alba glaciale / color rosa d’uovo pasquale / e che in giro immoto facevate da scale / a un’ancora lontana, ma evidente cometa…

HALE-BOPP (vv. 1-5) […]da

dove una simile avida Perfezione / e Semisonno del rosa e Indifferenza / e Calma del rosa? Banchetto di confetto. / Promessa del rosa.

Crudeltà del rosa-sposa (vv. 10-13). Più avanti la

rosa diventa Caina ed Ustrina, suggello di morte e freddo del basso inverno. Nella seconda parte di questa poesia segnalata da un numero romano si trovano ripetuti e volatili richiami del rosa / attraverso i fogli del calendario albale / confinati in sorpresa quali labbra ritrose (vv. 1-3) […] nel vetriolante eccesso, nel sovrappiù / furono-sono-saranno-non-saranno-mai-più (vv. 11-12). La poesia finisce con lo sprofondo in quel rosa / io bestemmio quel rosa / io risalgo nel mio aldilà di quel rosa / (vi invito vi respingo in quel rosa) / (vi annullo in quel rosa) / (industri, ci rifocillammo in quel rosa) (vv. 20-25). A pagina 97, con titolo su pagina bianca, inizia la sezione CANZONETTE ISPIDE : un ossimoro che accosta il tono leggero della canzonetta ad una materia intrattabile insita nel significato del termine ispido. La prima poesia di CANZONETTE ISPIDE è Primizie del primo mese in cui tra le nevi appiattate là dietro (v. 1) […] e l’accavallarsi di foie metalliche (v. 7), c’è la critica del vilipendio della natura fattasi traffici di ora di punta, poi a notte la profusione / che scaturì a stridere maligno del suo nome / a uccello maligno, (v 8-10) cioè la fenice, ci si trova in una Venezia pagana (v. 24) […]

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ingolfati là dietro / con le immemori nevi, in odore / di santità elettroniche da bar, / con aghi, pixel, pus, frustoli di stars (vv. 14- 17). Segue Stereo in cui il dialetto è utilizzato come luogo di incontro tra natura e tecnologia; questo rapporto ha come cifra lo stereo, il quale produce tuoni e saette. La poesia si apre con un richiamo a situazioni naturali (cito dalla traduzione italiana) ancora si gonfiano le matasse /le gran matasse d’acqua / che sembrano dar qualcosa / da bere e da mangiare (vv. 1-4). La parte finale è in lingua i suoi pozzi ora si allattano / e poi saran loro ad allattare (vv. 12-13) […] alza, alza, natura / il tuo stereo, moltiplica i toui cupi / cavernosi altoparlanti / tuoni e saette (vv. 19-22). È una natura meccanizzata che trova come ultimo verso un oscuro, nel contesto della poesia, motto latino attribuito a Nerone “qualis artifex pereo” (v. 29). Totus in illis riprende l’incipit della stira di Orazio Ibam forte via sacra che tratta di un momento di soprapensiero di Orazio il quale viene interrotto da un clientes, così come Zanzotto in quelle che belle / e quasi tenere ventose / erano le attenzioni / che cancellavano d’intorno / al punto vero tutte le altre cose (vv. 1-5) si perde in una piccola idea quasi dea (v. 10)[…] intorno è un senza-niente / che nessun baratro eguaglia (vv. 17-18) […] palpito-smalto / già di perente ere / dove niente è più alto (vv. 27-29) […] totus-totus / in illa insula immotus (vv. 30-31). In opposizione alla precedente poesia è Apocolocìntosi (in dialetto con traduzione a fronte) che inneggia ad una zucchificazione, alla schietta e leggera istintualità senza pesi: ma se giungessi ad una soddisfatta / zucchificazione/ davvero così burlone / e pacifico giocherellone / e bambinetto cicciotto ** come zucca (vv. 6-9) […] come una zucca finalmente essere / largo darsi, in mangiare e dire; / in zucca e basta, contadina e gentile / trasformarmi, morire…e in germogli partire (vv. 1417). ***in ore fora de man che ha come traduzione in italiano corrente dal dialetto veneto ***in ore fuori mano, però esse nell’indice sono separate. Questa poesia è la naturale successione dialettica di Apocolocitosi e di totus in illis in cui, in ore fuori mano / dentro il sottile dei quasi-nulla (vv. 1-2) […] con pensieri fuori mano / sgonfiati di ogni auto-importanza / ma (forse) intrecciati di una pura speranza (vv. 6-8)[…] ma impastati di un po’ di rugiada, / anche se alquanto scipita (vv. 11-12) […] non è tirarla in lungo e non è / mettersi davvero in un cantuccio dimesso / non è smettere di rodersi / di assaporasi il fiele (vv. 14-17). Poi girando la pagina ci si trova davanti ad altri 11 versi che per struttura sembrano autonomi poiché privi della processione del margine sinistro della precedenteparte della poesia ma che per tematica si allinea «Età provètta» in altre maniere e con altro / tipo di Entfremdung (o senso di alienazione a se stessi) (vv. 22-23) […] adesso, «età» tocco il tuo dormicchiare / e far addormentare tutto quel che c’è / ma con fiabe e sogni che si fan

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sopportare- / leggeri piccoli scuotimenti di testa / e delicati e non previsti balli di pensieri / ma – alla buona - «pesando pere»( cioè tentennando addormentandosi seduti). In Medusa in un freddo luglio c’è un riferimento ad una carissima coetanea / già brillante beltà, / eri nitida anziana / fin poco tempo fa (vv 1-4). Ma una malattia la colpisce: è giunto poi l’alzaimer / a trasformarti in smalto (vv. 5-6). In seguito nella poesia si trova un riferimento alla presa della Bastiglia e alle parole della Marsigliese per poi ritornare alla dura realtà della malattia: allons enfants –affrettati o vittoria / su un caro d’astrociti e di neuroni, / rifornisci memoria / su tutte le tue dannazioni (vv. 19-22) . Il richiamo nelle note al decimo canto dell’inferno, in cui Virgilio intima Dante a distogliere lo sguardo perché in pericolo di essere tramutato in pietra, è forse indice dello iato sentimentale del poeta Zanzotto nel constatare la malattia dell’amica. Con Proust al telefono è un riferimento a Proust che si tinge di modernità abusata, quale l’uso dei telefonini, dei fax e di internet quindi della modernità in generale: telefonini misteri gloriosi / di cui tranquilli abusiamo (vv. 1-2) […] fax che mi date un tuffo al cuore / quando parte il foglio in cui cadete (vv. 4-5), […] nei non nei sì nei ni nei nèi / nelle nicchie della rete- / rete di ali di pipistrello / rete in cui qual mosca / caduto mi sento (vv. 8-11). Luna starter di feste bimillenarie è una analisi critica verso le feste dei very important people: fotomodella d’altissimo rango / in piena forma sembriqu sta sera, / pur sempre amica Luna (vv. 13) […] ma di certo un lievissimo cachinno / ti sfugge mentre adocchi sulla Terra / formicolar la gente assatanata, (vv. 7-9) c’è poi un riferimento all’Ariosto riguardante Astolfo che striglia l’ipogrifo per recuperare il senno di Orlando, ma al mondo per le sue presenti mete, / non serve il senno, basterà la rete, (vv. 15-16) e la poesia si conclude con un indirizzo e-mail che è l’anagramma del cognome del poeta. L’ultima poesia di Canzonette ispide è Perché non posso chiamarte “vidison”, la quale presenta anche una versione in italiano corrente, divisa nell’indice. La versione in italiano corrente sopra al titolo presenta una scritta in corsivo: Bianche luci di vitalbe invernali. Le vitalbe, in dialetto vidison, sono degli arbusti rampicanti e definiti infestanti, le vitalbe sono / come viti ostinate e cattive / le vitalbe non sono / che per farne fascine e faville. (vv. 1-4) […] Le vitalbe soffocano e si aggrovigliano / come serpi e bisce e capelli pazzi che gridano (vv. 9-10) […] almeno in tre lingue frenarla / e scongiurarla questa pianta si deve / (senza sperare di riuscire a farcela) (vv. 13-15), è una forza del verde che è il chl_rón di da (Ore di crimini) che giovane e forte si apre strade inaspettate, con virulenza. Si apre a pagina 117 la sezione AVVENTURE METAMORFICHE DEL FEUDO, di cui la prima poesia porta il medesimo titolo. Si può considerare una summa dei temi trattati nel libro ma con una speranzosa luminosità questo quid novum come da sale di rianimazione / da strutture-letizie di 13


altre logiche / meno dementi di quanto si creda / di quanto si frustri o si conceda (vv. 10-13). Quindi un quid nuovo che nelle precedenti poesie è stato elaborato ed adesso si fa stile culturale di vita in cui fitti richiami spirano di filare in filare / e tra viti preziose quai numeri primi / in coordinazioni sublimi, / con elargizioni d’ombre e lume distillate / metricamente controllate (vv. 14-18) e sono orme d’armonia / in biscrome e crome di un passato / già salvato, di un futuro / qui ad ogni futurezza già maturo (vv. 27-30). Nella seconda sezione di questa poesia si parla dell’evoluzione culturale della festa: dove gli antichi CONCERTI CAMPESTRI / e i BANCHETTI GIULIVI e le lune indagate / con amori ben degni, poi per archi d’ere intere interratisi? Ma poi per fatti di supraluminalità (più veloce della luce) nell’epoca moderna tutto sfora erto / in un’iperbole che spacca e connette / ed è vertice / ed è stasi / ed è ricaduta all’indietro: / ESSERI qui e là irrelati, tra loro impossibili, / eppure mostruosamente, sacralmente sincroni / FEUDO VIPERATO E CRUDELE DI NATURAL CRUDELTÀ / e di mille piante e animali e uve fiorito com’era in beltà (vv. 1-13). Nella terza parte intitolata Uno vi fu, uno si parla del feudo antico e già condannato agli sbanchi / alla tecnica penitenza: / e dentro le sue cupissime vôlte la morte-vita / ordì / sempre più orge e ammucchiate e intrichi di catene alimentari / e ribaltamenti ad eterni ritorni / e riottosi formulari / in una regressione ad un maligno / e pure dirompente, svettante inizio / godimento e supplizio / di torve e disperate voluttà / fecondità (vv. 10-21). In questo segmento riprende la tematica di spine, cirrodi, fibule ma non è più infibulazione bensì voluttà/fecondità però senza la benché minima creanza/ del tutto / universale lurido usufrutto (vv. 43-45), fatto da cornacchie e perfino gabbiani mutanti / sozzure di alame vario, guano ed esaltazione / della signoria di quei frutti / così tanti farabutti, / glu glu glo globalità (vv. 38-42). Segmento richiamato nella quarta parte di questa poesia dai troppi inghiottimenti- o più facilmente / riuscita OGM da impasto pretecnico, destinale, / da ovovivipara, sacre palte, coito perineale. (vv. 18-20) La poesia termina con una quasi invocazione alla tolleranza e alla volontà di far crescere nella naturalezza la generazione analizzata in questo libro, riporto la traduzione in italiano, in quanto è in dialetto veneto. State accorti non mettetevi a strafare [gonfiare il pallone] / con tutti questi pali metallici, queste reti, queste viti così fitte ormai, / altrimenti col primo gran temporale / di questi tempi, / che per fortuna non vedrò mai / in fondo vien giù tutto, a rotoloni!/ Sul mio podere non posso lamentarmi / ma a tutti vi grido “State accorti”. // Ma forse io qui parlo, da morto, a morti. L’ultima poesia della sezione AVVENTURE METAMORFICHE DEL FEUDO e del libro è Topinambur e sole che è un richiamo finalmente rilassato dopo aver scorso tutta la globalità della globalizzazione e della mancanza di valori nella vita che si trova tutta nella parola “fictio” più volte ricorrente nel testo, questa si accantona nel motivo del topinambur: oggi il sole è bravo e giusto / è tornato un po’ indietro / ed è là che guarda col gusto / di guardar da vicino, / senza farli appassire, 14


i suoi fagiolini / topinambur // ed essi davvero ne combinano, storie, / inventando tipi e raggiere di giallo e dovunque mostrandosi con innocente sfacciata semplicità (vv. 1-9), che si ritrova tutta nell’ultima frase tra virgolette del testo : “Su, venite anche con me / all’osteria, a prendere un caffè”(vv. 18-19).

2.2 Considerazioni sul titolo il titolo Sovrimpressioni va letto in relazione al ritorno di ricordi e tracce scritturali e, insieme a sensi di soffocamento, di minaccia e forse di invasività da tatuaggio

Consultando l’accezione del lemma sovrimpressione secondo uno dei più accreditati dizionari della lingua italiana, vale a dire lo Zingarelli, si legge «impressione di due o più immagini sulla stessa pellicola»; la parola viene considerata appartenente all’ambito del cinema o della televisione. Le sovrimpressioni si intendano alla lettera o no, riguardano una duplice pertinenza: l’uso televisivo e cinematografico delle immagini sulle immagini, delle didascalie che scorrono simultaneamente alle immagini, e le impressioni sovrapposte, proprie dei linguaggi-codici-stimoli della nostra realtà, che si soprammettono gli uni sugli altri e arrivano strato su strato, in vari livelli, a configurare un referente fatto di congiungimenti, pezzi, correlazioni, e talvolta del tutto nuovo rispetto al previsto. Qui sta il punto cruciale della poesia di Andrea Zanzotto: porsi in ascolto e dare voce alla compresenza che spesso risulta eccedenza, di segnali diversi (la letteratura, la filosofia, la pubblicità, i fumetti, la tecnologia, la scienza, fino ai linguaggi infantili, gli acufeni, i fosfeni, i grafemi, e così via).[…]Si pone come bersaglio e cassa di risonanza dell’accumulo, della sovrimpressione, del segnale sul segnale, dell’interferenza, del frastuono e del silenzio, ovvero di interi universi del Senso che sono portati a riconnettersi nel movimento-galassia del pensiero. Egli attraversa così i linguaggi innumerevoli, misti, reali e virtuali della contemporaneità.8

Questo significante viene associato nel titolo di una poesia della raccolta con la parola diplopie: difetto visivo per cui si vedono doppie le immagini; la poesia in questione (p. 37) è inerente alla liberazione dei territori italiani dal regime nazifascista, Zanzotto però pone come data del festeggiamento della liberazione, invece che il 25 aprile, il 30 aprile, la data in cui lui attivista ha 8

Luigi Tassoni, Caosmos. La poesia di Andrea Zanzotto, Roma, Carrocci, 2002 pp 18-17.

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festeggiato l’evento per la provincia di Treviso. Questo accostamento della sovrimpressione dell’esperienza personale con la data storica dell’evento è indicativo del fatto che, come in questa poesia anche nel libro il poeta sovrappone le immagini del passato, della sua esperienza nei suoi ricordi, nella sua etica, ad una rivisitazione e commento della situazione odierna. Questo fatto ricorre nella raccolta in cui, seppur per la maggioranza del testo mantenga un soggetto indefinito, in alcuni punti emerge la figura del poeta, in modo più o meno evidente, il quale come ogni autore filtra la materia trattata secondo il suo io, esempi di questo si possono notare nei primi versi di Ligonàs ( prima e seconda parte) o in Adempte mihi in cui al pensiero della morte si sovrappone quello personale della morte del fratello, oppure nei luoghi di Faèn che si formano come luoghi verosimili o inverosimili, ma della memoria; fino al porsi come poeta-vate in Sere del dì di festa, (After hours) e altri. Molto di questa raccolta gioca sulla relatività della cognitività, in cui uno stesso oggetto visto da due persone diverse può assumere un significato diverso, poiché ambedue i soggetti osservanti possono avere dei legami esperienziali diversi per quanto concerne quello stesso oggetto e nel vederlo possono provare e pensare cose completamente diverse, nel sovrapporre la propria esperienza all’immagine dell’oggetto in questione: così nascono poesie come Riletture di topinambur o Spine, cinorrodi, fibule o Vitalbe le quali sono qualcosa che rimanda ad una tematica o un giorno che si fa epifania dell’io del poeta come l’equinozio di primavera o il Natale o come in altre poesie riappare la figura dell’autore come esperienza o come giudizio sulla tematica affrontata. Queste <<emersioni>> o comparse potremmo chiamarle, prendendo in prestito la formula da Jacques Lacan, <<lembi di reale>>, sempre che per Reale s’intenda non la realtà quotidiana, palpabile, attraversabile, ma qualcosa che non può essere penetrato sino in fondo, spiegato dalla parola, perché tale sorta di oggetto non attende nulla della parola.9

Dando il titolo Sovrimpressioni alla raccolta Zanzotto vuole quindi mettere un accento sul fatto che nel suo scrivere si sovrappongono appunto il se stesso e la materia trattata, i suoi ricordi ed emozioni con le tematiche, che alla fine dei conti solo il poeta può vedere nella loro completa ed effettiva storia e disgiunzione.

2.3 Tema del libro Il libro Sovrimpressioni ha come tematica principale il rapporto dell’uomo poeta con il suo mondo. Da qui si dipanano varie tematiche che vengono trattate da una o da più poesie. Il poeta Zanzotto è innegabile che trovi pace e rilassatezza col rapporto con la natura e col paesaggio come si evince già dai versi delle prime poesie cioè in Verso i Palù e Ligonàs: una natura 9

Elzeviro, Zanzotto: versi da un paesaggio, <<Corriere della sera>>,10 luglio 2001, p.33.

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redentrice nel suo rapporto con il nocciolo originale dell’essere umano e con, di sicuro, la giovinezza del poeta. Questo diventa un hortus conclusus o k_pos in cui riassaporare semplicità nel rapporto fra io e tutto. Ma non si può considerare come tematica unica del libro il paesaggio, come si fa in alcuni commenti alla raccolta Sovrimpressioni quali recensioni incontrate nella rete10, se non considerandolo come ricerca della atavicità del rapporto con il genuino,il sano, il verde, che è messo in pericolo dalla invadenza della tecnologia e della modernità a tutti i costi : da tempo infatti la <<glu glu glo globalità>>, <<con aghi, pixel, pus, frustoli di stars>> si è presa la Terra11. Così nasce un rapporto con il genuino e il verde nelle poesie in cui si cita il Tarassaco (taraxacum officinale, detto anche dente di leone), vitalba (clementis vitalba chiamata per la sua forma avvinghiante “legabosco”), papavero, il popolare rosolaccio, rosa canina e il solare topinambur. […]Sono un itinerario con la vicenda etico-poetica che attraverso la fenomenologia vegetale si addentra nei recessi della psiche, nel complesso ambivalente e sofferto mondo dei luoghi, dei segni e dei significanti. […] Che i fiori rappresentano nella poesia di Andrea Zanzotto i frammenti, le residuali manifestazioni minime del paesaggio, quasi una sorta di lenzuolo funebre?12

L’apprezzamento dell’aurorale si fa evocazione di antichi rituali in fora par furlan ed il verde si fa res mitissima e sigillo di sé in da (ore di crimini)nel mondo meccanizzato e svenduto. Questa continua ricerca dell’aurorale porta anche l’autore ad un ritorno in se stesso nell’uso del dialetto e nella apocolocìntosi, una felice zucchificazione, nella genuinità che trova una sua cifra in “su, venite anche con me /all’osteria a prendere un caffè” Ritorno al parlarsi al rapporto tra persone e cose più genuino non alienato ed alienante, non sofisticato da mille macchinari utili ed inutili quali il telefonino, il fax, internet, i decibel delle casse delle discoteche evidenti in Con Proust al telefono e luogo letterario di natura meccanizzata in Stereo. Zanzotto è contro quindi l’ondata di globalizzazione e di corsa verso il niente, è contro il capitalismo consumistico teso a creare sempre nuovi bisogni per alimentare il mercato, al quale si oppone con la pubblicazione sofisticata ed elegante di questo libro come anche altri nel suo passato che si fa esperienza e spunti ragionativi, di sovrimpressioni. Inoltre il titolo è indice della modalità di scrittura nel libro che è un sovrapporsi continuo tra la esperienza del poeta, il suo io, e la materia trattata in un piano sfalsato tra passato e presente che si sofistica nell’evocazione del verde e del dialetto, nel rifocillarsi nell’aurorale. E arriva a porsi come

10

http://www.zam.it/3.php?libro=8804479078&id_autore=95 Redazione Virtuale, http://www,italialibri.net/opere/sovrimpressioni.html, Milano, 21 maggio 2003. 12 Costanza Lunari, Botanica e sconfinamento ,<<L’immaginazione>>, numero 230, (maggio 2007)cit., pp. 52-53. 11

17


poeta vate in molte occasioni vessillo contro la modernizzazione, anche se è un’accezione che egli ha sempre rifiutato. Tema principale della poetica zanzottiana, inclusa la raccolta dal titolo Sovrimpressioni è l’amara consapevolezza del “ c’era una volta”. Di quei paesaggi naturali estintisi sotto le mani dell’uomo, di quella trasformazione della natura. […] Di quello che non è, che non c’è. Che c’era ed adesso non c’è più.13

13

Maurizio Chierici, http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-10458.html

18


Capitolo 4 Analisi della poetica 4.1 Introduzione al capitolo In questo capitolo prenderò in considerazione alcune poesie scelte in base alla struttura poetica e le analizzerò puntualmente, nella struttura, nella partitura fonosillabica, nella analisi sintattico lessicale del testo , con un commento finale; ed andrò a unire le informazioni ottenute per dare una panoramica della poetica utilizzata nel libro in questione. Ho utilizzato in questo capitolo delle convenzioni grafiche per rendere la fruizione più leggibile, le poesie presentano ad inizio rigo la segnalazione della lunghezza del verso nel numero delle sillabe e inoltre è segnalato se si tratta di un verso doppio, e se un verso ha una rima a fine rigo con un altro; nelle poesie ho evidenziato la ripetizione di una parola e la rima tra le parole del testo con il carattere maiuscolo, e la presenza di una assonanza o consonanza con il carattere corsivo.

4.2 Analisi e commento a “Verso i Palù” 4.2.1 Poesia

5

VÈRSO I PALU’

4

o Vàl Bòne

8

minacciàti di estinzióne

I 11

“Sono luòghi fréddi, vérgini, che

5

allontÀNANO

10

la mÀNO dell’UÒMO”- dice un UÒMO

A 14

trìste; eppÙRE égli è assòrto, assùnto in ÉSSI.

9

Intrécci d’àcque e desidÈRI

B7

d’ARBORESCÈNZE pÙRE

1

5

19


7

dÒMINO di mistÈRI

A13

cadÉNTI consecutivaménte in se stÈSSI

11

attiràti nel fólto del finÌRE

B11

SÈNZA FÌNE, SÈNZA FÌNE avventÙRE.

10

II C7

Sciòglilìngua per ÓGNI

C7

spècie dei VÉRDI sÓGNI

D 11

d’àcque bén circuìte e circuÈNTI

E9

con altézze d’inflorescÉNZE

10

leggERE fìn quàsi all’invisÌBILE -

E8

VÉRDI intÉNTI a conoscÈNZE

F9

impossÌBILI, ventilATE

F6+6

dalle raggiÈRE radiànze dell’estÀTE.

15

III 5

SPÈCCHI del Léte

A8

qui riposànti in se stÈSSI

G9

tra mÌLLE fratèlli e sorÈLLE

H5

SPÈCCHI del VÉRDE

D7

ad accòglierli attÉNTI

G8

fìno a disfàrsi in scintILLE

E 11

a créscERE in cèrchi d’ARBORESCÉNZE

I3

20

25

per TÒCCHI

D3

di vÈNTI

I6

di trepidi ÒCCHI.

2

- Pan

4

dòve séi?

2

-Sì.

30

IV 20


10

Fulgore e fùmo, più che palùstre

H 2

VÉRDE,

10

àcqua nel VÉRDE persìno frìgida,

5

fa ch’ìo t’interròghi

9

ripetutamÉNTE, perché

11

nel tùo silènzio si aggìra letìzia.

35

4.2.2 Struttura La poesia si apre con un sottotitolo di 2 righe, si può notare inoltre che è divisa in 4 strofe segnalate da numeri romani. La prima strofa inizia con 3 versi che presentano una progressione verso destra del margine ed è composta di 10 versi che presentano 4 rime. La seconda strofa è composta di 8 versi e presenta 6 rime di cui 4 baciate. La terza strofa è composta di 13 versi di cui 9 rimanti, al rigo 26, 27, 28 si trova un’ulteriore progressione del margine sinistro di scrittura che va aumentando. L’ultima e quarta strofa è composta di 6 versi e non presenta rime a fine verso se non una ripetizione della parola verde.

4.2.3 Partitura fonosillabica Analizziamo le rime che ricorrono lungo la poesia, si ha che rimano tra loro: allontanano, mano che è una rima per l’occhio ai versi 2 e 3; pure e avventure a fine verso 6 e10, precedute da eppure in rimainterna al verso 4; stessi ed essi a fine verso 4, 8 e 20; arborescenze, inflorescenze e conoscenze a fine verso 14 e 17; cadenti, intenti, circuenti,attenti e venti a fine verso 13, 23, 27; tocchi e occhi a fine verso 26 e 28; ventilate, estate in rima baciata; ogni, sogni in rima baciata; allontanano, dòmino, impossibile, invisibile, impossibili, frigida sono rime sdrucciole. Le assonanze che si trovano maggiormente nella poesia sono date da vocali quali “i/e”: triste e dice si susseguono nei versi 3 e 4, finire e fine (legate anche da figura etimologica)nei versi 9 e 10, circuite, mille, scintille; dalle vocali ”e/i”: freddi, egli ed essi e intrecci e desideri nei versi 3, 4 e 5, misteri e cadenti e stessi ai versi 7 e 8, circuenti, verdi e intenti al verso 16, specchi e stessi e fratelli al versi 20, 21, 22, accoglierli e attenti al verso 23, cerchi, venti, sei; dalle vocali ”e/e”: arborescenze, consecutivamente, altezze, inflorescenze e leggere nei versi 14 e 15, conoscenze, raggiere, Lete, sorelle, verde, crescere, ripetutamente;con le vocali “u/e”: eppure, pure, avventure, palustre; con le vocali ”o/i”: luoghi, sogni, ogni, tocchi, occhi, interroghi; con le vocali ”i/o”: fino, 21


io, perfino; con le vocali “o/o”: sono, assorto, folto; con le vocali “u/o”: assunto, tuo, fumo; con le vocali “a/i”: attirati, quasi, riposanti; con le vocali “a/e”: acque, ventilate, estate; con le vocali “a/o”: allontanano e mano uno di seguito all’altro nei versi 2 e 3. Le consonanze che si possono ritrovare nel testo sono: con la consonante”n”: sono e vergini e allontanano e mano nei versi 1 e 2, , persino, fine, fino; con la consonante ”r”: eppure, pure, misteri, finire, avventure, leggere, raggiere, crescere, fulgore, aggira; con le consonanti “n/t”:cadenti e consecutivamente al verso 8, circuenti, intenti, riposanti, attenti, venti, ripetutamente, assunto; con le consonanti”n/z”: arborescenze, inflorescenze, conoscenze, senza, radianze; con le consonanti “g/h”: luoghi, interroghi; con le consonanti “c/c”: intrecci, occhi, tocchi; con le consonanti “g/n”: ogni, sogni; con la consonante “t”: ventilate, estate, Lete; con le consonanti “s/s”: essi, stessi; con le consonanti”l/l”: mille, fratelli, sorelle; scintille. Da notare l’annominazione tra assorto, assunto, essi nel verso 4, che ha come cornice la rima alternata in eppure, desideri, pure, misteri e la consonanza di base “n/t” e “n/z” d’assunto, arborescenze, consecutivamente, cadenti seguiti da una rima tra il verso 4 e il verso 8. Come pure è da considerare la consonanza battente di mille, fratelli, sorelle nel verso 21, è preziosa perché incastonata in un gioco di assonanze/consonanze particolare:la strofa inizia con specchi che è in anafora due versi dopo ed in assonanza nel verso successivo, con stessi e poi con fratelli, Lete trova corrispondenza in sorelle e verde, la assonanza “e/i continua con accoglierli ed attenti e mille si unisce in rima con scintille, in seguito riprendno le assonanze “e/e” “e/i” fino a terminare la strofa con la rima tocchi/occhi . Se in questa rete si considerassero anche le rime siciliane tutte le rime troverebbero ancora più risonanza. .

4.2.4 Analisi sintattico lessicale Nella prima frase che potrebbe essere una citazione o un discorso diretto si possono avere due differenti interpretazioni: la mia incertezza, infatti, è se sono sia un predicato nominale con soggetto sottointeso essi e quindi luoghi freddi sia il complemento predicativo del soggetto; oppure se sono sia predicato verbale con anacoluto di ci e che quindi luoghi freddi sia il soggetto con inversione con il verbo. Da notare che la mano al verso 3 può essere considerata una sineddoche. Alla fine dei primi 3 versi si possono notare tre enjambement tra che e allontanano e tra allontanano e la mano, e tra uomo e triste. La seconda anfibologia che ho riscontrato è nel quarto verso: infatti assorto può essere considerato come participio passato di assorbire con il significato di essere profondamente intento in qualcosa, oppure come participio passato ormai in disuso di assurgere che ha il significato di levarsi in piedi. Questo doppio significato si può ritrovare anche in assunto che è sia participio passato di assumere 22


con significato di preso come parte lavorativa di qualcosa; oppure con il significato ciò che si deve dimostrare. Inoltre, riguardo a questa paronomasia tra i due termini assorto e assunto, Maria Elisabetta Romano scrive […]Non ostante la non fungibilità di questi luoghi questi suscitano un’attenzione di qualità non conoscitiva (l’essere assorti) che si trasforma nella sacralità dell’assunzione: la paronomasia non è casuale.14

Inoltre si può riscontrare in intrecci al verso 5 un doppio significato cioè o di complesso di elementi legati tra loro, che si legherebbe significativamente ad acque, oppure come trama di un romanzo, che ha sua corrispondenza in desideri. Inoltre anche la parola pure nel verso 6 può avere il significato di “anche” e quindi porre un enjambement con il verso 7, oppure può significare “purezza”. Un altro dubbio di interpretazione si ha tra il verso 8 e il verso 9: si potrebbe avere un enjambement tra i due versi cioè in se stessi attirati sarebbe unito e quindi avere il significato di attirati verso di sé nel folto del finire, oppure attirati potrebbe essere riferito a domino di misteri, che forma un interessante metafora, od ad intrecci d’acque e desideri attirati nel folto del finire. Sempre la Romano riguardo al passaggio tra i versi 5 – 10 scrive: Dove all’immagine dell’acqua intersecantesi con la vegetazione pura e desiderante che la circonda risponde quasi anteticamente quella del domino e al piano orizzontale e come osservato dall’alto segue quello della caduta lucreziana del mistero vegetale in sé. Le rime [ desideri misteri pure avventure] congiungono e legano i due piani, mentre il parallelismo con rima «assorto, assunto in essi» con «cadenti consecutivamente in se stessi» ed il rispettivo infittirsi del tessuto ritmico-fonico legano l’uomo / triste con i misteri quasi anagrammatico. Zanzotto stesso […] cita in relazione ai «depressi i malati di acedia» il dantesco «noi tristi fummo / nell’aer dolce che del sol s’allegra», e quindi sembra che «dice un uomo / triste» nell’autocitazione iniziale sia un raffigurarsi nell’angolo del quadro.15

Il per nel verso 11 potrebbe essere un avverbio di moto attraverso luogo o finale o modale, in ogni caso c’è un enjambement tra il verso 11 e il seguente. Specie potrebbe avere il significato di aggruppamento omogeneo di individui ai fini della classificazione, oppure di qualità, oppure di aspetto esteriore, o di sorpresa.Verdi nel verso12 può essere il colore verde o le piante per metonimia, oppure giovanile, in ogni caso può essere considerato una allegoria. Un’ulteriore anfibologia si trova in leggere che può essere di scarso peso oppure riconoscere dai segni della scrittura le parole e comporne il significato. Inoltre anche intenti può essere considerato come fine, scopo o concentrato. Conoscenze ha il significato di cultura o di persona incontrata o di 14

Maria Elisabetta Romano, a cura di Gilberto Pizzamiglio, Verso i Palù: i due testi brevi, in, Andrea Zanzotto tra Soligo e laguna diVenezia, p 25 15 Ivi, p 26.

23


facoltà di conoscere o di rapporto sessuale. Ventilato ha il doppio significato di areato o di progettato. Nella terza strofa specchi possono essere oggetti che riflettono o specchi d’acqua, con valenza di metonimia. Attenti potrebbe essere il suono d’allarme, o la posa militare, oppure avere il significato di impiegare ogni facoltà fisica o mentale. Disfarsi potrebbe essere ridursi in pezzi oppure liberarsi di qualcosa. Mentre tocchi potrebbe essere o suono o contatto oppure indicare i pazzi. Nella quarta strofa frigida potrebbe significare fredda oppure avere valenza sessuale. Un’altra figura allegorica è quella di Pan che indica la divinità greca delle montagne e della vita agreste. Ci sono alcune parole ripetute nella poesia ed è bene analizzarle. La prima parola di questo gruppo è uomo che forma quasi un’anadiplosi . Arborescenze è ripetuto al verso 6 al verso 25. Senza fine forma una epanalessi nel verso10. “Verde”e “verdi” è ripetuto più volte nel corso del componimento al verso 12, 16, 22, 33, 34. Specchi si ripete nel verso 20 e nel verso 23 in anafora.

4.2.5 Commento Questa è una poesia sul rapporto tra uomo e natura: questi, infatti, sono i due protagonisti di questo componimento. Però il vero soggetto agente è la natura, infatti l’uomo è sempre o posto come oggetto o come soggetto passivo di questa forza: sono luoghi freddi[…]che allontanano la mano dell’uomo, eppure egli è assorto, assunto in essi,[…] fa che io ti interroghi. A parer mio proprio nella anfibologia evidenziata dall’annominazione al verso 4 va ricercato il senso intimo della poesia: l’uomo, anche se allontanato dalla natura inospitale di questi luoghi ne è parte contemplativa che assurge a levarsi in piedi di fronte ad essa e ne diventa modificatore attraverso l’opera lavorativa, però afflitto davanti a questa forza ed alla sua esistenza divina, domanda senza risposta e nel silenzio della natura trova letizia, nella pace della causa ed effetto nella contemplazione del verde, parola così fondamentale in questo componimento da essere ripetuta ben 5 volte. L’uomo e la natura si uniscono e si compensano l’uno nella contemplazione e nella vita e l’altra nella esistenza come si può estrapolare dal verso 5 intrecci d’acque e desideri, in cui la doppia valenza della parola intrecci trova la sua chiusura nel verso 10 senza fine, senza fine avventure; la natura pone davanti alla mente dell’uomo domande senza risposta che, quasi come una spirale, si riavvolgono in sé stesse trovando un punto di arrivo nella fine o nella morte come può essere visto nei versi 7, 8, 9 domino di misteri / cadenti consecutivamente in sé stessi / attirati nel folto del finire. Ma sono misteri che non possono essere scoperti e che assorbono nella contemplazione come si può evincere dai versi 15, 16, 17 leggere fin quasi all’invisibile / verdi intenti a conoscenze / impossibili, ventilate. 24


Così gli intrecci d’acqua si trasformano in specchi del Lete fiume dell’oblio, della morte, della ricongiunzione col tutto che viene invocato pochi versi dopo - Pan / dove sei? I misteri della natura e della morte che rendono ansiogena tra le righe questa poesia si chiudono con quella interrogazione senza risposta, nel porci di fronte alla contemplazione che dà la letizia, la quale va interpretata nella sua valenza latina di laetus cioè fruttifero cioè concimato, che dà frutto sia materiale che spirituale. Inoltre è d’interesse questa poesia poiché propone più di qualche anfibologia creando un oscillare di significanti e significati.

25


4.3 Analisi e commento di “sere del dì di festa” 4.3.1 poesia Sere del dì di festa 14

(E’ un pùro àutosufficiENTE luògo letteràrio

11

E’ una purézza che NON chiède avàlli

A8+8

E’ un avàllo ad un àcme dello stésso richiÈDERE

B6+6

E’ DÈI/IN avvènto/IN fùga/IN disguÌDO

B9

in etèrno ritòrno al nÌDO)

C11

TÙTTI gli DÈI del TRENTÙNO GENNÀIO

11

si sòno quì in ÀTTIMO affollati

5

qui nelle estrème

C7+7

LÙCI, strÀSCICHI, fòrze del TRENTÙNO GENNÀIO-

11

gli DÈI e ciò che è ostìle àgli DÈI

7

NÒI NON-DÈI c’intagliàmo

A10

a quésti diktat lèggi ed esÈRCITI

A11

di beltA’ invincibilmÈNTE cÀNDIDE

6

attonìte a sé

7

da sé stèsse distràtte

15

.

1

5

10

15

traÈNTI dòni di inerrabilitA’ nel narrÀRE

D8

tùtta la lòro ridÈSTA

D12

fragrànza dÒGLIA e vÒGLIA di SERA-FESTA

P15

A TÙTTI gli DÈI del TRENTÙNO di quESTO TRENTUNO:

A7

allìgna un gÈSTO unÁNIME

A7

da èssi inseparÀBILE,

E6

scàtti/scàrti/frÒNTI

E7

assestamÉNTI in mÒNTI

F10

per un’eternitA’che si chiAMA

F12

a shock a sbàlzi, péso nitIDO, brAMA

C12

lùstro e violÉNZA del TRENTÙNO GENNÀIO

20

25

26


D8+8 16 11 7+7 11 13 17 14 A7+7

Dall’ ÀPICE del TRENTÙNO, di GENNAIO, FESTA-sera MI LÀSCIO vÉNDERE, macellÀRE, distribuìre MI LÀSCIO, gloriòso, scaltro, rinASCERE MI LÀSCIO singolmENTE ciecamENTE, altrimENTI,

30

deflÉTTERE ripensÀRE, ritrÀRRE TÙTTO SI ÀPRE A SBARÀGLIO

di LUCI-lotte

rùpi di glacialitA’si vàrano da sé esalate: ovùnque, SÈNZA ripàro, SÈNZA stàsi-trègua dolcÌSSIMA durÌSSIMA voluttA’ epifÁNICA

A16 17 5 13

35

emarginànte-CÒRRI CÒRRI- o giA’ essa è mÀRGINE con NÒI

marginali non magnÀNIMI distìmici tipi,

ma fòrse, un pòco, soffiÀTI in infilàte nivali di fATI

4.3.2 Struttura S’incontrano alcune rime baciate tra il verso 4 e 5 tra il verso 21 e 22 e tra il verso 23 e 24, ma il resto dei versi sono per lo più irrelati. Si può notare dal punto di vista dell’impaginazione che il verso 5 ha il margine sinistro avanzato come anche i versi 13, 14, 15, 16, 17 e 18 e i versi 22, 23, 24, 25, 26. Mentre i versi 27, 28, 30, 31 presentano un margine sinistro progressivamente avanzato come pure i versi 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39. Da notare che il verso 32 è scritto per la maggior parte in maiuscoletto. Inoltre è bene evidenziare che al verso 32 e al verso 37 ci sono due spaziature ampie tra la parola sbaraglio e di e tra le parole noi e marginali. Si può notare anche che la poesia è divisa in 5 parti da una riga bianca. Considerando la struttura della poesia mi sono permesso di aggiungere una partizione tra il verso 18 ed il verso 19, non evidenziata nel libro poiché coincidente con il cambio di pagina, ma analizzando la poesia e trovando che ogni primo verso delle divisioni già attuate dal poeta si riferisce al 31 gennaio, citandolo tranne nell’ultima strofa, inoltre considerando che vi è un chiaro cambiamento grafico e la maiuscola a capoverso del diciannovesimo verso, ritengo che sia una scelta obbligata per rendere la poesia come è in versione originale come è stata pensata quindi nella mente del poeta. 27


4.3.3 Partitura fonosillabica Si possono trovare più di qualche parola che ha un legame di rima desinenziale: autosufficiente con invincibilmente, singolmente, ciecamente; beltà, inerrabilità, eternità, glacialità, voluttà; rime grammaticali sono: vendere, richiedere con deflettere; macellare, ripensare; dolcissima, durissima. C’è rima ritmica sdrucciola tra attimo, strascichi, eserciti, candide, unanime, inseparabile, apice, epifanica, margine, magnanimo. Rimano tra loro anche: disguido, nido, nitido; traenti, altrimenti, assestamenti; ridesta, festa; voglia, doglia; questo, gesto; fronti, monti; chiama, brama; violenza, senza; soffiati, fati. Si ripetono le parole: è (per quattro volte), non, tutti, dei (per quattro volte), 31, gennaio, sera-festa, mi lascio(per tre volte), senza, corri e noi. Ora andrò ad analizzare le assonanze che si possono riscontrare nella poesia. Quelle con il suono “e/e” sono: autosufficiente, chiede, nelle ed estreme al verso 8 , invincibilmente, stesse, vendere, rinascere, singolmente e ciecamente al verso 30, deflettere; con il suono “e/i” sono: dei, leggi, essi, altrimenti; con il suono “e/o” sono: stesso, avvento, eterno, questo e gesto in rima tra il versi19 e 20, peso; con il suono “o/o” sono: luogo, ritorno, sono, loro, glorioso; con il suono ”o/e”: forse, forze; con il suono “i/o”: disguido e nido in rima nei versi 4 e 5, attimo, nitido; con il suono “a/i/o” sono: letterario,gennaio; con il suono “i/i” sono: eserciti, distimici, strascichi, tipi; con il suono “i/e” sono: ostile, candide, attonite, distribuire, margine; con il suono “e/a” sono: purezza, ridesta, sera-festa, violenza, senza, essa; con il suono “a/i”: avalli, agli, stasi, sbalzi, scarti, soffiati, scatti, nivali, sbalzi, fati; con il suono “o/i” sono: doni, fronti, monti. Con il suono “u/a” sono: fuga, tregua, una, tutta; con il suono “u/i” sono: luci, tutti, rupi; con il suono “a/e” sono: acme, macellare, ripensare, ritrarre, emarginante; con il suono “a/o” sono: varano, riparo. Analizzando le consonanze si possono trovare con il suono “r” : letterario, richiedere, narrare, loro, sera, vendere, macellare, distribuire, rinascere, deflettere, riparo, ripensare; con il suono “n/t”: autosufficiente, avvento, invincibilmente, singolmente, assestamenti, ciecamente, altrimenti, fronti, monti, traenti, marginante; con il suono “d”: chiede, disguido, nido, candide; con il suono “l/l”: avallo, avalli; con il suono “r/n”: eterno, ritorno; con il suono “m”: attimo, estreme, intagliamo, unanime, chiama, brama, durissima, dolcissima, magnanimi; con il suono “t/t”: tutti, tutta, scatti, tutto; con il suono “s/s”: stesso, stesse, essi, distratte, essa: con il suono “t”: eserciti, attonite, esalante, soffiati, infilati, fati; con il suono “s/t”: ostile, festa, questo, ridesta, gesto; con il suono “n/z”: fragranza, violenza, senza; con il suono “g/l”: doglia, voglia, sbaraglio, gli. Ritengo opportuno analizzare i primi versi della poesia. A parte l’anafora dell’è accentata che dà un ritmo al prosieguo dei versi, è un susseguirsi di processioni lessicali importanti anche dal punto di 28


vista musicale: puro e purezza, avalli e avallo, ed inoltre l’anafora/climax del verso 4 e 5 dà un battente finale alla strofa. E’ da notare l’assonanza autosufficiente, chiede, richiedere, come pure la ripetizione d’alcuni suoni vocalici: “o”, “a”, “i”, “e” che si susseguono in omotonia in alternanza quasi musicale nei primi 5 versi.

4.3.4 Analisi sintattico lessicale La poesia inizia con l’anafora della parola è ripetuta nei versi 1, 2, 3, 4 che s’incrocia con un climax che si forma con l’anadiplosi di puro e purezza e quella tra avalli e avallo e finisce con un anticlimax che procede nei versi 4 e 5 con l’anafora della particella “in” impreziosita dall’utilizzo di una barra spaziatrice “/” che può indicare o una scelta multipla o un a capo di verso, la strofa si chiude con una rima baciata che funge da chiusura della sezione. Il verso 6 è una sorta d’anafora che si ripete al verso 9 e al verso 20 e al verso 26 e 27, con delle variazioni. C’è una diafora al verso 10 del sostantivo dei essa è una parola che viene ripetuta spesso nella poesia, potrebbe avere una valenza allegorica o di metafora , ma ad essere sincero non riesco a capirne il significato. Essa si ripete in anadiplosi al verso successivo. Al verso 16 si può trovare una specie di poliptoto che è anche antintesi le due parole interessate sono inenarrabilità e narrare. Al verso 18 si trova una rima martellante, una paronomasia: doglia, voglia che precede un ulteriore anafora della coppia serafesta che si allaccia alla precedente al verso 27. Al verso 22 si può notare un’annominazine nelle parole scatti e scarti. C’è un’ulteriore anafora di mi lascio all’inizio dei versi 28, 29 e 30 che si allaccia ad un’accumulazione che è anche un anticlimax in asindeto. Un’altra anafora si ha al verso 34con la ripetizione di senza che si chiude con una sinonimia in stasi-tregua. Si può notare un’epanalessi della parola corri al verso 36 seguita da un’annominazione al verso 37 delle parole margine, marginali (che formano un poliptoto) e magnanimo .

4.3.5 Commento Questa poesia Sere del dì di festa è costruita da continui richiami fonico sillabici retorici che fanno identificare alcuni punti di chiusura; essa si tinge di significati ermetici che rendono la decifrazione del pensiero del poeta difficoltosa. Si apre con i cinque versi in anafora che trovano la conclusione evidenziata anche dalla rima baciata (per l’occhio) di nitido e nido. La festa si disegna come luogo letterario e i protagonisti di questa festa-sera sono dei, questa occasione pagana quindi si tinge di sacralità, ma il significato della parola dei potrebbe essere più una metafora che indicare precisamente una presenza divina. Infatti secondo me i partecipanti alla festa del 31 gennaio si trasformerebbero in divinità preposte nella loro confusione convulsa che è indicata nel verso 4 in avvento/in fuga/in disguido e poi nel verso 7 a continuare nei versi successivi si sono qui in un 29


attimo affollati / qui in estreme/luci, strascichi, forze chiamate ad una festa bacchica fatta di scatti/scarti/fronti che trova la sua, aggiungerei alienante cifra, nell’accumulazione rimarcata dalla passività di quell’anafora di mi lascio nei versi 8, 29, 30, 31. E’ un corri corri senza una meta che rende distimici cioè affetti da depressione, depressione che si cerca di dissipare nel movimento convulso ma che è proprio quel movimento senza meta che crea questo sentire che trova il suo orizzonte nell’evocazione dubbiosa del fato del destino verso un punto d’arrivo. Questa è una poesia costituita per molta parte da sostantivi modali (affollati, singolmente, ciecamente, altrimenti, autosufficiente, magnanimo, dimistimici, durissima, dolcissima, marginali…) ed inoltre sostantivi deaggetivati (beltà, eternità, voluttà) quasi che la festa sia un modo d’essere assoluto, un concetto seguito da azioni che si aprono a sbaraglio, che senza riparo, senza stasi-tregua enumerano azioni che non costruiscono ma dissipano (vendere, macellare, distribuire, deflettere); questo penso sia il senso del verso 26: lustro e violenza del 31 gennaio chiusa in una voluttà epifanica emarginante.

30


4.4 Analisi di “Sopra i colli d’Este” 4.4.1 Poesia Sopra i colli di Este 12

Fòrse movèndo in pòco lèmbo di spàzi

6

ad ÀLTRE tèrre in

10

QUÈSTO soffocànte dovér èssere,

10

situàrmi nel FUTÙRO nòn tùo

e10

SEMPRE più al largo o all’addiÀCCIO

6+6

FRATÈLLO, òggi còl piède rivòlto a più

11

soleggiÀTI e scàbri còlli che i NÒSTRI

8

pròni da SÈMPRE ai dilùvi,

16

tra OLÌVI còn stupòre, entràmbi òmbre, ci rinvenIÀMO

12

individuIÀMO ÀLTRE, ÀLTRE svòlte,

9

tra sulfÙREI, sepòlti dèi

7

disseminÀTI in fròtte

9

tra erÒSE ma PÙR delicàte

11

pervadÈNZE e insinuaziòni del VÉRDE,

7+7

tra sèriche stàsi e sécche, tra sorreggÉNTI véri?

15

ED È TÙTTO un confabulÌO-saltellÌO di

19

PAESÀGGI nel modÈSTO nòn distÌMICO, per un ÀTTIMO, aprÌLE

7+7

dàl nòstro sògno ad òcchi bène allenÀTI sgranàto-

8+8

ED È TÙTTO un brusÌRE di incinerÀTI fuòchi/PAESÀGGI

10

“A nòi VENÌTE”

7+7

“NÒN FÀ NÙLLA”

10

ma di vòi sepÒLTE/insepÒLTE

7 14

“NÒN IMPÒRTA”

5

10

15

20

di lÌMITE in trÀMITE discorrÈNTI-

tràcce o màppe di fùrie è giùsto QUÈSTO rincòrrersi nel FUTÙRO?

18

Il càro FRATÈLLO ed ÌO sènza dÌRE AFFERMIÀMO, AFFERMIÁMO

14

e acconsentIÁMO al fiorìre febbrÌLE dei dòssi

7+7

PÙR se in lìngue

6+6

“Deh PAESÀGGI”

25

tra lòro orribilmÉNTE ignÀRE “NÒN IMPÒRTA” “NÒN FÀ NÚLLA” 31


11+11

La stradìna vèrso mài narrÀTI OLÌVI ci guÌda, no ci dispÈRDE

12

“QUÀLI, QUÀLI”

“Sì VENÌTE”

“NÒN FÀ NÙLLA”

8+8

(ansimIÀMO a cancellÀRE riprèndere cÒSE al vòlo

6+6

a mÈTTERE in sèrbo a disacconsentÌRE a

7+7

far incrociÀRE CÒME stecchÌNI o ad immÈTTERE

11

CÒME in gìri di vìtree pallìne

ap9

i NÒSTRI cammÌNI-destÌNI)

30

35

4.4.2 Struttura La poesia Sopra i colli di Este si presenta pressoché priva di rime alla fine dei suoi versi quindi può essere paragonabile ad una sequenza in sciolti, per struttura, anche se i versi utilizzati sono molto vari, e c’è una divisione in strofe segnalate con una riga bianca. La poesia inizia con due versi allineati a sinistra poi questa convenzione si sposta in avanti per tre versi creando una separazione visiva; questo si ripete al verso 10, accentuandosi nella progressione del margine verso destra ulteriormente spostato nei versi 11, 12, 13, dopo di che la posizione del verso ritorna a quella dei precedenti, spostata cioè in avanti di circa nove caratteri, nei versi 14 e 15. Dopo il verso 15 si può notare una riga bianca che separa il blocco precedente da quello successivo che inizia al verso 16. Al verso 20 e al 21 si può vedere una separazione grafica con uno spazio ripetuto dei versi in due emistichi. Il verso 23 è caratterizzato da un avanzamento del margine verso destra simile a quello dei versi precedenti, che però rientra immediatamente al verso successivo che è l’ultimo verso della strofa o blocco che va dal verso 16 al verso 24. Al verso 27 si ripete la divisione in due emistichi tramite mezzo grafico, e nei versi successivi, 28 e 30, il verso si divide in tre parti. La poesia termina con un ulteriore blocco di cinque versi che presentano un avanzamento del bordo di inizio scrittura che nell’ultimo verso si accentua ulteriormente.

4.4.3 Partitura fonosillabica Le rime in questa poesia non sono in punta di verso, ma vanno cercate in posizione interna; sono per lo più di ordine grammaticale; si possono trovare a fianco di queste, anche numerosi casi di assonanze e consonanze. Analizzando le rime grammaticali si notano: rinveniamo e individuiamo uno di seguito all’altro nei versi 9 e 10, affermiamo e acconsentiamo in enjambement nei versi 25 e 26, ansimiamo; cancellare, incrociare; essere, riprendere, immettere, mettere; le rime desinenziali sono: pervadente, orribilmente; sorreggenti, discorrenti; soleggiati, narrati, allenati, incinerati; al verso 16 saltellio, confabulio; sulfurei, dei. Le rime semplici: aprile, febbrile; erose, cose; brusire, 32


disacconsentire; modesto, questo; stecchini, nell’ultimo verso cammini e destini; verde, disperde; al verso 22 sepolte, insepolte. Ci sono tre rime sdrucciole: al verso 21 addiaccio, sulfurei limite e tramite, distimico, attimo, . Ci sono molte ripetizioni di parole o anche di frasi, altre si ripete tre volte, paesaggi appare anch’esso tre volte, questo due volte, sempre due volte, futuro anch’esso due volte, come anche olivi, quali, nostri, pur, affermiamo, fratello, venite; si ripetono anche unioni di parole quali: ed è tutto, non importa, non fa nulla. Vado ad analizzare le assonanze: con il suono “o/e” si trovano le parole: stupore e ombre, svolte, frotte, erose, cose, sepolte, insepolte, come; con il suono “e/o”: movendo e lembo nel primo verso, questo, fratello, serbo, modesto, verso; con il suono “o/o”: poco, rivolto, nostro e sogno al verso 18, loro, volo; con il suono “a/i”: spazi, situarmi, soleggiati e scabri nel verso 7, disseminati, entrambi, stasi, mai e narrati nel verso 29, allineati, incinerati, quali; con il suono “a/e”: altre, soffocante, ignare, tracce, delicate, mappe, cancellare, incrociare; con il suono “e/e”: terre, essere, secche, sempre, piede, pervadente e verde nel verso 14, bene, orribilmente, disperde, riprendere, mettere, vitree, immettere; con il suono “u/o”: futuro e tuo al verso 4, tutto, giusto; con il suono “a/o”: largo, rinveniamo, individuiamo, sagrato, caro, affermiamo, acconsentiamo, ansimiamo; con il suono “o/i”: colli e nostri e proni nei versi 7 e 8, sepolti, insinuazioni, occhi, oggi, fuochi, noi, voi, dossi, nostri; con il suono “e/i”: sulfurei, sorreggenti e veri al verso 15, dei, discorrenti, rincorrersi; con il suono “i/e”: seriche, aprile, brusire, venite, fiorire e febbrile al verso 26, tramite, disacconsentire, palline; con il suono “i/o”: saltellio, confabulio, distimico, io; con il sono “i/i”: stecchini, giri, cammini, destini; con il suono “i/a”: nel verso 29 stradina e guida. Analizzando le consonanze si trova con il suono “ll”: fratello, colli, nulla; con il suono “v”: diluvi, olivi; con il suono “st”: modesto, questo; con il suono “t”: soleggiati, allenati, incinerati, venite, sgranato, limite, tramite, narrati, venite, delicate; con il suono “r”: futuro, stupore, immettere, dover, caro, cancellare, fiorire, incrociare, mettere, disacconsentire, giri, riprendere, dire, brusire, furie, pur; con il suono “nt”: soffocante, discorrenti, orribilmente, pervadente; con il suono “rs”: rincorrersi, verso, forse; con il suono “tt”: tutto, frotte; con il suono “n”: palline, destini, cammini; con il suono “l”: aprile, volo, febbrile. I versi 7 e 8 sono un impreziosirsi continuo di assonanze: inizia, il verso 7, con una allitterazione/assonanza tra soleggiati e scabri, in seguito si conserva la “i” finale ma ci sono assonanze in bese “o/i” quali colli, nostri, proni che trovano cesura nella fine del verso con una rima siciliana diluvi. È da notare l’allitterazione tra seriche, stasi, secche, sorreggenti che incalza il ritmo della poesia per dare cesura nel finale di domanda veri? 33


La cesura nei versi 21 e 23 si dà con altri modi: in ambedue i versi, prima della parola di cesura a capoverso che viene evidenziata, c’è una rima martellante.

4.4.4 Analisi sintattico lessicale Un elemento ridondante nella poesia è l’utilizzo della prima persona plurale: nostri, noi, nostro, affermiamo, rinveniamo, individuiamo,acconsentiamo, ansimiamo, che nei versi 6 e 25 si può identificare con la figura del poeta e del fratello di questo. Al primo verso della poesia c’è un’antitesi tra i significati delle parole lembo e spazi che si amplifica quattro versi dopo, in un’altra antitesi tra i termini largo e addiaccio in un chiasmo l’un con l’altro anche se distanziati di tre versi. Al verso 10 si trova un’anadiplosi tra i due emistichi separati da virgola della parola altre anticipata da una rima martellante tra ci rinveniamo ed individuiamo, che hanno il significato l’uno col verbo al riflessivo di raccapezzarsi e l’altro di riconoscere che segna una progressione nell’azione; l’aggettivo indefinito altre ritengo sia collegato con ombre che penso abbia una derivazione allegorica legata alla morte, che è amplificata in chiasmo con il concetto svolte il quale allegoricamente parlando potrebbe essere metafora del destino che ricorre già in alcune poesie trattate in precedenza e chiude questa poesia; pure sulfurei ha una valenza allegorica, sepolti ha un significato oscuro legato a dei (parola spesso usata dal poeta): potrebbe rifarsi al panteon greco o, come vedremo in seguito con una citazione del “Ginzburg”, ad una credenza appunto sepolta nel passato; per questo sono incerto se abbia significato allegorico, metaforico o riferito propriamente al significato. Al verso 15 si trova una ellissi che forma un’anfibologia: infatti il verso termina con sorreggenti veri? questi due termini che sono due aggettivi però mancanti di un sostantivo a cui riferirsi; inoltre veri? è a mio parere un’antitesi poiché non si struttura come una domanda retorica. Al verso 16 si struttura una anafora che verrà ripetuta anche al verso 19 ed il secondo emistichio dei versi suddetti trova un parallelismo di concetti in curva significativa ascendente. Non importa, non fa nulla ripetuti al verso 20, 21 e al verso 28, sono un rafforzativo che al verso 21 sfocia in una rima martellante di limite e tramite che hanno un significato logico antitetico. Al verso 22 si trova una antitesi tra sepolte ed insepolte. Inoltre si può notare al verso 25 un’ulteriore antitesi tra senza dire affermiamo e proprio questa ultima parola si lega in anadiplosi seguita da una rima martellante con acconsentiamo che a sua volta si lega ad una sinestesia fiorire febbrile. La parola olivi al verso 29 potrebbe avere una valenza allegorica riferita all’ulivo come simbolo di pace. Al verso 29 le parole guida e disperde formano un’antitesi. Al verso 30 “quali, quali” è un’epanalessi. Gli ultimi quattro versi della poesia formano un anticlimax segnato dal ripetersi di “a”.

34


Come stecchini è un’evidente metafora come pure come in giri di vitree palline che si lega alla allegoria formata da cammini-destini con un significato prima quasi di rabdomanzia, poi della circolarità codificata bene da Brech in Waiting for Godot.

4.4.5 Commento Nella poesia questo “noi”, tra il poeta e suo fratello, è un rincorrersi nel futuro che non gli appartiene più e diventa un’occasione per stringersi nel dolore nei colli d’Este in un peaesaggio nel modesto non distimico per un attimo, aprile, e diventa un soffocante dover essere […]sempre più a largo e all’addiaccio. L’occasione è una passeggiata nei colli d’Este col piede rivolto a più / soleggiati e scabri colli che i nostri […] entrambi ombre, ci rinveniamo[…] tra erose ma pur delicate / pervadenze e insinuazioni del verde. È una poesia in cui le parole e le affermazioni si rincorrono, e spesso c’è rima martellante e si ripetono frasi quali “non importa” “non fa nulla” una risposta senza domanda che posso indicare come la reticenza del dolore e questo limite è un tramite della discussione questo senza dire affermiamo tanto che il poeta si chiede se è giusto questo rincorrersi nel futuro e la stradina verso mai narrati olivi ci guida e ci disperde. È una poesia ricca di rime martellanti e di ripetizioni retoriche a formare continue cesure che si rispecchiano nell’ultimo verso, che a parer mio risponde alla domanda del verso 24: questo rincorrersi nel futuro è come far incrociare come stecchini o ad immettere / come in giri di vitree palline / i nostri cammini-destini.

35


4.5 Analisi e commento di “Diplopie, Sovrimpressioni” 4.5.1 Poesia DIPLOPIE, SOVRIMPRESSIONI (1945-1995) 11

Lanùgini di lùce appéna biànca

11

dilagàte in lontanànze di pràti,

A9

MÁRTIRI, ÙMILI elemÉNTI

A13

fratèlli sàcri àlle invasIÒNI déi vENTI

B5+7

È IL 30 APRÌLE, QUÉSTO IL VÒSTRO GIÒRNO

12

di ànni ormài così àlti e remòti

C7

da non èssere cOLTI

7

dàllo sfòrzo dégli òcchi

C5 B 5+7

semisepÒLTI È IL TRÉNTA APRÌLE, QUÉSTO IL VÒSTRO GIÒRNO,

6

MÁRTIRI, mirÁBILE

D8

affÁNNO di gioventU’-

D7

spàri, sàngue, non piU’

E12

nemméno làpidi per vòi, ma milIÒNI

E14

di leggerìssimi GLÒBI-sòffi, devozIÒNI

F6

10

15

tra silènzio e vÒCE

2 F8

5

bÌLICHI vèrso un’infinìta fÒCE II

8

SÈMPRE un po’ stòrto e stonàto

E11

in ritàrdo éntro le vòstre azIÒNI

G13

MÁRTIRI ovùnque vi lèggo nel tremolÌO

A6+6

dei GLÒBI di PÁPPI perennemÉNTE intÉNTI

11

a scomparìre nàscere RIDÌRE

8 G7 6+6

20

RIDÌRE di PRÁTO in PRÁTO a ràso dell’oblIO.

25

FinalmÉNTE a ciò ch’è soltànto respìro 36


E6+7

di mìnime, sòrde, divìne ostinazIÒNI

12

vi assimilàte per SÉMPRE, redìmete

9

dal più, dal pèggio di ògni dùbbio-

11

che pur del tùtto non risòlto, in cèneri

H11

qua e là s’intigna e strìscia. Ma pÒI

10

nel pluvïoso lacrimÌO

11

s’affiancàno pùr quélle a PÁPPI achèni

9

e con éssi cìbo profòndo

H10

d’èrbe e tèrra si fÀNNO per nÒI.

30

35

4.5.2 Struttura La poesia si può dire sia divisa in tre strofe, anche se dopo il verso 18 c’è una divisione con un numero romano che indica l’inizio di una strofa con il segno II, quindi si può intuire che l’autore considera la prima parte un blocco unico seppur abbia deciso di porre una spaziatura tra il verso 9 ed il verso 10. Il verso 3 presenta una progressione verso destra del margine, come i versi 11, 12, 13; anche il verso 9, dove si presenta più accentuata in linea con i versi 16, 18 , 24, 25, il verso 17 presenta una ulteriore spaziatura. Si possono notare alcune rime baciate tra i versi 3 e 4, 12 e 13, 14 e 15. Rimano anche i versi 7 e 8 , 16 e18. Nella strofa indicata dal “II” si richiama la rima dei versi 3 e 4 nel verso 22; la rima dei versi 14 e 15 si ripete ai versi 20 e 27. Rimano anche i versi 21 e 32, 31 e 35.

4.5.3 Partitura fonosillabica Iniziamo dall’analizzare le rime che ricorrono nel testo: traenti, venti, intenti; colti, sepolti, semisepolti; affanno, fanno; gioventù, più; invasioni, milioni, devozioni, azioni, ostinazioni; perennemente, finalmente; voce, foce; lacrimio, oblio, tremolio; poi, noi. Le rime ritmiche sdrucciole sono: umili, mirabile, bilichi. Le assonanze che si possono trovare nella poesia sono: con il suono “e/a”: appena, trenta, terra; con il suono “a/e”: dilagante e lontananze si susseguono al verso 2, assimilate; con il sono “a/i”: prati., sacri, anni e ormai e alti si trovano al verso 6, spari, pappi; con il suono “i/i”: lapidi, leggerissimi, bilichi; con il suono “e/i”: elementi e fratelli e venti si susseguono tra i versi 3 e 4, intenti, ceneri, acheni, essi; con il suono “o/i”: invasioni, remoti e colti e occhi e semisepolti si susseguono tra i versi 6, 7, 8, 9, voi e milioni e globi-soffi e devozioni si susseguono nei versi 14 e 15, azioni, ostinazioni, poi, noi; con il suono “i/e”: aprile, scomparire e ridire tra i versi 23 e 24, 37


minime e divine al verso 27; con il suono “e/o”: questo, nemmeno, verso, entro, leggo; con il suono “o/o”: vostro e giorno nello stesso verso ripetuto alla riga 5 e 10, sforzo, risolto, profondo; con il suono “a/o”: affanno, stonato e ritardo nei versi 19 e 20, raso e prato e soltanto tra i versi 24, 25, 26, affiancano, fanno; Con il suono “ù”: gioventù, più; con il suono “o/i/e”: silenzio, peggio; con il suono “i/a”: infinita, intigna; con il suono”e/e”: sempre, perennemente, nascere, finalmente, sempre e redimete al verso 28, quelle, erbe; con il suono “i/o”si trova: tremolio, oblio, lacrimio, respiro. Invece le consonanze presenti nella poesia sono: con il suono ”n”: lanugini e appena e bianca al verso 1, invasioni, nemmeno, milioni, devozioni, azioni, divine, ostinazioni, affiancano, acheni; con il suono “c”: luce, voce, foce; con il suono “t”: dilagate, prati, remoti, prato, assimilate, redimete; con il suono “n/z”: lontananze, silenzio; con il suono “r”: martiri, scomparire, essere, nascere e ridire al verso 23 e 24, respiro, ceneri; con il suono “n/t”: elementi e venti e trenta tra i versi 3, 4, 6, perennemente e intenti al verso 22, finalmente, soltanto; con il suono”s/t/r”: vostro, vostre; con il suono “l/t”: alti, colti, semisepolti, risolto; con il suono “r/d”: ritardo, sorde. Tra il verso 1 e 2 si può trovare l’omotonia dell’”a” accentata e la allitterazione della “l”. Al verso 6 si può trovare un’ulteriore omotonia di “à” ed è da notare il gioco di allitterazioni e consonanze tra le parole così, alti, remoti e colti che trova la sua chiusura in quest’ultima che si amplifica nel verso successivo con l’assonanza con occhi e la rima con semisepolti. Un altro fattore da notare è la omotonia della “o” accentata che ricorre lungo i versi 14, 15, 16, 17, 18: inizia con un assonanza ravvicinata tra voi e milioni in seguito la i si amplifica in leggerissimi e trova ulteriori assonanze di stampo ”o/i” in globi- soffi e una rima baciata tra milioni e devozioni e in seguito la “n”, la “z”, la ”o”, la “i” trovano rinforzo in anagramma nella parola “silenzio” che anticipa la e che nei prossimi due versi farà coppia con la “o” in voce, foce, verso, foce intermezzata dal verso 17 con un ritorno alla “i” con bilichi. Interessante anche notare la frequenza dei fonemi “s”, “r”, “t” nei versi 19 e 20: inizia con un’allitterazione della “s” che parte con sempre e poi si rinforza della “t” in storto e stonato ma il fonema “r” si ritrova in ritardo e prosegue in entro e vostre rinforzandosi della “t” .

4.5.4 Analisi sintattico lessicale La poesia si apre con una sinestesia: lanugini di luce. Il verso 5 si ripete in anafora al verso 10. Lapidi al verso 14 si può considerare una sineddoche. Globi-soffi oltre ad essere una sinestesia è una metafora dal significato decisamente oscuro. Tra silenzio e voce hanno un significato in antitesi che finisce nell’allegorica infinita foce che rappresenta la morte. C’è un’anfibologia nella parola martiri: è infatti incerto se sia “martiri” che si sacrifica o soffre per un ideale o “martìri” il gesto del grave tormento. Anche il significante sforzo peresente al verso, soprattutto in questa poesia, 38


presenta un doppio significato: può voler dire, o impegno straordinario di forza fisica o psichica, o esercito, moltitudine di armati. Il significato di pappi, ripetuto anche al verso 33, può indicare un’appendice all’apice del frutto achenio, cioè che a maturità non si apre, della famiglia delle composite di cui fa parte il castagno che è molto diffuso nel Montello collina trevigiana dove si trovano ossari dei soldati morti in difesa della patria a cui penso si riferisca questa poesia, quindi i globi soffi e i pappi e gli acheni sarebbero i frutti delle castagne che cadono d’autunno nei boschi di questa collina così martoriata e bagnata dal sangue dei patrioti del ‘900 che hanno combattuto per la liberazione che ha come giorno di festa nazionale il 25 aprile ma che Zanzotto ricorda il 30 aprile data che nei versi 5 e 10 è ripetuta in anafora e che è la data della liberazione della zona della marca trevigiana (cfr. pag. 5). C’è una anfibologia tra il verso 21, 22, 23, infatti è incerto se perennemente intenti a scomparire nascere ridire sia da considerarsi legato come soggetto a martiri o a globi di pappi, inoltre scomparire e nascere sono in antitesi e ridire è in anadiplosi come pure prato formando un serrato climax che ha come triste cesura a raso dell’oblio. In seguito si può notare il susseguirsi di due accumulazioni la prima tra il verso 26 e 27 e la seconda tra il verso 29 e 30. Interessante il termine intignare (essere attaccato dai parassiti) che può essere considerato assieme a striscia una metafora negativa della vita moderna. Pluvioso lacrimio si può considerare una metafora e una sineddoche che unisce, come è uso Zanzotto, paesaggio e emozioni, ipotizzo che anche i pappi acheni, si affianchino a s’intigna e striscia . Cibo profondo è una sinestesia legata a pappi acheni. La poesia si conclude con un’anfibologia, difatti è incerto se quella “e” nel verso 35 unisca d’erbe a terre o se sia cifra di una coordinata alla principale.

4.5.5 Commento Questa poesia ha come tema principale il martirio per la patria, inizia con una sinestesia che dà già un effetto di straniamento che si amplifica nelle dilagate lontananze di prati questo trova una cesura nel verso 3 e 4 martiri, umili elementi fratelli sacri due versi molto chiari ed efficaci, ma nel secondo emistichio del verso 4 sacri alle invasioni dei venti si riacutizza la forza metaforica nella poesia, inoltre impreziosita da una rima baciata tra il verso 3 e 4, seguita dall’anafora di è il 30 aprile, questo è il vostro giorno. Si dipana un motivo della poesia che è il fatto che questo martirio è talmente lontano da non essere colto nella sua grandezza e si ripete in un mirabile /affanno di gioventù / spari, sangue, non più /nemmeno lapidi per voi. Gli unici a ricordarli ed ergersi a testimoni sono migliaia di globi-soffi[…]tra silenzio e voce. Ma il poeta si ricorda dei martiri e ovunque vi leggo[…]perennemente intenti / a scomparire nascere e ridire, ma sempre a raso dell’oblio. E questo ricordo è un redimersi costante dal più, dal

39


peggio di ogni dubbio che però s’ intigna e striscia, quindi un parallelismo perenne tra ricordo e stupro del ricordo ma che si fa prima pluvioso lacrimio e poi cibo profondo d’erbe e terra.

40


4.6 Analisi e commento di “Postremi luoghi del “Galateo in Bosco” 4.6.1 Poesia Postremi luoghi del “Galateo in Bosco” 11

Quànta altézza ha raggiùnto il SILÉNZIO

A8+7

còme per tòrpidi fiÀTI posÀTI lungo ÈRE

A11+6

sùi vaneggiamÉNTI semivisÌBILI di dòssi e brughiÈRE

6+9

in cui vaneggiài le stÒRIE infinìte déi sàngui

11

che di lÀ stillàrono fìno ài rìvi

6+6

PIÙ ÌNFIMI

11

in un QUI, fÙTILE-òrrido QUI

16

QUÀNTO còlmo è stÀTO quell’ indietreggiÀRE nell’etèrno

B10

dòpo vàcue vittÒRIE/sconfÌTTE

10

QUÀNTO il deprivÀRSI l’addensÀRSI

B12

d’ùna sòrda sostànza tra crùde fÌTTE

5

dèlle mìe mÉNTI dolÉNTI

12

nèi quÀ-o-lÀ percepìti da un’àlba

7+7+7

chimicamÉNTE incèrta, fòrse fàtta di sòda da LISCÌVA, LI-

C3

SCÌVA

C18

eppùre abbagliànte pèr sùo pròprio fuòri-òcchio-lÉNTE

diluÉNTE

7

SILÉNZIO a strati e strami

16

sùl BÒSCO LONTÀNO, àhi LONTÀNO in ògni direziòne

14

VÌA VÌA vaporÀTO da particolaritÀ

13

ùniche di abbandÒNI, di presénze, ÙMILI–

14

NÒN quiète, NÒN stàsi, NÒN necessitÀ, NÒN nìmbo

9 8+7

15

20

trash di presÈNZA e d’immanÈNZA NÒN EMANÀR PIÙ SILÉNZIO a trÀTTI a scÀTTI ACCÉSO

D11

ACCÉSO malvolentièri al sublÌME

D8+8

talvolta nàuseasÌMILE per colaticci di rÌME

7+8

NÒN EMANÀRE, vòce, NÒN intimÀRE sparèndo

E7+7

NÒN dislocàrti éntro un proibìto ÈSSERE

E8

10

25

NÒN proibìrmi di ÈSSERE– 41


7

BÒSCO Montèllo fictio

10

–méntre si mutàno segnaletÌCHE

F14

ed étÌCHE di operaziÒNI e disperaziÒNI

12

ormài FUÒRI portàta di fùrti umàni

F12

succhiàte in àltre risàcche, in àltri clÒNI

30

4.6.2 Struttura La poesia si presenta divisa in 5 strofe. Ci sono 8 versi che rimano tra loro per lo più in rima baciata. Nella prima strofa, di 7 versi,si trova al verso 6 uno spazio che lo divide in due emistichi. Nella seconda strofa, di 8 versi, dal verso 12 fino al verso15 si trova una progressione del margine sinistro di inizio verso, inoltre è evidente uno spazio raddoppiato al verso 14. Nella terza strofa, di 6 versi, il verso 21 presenta un avanzamento del margine sinistro. Nella quarta strofa, di 6 versi, si trova al verso 21 e 27 un avanzamento del margine sinistro. Nella quinta strofa, di 5 versi, il primo verso di questa oltre ad avere un accentuato avanzamento del margine sinistro è scritto in maiuscoletto come pure il titolo.

4.6.3 Partitura fonosillabica Le parole in rima presenti nella poesia sono: fiati e posati al verso 2 entrambe interne; ere e brughiere in rima baciata nei versi 2 e 3; vaneggiamenti, menti e dolenti nel verso 6; deprivarsi ed addensarsi al verso 10; chimicamente e diluente e lente tra i versi 13, 14, 15; abbandoni, disperazioni e privazioni e cloni situate nell’ultima strofa; sconfitte e fitte situate a fine verso 9 e 11; storie, vittorie; là e qua nel verso12, particolarità, necessità; presenza ed immanenza al verso 21; stato, vaporato; indietreggiare, emanare, intimare; sublime e rime in rima baciata nei versi 23 e 24; segnaletiche ed etiche ai versi 29 e 30. Le rime sdrucciole presenti nel testo sono: semivisibili, infimi, futile, umili, nauseasimile, essere. Le assonanze presenti nel testo sono: in base “a/a”: quanta, sostanza, alba, fatta, tratta, portata; in base “e/a”: altezza, incerta, presenza e immanenza al verso 21; in base “u/o”: raggiunto, lungo, suo; in base “o/e”: come, forse, direzione, voce; in base “a/i”: fiati e posati al verso 2, deprivarsi ed addensarsi al verso 10, strati e strami al verso 16, stasi, tratti e scatti al verso 22, dislocarti, umani, altri; in base “e/e”: ere, brughiere, chimicamente, diluente, lente, persistenze e quiete nei versi 19 e 20, mentre; in base “e/i”: vaneggiamenti, menti e dolenti al verso 6, malvolentieri; in base “o/i”: dossi, fuori, abbandoni, operazioni e disperazioni al verso 30, cloni; in base “o/i/o : proprio e occhio al verso 15; in base “i/e”: infinite, mie, sconfitte, fitte, uniche, sublime, rime, segnaletiche, 42


etiche; in base “o/i/e”: storie, vittorie; in base”à”: là e qua al verso 12, particolarità, necessità; in base “o/o”: colmo, dopo, bosco; in base “i/o”: fino, orrido, nimbo, proibito; in base “i/i”: rivi e infimi nei versi 5 e 6, percepiti, proibirmi; in base “i/a”: lisciva che viene ripetuta nei versi 13 e 14; in base “a/o”: quanto ripetuto nei versi 8 e 10 e stato nel verso 8, lontano, vaporato, mutano; in base “a/e”: indietreggiare, abbagliante, emanare ed intimare al verso 25, succhiate e altre e risacche al verso 32; in base “e/o”: eterno, sparendo, Montello, acceso, entro; in base “o/a”: soda, sorda; in base “u/e” vacue e crude. Le consonanze presenti nel testo invece sono: in base “n/t”: quanta, raggiunto, vagheggiamenti, dolenti, quanto, chimicamente, abbagliante, lente; in base “n/z”: silenzio, sostanza, persistenza, presenza e immanenza al verso 21; in base “m”: come, infimi, sublime e rime ai versi 23 e 24, strami; in base “t”: fiati e posati al verso 2, percepiti, infinite, strati, vaporato, portata, proibito, succhiato; in base “r”: storie, indietreggiare, vittorie, eppure, emanare, intimare, fuori; in base “n”: stillarono e fino al verso 5, lontano, direzione, mutano e operazioni e disperazioni e umani e cloni nei versi 29, 30,31 e 32; in base “v”: rivi, lisciva; in base “t/t”: sconfitte, fitte, fatta, tratti, scatti; in base “r/s”: deprivarsi e addensarsi nel verso 10, forse; in base “d”: crude, soda; in base “r/t”: incerta, dislocarti, furti. Al verso 2 c’è una rima martellante tra fiati e posati che si espande in una rima baciata tra ere e brughiere. Da notare i versi 5, 6 iniziamo ad analizzare dall’enjambement al verso 5 rivi in assonanza con infimi è seguito da una allitterazione tra mie e menti con una assonanza incrociata con una rima martellante tra menti e dolenti, che richiama in rima vagheggiamenti. Un'altra rima ravvicinata si può trovare al verso 10: addensarsi e deprivarsi. Un’altra allitterazione è presente al verso 16, coronata dalla assonanza tra strami e strati in seguito la “o”, le “a” e le ”i” e la “e” trovano corrispondenza al verso successivo e direzione è quasi un anagramma di silenzio, lontano ripetuto ravvicinatamene è in assonanza con vaporato che fa parte di una ulteriore allitterazione di base “v” : via, via, vaporato e le varie “a” di questi versi trovano il loro coronamento in particolarità. Un’ulteriore rima martellante si trova al verso 21: presenza ed immanenza; al verso 22: scatti e tratti; ai versi 22 e 25 si ripete emanare che al verso 25 si trova in rima martellante con intimare. Ai versi 29 e 30: segnaletiche ed etiche sono in rima martellante e si rafforza ancora con un’ulteriore rima martellante al verso 30: operazioni e disperazioni in rima con cloni due versi dopo in finale di poesia. Tanto che questa forma, della rima martellante, si può considerare la cifra espressivomusicale della poesia che dà una censura anche concettuale con questo sistema di rime.

43


Da por nota è la simmetria di assonanze dopo la parola silenzio ai versi 16 e 22 che inizia nel primo caso con la assonanza “a/i” e con la rima nel secondo e poi viene seguito da un epanalessi prima di lontano poi di acceso.

4.6.4 Analisi sintattico lessicale La poesia inizia con una sinestesia quanta altezza ha raggiunto il silenzio ed un'altra subito dopo torpidi fiati posati seguita da un’iperbole lungo ere. Continua con un'altra sinestesia “vaneggiamenti semivisibile di dossi e brughiere ed un ulteriore iperbole storie infinite dei sangui. Al verso 6 c’è un’anadiplosi di qui. Tra il verso 8 ed il verso 10 c’è l’anafora di quanto. Al verso 8 c’è un’ulteriore sinestesia quanto colmo è stato quell’ indietreggiare nell’eterno come pure al verso 11 sorda sostanza e pure crude fitte. Ai versi 13 e 14 c’è l’anadiplosi della parola lisciva, parola non di uso comune che indica un detergente. C’è ancora una sinestesia al verso 15 fuori-occhio-lente . Strami al verso 16 è una parola non di uso comune che indica il fieno, Al verso 17 c’è un anadiplosi di lontano ed al verso successivo, un’epanalessi, via via vaporato i versi 20 e 21 sono una accumulazione, al verso 22 e 23 si ripete in anadiplosi il significante acceso, al verso successivo colaticci è una parola anch’essa di uso non comune che può significare o materia colata e raffreddata o un metallo fuso traboccato dalla forma o (più probabilmente ma in senso metaforico)liquame che stilla dal letame posto in concimaia. C’è un latinismo che è fictio il cui significato è finzione. La quarta strofa si conclude anch’essa con un anticlimax con la ripetizione in anafora del lemma non tra i versi 25, 26, 27 con pure un’epistrofe di essere ed un poliptoto di proibire. La poesia si conclude con un’anafora in altre risacche, in altri cloni.

4.6.5 Commento Questa poesia richiama i mostri del passato del luogo del Montello che nel silenzio è diventato finzione. Il respiro si fa torpido nel vagheggiamento di storie infinite dei sangui / che di là stillarono fino ai rivi / più infimi delle mie menti dolenti / in un qui, futile-orrido qui con molta probabilità sono i ricordi della tragica seconda guerra mondiale che parlano. Parla la voce del passato fatto di vacue vittorie/sconfitte lavato dalla lisciva. Basata come molte altre poesie di questo libro Sovrimpressioni, sulla rima martellante e sull’ars retorica, nella terza e quarta strofa questa poesia è incalzata dal ritmo di due climax fatti da un’accumulazione in base non che finisce al verso 27 con non proibirmi d’essere impreziosito da un’epistrofe: questo peso della memoria che è non quiete, non stasi, non necessità, non nimbo pesa sull’autore mentre mutano le segnaletiche il suo cuore è ancora afflitto dallo scorrere del sangue 44


delle guerre mondiali, c’è un richiamo ad (After-Hours) che chiude un cerchio con la dimenticanza di questo silenzio, significante che compone una sorta di anafora tra i versi 16 e 22; vi è la torsione dell’essere al ricordo taciuto che trova nell’ultima strofa un richiamo al fatto che le cose scorrono ma il ricordo permane nel poeta in un fitto di rime: bosco Montello fictio / mentre si mutano segnaletiche / ed etiche di operazioni e disperazioni / ormai fuori portata di furti umani / succhiate in altre risacche, in altri cloni .

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4.7 Analisi e commento di “(after hours)” 4.7.1 Poesia

(After Hours) A6+6

Se un trapestìo-tàpestry di lùme si accennÀVA

B5

secÒNDO fiàba

14

vèrso uno slàrgo definitìvo èri tu

12

-vOI eràvate “àlte FAVÈLLE itàliche”

11

nel BOSCO

intagliolÀTE o embrionizzÀTE ovÙNQUE

9

ma in sfàrzo

B16

Scivolàvi còme lÀVA o bràci diffondÉNTI, FAVÈLLA,

10

pÒI accÒRTE/insÒRTE

e fondendo te stéssa nel tùtto

8

inguarÌBILE del mÒNDO,

8

nel maniacàle insettirsi

10

C12

di mirIADI di nulla, per MADIDI

B9

e MADIDI covi del BOSCO

12

e metàlli-carbòni-tÒRVI-cCÒRVI di

D8

BÒSCO MONTÈLLO FICTIO

7+7? A8+8 12 6+7 11 9 9

La

“vita”

drizzati serpENTI manticamente

i sottointési più inténsi avallÀVA

o

appéna imbastìva- in bàve e microspÌNTE vérso le quÌNTE di un fintoetèrno comÙNQUE sbandàndo

felìce

20

E tu – COSÌ, òra – COSÌ tic/ fragilizzàta spèndendo

11

in dissaguamÈNTI mùde secchézze

B5

Àlta FAVÈLLA

C11

15

con SÈ e scàrti di sòle s’accoppiÀVA ovificÀVA

7

7

5

Tzz, tzz, trr, trr, thth in rése di giornàli

25 lìbri al mÀCERO 46


8

in àcidi after-hours

D7+7

di ossàri e discotèche DÌSCO MONTÈLLO FICTIO

9

Àcida di ògni Àcido ma

11

FELÌCE FELÌCE FELÌCE

E9

tùtto fuòri da SÉ fluÌTO

E7

òltre ògni sida e sITO

8

a farsi locUS amoenUS

: seno

30

……………………

ah6

Faults earthquakes ecstasy

35

(1996)

4.7.2 Struttura La poesia si divide in 6 parti di cui una, la finale, è composta da un disegno che potrebbe identificare un grafico di vibrazioni vitali. Mi sono posto il problema di divedere una strofa dall’altra tra il verso 21 e il 22 poiché si presenta proprio in quella posizione il cambio di pagina e la processione del margine sinistro presente nella pagina 61 non si trova più nella pagina successiva che inoltre inizia con una maiuscola, quindi credo che sia giusto porre un cambio di strofa tra i due. Il primo fattore interessante è il titolo che è posto a sinistra e tra parentesi. Inoltre nel mezzo del verso 2 c’è un’ampia spaziatura, invece al verso 4 si trova una frase con un carattere più piccolo rispetto al resto della poesia e del libro, al verso 5 c’è un avanzamento del margine sinistro ed al verso 6 si può notare un'altra ampia spaziatura. La seconda strofa si distingue per un progressivo 47


avanzamento del margine di inizio verso e termina con un frase in maiuscoletto. E’ interessante che nella terza strofa oltre presenti allo stesso avanzamento progressivo di margine della strofa precedente con due grafismi al verso15 ed una spaziatura ripetuta nel verso 20. La quarta strofa presenta dai versi 22 al 28 un margine avanzato e costante che si sposta di poco verso destra nei versi successivi; inoltre si ripete la diminuzione di dimensione del carattere al verso 24 e spaziature anomale al verso 26 e 30 e la medesima frase del verso 14 sempre in maiuscoletto. A quello che ho considerato un verso ma che sembra più una divisione a modo di cornicetta 33 si possono notare dei puntini ripetuti. La poesia si conclude con una sorta di grafico accostato da una frase in maiuscoletto.

4.7.3 Analisi fonosillabica Prima di tutto analizziamo le rime presenti nel testo: accennava, lava, accoppiava ed ovificava ed avallava nei versi 14 e 15 formano prima una rima martellante e poi una rima baciata; diffondenti, serpenti, dissanguamenti; eravate in rimalmezzo con intagliolate ed embrionizzate che formano tra loro una rima martellante al verso 5; voi, poi; ovunque, comunque; fluito e sito al verso 31 e 32 in rima baciata; torvi e corvi in rima martellante al verso 13; macrospinte e quinte in rimalmezzo nei versi 18 e 19; secondo, mondo; accorte ed insorte in rima martellante al verso 6; c’è una rima martellante tra locus ed amoenus al verso 33. Le assonanze che si possono riscontrare nella poesia sono in base “u/e”: lume, mude; in base “a/a”: accennava e fiaba ai verso 1 e 2, lava, accoppiava, ovificava, avallava, fragilizzata, alta; in base “o/o”: secondo e bosco al verso 2, mondo; in base “e/o”: verso, Montello, fondendo, fintoeterno, spendendo, seno; in base “a/o”: slargo, sfarzo, sbandando; in base “i/o”: trepestio, definitivo, disco, fluito, sito; in base “e/i”: eri, serpenti, sottintesi e intensi al verso17, dissanguamenti; in base “o/i: voi, poi, covi e carboni e torvi e corvi nei versi 12 e 13, fuori, ogni; in base “a/e”: eravate e alte al verso 4, intagliolate e embrionizzate al verso 5, maniacale, bave; in base”e/e”: favelle, matematicamente, secchezze, rese, discoteche; in base “o/e”: accorte e insorte al verso 6, come, sole, oltre; in base “a/i”: scivolavi e braci nel verso 7, metalli, drizzati, scarti, giornali, ossari, farsi; in base “e/a”: favella, stessa, appena; in base “i/i”: insettirsi, madidi, acidi, libri; in base “i/a”: vita, imbastiva, acida, sida; in base “i/e”: italiche, quinte e microspinte ai versi 18 e 19. Le consonanze che si possono riscontrare nel testo sono: in base “st”: trepestio, tapestry al verso 1; in base “m”: lume, come; in base “v”: accennava, definitivo, scivolavi e lava al verso 7, covi, accoppiava e ovificava e avallava nei versi 16 e 17, imbastiva; in base “n/d”: secondo, fondendo, mondo, sbandando, spendendo; in base “r/s”: verso, insettirsi, farsi; in base “r”: eri, macero, fuori, ossari; in base “t”: eravate e intagliate e embrionizzate nei versi 4 e 5, diffondendoti, vita e drizzati 48


al verso 15, fluito e sito a fine verso nel rigo 31 e 32; in base “l/t”: alte, alta; in base “r/t”: accorte e insorte nel verso 6, scarti; in base “l/l”: favelle, favella, nulla, metalli, Montello; in base “c”: braci, tic, felice; maniacale, sole, giornali; in base “d”: madidi, acidi, acida e acido al verso 29, sida; in base “n”: carboni, con, appena; in base “rv”: torvi e corvi al verso 13; in base “n/t”: serpenti e matematicamente al verso 15, microspinte e quinte al verso 19 e 20, dissanguamenti; in base “c/h”: italiche, discoteche; in base “s/c”: bosco, disco. Al verso 1 è presente una allitterazione che è quasi una rima anagrammata tra trepestio e tapestry. Tra il verso 4 ed il secondo emistichio del verso 6 è interessante notare la specularità richiamata dalla rima voi-poi seguiti uno da una assonanza e quasi consonanza e dalla rima martellante al verso 5 di intagliolate ed embrionizzate l’altra da una rima martellante accorte/insorte. Al verso 11 miriadi e madidi sono quasi anagrammi uno dell’altro, sottintesi e intensi formano una sorta rima anagrammata. Da analizzare con maggiore attenzione è la terza strofa: il verso 15 è un susseguirsi di “i”, “a”, “t” “e” e “n” che trova una sua chiusura in con sé e scarti nel verso successivo,la rima martellante che lo segue dà ancora più suono a questi versi riprendendo la rete di richiami con un ulteriore rima che è legata a quella martellante accoppiava, ovificava, avvallava, si espande con due consonanze nel verso successivo quasi in rima sottointesi, intensi il tutto termina con una rimalmezzo che è anche consonante al verso 15 microspinte e quinte. Questo susseguirsi di richiami evidenzia il secondo emistichio del verso 19 e del verso 20 che termina con un’assonanza che si lega alla rimalmezzo. È importante analizzare musicalmente i versi dal 31 al 33 iniziando da tutto le cui “u” e “t” e “o” ridondano in fuori, fluito, sito, gli ultimi due in rima baciata; il tutto termina con una latineggiante rima martellante: locus amoenus.

4.7.4 Analisi sintattico lessicale La poesia inizia con una rima anagrammata tra trapestio ( rumore confuso soprattutto di passi) e tapestry (arazzo, tappezzeria) due termini che non sono di uso comune l’uno italiano e l’altro inglese uniti a lume, un’unione inusuale che sa di sinestesia in quanto questa parola è legata soprattutto al campo visivo. Il verso 3 si denota per una inversione dell’ordine sintattico delle parole, un iperbato, non si dovrebbe dire verso uno slargo definitivo eri tu, bensì tu eri verso uno slargo definitivo, inoltre c’è forse un anacoluto del verbo poiché il verbo essere è un verbo statico che mal si lega con verso che può anche significare appresso però, o verso di una poesia da ciò nasce un’anfibologia. Al verso 4 si può trovare un’iperbole alte favelle italiche.Al verso 5 c’è un neologismo: intagliolate. Al verso 7 c’è una metafora scivolavi come lava o braci seguito da una paronomasia tra diffondendoti e fondendo. Al verso 10 c’è un ulteriore neologismo: insettirsi 49


seguito da una ulteriore paronomasia tra miriadi e madidi che è ripetuta in anadiplosi al verso successivo, anche madidi è una parola scarsamente utilizzata che ha come significato molto umido. Al verso 13 si trova una parola di scarso uso corrente cioè torvi che vuol dire minacciosi. Esso è seguito da un latinismo : fictio che vuol dire finzione. Al verso15 c’è un’ulteriore parola di scarso utilizzo manticamente cioè secondo l’arte divinatoria degli animali a cui si lega serpenti. Al verso 19 c’è un neologismo fintoeterno. Al verso 21 si trovano un anafora di così ed una onomatopea, tic. Mude al verso 23 oltre ad essere una parola poco conosciuta, il cui significato è rinnovamento annuale delle penne negli uccelli, forma una sinestesia con secchezze. Il verso 25 è tutto formato da onomatopee, tzz, tzz, trr, trr, thth. Montello fictio è in epifora nel verso 14 e 28 che si apre con la consonanza tra disco e bosco. Acido si ripete per 3 volte tra i versi 27 e 29 in anaclasi. Al verso 30 “felice” si ripete per tre volte in epizeusi. Una nota chiarisce che sida che è corrispondente a aids. Al verso 33 c’è l’espressione latina locus amoenus che significa luogo felice. La poesia termina con un disegno ed una sentenza in lingua inglese: faults earthquakes ecstasy che significa estasi di manchevolezze di terremoti.

4.7.5Commento Questa poesia lega significanti italiani con latini ed inglesi, inoltre è impreziosita da un diagramma alla fine che nella terza strofa. Qui si può considerare molto della poesia di Zanzotto, espressa in questo libro, fatta di richiami sottili di rime per lo più baciate o martellanti, fatta di assonanze e consonanze che si uniscono a volte quasi in rime anagrammate a volte. È una poesia che di sicuro ha tono ermetico, che sembra situata in spazi aperti, nel bosco Montello, di madidi covi nel bosco a cui si contrappongono le rese di giornali e i libri al macero gli ossari in un atmosfera acida di ogni acido ma / felice felice felice; è un tutto fuori da sé fluito in miriadi di nulla. Ha molto della retorica che fluisce per tutta l’opera fatta di ripetizioni e richiami, impreziositi da una veste grafica che sa di virgole, punti, due punti. Interessante anche notare la separazione al verso 34 fatta di puntini. E la frase finale in inglese estasi di manchevolezze di terremoti, si ricollega all’onomatopea al verso 25 ricollegandolo al titolo, anch’esso in inglese, (After Hours) riferito a feste che si fanno la mattina presto in cui i giovani si perdono in acidi after-hours e molto spesso fanno anche uso di droghe per prolungare la serata: nella poesia questo concetto è espresso dalla ripetizione in poliptoto di acido, acida, acidi che potrebbero voler significare L.S.D., non essere solo aggettivi qualificativi. Però la poesia termina al verso 33 con a farsi locus amoenus, cioè luogo felice oltre ogni sida, quindi con accezione positiva contrapposto e quasi in antitesi a Sere del dì di festa in cui il nulla pervadeva il divertimento, inconcludente, che peraltro nella quarta strofa, è ricalcato da parole quali dissanguamenti o ossari. 50


4.8 analisi e commento di “Per altri venti fuori rosa” 4.8.1 Poesia Per altri venti, fuori rosa 11

“SorvolERÉMO INSIÈME il firmamento

13

dòve le stèlle brillerànno a cÈNTO” e pòi

8+7

precipiterÉMO dàgli àlti strabiliamÈNTI

10

in annuvolamÉNTI sbilènchi

9

a trascinÀRCI a sfilacciÀRCI

A10

in MÌLLE E MÌLLE dissipaziÒNI?

12

O finirÉMO, consustanziàle sàngue,

6

disseccÀTI in màppe

10

in indìzi pEr i meteosàt

A9

5

pèrsi sull’òrlo di igniziÒNI?

7

O sarÉMO, soltànto,

b8

INSIÈME a mugghiÀRCI addÒSSO

10

stipÀTI nel manufàtto mòstro:

B11

NON-uòmo NON-natùra, in fòndo al fÒSSO

4

1

Tohu e Bohu?

10

15

4.8.2 Struttura La poesia si divide in 3 strofe, la prima inizia con una citazione da una canzone, i cui versi sono endecasillabi in rima baciata, ed è composta da 6 versi. La seconda strofa è composta da 4 versi l’ultimo dei quali presenta un forte avanzamento nel bordo di inizio verso, il quale rima con l’ultimo verso della strofa precedente. La terza strofa si compone di 5 versi il cui ultimo verso presenta un avanzamento del margine sinistro di scrittura; questa strofa pesenta 2 parole in rima a fine verso addosso e fosso.

51


4.8.3 Analisi fonosillabica Iniziando ad analizzare dalle rime si può dire che sorvoleremo, precipiteremo, finiremo e saremo formano tra di loro una rima grammaticale che si può trovare prettamente ad inizio verso; inoltre sono in rimalmezzo anche firmamento e cento quest’ultima “mascherata” nella sua funzione di rima perfetta dalla presenza dell’appendice “e poi”; come pure dissipazioni ed agnizioni;rimano in rima martellante e pure rimalmezzo anche strabiliamenti ed annuvolamenti; anche trascinarci e sfilacciarci sono in rima grammaticale, rima martellante al verso 5 e rimano anche con mugghiarci al verso 11; rimano anche disseccati e stipati; addosso e fosso come già visto rimano al verso 12 e 14. Andando ad analizzare le assonanze si ha in base “e/o”: sorvoleremo e firmamento e cento e precipiteremo tra i versi 1, 2 e 3, finiremo, saremo; in base e/e: insieme, stelle; in base “a/o”: brilleranno, soltanto, manufatto; in base “o/i”: poi, dissipazioni, ignizioni; In base “a/i”: dagli, alti, trascinarci e sfilacciarci al verso 5, disseccati, mugghiarci, stipati; in base ”e/i”: strabiliamenti e annuvolamenti e sbilenchi nei versi 3 e 4; in base “i/e”: mille che si ripete al verso 6; in base “o/o”: orlo, addosso, fosso, mostro, fondo. Analizzando le consonanze in base “m” si ha: sorvoleremo e insieme al verso 1, parteciperemo, finiremo, saremo, insieme, uomo; in base “n/t”: firmamento, cento, stabilimenti ed annuvolamenti ai versi 3 e 4, soltanto; in base”l/l”: stelle, mille; in base “r/c”: trascinarci e sfilacciarci al verso 5, mugghiarci; in base “n”: dissipazioni, ignizioni; in base ”t”: disseccati, stipati; in base “s/s”: addosso, fosso. Prendendo in considerazione il primo verso si ha il ripetersi del suono “m” unito alla assonanza in base “e/o” tra sorvoleremo e firmamento, la o di firmamento introduce quella di dove e brilleranno e trova chiusura in cento. La rima martellante strabilamenti, annuvolamenti si amplifica con l’assonanza sbilenchi ed è seguita da un'altra rima martellante, trascinarci e sfilacciarci, ed un’ulteriore ripetizione del lemma mille.

4.8.4 Analisi sintattico lessicale La poesia inizia con un’iperbole sorvoleremo insieme il firmamento, al verso 3 strabilamenti riecheggia quella con un neologismo di costruzione basato sulla radice strabiliare, seguito al verso 4 da una ipallage, annuvolamenti sbilenchi. Al verso 6 c’è la epanalessi di mille. C’è un’anafora dell’indicativo futuro, prima persona plurale ai versi 1, 3, 7, 11. Al verso 7 c’ è un sintagma proprio della teologia cristiana: consustanziale, al verso 9 c’è una parola soprattutto utilizzata nel linguaggio della meteorologia. Al verso 10 ignizioni è un riferimento alla cremazione che riecheggia nell’indicare la storia del toro di Falaride in cui i corpi venivano appunto cremati. Al 52


verso 12 mugghiarci è una metafora basata sul linguaggio agrario che allegoricamente si riconduce al toro di cui sopra. Al verso 14 si può considerare un epànodo non-uomo non-natura. La poesia si conclude con un altro riferimento alla cultura teologica: tohu e bohu che è in uso nella lingua francese come indica anche la nota a piè pagina.

4.8.5 Commento “Per altri venti fuori rosa” è la poesia più criptica ed ermetica della raccolta, intanto si nota che pervade tutta la poesia un fantomatico “noi” che non viene mai espresso, un “noi” generico. Inizia con una citazione di una canzone di Bixio e Cherubini che è stata messa all’indice dalla censura nel 1942 sotto periodo fascista per la quale i due autori sono stati perseguiti dal regime in quanto veniva usata come slogan dalla fazione contraria a Mussolini e questo tema, proprio della tortura, viene ripreso dopo con la citazione del toro di Perillo strumento di tortura in ottone, le grida dei malcapitati che in quello finivano riproducevano il suono del muggito; attraverso tale strumento sia Perillo il costruttore, che Falaride, il re che l’aveva commissionato, trovano la morte, come anche molti cristiani martiri hanno seguito la stessa sorte, quindi anche il richiamo cattolico della parola consustanziale e, più oltre, dopo dei versetti della genesi al verso 15 troverebbero spiegazione. Il titolo potrebbe essere allegoria di qualcosa di bello e piacevole (fuori rosa) o riferirsi alla rosa dei venti, che però nasconde una carica negativa e minacciosa (thou e bohu). La poesia musicalmente si presenta per lo più composta da rime martellanti per lo più grammaticali. Le assonanze e le consonanze sono centellinate o suggerite nel ripetersi di qualche vocale o gruppo consonantico.

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Capitolo 5 Commento strutturale, metrico e stilistico al libro Sovrimpressioni 5.1 Commento strutturale Nel libro Sovrimpressioni si ha un largo utilizzo dell’avanzamento del margine sinistro della pagina, il che comporta spesso anche uno spostamento sintattico che crea una cesura di significato e visuale tra le partizioni come si può notare in tutte le poesie che ho analizzato. Esso può essere singolo, di un solo verso cioè, o di un blocco, tutto alla stessa distanza dal margine sinistro della facciata, o progressivo. Lo spostamento di margine singolo evidenzia un singolo verso che si predispone ad essere chiusura di un concetto come nel caso di Sere del dì di festa 1 nel verso 5 (che evidenzia anche la chiusura di un climax) o crea uno scalino tra un concetto e l’altro come in Sopra i colli di Este nel verso 23 e al verso 35, dove c’è di nuovo l’utilizzo di questa tecnica come chiusura di un climax, oppure una chiusura come in Per altri venti, fuori rosa versi 10 e 15. Lo spostamento di margine di un blocco evidenzia appunto un blocco sintattico con un effetto simile a quello di una strofa come in Sere del dì di festa (versi dal 13 al 18 e dal 21, 26) un evento che in questa poesia crea anche un parallelismo dato anche dall’anafora dei versi 6 e 19. Lo spostamento progressivo evidenzia il più delle volte un climax come gli ultimi 10 versi di Sere del dì di festa o in (After Hours) dove questa tecnica indica una progressione di significato. In alcune poesie sono utilizzati dei grafismi che sono indice a parer mio di uno spostamento da significante a significato in una considerazione del segno come visualmente percepibile e concettuale. Ciò lo si può notare in Sere del dì di festa e in (After hours); in questa ultima i grafismi sono posti anche al posto delle parole nel verso 15.

5.2 Commento metrico I versi sono dei più svariati, i più utilizzati sono l’endecasillabo, il novenario, il settenario e i versi doppi quali il settenario doppio o il senario doppio e molti versi che presentano un numero di sillabe che potrebbe ricondurre ad un verso lungo composto, ma quasi mai individuabile con certezza assoluta. Le rime più utilizzate sono la rima baciata, la rimalmezzo, la rima martellante con una funzione simile a quella vista prima nello spostamento del margine sinistro: ribadiscono la chiusura di un concetto. Un espediente utilizzato abbastanza diffusamente nelle poesie da me analizzate è la allitterazione che dà un’idea progressiva della parola che va a crescere. Come vanno a crescere le assonanze e le

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consonanze nella stesura di una poesia trovando una chiusura più volte in una delle rime sopra citate.

5.3 Commento stilistico Inizio con una citazione dello stesso Zanzotto tratta da La Beltà più precisamente dalla poesia Retorica su: lo sbandamento, il principio «resistenza» […] una sola parola che diceva E diceva il dire E diceva il che. E. Congiungere. Con.16

Di retorica in Sovrimpressioni ne ha usata molta, soprattutto l’anafora il climax e l’epanalessi. Tutte figure retoriche che si basano sulla ripetizione delle parole che ridondando il concetto lo rendono più incisivo e utile alla contemplazione del significante amplificato, quindi un ritorno al passato ma con un’ottica moderna e contemporanea. È da notare l’utilizzo di neologismi e termini tecnici che rendono l’idea del lavorio sulla parola, della volontà di precisione espressiva del suo magma interiore. Però una figura retorica anche essa utilizzata da Zanzotto è l’anadiplosi, anche se quasi impercettibilmente in un fluire quasi del tutto chiaro, quindi memore della distanza tra significante e significato.

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A. ZANZOTTO, le poesie e le prose scelte, a cura di STEFANO DAL BIANCO e GIAN MARIO VILLALTA,

,Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 1999, pag 307

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Bibliografia zanzottiana primaria

A. ZANZOTTO, Dietro il paesaggio, Milano, Mondadori, 1951 A. ZANZOTTO, Elegia e altri versi, con una nota di Giuliano Gramigna, Milano, Edizioni della Meridiana, 1954 A. ZANZOTTO, Vocativo. Versi, Milano, Mondadori, 1957; 1981. A. ZANZOTTO, IX Ecloghe, Milano, Mondadori, 1962. A. ZANZOTTO, Sull’altopiano. Racconti e prose. 1942-1954, Vicenza, Neri Pozza, 1964 A. ZANZOTTO, Sì ancora la neve, Verona, Editiones Dominicae, 1967 A. ZANZOTTO, La beltà, Milano, Mondadori, 1968 A. ZANZOTTO, Gli sguardi, i fatti e Senhal, Pieve di Soligo, Tip. V. Bernardi, 1969 A. ZANZOTTO, A che valse? (Versi 1938-1986), Milano, Allegretti di Campi, 1970 A. ZANZOTTO, Ottorino Stefani, con Giuseppe Marchiori, Bologna, Galleria Forni, 1972 A. ZANZOTTO, Pasque, Milano, Mondadori, 1973 A. ZANZOTTO, Poesie (1938-1972), Milano, Mondadori, 1973 A. ZANZOTTO, Filò. Per il Casanova di Fellini, con una lettera e cinque disegni di Federico Fellini, Venezia, Edizioni del Ruzante, 1976 A. ZANZOTTO, Sovraesistenze, Pesaro, Edizioni della Pergola, 1977 A. ZANZOTTO, Il galateo in bosco, Milano, Mondadori, 1978 A. ZANZOTTO, Mistieròi. Poemetto dialettale veneto, Feltre, Castaldi, 1979 A. ZANZOTTO, La storia dello zio Tonto, Teramo, Lisciani & Giunti, 1980 A. ZANZOTTO, Filò e altre poesie, Roma, Lato side, 1981 A. ZANZOTTO, La ragazza d’osteria. Imitazione dalla “Copa” dell’”Appendix vergiliana”, Milano, Scheiwiller, 1982 A. ZANZOTTO, Fosfeni, Milano, Mondadori, 1983 A. ZANZOTTO, Mistieròi/Mistirùs, con traduzione in friulano di Amedeo Giacomini e una postfazione di David Maria Turoldo e tre acqueforti di Giuseppe Zigaina, con cassetta sonora, Milano, Scheiwiller, 1984 A. ZANZOTTO, Idioma, Milano, Mondadori, 1986 A. ZANZOTTO, Poesie (1938-1986), Torino, L’Arzana, 1987 A. ZANZOTTO, Cori per il film E la nave va, Milano, Libri Scheiwiller, 1988 A. ZANZOTTO, Racconti e prose, Milano, Mondadori, 1990. A. ZANZOTTO, Fantasia di avvicinamento, Milano, Mondadori, 1991 A. ZANZOTTO, Poesie (1938-1986), Milano, A. Mondadori, 1993 A. ZANZOTTO, Aure e disincanti del Novecento letterario, Milano, Mondadori, 1994 A. ZANZOTTO, Europa, melograno di lingue, Venezia, Società Dante Alighieri, Comitato venezianoUniversità degli Studi di Venezia, 1995 A. ZANZOTTO, Sull’altopiano e prose varie, Vicenza, Neri Pozza, 1995 A. ZANZOTTO, Meteo, Roma, Donzelli, 1996 A. ZANZOTTO, Erbe amare, Como, Lythos, 1996 A. ZANZOTTO, La storia del Barba Zhucon, Mantova, Corraini, 1997 A. ZANZOTTO, Le poesie e prose scelte, Milano, Mondadori, 1999 A. ZANZOTTO, Ipersonetto, Roma, Carocci, 2001 A. ZANZOTTO, Sovrimpressioni, Milano, Mondadori, 2001 A. ZANZOTTO, Colloqui con Nino, a cura di, Pieve di Soligo, Edizioni grafiche V. Bernardi, 2005 A. ZANZOTTO, Dal paesaggio, Udine, Edizioni del tavolo rosso, 2006 A. ZANZOTTO, Eterna riabilitazione da un trauma di cui s’ignora la natura, Roma, Nottetempo, 2007 A. ZANZOTTO, Sull’altopiano. Racconti e prose (1942-1954). Con un’appendice di inediti giovanili, SanCesario di Lecce, Manni, 2007 A. ZANZOTTO, Viaggio musicale, con DVD, Venezia, Marsilio, 2008. A. ZANZOTTO, Conglomerati, Milano, Mondadori, 2009 A. ZANZOTTO, In questo progresso scorsoio, Milano, Garzanti, 2009


A. ZANZOTTO, Qualcosa di necessariamente futile. Parole su vecchiaia e altro tra un poeta e uno psicoanalista, con Arcangelo Dell’Anna, Reggio Emilia, Anemos, 2009 A. ZANZOTTO, Il cinema brucia e illumina. Intorno a Fellini e altri rari, Venezia, Marsilio, 2011 A. ZANZOTTO, Tutte le poesie, Milano, Oscar Mondadori, 2011 A. ZANZOTTO, Ascoltando dal prato. Divagazioni e ricordi, Novara, Interlinea, 2011 A. ZANZOTTO, Il vero tema, Milano, Cento amici del libro, 2011

Monografie GIULIANA NUVOLI, Andrea Zanzotto, La Nuova Italia, Firenze 1979, pp. 132 PIERO FALCHETTA, Oculus Pudens. Venti anni di poesia di Andrea Zanzotto (1957-1978), Francisci, Abano Terme (PD) 1983, pp. 166 LUCIA CONTI BERTINI, Andrea Zanzotto o la sacra menzogna, Marsilio, Venezia 1984, pp. 162 BEVERLY ALLEN, Verso la “beltà”. Gli esordi della poesia di Andrea Zanzotto, traduzione di Anna Secco, Corbo e Fiore, Venezia 1987, pp. 233 JOHN P.WELLE, The poetry of Andrea Zanzotto, Bulzoni, Roma 1987, pp. 138 CLAUDIO PEZZIN, Zanzotto e Leopardi. Il poeta come infans, Cooperativa Editrice Nuova Grafica Cierre, Verona 1988, pp. 152 MARIA GRAZIA LENISA, Il segno trasgressivo (Giorgio Bàrberi Squarotti e Andrea Zanzotto), Bastogi, Foggia 1990, pp. 115 ROBERTO PIANGATELLI, La lingua il corpo il bosco. La poesia di Andrea Zanzotto, prefazione di Emerico Giachery, Verso, Macerata 1990, pp. 131 LUIGI TASSONI, Il sogno del caos. “Microfilm” di Zanzotto e la geneticità del testo, Moretti & Vitali, Bergamo 1990, pp. 113 VELIO ABATI, L’impossibilità della parola. Per una lettura materialistica della poesia di Andrea Zanzotto, Bagatto, Roma 1991, pp. 206 GIAN MARIO VILLATA, La costanza del vocativo. Lettura della “trilogia” di Andrea Zanzotto, nota introduttiva di Emilio Mattioli, Guerini e Associati, Milano 1992, pp. 134 VIVIENNE HAND, Zanzotto, Edinburgh University Press, Edinburgh 1994, pp. 233 VELIO ABATI, Andrea Zanzotto. Bibliografia 1951-1993, Giunti (“Fondazione Luciano Bianciardi. Quaderni 1”), Firenze 1995 UMBERTO MOTTA, Ritrovamenti di senso nella poesia di Zanzotto, Vita e Pensiero, Milano 1996, pp. 180 GRAZIELLA SPAMPINATO, La musa interrogata. L’opera in versi e in prosa di Andrea Zanzotto, Hefri, Milano 1996, pp. 248 STEFANO DAL BIANCO, Tradire per amore. La metrica del primo Zanzotto 1938-1957, presentazione di Pier Vincenzo Mengaldo, Maria Pacini Fazzi, Lucca 1997, pp. 202 PETER WATERHOUSE, Im Genesis-Gelände. Versuch über einige Gedichte von Paul Celan und Andrea Zanzotto, Urs Engeler, Basel-Weil am Rhein-Wien 1997, pp. 92 MAIKE ALBATH FOLCHETTI, Zanzottos Triptpychon. Eine Studie der Sammlungen “Il Galateo in Bosco”, “Fosfeni” und “Idioma”, Gunter Narr. Tübingen 1998, pp. 298 JEAN NIMIS, Un “processus de verbalisation du monde”: perspectives du sujet lyrique dans la poésie d’Andrea Zanzotto, Berne, Éd. Peter Lang (Coll. «Franco-Italica»), 2006. 440 p. FRANCESCO CARBOGNIN, L’«altro spazio». Scienza, paesaggio, corpo nella poesia di Andrea Zanzotto, con una poesia inedita e un saggio “disperso” di A. Zanzotto, Varese, Nuova Magenta, 2007, pp. 266

Di riferimento GAIO VALERIO CATULLO (traduzione a cura di) Mario Ramous, Le poesie, Garzanti, 1975 GIACOMO LEOPARDI, Opere, a cura di Giovanni Getto commento di Edoardo Sanguineti Milano, Mursia editore


Manualistica P. G. BELTRAMI, Gli strumenti della poesia, Bologna, Il Mulino, 1996 F.MUZZOLI, Le teorie della critica letteraria, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1994 BRUNO GALLOTTA, Manuale di poesia e musica, Milano, Ruggitieni Editore, 2001

Emerografia «L’immaginazione», numero 230, (maggio 2007) «Poesia», numero 135, (gennaio 2000) «Poesia», numero 154, (ottobre 2001)

Sitografia Maurizio Chierici «Corriere della Sera», (10 luglio 2001) www.zam.it/3.php?libro=8804479078&id_autore=95 clarence.dada.net/contents/cultura-spettacolo/societamenti/speciali/010628specchio/ www.vicoacitillo.net/recen/archi/168.html www.societaaperta.it/biblioteca/sovrimpressioni.htm www.mps.it/La+Banca/Visita+Virtuale/Sale+interne+-+Piano+terreno/Sala+del+Ciarlatano/ La+Carit%C3%A0+romana.htm www.italialibri.net/opere/sovrimpressioni.htm lnx.whipart.it/letteratura/3608/poesia-zanzotto-sovrimpressioni-florabotta.html Giuseppe Genna, (14Settembre 2003)


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