Methods | Nuvole di cambiamento nell'atmosfera creativa piemontese

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MASTER DEI TALENTI 2010/2011

Titolo del progetto: Methods: nuvole di cambiamento all’interno dell’atmosfera creativa Piemontese Area disciplinare: Scienze politiche e sociologiche

RELAZIONE DI FINE ATTIVITÀ

Borsista: Giuseppe Fiore Tutor accademico: Walter Santagata Economia dei beni e delle attività culturali Ente cofinanziatore: Love Difference Movimento Artistico per una politica intermediterranea

FEBBRARIO 2012

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INTRODUZIONE Il percorso di questa ricerca si avvale di molte visioni e correnti di pensiero. Partendo dalla visione sull’arte di Michelangelo Pistoletto che mette l’artista in comunicazione con il mondo, passando per la visione di Love Difference e di Artway of thinking che concentrano l’attenzione sulla creatività e la sua espressione attraverso il singolo nel collettivo generando nuovi punti di vista e bene comune. Non ultimo si aggiunge il modello dell’atmosfera creativa. Questo modello propone l’arte e la creatività come motori di innovazione e economia. Attraverso queste visioni sono stati individuati progetti del territorio piemontese che potessero fornire un termometro dei contenuti che la creatività promuove e che poi si spingono verso la creazione di economia, ma soprattutto di benessere e qualità della vita. Le direttive che ne sono emerse presentano un quadro attento al territorio e alla piccola scala come riferimento d’azione. Le progettazioni indagate rilevano un interesse verso quelle fasce emergenti di nuova cittadinanza dalla quale non si può più prescindere per conoscere le dinamiche della società. I progetti selezionati sviluppano nuove forme di economia per far fronte alla mancanza di fondi, in maggior parte pubblici, che ne garantiscono la sopravvivenza. Si sono innescate forme di scambio che in alcuni casi sono state teorizzate e costituiscono a pieno titolo una teoria economica. Questi processi si sono dimostrati capaci di guidare i gruppi che coinvolgono verso l’indeterminato e il nuovo innescando nuove dinamiche motivazionali e di innovazione che permettono la nascita di nuove idee.

Ringrazio Love Difference per l’esperienza umana e lavorativa che mi ha donato; il professor Santagata per il supporto; Artway of thinking per i contenuti, ma a maggior ragione per la consapevolezza che mi hanno dato occasione di raggiungere, a Noemi Satta che è stata per me una mappa vivente della creatività piemontese. Un ringraziamento a tutte le persone che ho incontrato per conoscere meglio i progetti, Ho visto un Piemonte ricco di bellezza, fascino e creatività.

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CAPITOLO 1 Nella prima parte della ricerca sono illustrati il percorso storico e gli apporti contenutistici e metodologici che hanno permesso la nascita del laboratorio Methods: - Il pensiero artistico di Michelangelo Pistoletto - Le prime edizioni del laboratorio dal 2004 al 2008 ideate da Love Difference

Perché Methods Il percorso di ideazione della metodologia e delle modalità del laboratorio Methods parte innanzitutto dalla visione artistica di Michelangelo Pistoletto, presentata nel testo programmatico Progetto Arte del 1994. Questo testo rivela a distanza di quasi dieci anni il suo valore profetico e precorritore delle nuove istanze della cultura contemporanea.

Progetto Arte si fonda sull’idea che l’arte è l’ espressione più sensibile ed integrale del pensiero ed è tempo che l’artista prenda su di sé la responsabilità di porre in comunicazione ogni altra attività umana, dall’economia alla politica, dalla scienza alla religione, dall’educazione al comportamento, in breve tutte le istanze del tessuto sociale. [...] Un motto in questo senso è eliminare le distanze mantenendo le differenze. (Pistoletto, 1994)

In queste righe è riscontrabile la posizione dell’artista come nodo di incrocio tra le direttive che le diverse discipline umane intraprendono per permetterne il dialogo e la contaminazione. Il percorso di Methods, nella sua costruzione metodologica, è approdato al coinvolgimento di molte discipline per permetterne l’eliminazione delle distanze e la reciproca conoscenza. L’eliminazione delle distanze permette lo scambio di visioni, metodi e strumenti. Eliminare le distanze mantenendo le differenze è

uno degli enunciati di Michelangelo Pistoletto che l’associazione Love Difference

decide di abbracciare per progettare la sua azione di cambiamento sociale responsabile.

Si apre un laboratorio il cui proposito è quello di formare un nucleo embrionale di energia che possa essere comunicata al di fuori di un ristretto campo. Cioè raccogliere le pulsioni creative che cercano il contatto tra le innumerevoli potenzialità esistenti benché inespresse: per creare in conseguenza dei canali di collegamento che debbono formare la struttura sferica della società umana sul pianeta. (Pistoletto, 1994) 3


Michelangelo Pistoletto usa la parola laboratorio per indicare proprio il luogo dove raccogliere le pulsioni creative che ogni campo umano produce per collegarle, renderle visibili, fruibili e continuamente ri - configurabili. Methods, lungo il suo processo di ideazione metodologica e di perseguimento di risultati, ha risposto a questa visione proponendo una riflessione che lungo gli anni ha spostato la sua attenzione dall’ambito prettamente artistico a quello multi - disciplinare.

Amare le differenze, può essere un altro slogan di Progetto Arte, il che non significa pensare a regole rigide di uniformità ed eguaglianza, ma l’articolazione estensiva delle diversità. Infatti il progetto non consiste in un disegno prestabilito e formalizzato, ma in un segno libero e dinamico, fluido e flessuoso che si inserisce tra le vecchie trincee come capillare connessione del tessuto di un corpo nuovo che si disegna da sé nella molteplicità delle sue cellule. (Pistoletto, 1994)

Love Difference rappresenta in maniera non solo linguistica la scelta di amare le differenze. In questo ambito le differenze rappresentano tutto quel patrimonio di contenuti e visioni che storicamente sono pensati come opposti o non comunicanti. L’atteggiamento che viene richiesto è quello del sentimento amoroso inteso come avvicinamento e facilitazione del dialogo. Il percorso di Methods svelerà come la sovrapposizione delle differenze crea nuovi ambiti di relazione, scambio e sorpresa. Il percorso che Michelangelo Pistoletto progetta è dinamico, fluido e flessuoso. Methods è un progetto in progress proprio perché i contesti che analizza e pone in connessione sono sempre nuovi, inediti e mai conclusi. Così come l’espressone umana può trovare infinite realizzazioni allo stesso modo la riflessione di Methods si integra e si ri - configura grazie all’apporto di nuove discipline. L’immagine che Michelangelo Pistoletto assegna al Progetto Arte è quello della connessione cellulare che assumerà come simbolo grafico della sua fondazione. Il logo di Cittadellarte è formato da un insieme di cellule in relazione. Ogni cellula rappresenta un uffizio (gli uffici operativi della fondazione). Questa immagine verrà ripresa all’inizio del percorso di Methods, con Geografie della trasformazione che rappresenterà il proprio network attraverso una serie di cerchi in connessione.

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Geografie della Trasformazione Durante la rassegna Arte al centro viene allestita una parete che rappresenta una mappa di artisti, organizzazioni, fondazioni e istituzioni internazionali collegate a Cittadellarte. Questi topoi ovvero luoghi di trasformazione sono luoghi non solo fisici, ma anche di pensiero e di progettazione in cui si realizzano incontri e si sviluppano relazioni che attraversano frontiere disciplinari e sociali. Luoghi che si formano attraverso lo scambio, la relazione, la condivisione di progetti indirizzati ad una responsabile trasformazione della società. Il criterio per la selezione di questi luoghi ha avuto come riferimento la struttura interna di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto. La Fondazione è strutturata in uffizi ovvero nuclei operativi di progettazione che si occupano di realizzare progetti in diversi ambiti dell'agire umano: dalla spiritualità alla politica. La ricerca sviluppata da Geografie della trasformazione è quindi partita proponendo ai vari uffizi di segnalare progetti o singoli artisti che fanno parte della loro rete di collaborazioni. Il filtro di partenza per la selezione ha sposato a pieno la missione della fondazione: il cambiamento sociale responsabile della società. Particolare attenzione è stata dedicata a quei progetti che utilizzano la creatività come mezzo e stimolo al cambiamento responsabile. I novanta luoghi della trasformazione che furono identificati da Cittadellarte, riportati in uno spazio espositivo su altrettanti cerchi in plexiglass di colori diversi, furono differenziati in sei categorie: artisti, progetti, imprese, enti governativi, non governativi, musei e fondazioni d’arte. All’interno della mostra furono segnalati alcuni tracciati di connessioni, scelti per approfondire specifiche relazioni e progetti relativi. I criteri di selezione possono essere ricercati ulteriormente nel questionario sottoposto ai responsabili dei diversi uffizi della fondazione per avere informazioni sui progetti.1 Nella prima domanda vengono richiesti i parametri fondamentali attraverso il quale ogni ufficio seleziona i propri collaboratori, nella seconda vengono richiesti gli strumenti attraverso i quali il progetto presentato riesce a rendere espliciti e operativi tutti o parte dei criteri precedentemente esposti. Le domande successive mirano a identificare soggetti, personalità o insieme di soggetti che possano essere interessanti al fine della ricerca. Una domanda chiede di selezionare le pubblicazioni e le riviste di riferimento per il settore specifico nel quale l'uffizio opera in modo da poter fruire di una bibliografia di riferimento. Le organizzazioni selezionate presentano un patrimonio valoriale che traccia un primo solco su 1 QUESTIONARIO PER GEOGRAFIE DELLA TRASFORMAZIONE, Archivio Love Difference, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella, 2004. 5


quelli che diverranno nel tempo le tematiche principali di Methods o comunque elementi fondamentali della ricerca: ! Stimolare e promuovere l'adozione di sistemi di produzione, commercializzazione e consumo che favoriscano la solidarietà, la reciprocità, l'inclusione sociale, la sostenibilità ambientale, la responsabilità sociale d'impresa, il commercio equo, l'imprenditoria. ! Promuovere pari opportunità per il pieno sviluppo delle persone e delle comunità, accesso a professioni dignitose, pubblici servizi, e beni di alta qualità in un contesto che sostenga e promuova i diritti umani. ! Promuovere una relazione armoniosa tra le persone e la natura, contribuendo a proteggere la biodiversità, la gestione integrata delle risorse naturali e una visione dell'acqua come servizio pubblico per la generazione attuale e per quelle future. ! Facilitare la partecipazione attiva da parte della società civile, ricercare l'accordo tra i diversi attori per incoraggiare lo sviluppo dei sistemi pubblici e politici. ! Networking finalizzato allo scambio di buone pratiche e alla conoscenza di progetti innovativi. Sviluppo di nuovi talenti. Scambio e implementazione di idee. Approccio multidisciplinare. ! Consapevolezza degli aspetti sociali e politici delle azioni culturali con una policy e un impegno concreto per le equità delle opportunità. ! Utilizzo di nuove piattaforme del web 2.0 che permettono lo scambio in tempo reale di contenuti e competenze.

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Methods 2004 - 2006 - 2008 L'intento di Methods – Progetto di ricerca delle relazioni tra arte e società nelle sue prime edizioni biennali dal 2004 al 2008 è stato quello di stimolare la discussione di quelle realtà che a livello internazionale usano la creatività come strumento di attivazione di un cambiamento sociale responsabile della società. Il laboratorio ha messo a confronto progetti basati sull'interazione tra soggetti all'interno del contesto sociale, progetti che partendo da un problema specifico hanno creato nuovi scenari e piattaforme di scambio all'interno della comunità tra soggetti pubblici e privati. L'intento è stato investigare le metodologie e i processi sviluppati da progetti artistici finalizzati al cambiamento sociale. Methods in questi anni di attività ha promosso soggetti che usano la creatività come mezzo per risolvere problemi sociali attraverso modelli sostenibili e partecipativi. Methods ha dato visibilità a queste pratiche basate sulla relazione tra arte e partecipazione per valorizzare le potenzialità dei soggetti. Allo stesso modo ha promosso l'integrazione tra discipline e organizzazioni internazionali che lavorano sul fronte dell'arte responsabile. Nel panorama artistico sono già presenti numerosi progetti creativi per il bene comune. La considerazione cha ha portato alla nascita di Methods è che tutti questi progetti risultavano manchevoli di una identità determinata. Questo portava l'opinione comune e il sistema artistico a non comprenderne le potenzialità e a non ottenere il giusto riconoscimento per i risultati ottenuti. Una considerazione che nel clima artistico di quegli anni risulta originale ed innovativa. Lo scopo è indagare e permettere a vari enti e ai singoli artisti di creare una rete sostenibile che coincida con progetti sostenibili per il bene comune. Vengono particolarmente presi in considerazione: lo scambio di valori alla base dei progetti; l'opportunità di trovare elementi comuni tra i vari soggetti; l'integrazione di differenti approcci; l'allineamento del linguaggio. Lo scambio di valori, sottende la considerazione del fatto che alla base di un progetto per il bene comune si abbia bisogno di valori condivisi. L'idea collettiva che fa da sostrato ai progetti richiede che gli operatori del progetto e i partecipanti condividano gli stessi intenti e che siano a conoscenza dei valori che il progetto vuole indagare e forse in qualche maniera modificare o implementare all'interno del suo raggio d'azione. Mettere in comune tra diversi progetti questi valori permette ai progettisti, agli artisti di poter trovare non solo nuove ispirazioni, ma nuovi approcci al loro lavoro. La ricerca di elementi comuni è una esigenza che parte da lontano. Già nella analisi svolta da Cittadellarte per Geografie della trasformazione si era alla ricerca non solo di collegamenti 7


all'interno della rete, ma anche di caratteristiche comuni che aprissero la strada alla comunicazione intesa sia come conoscenza tra le parti ma soprattutto come azione comune, come possibilità di operare all'interno del sociale aggregando le forze. Questa caratteristica non abbandonerà il percorso di Methods, verrà declinata in altre forme alla continua ricerca di nuovi punti di vista dai quali partire giungendo sempre a definizioni provvisorie e in continuo cambiamento. Ogni artista, ogni operatore, ogni singola persona ha dentro di se approcci alle situazioni legate alla propria esperienza di vita. Mettere in comune queste visioni del mondo permette una integrazione, ovvero migliorare ed arricchire ciò di cui si è già portatori. Questo permette di partecipare ad un opera complessiva e collettiva, che ha come finalità migliorare la qualità dei futuri progetti. In un campo sino a quell'epoca poco esplorato a livello speculativo, si evince la mancanza di un linguaggio specifico e condiviso. Una caratteristica di questi anni di Methods è quella di costruire assieme agli operatori, un campo semantico e linguistico che permetta lo scambio di informazioni e di pratiche senza incorrere in difficoltà dovute all'utilizzo di termini o troppo tecnici o non adeguati al contesto. In questo senso le edizioni di Methods hanno sviluppato un programma trasversale: mettere insieme progetti di diverse parti del mondo dandogli visibilità e una opportunità di riflessione sulla loro identità. Uno degli intenti del progetto per questi primi anni è quello di riuscire anche a creare una rete di cooperazione, ampliando così le connessioni e il network già emerso da Geografie della trasformazione. Diviene così una occasione importante per gli argomenti che comprendono l'arte sociale a livello didattico, poiché un centro di documentazione sull'arte sociale non era presente in quel momento storico a livello europeo. La volontà dei progettisti è quella di dare visibilità a quei progetti che presentano un forte impatto politico, non va dimenticato che Love Difference rappresenta all'interno dell'organizzazione di Cittadellarte e della volontà di Michelangelo pistoletto, l'ufficio politica. La modalità che accomuna tutti i progetti è quello di cercare di risolvere le problematiche sociali emergenti attraverso la partecipazione creativa di quelle persone che sono immerse nelle problematiche stesse. La possibilità che questi progetti hanno avuto di dialogare e condividere scelte politiche e argomentazioni di base vuole essere, negli intenti del laboratorio, la base per future, più consapevoli e sostenibili progettualità. La selezione dei progetti partecipanti è stata svolta utilizzando parametri comuni come la metodologia di progetto, i legami e le collaborazioni attuate, la trasformazione sociale raggiunta, la sostenibilità, l'internazionalità e la multidisciplinarietà. 8


Con la parola metodologia in quegli anni della ricerca si intende come il gruppo di artisti ha lavorato in merito alla richiesta di un processo creativo all'interno di un contesto sociale, le modalità utilizzate per coordinare i differenti aspetti del progetto durante il corso degli anni, come sono state coordinate le persone all'interno del progetto e come il contesto sociale si è sviluppato in modo interdisciplinare. E' stato inoltre valutato l'apparato teoretico del progetto, molto spesso carente. Un progetto crea connessioni quando c'è una relazione costante con la popolazione di un territorio, le istituzioni territoriali, le fondazioni culturali, la comunità europea, gli artisti, i cittadini e gli altri portatori di interesse. Questo parametro è legato a quello del reperimento fondi. La trasformazione sociale è il cambiamento concreto che avviene lì dove il progetto si svolge e tra le persone che vi prendono parte. Questo è il parametro più difficile da valutare e monitorare. La sostenibilità, l'internazionalità e l'interdisciplinarietà sono stati requisiti essenziali per la selezione dei progetti. Da una analisi dei testi presentati e delle discussioni affrontate si rileva che i progetti selezionati prediligono l'elemento della partecipazione e della sensibilizzazione al cambiamento sociale. A vario titolo i progetti hanno avuto come area di azione territori delimitati e fette di popolazione circoscritti. Le metodologie di lavoro utilizzate sono state diverse, e molto diversi gli approcci che i collettivi e i singoli artisti hanno utilizzato sul concetto di partecipazione. Resta alta l'attenzione in questa edizione di Methods a progetti prettamente artistici di partecipazione. La struttura del laboratorio permetteva agli intervenuti di presentare il proprio progetto in una relazione per poi affrontare una discussione assieme agli altri operatori presenti.

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CAPITOLO 2 In questo capitolo si presenta l’evoluzione metodologica che il laboratorio Methods vive nella sua edizione del 2010 con la collaborazione con Artway of thinking. Methods 2010: Una evoluzione nella ricerca L'ultima edizione di Methods svoltasi nel Maggio del 2010 costituisce un passaggio importante nella ricerca condotta negli anni precedenti. A Love Difference si affianca Artway of thinking. L'unione di queste due associazioni permette il passaggio ad una analisi dal taglio maggiormente pluridisciplinare. La prospettiva del laboratorio non è quella di trovare una metodologia unica ed universale, bensì fornire l'opportunità a differenti discipline e sperimentazioni di incontrarsi e condividere punti di vista, strumenti e approcci nel loro campo d'azione, lasciando sempre aperta la discussione. L’articolato percorso artistico di Artway of thinking nasce nella seconda metà degli anni ’60, per poi costituirsi ufficialmente in associazione nel 1996. La riflessione che Artway propone si può condensare nella loro definizione di community based pubblic art project. I principi del metodo presentati da Artway sono: - La realtà è una questione di punti di vista - Ogni creazione è il riflesso del creatore, sia individuo sia gruppo - La creatività è un’energia disponibile in ogni individuo consapevole - L’atto creativo consapevole contribuisce alla crescita - Il primo gruppo è interno all’individuo - La co - creazione è un processo di risveglio - Una azione è sostenibile nella misura in cui sono in equilibrio risorse, limiti e potenzialità del sistema sé - ambiente. Questa teoria è una riflessione tra discipline che parte dalla esperienza umana. Il metodo di lavoro di questo duo di artiste è stato tradotto in un diagramma operativo molto efficace. Al centro della progettazione c’è la persona rappresentata come soggetto in dialogo già all’interno di se stesso. Le parti del sé in dialogo sono: intelletto, emozioni, corpo e energia. Queste parti non vanno considerate come esclusive e non comunicanti. C’è un continuo movimento di relazione tra le parti. Il soggetto è posto in relazione con il contesto in un dialogo con l’ambiente, quello che potremmo definire frame di riferimento. Alle quattro parti del sé corrispondono in relazione all’ambiente le conoscenze, le relazioni, le risorse e le potenzialità. Queste quattro parti si riflettono nella progettazione che si può sintetizzare in quattro azioni: osservazione, co - generazione, azione, 10


integrazione. Queste quattro fasi principali della metodologia proposta da Artway vengono poi esplicitate in azioni successive di progettazione che permettono di realizzare e verificare un progetto finalizzato al bene comune. Queste azioni rappresentano un circolo che si auto - genera dando inizio ad un nuovo processo che permette la nascita di contesti inediti di trasformazione. La realtà rappresenta il punto di partenza per la progettazione. Un processo parte da un bisogno espresso dal sistema all’interno del quale il progettista si trova a vivere. Di questo il progettista fa una lettura personale legato alla sua storia. Il principio di Artway che esprime questo concetto è che ogni creazione è il riflesso del creatore, sia individuo sia gruppo. Da questa lettura nasce l’ispirazione che trova realizzazione nelle azioni concrete messe in atto. Le azioni devono essere sostenibili, quindi attente all’equilibrio delle risorse. Questo processo genera consapevolezza, e nascita di nuovi contesti. La nuova realtà generata è pronta a innescare un nuovo processo. Ciò che nelle precedenti edizioni di Methods ha caratterizzato la ricerca era l'attenzione alle relazioni tra arte e società, investigare le metodologie usate nei processi collettivi con l'intento di ottenere una trasformazione sociale responsabile generata principalmente da un individuo o da un gruppo di artisti. Questa quinta edizione allarga il campo di ricerca a tutte quelle discipline e professionalità che entrano in gioco in processi di cambiamento sociale con la finalità di condividere e scambiare conoscenze, strumenti e approcci. Scambio inteso come contributo alla trasformazione sociale e alla creazione di un network di conoscenze condivise. Un primo elemento emergente nella scelta dei partecipanti è la diversità come piattaforma per creare nuove strutture di pensiero. Le comunità creative hanno bisogno di differenti personalità di tipo psicologico e di diverse discipline disposte ad abbandonare il proprio campo d'azione ordinario per tentare strade straordinarie, fuori dai sentieri già battuti. La diversità ha fornito punti di vista molto differenti e in alcuni casi incongruenti sulle tematiche trattate. Il gruppo di lavoro condividendo spazi e tempi ha permesso alle idee affermate di poter circolare e essere ri - condivise e riviste dal gruppo. Il tentativo proposto dalla ricerca di Methods nel 2010, propone rispetto agli anni precedenti una maggiore partecipazione degli esperti chiamati a portare il proprio contributo. Partecipazione intesa come completa immersione dei partecipanti nel lavoro del laboratorio che si è svolto in cinque giornate. Il singolo è chiamato ad esprimere la propria creatività all'interno di un ambito collettivo e a mettersi in ascolto e rielaborare ciò che le singole unità riescono ad apportare al gruppo. Una sorta di continua composizione e scomposizione delle idee, proposte, rielaborate e ri - espresse. 11


Modalità e partecipanti Il laboratorio ha visto la partecipazione di 33 esperti di differenti discipline provenienti da differenti parti del mondo. La forma di lavoro scelta per il laboratorio è stata quella di proporre delle brevi ed intense presentazioni da parte degli esperti, successivamente rielaborate da gruppi di lavoro multipli che hanno avuto l'opportunità di considerarne ulteriormente i contenuti. In ultima fase, alla fine della trattazione di ogni tematica, un esponente per gruppo ha riportato a tutta l'assemblea i contenuti rielaborati. Sono giunte numerose richieste di partecipazione al laboratorio. Di queste le persone selezionate che hanno fornito la base contenutistica ed emozionale a Methods sono stati: - Eliana Brizio, Centro Noosoma - Stefano Collizzolli, Zalab - Marco De Barba e Nicola Mancon, Caccadura - Claudia Eipeldauer, Wochenklausur - Aliaa El Gready, Gudran association for Art and Development - Emilio Fantin, artista - Guido Ferilli, IULM - Timothée Guicerd, Labforculture - European Cultural Foundation - Mary Jane Jacob, School of the Art Institute of Chicago / Bauhaus University - Maria Rosa Jijon Cetoj, FLASCO Quito - Marco Lampugnani, Snark Space Making - Thomas Legl, EURO TC - Christina Medina, @ tendance - Chris Naylor, Camden Town and Primrose Hill homes and house strategy - Fabio Pettirino, antropologo - Michelangelo Pistoletto, artista - Max Rapkin, chiripratico - Denise Rocca, University of Arts Londra - Emanuele Quintarelli, Open Knowledge - Stefano Schiavo, Lago design - Alessio Sciurpa, wwambient - Daniel Urrea, Medellín Digital - Daniela Uslenghi e Michael Wenger, Hoffman Institute 12


- Maria Zanchi, Publink - Luigi Zanzi, Università di Pavia A questi vanno aggiunti i coordinatori del laboratorio: - Filippo Fabbrica, Emanuela Baldi e Sonia Linke, Love Difference - Stefania Mantovani e Federica Thiene, Artway of thinking. Il particolare aspetto della trasformazione che il laboratorio prende in considerazione è quello di essere spontanea e naturale, un aspetto che è inerente sia agli organismi che ai sistemi complessi. Le domande attorno alle quali sono ruotati i lavori erano: Che tipo di trasformazione può coinvolgere la persona? E la società? Da dove proviene la trasformazione? Quando una trasformazione può essere considerata sostenibilie e metabolizzata? Quali sono le caratteristiche che deve avere una trasformazione per raggiungere il bene comune? Colpisce, sin dall'inizio dei lavori, la motivazione forte cha ha contraddistinto i partecipanti. Da questa propensione si è costruito, lungo il passare delle giornate di lavoro, un clima di forte coinvolgimento emotivo che ha amplificato non soltanto la partecipazione intellettuale, ma ha attivato potenzialità sino ad allora inespresse perché non considerate dal singolo. A questo vanno aggiunte le domande poste alla fine delle conferenze e le discussioni vissute nel momento della condivisione dei lavori di gruppo. Questi scambi hanno permesso ulteriori teorizzazioni e definizioni (mai definitive) sulle tematiche proposte. Molte delle metodologie proposte dagli esperti sono state concretizzate in esperienze pratiche vissute dagli stessi partecipanti al laboratorio. Questa scelta ha permesso di colmare uno iato diffuso tra le strutture che si occupano di fare formazione e ricerca: quello di lasciare solo alla speculazione prettamente tecnica e accademica le tematiche trattate. Il vissuto in prima persona viene spesso relegato in un ambito non solo sperimentale, ma addirittura non indispensabile ai fini della ricerca pura in ambito metodologico. La possibilità di sperimentare uno strumento precedentemente introdotto da un esperto ha permesso non solo di verificarne l'efficacia, ma anche di rafforzarne i contenuti all'interno del vissuto di chi lo sperimenta. Questa tecnica trova il suo avvaloramento negli odierni studi applicati alle neuroscienze e alle metodologie del learning by doing e del hands on brain on. Una scelta metodologica utilizzata dal laboratorio è stata quella di non aprire i lavori a persone esterne al gruppo di esperti selezionati. I gruppi creativi necessitano di un ambiente favorevole, in questo caso innanzitutto all'integrazione tra i partecipanti, che non avendo precedentemente collaborato tra di loro hanno avuto bisogno di un humus favorevole all'integrazione tra le loro 13


singolarità. Questa scelta era tesa a favorire la densa circolazione di informazioni e di idee tra i partecipanti. Methods, per la sua struttura di ricerca, andando ad indagare anche caratteristiche del sé che fanno riferimento alla sfera emotiva, ha contaminato la partecipazione degli esperti su più livelli, liberando energie e potenzialità che essi stessi, sino alla fine del laboratorio, non avrebbero mai pensato di utilizzare. All'interno delle scelte per favorire un ambiente fecondo per l'integrazione di diverse esperienze e conoscenze, anche i momenti conviviali sono stati organizzati in modo da favorire un clima favorevole alla socializzazione e allo scambio. I partecipanti hanno condiviso gli stessi spazi e la dimensione conviviale potendo usufruire della cucina offerta da Cittadellarte, con l'aiuto di cuochi che hanno appositamente cucinato per i partecipanti di Methods dedicando ad essi tempo e introducendo la categoria del dono all'interno dei lavori. La ricerca non ha però vissuto una dimensione totalmente autoreferenziale. All'interno delle sessioni di studio e sperimentazione era presente un gruppo editoriale con il compito specifico di riportare i contenuti che venivano discussi, composti e ricomposti su una piattaforma web, con la possibilità da parte di coloro che hanno seguito i lavori a distanza di poter collaborare commentando le notizie che venivano pubblicate. Il gruppo editoriale si è anche occupato non solo di comunicare, ma anche di documentare i lavori e di fornire ai partecipanti in tempo reale la documentazione sull'andamento delle analisi di gruppo che sono state affrontate. Una persona è stata l'artefice della mappa concettuale, uno strumento davvero interessante all'interno del laboratorio. Durante lo svolgimento delle presentazioni degli esperti e delle domande poste, una grande mappa concettuale con le parole chiave chiamate in causa è stata stesa e implementata. La mappa è stata un importante strumento visivo ed estetico che ha rappresentato l' interconnessione tra le varie discipline e i diversi punti di vista che queste hanno sulle stesse argomentazioni. In più occasioni i partecipanti hanno avuto l'occasione di porre il proprio personale contributo, connesso alla loro esperienza di vita e alle loro conoscenze, all'interno della mappa inserendo connessioni e parole chiave da connettere. La mappa alla fine dei cinque giorni di laboratorio può essere considerata una vera e propria mappa della trasformazione e può essere letta seguendo diversi percorsi contenutistici. Ancora una volta il clima di lavoro ha permesso di poter strutturare questo strumento in modo da permettere ulteriori discussioni all'interno del gruppo. Non emerge all'interno del gruppo di lavoro di Methods una leadership forte di un singolo individuo. La tempistica del lavoro non ha permesso che emergesse. Questo non vuol dire che non 14


si sia instaurata nel gruppo comunque la presenza di una voce autorevole. Questa voce è doppia e fa riferimento ai due gruppi organizzatori del progetto; Love Difference e Artway of thinking, che hanno partecipato attivamente ai lavori contribuendo in maniera sostanziale allo svolgimento dei lavori. Continuando con l'analisi del clima creativo formatosi all'interno del gruppo non vanno tralasciate alcune notazioni che partono da difficoltà tecniche, ma che raccontano di un impegno nella creazione di un sostrato favorevole a stimolare la ricerca. Tenendo conto della provenienza internazionale dei partecipanti la lingua utilizzata per lo scambio è stata l'inglese. Da qui tutta una serie di aiuti, nati spontaneamente tra i partecipanti, per andare in contro a coloro che non conoscevano perfettamente questa lingua. Non sono stati chiamati traduttori esterni, ma a turno gli stessi partecipanti hanno fornito un servizio di traduzione. Questo piccolo elemento, che potrebbe essere considerato insignificante, ha invece contribuito a rafforzare il clima informale preventivato dagli ideatori del laboratorio. Ciò che risulta dall'unione di questi elementi è un forte senso di appartenenza a un gruppo di intenti. Bisogna considerare che questo clima era non solo fondamentale per la buona riuscita del laboratorio, ma difficile da ottenere in pochi giorni di lavoro gomito a gomito. Ogni singolo esperto ha potuto sperimentare la partecipazione in un clima favorevole e impegnativo dal punto di vista intellettuale ed emotivo. Ciò che sembra altamente definito nell'analisi della struttura del laboratorio rappresenta in realtà una forma vuota: gli organizzatori, pur avendo fissato i ritmi degli incontri e delle discussioni, aver posto le basi per un clima informale, aver pensato ad ogni dettaglio per concentrare in pochi giorni una partecipazione totale degli intervenuti; sino alla fine del processo non sono stati sicuri della riuscita e degli output che lo stesso avrebbe prodotto. In altre parole il processo si sarebbe costruito e modificato solo vivendolo e sperimentandolo, e solo alla fine sarebbe stato possibile stabilirne l'efficacia. A questo proposito è importante riportare una figura all'interno del processo che ha contribuito allo stesso proprio descrivendone i risultati e soltanto alla fine: l'osservatore esterno. E' stato dato incarico ad un personaggio esterno ai partecipanti, ma sempre presente ad ogni sessione di lavoro e ad ogni sperimentazione pratica, il compito di osservare la gestione e gli scambi intellettuali ed emotivi del gruppo. Questa figura, pur essendo presente fisicamente ed emotivamente non ha potuto entrate in contatto con i partecipanti risultando la sua posizione del tutto esterna rispetto ai lavori. Alla fine di tutto il processo l'intero gruppo ha potuto ascoltare le sue considerazioni. Questo 15


strumento, all'apparenza particolare, va invece al cuore della pura ricerca: osservare un evento con un occhio esterno e non coinvolto in modo da coglierne quelle sfumature che sfuggono al partecipante. L'incontro di diversi punti di vista fornisce nuove dinamiche di ridiscussione delle posizioni e fa conoscere prospettive e dinamiche che si sono costruite naturalmente, ma che raccontate forniscono un metodo, una strumentazione in più. Una osservazione esterna mette in risalto anche le negatività di un processo che non sono emerse o sono rimaste inespresse. A livello organizzativo, all'interno di un gruppo di lavoro sottoposto ad un ritmo intenso e con una circolazione di informazioni così densa, risulta difficile, ma quasi mai impossibile a livello emotivo, esternare disagi o difficoltà. L'occasione di essere osservati dall'esterno, in modo critico e costruttivo, permette di regolare il tiro in itinere e di non ripresentare dinamiche di difficoltà nel futuro. Il perno centrale, che segna anche il sottotitolo scelto per questa edizione di Methods sono i processi di cambiamento. La parola cambiamento richiama alla possibilità di mettere assieme forme diverse in modo da scomporle per ottenerne di nuove e mai considerate. Il cambiamento pone all'interno della discussione l'indefinito e l'indeterminato. All'interno dei sistemi, dopo le nuove prospettive fornite dalle scienze, il livello di indeterminatezza del rilevamento di alcuni parametri e delle possibilità che il sistema stesso può esprimere deve essere sempre tenuto in considerazione. Il livello di entropia all'interno di un sistema ne caratterizza non solo l'indeterminatezza di alcuni parametri che regolano il sistema stesso, ma anche la capacità che questo si modifichi e cambi.

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CAPITOLO 3 In questo capitolo si presentano i temi trattati nelle giornate di Methods e le loro prospettive nel pensiero contemporaneo.

Persona La prima giornata di metodi ha avuto al centro della propria attenzione la persona. Al centro e quindi come punto di partenza, di ogni cambiamento e di ogni progettazione legata ad esso c’è la persona. I segni di cambiamento avvengono innanzitutto all’interno del soggetto per poi esprimersi nella relazione e nella società. La persona presentata durante il laboratorio e emersa dai focus group è una persona che lavora sull’integrazione. Questa integrazione diviene una lente e una modalità per conoscere e lavorare sull’interno. Un primo elemento da considerare è il valore del dialogo, la persona, il soggetto operante all’interno della società vive di relazioni che lo aiutano ad integrarsi con l’ambiente e con se stesso, ma che sorgono nel soggetto stesso. Il nostro io diviene quindi luogo di relazione e di comunicazione tra le diverse parti che ci compongono le quali sono chiamate a conoscersi e a interagire. I soggetti sono specchio di un dialogo interno. Il sé si compone di quattro parti presentate all’interno del laboratorio dall’ Istituto Hoffman che sono chiamate a dialogare tra di loro a trovare forme di dialogo e conciliazione. Le quattro parti del quale si compone la persona sono il corpo, l’energia, la razionalità e l’emotività. Quando riesce a colloquiare con tutte le parti il soggetto raggiunge la propria consapevolezza. Una consapevolezza che parte innanzitutto da se stessi per poi svilupparti all’esterno. Il dialogo interiore diviene veicolo per l’integrazione del qui ed ora del soggetto, non più in balia degli eventi e delle necessità, ma consapevole e capace di agire e interagire con gli altri e con il mondo. Questo è il punto di partenza fondamentale per il cambiamento. Nella persona è stata identificata la necessità al cambiamento, un bisogno che vive all’interno di ogni essere umano e che si sviluppa secondo le inclinazioni personali. Il cambiamento viene quindi presentato come un atto del tutto naturale. E’ emersa l’attenzione ai processi naturali evolutivi che presentano il cambiamento come elemento imprescindibile e connaturato all’umano. Ne sono un esempio l’evoluzione delle specie, la deriva dei continenti e tutti quei fenomeni che naturalmente portano un cambiamento, fermo restando l’ astensione dal porre a questi mutamenti una etichetta positiva o negativa. Quinti un mutamento inteso come connaturato all’umano. La stessa storia della 17


nostra specie è ricca di episodi di mutamento e di transizione sia per quanto riguarda il nostro processo biologico sia per quello che riguarda il nostro processo storico e di conoscenza. I focus group hanno subito posto l’attenzione e lo spostamento sul contesto collettivo all’interno del quale il cambiamento avviene. Viene affermato che il processo di cambiamento è più facile e maggiormente caratterizzante se avviene all’interno di una situazione collettiva, inclusiva e collaborativa. Anche in questo senso gli studi sul mutamento e sull’evoluzione confermano quanto affermato dai partecipanti. Nella storia evolutiva del genere homo, le conoscenze e le mutazioni genetiche si sono sviluppate in gruppi che hanno poi permesso la contaminazione e la diffusione di geni e di pratiche di adattamento o mutamento dell’habitat in favore di una non estinzione. Un ruolo importante, riemerso nei focus group e presentato dai relatori Uslenghi e Fantin, è quello dell’ espressione, intesa non solo come comunicazione, ma come specchio di ciò che avviene all’interno della persona. L’espressione è il veicolo attraverso il quale il soggetto riesce a mettere in moto la propria creatività che diviene un propulsore delle potenzialità e del cambiamento interno e sterno. L’artista Fantin ha portato l’attenzione sull’inconscio onirico e sulla sua condivisione, al di là di interessi terapeutici. La sua sperimentazione di una comunità di sognatori che condividono le emersioni dei loro sogni è un esempio di una comunità che interagisce su un territorio inesplorato e interessante che rende ancora più intensi e densi i rapporti tra i partecipanti. Alla creatività è stata accomunata la spontaneità in quanto espressione del naturale. Una delle prime forme espressive riscontrabili nella specie umana è proprio quella non verbale attraverso l’uso dell’immagine e della narrazione co figure. L’atto dei primi uomini di esprimere le loro paure e le loro aspirazioni attraverso i tratti su una parete di una caverna è un atto integrato e assolutamente spontaneo. Ciò che è spontaneo e naturale è anche integrato perché risponde, seppur nelle sue imperfezioni, ad un contesto con il quale non è mai in conflitto. In questo senso assume un valore importante il contesto di operazione del singolo che può essere interpretato sia come insieme di persone che interagiscono e anche come insieme ambientale e strutturale nel quale si trova ad operare. Una prima forma di cambiamento della persona che è stato individuato è quello del cambiamento del punto di vista. All’interno degli studi affrontati per la ricerca ho trovato interessante l’affermazione di Gianfranco Bologna all’interno di un suo testo su un cambiamento avvenuto nella società durante lo scorso secolo. L’invio in orbita dei primi satelliti e le prime immagini della terra vista dallo spazio hanno offerto al genere umano un punto di vista del tutto nuovo: il pianeta terra 18


come unità all’interno dell’universo. Osservare il pianeta azzurro dall’esterno ha permesso di comprendere meglio l’interazione che le singole azioni ambientali hanno sulla globalità del clima del pianeta. Questo è un buon esempio della dinamica del cambiamento del punto di vista e delle opportunità che una nuova posizione rispetto agli eventi contribuisca a favorirne l’integrazione. L’osservazione attraverso nuovi filtri e parametri permette di posizionarsi e relazionarsi in maniera differente con il contesto e con le persone. Una discussione affrontata durante il laboratorio ha teso a analizzare il luogo dal quale parte la trasformazione. Occorre un territorio comune, un territorio culturalmente e emotivamente condiviso nel quale poter esplorare e disambiguare i concetti per poterne sviluppare di ulteriori. Si è poi provveduto attraverso la discussione a individuare anche in uno stimolo esterno il potenziale punto di avvio di un cambiamento, sia di tipo sociale sia a livello personale. Nei testi del professor Santagata e del professor De Masi si pone l’attenzione su avvenimenti o semplicemente accenni e sfumature che nel corso della vita di un soggetto hanno poi permesso la nascita e lo sviluppo di idee creative e addirittura innovative. A questo non va mai poi scorporato il potenziale che i gruppi creativi possono sviluppare aggregando forze intellettive e capacità creative che riescono a focalizzare l’attenzione sulle energie che l’epoca e il contesto veicolano e rimandarle sotto forma di nuove elaborazioni e creazione di significati. Una dimensione indagata dalla ricerca di Methods e dai partecipanti è sicuramente quella della spiritualità come elemento connaturato all’umano. Un ulteriore sfaccettatura dell’umano che è stata dibattuta durante il laboratorio è il rapporto con il corpo e la corporeità come specchio del carattere. Il professor Rapkin ha presentato il rapporto tra corpo e stato dell’uomo. Il suo studio si basa sopratutto sull’analisi della postura e di come questa possa avere riscontri sullo stato psicofisico. Il suo approccio all’umano avviene innanzitutto dall’analisi dei movimenti e del modo di camminare del soggetto. Da questi atteggiamenti è possibile capire molto del modo di essere e di affrontare le relazioni. Da qui una serie di manipolazioni sul corpo che favoriscono il bilanciamento delle sue energie e potenzialità. I partecipanti di Methods hanno potuto altresì sperimentare come la relazione con il corpo di altri soggetti può favorire la guarigione e l’empatia.

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Sistema sociale La riflessione del laboratorio Methods, sviluppandosi a cerchi concentrici e scandagliando le dinamiche della trasformazione, si è spostata nella seconda giornata dall’essere umano al sistema sociale. La società è il palcoscenico sul quale i singoli unendosi assieme mettono in atto il vivere e danno vita al mutamento. La visione offerta dal laboratorio sul sistema sociale è partita dall’analisi delle nuove teorie scientifiche sul caos e l’indeterminatezza dei contenuti. La società è portatrice di immaginari e simboli condivisi. Il campo della cultura è quello che maggiormente contribuisce a costruire questo immaginario e la sua relativa simbologia. Ancora di più in piccoli gruppi creativi e nelle relative atmosfere culturali lo scambio di informazioni permette la nascita di nuovi concetti, di grandi e piccole innovazioni che contribuiscono all’affermazione o alla disfatta di immaginari condivisi. (Thompson 2010) Gli studi scientifici stanno dimostrando come le dinamiche seguite dall’agire degli esseri umani non sono lineari e prevedibili. La statistica e la sociologia riescono a fornire dati su periodi specifici e fenomeni puntiformi. Descrivere le tendenze e fare previsioni diviene sempre più difficile in un arco temporale di lungo raggio. Le tendenze culturali si diffondono con rapidità partendo da i nuovi mezzi di comunicazione che ne favoriscono lo scambio e la modificazione. Questa situazione di imprevedibilità e di correlazione rende la società maggiormente attenta, ma altrettanto fragile perché manchevole di riferimenti univoci. A questo proposito ha avuto rilevanza la presenza all’interno del laboratorio del professor Zanzi che ha presentato un punto di vista inedito sulla trasformazione e sulla società all’interno del quale essa si presenta e si manifesta. Il sistema sociale può essere considerato come un sistema di particelle di un gas del quale è possibile determinare la posizione in un singolo istante, ma non quantificarne la posizione successiva. La tendenza delle particelle è quella di occupare tutto lo spazio disponibile e il movimento aumenta all’aumentare della temperatura. Questo livello di indeterminazione è denominato in termini fisici entropia. Il percorso del professor Zanzi ha permesso di traslare questo contenuto tecnico scientifico in un ambito sociale evolutivo. La definizione di entropia trova espressione nei momenti storici di indeterminatezza, che tendono ad un sistema di ordine. Il movimento delle particelle è un continuo fluire tra momenti di ordine e disordine. I continui passaggi rappresentano i cambiamenti che vengono introdotti nella società e che producono di nuovo uno scompenso che apre la strada ad una nuova trasformazione.

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Lo sbilanciamento si presenta come una delle caratteristiche di partenza che permeano un sistema sociale e che permettono l’insorgere di una trasformazione. I momenti di crisi vanno quindi riletti come opportunità che permettono il fiorire di nuovi assetti e nuove forme di ordine. Questa lettura si dimostra significativa nella gestione di gruppi creativi e nel problem solving. Nelle dinamiche di gruppo la rilettura delle problematiche come opportunità abbassa il livello di stress e la resistenza all’inedito per aprire strade di nuova concettualizzazione e l’insorgere di nuove scale valoriali. (Morelli 2009) All’interno

dello sbilanciamento sociale insorgono bisogni, da questi possono nascere nuove

prospettive. Le persone diventano portatori di esigenze che richiedono risposte, non immediate, ma ponderate. I bisogni si declinano in un periodo e in una condizione precisa e polarizzano le energie e generano input. La lettura del bisogno è una delle caratteristiche riscontrabili nei gruppi creativi. Non per altro la grande categoria di azioni dirompenti che noi classifichiamo come arti, e che sono espressione di un gruppo di personalità che definiamo artisti, partono dalla consapevole lettura di un contesto, dei suoi bisogni, riletti attraverso una sensibilità personale che gli storici dell’arte definiscono poetica. L’atto artistico diviene in ogni epoca precorritore di tendenze e di risposta a bisogni inespressi della società. Il bisogno è stato identificato in Methods come l’input che mette in moto una trasformazione. Questa si genera attraverso piccoli gruppi per poi allargarsi in scala temporale. La direzione che essa assume è incrementale e orizzontale. Questo vuol dire che il coinvolgimento e la partecipazione si sviluppano tra gruppi contigui a livello culturale, a livello sociale contemporaneo a livelli contigui di relazione e comunicazione. I concetti di relazione e di comunicazione vanno associati in questo contesto alla teoria dei sistemi complessi o della complessità. Questa teorizzazione che commuta contenuti dalla biologia, dalla chimica e dall’informatica afferma che in un aggregato strutturato di parti tra loro interagenti, il comportamento globale del sistema non è immediatamente riconducibile a quello dei singoli costituenti, ma dipende dal modo in cui essi interagiscono. L’interazione differenzia i contesti, e favorisce le proprietà emergenti dei sistemi sociali. Sono definite emergenti quelle proprietà caratteristiche del sistema sociale che si strutturano attraverso la selezione. Le proprietà di carattere intellettivo e culturale sono le basi per i cambiamenti sociali. Gli ambienti che favoriscono la relazione e la comunicazione sono quelli a maggiore presenza di diversità. Dove naturalmente, e in questo caso culturalmente, è presente o ricercato un alto fattore di diversità si hanno maggiori probabilità che si inneschino relazioni e comunicazioni di informazioni. 21


Il tessuto sociale trae quindi la sua capacità di produrre cambiamento e innovazione dalla presenza di diversità.

La diversità crea sbilanciamento ovvero quella opportunità che il gruppo si senta

destabilizzato nelle proprie credenze e si apra all’inedito.

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Sostenibilità Il concetto di sostenibilità si sta sempre di più facendo largo all'interno del campo semantico delle nuove generazioni. E' un concetto che ha radici profonde all'interno della discussione scientifica. La sua prima definizione in ordine temporale è stata quella contenuta nel rapporto Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harlem Brundtland) del 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU (World Commission on Environment and Development, WCED): Lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri. Questa definizione pone assieme due parole: sviluppo e sostenibilità. All'interno della analisi svolta da Methods queste due parole sono state separate a partire dalla visione di Serge Latouche

Esiste dunque fin dall'inizio una evidente divergenza sul significato di sostenibile/ durevole. Per gli uni lo sviluppo sostenibile / durevole è uno sviluppo rispettoso dell'ambiente. L'accento però viene messo sulla preservazione degli ecosistemi. In questo caso così come nella concezione mitica , lo sviluppo deve significare benessere e qualità della vita soddisfacenti, e non ci si interroga troppo sulla compatibilità dei due obiettivi, sviluppo e difesa dell'ambiente. Tenere conto dei grandi equilibri ecologici significa arrivare a mettere in discussione alcuni aspetti del nostro modello economico di crescita, così come del nostro modo di vita. E questo può comportare la necessità di inventare un altro paradigma di sviluppo. Per gli altri, l'importante è che lo sviluppo così com'è possa durare indefinitivamente. Questa posizione è quella degli industriali, della maggior parte dei politici e della quasi maggioranza totalità degli economisti. (Latouche, 2005)

L'idea di sviluppo è una idea mitologica. Non è possibile pensare che il vivere umano e la sua produzione vengano posti su una linea temporale progressiva che può travalicare le epoche e procedere senza interruzioni. L'economia e la produzione ci dimostrano che questo progresso non è illimitato e non può avvenire senza discriminazioni o sperequazioni. Il concetto di sviluppo sostenibile alla luce di questa visione diviene un termine contraddittorio, ma è possibile pensare ad una alternativa allo sviluppo? Un nuovo modo di concepire il nostro vivere e la nostra produzione?

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E' chiaro che l'alternativa allo sviluppo non può essere un impossibile ritorno al passato, inoltre non può prendere la forma di un modello unico. Il dopo-sviluppo è necessariamente plurale. Si tratta della ricerca di modi di realizzazione collettiva nei quali non viene privilegiato un benessere materiale distruttivo dell'ambiente e dei legami sociali. L'obiettivo di una buona qualità di vita si declina in molteplici forme a seconda dei contesti. (Latouche 2005)

L'alternativa allo sviluppo può essere declinata da un ambiente ristretto e quindi locale e vissuto in maniera piena dalla collettività. All'interno del processo di Methods la collettività, il pensare collettivo, si presenta come il valore aggiunto che può migliorare le condizioni di vita e aprire a nuove condizioni economiche che addirittura possono fare a meno dell'economia di mercato. Quindi nessuno sviluppo, che si lega al concetto di progresso, ma collettività, collaborazione finalizzata ad un bene comune. Il concetto di sviluppo, pur partendo da una definizione collettiva ha invece permesso la nascita di economie di singoli. Nello sviluppo diviene caratterizzante il progresso del singolo che con le sue capacità di speculazione riesce ad accumulare il maggior capitale. Siamo sempre più distanti dal concetto di sostenibilità. Nonostante la dichiarazione Brundtland sintetizzi alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo economico, equità sociale e rispetto dell’ambiente, essa non può essere purtroppo resa operativa. È la cosiddetta regola dell’equilibrio delle tre E: ecologia, equità, economia. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al centro della questione non è tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane. Ecco perché la sola definizione che può essere resa operativa è quella che afferma che lo sviluppo sostenibile è un processo socio-ecologico caratterizzato da un comportamento alla ricerca dell’ideale rispetto dell’ecosistema. All’interno di questo processo si inseriscono e si innescano tutte quelle progettazioni che hanno natura antropica e che si riflettono sull’equilibrio globale del pianeta sia esso inteso come ecosistema, ma anche come patrimonio immateriale. I progetti creativi e partecipativi mirano ad in cambiamento della società all’interno del quale si sviluppano e rispecchiano i bisogni e le aspettative della società che li progetta. Diviene difficile, e gli operatori continuano a chiederselo alimentando un forte dibattito, poter conciliare le scelte ambientali e sociali con le progettazioni di tipo culturale cercando di tenere fede al principio di non tarpare le ali alle progettazioni delle generazioni future. 24


In questo senso risulta particolarmente interessante il dibattito sulle progettualità legate al riuso o al riciclo. Queste progettazioni, alcune delle quali sviluppate attraverso processi di partecipazione, partono dal proposito di utilizzare materiali di scarto o finalizzati alla discarica per donargli una nuova vita e un nuovo utilizzo. A questa volontà viene fortemente connotato il valore educativo che questo tipo di progettazione può avere sulla collettività, sull’attenzione all’ambiente e allo scarto. Il dibattito si apre per quello che riguarda il prodotto di questo tipo di progettazione. Gli oggetti prodotti sono comunque destinati a concludere il loro ciclo di vita e quindi ad avviarsi alla discarica. L’utilizzo e la fusione di diversi materiali ne rende poi difficile il riciclo divenendo difficile scorporare i diversi elementi per avviarli separatamente al recupero. Resta un capitolo aperto all’interno della progettazione culturale e i vari soggetti che la mia ricerca ha analizzato, pur avendo sollevato la questione, non hanno ancora trovato soluzioni valide. Il nostro modo di vivere, di consumare, di comportarsi, decide la velocità del degrado entropico ovvero la misura dello stato del disordine di un sistema, la velocità con cui viene dissipata l’energia utile e il periodo di sopravvivenza della specie umana. Il concetto di entropia ha segnato l'inizio dei lavori di Methods come concetto cardine della nostra società e dei processi di cambiamento in atto nella storia. I processi di cambiamento vivono all’interno di un passaggio continuo all’interno di un sistema che alterna fasi di ordine a fasi di disordine. Si arriva così al concetto di sostenibilità, intesa come l’insieme di relazioni tra le attività umane la loro dinamica e la biosfera, con le sue dinamiche, generalmente più lente. Queste relazioni devono essere tali di permettere alla vita umana di continuare, agli individui di soddisfare i loro bisogni e alle diverse culture umane di svilupparsi, ma in modo tale che le variazioni apportate alla natura dalle attività umane stiano entro certi limiti così da non da non distruggere il contesto biofisico globale. Iniziano a delinearsi all'interno di questa definizione i tre elementi chiave che ruotano attorno alla sostenibilità: l'antropico, l'ecologico e l'economico. La grande illusione dello sviluppo sostenibile è quella dello sviluppo continuo e quindi teoricamente infinito all'interno di un mondo finito.

Per la gestione delle risorse ci sono due ovvi principi di sviluppo sostenibile. Il primo è che la velocità del prelievo dovrebbe essere pari alla velocità di rigenerazione (rendimento sostenibile). Il secondo, che la velocità di produzione dei rifiuti dovrebbe essere uguale alle capacità naturali di assorbimento da parte degli 25


ecosistemi in cui i rifiuti vengono emessi. Le capacità di rigenerazione e di assorbimento debbono essere trattate come capitale naturale, e il fallimento nel mantenere queste capacità deve essere considerato come consumo del capitale e perciò non sostenibile. (Daly 1981)

Questa affermazione racchiude in se un secondo mito legato allo sviluppo: quello della velocità. I ritmi biologici degli ecosistemi non possono essere quelli del progresso. Quindi nessuna velocità di prelievo ma una nuova attenzione all'ambiente. La velocità di produzione è troppo accelerata rispetto all'assorbimento che l'ambiente possa sostenere. Si fa sempre più largo l'idea che nuovi concetti e modelli economici debbano essere formulati e adottati per far fronte alla rigenerazione di risorse che non sono illimitate.

Occorre avviare un grande movimento di liberazione per sconfiggere le ingiustizie fra gli esseri umani e con la natura, una nuova protesta per la sopravvivenza capace di farci passare dalla ideologia della crescita a quella dello sviluppo. Nessuno ci salverà se non le nostre mani, il nostro senso di responsabilità verso le generazioni future, verso il “prossimo del futuro” di cui non conosceremo mai il volto, ma cui la vita, la cui felicità dipendono da quello che noi faremo o non faremo domani e nei decenni futuri. La costruzione di uno sviluppo sostenibile e la pace si conquistano soltanto con la giustizia nell’uso dei beni della Terra, unica nostra casa comune nello spazio, con una giustizia planetaria per un uomo planetario. Senza giustizia nell’uso dei beni comuni della casa comune, del pianeta Terra, non ci sarà mai pace. (Nebbia 1991).

Un aspetto chiave nel progettare modelli sostenibili è il ruolo dei vincoli: vincoli termodinamici, limiti biofisici, limiti di risorse naturali, limiti all’assorbimento dell’inquinamento, limiti demografici, vincoli imposti dalla carryng capacity del pianeta e, soprattutto, limiti della nostra conoscenza rispetto a ciò che questi limiti sono e come influenzano il sistema. Per carrying capacity, definita dai vincoli biofisici del pianeta, s’intende la capacità di portare, di sostenere la popolazione e tutte le altre forme viventi di cui l’uomo e la natura hanno bisogno di sopravvivere: questa è la base della sostenibilità. Al concetto di limite si affianca il concetto di resilienza, ovvero la velocità con cui una comunità o un sistema ecologico, ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione 26


che l’ha allontanata da quello stato. Le alterazioni possono essere causate sia da eventi naturali, sia da attività antropiche. Questo fattore fondamentale dell’esperienza biologica, che ha riscontri interessanti sugli eventi umani e naturali, è direttamente proporzionale alla variabilità delle condizioni ambientali e alla frequenza di eventi catastrofici a cui si sono adattati una specie o un insieme di specie. La resilienza è proprio quella capacità progettuale di conoscere i limiti di un sistema per spingerli verso il limite di assimilazione della novità per poi riportarlo ad uno stato di stabilità che lo avrà modificato rispetto ai valori iniziali. Questo concetto introdotto nei metodi e nei processi di cambiamento ne evidenzia le capacità di adattamento e di assimilazione di tutte quelle azioni che sviluppano nuovi punti di vista e nuovi concetti all’interno della società. Quindi un progetto e una progettazione possono essere considerati sotto un certo punto di vista sostenibili, in base alla resilienza che le azioni del processo producono e sviluppano. Dove è alta la vulnerabilità dei sistemi e bassa la loro resilienza ci troviamo di fronte a situazioni di insostenibilità perché sono messe in crisi le potenzialità di apprendimento, adattamento e flessibilità dei sistemi stessi. Più il sistema è debole, meno sarà capace di assorbire cambiamento e se sottoposto ad un evento superiore alla sua resilienza il sistema rischia di collassare o di sviluppare forme di resistenza peggiori dello stato di partenza.

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Tutto ciò che è coUno degli anelli più forti del lavoro di Methods è certamente la partecipazione intesa in diverse direzioni: all’interno del gruppo di lavoro, più gruppi, la contaminazione da parte di settori che sembrano distanti o addirittura antitetici. La dimensione della partecipazione parte dalla consapevolezza dell’impossibilità da parte del singolo di realizzare le sue aspettative di bene e di felicità con le sue proprie forze. La partecipazione in questo caso non vuole però prendere la strada di Rousseau e reificare l’uomo e tutto ciò che è umano ad un semplice contratto di stabilità e di non belligeranza. La prospettiva assunta è quella della partecipazione intesa come territorio comune di dialogo innanzitutto tra coloro che si trovano a progettare insieme e a verificare le proprie scelte all’interno della società in cui si opera. Da questo punto di vista la partecipazione assume l’interesse dell’ascolto e dell’accoglienza, ma apre la strada a territori inesplorati che richiedono maggiore impegno di energie quali l’incertezza della trasformazione e la praticità della mediazione. Nel discorso partecipativo rientrano campi semantici e caratteristiche simili, ma diverse nelle sfumature quali deliberazione e democraticità. Questi aspetti appartengono più alla sfaccettatura politica della trasformazione utilizzando mezzi e strumenti adeguati. La partecipazione che è stata sviluppata in Methods parte innanzitutto dalla consapevolezza dell’individuo e dalla condivisione dei differenti punti di vista. Dalla discussione, dal territorio comune nascono le idee e le possibilità che queste si sviluppino ulteriormente prendendo strade e coordinate magari del tutto differenti rispetto al punto di partenza, ma maggiormente adeguati al contesto. Quindi alla deliberazione, ma innanzitutto alla partecipazione fa da sostrato la consapevolezza o comunque l’opportunità dell’individuo di conoscere e mettere in comune le sue conoscenze. Solo in questo modo sarà possibile il dialogo. Le potenzialità della dialettica nel trovare un territorio, una terminologia comune in modo da sciogliere la maggior parte delle incomprensioni permette poi al gruppo di lavoro di iniziare a produrre conoscenza. Questo richiede spazi e tempi adeguati cercando di concedere al gruppo l’opportunità che ogni singolo membro si trovi a suo agio e si ponga in un atteggiamento di condivisione costruttiva. Il tempo richiesto dipende dalla capacità del gruppo di attutire le difese che normalmente si mettono in campo nel difendere le proprie posizioni e idee.

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Ecco perché la co-reazione e la collaborazione richiedono certamente più tempo ed energia rispetto a pratiche deliberative più veloci, ma permettono ai partecipanti un maggior interesse e un più basso senso di scontento o di esclusione delle minoranze. Anche in presenza di posizioni diverse o addirittura opposte, la potenzialità del dialogo riesce a far scender le parti su una struttura comune e condivisa che stempera le incomprensioni e apre una terza possibilità di sviluppo. Methods ha potuto sperimentare la condivisione di diversi punti di vista sul cambiamento attraverso esponenti di discipline diverse. L’aspetto multidisciplinare è di vitale importanza in un processo di cambiamento. Durante le discussioni, le diverse discipline hanno fornito punti di vista nuovi e inediti agli altri partecipanti. Questa modalità di lavoro libera e multidisciplinare può essere una risposta alla settorializzazione che dallo scorso secolo sta portando ad una parcellizzazione del sapere in campi sempre più specifici e particolareggiati. Se questo approccio ha contribuito alla ricerca scientifica in diversi campi, focalizzando l’attenzione e le energie su argomenti specifici, d’altro canto ha sfavorito l’inedito e la creatività. L’atto inedito e comunque nuovo nasce dalla fusione tra generi, dal lanciare ponti tra caratteristiche simili in argomenti che sembrano quanto mai distanti. Methods abbraccia quell’approccio enciclopedico che ha segnato la cultura del medioevo sino all’inizio dell’era industriale. Gli artisti in quanto operatori e spettatori privilegiati della società hanno iniziato ad utilizzare forme partecipative all’interno dei loro processi creativi. E’ sempre più vivo il dibattito sui livelli di partecipazione che vengono proposti nelle progettazioni artistiche. Certamente questo tipo di lavoro artistico ha dato dei riscontri interessanti nella riqualificazione di aree urbane e nell’ascolto dei desideri dei cittadini sulle scelte dell’amministrazione pubblica. La partecipazione sottende alla collaborazione di tutti i partecipanti e al superamento delle resistenze che solitamente i soggetti pongono nell’affrontare il nuovo e l’inedito. La parola da affiancare a partecipazione è sicuramente processo. Questo vuol dire che la partecipazione richiede tempi e modalità di lunga durata. I tempi lunghi sono la risposta diretta al clima di serenità e all’allineamento dei punti di vista senza i quali la partecipazione non è possibile. Anche nelle esperienze di tipo deliberativo, prima che i cittadini siamo chiamati a deliberare c’è una fase informativa tesa a presentare prospettive e punti di vista anche discordanti sulla tematica presa in considerazione. La tipologia deliberativa alla quale faccio riferimento è quella del modello danese, che prevede la partecipazione di un gruppo di cittadini selezionati chiamati a fornire pareri su tematiche di rilievo all’interno della collettività nella quale vivono. Ai cittadini viene data 29


l’opportunità di incontrare esperti sull’argomento, di poter porre domande e successivamente viene dato loro il tempo di allineare le loro posizioni per arrivare ad una deliberazione comune e condivisa. La parola condivisione potrebbe sembrare un sinonimo di partecipazione, in realtà ne declina un atteggiamento. Condividere significa mettere in comune, e quindi anche rinunciare a qualcosa per fare spazio ad altro. In un processo di cambiamento è quell’atteggiamento che permette al singolo individuo di sperimentare un elemento sconosciuto o mai utilizzato, inserirlo nel proprio vissuto e riportarlo ad altri individui. L’apertura alla condivisione richiede tempi lunghi e comunque la partecipazione della persona in tutti i suoi aspetti: intellettivi, emotivi, energetici e corporei. Lo stesso laboratorio Metods è stato pensato come un processo partecipato. La lunghezza del laboratorio gli incontri brevi, i focus group, la convivialità hanno permesso al gruppo di allinearsi e di fare spazio alla condivisione. La struttura del processo ha lasciato largo spazio ai partecipanti di segnare il cammino e soprattutto i risultati che il laboratorio avrebbe preso. Le giornate tematiche presentate sono stata l’unica linea guida degli organizzatori. I risultati, il livello di partecipazione e la qualità delle relazioni sono state variabili di incertezza costanti sino alla fine dell’esperienza stessa. Il superamento dell’incertezza ha aperto la strada all’inedito e quindi a nuove possibilità di pensare e progettare il cambiamento. La partecipazione si presenta verso la fine del 2000 come chiave di lettura delle nuove modalità di fruizione di internet e delle nuove tecnologie. Non esiste più un atto compiuto dalle nuove generazioni che non venga digitalizzato e condiviso. Le forme di condivisione offerte dalla rete hanno iniziato a spaziare in diversi campi della vita: dalla condivisione di informazioni e di saperi (wikipedia), alla condivisione di servizi (car sharing, couchsurfing). La rete ha reso possibile una condivisione globale e senza confini territoriali di opportunità e risorse. Tutto però va messo in comune, perché solo rinunciando al silenzio e al locale, inserendosi nel grande flusso della rete è possibile intercettare direttive comuni. Si sta facendo sempre più strada una nuova forma di pensiero conosciuta come we - thinking, ovvero l’idea che è la collettività, il noi a fare la differenza. We thinking non va tradotto come pensiero comune, ma come pensiero in comune, quindi una condivisione che nasce dal dialogo. Le nuove forme di condivisione permettono in maniera più veloce l’interconnessione tra le discipline che prima ho identificato come elemento portante di un processo di cambiamento.

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Integrazione Teorizzando il cambiamento come processuale e temporale, quindi richiedente fasi e prosecuzioni, la sua conclusione a livello sociale è l’integrazione. Un processo culturale che coinvolge idee e progetti e che quindi crea nuovi punti di vista e struttura nuovi valori richiede un passaggio, una sorta di diluizione all’interno del contesto. Nell’ambito del laboratorio Methods questo concetto è stato definito metabolizzazione così come avverrebbe in un organismo. Partendo dall’ascolto del bisogno, dopo aver ricercato e fatto confluire energie e risorse in una scala temporale più o meno ampia a seconda delle informazioni, delle relazioni, dalla diversità presente, il gruppo creativo è riuscito a strutturare una possibile risposta di senso. Ora questa risposta, frutto del contesto, incontra la realtà all’interno della quale non solo sperimentarsi, ma diffondersi, innescando così ulteriori richieste e bisogni in un continuo movimento di informazioni e relazioni. L’analisi affrontata nella giornata di Methods ha prodotto una proposta di possibili strumenti e approcci al concetto di integrazione. Una prima proposta è stata l’uso critico delle informazioni messe in atto durante la fase di progettazione, in modo che proprio quel dato esperito del bisogno non venga poi insabbiato da flussi di informazione che non rispondono a quel determinato interesse emerso. Una seconda caratteristica richiede un approccio empatico. Proprio perché i processi culturali coinvolgono storie personali e non riducibili a calcoli statistici la massima attenzione degli operatori va sempre diretta verso gli utenti e i partecipanti. L’approccio deve sempre essere teso a comprendere tutte le dimensioni della persona, senza fermarsi solo alla parte razionale, ma coinvolgendo l’emotività, la corporeità e l’energia che l’individuo può esprimere. Una buona integrazione di un processo di cambiamento deve partire da un coinvolgimento multidisciplinare. La creazione di nuovi scenari e di punti di vista inediti trova un humus favorevole nella compresenza di punti di vista diversi e anche opposti. E’ proprio nella capacità di mediazione, di dialogo e di ascolto che è possibile rilevare e far nascere il cambiamento. Un approccio indicativo proposto dal laboratorio è il continuo rivolgere lo sguardo al passato e alla memoria. Le azioni prodotte debbono non solo risentire del pregresso, ma lasciarsi interrogare dal passato per evitare di ripetere strutture già proposte e metabolizzate che non inciderebbero sulla società. All’integrazione si lega la nascita di nuovi significati. La filosofia del linguaggio ha aiutato le nuove generazioni a comprendere come attraverso la concettualizzazione l’uomo possa riuscire a 31


creare i propri immaginari più o meno condivisi e condivisibili. Nel corso dei secoli i dati naturali hanno acquisito letture e hanno generato concettualizzazioni e informazioni molto diverse e discontinue pur restando sostanzialmente uguali a se stessi. Questo è dovuto alla capacità dell’essere umano di percepire e riconfigurare il proprio mondo interno ed esterno ad ogni istante della propria esistenza. La termodinamica ha ribadito che la fissità genera le morte del sistema, mentre la riconfigurazione ne permette esponenziali espressioni. L’integrazione di un processo di cambiamento permette la riconfigurazione di immaginari che a loro volta innescano nuovi meccanismi artistici, economici, sociali, intellettuali permeando le relazioni. All’interno di questo discorso sull’ integrazione riprendo la riflessione su una tematica già affrontata in ambito di sostenibilità, ma che qui voglio affrontare dal punto di vista culturale: la resilienza. Quando in un sistema si attua una perturbazione la resilienza rappresenta la velocità con cui una comunità ritorna al suo stato iniziale dalla quale si è allontanata. Le alterazioni possono essere causate sia da eventi naturali, sia da attività antropiche. Il secondo caso è quello che ci troviamo a esaminare. Il concetto di resilienza può essere allineato con quello di integrazione e porsi in parallelo in un ideale binario sul quale far scorrere i processi di cambiamento. Il concetto biologico di resilienza comprende una certa forma di adattamento alla perturbazione avvenuta. Sarebbe errato pensare che in un processo che coinvolge persone con una propria personalità il sistema che ha subito la perturbazione torni in uno stato iniziale del tutto scevro da ciò che lo ha percorso. La resilienza in questo caso assume la potenzialità di convogliare il processo di integrazione all’interno del sistema. La nascita e la diffusione di un nuovo punto di vista, e il conseguente scambio di informazioni, relazioni ed energia avrà una scala temporale maggiore o minore in relazione al livello di resilienza che il sistema possiede. Questo vuol dire che il sistema di riferimento iniziale tornerà in una fase di equilibrio avendo integrato nuovi aspetti del tutto inediti. Ciò che caratterizza la società è un continuo avvicendarsi di fasi di squilibrio ed integrazione che permette la settorializzazione e l’emergenza di fattori culturali preponderanti che saranno rimessi in discussione se susciterà ulteriori bisogni e innescherà nuove dinamiche relazionali e di scambio di informazioni. Questo scambio permette al singolo individuo coinvolto nel cambiamento uno sviluppo di conoscenza, il così detto empowerment, che favorisce il benessere personale con ricadute positive sul sistema sociale. 32


Bene Comune Il bene comune è il fine al quale tendere nei processi di cambiamento, ma anche la tensione stessa. All’interno del laboratorio Methods il bene comune si è definito come l’insieme dei valori condivisi, assieme a tutte le caratteristiche che la comunità sente e decide come caratterizzanti per la propria definizione. All’idea di bene comune si lega anche quella di benessere come punto di arrivo di ogni processo che coinvolge gli individui. Il bene comune nasce dai bisogni espressi dai singoli. Il bisogno espresso nasce da un percorso che questi hanno attuato dentro se stessi e dal confronto con l’altro da sé. Dopo il confronto e la condivisione si è in grado di specificare quali sono le caratteristiche e le visioni che la società vuole raggiungere e che sente come vincolanti in quel momento storico per definirsi. Alla base di questa idea c’è l'inevitabilità di essere e fare insieme. Il bene comune è rappresentato dall'esistenza dell'altro. Il riconoscimento dell'importanza primordiale dell'esistenza dell'altro è alla base di ogni società e di ogni cultura...E' perché esiste il tu che l'io esiste. L'esistenza dell'altro è allo stesso tempo condizione necessaria e indispensabile per e all'interno del vissuto umano e sociale. Affinché l'esistenza dell'altro si realizzi occorrono condizioni di spirito (il sistema di valori, i simboli) e di azione ( istituzioni, economie) precise e durevoli. L'oggetto del bene comune è la ricchezza comune, cioè l'insieme dei principi, delle regole delle istituzioni e dei mezzi che permettono di promuovere e garantire l'esistenza di tutti i membri di una comunità umana. Sul piano spirituale il bene comune è costituito dal trittico riconoscimentorispetto - tolleranza nelle relazioni con l'altro. Sul piano materiale il bene comune si struttura attorno al diritto al giusto accesso da parte di tutti dall'alimentazione all'espressione artistica. Ogni società ha bisogno per nascere, crescere e preservarsi di fondarsi su molteplici beni comuni, che la distingua dagli altri gruppi umani. Più i momenti e i fatti del vivere insieme sono numerosi, duraturi, drammatici più essi diventano il segno portante dell'appartenenza, precisamente l'identità di un gruppo sociale, della popolazione, di una religione. Questa identità vissuta, promossa, difesa nel corso della storia, lunga o breve che sia diventa un patrimonio comune sotto forma di principi, regole, tradizioni, istituzioni, spazi costruiti. L’ampiezza e la forza do coesione tra i membri di una società sono strettamente legate a questi eventi. Più la coesione è forte, più la solidarietà agisce in quanto generatrice di una consapevolezza e di una pratica dell'interesse generale. E' in questo modo che una società diventa una buona società nell'immaginario collettivo e nel vissuto quotidiano.

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Il bene comune, inteso come serie di valori condivisi, è all’interno della tensione stessa dei processi di cambiamento poiché la serie di valori considerati all’inizio posso essere messi in discussione, rivalutati, abbandonati per rispondere a nuove caratteristiche che si sono affacciate e hanno segnato un passaggio. Il percorso stesso di un processo di cambiamento attrae nuovi valori e fornisce nuovi punti di vista e nuove visioni su quelli già presenti. La realizzazione concreta del bene comune presuppone inevitabilmente dei sacrifici individuali. Poiché la ricerca assoluta del bene comune potrebbe costituire una minaccia per il bene individuale, il problema principale appare quello di conciliare il bene comune con l’interesse del singolo e di delimitare i reciproci ambiti di applicazione. La razionalità dominante nell’uomo induce quest’ultimo ad abbandonare gli egoismi tipici della propria animalità, a donare agli altri qualcosa di sé e ad agire con questi al fine di realizzare scopi che al singolo sarebbero impossibili. La partecipazione dell’uomo a questo progetto comune realizzerebbe al tempo stesso il bene individuale e quello comune. All’interno del lavoro dei focus group di Methods gli strumenti che sono stati individuati per promuovere il passaggio del singolo fa verso l’altro da sé sono l’attuazione più che la pianificazione e il passaggio a considerare il noi come una unità e non come la somma sei singoli. Questa visione rende le azioni concreate verso il bene comune condivise, progettate assieme e appoggiate da tutti i membri della società che decide di condividere il percorso.

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CAPITOLO 4 In questa parte del testo sono presentate le fasi e le modalità della ricerca e le conclusioni emerse grazie ai progetti selezionati sul territorio piemontese.

Integrazione tra territorio e ricerca: modalità di analisi All’interno del modello dell’atmosfera creativa la ricerca ha puntato a far emergere i contenuti di senso e le prospettive che ruotano attorno alle parole chiave di Methods all’interno del territorio Piemontese. Le direzioni di lavoro sono state due: una prima relativa alla conoscenza specifica dei contenuti del laboratorio Methods e alla formulazione di un questionario / intervista efficace da sottoporre alle realtà selezionate, una seconda direzione tesa alla conoscenza sul territorio di realtà interessanti alle quali sottoporre l’intervista. La prima fase di lavoro ha visto lo studio di tutto il materiale prodotto dalle edizioni di Methods contenuto nell’archivio di Love Difference, con particolare attenzione all’edizione del 2010. Questa edizione, nuova per le modalità di lavoro è inoltre particolarmente ricca di materiale cartaceo e video dal quale attingere contenuti. Dopo la focalizzazione dei concetti chiave del laboratorio si è provveduto a produrre un questionario / intervista che mirasse a conoscere le nuove direttive di creazione di contenuto che il territorio sta producendo. Di particolare aiuto è stato l’intervento del team di Love Difference e di Artway of thinking, ideatori dell’edizione 2010 di Methods, nella stesura delle domande. La modalità per sottoporre il questionario è stata progettata partendo dalla configurazione che il laboratorio Methods si è dato nel suo svolgimento a Biella. Si è deciso di esperire i luoghi selezionati recandosi in prima persona e quindi visitando e sperimentando, per quanto possibile i luoghi di cambiamento selezionati. Questa modalità si è rivelata utile per cogliere tutto quel patrimonio immateriale che la ricerca vuole mettere in risalto. Soltanto sperimentando i luoghi si è potuto osservare quel valore aggiunto che il semplice numero di utenze non riesce a quantificare. Le ricerche finalizzate alla conoscenza dell’impatto economico e numerico della creatività sono già numerose, quello che nella ricerca si vuole invece provare a comunicare é la nascita di nuovi punti di vista e di nuovi valori che questi progetti, e con essi molti altri, stanno portando al territorio. La seconda direzione della ricerca è partita dal network di Love Difference e di Cittadellarte Fondazione Pistoletto si sono analizzate le istituzioni e le progettualità, in tutti in tutti i campi produttivi che potessero rispondere alle caratteristiche emerse dal laboratorio. 35


Si è poi fatto riferimento ad una serie di opinion maker e operatori del settore attivi nel territorio piemontese e valdostano che potessero indirizzare l’attenzione su ulteriori progettualità che fossero sfuggite alla prima analisi sul territorio poiché poco comunicate. Si è data particolare attenzione a quelle esperienze che avessero come caratteristiche preponderanti la partecipazione, la creatività, riscontro sul territorio e l’utilizzo di più discipline nella progettazione. Un ulteriore maglia di verifica è stata la scelta di favorire le progettualità poco esplorate da altre ricerche e meno presenti nelle analisi territoriali. Si è quindi provveduto a viaggiare sul territorio, a visitare, documentare e a sottoporre l’intervista alle realtà selezionate. Ad ogni realtà corrisponde una scheda che quindi non solo riporta le risposte al questionario, ma anche le riflessioni che sono poi nate alla luce della visita, tenendone sempre in considerazione le finalità e le linee guida. Il colloquio con i progettisti è stato trascritto e computato per ricavarne delle visualizzazioni grafiche delle parole significative attraverso l’utilizzo di tag cloud. Le tag cloud sono riduzioni grafiche delle parole più utilizzate in un testo. Le parole sono rappresentate utilizzando lo stesso carattere con una grandezza maggiore a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto. Questa tecnica utilizzata nel web permette una visualizzazione semplice e diretta delle parole chiave attorno alle quali ruota ogni progetto. L’analisi dei progetti è stata svolta, dopo il colloquio, utilizzando uno strumento di analisi ideato da Artway of thinking. Questo schema, è diviso in quattro aree tematiche: - Conoscenza. In questa parte si analizza il contesto, i bisogni, i modelli di riferimento, i temi trattati e tutte le conoscenze che sono occorse per l’ideazione del progetto. - Relazione. In questa parte si analizzano i concetti sviluppati, i valori messi in gioco, le atmosfere che il progetto ha creato, e la forma assunta. - Risorse. In questa parte corrispondono tutte le risorse in gioco nella realizzazione del progetto - Potenzialità. In questa parte si analizzano le sintonie e le armonie che il progetto ha favorito, il bene comune costruito e tutti gli outcome che il territorio ha assimilato. Per ogni area il modello prevede delle domande e dei nuclei da esplicitare. Lo schema di analisi è presentato in figura 1. Le analisi dei progetti sono state comparate in modo da ritrovare le tematiche comuni e le linee guida del territorio presentate nel paragrafo seguente.

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Fig. 1. Schema di analisi dei progetti secondo il metodo sviluppato da Artway of thinking.

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Prospettive del territorio Piemontese Il Piemonte è una regione che presenta un sostrato nutrito di progettazioni partecipative in diversi campi dell’umano. Storicamente è una regione che ha visto numerose diversità convivere e relazionarsi. La società civile ha quindi sviluppato particolare attenzione all’ascolto dei bisogni e alla partecipazione. Un esempio storico di diversità diffusa a livello profondo e spirituale è la presenza sul territorio di diverse credenze cristiane. All’interno della società piemontese è molto forte la partecipazione civile e l’organizzazione volta all’intervento sociale. Questo tipo di atteggiamento ha radici profonde nell’insegnamento protestante di cui è pervaso il senso civile piemontese. A questo va aggiunto l’apporto del movimento di cittadini e di nuovi cittadini che ha risposto alla richiesta di mano d’opera delle sorgenti fabbriche del territorio. Questa presenza di diversità e di contaminazioni ha reso il territorio particolarmente attendo al dialogo e alla mediazione. I campi oggetto di ricerca hanno fatto emergere progetti interessanti e portatori di nuovi contenuti di cambiamento rappresentati nello schema di posizionamento in figura 2. Il modello di sviluppo locale presentato da Bertacchini e Santagata si presenta come un tentativo di individuare ambiti e strumenti specifici di crescita locale fondati sulla creatività e la cultura. Il punto di forza è la costruzione di un’atmosfera creativa, in grado di avvolgere e guidare le nuove forze dello sviluppo locale nei settori ad elevata produzione di beni e servizi culturali e di favorire le condizioni per il dispiegarsi di vantaggi reciproci, positivi e condivisi dagli agenti di questo nuovo mondo industriale e commerciale. In questo senso l’atmosfera creativa è il contesto entro cui si misura la capacità di mobilitare le risorse economiche e sociali del territorio. Incorporare la cultura e la creatività in un modello locale significa infine rispettare la grammatica della sostenibilità, ossia lavorare pensando alle future generazioni non solo in termini di infrastrutture e risorse culturali che saranno loro trasmesse, ma anche in termini di equità e di difesa della diversità culturale. Il modello si articola essenzialmente in quattro livelli: - L’atmosfera creativa - I sistemi locali della creatività, con particolare attenzione agli imprenditori culturali e alla produzione di esternalità positive; - Le fabbriche della cultura 38


- I micro servizi dei settori creativi e culturali (Bertacchini Santagata 2011) Nello studio proposto da Santagata: si inizia a riconoscere e studiare il ruolo della creatività come precondizione all’innovazione. La creatività è un processo di scoperta che richiede capacità cognitive e ricettive degli stimoli esterni, avere intuizioni e capacità di good problem solving. Grazie alla creatività si generano nuove idee, processi, tecnologie, prodotti e servizi che possono trasformarsi in innovazioni se incontrano i bisogni e le preferenze degli utilizzatori. Cultura e creatività sono quindi due elementi estremamente interconnessi che pongono l’uomo al centro della nozione di sviluppo locale. La creatività serve a produrre cultura, ma anche la cultura può essere un attivatore sistemico di creatività e innovazione, aumentando la propensione delle persone a investire nelle loro capacità e competenze cognitive (Bertacchini Santagata 20011) La ricerca è volta a ricercare alcuni progetti che sul territorio generano nuove idee e a conoscere quali sono i bisogni ai quali si rivolgono e le modalità che hanno trovato per rispondervi. La metodologia e il percorso ideato da Methods permette di poter interagire con il territorio e ricercare attivatori di creatività. L’analisi del territorio ha fatto emergere i seguenti progetti: - Arsenale della Pace. Struttura bellica riconvertita a laboratorio della pace. E’ gestita da una comunità che si definisce una comunità monastica urbana. Promuove progetti dediti al sociale e alla sensibilizzazione nei confronti della pace. - Asilo Bianco. Associazione culturale che promuove la cultura contemporanea, organizza eventi culturali e percorsi di formazione; gestisce spazi d'interesse culturale e partecipa a progetti integrati di valorizzazione territoriale. - atitolo. Gruppo di artiste che lavora nella partecipazione e creazione di arte pubblica. Il progetto preso in considerazione è Barca.to, svoltosi nel quartiere barca di Torino. Il progetto ha previsto la collaborazione di artisti e cittadini nella progettazione e realizzazione di laboratori e di opere d’arte pubblica. - Borghi Sostenibili. Progetto promosso dall’Enviromnental Park di Torino. Il progetto promuove la costruzione di una rete tra i piccoli comuni piemontesi nella gestione del turismo sostenibile. I paesi partecipanti debbono mantenere degli standard di gestione delle risorse. Il progetto promuove il concetto di comunità ospitante ovvero la trasformazione della comunità in 39


accoglienza per il turismo nel rispetto del patrimonio materiale e immateriale espresso dal territorio. - Castello di Rivoli - Dipartimento educazione. Il progetto preso in esame è relativo alla peer education. Il dipartimento promuove nuove forme di educazione e avvicinamento all’arte contemporanea. - Cecchipoint. Un hub multi culturale. Un centro educativo e di promozione artistica,che permette ai giovani di esprimersi a livello creativo e per intrecciare relazioni sociali. Dal punto di vista artistico, offre occasioni di crescita personale attraverso le arti performative. Il Centro è composto da quattro locali e un ampio cortile per attività ricreative ed eventi. E’ gestito dall’Associazione Il Campanile. - Comunità di Bose. Espressione della spiritualità contemporanea. Basata sulla diversità che la compone come punto di forza. - Cortemilia - Mappa di comunità. Uno strumento per aiutare la collettività a rileggere se stessa attraverso il territorio e riacquistare consapevolezza. Lo strumento utilizza la ricerca di un immaginario condiviso per strutturare il futuro delle aree rurali. - Eataly - Laboratori. Una struttura dedicata alla vendita di prodotti di eccellenza dedica parte delle sue risorse alla creazione di laboratori alcuni dei quali gratuiti. - Fondazione Sandretto Re Rebaudengo - Dipartimento educativo. Una struttura museale che dialoga con il territorio e con la società. Promuove laboratori che utilizzano il patrimonio come strumento di dialogo. - Gruppo Abele. Associazione che lavora in prima linea nell’accoglienza della diversità e nella promozione di una cultura della legalità. - il Dado - Associazione Terra del Fuoco. Struttura dedicata al reintegro delle famiglie rom nella società italiana. - OIRM - Sant’Anna sono casa mia. Processo partecipato di deliberazione. Ha coinvolto utenti e lavoratori del complesso sanitario nella deliberazione delle decisioni legate allo spostamento e la gestione della struttura. - Par coii bsogna semnà. Percorso artistico che ha coinvolto l’intera comunità del paese di Frassineto Po in provincia di Alessandria. Il processo di creazione ha visto la partecipazione di artisti locali e internazionali e i cittadini. - PAV - Parco Arte Vivente - Laboratori. Un parco che è anche un museo. Descrive nuovi rapporti tra struttura museale e quartiere. Il PAV si pone come struttura che lavora tra arte, scienze e natura. 40


- Porta Palazzo The Gate. Processo di riqualificazione urbana del quartiere di Porta Palazzo a Torino.Si occupa di interventi a favore dello sviluppo economico, sociale, culturale, promozionale e di trasformazione, riqualificazione fisica pubblica e privata del territorio. - San Salvario. Progetto di riqualificazione urbana del quartiere San Salvario di Torino. - Scienza Attiva - Agorà Scienza. Progetto che mette in contatto studenti delle scuole superiori e ricercatori universitari su tematiche scientifiche di attualità . - Stessopiano. Servizio di intermediazione immobiliare e sociale per la promozione della coabitazione giovanile. Di questi progetti undici sono stati intervistati e visitati. La collocazione geografica di questi è rappresentata in figura 3.

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BORGHI SOSTENIBILI comunità ristretta

PROCESSI INCLUSIVI lettura del territorio

formazione scienza

ambiente e sostenibilità

MAPPE PAR COII PAV DI COMUNITA’ BSOGNA SEMNA’ EDUCAZIONE CORTEMILIA espressione artistica

lettura del territorio

INSITO IZMO

BARCA.TO rigenerazione urbana

THE GATE

DIPARTIMENTO EDUCATIVO SANDRETTO

espressione artistica

EATALY EDUCAZIONE

territorio

OIRM SAN’ANNA

EDUCAZIONE

ZONARTE

PEER EDUCATION RIVOLI

rigenerazione urbana

SAN SALVARIO

SCIENZA ATTIVA

cibo territorio

CECCHIPOINT giovani e cittadinanza

STESSO PIANO

nuova cittadinanza

IL DADO

cittadinanza

GRUPPO ABELE

COMUNITA’ DI BOSE SERMIG ARSENALE

comunità

integrazione

SPIRITUALITÁ SOCIALE Figura 2. Posizionamento dei progetti secondo le aree di interesse. Il posizionamento ha messo in luce le aree di sovrapposizione dei progetti. Questa sovrapposizione ha sviluppato una forma organica e conclusa. La schematizzazione ha fatto emergere l’organicità dei processi di cambiamento che coinvolgono più discipline che risponde alla teorizzazione di Methods.

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Figura 3. Posizionamento geografico dei progetti intervistati.

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Le caratteristiche rilevanti sono molteplici e rappresentano quell’insieme di contenuti di cambiamento che il piemonte sta producendo: Processi inclusivi I processi sono intesi come risposta all’ascolto del territorio alle sue esigenze e aspettative. Alla base delle progettazioni studiate c’è una attenta lettura del territorio e dei suoi bisogni reali espressi o inespressi. Questo garantisce alla progettazione una forte incisività sul territorio perché richiama i partecipanti a mettere in gioco non solo l’intelletto, ma anche l’affettività e le energie. I bisogni ai quali questi progetti rispondono non vengono colti dalle istituzioni pubbliche, o se questo avviene non viene posta una risposta adeguata, intesa come partecipazione della persona con la sua storia all’interno del processo. Molti dei progetti non sarebbero pensabili senza le persone concrete che li hanno co realizzati e modificati. La partecipazione è intesa come inclusione e non come integrazione. L’inclusione indica un aspetto non solo di assimilazione della diversità, ma uno scioglimento di essa all’interno del tessuto sociale. Questo vuol dire che non risulta più possibile scindere il processo dal contesto che lo ha vissuto. Un fattore importante é la metabolizzazione che i processi innescati hanno subito. La realizzazione progettuale si è risolta nella nascita di nuovi punti di vista e visioni sul quotidiano o su una problematica. Le progettazioni proposte dai vari enti propongono metodologie di partecipazione che sottolineano il valore personale e inscindibile della storia dei partecipanti. Questo elemento che potrebbe sembrare di particolare interesse per le progettazioni in ambito sociale, trovano invece un riscontro interessante anche nelle progettazioni educative.

Formazione alla cittadinanza consapevole Molti dei progetti studiati cercano, tra i diversi obiettivi di educare i partecipanti o le persone integrate nel processo ad un nuovo modo di essere e sentirsi cittadini. Queste istituzioni hanno un occhio di riguardo per le nuove cittadinanze che si affacciano al contesto italiano. La scelta di promuovere e favorire la partecipazione dei nuovi cittadini nella progettazione risponde al bisogno della società italiana di superare le paure legate al diverso e al distante. Ciò che è sempre più difficile a livello istituzionale trova espressione molto concreata nelle progettazioni studiate. Sempre di più i progetti propongono non soltanto nuovi linguaggi, ma nuove lingue. L’arte contemporanea e comunque l’espressione in generale della capacità umane si sono rivelate lo strumento adatto per superare non solo e barriere linguistiche ma anche quelle ideologiche. La volontà è quella di creare i cittadini del futuro più aperti verso la diversità e più consapevoli delle 44


potenzialità che possono esprimere non demandando alle istituzioni azioni che potrebbero partire da loro stessi.

Nuovi cittadini I nuovi cittadini e la diversità sono sempre di più protagonisti della progettazione. Attraverso l’occhio dell’altro si sviluppano nuovi modi di guardare alla nostra società, di promuoverla e di modificarla. Anche la progettazione è cambiata avendo come nuovi interlocutori i portatori di nuove visioni. Si è passati da una lettura etnica e generale sulle provenienze all’attenzione alla persona con la sua storia. Questo facilita il percorso di conoscenza della nostra cultura italiana senza perdere il contatto con quella di origine. I nuovi cittadini sono sempre di più interessati a conoscere il loro nuovo paese e non a rimarcare le differenze.

Affettività Elemento trasversale di tutte le progettualità è l’affettività che viene trasmessa. La passione dei progettisti si rileva poi successivamente sui partecipanti al processo. Quello che maggiormente viene sottolineato è la partecipazione emotiva e l’emotività come veicolo di apprendimento o inclusione. Questo tipo di partecipazione si esprime a livelli diversi che vanno dalla sensazione al coinvolgimento spirituale. Tutti i progetti però cercano di dialogare con i soggetti coinvolti chiamando in causa parti della persona diverse.

Nuova Educazione Le progettualità che sono state esaminate hanno presentato delle metodologie di educazione nuove e rispondenti al nuovo contesto tecnologico. I ragazzi, gli adulti, gli anziani che entrano nel percorso proposto sono innanzitutto ascoltati e introdotti in nuove connessioni di diverse discipline che aprono a punti di vista inediti. Nel campo educativo sono stati riscontrati progetti che pongono la persona al centro come elemento caratterizzante del percorso. In altri casi il partecipante entra in una comunità reale o virtuale che lo affianca nella conoscenza e nella sperimentazione. L’utilizzo delle nuove tecnologie ha permesso di superare confini fisici e di conoscenza fino a qualche anno fa impossibili da immaginare. Questo ha permesso di mettere in discussione campi del sapere diversi e lontani facendo sperimentare la sorpresa e l’inedito.

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Comunità / comunità di pratica La lettura di alcuni progetti sarebbe impossibile senza il senso di comunità, intesa come gruppo di affetti e relazioni forti tra soggetti. Il piccolo contesto dei partecipanti favorisce non solo lo scambio, ma la difficile conoscenza dell’altro e attraverso di esso del sé. Le comunità si fanno portatrici di valori forti e condivisi che sperimentano in maniera personale e successivamente comunicano all’esterno. La comunità è anche territorio di scambio di relazioni che condizionano il vissuto umano. Non si tratta di un semplice gruppo che condivide valori o visioni, ma di un insieme di persone che fa di quei valori e di quella visione la propria traccia di vita. Questo senso di comunità è stato il più delle volte espresso con connotazioni familiari. E’ un dato interessante perché sottolinea la forte presenza relazionale e anche di capacità di risolvere problematiche che coinvolgono la sfera familiare attraverso pratiche diverse dalla semplice gestione di un gruppo.

Territorio La progettualità coinvolge sempre di più le aree di riferimento. Come si fa sempre di più impossibile pensare alcuni processi senza le persone concrete che vi partecipano così diventa altrettanto difficile progettare senza il territorio di riferimento. Per territorio mi riferisco ad aree che vanno dal quartiere dove l’ente si trova a aree più vaste come un paesino. Nelle interviste c’è sempre stata attenzione a inserire nel contesto l’area di intervento sia a livello sociale che a livello territoriale. Questo a sottolineare la forte capacità dei gruppi studiati a interagire e colloquiare con il territorio o semplicemente a leggerlo con criticità e attenzione. Questa attenzione al territorio rende i progetti maggiormente incisivi e difficilmente riproducibili in altri contesti. Questo permette alle realtà studiate di essere lette come uno specifico e una risorsa.

Impegno personale / vocazione Il gruppo o i singoli impegnati nella progettazione hanno espresso un forte coinvolgimento personale. In ambito progettuale la motivazione personale è alla base della buona riuscita del processo. A questa motivazione si aggiunge il dispendio di energie e di ore lavorative, spesso non retribuite o non considerate nella progettazione. Questo valore aggiunto alla progettazione pur non essendo quantificabile in termini monetari, lo è in termini di valori e di riscontro nelle relazioni.

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Nuove risorse La difficoltà di rispondere al territorio con una progettualità spesso si scontra con la difficoltà a reperire risorse per rendere i progetti operativi. Sempre di più si utilizza il volontariato come forma sostenibile per la realizzazione dei progetti. Il learnig by doing promosso da alcuni progetti diventa veicolo di scambio per richiamare persone interessate a formarsi e a fornire una professionalità. Sono state riscontrate forme economiche alternative come quella della restituzione teorizzata dal Sermig. Molte istituzioni fanno un uso adeguato dello scambio di risorse materiali e immateriali. Il know how che molti progetti possono trasferire alle persone si presenta come valore da utilizzare per ottenere in cambio prestazioni lavorative . In questo caso il progetto garantisce alla persona la possibilità di imparare lavorando ottenendo un reciproco beneficio.

Semplificazione Una caratteristica riscontrabile in alcuni dei progetti è quella di semplificare i passaggi creando nuovi contesti di azione. Alcune progettualità si inseriscono come ponte tra contesti che richiederebbero numerosi livelli di mediazione, innescando un dialogo diretto tra le parti. La semplificazione acquista la particolarità di veicolare nuovi flussi di informazioni non più mediate, ma da attingere direttamente alle fonti primarie. Questa scelta, in ambito educativo ad esempio, permette la nascita di coscienza critica nei soggetti coinvolti e una maggiore consapevolezza delle potenzialità della cittadinanza attiva.

Contaminazione come meraviglia L’incrocio tra discipline permette la nascita dell’inedito come nuova zona da esplorare in ambito creativo. Nella gestione dei gruppi l’inedito apre però un margine di incertezza difficilmente gestibile da parte degli attivatori del processo. A questa difficoltà che spesso insorge nei processi partecipati i progetti studiati rispondono trasformando l’incertezza in meraviglia. Questo cambio di punto di vista da parte dei partecipanti permette un coinvolgimento più intenso e fruttuoso. L’ utilizzo della creatività crea un corto circuito emozionale che permette al soggetto di aumentare la propria resilienza e di affrontare la novità e l’incertezza. E’ un particolare approccio creativo che supera la concezione dell’arte come veicolo non solo di messaggio simbolico, ma di cambiamento emozionale.

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Passaggio auto/coIl rapporto tra persona e contesto può essere sintetizzato come passaggio dall’auto (costruzione, determinazione, aiuto...) alla co- (creazione, progettazione...). Molti dei processi innescano nel singolo la ricerca delle proprie potenzialità e la consapevolezza delle proprie caratteristiche positive e negative. Questa consapevolezza una volta sorta nel soggetto, ne permette il naturale passaggio alla relazione e alla progettazione di gruppo.

Stabile vs dinamico Molti dei progetti intervistati hanno letto nella loro esperienza la convivenza di elementi statici e dinamici. Questa visione si raccorda pienamente alla visione sistemica della funzione dell’entropia all’interno delle dinamiche di cambiamento. I progetti stessi si sono comunicati come coinvolti in continui passaggi da periodi più stabili a periodi più dinamici. Questi passaggi permettono lo sviluppo e il cambiamento sia all’interno del sistema sociale sia all’interno del progetto stesso.

Persone comunicative La migliore comunicazione di questi progetti è quella che viene espressa dal vivo dai partecipanti. Nessun testo, per quanto esplicativo e dettagliato, può essere equiparato alla trasmissione affettiva che i partecipanti possono esprimere. Questo vuol dire che i progetti sono tanto incisivi quanto poco quantificabili e comunicabili. La produzione materiale che ne deriva è poco incisiva e in alcuni casi del tutto effimera da riuscire poco a comunicare contenuti a chi non è stato partecipe del processo. Le persone restano il grande potenziale, anche comunicativo, di questo tipo di progettualità.

Fragilità La maggior parte dei progetti, per quanto i progettisti si sforzino di riuscire a trovare risorse alternative, ha comunque bisogno dell’apporto di risorse da parte delle istituzioni pubbliche. Queste istituzioni ne garantiscono non solo la continuità, ma la responsabilità nei confronti del territorio. Le progettazioni restano comunque fragili poiché la loro continuità nel tempo resta legata alle scelte politiche delle istituzioni.

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Cambiamento

Ascolto

Corpo

Nuove interpretazioni Spirito Formazione Processo Comunita' Cultura Alterita' Societa'

Spiritualita'

Energia Responsabilita'

Umano

Etica Diversita'

Pazienza

Risveglio

Coscienza Sensi Sensazione

Ricerca

Figura 4. Tag cloud delle parole selezionate dai progetti in merito alla persona.

Le figure presentate in questa sezione della ricerca rappresentano graficamente le scelte attuate dalle realtà intervistate in merito alle tematiche di Methods. Oltre alle parole richieste dal questionario durante le interviste era possibile aggiungere ulteriori parole o modificare quelle esistenti. La persona che emerge dall’analisi è innanzitutto una persona ascoltata, colta nella sua storia e nei suoi bisogni. Le progettazioni hanno sviluppato la capacità di ascolto per rispondere in maniera qualificata alle esigenze del territorio. La parte del sé che viene presa maggiormente in considerazione è la coscienza. Nella maggior parte dei progetti intervistati l’obiettivo è la nascita di una presa di coscienza da parte del partecipante di un nuovo punto di vista o di una tematica. Questo cambiamento viene fatto attraverso il corpo: i sensi rappresentano il primo contatto per arrivare alla profondità personale.

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Socializzazione Tecnologia

Scuola

Cultura

Comunita'

Media

Metodo

Co progettazione

Multi disciplinarieta' Complessita'

Etica

Giovani

Dialogo Valori

Web 2.0

Partecipazione

Scienza

Condivisione

Relazione Collaborazione Scambio conoscenze Eta'

Empatia

Affettivita' Deliberazione

Auto formazione

Figura 5. Tag cloud delle parole selezionate dai progetti in merito alla società.

La società che emerge dalle interviste è aperta a tutte le discipline in modo da favorire possibilità di contaminazione. Nella maggior parte delle interviste nella società si lega la persona al dialogo. La trasformazione si presenta come un circolo di informazioni che continuamente si mettono in moto e che ritornano arricchite da nuovi apporti. L’approccio utilizzato è quello empatico che permette ai partecipanti di superare la condizione personale per sperimentarsi nell’incontro con l’alterità.

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Integrazione

Connessioni

Innovazione Ricerca Dinamicita' Durata

Metabolizzazione

Apertura

Persone

Cosa ho imparato

Monitoraggio

Tempo

Dialogo

Stabilita'

Comunicazione

Mediazione

Valutazione

Figura 6. Tag cloud delle parole selezionate dai progetti in merito ai processi inclusivi.

I processi intervistati su leggono come innovatori perché apre nuovi ambiti di relazione e progettazione. L’innovazione viene letta come un punto di arrivo che i progetti si auspicano. I processi di cambiamento sono dinamici perché riescono a trovare nuove soluzioni ponendo la creatività come chiave del problem solving. In molte interviste le parole dinamicità e staticità sono state scelte assieme. Queste scelte hanno confermato la visione dell’entropia proposta da Methods. Un processo di cambiamento necessita di continui passaggi tra ordine e disordine per arrivare a strutturare nuovi punti di vista. Il valore della mediazione è fondamentale nei processi che richiedono il coinvolgimento delle persone. E’ possibile determinare il punto di partenza, ma non quello di arrivo. La mediazione richiede molta energia ai progettisti, ma è la chiave per permettere ai partecipanti di sentirsi parte del processo.

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' a t Cultura ili Equilibrio ab s n o p s e Territorio R Predisposizione

Ambiente Glocale Natura

Consapevolezza

Economia

Riuso

Etica

Finanziamento

Investimento

Razionalizzazione risorse

Cura Persone Stress

Figura 7. Tag cloud delle parole selezionate dai progetti in merito alla sostenibilità.

La prima parola chiamata in causa sulla sostenibilità è responsabilità. Questo atteggiamento sottolinea come i progetti siano attenti alla lettura del territorio e si sentano quindi responsabili per le decisioni intraprese per rispondere ai bisogni. I processi indagati sviluppano immaginari e consapevolezza, questa è una responsabilità importante all’interno della società. La sostenibilità richiede come risorsa la cultura, quella parte immateriale che solitamente non viene considerata e che rappresenta il sostrato ideologico delle scelte.

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Economia

Potenzialita'

Nuovi punti di vista Societa'

Contingenza

Ben essere

Cura

Comunita' Nuovi valori

Scienza

Patrimonio

Riscoperta Equita'

Bisogno

Condivisione Tramandare

Formazione

Restituzione

Responsabilita' Attenzione ai deboli

Innovazione Materiale Immateriale Figura 8. Tag cloud delle parole selezionate dai progetti in merito al bene comune.

Il bene comune viene letto innanzitutto come condivisione di saperi e di risorse. La condivisione permette alle risorse messe in comune di acquistare un valore superiore rispetto alla semplice somma. Ne sono una dimostrazione gli apporti tra discipline che le progettazioni favoriscono e che permettono la nascita di nuovi contesti di conoscenza. Il bene comune è visto anche come la nascita di nuovi punti di vista. I processi di cambiamento ridiscutono le istanze culturali contemporanee per permettere la nascita di nuove idee. La finalità dei progetti è quella di responsabilizzare le persone, quindi di indirizzarle verso nuove scelte più consapevoli, o semplicemente verso la conoscenza di nuove tecniche e tecnologie. Le progettazioni che coinvolgono i cittadini cercano di creare comunità intese come ambiti di relazione umana e di aiuto reciproco. Il senso di comunità rende le persone più attente non solo al territorio, ma anche alle realtà sociali nelle quali sono coinvolte.

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CAPITOLO 5 In questo capitolo sono presentati i progetti intervistati. Uno schema sintetico ne illustra le caratteristiche, una figura rappresenta la nuvola di concetti emersi dall’intervista. E’ poi presentata l’analisi del progetto utilizzando lo schema sviluppato da Artway of thinking. Infine una trascrizione informale dell’intervista. Arsenale della pace - Sermig Servizio missionario giovani SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI ABSTRACT DEL PROGETTO

PUNTI DI INTERESSE

Sermig - Servizio Missionario Giovani, Associazione "il centro come noi". Vivere la solidarietà verso i più poveri e dare una speciale attenzione ai giovani cercando insieme a loro le vie della pace. Educazione alla pace, metodologia di divulgazione dei contenuti e della vision, attività di volontariato e di sensibilizzazione verso la cittadinanza attiva. Grande partecipazione emotiva e motivazionale. Apporto fondamentale dei volontari. Attenzione alla persona.

LIMITI CONCEPT GENERATION

Costruire un futuro di pace con i giovani. La restituzione come nuova economia.

RESTITUZIONE

Recupero di una grande struttura architettonica. Dialogo con il territorio in risposta ai bisogni delle persone.

INTEGRAZIONE

Partecipazione dei giovani alle numerose attività. Coinvolgimento delle nuove cittadinanze e del quartiere.

DIVULGAZIONE

Sito web. Pubblicazioni di testi. Rivista Nuovo progetto. Pubblicazione di video e CD musicali.

VISIONE

La bontà è disarmante.

INFORMAZIONI

giovanipace.sermig.org

Figura 1. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista.

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Figura 2. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il Sermig è un luogo che soltanto con la sua architettura già racconta un cambiamento: quello di un arsenale militare, che viene smilitarizzato dai volontari per trasformarsi in un arsenale della pace. La superficie ristrutturata è di circa 12 mila metri quadri. Una azione impossibile se non fosse stata realizzata lungo gli anni dai volontari. Il luogo è vissuto da una comunità che gestisce i numerosi progetti che trovano espressione nella struttura, per averne una esauriente esplicitazione si rimanda alla lettura della intervista effettuata. Il progetto preso in considerazione, tra i tanti che il Sermig sviluppa, ha a che fare con la performatività. Il Pranzo dei popoli è una azione proposta per sensibilizzare le persone, soprattutto i giovani, a riflettere sulla gestione delle risorse nel mondo. Questa azione parte innanzitutto dal bisogno della comunità di comunicare le proprie scelte e le proprie azioni. Queste sono legate all’intuizione iniziale di Ernesto Oliviero, il fondatore della fraternità, di lavorare per la pace utilizzando tutte le forme possibili di progettazione. Al bisogno della fraternità di affianca l’ obiettivo di sensibilizzazione utilizzando un mezzo partecipativo e legato all’esperienza personale. La persona nella sua singolarità è centrale nella progettazione del Sermig. I percorsi e i progetti sono nati e vengono raccontati e percepiti come risposte al bisogno di una singola persona. Le informazioni alle quali si fa riferimento sono i rapporti ONU sulla gestione delle risorse mondiali, con una particolare attenzione a quelle legate al sostentamento. Il concept che guida tutte le progettazioni del Sermig, e quindi anche questa in particolare, è la bontà è disarmante, con il dovuto valore simbolico che il disarmo ha avuto per il luogo. I valori che vengono messi in gioco sono l’impegno personale e la responsabilità. La partecipazione al pranzo dei popoli è finalizzata proprio alla sperimentazione e alla nascita nel singolo di domande sulla propria posizione rispetto allo squilibrio in atto nella gestione delle risorse mondiali. La forma che questa esperienza ha assunto è estremamente semplice e proprio per questo maggiormente incisiva. Non c’è nulla di più quotidiano di un pasto, della condivisione che questo inevitabilmente innesca. Quando a questo concetto quotidiano viene fatto fare un salto dalla condizione personale a quella mondiale, si apre il campo all’inedito e alla meraviglia. La modalità di svolgimento del pranzo è in corrispondenza ad un pasto reale dei partecipanti quindi, al di là della simulazione, questa esperienza rappresenta il pasto reale della giornata. - Divisione delle nazioni. I partecipanti pescano a caso un foglio con il nome della nazione dei quali diverranno i rappresentanti. Questo innesca una situazione psicologica che determina la riuscita del pranzo. I partecipanti vengono collocati nello spazio in maniera differente: i paesi ricchi seduti ad una tavola imbandita, quelli poveri seduti a terra. Tre partecipanti selezionati tra i paesi più 56


poveri vengono posti in disparte con una fascia nera al braccio. A loro non verrà distribuito cibo perché rappresentano la percentuale di morti per mancanza di risorse. - Presentazione dei dati. Vengono presentati i dati dei rapporti ONU sulla divisione e l’utilizzo delle risorse, dati che determinano la condizione nella quale si trovano i partecipanti. - Distribuzione delle risorse. Le persone dei paesi ricchi hanno a disposizione la quasi totalità del cibo disponibile, quelli poveri hanno diritto ad un cucchiaino da caffè di riso a testa e un cesto di frutta per tutti. - Scambio tra armi e risorse. I paesi attualmente in guerra vengono chiamati e la poca frutta in comune viene barattata da questi con una cassetta di armi che si trova sotto il tavolo dei paesi ricchi. - Gli sprechi. Il cibo rimasto dopo la distribuzione viene ulteriormente diviso tra i paesi ricchi che lo richiedono e il rimanente viene gettato in una pattumiera appositamente creata per mantenere il cibo integro. - Pranzo. Viene esplicitata l’unica regola che dopo il Buon appetito ogni partecipante può agire come meglio crede. A questo punto le reazioni sono diverse: da chi ruba il cibo ai paesi ricchi, a chi mangia il cibo della pattumiera. - Condivisione. L’esperienza si conclude con la condivisione dei partecipanti delle loro impressioni su quello che è accaduto. Questa fase è legata all’etica del progetto che si sintetizza in una domanda: Come può cambiare la mia vita alla luce di quello che ho provato? Questa domanda fa comprendere quanto il valore dell’esperienza incida sulla coscienza dei partecipanti. L’azione che si lega a questa esperienza è la restituzione, ovvero il nome che il Sermig ha dato alla sua teoria economica. La restituzione si basa sulla volontà del soggetto di restituire in termini materiali e immateriali ciò che ha ricevuto. Questa teoria economica permette all’Arsenale di poter gestire i numerosi progetti che sono presenti nella struttura. Il bene comune prodotto è la consapevolezza delle capacità del singolo nell’attuare azioni volte alla pace e alla giustizia sociale.

Dall’incontro con la comunità emergono i seguenti elementi: - Persona. La storia personale è l’elemento di partenza per la progettazione. E’ un approccio fondamentale per la realizzazione dei percorsi che la struttura propone.

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- Bello. Il messaggio di pace che la fraternità esprime si concretizza nelle scelte estetiche e simboliche del luogo. Anche i luoghi reputati alle accoglienze denotano una cura nei materiali e nei colori. - Comunicazione. La fraternità del Sermig comunica le proprie attività attraverso un sito web sempre aggiornato, il mensile Nuovo Progetto e numerose pubblicazioni. Le sessioni della Università del dialogo sono trasmesse in diretta streaming e successivamente editate sul sito. - Dialogo. L’ascolto, sopratutto dei giovani, permette alla comunità di conoscere quale è il clima che i giovani vivono. Questo permette loro di tarare la comunicazione e la sensibilizzazione alla pace. Un progetto finalizzato all’incontro è l’Università del dialogo, in cui i giovani possono incontrare i personaggi della loro epoca. - Quartiere. Il progetto Arsenale della Piazza è un ponte tra il quartiere porta palazzo e la struttura. partendo dalle attività con i bambini, la comunità arriva a dialogare con le famiglie.

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Intervista con Andrea, membro della fraternità del Sermig Che cosa è il Sermig? Il Sermig è una famiglia, non solo perché è nato da una famiglia, quella di Ernesto Oliviero che ha pensato di fondare una associazione chiamata Sermig (servizio missionario giovani), che parte per diffondere la pace nel mondo. E' una famiglia formata da altre famiglie e da consacrati, quindi persone non sposate che vogliono ragionare proprio come una famiglia. Quindi il Sermig è come una casa, più grande del normale, é una famiglia molto allargata. C’è lo stesso modo di ragionare di una famiglia, quindi se si guarda il Sermig da questo punto di vista se ne comprendono le scelte che magari non sono le migliori dal punto di vista tecnico e organizzativo, ma sono quelle che ci permettono di restare con i piedi per terra e di far entrare in un clima familiare tante altre persone. A patire dai giovani, da tanti poveri, che è una grande etichetta che identifica tante persone diversissime tra loro con problemi differenti. Il senso è quello familiare, in forma particolare certo, dove i fratelli e i parenti non li scegli, le persone che sono nella fraternità non si sono scelte, ma sono unite da un legame che diventa forte come un legame di sangue e sicuramente più forte. Questa è la fraternità in Dio. Ognuno di noi singolarmente ha fatto le stessa scelta. In questa famiglia si sente anche bene la parità tra consacrati e famiglia, perché la fraternità è una, la responsabilità è una, le progettazioni invece diversificate. Io nel Sermig ho ritrovato quella libertà che respiro in tante pagine del vangelo. Pur essendoci una organizzazione, questa non è una griglia da riempire. C'è bisogno di una organizzazione, ma c'è la libertà di donare la vita, di formare una famiglia. Si crea vita e si trasforma, si cambia, si cade e ci si rialza. Io lo vedo nei giovani e nelle persone che ospitiamo. Se mi chiedi cos'è il Sermig è una famiglia che ha scelto di seguire il vangelo. Un gruppo di persone che cerca di diventare cristiana. Abbiamo una impronta laica. L'idea è quella di tentare ogni giorno di diventare sempre più cristiani. La famiglia ha deciso di vivere all'arsenale. Il sogno di abbattere la fame nel mondo si è incarnato in quello della pace, che non è il semplice stare in pace, ma una pace che significa far stare in pace qualcun altro. Fin dall'inizio l'intuizione è stata quella che la pace è qualcosa di molto concreto e che passa attraverso azioni concrete e appena si è parlato di arsenale della pace è partita una avventura. Abbiamo aggiunto un posto a tavola fino a ingrandire l'arsenale in una maniera che nessuno avrebbe immaginato.

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All'inizio si voleva fare una fondazione che raccogliesse soldi per i missionari con una biblioteca e un centro di ricerca. Oggi le attività dell'arsenale vanno dall'accoglienza dei profughi all'asilo nido, dalla scuola di musica al corso di italiano per stranieri. Una realtà molto articolata pur nella sua semplicità perché alla base c'è una famiglia che risponde a dei problemi che sono diventati opportunità. L'idea di fondo è quella di aver trasformato un arsenale militare in un arsenale della pace. E’ stata una intuizione della quale abbiamo colto nel tempo la grande forza. Il luogo è arrivato dopo, grazie all'incontro con Giorgio La Pira, che riprendendo un passo di Isaia che afferma che le lance si trasformeranno in falci, ha profetizzato la trasformazione dell’Arsenale. Il Sermig è nato nel ‘63, l'arsenale è arrivato nell' 84. In quei 19 anni il Sermig si è sviluppato, ma non aveva ancora la dimensione della fraternità. Nel finire degli anni '70 grazie a Rosanna [una sorella della fraternità] che la strada della formazione di un fraternità fosse quella plausibile. Il nascente movimento fu sciolto e nacque la fraternità della speranza. Proprio in quel tempo si è capito che bisognava cercare una casa. Era una intuizione ancora in germe, questa trasformazione adesso si legge in tante attività che svolgiamo, però è arrivata successivamente. E' uno stile che ci siamo sentiti addosso e che abbiamo vissuto. Il muro con il testo la bontà è disarmante, ha fatto si che le differenze diventassero delle ricchezze e che il disarmo di un arsenale militare per trasformarlo in un arsenale di pace è stato compiuto da persone di diverse provenienze e credi. Un luogo che ha alla base un dialogo e che presenta una identità forte. Nella chiesa cattolica abbiamo deciso di dialogare con tutti attraverso i fatti e di sperimentare la diversità.

Quali attività sono svolte all'arsenale? Casa per i giovani Sin dall'inizio gruppi e ragazzi hanno bussato alla nostra porta per dare una mano a cambiare l'arsenale e a disarmarlo. Questa cosa dura tutt'oggi. Abbiamo 50 mila ragazzi che passano ogni anno. I numeri delle presenze si sono impennati dal ‘97-’98. I giovani sono aumentati in maniera esponenziale. Il primo campo al di sopra dei 200 ragazzi è stato nel 2000. Abbiamo campi di 200 ragazzi, arriviamo ad ospitarne fino a 600 per volta. In cima a tutte le attività c’è l’attenzione ai giovani e alla loro formazione alla pace. Abbiamo visto cambiare la parte di mondo che è passato da questa casa, lo abbiamo sperimentato. E quindi il messaggio di fondo è che i giovani si devono formare in maniera permanente, che serve a creare gli uomini del futuro. Attraverso i sondaggi e attraverso l'ascolto diretto entriamo in contatto con i giovani. Cerchiamo di far emergere le persone 60


per quello che sono. Ogni esperienza fatta qui dai giovani si conclude con una verifica. Durante le verifiche c'è quel 10% di considerazioni che ci fanno capire come cambiano i giovani e la società, perché i giovani rappresentano la spugna che assorbe ciò che la società gli lascia. Sono lo specchio del

nostro mondo. I giovani che passano una settimana con noi cambiano e anche noi un po'

cambiamo.

Cosa cercate di comunicare ai giovani che passano per l’Arsenale? Innanzitutto un incontro con Dio, che secondo noi cambia la vita e lasciare degli strumenti come la parola. Tanti ragazzi che passano da qui hanno poca conoscenza del luogo. Quando mi trovo a parlare davanti a 200 ragazzi so che molti di loro hanno già affrontato delle esperienze che li hanno feriti e colpiti. Cerchiamo sempre di più un modo per comunicare con persone abituate a sensazioni forti. Bisogna trovare il modo per entrare in dialogo con persone che danno un significato diverso alle parole. Le tematiche che vengono messe in campo sono numerose. Ad esempio con un gruppo abbiamo parlato della parola onestà e di come fosse cambiata la percezione del significato di questa parola. Altri progetti coinvolgono le scuole che vengono qui in visita dal Piemonte e dal resto d'Italia. Lavoriamo molto con i giovani, cerchiamo di sviluppare una coscienza critica. Li portiamo alle fonti dirette delle informazioni per avere uno sguardo largo, per capire la direzione che prendono gli eventi, essere curiosi, scavare, non fermarsi alle prime informazioni che si ottengono. Ci si ferma molto alle sensazioni epidermiche. Con loro viviamo l’esperienza del Pranzo dei popoli.

Mi racconti come si svolge il pranzo dei popoli? Il pranzo è un modo per comprendere le dinamiche mondiali. Si pranza tutti assieme in una stessa sala. All'ingresso ogni commensale pesca un biglietto con il nome di uno stato, se il paese è ricco ci si siede a tavola, se il paese è povero ci si siede a terra. Il 10% dei biglietti è di paesi ricchi, secondo le stime dell’ONU (l'11% delle nazioni). Quelli seduti al tavolo hanno a disposizione 7 o 8 chili di riso a testa, ci sono bibite... un tavolo imbandito (hanno accesso all' 80% delle risorse mondiali). Ai poveri viene distribuito un cucchiaino di riso. Tutti i paesi poveri hanno in comune oltre al riso un piccolo cesto di frutta. La distribuzione viene compiuta dopo aver presentato i dati sulle risorse alimentari di una giornata sul pianeta. L'esperienza vissuta sulla propria pelle crea brusio in sala, perché si nota uno squilibrio immenso. Il riso avanzato dopo la distribuzione viene diviso tra i paesi 61


ricchi che ne fanno richiesta e il resto viene buttato in un apposita pattumiera. Lo sconcerto di chi ha un cucchiaino di riso esplode quando il riso viene buttato. La pattumiera è appositamente pensata per mantenere il riso integro e pulito. Sotto al tavolo dei ricchi si trova una cassa di armi trovata qui all'arsenale. Vengono chiamati gli stati attualmente in guerra che devono barattare con le armi la poca frutta che hanno a disposizione. La frutta finisce sul tavolo dei ricchi. Tre persone dei paesi più poveri vengono non mangiano e restano in piedi in un angolo con una fascia nera al braccio ad indicare le persone che in una giornata sul pianeta sono destinate a morire. La regola che viene fornita è che ogni partecipante può agire come meglio crede dopo l’augurio di buon appetito. A questo punto avvengono assalti o libere distribuzioni, non c'è una dinamica precisa. Alla fine tutto il gruppo ragiona assieme non solo sui dati che abbiamo fornito, ma su come ci si è comportati e come si è reagito. Quello che vogliamo far sorgere nei ragazzi è la domanda su come può cambiare la loro vita dopo aver sperimentato questa situazione. Come fare a far entrare questa visione del mondo nel loro quotidiano.

Come è nata questa pratica? Non ricordo bene, ma dobbiamo averla appresa da un gruppo e poi è stata modificata e implementata. Nel tempo è diventata totalmente integrata nell’arsenale, una nostra modalità di comunicarci. E’ stata modificata lungo il tempo e poi è divenuta una dinamica sempre presente durante i campi con i giovani.

Le altre attività del Sermig legate ai giovani? Il movimento dei giovani della pace. Noi cerchiamo di portare la voce dei giovani ai grandi della terra. In forza di un impegno personale chiediamo di cambiare una parte di mondo. Non ci interessano le folle, ma gli impegni. Alla fine degli anni ‘90 nel giro di qualche anno abbiamo scritto la carta dei giovani chiedendo proprio a tutti i gruppi che passavano dall’ arsenale di darci una mano a scriverla. Uno strumento nato dalla collettività, la fraternità ha fatto solo la sintesi.

In Arsenale sono presenti due scuole: il laboratorio del suono e la scuola per restauratori. Il laboratorio è una accademia che ha 200 ragazzi iscritti. Abbiamo scelto ambiti che richiedono passione dando uno strumento ai giovani per realizzare il loro sogno nel campo dell'arte e della musica. Queste scuole ci hanno fatto entrare in contatto con tantissimi giovani. 62


Uno strumento più esteso sempre legato alla cultura è l'Università del dialogo. Abbiamo messo in dialogo i giovani con i grandi del nostro tempo. Siamo partiti da un versetto del Siracide che afferma: quando incontri un uomo saggio consumagli i gradini della porta. Questa è una cosa che il Sermig ha sempre fatto. Le persone che invitiamo non sono scelte in merito alla loro posizione religiosa. Lo scopo è quello di promuovere dialogo e riflessione. Richiediamo alle persone invitate di entrare nel clima dell’arsenale, di visitare il luogo, di soffermarsi nella struttura, di incontrarci. L’ equilibrio tra personalità e luogo non sempre funziona. Riflettiamo molto sulle persone da invitare. Ultimamente abbiamo invitato Susanna Tamaro e Arturo Brachetti. Vogliamo che testimonino ai ragazzi il pezzo di verità che hanno intuito nella loro vita. Tutti i contenuti sono fruibili on-line, le sessioni dell'università delle idee si possono seguire in streaming.

L’arsenale comunica molto attraverso il web, con video, la produzione di cd musicali. Quante persone della comunità si occupano del web? Parte della fraternità si occupa del web, sempre nell'indole familiare, non siamo una azienda e non sempre siamo celeri nella produzione dei contenuti. Due membri della comunità per metà giornata si occupano del sito coadiuvati da una persona assunta ad hoc. Queste persone si occupano del web, della impaginazione del nostro giornale Nuovo Progetto e di tutta la grafica e la comunicazione. In tutto ci sono circa 7 o 8 persone che si occupano di questo non a tempo pieno e con la flessibilità dovuta alla vita di fraternità. Cerchiamo modi espressivi nuovi per veicolare i nostri progetti e le nostre idee. L'idea è comunque sempre quella di riuscire a dialogare con i giovani al di là dei mezzi di comunicazione.

Ho interrotto la presentazione delle attività dell’arsenale... Ci sono poi i gruppi giovanili che accompagniamo regolarmente. Ci sono i figli delle famiglie che sono qui al sermig e i gruppi di studenti che ci frequentano. Questi gruppi ci propongono delle tematiche difficili da affrontare. Il dialogo che instauriamo è di tipo pratico e proponiamo ai ragazzi delle esperienze. un argomento affrontato è quello dell'eutanasia. Con i ragazzi abbiamo lavorato ad una intervista che abbiamo poi fatto alla moglie di un uomo che è in coma. Abbiamo realizzato un video per comunicare questa esperienza ad altri ragazzi e innescare nuove discussioni. Un altro tema affrontato è stato la condizione dei cristiani in medio oriente. Abbiamo deciso di intervistare via skype il vescovo di Bagdad. C'è stato un lavoro previo di conoscenza della realtà e 63


di preparazione delle domande, per poi colloquiare con lui. La ricerca è stata sempre indirizzata alle informazioni di prima mano, quindi a fonti dirette, senza filtri ed interpretazioni. Tutto questo è finalizzato alla costruzione di una coscienza critica nei ragazzi.

Altri due progetti sono l'Arsenale della piazza e il Nido del dialogo. L'arsenale della piazza nasce da un episodio che ha visto protagonisti i ragazzi che solitamente frequentano la piazza antistante l'arsenale. Questi hanno iniziato a giocare a calcetto all'interno del piazzale d'ingresso della struttura e da li hanno preso inizio una serie di iniziative volte a dialogare con la collettività presente a Porta Palazzo, luogo a maggioranza di nuovi cittadini. Nel giro di qualche anno abbiamo raccolto 250 bambini che sono del quartiere. Oggi l'arsenale della piazza ha l'obiettivo di far diventare questi ragazzi buoni cittadini di Torino. Poi l'attenzione si è spostata sui più piccoli ed è nato il Nido del dialogo. Un dialogo che nasce dall’accoglienza. E’ il secondo anno che il nido è attivo. Il nido è privato, ci sono 77 posti, di questi 20-25 sono convenzionati con il comune. C’è una attenzione nei confronti delle famiglie del quartiere? Abbiamo delle agevolazioni economiche per le famiglie del quartiere. Le classi sono pensate in modo da far vivere e crescere insieme bambini di diverse provenienze. Abbiamo curato molto l'aspetto estetico del nido per educare i bambini alla bellezza. L'integrazione poi si sposta verso le famiglie che hanno al nido i loro bimbi. I bambini sono delle finestre aperte verso il quartiere che ci ospita.

Un altro tipo di attività è legata all'accoglienza. Le comunità di accoglienza di solito sono dedicate a delle problematiche precise mentre noi accogliamo ogni tipo di persona che ci si presenta. La comunità si da un periodo per comprendere che tipo di lavoro fare con la persona che ci chiede aiuto. Abbiamo una zona dedicata all’accoglienza notturna femminile e maschile. Il Sermig ha dato più di 13 milioni di notti di ospitalità. Non ci fermiamo alla semplice accoglienza ma miriamo al recupero della persona. Il nostro dormitorio è un luogo accogliente e le persone che ci vivono sono ospitate per almeno 30 notti consecutive, per cercare di fare un minimo di cammino assieme. Se il nostro ospite vuole intraprendere un cammino di cambiamento entra in una serie di altre accoglienze stavolta di poche unità di persone. Queste strutture più specifiche sono gestite dalla associazione Il centro come noi. Cerchiamo di progettare un percorso legato alla persona e alla sua storia. Siamo una famiglia che accoglie e quindi il progetto è cucito sulla persona. La 64


consapevolezza che abbiamo è quella di fare la propria parte e di non risolvere tutti i problemi di Torino. La nostra attenzione è quella di mantenere il silenzio attorno alle persone che seguiamo. C'è molta attenzione a non lasciar trapelare e quindi strumentalizzare le loro storie personali. Il modo di ragionare è quello di una famiglia, dove se c'è un problema se ne discute assieme ma non si comunica all'esterno. Abbiamo inoltre una accoglienza per i familiari dei malati di leucemia che seguono terapie negli istituti piemontesi provenienti da tutta Italia. Abbiamo inoltre lo smistamento e la distribuzione del vestiario e delle borse spesa per le famiglie in difficoltà.

Il poliambulatorio fornisce un servizio medico a chiunque ne fa richiesta. Ci occupiamo di gestire gli appuntamenti e i medici che forniscono il servizio sono tutti volontari. E' uno dei primi ambulatori pubblici che è sorto a Torino ed è in rete con altri ambulatori per lo scambio di servizi. Il nido dell'accoglienza è un luogo che si trova all'ingresso del poliambulatorio. Ha la funzione di far riflettere sul valore della vita. Offre alle future mamme tutte le informazioni e le possibilità soprattutto per le donne straniere, nel dare alla luce un bambino, anche se si deve rinunciare ad essere madre.

Più che di globalizzazione parliamo di mondialità. A questo concetto è legato il progetto ReTe dell'associazione CIS - Cooperativa Internazionale Sviluppo, che si occupa di progetti di sviluppo nel terzo mondo e di intervenire con aiuti umanitari in luoghi di guerra o catastrofi. I progetti vanno dalla realizzazione di un acquedotto a una scuola. L'idea di fondo non è quella di fare da banca. Tutti i progetti sono co partecipati e co progettati, con le persone che ne usufruiscono, in modo da sviluppare autonomia. Tutti i progetti sono gestiti da volontari. La restituzione è la teoria economica dell’arsenale. Simbolicamente abbiamo inserito all'entrata della struttura una vetrata artistica con la scritta GRAZIE e una roccia con una goccia che la scalfisce per ringraziare tutti coloro che collaborano a realizzare i nostri progetti. L'arsenale non sarebbe nulla senza i 1000 volontari che vengono qui. Per reggere il ritmo ci vuole alla bse una forte spiritualità. Senza la comunità le attività sarebbero comunque portate avanti, ma lo stile sarebbe del tutto diverso.

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Persona spirito - persona - ascolto - risveglio - coscienza - cambiamento - formazione

Lo scopo è quello di avvicinare a Dio ogni persona che incontriamo. Ogni persona accolta è sempre se stessa anche se in una quantità, ma ha una sua storia. Facciamo grande attenzione ai suoi bisogni. Ogni persona deve quantomeno avere l'opportunità di gridare il suo bisogno di aiuto anche se poi non riusciamo a sopperire alla sua richiesta. Vogliamo risvegliare la speranza e riportare le persone in contatto con la loro coscienza. Intendiamo il cambiamento come movimento. Un incontro ti deve cambiare, altrimenti è come se non fosse avvenuto.

Collettività dialogo - co progettazione - metodo - relazione - etica - valori

Avere metodo è fondamentale. Il nostro modo di operare ha funzionato anche all'estero. Una sintesi del metodo è la nostra regola. Abbiamo riletto la nostra storia e ne abbiamo tratto un metodo. La grande sintesi che si può fare è amati amiamo, una mentalità per crescere nell'amore. L’amore è l'unico valore che può essere esportato ovunque. Relazione è la parola che mi richiama alla mente la persona.

progetto / gruppo dinamicità - valutazione - mediazione - dialogo - persona - cosa ho imparato / reciprocità

Abbiamo fatto saltare interi programmi prestabiliti perché ci siamo resi conto che non funzionavano. Un esempio è stato la modifica che ha subito un campo che con i giovani. Un gruppo particolarmente attivo durante il lavoro manuale si è rivelato poco attento durante i laboratori di approfondimento. Abbiamo escogitato una metodologia diversa per poterli coinvolgere e innescare discussioni all’interno del gruppo. Abbiamo proposto un giro di osservazione del quartiere e abbiamo raccolto le impressioni dei giovani. Dalle loro impressioni su Porta palazzo sono nate domande e discussioni.

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Fate delle verifiche? Dopo ogni esperienza facciamo un incontro di verifica. Il monitoraggio segue delle direttive diverse a seconda dei progetti. Consideriamo in particolar modo il livello di coinvolgimento dei giovani e il cambiamento di punto di vista che nasce in loro. Ogni progetto si trasforma poi in una mediazione nel quartiere, nella casa, nella persona. Un esempio è la scuola di italiano per stranieri. Abbiamo avuto modo di conoscere le persone del quartiere sotto punti di vista differente. La scuola ha dato a noi operatori la possibilità di scoprire elementi nuovi della cultura italiana. Siamo pronti a far saltare un progetto se non adatto alla persona che ne deve usufruire. Un progetto ha senso quando anche qualcosa nella comunità è cambiato o abbiamo acquistato un punto di vista inedito. Una persona mi ha detto : quando vediamo, cos'è che vediamo? Questa frase mi ha fatto riflettere sul peso che la nostra cultura ha nella lettura che facciamo della realtà.

Risorse sostenibilità - riuso - responsabilità - persona - cultura

Noi puntiamo molto sull'educazione contro lo spreco. Sia dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista delle risorse. La sostenibilità deve tenere presente la persona nella sua singolarità. La cultura è un elemento immancabile nell'avvicinamento alle persone.

Bene comune condivisione - responsabilità - restituzione - attenzione ai deboli

La condivisione è uno dei pilastri della nostra comunità. La restituzione è la nostra teoria economica. Il cuore spirituale della restituzione è il Padre Nostro. Se siamo tutti fratelli e io ho avuto di più ho il compito di restituire. Non perché l'ho rubato, ma perché c'è uno squilibrio. E’ prendere coscienza delle capacità e delle risorse che il singolo possiede e orientarle verso il bene comune con una attenzione particolare ai più deboli. Questa nostra visione è stata discussa con molti uomini di pensiero come Norberto Bobbio. Il simbolo che lo rappresenta è un sacchetto vuoto che ci passiamo tra le mani durante le liturgie. Il bene comune è molto di più della somma del bene posseduto delle singole persone.

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Castello di Rivoli - Dipartimento Educazione SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Castello di Rivoli - Dipartimento educazione Studenti del primo Liceo artistico di Torino professoressa Laura Dosio

ABSTRACT DEL PROGETTO

La Peer Education sfrutta le spiccate capacità dei giovani di orientare e trasmettere conoscenze ai propri coetanei. Negli ambiti in cui è stata sperimentata ha mostrato di costituire uno strumento valido ed efficace in grado, tra l'altro, di sviluppare e rafforzare le competenze cognitive e relazionali dei singoli per valorizzare la funzione educativa del gruppo, facendo del gruppo di pari una preziosa risorsa per l'apprendimento, uno strumento di crescita e di cambiamento per tutti.

PUNTI DI INTERESSE

Co-educazione tra pari, relazionalità. Presenza dell'adulto come esperto e aiutante del ragazzo.

LIMITI

Il progetto è tutt’ora in fase embrionale, quindi non fa ancora espresso al meglio le sue potenzialità in campo educativo.

CONCEPT GENERATION

Nuove forme di educazione, i giovani come nuovi interlocutori dei luoghi della cultura.

RESTITUZIONE

Incontri con gli studenti e serate dedicate espressamente alla divulgazione da parte dei giovani dell’arte contemporanea.

INTEGRAZIONE

Ottimo il risultato riscontrato nella classi che hanno vissuto l’esperienza.

DIVULGAZIONE

Sito web educazione rivoli. Pubblicazioni del museo. Summer School promossa dal museo per l’estete 2012.

VISIONE

Attenzione alle nuove generazioni, soprattutto quelle degli istituti superiori, come nuovi interlocutori per l’arte contemporanea.

INFORMAZIONI

www.castellodirivoli.org

Figura 3. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 4. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il dipartimento educazione del Castello di Rivoli è uno dei punti di riferimento per le nuove prospettive dell’educazione museale. Alla base del lavoro di questo dipartimento c’è la volontà di avvicinare più pubblici possibili all’arte contemporanea e far entrare l’esperienza museale nella quotidianità. Il museo non è soltanto un contenitore, ma un interlocutore con il territorio e soprattutto con le persone. Il progetto di peer education nasce dal bisogno del museo di intercettare una fascia di utenza più giovane che rappresenta la generazione di riferimento per le opere esposte. Un secondo bisogno è quello scolastico di sopperire attraverso nuovi approcci educativi alla difficoltà di far entrare l’arte contemporanea all’interno dei programmi di studio. La motivazione nasce dalla volontà di educare le nuove generazioni all’arte contemporanea come espressione del periodo storico che essi vivono e contribuiscono a costruire. I temi quindi che vengono messi in gioco in questa progettazione sono l’educazione e l’arte. Un tema emergente, non dichiarato è la maggiore consapevolezza e autonomia acquistata dagli studenti coinvolti. I sentimenti che il progetto suscita sono quelli della scoperta e della nascita di autonomia. La forma assunta dal progetto è stata quella di una serie di incontri e lavori da parte degli studenti sfociati in una serata di festa dal titolo Innamorati dell’arte. La modalità è stata svolta attraverso questi strumenti: - collaborazione tra professore e dipartimento - visite al museo, per conoscerne meglio caratteristiche, collezioni e mostre permanenti - incontri di approfondimento con il gruppo di lavoro del museo - Assegnazione di ricerche di approfondimento su opere della collezione o su artisti delle mostre permanenti. - Presentazioni delle ricerche da parte degli studenti sia al gruppo del dipartimento sia all’insegnante che ha anche provveduto ad una valutazione considerata all’interno del corso di studi dei ragazzi. - Una serata di festa per san valentino durante la quale i ragazzi hanno guidato i loro coetanei alla conoscenza del museo. Gli spazi che hanno visto il coinvolgimento dei ragazzi sono stati il museo come luogo nuovo di apprendimento e scoperta e l’aula scolastica, luogo più quotidiano, ma vissuto con un nuovo punto di vista. Hanno partecipato questo primo progetto 22 allievi del primo Liceo artistico di Torino. 70


Le potenzialità del progetto si sono espresse nel rendimento degli studenti coinvolti e nell’uso del materiale prodotto all’interno delle presentazioni inter disciplinari per l’esame di stato.

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Resoconto del dialogo con A n n a P i r o n t i , Responsabile Capo; Paola Zanini, Referente attività di laboratorio; Laura Dosio, professoressa. Come nasce il progetto di peer education ? L’interesse verso questo tipo di progettazione nasce dalle direttive europee che richiedono nuove forme di avvicinamento alla cultura soprattutto delle nuove generazioni. Questo progetto specifico nasce anche dall’interesse che la professoressa Dosio ha sempre dimostrato per il museo e la sua collezione.

Come è stato strutturato? Si è partiti dall’interesse dimostrato dalla professoressa. Da qui abbiamo pensato di introdurre i ragazzi in una serie di incontri e di presenze al museo finalizzate alla conoscenza dettagliata della collezione. Questo stile risponde anche alla grave difficoltà che molte scuole hanno, a maggior ragione una scuola d’arte, nel proporre ai ragazzi lo studio del contemporaneo che normalmente si affronta in maniera frettolosa. E’ un danno non fornire a queste generazioni gli strumenti per leggere l’arte del proprio tempo. Come dipartimento ci siamo anche chiesti come intercettare quella fascia d’età che arriva al museo attraverso le visite guidate e che poi perde l’attenzione per l’arte. La peer education ci è sembrato il veicolo migliore per incuriosire i giovani verso l’arte contemporanea e da questa curiosità far nascere lo stimolo a continuare ad interessarsi.

Con quali fasi? Oltre le visite e gli incontri con le classi che la professoressa ha coinvolto e che quindi hanno visto il museo protagonista, una seconda parte del lavoro è stato svolto autonomamente dagli studenti. Sono state proposte una serie di ricerche legate a opere della collezione o a mostre temporanee che i ragazzi hanno presentato allo staff del dipartimento del museo, e al resto dei compagni durante le ore di lezione. Queste presentazioni sono state poi oggetto di valutazione da parte della professoressa. Qui possiamo già vedere come gli studenti stessi hanno poi veicolato contenuti ai loro stessi compagni di classe.

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Il progetto ha poi previsto una giornata dedicata alla visita al museo da parte dei giovani. Il giorno scelto è stato San Valentino. Il museo è rimasto aperto la sera, proponendo musica e permettendo la visita guidata dagli studenti. In questa giornata gli alunni hanno potuto sperimentare l’approccio a persone sconosciute guidandole alla comprensione e alla lettura di opere d’arte contemporanea.

La serata ha avuto molto successo, tenendo anche conto di tutte le normative che ad esempio vietano di portare bevande o cibo all’interno delle sale, oppure la gestione notturna della vigilanze delle opere.

Professoressa, quali sono state le impressioni degli studenti sull’iniziativa? Quelle coinvolte sono state alcune delle migliori in termini di rendimento. Il mio interesse era sopperire a quella mancanza di tempo che il programma ministeriale non permette di attuare con le poche ore dedicate. Con le visite e l’interesse suscitato i ragazzi hanno sviluppato un percorso autonomo che poi è sfociato nella serata al museo dove sono stati protagonisti.

Come fare con le risorse? Noi abbiamo una rete di contatti che ci aiutano negli eventi. Nei grossi progetti ci chiediamo sempre prima come fare a sostenere gli impegni e le economie. Bisogna metterci del proprio se si vogliono raggiungere certi risultati e se non si vuole solo dare nozioni ma strumenti. Quindi al di là dell'attività quotidiana noi siamo interessati a contattare la persona, perché poi sono le persone a fare la differenza. In questo caso Laura Dosio, che come insegnante ha seguito i ragazzi è stata una risorsa fondamentale che ha impegnato il suo tempo al di là delle ore di lavoro. Questo vuol dire che il suo impegno non è stato retribuito. La professoressa non è una persona presa in un mucchio, ma una figura con la quale si collabora da tempo. Conosce tutti gli ordini scolastici per cui abbiamo pensato a lei per una sperimentazione di questo tipo. Ci ha dato la possibilità di avere continuità nel tempo. Vogliamo fornire ai giovani gli strumenti che possano poi portarsi a casa e a scuola, è chiaro che se poi nella quotidianità non c'è un docente che li segue in un certo modo non c'è continuità. Noi abbiamo visto con piacere le presentazioni create dagli studenti e che poi sono state valutate dall'insegnante. Alcune di queste sono confluite nella presentazione finale per l'esame di stato. Questo ha permesso di mettere in pratica quello che hanno appreso.

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Una prospettiva molto diversa rispetto alla visita al museo... Quella della visita puntiforme al museo è già stata superata, qui la visita al museo richiede molto di più, poi sta alla volontà dell'insegnante essere più o meno attenta alle proposte del dipartimento. Puntiamo molto sulla formazione degli insegnanti e sui laboratori. Ci farebbe piacere far considerare il museo come parte della loro vita. I ragazzi che hanno partecipato al progetto hanno potuto esperire il museo come parte della quotidianità, come un luogo dove ritrovi la tua identità. L'arte contemporanea parla della nostra vita, ci insegna qualcosa in più sulla nostra epoca.

La peer education può essere il futuro dell’educazione museale? Di sicuro uno strumento nuovo per l’approccio dei giovani al museo. Di per sé il metodo può veicolare qualsiasi tipo di contenuto che serve al patrimonio. Se le giovani generazioni non riterranno che questi sono pezzi della loro storia non ne ricaveremo più nulla. La possibilità che diamo ai giovani della conoscenza sul singolo artista e sulla sua poetica, permette di far nascere una passione che bene o male può poi divenire il proprio corso di studi. Nell'ambito scolastico l'arte è un onere, da adulti se ne comprende il valore. Un progetto come questo permette di darsi una possibilità e dare la possibilità di fruire dell'arte possedendo più risorse e punti di vista. L'arte contemporanea ci da chiavi di lettura sul nostro tempo, mai risposte e certezze.

In questo senso come si inserisce il progetto della summer school? La summer school può essere una possibilità per vivere il museo, ma anche una apertura a quei giovani che hanno nel loro percorso di studi l’opzione di vivere una esperienza all'interno del dipartimento. Con i ragazzi che vengono qui a fare esperienza chiediamo di fare delle ricerche e di portarsi a casa non solo contenuti, ma strumenti. Quello che chiediamo è non solo che ci sia una presenza estiva, ma una presenza delle classi durante l'anno. Questo permette di conoscere meglio il museo e di considerarlo sempre di più parte del quotidiano.

Che esperienza è stata Zonarte, come condivisione di metodi? La fondazione CRT ha allargato il suo tavolo di confronto dai direttori dei musei e i curatori, anche ai dipartimenti educazione per capire in che modo coinvolgerli e relazionarsi. Questi tavoli sono poi stati difficoltosi da gestire, si è quindi provveduto a richiedere ai dipartimenti un progetto collettivo e possibilmente di rete.

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L'input è stato esterno ai soggetti che poi sono stati coinvolti. Il progetto ci ha permesso di strutturare una collaborazione più lunga e organica. L'edizione ’10 / ‘11 è stata una grande prova alla fondazione Merz. Le 6 istituzioni si sono impegnate a gestire il museo in una condizione in cui la fondazione non aveva mostre e quindi ha messo a disposizione gli spazi. In quella settimana dall'alba al tramonto abbiamo gestito lo spazio e il pubblico, inteso come i tanti pubblici che hanno incontrato l'arte contemporanea, abbiamo creato relazioni con il territorio quindi sia fuori che dentro la struttura. Il quartiere è stato invitato a collaborare, la risposta è stata interessante, non c'erano solo scuole, ma momenti dedicati al convivio, la possibilità di discutere degli argomenti trattati durante la giornata, una rassegna cinematografica, Il riscontro del pubblico è stato interessante e ampio. Nell'edizione ’11 / ‘12 ci sono state tre giornate alla GAM, poi ulteriori due giornate di discussione a Rivoli e il lavoro ad Artissima. Noi abbiamo coinvolto gli studenti di Bologna e Urbino a Zonarte 2010, che hanno quindi imparato dandoci una mano tra le diverse istituzioni e partecipato alle tavole rotonde, restituendo man mano quello che stavano acquisendo. La peer education non ha quindi limitazioni legate alle scuole superiori. E' la possibilità che il dipartimento da alle persone che vogliono occuparsi d'arte venire a conoscenza che ci sono diverse figure che sono coinvolte nel mondo dell'arte. La professionalità nasce nel veicolare i contenuti. I dipartimenti sono interessanti perché la peer education può professionalizzare le persone. Abbiamo avuto dei riscontri molto positivi durante gli anni. Soprattutto col progetto Italie abbiamo aggregato grossa parte dei ragazzi di queste accademie perché già formati al nostro modo di operare. Zonarte è stata una esperienza per conoscere meglio l’operato degli altri dipartimenti. Ci ha fatto comprendere gli elementi che caratterizzano il lavoro di ciascuno, e che un museo è inscindibile da un dipartimento educazione. Un museo non è solo un contenitore e questo è un passaggio fondamentale.

Per questo noi realizziamo progetti che vanno fuori dal museo, che però lo comunicano. La summer school è una idea che Anna Pironti sta portando avanti, che si auto sosterrà, le proposte di patecipazione hanno aperto dei tavoli di confronto, è il grande progetto sul quale lavoreremo. Nasce dalle possibilità che ci siamo dati a Zonarte di avere tavoli di discussione sull'arte, l'intercultura, il mondo aziendale. Sono collegati, e vogliamo che sia l'espressione del gruppo di lavoro. 75


Quest'anno attraverso la professoressa Laura Dosio abbiamo accolto dei ragazzi del 4° e 5° anno che hanno seguito il dipartimento e Zonarte in Artissima. Questi ragazzi hanno lavorato sul video, facendo delle interviste al pubblico di Artissima. Tutte le occasioni sono buone per coinvolgere i ragazzi.

Com’è stata l’esperienza ad Artissima? Artissima era una bella sfida. Non era una richiesta legata al pubblico, ma l'accorpamento ad una fiera commerciale di un elemento più legato all’educazione. Abbiamo portato ad Artissima la possibilità di avere una visione di quella che è l'arte del momento, il fatto che se l'arte ha un valore, noi abbiamo esplicitato il valore come contenuto e non soltanto come economia. Un valore che è quello culturale e quindi il maggiore dell'opera. stessa E' stato animato, non un semplice corollario alla fiera, molto integrato nel contesto.

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Comunità di Bose SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Comunità monastica di Bose

ABSTRACT DEL PROGETTO

La comunità di Bose è una comunità monastica interconfessionale e di condivisione tra uomini e donne.

PUNTI DI INTERESSE

comunità lavoro sviluppo del sé convivenza di diversità ideologiche e di genere

LIMITI CONCEPT GENERATION

Ricercare una vita pienamente umana.

RESTITUZIONE

Lavori manuali / artistici Casa editrice

INTEGRAZIONE

Accoglienza

DIVULGAZIONE

Sito web. Libri edizioni Quiqajon

VISIONE

Ecumenismo e comunità

INFORMAZIONI

www.monasterodibose.it

Figura 5. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 6. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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La comunità monastica di Bose prende avvio in un contesto di pensiero preciso. Il Concilio Vaticano II introduce nell’ambito della cattolicità un nuovo modo di approcciarsi alla ricerca spirituale. Nel caso della comunità l’intuizione iniziale è legata a Enzo Bianchi che si ritira per una vita di ricerca spirituale in una frazione di un paesino del Biellese. A questa sua intuizione si accodano altre persone nella stessa ricerca. Queste persone che arrivano dettano l’indole particolare che la comunità assumerà: un protestante ed una donna. Comincia così una avventura che ha alla sua base due diversità. La storia della comunità ha permesso il sorgere di nuovi punti di vista sull’ecumenismo e il dialogo tra le religioni. La comunità non appartiene a nessuna chiesa o confessione specifica e riprende dalle origini l’esperienza monastica della prima cristianità. La motivazione è la ricerca personale in ambito spirituale dei singoli componenti che trova la sua espressione nella vita in comune. La connotazione che questa vita assume è fortemente caratterizzata dalla diversità. I valori che la comunità comunica sono ovviamente quella spirituale insieme alla comunità al senso del lavoro e della conoscenza di se stessi. Il lavoro inteso dalla comunità è normato all’interno della regola che la comunità si è data. Il lavoro è espressione di continuità con la creazione e veicolo di dignità per la persona. La comunità ha recuperato il lavoro agricolo del territorio interno del Piemonte arrivando ad essere considerata una comunità di cibo di slow food. L’atmosfera che produce è di silenzio, condivisione e ricerca. La forma, espressa in sintesi, è la vita comune, la preghiera, il lavoro, l’ospitalità e la cultura. L’ospitalità richiede molta energia. E’ intesa all’accogliere le persone che decidono di condividere per periodi più o meno lunghi i tempi della comunità. Il messaggio che viene dato alle persone che fanno richiesta di essere ospitate permette di selezionarle in base alle effettive intenzioni della loro presenza. La comunità gestisce una casa editrice che pubblica testi su diversi argomenti e promuove incontri e settimane di studio. Il plus valore espresso è relativo alla diversità che la compone. Questa ha generato nuove prospettive nella vita comune impensabili in ambito cristiano. Ha favorito il dialogo e la crescita e anche la nascita di una liturgia apposita che unisse i diversi punti di vista. E’ una convivenza che richiede un grande dispendio di energia che è compensato dal forte valore spirituale che i singoli componenti ricercano. Il senso estetico è molto curato. Tra le attività che vengono svolte, numerose sono a cavallo tra l’artigianato e l’arte. Sono presenti una falegnameria, un laboratorio per le icone, un laboratorio di ceramica, uno per i ceri e gli arazzi. Gli oggetti prodotti sono utilizzati per decorare la struttura o messi in vendita. 79


Intervista con Guido Dotti, membro della Comunità monastica di Bose

TEMI Persona Umano - Spiritualità - Ascolto - Corpo

Umano e corpo sono in senso lato collegabili. La nostra vita tiene conto principalmente del fatto che siamo una realtà umana e questa realtà la affrontiamo con il nostro corpo. A partire da questa visione si può costruire un discorso di spiritualità e di vita interiore, una dimensione altra rispetto alla corporeità, ma che entra in relazione con essa attraverso la dimensione umana. Un rapporto, che va al di là della fede professata, penso agli ospiti che vengono qui, con un attenzione che va dai bisogni strettamente corporali a quelli spirituali. Una spiritualità intesa come qualche cosa che anima il vivere umano e il corpo. Ho scelto ascolto perché è il primo approccio possibile all'altro, approccio che avviene attraverso il corpo, e per ascoltare in profondità c'è bisogno di molte parti del corpo, non solo dell'orecchio. Allo stesso tempo l'ascolto è rivolto all'umanità dell'altro.

Collettività socializzazione - relazione - dialogo - condivisione

La collettività si basa sulla consapevolezza che volenti o nolenti abbiamo qualcosa da condividere: “nessun uomo è un isola”. Che lo si accetti o lo si rifiuti siamo chiamati a una condivisione. Condividiamo lo spazio in cui abitiamo, questo è un dato umano fondamentale. La persona umana è sempre in relazione. Da questa consapevolezza nasce l'accettazione del dialogo, il confronto, il dirsi e ascoltare come l'altro si dice e si dà. Questa visione può essere utilizzata sia a un livello di comunità più ristretta, sia della società. Ho preferito la parola socializzazione, rispetto alle parole legate ai media, poiché le tecnologie rappresentano l'attualizzazione di un bisogno umano, quello della condivisione di se stessi, di beni e di conoscenza, che è presente da quando l'uomo è sulla terra. Nella nostra comunità la regola norma le forme di condivisione, inquadra con uno stile ed uno scopo il dialogo, la relazione, i rapporti e fornisce dei parametri per una socializzazione più ampia che va al di là della comunità stessa.

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Qual'è la visione di collettività che è alla base della comunità di Bose? Un comune cammino alla sequela di Cristo. Una comunità connotata dalla scelta di fede e dalla vocazione comune. Non è una equipe di lavoro, non è una ong, non è una nuova impresa per il ripopolamento di luoghi agricoli abbandonati, anche se queste sono azioni che la comunità può fare. Sono scelte successive alla visione principale che è quella di vivere il Vangelo insieme. Una vita comune normata da una scelta comune di fedeltà al Vangelo. Una visione che ci riporta alle prime comunità monastiche e al primo gruppo dei discepoli.

Progettualità / gruppo stabilità - dinamicità - ricerca

Le prime due parole sembrano contraddittorie. La comunità non ha mai esplicitato il voto di stabilità, come accade nel monachesimo di tradizione benedettina, ma solitamente il luogo dove scegli di restare è quello dove cominci il cammino di sequela. La stabilità è lo spazio che ti garantisce una continua conversione. Non a caso i due voti classici del monachesimo benedettino erano la stabilitas loci e la conversatio morum, ovvero la stabilità del luogo e il cambiamento dei costumi. Un cambiamento mirato all'unificazione interiore. A questa visione collego il nostro modo di approcciare il lavoro: la stabilità diviene professionalità. Non cambiare continuamente mansione permette di acquistare conoscenza e allontanarsi dal dilettantismo. Non è detto che le mansioni siano fisse, ma lo stile che viene richiesto è di sentirsi responsabili per il tempo in cui si effettua un lavoro. Il lavoro è uno strumento che la comunità sceglie per la crescita personale, sia esso svolto in gruppo o singolarmente. Il lavoro è partecipazione alla creazione in atto, cioè un incremento dell'opera di Dio e non è legato al piacere personale, ma al bisogno della comunità. Ho scelto la parola dinamicità perché c'è un fine in quello che si fa. Non basta star fermo, se questo non rappresenta una dinamica di cambiamento interiore e di mutamento. Può anche esserci all'interno del percorso un tornare indietro, nel momento in cui ci si rende conto che la strada intrapresa non è quella giusta. La parola ricerca è intesa in termini ampi. Sia come indagine e speculazione, ma anche come consapevolezza di non aver raggiunto un punto di arrivo stabile e di cercare sempre di fare al meglio quello che puoi. Cerchi di essere monaco invece di aver semplicemente trovato il posto dove

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sei monaco. La ricerca si lega alla serietà e alla professionalità anche del lavoro intellettuale che si svolge in comunità.

Avete una modalità di soluzione dei problemi? E' una dinamica che ha a che fare con l'ascolto dei singoli componenti della comunità, e anche delle situazioni. Questo permette l'identificazione del problema. Le persone che vengono ascoltate non sono soltanto quelle coinvolte, ma vengono ascoltate anche le reazioni degli altri componenti della comunità rispetto al problema. Si verificano le emozioni e le paure che possono insorgere. Questo è il dato di partenza del processo. C’è bisogno di pazienza intesa come consapevolezza di non raggiungere in tempi brevi la risoluzione del problema. Ci sono problematiche che richiedono una soluzione immediata per impedirne l'aggravarsi, ma questa non sempre rappresenta la soluzione definitiva. L'orientamento è coinvolgere tutti i membri della comunità nella ricerca della soluzione. Se non si raggiunge la piena adesione da parte di tutti, si cerca di pervenire comunque alla comprensione del perché certe scelte vengono effettuate. Tutti i pareri, anche quelli contrari, contribuiscono a modellare la decisione che alla fine viene stabilita. Questo vuol dire anche non sognare facili unanimismi e restare consapevoli che tutte le soluzioni sono sempre in progress. Non è detto che la soluzione trovata di fronte a un problema vada bene un anno dopo con un problema che sembra analogo. Cambiano le persone coinvolte, la comunità sarà diversa... Tutti fattori da considerare.

Possiamo definire questa una dinamica deliberativa? Ci interessa di più la costruzione della decisione che non la formale assunzione della decisione. Il criterio di maggioranza è orientativo, il peso del singolo va considerato. Ci può essere una condizione in cui la comunità è per la maggior parte dei membri in accordo, ma una minoranza in disaccordo rappresenta un ambito specifico ad esempio i più giovani oppure quelli da più tempo in comunità. Questo dato va letto e tenuto in considerazione. Nell'ascoltare i perché si fa anche riferimento alla storia e alle caratteristiche che il singolo ha. Si vuole ottenere una costruzione di consenso con una comprensione del dissenso più che un gioco di forza tra blocchi contrapposti. Un fattore da integrare nella soluzione dei problemi è rappresentato dalla tradizione di vita che ci ha preceduto. Abbiamo la consapevolezza che la comunità stessa è più grande dei membri che la compongono, che ha un patrimonio che non è solo suo, al quale può attingere. All'inizio eravamo molto refrattari a definirci monaci, perché avevamo paura di prendere decisioni in base a questa 82


etichetta. Il percorso che abbiamo fatto, le scelte che abbiamo preso, partono dalla consapevolezza che la nostra verità ha delle basi: la vita in comune, il celibato, il Vangelo. Se poi nella storia tutti coloro che hanno fatto queste stesse scelte sono stati chiamati monaci, allora lo siamo anche noi in questa accezione. Questo vuol dire che non c'è un manuale pronto all'uso, ma una tradizione da tenere in considerazione. Un aspetto sul quale non abbiamo tradizione è quello della vita in comune tra fratelli e sorelle. Su questo versante siamo più scoperti, mentre su altri la tradizione è quasi bi millenaria.

Questi processi richiedono molta energia alla comunità? Si. Innanzitutto sui tempi. C'è bisogno di tempo e quindi anche energia, di pazienza che pure è energia, di ascolto che affatica. Tutte queste cose richiedono una costante presenza a se stessi. E' un percorso impegnativo che richiede una vigilanza, una presenza a te stesso e agli altri. Occorre non lasciarsi guidare dal pregiudizio, un atteggiamento che in una comunità ristretta può verificarsi.

Risorse ambiente - equilibrio - responsabilità - cultura

Innanzitutto c'è la consapevolezza che siamo responsabili del creato. Il creato è stato affidato all'uomo come una sorta di maggiordomo, inteso come major domi, colui che non è padrone, ma controlla tutto il nome del padrone. Di fatto dobbiamo rispondere in senso forte di questo. Il primo atteggiamento quindi nei confronti delle risorse è quello della responsabilità, del rendere conto del nostro operato. Questo stesso atteggiamento va tenuto anche nei confronti delle risorse umane, intese come essere responsabile dell'altro in quanto tuo fratello. Non si può sprecare quello che l'altro ci da anche con la sua semplice presenza. La cultura intesa come coltura. Si coltiva all'interno di uno spazio tempo che è fatto di tante cose, di tante ricchezze e conoscenze. La coltivazione ha una tradizione ultra millenaria, che va dall'aratro agli OGM, e l’approccio dipende dalla cultura che decidi di abbracciare. E' un equilibrio non solo economico, perché rispetta il quadro generale ovvero l'ambiente nel quale sei una co - creatura. Va cercato un equilibrio tra il ben-essere personale e quello delle generazioni passate e future. Abbiamo delle responsabilità sia verso le generazioni future che verso quelle passate: ciò che hanno vissuto e sofferto. La domanda da porsi è: che cosa abbiamo fatto di quello che ci è stato consegnato? La 83


nostra responsabilità nasce dalla riconoscenza per le azioni compiute sulle risorse prima di noi e ricordarci che ci saranno generazioni che dovranno usufruirne dopo.

Quali sono gli atti concreti che la comunità fa rispetto all'uso delle risorse? Sono stati riportati all'uso agricolo terreni incolti da trent'anni. Abbiamo mostrato che qui a Magnano si potevano coltivare prodotti diversi rispetto alle patate e al mais, le uniche colture rimaste. Abbiamo tentato la riscoperta delle potenzialità agricole di questo posto. In questa ottica c’è anche la cura del bosco, che viene curato e fruito come paesaggio da vivere. L'orto è servito da due pozzi scavati da noi e abbiamo scelto di utilizzare pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. La sensibilità personale sui temi ambientali di alcuni fratelli e sorelle diviene progressivamente un’acquisizione dell'intera comunità. Non facciamo della sostenibilità ambientale un assoluto. La qualità e la bontà dei prodotti è ricercata non perché vale di più sul mercato, ma perché è pensata per la cura della comunità e degli ospiti.

Siete una comunità di cibo di slow food... Questo ha a che fare con la nostra attenzione al corpo e all'umano. Il cibo coltivato e cucinato, potremmo dire arricchito di cultura, è il linguaggio più universale per dimostrare all'altro i sentimenti che provi per lui. L'uomo è l'unico animale che cucina. Gli animali si rubano il cibo dalla stessa preda, l'uomo fa del cibo un elemento conviviale. E' un elemento importante per la dimensione comunitaria, il nostro approccio al cibo passa attraverso la cultura della quale siamo eredi.

Bene comune ben-essere - comunità - responsabilità - condivisione

Ben-essere è star bene insieme. Non posso stare bene se le persone attorno a me stanno male.

Una dinamica empatica? E' imparare a gioire con chi gioisce e a soffrire con chi soffre. Non vuol dire che se uno soffre mi devo macerare e non più gioire o riprodurre i motivi che fanno soffrire l'altro. Devo ascoltare l'altro, comprenderne la sofferenza e alleviarla per quanto è nelle mie possibilità. Sentirsi accanto a chi soffre nella consapevolezza che io sto meno bene se chi sta accanto a me sta meno bene. E' la 84


metafora dell'aria che si respira, del clima che si vive. Il clima non è dato dalla somma delle singole sensibilità, ma dalla condivisione, dalla nuova forma che assume in comunità e si trasforma in un sentire comune.

Il concetto di comunità è sovrapponibile a quello di famiglia nella vostra esperienza? Direi di no. Nella tradizione monastica recente si sta facendo avanti il concetto di famiglia anche nella terminologia. Noi abbiamo sempre insistito sull'aspetto di comunità. Per ogni cammino monastico c'è un momento di estraniamento dall'ambito familiare. Insistere sul concetto di famiglia rischia di far riprodurre alcuni schemi familiari che appartengono al vissuto personale all'interno della comunità. E' innegabile che però la terminologia che utilizziamo, fratelli e sorelle, sono propri della famiglia. Però, significativamente, il fratello e la sorella in una famiglia di sangue sono le persone che non scegli di avere. Mentre il marito e la moglie si scelgono, i fratelli ti sono dati. Questo è ciò che avviene in comunità. I fratelli non li hai scelti, non li puoi rifiutare perché a te non piacciono. Il cammino di noviziato all'interno della comunità non si basa sul fatto che il novizio sia simpatico o meno, ma se la sua intuizione iniziale corrisponde alla verità del suo cammino. Il parallelo con la famiglia sta stretto ad una comunità, soprattutto se è all'inizio del cammino e composta da pochi membri.

Quale è la visione della persona che è alla base della comunità di Bose? La persona, l’altro è qualcuno per cui Cristo è morto. E' una creatura di Dio, preziosa ai suoi occhi, che entra in relazione attraverso tutto se stesso. Ha una sua individualità, una sua personalità. Ha un aspetto relazionale, anche quando rifiuta la relazione. Lo sguardo che si cerca di avere sull'altro vuole essere il più vicino possibile a quello di Dio: una persona per la quale vale la pena spendere energie, entrare in rapporto, concedere tempo.

Che tipo di persona emerge dalle relazioni che la comunità instaura? Una persona che non mi è accanto per caso. Una persona che non ho scelto e che non mi ha scelto. All'interno di questa opportunità che ci ha fatto incontrare cerchiamo di relazionarci nella maniera più umana. Questo permette all'altro di esprimersi.

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Come questa visione sulla persona è stata declinata nella realtà della comunità? Storicamente abbiamo avuto la necessità di tener conto di alcuni aspetti delle persone che esulavano da ciò che loro stessi erano. I primi che hanno raggiunto Enzo [Bianchi] sono stati un protestante e una donna, questo ha portato la comunità a chiedersi se valeva la pena iniziare questa avventura che si presentava del tutto diversa dalla tradizione. Questo ha richiesto fatica, ma ha facilitato uno sguardo dell'altro al di là dei cliché evidenziando il tipo di ricerca che si voleva intraprendere. Nella regola si dice Non pretendere di conoscere totalmente l'altro, cerca di cogliere quello che davvero gli brucia nel cuore, questo significa rispettare l'intimità dell'altro, ciò che è inviolabile, nello stesso tempo la conoscenza che ti è richiesta del fratello non è superficiale. Ciò che fa male al fratello non posso carpirglielo, deve essere lui a farmelo trasparire con le sue modalità. E' un processo che non arriva mai ad esaurimento e non ci sono garanzie sul suo esito. L'immagine che rappresenta questa idea è quella di una persona che deve saltare dall'altra parte di un fiume. L'importante non è dove atterrerà, perché se aspetta di sapere dove atterrare non si lancerà mai. L'importante è sapere, nei limiti del possibile, su dove appoggerà il piede per darsi lo slancio. C'è una tensione, una ricerca, una progettualità che si adatta costantemente. Ci sono dei fattori che non puoi prevedere e con essi nemmeno le reazioni che può provocare. Abbiamo sperimentato che il clima che la fraternità vive in un determinato periodo ne influenza la capacità di attrarre nuove persone a farne parte. Può succedere in una comunità di divenire una serra nella quale crescono delle criticità e se ne attraggono delle altre.

Che visione sulla società c'è alla base della comunità? Con quale idea di società la comunità si relaziona? Una società in cui si è tutti nella stessa barca. I bisogni sono condivisi. Una società nella quale non ci si può sottrarre al dialogo, all'ascolto, alla relazione. La nostra comunità ha scelto di non avere una recinzione, non esiste un dentro e un fuori. Abbiamo ridato vita ad un villaggio che è per sé un luogo di relazione. In comunità non abbiamo mai usato il concetto di fuga dal mondo, semmai eravamo preoccupati del contrario. La distanza dal mondo può deviare in una mentalità autosufficiente anche culturale. Noi abbiamo scelto anche formatori esterni di varie provenienze per non divenire lontani dalla società. Alla nascita della comunità abbiamo scelto la vita in campagna in una stagione in cui tutto quello che aveva un valore avveniva in città. Abbiamo ripreso il lavoro agricolo quando tutti scappavano in fabbrica. Ci sembra sia più facile recuperare alcune dimensioni umane all'interno della vita in 86


campagna. Una dimensione più attenta al cambio delle stagioni. Sono aspetti collegati, a costo di essere stati in contro tendenza rispetto a quel periodo. Quando abbiamo costruito la chiesa, se avessimo seguito la tradizione avrebbe dovuto essere orientata a est. Non ci piaceva l'idea di lanciare un messaggio esplicito con la facciata della chiesa rivolta verso il nostro vicinato.

Avete mai affrontato una rilettura della vostra storia? Non in termini sistematici. Durante i capitoli, ovvero le riunioni in cui si prendono decisioni in merito alla comunità, ciascuno per la sua parte di vissuto rilegge il perché si è arrivati a fare alcune scelte. Adesso, per esempio, fronteggiamo una ospitalità di quasi 20 mila persona all'anno. Ogni anno ci interroghiamo su come vivere l'ospitalità. Per prendere decisioni bisogna partire dalla conoscenza di quello che ci ha preceduto.

La rilettura è divenuta uno strumento? Direi di si. Il capitolo verte su tematiche fondamentali, alle quali ogni componente della comunità è chiamato ad apporre il proprio contributo alla luce della rilettura dell'anno appena trascorso.

Il capitolo può essere considerato, con le dovute differenze, una sorta di monitoraggio della comunità? In una certa misura sì, anche se questa funzione più che al capitolo appartiene al priore. E' un monitoraggio attuato innanzitutto dal priore e poi dalla comunità. Quello che è esportabile in altri ambiti è la dimensione di assemblea che assume il capitolo. Nella tradizione monastica il capitolo ha potere consultivo, per la nostra comunità ha potere deliberativo.

Parliamo dei processi inclusivi. La comunità esprime punti di vista diversi che provengono dalla scelta della convivenza tra diverse confessioni cristiane e della convivenza tra i generi. Come si coniugano queste diversità? La diversità delle confessioni rappresenta una realtà naturalmente inclusiva poiché tutte le professioni presenti godono degli stessi diritti. Questo non vuol dire che sia una convivenza facile. Assieme a questi due aspetti, diverse confessioni e generi, che sono originari della nascita della comunità, si stanno affacciando altre diversità come la differenza tra generazioni diverse e le provenienze culturali. Sono presenti sette nazionalità diverse. 87


A livello generazionale, per una comunità come la nostra, significa far convivere diversi background ecclesiali. Questo diviene importante per la nostra vita assieme. I problemi più grossi della convivenza tra uomini e donne non sono quelli a livello affettivo, ma quelli di sensibilità comune. Ci accorgiamo che ci sono approcci diversi verso il lavoro, su quello che si cerca nel lavoro. Ci sono sensibilità diverse nell'intendere il rapporto tra silenzio e comunicazione. Allo stesso modo ci sono sensibilità diverse nel rapporto con gli ospiti. Difficile è trovare un cammino comune in cui non si crei una comunità con impianto maschile e alcuni tratti marginali femminili o viceversa.

Come avete risposto a questa diversità? Attraverso i capitoli, riflettendo e rimettendo in discussione alcune cose. Riconoscendo dei periodi in cui bisognava essere più sensibili a delle esigenze delle sorelle o dei fratelli. Abbiamo cercato di tarare il cammino dando un passo sostenibile da parte di tutti. L’ inclusione passa anche dalla valorizzazione delle capacità dei singoli, delle conoscenze e delle competenze personali

che

forniscono un approccio diverso sulla vita di comunità. E' una ricchezza la diversità. Ma non esistono ricchezze che non paghi. Costa mantenere questi elementi costantemente in dialogo. All’interno di una progettualità dinamica, restano alcuni punti fermi da salvaguardare con modalità decise in base a criteri comunitari.

Avete mai fatto ricorso a discipline quali la psicologia o la sociologia per integrare delle diversità? A livello personale sì e per periodi limitati, a livello comunitario no. Facciamo invece ricorso allo sguardo esterno di un monaco che viene qui per un periodo, parla con i componenti della comunità e ci presenta delle criticità.

Una sorta di osservatore esterno... Direi di si. Una pratica della vita monastica è quella della visita canonica ovvero la visita di un monaco non appartenente alla comunità che per alcuni giorni ne condivide la vita, ascolta i membri e poi offre un’analisi della situazione. E' una figura istituzionale ben precisa. Ci sono visite di routine, abbastanza diluite nel tempo, che si svolgono con frequenza di circa cinque anni, oppure visite puntiformi legate a eventi precisi. Anche il ritiro spirituale viene solitamente gestito da qualcuno che non appartiene alla comunità. Attraverso di esso riceviamo degli insegnamenti che non sono tecnici, ma che leggono la nostra vita 88


con altre parole e attraverso altre esperienze. Se non vogliamo definirlo osservatore, possiamo chiamarlo ascoltatore esterno. Con una persona che arriva dall'esterno i membri della comunità sono chiamati a raccontare il contesto delle loro affermazioni e quindi a fornire all'interlocutore la possibilità di essere obiettivo. Un occhio esterno osserva delle caratteristiche inedite rispetto alla comunità.

Ogni quanto tempo avviene questa pratica? Non ci siamo dati una scadenza fissa. Dipende dai bisogni che si presentano. Certamente con regolarità: ogni anno o due.

Come affrontare l'arrivo di un membro che si aggiunge alla comunità? Possiamo definirla inclusione? Il punto di partenza iniziale è la persona. Che sia nuovo è secondario. Non è un numero in più, non è una forza lavoro in più, non è qualcuno che riempie un vuoto, ma è una persona che sta cercando di capire se in questo luogo può trovare la verità della sua vita. La comunità da un lato deve essere rispettosa di una fase di ricerca che non ha ancora nulla di definitivo, dall'altro lato non può essere un semplice spettatore. Non si è in una accademia militare nella quale arrivano le nuove reclute, non si tratta di formarle per farle entrare nel battaglione. La comunità è un corpo vivente, una nuova cellula arriva, non deve esserci rigetto, ma bisogna vedere se la cellula è corrispondente al corpo che la accoglie. Questo vuol dire che abbiamo sempre optato per un noviziato aperto e in comune. In alcuni monasteri il noviziato è separato dalla vita della comunità. Questa scelta la preserva dalla dispersione di energia nell'accogliere nuovi arrivi, d'altro lato però non abitua il nuovo membro alla vita della comunità. Il novizio non ha scelto di vivere il noviziato, ma la vita di coloro che ha visto frequentando il monastero. Noi siamo molto prudenti nello scremare le diverse domande di entrata che riceviamo, in modo da dare alla comunità l'opportunità di dimostrare accoglienza. Per me sapere che la maggior parte delle persone che sono arrivate poi si sono fermate, mi invoglia a investire nei rapporti e nelle relazioni con i nuovi membri. La formazione iniziale avviene attraverso le figure preposte e i corsi di studio. Con i nuovi membri si cerca di avere la stessa attenzione che si ha con gli ospiti ovvero far comprendere che la persona che ti accoglie rappresenta tutta la fraternità. Attraverso di loro è tutta la comunità che aiuta l'integrazione. Abbiamo visto che nel corso degli anni l'atteggiamento della 89


fraternità verso l'accoglienza sfocia nell'arrivo di nuove persone. Non sono atteggiamenti che ci comunichiamo, ma che sorgono da una rilettura della nostra storia. Non sono cose che possiamo programmare, ma che leggiamo a posteriori. Questo atteggiamento ha a che fare con la qualità dell'inclusione.

Parliamo di sostenibilità. Quali sono le risorse che vengono considerate nelle scelte della comunità? Fondamentalmente le risorse non rinnovabili. Ci sono patrimoni che necessitano di una costante dinamica vitale. Una immagine calzante è quella della nostra biblioteca: se non la fornisci di nuovi testi diviene obsoleta. Questo non vuol dire che bisogna acquistare libri ogni giorno, ma mantenere una attenzione verso quei testi che divengono fondamentali. La biblioteca è una risorsa sulla quale abbiamo investito non solo perché resta per le future generazioni, ma anche per il nostro futuro imminente. Un criterio che abbiamo sempre seguito, nei limiti delle possibilità, è quello di far svolgere un lavoro in cui mettere a frutto le conoscenze acquisite dalla persona prima di arrivare in comunità. Il patrimonio di conoscenze non deve andare sprecato. Questa scelta è in contro tendenza rispetto ad una certa lettura religiosa che per provare l'umiltà della gente propone attività opposte al lavoro svolto precedentemente all'arrivo in comunità. Anche nella regola affermiamo il principio per il quale, nei limiti del possibile, si svolga il lavoro per il quale si è studiato. Se viene richiesto un cambiamento lavorativo questo viene sempre concordato con la persona interessata. Crediamo che ci sia una proprietà delle risorse che non è né del singolo né della comunità, ma dell'umanità intera. Per cui le conoscenze pregresse e quelle acquisite vengono messe in comune attraverso corsi, libri e tutte le altre forme utili per trasferire saperi.

Qual'è l'idea di bene comune che sottostà alla vita della comunità? A quale bene condiviso tendete? Il bene comune è la vita delle singole persone e la vita dell'insieme cioè una comunione di vita in cui ciascuno possa trovare la propria pienezza di vita. Una vita non senza gli altri, non contro gli altri, ma assieme agli altri. Questa è l'essenza del messaggio evangelico. Per far questo bisogna mettere in comune i beni. Non solo i beni materiali – anche se questo aspetto non è così scontato – ma anche i beni immateriali, i doni che ciascuno ha e la ricerca del bene che ciascuno fa nella sua vita. Il tutto va visto in una ottica comunitaria. La condivisione dei beni materiali rappresenta la

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scelta più appariscente secondo la società odierna, ma è la meno difficile in un clima fraterno. Risulta molto più complicato mettere in comune la propria vita rispetto al conto in banca.

Quali sono i punti cardinali nei quali inserire la comunità di Bose? La parola di Dio, il concilio Vaticano II, il concetto dell'umanità di Gesù, i padri del monachesimo: Pacomio, Basilio, Benedetto. E infine anche Enzo Bianchi, come colui che ha dato avvio alla condivisione delle idee che sono alla base della comunità.

Che cos'è la comunità di Bose? E' un insieme di uomini e di donne che in tempi diversi e per vie diverse hanno capito che la loro verità più profonda poteva essere abbozzata e intravista vivendo la vita comune e il celibato. Ciascuno ha trovato una risonanza del Vangelo in se stesso attraverso una vita non coniugata e condivisa. Una comunità che cerca ogni giorno di avverare l'intuizione iniziale che l'ha fatta nascere. In questo senso la comunità non mi sembra cambiata proprio perché fondamentalmente ha mantenuto saldi i principi trovando nuove modalità per esprimerli.

Come sarà Bose tra dieci anni? Uguale ad adesso in forme diverse. Uguale nei principi, diversa nelle modalità.

Cosa vorreste che una persona si porti via dopo essere stata qui? Che una vita umana bella è possibile nonostante tante cose, nonostante come siamo fatti. Che una vita umana degna di questo nome è possibile viverla e sceglierla.

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Cortemilia (CN) - Mappa di comunità SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Abitanti di Cortemilia (CN)

ABSTRACT DEL PROGETTO

Creazione di una mappa di comunità. L’azione si è svolta all’interno delle progettazioni legate all’ ecomuseo dei terrazzamenti e della vite.

PUNTI DI INTERESSE

Rilettura del territorio. Partecipazione dei cittadini nella ricerca dell’identità locale.

LIMITI

Progetto al momento sospeso

CONCEPT GENERATION

Celebrare la specificità locale

RESTITUZIONE

Alfabeto delle specificità. Favole.

INTEGRAZIONE

Utilizzo dell’alfabeto come promozione del territorio.

DIVULGAZIONE

Sito web. Poster dell’alfabeto

VISIONE

Recuperare la propria identità per formulare il proprio futuro.

INFORMAZIONI

www.ecomuseodeiterrazzamenti.it

Figura 7. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 8. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il progetto della mappa di comunità a Cortemilia è stata la prima sperimentazione di questa metodologia in Italia. Le motivazioni sono legate agli avvenimenti che hanno coinvolto il comune negli ultimi anni. Il territorio di Cortemilia ha vissuto un forte degrado dovuto all’inquinamento e all’alluvione del fiume Bormida. L’amministrazione pubblica ha sviluppato l’interesse per il recupero delle caratteristiche del territorio e della partecipazione e identificazione degli abitanti. I modelli ai quali il progetto fa riferimento sono le parish map di tradizione anglosassone e la nascente rete degli ecomusei. Questi due modelli prendono in condirazione il patrimonio materiale ed immateriale di un territorio per farne strumento di identificazione della collettività. I valori che il progetto ha messo in gioco sono appunto il territorio, l’ambiente, la comunità e il patrimonio. L’atmosfera che la progettista ha cercato di mantenere è stato giocoso e di impegno nella costruzione di un linguaggio comune. La forma che il progetto ha assunto è quello di un alfabeto che rappresenti il territorio e la comunità. Le modalità sono state: - Incontro e formazione con i professori. Il progetto è partito dalle scuole. Si è provveduto a presentare il progetto ai professori interessati per poi procedere alla costruzione di una bozza di questionario. - Questionario. Questa fase ha visto la partecipazione degli studenti delle scuole medie nell’identificare per ogni lettera dell’alfabeto delle caratteristiche che differenziassero Cortemilia dal resto del territorio. - Verifica. Le prime risposte ottenute dagli studenti assieme alle loro famiglie sono state verificate chiedendo agli studenti stessi di esplicitare alcune criticità. - Associazioni. La prima bozza di alfabeto è stata presentata alle associazioni del luogo per cercare conferme o ulteriori elementi da aggiungere. - Singoli. La ricerca dell’alfabeto comune ha richiesto poi la partecipazione di singoli cittadini identificati per la conoscenza del territorio e delle tradizioni. - Produzione. L’alfabeto è stato elaborato da un illustratore e trasformato in un poster. - Presentazione. Il poster è stato presentato a conclusione dell’anno scolastico e distribuito alle famiglie del comune. Lo scambio prodotto da questo progetto è significativo: i cittadini riconoscono la loro identità facendo riemergere dal territorio caratteristiche dimenticate attribuendogli nuovi valori e costruendo così un patrimonio condiviso. Le istituzioni ottengono una nuova identificazione del cittadino nel territorio e materiale per la promozione della specificità. 94


Il progetto ha una forma di svolgimento e una linea di produzione semplice che lo hanno reso adatto ad una condizione di partenza poco avvezza a questo tipo di processi partecipativi. Questo progetto presentato ciclicamente fornisce una continua rilettura della comunitĂ e del territorio fornendo al susseguirsi delle generazioni un patrimonio di valori condivisi, da tramandare e restituire.

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Colloquio con Donatella Murtas, progettista PAROLE Persona risveglio - coscienza - energia - nuova chiave interpretativa

Quando sono arrivata questa era una valle morta che ha sofferto non solo l'abbandono classico delle aree rurali, ma un inquinamento del fiume Bormida che è durato cento anni. C'è una fabbrica che ha chiuso nel '97 che ha riversato nel fiume tutti i suoi scarti da cento anni. Il fiume è stato dichiarato senza vita negli anni '70. La gente nella dicotomia tra posti di lavoro e ambiente ha scelto il lavoro a discapito del territorio. Dopo una grande lotta la fabbrica ha chiuso. Nel '94 la grande alluvione aveva messo in risalto il grande abbandono del territorio e la domanda cruciale su cosa fare per rinascere. Il mio apporto arriva dalla conoscenza del comune. Avviare un lavoro collettivo a partire dalle specificità del luogo. Qui tutto era dormiente, il coinvolgimento ha fatto partire il processo. La prima azione che abbiamo compiuto è stata la scrittura di una favola quindi partire dall’immaginario simbolico. Ragionare sui significati di questo luogo a partire dalla quotidianità. La ricerca dei valori tangibili e intangibili ha dato avvio al processo. Coscienza come consapevolezza di chi si è, di che cosa siamo, di riflessione indiretta. Il processo ha dato ascolto a chi non la aveva mai avuto voce. Abbiamo cercato di dare in modo integrato un affresco medievale che per icone raccontasse ai cittadini che cosa possedevano. Energia è la conseguenza. Senza i significati non arrivi ad avere energia. Qui siamo partiti da una condizione di pessimismo elevato in cui non era possibile fare nulla. A piccoli passi abbiamo aiutato a stimolare la condizione di possibilità. Questo ha sviluppato energia interna dimostrando che c'erano energie e che bisognava attivarle e metterle a disposizione non solo di se stessi, ma di tutti. Se i luoghi sono fermi ci vuole una nuova chiave per vederli e per cambiare punto di vista: il colore, la grafica, la dimensione di gioco. La dimensione della piacevolezza, una molla che fa muovere le persone. Non ci sono obblighi, ma giochi. Nella vita quotidiana ci sono già molti dispendi di energia, abbiamo costruito un clima piacevole, amichevole e costruttivo.

Collettivo empatia - multi disciplinarietà - scambio di conoscenze A monte del progetto c'è la voglia di mettere insieme elementi diversi perché la vita è di per sé complessità. Questo è importante all'inizio nel momento in cui non si può in modo esclusivo 96


camminare su un unico sentiero e avere una sola chiave di lettura. Serve generare un caos iniziale. E' fondamentale mettere in relazione cose scollegate ma che comunicano e mandano energia l'una all'altra.

Hai coinvolto persone diverse anche nella progettazione? Queste esperienze partono dall’associazione common ground. L'alfabeto a differenza della mappa non ha una dimensione spaziale, ma ha un ordine. Di per sé la volontà è quello di creare l'abc del territorio, come lo leggono gli abitanti. Prima abbiamo presentato un questionario alle scuole medie di Cortemilia, i bambini fungevano da intervistatori presso le famiglie. Che cosa rende cortemilia diversa? Tutte le risposte erano legate al quotidiano. Attraverso una forzatura delle lettere e quindi trovare per forza qualcosa con la A, ci si è sforzati di cercare. Facendo una scrematura dei contenuti mi sono recata dalle associazioni e poi dalle singole persone per chiedere la garanzia e la certificazione che quello che stava emergendo rappresentava Cortemilia o se c'erano cose che mancavano. Questo è servito anche a mettere insieme elementi di provenienza diversissima, un ibrido che da risalto alla personalità di un luogo che non è solo fatto di eccellenze, ma di quotidianità. All'interno di questo mosaico alfabetico ognuno ha messo il suo, balzando di lettera in lettera, uno stimolo alla curiosità. Poteva essere fatto un dizionario, ma abbiamo scelto i disegni proprio per usare un nuovo linguaggio. Volevamo che questo poster si integrasse nei luoghi del paese e si trasformasse un regalo turistico. Mettendo in comune le conoscenze si entra in contatto con gli altri e con il luogo anziché prendere le distanze.

progetto / gruppo stabilità - dinamicità- ricerca innovazione

Abbiamo navigato a vista. La stabilità era negli obiettivi, la dinamicità era muoversi nei meandri a cercare chi poteva servire e dove andarlo a trovare in un ambiente che non aveva mai vissuto questo tipo di esperienze. Cercare di rendere partecipi le persone di un progetto collettivo. Ricerca di testimoni e contenuti. Era un modo di lavorare innovativo con modalità nuove. Tutto all'insegna della semplicità, senza grandi ricerche o particolari mezzi. Un rapporto diretto tra persone.

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sostenibilità territorio - equilibrio - cultura

Il territorio con la sua fisicità. Una sostenibilità applicata. La ricetta è quella di equilibrio. Raggiungere anche una stabilità sociale. Abbiamo cercato un nuovo equilibrio sociale. La dimensione etica ti permette di raggiungere l'equilibrio. Regole minime di cosa è bene e cosa non lo è occorrono all’interno di una comunità. Ci deve essere una consapevolezza profonda per non rimettere sempre in discussione tutto, si deve essere lungimiranti. La storia che ha seguito questa valle è imprescindibile perché la tragedia vissuta va vista con sostenibilità. La categoria degli aspetti umani e di quelli ambientali vanno di pari passo. Cultura come aspetto umano. L'uomo ha un motore interno che non è un motore di profitto, ma un motore di cultura. Una spiegazione che si fa attraverso la conoscenza e la condivisione. Questo rende il processo sostenibile.

bene comune comunità - responsabilità - condivisione - nuovi valori

Comunità nel senso di lavori per la costruzione di progetti comunitari che è uno dei pilastri fondanti dell'esistenza degli ecomusei e poi anche delle mappe. Si mettono insieme persone e territorio inteso come patrimonio locale. Chi riconosce il proprio territorio riconosce se stesso in una unità che è la comunità in una sorta di gioco di specchi. Questo da la dimensione e la struttura di una comunità che cerca di stabilire un territorio comune. I progetti che nascono per il bene comune e per il collettivo senza la comunità non avrebbero senso. Responsabilità perché se si lavora su scala di comunità ognuno di noi entra in gioco come attore e non più come spettatore. Questo vuol dire che ognuno può esprimere giudizi, e che questi sono considerati importanti al di là della provenienza. L’ alfabeto delle cose che hanno importanza e significato implica la responsabilità di prendersene cura. Oltre alla trasmissione dei saperi legati a una loro cura futura. E' sempre un gioco di condivisione. Le cose funzionano se avviene una nuova attribuzione di valori. Se non attribuiamo valore le cose muoiono. Entrano nei libri le cose che non sono autorevoli ma fanno parte della quotidianità del luogo. Intercettiamo quello che è il patrimonio locale che è in continua evoluzione. C'è bisogno di creare gli strumenti per padroneggiare questo patrimonio. Da un lato la parish map permette conoscibilità e identificazione nel territorio. Un riconoscimento di se stessi nel proprio territorio. Una lettura che 98


permette costruzione di futuro, con un utilizzo etico e corretto. Non è un patrimonio da lasciare da qualche parte, ma che acquista valore tanto più lo si usa.

Quale visione sulla persona c’è alla base della progettazione? Non cercavo persone particolari, ma tutti. E' stata una caccia al tesoro. Non tutti i prima battuta si sentono disponibili a essere intervistati. Viene fuori un territorio inaspettato su cui lavorare. Ci sono persone che hanno una mente più chiusa e che non dichiarano disponibilità. La persona ideale è quella che non ha preconcetti che si aprono e partecipino. Con una disponibilità a non entrare in modo rigido ad essere flessibili e disponibili.

Le persone hanno cambiato alcuni aspetti dl progetto? Il progetto non è cambiato perché molto semplice. I contenuti chiesti erano semplici. Anche il questionario consegnato alle scuole era semplice. La realizzazione grafica è avvenuta con molta immediatezza e semplicità. Cercavo uno stile accessibile a tutti. Un percorso semplice senza grandi difficoltà con cambiamenti di rotta.

Quale idea di società c’è alla base della progettazione? Una società che aveva bisogno di aprire gli occhi e di riconoscere ciò che la rende interessante. Per costruire futuro bisogna partire da una base di condivisione sulla quale mettersi in gioco. Una società che stava cercando di venire fuori da un momento di grande difficoltà: l'inquinamento della valle, l'alluvione, una crisi generale del rapporto tra mondo rurale e città. Io avevo già una società data sul quale fare questo esperimento partecipato, che ho scelto proprio perché ho ritenuto necessario porre come base di questo progetto di sviluppo locale la costruzione di una condivisione di significati. Ci deve essere un momento in cui all'interno la comunità riflette su quale è il suo futuro.

La società di Cortemilia ha modificato il progetto? E' un progetto semplice e quindi con un traguardo delineato. Mancavano i contenuti che sono stati inclusi strada facendo. Non ci sono stati cambiamenti perché i contenuti erano inclusivi. Tutte le aggiunte sarebbero state accettate.

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Ci sono state collaborazioni tra più discipline? L'idea nasce dall'associazione inglese Common Ground. Io dall'architettura ho preso il tema della composizione che consiste nel prendere elementi diversi e trasformarli in qualcosa di nuovo. In questo progetto si esprimono le persone. L'illustratore ha dato un segno al progetto, le immagini sono stati il linguaggio che ha assunto l'alfabeto.

Che tipo di metodologia è stata adottata? La formalità avrebbe creato solo distanza. Dimostrare disponibilità e la piacevolezza di prendere parte a questo esperimento. Ho comunicato l'idea che si sarebbe tenuto in considerazione qualunque apporto fosse arrivato, che saremmo arrivati ad un manufatto e che quindi l'apporto di tutti avrebbe creato fisicamente qualcosa. Il manufatto sarebbe poi stato restituito e donato. Semplificazione e disponibilità sono le caratteristiche principali.

Criticità? All'inizio del progetto, perché non è chiaro cosa succederà. Il questionario iniziale pur molto semplice, ha avuto delle risposte scontate. Poteva essere una condizione disarmante, ma bisognava andare a fondo. La chiave di lettura proposta serviva ad auto formarsi e a auto riconoscere le potenzialità del luogo e delle persone.

Questo progetto ha cambiato qualcosa in te? Era la mia prima sperimentazione. Mi sono messa molto in gioco. Partecipare con le persone ti lascia un margine di incertezza. Hai una traccia iniziale, ma non sai dove arriverai. E' tutto molto flessibile ed elastico. Ho sperimentato gli alti e i bassi dell'entusiasmo. Ho continuato nonostante tutto a cercare persone che avrebbero arricchito il mosaico.

Quali le risorse maggiormente considerate? Le persone, il rapporto umano. La crescita della comunità locale. Era un progetto che faceva da punto di partenza in una progettazione integrata che prevedeva altri interventi di tipo partecipato.

Quali altri interventi? Un progetto sul valore simbolico dei luoghi che ha dato il via a un premo di letteratura per l'infanzia di carattere nazionale che è il gigante delle Langhe. Ci sono state delle esposizioni di tipo 100


partecipato. Si lanciava un tema e le persone erano chiamate a portare oggetti o conoscenze legate a quel tema e dando una lettura complessiva di racconto espositivo. Tutto finalizzato a riportare la comunità a una comunicazione di se stessa. Un progetto di paniere legato a produttori e agricoltori per far capire che questo paesaggio è anche un paesaggio di cibo e quindi mettere assieme produttori con storie diverse che hanno in comune un territorio unico e distintivo che è quello del paesaggio terrazzato. Ci sono stati momenti di lavoro per la costruzione di muri a secco fatti con ragazzi provenienti da tutta europa che sono stati messi in contatto con ragazzi del posto in una solidarietà costruttiva. Hanno donato le proprie vacanze per costruire delle opere di utilità collettiva. Poi l'allestimento del centro di interpretazione, è stato concertato con le persone. E' stata realizzata una ampia serie di laboratori didattici che hanno coinvolto come esperti gli abitanti.

Quale l’idea di bene comune all’interno del progetto? E' stato tutto impostato secondo gli indirizzi degli ecomusei: il patrimonio locale materiale e immateriale, la comunità. Queste due grandi categorie sono state guidate a riconoscersi. Il tempo e il territorio nelle sue dimensioni di visibilità, la qualità della vita, una coerenza di comunità senza frizioni profonde.

Sono emerse considerazioni da parte delle persone che sono state per te inaspettate? Per me è stata una scoperta continua poiché non sono del territorio. Gli elementi del territorio sono stati sempre visti in maniera scollegata. Abbiamo cercato di riportarli alla memoria, lo stupore è stato quello di veder funzionare delle cose che si dava per scontato che non avessero funzionato mai. Degli esempi sono: il recupero delle cascine, dei vigneti, della viticoltura, l'essiccazione delle castagne, una rappresentazione storica... cose che gli avvenimenti recenti avevano cancellato. Cercare un territorio comune che permettesse di riconoscersi gli uni gli altri. Non ho utilizzato le mappe come le parish map perché sarebbe stato complicato per il territorio spostarsi ad intercettare una dimensione spaziale. Sono partita dall'abc letteralmente.

Questa scelta progettuale quindi è nata da una tua lettura del territorio... E' nata dalla comunità che non avendo mai vissuto esperienze di questo tipo, doveva partire da qualcosa di semplice e comprensibile. La mappa di comunità richiede una preparazione e un allenamento che può sorgere successivamente. 101


Che tipo di integrazione ha avuto il progetto? Si è integrato attraverso una presa di coscienza che era in letargo. La visualizzazione dell'alfabeto ha rimesso in circolo delle energie nuove. Gli elementi segnalati sono diventati elementi sui quali ha lavorato l'ecomuseo: ad esempio l'essiccatoio delle castagne è stato restaurato. Un punto di interesse emerso nell'alfabeto è stato poi sviluppato successivamente. E’ servito come punto di partenza per attività e azioni di cura verso il patrimonio. L'alfabeto era un garante, che nasceva dalla volontà della comunità. Ha rappresentato elementi che entravano di diritto nella sfera dei significati della comunità sui quali lavorare.

Possiamo affermare che una forma di integrazione è stata l'esposizione nelle famiglie dell'alfabeto e la sua condivisione? Si, metterlo a casa, nelle scuole, nei negozi è un segno di benvenuto. E' significativo.

La mappa è stata usata come elemento di promozione turistica? Si, è stata donata anche come omaggio ai visitatori.

La possiamo considerare un integrazione? Si. La mappa ha continuato a vivere attraverso gli elementi segnalati. E' passata dalla carta a realizzazioni concrete.

Quanto è durato tutto il processo? Un anno scolastico. Cinque , sei mesi circa. Ho cercato di arrivare a produrla per la conclusione dell'anno scolastico, per presentarla in un momento di festa.

Quali le fasi principali del progetto? Prima il rapporto con l'insegnante. Dalla partecipazione degli insegnanti è nato il coinvolgimento delle classi. Ho strutturato il questionario, rivisto con gli insegnanti e i ragazzi. Dalle risposte abbiamo fatto approfondimenti e migliorie per arrivare ad una struttura di bozza. Mi sono spostata a discutere con le associazioni a chiedere le impressioni sui primi risultati e poi verso persone specifiche in possesso di informazioni utili a completare tutte le lettere.

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Sono state le persone stesse ad indicarti a chi potevi rivolgerti ? Si, io provenivo da fuori, quindi mi hanno aiutato. Ero fuori dalle fazioni del paese.

Ti sei data degli obiettivi lungo il percorso, una sorta di monitoraggio. E' stato tutto legato al buon senso. Sapevo che l'illustratore aveva bisogno di un certo tempo per lavorare, c'erano dei passaggi inevitabili che ho sempre tenuto presenti.

Hai potuto sperimentare forme di integrazione da parte delle persone? La disponibilitĂ verso il lavoro. Avevo coinvolto la stampa locale, che qui leggono tutti. I giornali sono state la mia cassa di risonanza per coinvolgere persone che non avrei altrimenti raggiunto. Se il progetto diviene qualcosa di cui parlare allora si integra. Per dare continuitĂ al progetto servono le presone. Ho cercato di formare le persone alla partecipazione del progetto. Il mio ruolo era di mettere in condivisione idee e metodi.

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Eataly - didattica SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Eataly srl bambini Pensionati Adulti

ABSTRACT DEL PROGETTO

Eataly è un negozio legato al gusto e alle eccellenze culinarie italiane. La sede di Torino dedica attenzione ai cibi del territorio. Eataly si pone nel contesto commerciale con uno spirito diverso che pone attenzione all’educazione.

PUNTI DI INTERESSE

Attenzione all’educazione. Laboratori gratuiti per bambini e pensionati.

LIMITI

La programmazione educativa è puntiforme per i bambini. Questo vuol dire che non sono strutturati percorsi, ma solo singoli laboratori.

CONCEPT GENERATION

Il cibo come espressione del territorio. Educazione alla scelta di cibi sani e una alimentazione equilibrata.

RESTITUZIONE

Dialogo col territorio e con i produttori. Dialogo continuo con le scuole e gli insegnanti torinesi.

INTEGRAZIONE

Nelle schede di verifica sottoposte agli insegnanti il gradimento dell’esperienza è sempre alto.

DIVULGAZIONE

Sito web. Infografica all’interno del punto vendita.

VISIONE

I sensi e il gusto dei cittadini debbono acquistare maggiore consapevolezza. Ogni tasca può avere l’opportunità di mangiare sano.

INFORMAZIONI

www.eataly.it

Figura 9. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 10. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Eataly è un luogo innovativo innanzitutto perché è riuscito a declinare con una lettura del tutto nuova un settore che in Italia non manca di iniziative, quello del cibo. In una società meno rurale, con nuove generazioni di persone sempre meno a conoscenza dei ritmi naturali di coltivazione, con la grande distribuzione che riesce a proporre gli stessi cibi durante tutto il ciclo dell’anno, Eataly si è inserita proponendo cibo di qualità. Eataly propone cibi di diverse qualità (dalla buona alla ottima) a prezzi differenziati permettendo a diverse tipologie di acquirenti di poter accedere a prodotti di livello superiore rispetto alla grande distribuzione, prodotti che per certi versi sembrerebbero inarrivabili a certe fasce di acquirenti. Quello che rende l’approccio di Eataly interessante è che la scelta dei prodotti di qualità, si coniuga alla promozione di iniziative volte all’educazione al cibo e al consumo consapevole. Quindi al marchio Eataly l’acquirente lega non soltanto la qualità, ma l’attenzione e la responsabilità verso chi acquista. All’interno della struttura che si trova in zona lingotto a Torino, recupero di una vecchia fabbrica, vi sono inoltre ristoranti tematici e aree didattiche libere dove conoscere le colture di stagione o le storie e le provenienze dei prodotti. Vi è inoltre una area computer ed una dove poter leggere i quotidiani. Questo fa percepire la struttura in maniera diversa rispetto ad un luogo puramente commerciale. Il clima che si respira è familiare. L’estetica è curata e la comunicazione informale rendono l’ambiente accogliente. La persona viene accolta non solo come cliente, ma come scopritore di nuove strade legate al gusto. Coniugare un animo commerciale a un interesse più culturale e didattico ha fatto di Eataly un punto di interesse per la ricerca. Questa scelta risulta vincente da due punti di vista - rende il consumatore maggiormente attento alla realtà di Eataly perché la considera maggiormente attenta al suo benessere e lo fidelizza alla frequentazione dello store, - veicola il messaggio che la struttura è interessata a promuovere la cultura del cibo e quindi a far conoscere una realtà territoriale nuova e per alcuni versi inedita. Questa esperienza commerciale, rende visibile che la scelta di responsabilizzare il consumatore può fare anche la fortuna dei piccoli fornitori.

E’ stata studiata l’offerta didattica che Eataly propone come interfaccia partecipativa che questo luogo ha con la città. Il bisogno dal quale partono le progettazioni sorge dai clienti che interessati alle proposte culinarie in vendita o dei ristoranti al suo interno hanno dimostrato curiosità verso il mondo del cibo sano, 106


della sua lavorazione e della cucina. La motivazione è quella di educare, ma va comunque cercata anche nella promozione dei prodotti in vendita. L’obiettivo quindi che vi si può leggere è quello di educare la scelta del consumatore fornendo gli strumenti adatti per comprendere le varie lavorazioni che il cibo subisce. A questo va aggiunta l’attenzione a tematiche relative alla salute e all’alimentazione. I contenuti ai quali attingono i laboratori sono quelli della coltura, dell’agronomia, della degustazione e il bacino di know how di slow food e con questo tutte le eccellenze dei suoi presidi e delle comunità di cibo. I valori trasmessi sono quelli del legame al territorio e alla stagionalità dei prodotti, il cibo come cultura, coltura e divertimento. Una valore da sottolineare è quello dell’equità poiché i laboratori dedicati alle classi d’acquisto più deboli (bambini e anziani) sono gratuiti. Le competenze che vengono messe a disposizione dei partecipanti sono legate ai prodotti, alla culinaria e alla comunicazione dei contenuti. E’ emerso infatti l’utilizzo di figure di raccordo tra l’esperto e i partecipanti qualora il primo non fosse particolarmente bravo a esporre le sue conoscenze o semplicemente a riempire i vuoi provocati dall’impegno in una lavorazione. L’estetica è essenziale, funzionale per creare un clima familiare. Per quello che riguarda i materiali messi a disposizione ai bambini vengono proposti percorsi semplici e puntiformi, mentre agli adulti sono proposti in maniera più tecnica e alcuni percorsi possono richiedere certo numero di appuntamenti. Lo spazio dedicato è gradevole poiché i laboratori si svolgono all’interno della struttura che è il recupero dell’azienda carpano in zona Lingotto a Torino. Il bene comune che i laboratori promuovono mirano a far nascere un acquirente maggiormente consapevole e avveduto rispetto ai cibi che mangia, sia per quello che riguarda la tavola come piacere, ma anche come salute.

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Resoconto dell’intervista con Simona Milvo, Ufficio Stampa Eataly alti cibi.

Mi parli dei laboratori che proponete.. Ci sono diversi laboratori: quelli per i bambini con le scuole, per gli adulti e per i pensionati. Con i bambini si progettano laboratori che siano giocosi per educarli su diversi aspetti riguardanti il cibo. Ci sono dei laboratori per far conoscere i presidi slow food, quelli sul cioccolato, sulla frutta di stagione e in questo anno sui 150 anni dell’unità d’Italia. La progettazione dei laboratori avviene all’interno dell’equipe di Eataly, come pure le risorse che vengono utilizzate sono sempre interne. I laboratori che vengono proposti ai bambini sono gratuiti. Le classi si iscrivono attraverso le insegnanti e solitamente vengono una volta sola. Non sono previsti cicli di laboratori per i bambini anche per adattarsi alle normative legate alle poche uscite che le scolaresche possono fare al di fuori dell’istituto. Attorno a questi laboratori si è creata una rete di contatti soprattutto di insegnanti della città che sposano l’indole educativa di Eataly e conducono le loro diverse classi a partecipare ai laboratori.

Avete dei criteri di valutazione e di monitoraggio? La valutazione dei laboratori viene svolta attraverso un questionario che viene sottoposto alle insegnanti. La valutazione è sempre positiva. Tutte le risorse utilizzate sono quelle interne e anche il materiale che viene utilizzato viene fornito da Eataly. Lo staff che si occupa dei laboratori è la stessa che si occupa della sezione eventi di Eataly. [I laboratori sono molto richiesti, infatti la maggior parte delle date disponibili al momento dell’intervista erano già occupate.] Per quello che riguarda i laboratori per adulti, questi offrono una serie di possibilità di conoscenza che varia dal corso di cucina, a tematiche più legate al gusto, alla degustazione e all’educazione al mangiare sano e consapevole. I corsi sono a pagamento e sempre legati a figure qualificate rispetto alla tematica.

Chi si occupa di ideare i progetti? L’ideazione solitamente nasce da un bisogno emerso dai frequentatori di eataly che sottopongono delle questioni o delle tematiche che preferirebbero approfondire. Da questo bisogno si decide di ideare i laboratori. Una figura importante per la riuscita del laboratorio è chef. Questo può essere sia interno che esterno ma lo staff si accerta che lo chef sia i grado non solo di presentare le varie 108


fasi di presentazione dei piatti, ma che sia in grado di dialogare e raccontare. Se non è non è particolarmente comunicativo gli viene affiancata una figura interna al gruppo di eataly o esterna che si occupa dell'interfaccia comunicativa.

Provvedete a creare un setting per i laboratori? L’aula dei laboratori corrisponde allo stile attento e informale di eataly, quindi non manchevole degli elementi necessari, con un gusto estetico alto, ma non formale. A questo aiuta molto il contesto della ex struttura Carpano che mantiene il suo retaggio storico industriale, ma allo stesso tempo curato.

Curate in particolare delle categorie di acquirenti? Una categoria che viene considerata in maniera specifica è quella dei pensionati ai quali vengono riservate una serie di iniziative promozionali agli acquisti, e una serie di laboratori specifici. Questi hanno come tematiche la cultura del cibo; il territorio del cibo; i prodotti

i protagonisti della

produzione. Anche questi laboratori sono gratuiti.

PAROLE Persona coscienza - energia - risveglio - corpo Coscienza perché cerchiamo di lavorare sulla consapevolezza delle persone nel momento in cui fanno acquisti. Energia perché bisogna vivere la cittadinanza in maniera attiva e con energia, bisogna essere attivi sotto tutti i punti di vista. Energia come non passività. RISVEGLIO è l'epoca in cui andiamo verso una nuova consapevolezza, un risveglio di qualità che si sono assopite, possiamo migliorarci se vogliamo CORPO ci occupiamo di sensi il cibo è qualcosa che ha a che fare col benessere fisico, ma il godimento dell'atto del mangiare è più di corpo.

Collettività condivisione - empatia - media - affettività Il nostro metodo di lavoro si basa su questi aspetti. L’empatia è la caratteristica vincente per far funzionare bene i gruppi . Ho scelto media anche se non siamo ipertecnologici, ma siamo presenti on line. La comunicazione per noi è fondamentale. 109


Affettività, perché ci piace fare le cose in cui crediamo, anche dal punto di vista della comunità dove c'è un sentimento ci sono maggiori possibilità di far funzionare le cose.

Progetto / gruppo monitoraggio - connessioni - dinamicità a nostro modo cerchiamo di capire prima di proporre se questa cosa potrebbe funzionare, è in maniera informale, niente di strutturato. connessioni, tutti i nostri eventi hanno connessioni con quello che succede all'interno e all'esterno. Ci sono sempre molte connessioni tra quello che offriamo come prodotto commerciale e educativo.

dinamicità, siamo versatili nel creare eventi

nuovi e reagire a quello che ci succede intorno

Risorse territorio - cultura - responsabilità - razionalizzzione Ci collochiamo in un territorio, parliamo con un territorio, sostenibilità è fare un focus su ciò che c'è intorno e poi man mano allargarsi. Sostenibilità è accrescere la cultura sotto tutti i punti di vista. Responsabilità come sinonimo di consapevolezza. Razionalizzazione delle risorse legata al territorio, è opportuno imparare di razionalizzare le risorse per migliorare la qualità della vita di tutti.

Bene comune equità - innovazione - potenzialità Cerchiamo di comportarci in maniera equa di dare a tutti le stesse possibilità conformemente a quelle che sono le loro necessità. Trattiamo con equità categorie più deboli e diamo a loro la possibilità di poter essere messi sullo stesso piano di acquirenti con un potere di acquisto più alto. Abbiamo un modo di porci decisamente innovativo. Facciamo delle cose a cui altri non hanno pensato, possiamo fornire servizi come se fossero pubblici e lo facciamo a nostro modo. Per i bambini lavoriamo in modo gratuito e forniamo un servizio alla città. Bambini e anziani sono categorie che hanno laboratori gratuiti proprio perché con un basso potere d'acquisto.

Costellazione Le persone che hanno seguito oscar farinetti all'inizio, quando eataly era solo una idea, assieme allo staff, i produttori. 110


Fondazione Sandretto Re Rebaudengo - Dipartimento Educativo SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

ABSTRACT DEL PROGETTO

Il dipartimento educativo promuove progetti che integrino gli allestimenti e le scelte curatoriali con il territorio. Vengono proposti anche percorsi per i giovani e le nuove cittadinanze.

PUNTI DI INTERESSE

Partecipazione utilizzando l’oggetto d’arte. Integrazione di elementi personali nei laboratori. Metodologia che integra vissuto e arte.

LIMITI CONCEPT GENERATION

Arte e vita. Partecipazione del quartiere.

RESTITUZIONE

Progetti di integrazione di nuovi cittadini giovani.

INTEGRAZIONE

Rapporto con il quartiere

DIVULGAZIONE

sito web

VISIONE

Prodotto artistico come macchina che innesca connessioni e domande sull’osservatore.

INFORMAZIONI

www.fsrr.org

Figura 11. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 12. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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PAROLE Persona ascolto - persona - energia - sensazione - etica - responsabilità

L’ascolto è il presupposto per raccogliere le esigenze. I progetti nascono dalla mappatura delle esigenze. Non è una idea meravigliosa che viene donata alla collettività. Ma è l'ascolto delle esigenze che portano allo sviluppo sociale. Noi lavoriamo molto sul territorio, il patrimonio e l'integrazione sociale. La seconda parola che inserirei infatti è persona. Nella pratica laboratoriale e della mediazione d'arte, c'è un rapporto allargato anche ai pubblici. C'è un rapporto di ascolto reciproco tra persone. C'è quindi un rapporto diretto e finalizzato alla crescita della persona. Ci vuole molta energia e se ne consuma, è uno degli ingredienti fondamentali per una dinamica di crescita. L'opera d'arte è un dispositivo che richiede energia e ne mette in circolo. L'energia attiva il dispositivo c'è uno scambio che può essere espresso con un elaborato o essere più immateriale e risolversi in pensieri e sentimenti. Nel lavoro è fondamentale la pluri sensorialità e la pluri disciplinarietà. Lavoriamo molto in maniera sinestetica. Sensazione più che sentimento. Perché il sentimento è razionalizzato mentre la sensazione viene prima. Arrivare ai sentimenti è rischioso con l'arte perché si finisce a lavorare sugli stereotipi. Etica, i progetti partono dallo studio del patrimonio, da ciò che c'è, si declinano alla luce del territorio e si intrecciano con i punti fermi dell'etica di uno spazio. Responsabilità: uno dei punti fermi perché risponde a delle necessità concrete. Questo luogo era una fabbrica. Ha ancora delle difficoltà di integrazione. Ha preso il posto della forma di vita e di sostentamento di molte famiglie del territorio. Per superarle era importante capire da dove venivano le resistenze e come rendersi utile così come è utile una fabbrica. Il passaggio è dal produrre oggetti, al produrre cultura. Resta sempre un luogo di produzione. L'idea è quella della fabbrica creativa che trova il suo aspetto più caratteristico nel dipartimento educativo, ma anche in quello curatoriale che è in dialogo con le problematiche principali della società. Così si trova una mediazione tra le esigenze dell'arte, dell'economia dell'arte, e del sociale. Tutte esigenze lecite che vanno incrociate.

Come siete andati in contro alle resistenze che potevano insorgere nel quartiere? La prima mostra fatta in questo spazio è stata una mostra fotografica degli abitanti del luogo. Alcuni fotografi hanno interpretato il territorio e i suoi abitanti. La mostra è stata aperta a tutti. Ogni anno viene data l'opportunità a due artisti che hanno vissuto in Piemonte di esporre in fondazione e di 113


integrare l'aspetto espositivo con quello laboratoriale. Nell'ultima edizione l'artista ha chiesto agli iscritti di riprogettare e riallestire la mostra. Questa è l'estrema partecipazione. Non è partecipazione artistica, ma il mettere mano a quella che è l'area di competenza del curatore. Si assottiglia una membrana di competenze. Un progetto che ci sta molto a cuore è quello con i CTP (Centro territoriale permanente) ovvero le scuole dove i ragazzi vanno a recuperare i crediti scolastici e a imparare la lingua italiana. Sostanzialmente sono i ragazzi figli di nuovi cittadini. Con loro cerchiamo di stabilire progetti fissi pluriennali che permettano ai nuovi cittadini di avvicinarsi al patrimonio culturale del territorio, all'arte in particolare perché è un linguaggio che va al di là della lingua. Quest'anno abbiamo messo in rete i nuovi cittadini, le scuole medie e il museo. Il museo diventa uno spazio terzo dove non c'è il giudizio, uno spazio libero vissuto in maniera paritaria da tutti gli attori.

Collettività dialogo - tecnologia - co progettazione - scambio di conoscenze - metodo - innovazione - stabilità mediazione - tempo/durata

Il dialogo è legato all'ascolto reciproco e alla parola. La tecnologia è un desiderio. E' un mezzo che si può usare agilmente. Tutto lo staff partecipa nella progettazione e un dialogo con le insegnanti e gli utenti/attori. Nello staff ci sono curriculum molto diversi. Quasi nessuno ha un indirizzo specifico. La ricerca di un metodo è difficile. Cerchiamo di fare una continua verifica che vede l'analisi del metodo ma anche di principi etici. L’innovazione è una novità che ne innesca di nuove. Una idea di cambiamento che non va disgiunta dalla stabilità. Stabilità perché si cerca di creare progetti stabili, pluriennali che quindi garantiscono una presenza. Una presenza stabile sul territorio. Un orientamento che dia la direzione al progetto. Niente di effimero, ma qualcosa con degli obiettivi. Ci vuole una idea a lungo termine soprattutto per quello che riguarda i processi inclusivi. Se non c'è una volontà a lungo termine ci si ferma a brevi attività poco fruttuose. Questo richiede valutazione e monitoraggio. La cosa più difficile è quella di trovare mediazioni possibili tra le varie esigenze, le persone e gli enti coinvolti. La mediazione richiede energia e ne produce. La mediazione è un lavoro di metodo. La durata si collega all’idea di resistenza. Esplorare nuove soluzioni, ma anche contenuti sui quali tornare e mantenere integro il lavoro nel tempo. 114


Risorse etica - equilibrio - razionalizzazione delle risorse - territorio - locale / globale

La fondazione si rifà molto al globale e alla realtà internazionale insieme alla sfera torinese. La fondazione propone mostre di respiro internazionale con il tentativo di essere equilibrati e quindi di rileggere le produzioni. Il globale e il locale possono essere considerati insieme nella sostenibilità. Un equilibrio in quello che riguarda la sfera curatoriale è ritrovato nel proporre come ogni anno artisti di Torino e trovare artisti internazionali. Abbiamo un progetto di residenza per giovani curatori stranieri che scelgono artisti italiani e li propongono all'estero. Il giovane curatore ha così l'occasione di conoscere nuovi artisti e di farli conoscere in nuovi contesti internazionali. Una idea di un continuo scambio tra dentro e fuori. Questo anche entrando in circuiti internazionali. L'idea che un progetto che nasce in un contesto molto delimitato ha poi l'opportunità di aprirsi ad altri contesti.

Bene comune tramandare - materiale / immateriale

Il fine ultimo è il benessere della società allargata. Il bene comune deve puntare al benessere e a nuovi punti di vista alla comunità. La fondazione con le sue mostre e i suoi progetti propone nuovi punti di vista per incrementare il senso di identità di un territorio. L'identità non è qualcosa di definito, ma qualcosa che vale la pena smembrare per poi ricomporre. Identità è una parola abusata, inserire nuovi punti di vista per la crescita di un patrimonio comune apre all'integrazione, a pensare una società più attenta all'altro. Tramandare magari non è la caratteristica di questo luogo, ma ci deve essere un aspetto legato al tempo. Un bagaglio che resta e che fa da base per il futuro. Le istituzioni culturali conservano patrimonio materiale, ma poi c'è tutto quel patrimonio non concreto che sono i vissuti personali, le sensazioni, i racconti e le interpretazioni. L'idea che tutte le interpretazioni del pubblico sono un bene. Qui a Torino sono nati gli ecomusei legati al territorio che conservano storie e non oggetti. Le metodologie anglosassoni sottolineano molto non solo il legame all'oggetto, ma alle parole attraverso registrazioni e memorie.

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Che visione sulla persona si lega ai vostri progetti? Una idea che non è univoca. Ci sono le persone, come ci sono i pubblici. Ad ogni persona viene dedicato un lavoro particolare ed una competenza particolare. C'è attenzione per quello che è legato allo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino considerato come persona in evoluzione. Una parte del lavoro è dedicata a incrociare quelle che sono le esigenze e le capacità del bambino con le potenzialità della mostra, dell'opera o del tema che viene divulgato. Da questo incrocio scaturisce la progettazione. Una persona in relazione , una persona che è in un certo modo tutto. E' una persona che viene con un suo bagaglio personale, una persona piena di cose che possono essere messe in relazione con ciò che è presente. Le progettazioni partono dalla ricerca di uno spazio dove la persona può mettere in relazione il suo gusto personale con quello che viene proposto. Persone piene di vissuto personale che va considerato. Sono persone che si mettono in rapporto e relazione. Il mediatore non è una persona che sa e parla con chi non sa ma è una persona che scambia informazioni con altre informazioni. C'è un rapporto di reciprocità, un ambiente di relazione in cui l'opera è al centro. L'opera fa da catalizzatore di informazioni. Un esempio sull'infanzia, è la mostra di Adel Abdessemed. C'è stata una lunga fase progettuale rispetto al laboratorio perché l'artista presentava opere molto forti rispetto al suo racconto di vita. Nelle sue opere l'animale diventa sacrificio. Un rapporto differente rispetto al nostro modo di pensare gli animali. L'idea di sacrificio e di ritualità. L'idea è stata quella di proporre la visione delle immagini anche ai bambini, trovando un linguaggio adatto alla loro età. Poteva essere una grande occasione per le scuole che stanno vivendo un percorso di integrazione sociale e quindi scuole che hanno bambini che provengono da zone dove sono in atto guerre, senza nessuna pretesa di analisi o terapia. Il percorso prendeva come metafora l'idea del viaggio. Per i laboratori partiamo dalle caratteristiche espressive e spontanee dell'età alla quale parliamo. Con la metafora del viaggio abbiamo invitato i bambini a percorrere la mostra come se fosse una sorta di viaggio nella storia dell'artista e della sua terra. Ripercorrere gli elementi storici e raccontare qualcosa di se. Utilizzando le metafore visive il bambino può raccontare e comprendere. Con gli adulti i mediatori d'arte progettano anche i laboratori. Un esempio è il laboratorio di archeologia sonora. Abbiamo chiesto di portare con se un suono. Chiediamo spesso alle persone di portare qualcosa di proprio nei laboratori. Abbiamo chiesto suoni personali o evocazioni di suoni attraverso la parola. Questi suoni venivano messi in rapporto con quelli degli altri creando delle sequenze sonore. Il confronto con l'opera forniva gli elementi 116


possibili per poter lavorare con i suoni e costruire un portato personale. In questa maniera la persona è sempre diversa e già portatrice di contenuti.

Quale è la vostra visione sulla società? Noi ci confrontiamo sullo specifico delle esposizioni e già quelle ci portano a riflettere su questioni sociali. La caratteristica della fondazione, in buona parte, è quello di proporre eventi espositivi che hanno un forte carattere sociale, geografico, politico. Sono mostre che tendono a dare una lettura critica ella società. Ad esempio la prossima mostra si chiama press play ed è una mostra che mette in connessione arte e mezzi di informazione per smontare i meccanismi di creazione della notizia. Il confronto con la società avviene immediatamente quando ci si avvicina allo studio della mostra perché ci si confronta con quello che l'artista propone. La società che si tenta di costruire è una società intuitiva che tende al dialogo e non al conflitto, aperta e non esclusiva. Questo non è il punto di partenza della progettazione, ma qualcosa che è in ognuna delle persone che operano. Non partiamo dal fine, ma partiamo dal patrimonio. Vediamo cosa ci propone la visione dell'artista e cosa c'è in quella visione che sia utile all'idea di società. Una mediazione continua.

Quale visione sulla partecipazione? L'inclusione viene sviluppata anche in virtù della nostra partecipazione a dei progetti europei che formano operatori legati all'idea del dialogo culturale e dello sviluppo del patrimonio immateriale che c'è nei vari paesi. Grazie a queste esperienze sono state messe in atto delle progettazioni che hanno delle tendenze democratiche. In questo senso sono stati strutturati progetti di accesso co n studenti stranieri o studenti che si avvicinavano alla lingua. Nella pratica in questi progetti uno dei metodi era di co progettare l'intervento con degli artisti e quindi cercare di creare un gruppo con un insegnante di riferimento, il dipartimento e gli artisti. Noi abbiamo collaborato per anni con l’artista Gianluca De Ferio. Uno dei mezzi era quello di scambiare le loro esperienze direttamente con l'artista che è una pratica sempre positiva, arrivare al concreto dell'arte attraverso una sapienza tecnica che arriva ad un elaborato. I ragazzi hanno partecipato a questo processo, l'idea è quella di partecipare ad un processo creativo con l' artista e arrivare ad un elaborato in questo caso creativo e non artistico. Non nascono opere d'arte, magari esteticamente valide, narrativamente intense, ma che sono in una strana categoria tra il lavoro dell'arte e il lavoro sociale.

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Anche quando i risultati sono esposti e quindi restituiti al pubblico, non sono mai presentati come opere d'arte. Questo per non ingenerare confusione tra il lavoro dell'artista e quello del laboratorio. L'opera dell'artista è la sua chiave di relazione con gli altri e con il mondo. Sono due elementi distinti, magari non condivisi da tutti. Ci sono laboratori in cui i partecipanti possono interagire e intervenire sull'opera, anche fisicamente, anche aggiungendo delle cose. Anche in questo caso la relazione poetica tra ciò che io aggiungo e l'opera stessa, è qualcosa di diverso e nuovo e sicuramente non è una nuova opera, ma una mia lettura, una mia risposta, questo confine è molto ambiguo. Poi probabilmente alcuni artisti lo hanno superato, nell'arte relazionale si integra la parte personale con l'arte pubblica. Abbiamo ospitato una artista ceca che ha costruito la sua opera con gli abitanti di un paese siciliano. Un metodo che abbiamo adottato è quello che far diventare gli studenti operatori in mostra. Un gruppo che viene pian piano formato a presentare i propri pensieri sulla mostra. E' un progetto di avvicinamento all'arte contemporanea, con un ciclo che va da cinque a sette incontri. Vediamo lo studente più volte per più mesi. Il fine è quello che lo studente accompagni la propria famiglia, i propri professori a visitare la mostra, quindi non solo pari, ma un ribaltamento dei ruoli che tende a responsabilizzare i ragazzi.

Quali risorse sono in gioco? Economica prima di tutte perché certi progetti non sono economicamente sostenibili e vengono subito abbandonati. Pianifichiamo l'attività annuale in modo che ci siano progetti sia gratuiti che a pagamento. E’ sempre più difficile garantire questo equilibrio. Un luogo della cultura dovrebbe sempre garantire a chi non ha le possibilità economiche la possibilità di accedere e di trovare altre risorse in altri contesti. Questo è un tema emergente tra chi produce e chi fa fruire della cultura. Pianifichiamo le entrate in modo da pensare progetti che possono essere sostenuti da un economia e altri che richiedono il contributo del partecipante. Sostenibilità è anche in qualche modo la formazione delle persone nella struttura. Da alcuni anni i mediatori d'arte si occupano della conduzione dei laboratori. Quindi c'è quello scambio tra i vari dipartimenti e l'utilizzo di risorse interne aumenta la sostenibilità dei progetti. E' un equilibro difficile. Abbiamo reputato più sostenibili i progetti che permettono l'accesso al patrimonio rispetto a quelli che sono più legati agli eventi culturali. I primi garantiscono una continuità di accesso, i secondi permettono di comunicarsi, ma raggiungono meno l'obiettivo di permettere agli utenti di avvicinarsi al patrimonio. Per le risorse interne cerchiamo di attuare un riutilizzo sensato dei materiali. Non facciamo riciclo, 118


ma riuso. Ci domandiamo non soltanto come riutilizzare il materiale ma come l'intero progetto può essere reinventato per nuovi pubblici. Il progetto più essere spostato i altri ambiti: un riuso fatto di cose, ma anche di idee. Questo vale anche per le mostre, l'assetto spaziale delle mostre per sostenibilità viene mantenuto, quindi non si abbattono i cartongessi, ma si adatta la nostra allo spazio che c'è. Si cerca di dare una nuova forma in base alle opere, Questa non corrisponde alla massima libertà progettuale possibile, ma è sostenibile, rispetto alle nostre risorse.

Qual’è l’idea di bene comune? In quanto patrimonio che questo non sia immobile. Il pubblico deve riuscire ad apportare cambiamenti e quindi modificare il patrimonio attraverso i percorsi emozionali e partecipati. In qualche modo l'istituzione museale deve proporre un bene comune aperto e non fisso, questa è una delle nostre caratteristiche, questo museo non ha una collezione permanente, pur esistendo una collezione di Patrizia Sandretto. E' un patrimonio che di volta in volta viene messo in gioco per costruire delle mostre tematiche. L’idea di patrimonio che si racconta è mobile e non statico, inclusivo perché mette in collegamento letture da tanti punti del mondo. Ci sono produzioni di paesi emergenti, quelle realtà che hanno meno visibilità immediata. Il patrimonio che intendiamo come crescita è legato alla società, al vissuto personale che viene messo in relazione con quello degli altri.

Come si integrano i vostri progetti? Il patrimonio culturale in generale e l'arte contemporanea in particolare sono ottimi strumenti per creare relazione sociale: superano la differenza linguistica, si ha a che fare con patrimoni che vengono da altre culture e quindi la persona è chiamata a relazionarsi con il nuovo. Un esempio è la mappa che vedi qui nel dipartimento, abbiamo chiesto a diversi artisti stranieri di visitare una regione italiana, affiancati da un corrispondente. Ogni artista ha prodotto una opera che raccontasse questa esperienza nel contesto. Il lavoro è durato un anno e mezzo. Le residenze sono state brevi, me è stata lunga l'elaborazione tra la scelta degli artisti e l'assegnazione della regione e la scelta di un corrispondente sul territorio che lo aiutasse ad esplorare. Poi c'è stata una corrispondenza tra i due per pensare il lavoro. Il tabellone che vedi qui con questa cartina ha il compito di raccontare come è stata realizzata la mostra, cosa che molte volte è difficile comprendere semplicemente visitando l’allestimento. L'idea è quella di far percorrere il processo di realizzazione proprio perché molte volte l'oggetto prodotto non ne parla.

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Ci sono opere volontariamente processuali e altre assolutamente formali: Katerina seda che viene dalla repubblica ceca è andata in Sicilia. Ha coinvolto le persone che ha incontrato chiedendogli di descrivere la propria idea di isola su un foglio circolare. Sostanzialmente ha fatto un laboratorio nel suo viaggio di circumnavigazione della Sicilia. Ha portato poi con se questi disegni. Ha sovrapposto l'immaginario dei siciliani con una diversa lettura del territorio di una città della repubblica ceca, che sta vivendo un problema dovuto alla costruzione di una fabbrica di una multinazionale al centro della città. Questo ha smembrato le dinamiche sociali. Ha intessuto delle tovaglie sovrapponendo l’immagine della città senza centro con una isola che ha solo centro e non periferia. La sua idea era sovrapporli per trovare una soluzione a due problemi complementari. Nell'opera ha esposto sia i disegni dei cittadini e le tavole circolari con le tovaglie. E' una opera esteticamente controversa dove non si comprende il confine tra opera e laboratorio, ma racconta il processo. Il secondo esempio è quello di Sunah Choi, artista coreana che è andata in valle d'Aosta. Lei ha tenuto un diario con il corrispondente locale. La scrittura è molto poetica. Il tutto è condensato in una opera freddissima. Ha creato dei telai bianchi dove ha astratto i profili delle case dell'architettura valdostana, ne ha tratto una geometria disegnata con corde da roccia. Sono due approcci alla creazione molto diversi.

Di solito nei laboratori annuali c' è una prima parte di sperimentazione. Le prime quattro scuole alle quali sottoponiamo il laboratorio ci offrono un metro di valutazione. Nei primi laboratori variamo delle piccole cose per verificare quali siano i mezzi migliori per lavorare. I laboratori vengono assestati prima di applicarli come una metodologia. La verifica del gradimento viene fatta da una persona che si occupa proprio dei questionari e dei focus group. I questionari vengono sottoposti sia durante e alla fine dell'attività dipende dal laboratorio. Questi dati poi vengono computati sia per quello che riguarda la parte qualitativa sui contenuti sia per quella quantitativa. Poniamo attenzione anche ai ritorni di visita museo.

Siamo vicini agli studenti che fanno con noi l'avvicinamento all'arte contemporanea nelle loro prime esperienze di guida alle mostre. Aumentando la conoscenza reciproca e l'autonomia si passa dall'attività individuale a quella di gruppo, si passa dalla relazione con l'operatore-maestro a quella tra pari e questo innesca già una prima autonomia. Il passo successivo è dal gruppo al pubblico, il referente è alle spalle del processo di crescita. Ci siamo molto interrogati sul post processo di integrazione. Una dei riscontri che abbiamo avuto è che i ragazzi superano più brillantemente gli 120


esami di italiano, l'utilizzo della lingua che non è l'obiettivo, ma il mezzo, diventa per loro uno strumento. Molti ragazzi tornano alle inaugurazioni delle mostre, diamo a loro un ingresso gratuito. C'è un tentativo di coinvolgere tramite gli studenti le famiglie. L'idea è quella di dare delle agevolazioni all’ingresso per le famiglie dei ragazzi che hanno partecipato ai corsi.

Pregi e difetti della progettazione multidisciplinare... Non vedo grandi difetti, forse perché l'arte contemporanea è multidisciplinare. Una mostra apre sempre brecce a più discipline. I vantaggi sono una maggiore apertura e maggiori idee. La possibilità di dare più spunti a livello scolastico. Se il progetto mette in campo una lettura storica, e lettura sociale, abbiamo già diverse direzioni e l'insegnante può avvicinarsi e trarne spunto. Di volta in volta vengono implementate nuove idee. Un esempio è l’ esposizione di Glenn Brown che fa un lavoro disciplinato perché dipinge. Abbiamo progettato un laboratorio di tre giorni sulla sua mostra e per farlo abbiamo ricostruito in maniera multidisciplinare il contesto, mi sono confrontata con le mie colleghe esperte in musica , con i brani ai quali l'artista si riferiva, all'arte antica di riferimento. Questo ha permesso alle persone di attingere alla scomposizione multidisciplinare di quel bagaglio che l'artista proponeva nelle sue opere. La risposta è stata interessante perché è stata particolarmente creativa. Sono sono creati percorsi pluri-sensoriali, con gusti e suoni. Noi forniamo vari direzioni di senso alle quali la persona può attingere, una sorta di cassetta degli attrezzi che ricrea connessioni.

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Il Dado

SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Associazione Terra del Fuoco Comune di Settimo Torinese Compagnia di San Paolo Croce Rossa Italiana Architettura delle Convivenze Gruppo Abele

ABSTRACT DEL PROGETTO

Il dado è un alloggio temporaneo per 6 famiglie, che lasciano il campo rom e vengono introdotte alla condivisione e accettazione delle regole che la comunità si è data, e l’avvio di tutti gli altri aspetti: l’iscrizione a scuola per i minori, l’inserimento lavorativo tramite corsi di formazione, tirocini, borse lavoro ecc. per gli adulti, fino allo stabilizzarsi della situazione economica, che porta alla ricerca di un’abitazione permanente.

PUNTI DI INTERESSE

integrazione, auto costruzione, metodologia che prevede la convivenza tra ospiti e operatori, auto recupero un problema ne risolve un altro

LIMITI

Difficoltà nella gestione emotiva della convivenza.

CONCEPT GENERATION

Diversità, partecipazione, auto costruzione, auto aiuto, convivenza come generatrice di relazioni, nuova cittadinanza, educazione alla cittadinanza.

RESTITUZIONE

Integrazione delle famiglie ospitate nel tessuto sociale.

INTEGRAZIONE

Rapporto con il contesto territoriale di Settimo Torinese. Cambiamento dei punto di vista dei cittadini sulla tematica dei rom.

DIVULGAZIONE

Testi e tesi di laurea sull’integrazione.

VISIONE

Cittadinanza attiva e partecipazione nella convivenza come veicoli di cambiamento.

INFORMAZIONI

terradelfuoco.org

Figura 13. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 14. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il Dado è una struttura auto costruita e di auto recupero. E’ un esempio di social housing che coinvolge i rom dell’hinterland torinese. Il bisogno dal quale sorge il progetto è legato ad un avvenimento del 2006. Nel comune di Bongaro divampa un incendio nel campo rom. L’ associazione Terra del fuoco affianca i rom del campo nella ricerca di una nuova sistemazione. L’obiettivo si sposta dal semplice assistenzialismo all’inclusione sociale di questi nuovi cittadini. Il modello perso in considerazione diviene quello dell’auto costruzione e dell’auto recupero. Si trova quindi la possibilità di ristrutturare un capannone abbandonato a Settimo Torinese e comincia così l’opera di auto costruzione. I valori che il progetto mette in gioco sono l’ascolto, l’inclusione, la comunità. C’è una forte componente affettiva Le competenze utilizzate vanno dalla capacità di mediazione allo sviluppo del progetto di cantiere. Lo scambio messo in atto è quello tra le famiglie ospitate, i co abitanti e gli operatori. Gli ultimi due garantiscono le relazioni e la mediazione con il territorio e l’ambiente, in cambio le famiglie devono rispettare una serie di regolamentazioni e di traguardi. E’ un progetto che richiede una forte vocazione negli operatori poiché il clima e la stretta convivenza comportano un dispendio ingente di energie. Le modalità emerse sono le seguenti: - Scelta volontaria delle famiglie. La motivazione delle famiglie sta alla base del progetto. Solo se sono realmente interessate a intraprendere un percorso di cambiamento e integrazione vengono inserite all’interno della struttura. - Auto costruzione. Le prime famiglie selezionate hanno provveduto al recupero di una struttura fatiscente a Settimo Torinese. L’idea veicolata durante l’intervista è calzante: due problemi che si annullano a vicenda. I rom che nell’immaginario sono considerati un problema sociale si organizzano per risolvere il problema del degrado e riqualificando una area. In questa opera di auto costruzione i partecipanti acquistano maggiore consapevolezza delle proprie capacità e legame al territorio e alla struttura. - Co abitazione. Le famiglie ospitate prendono in affitto un appartamento. Vanno rispettate una serie di regolamentazioni comuni per la gestione e la cura. Sono attivi corsi di italiano e di cultura italiana che per alcuni ospiti sono obbligatori. Sono co abitanti anche alcuni italiani dell’associazione che fanno da mediatori all’interno della struttura e si relazionano con il quartiere e la municipalità. All’interno del Dado sono co abitanti anche dei rifugiati politici. La dispersione di energia che è richiesta agli operatori e ai co abitanti italiani è notevole. - Auto recupero. L’appartamento non è di proprietà e non è gratuito, questa scelta mette gli adulti della famiglia nella condizione di cercare un lavoro. L’associazione Terra del Fuoco offre 124


l’opportunità di lavorare in una cooperativa, ma la volontà dell’Associazione è quella di aiutare i co abitanti a cercare autonomamente un lavoro. Con ogni famiglia che entra in co abitazione viene stipulato un patto che prevede dei traguardi (lavoro, studio dei figli, stabilità economica...) che vengono verificati regolarmente. - Indipendenza. Quando la famiglia è riuscita a rendersi indipendente economicamente e a abbracciare le norme di convivenza previste dalla legislazione italiana, provvede a trovare un altra sistemazione fuori dalla co abitazione. Questo processo di allontanamento viene in parte seguito dagli operatori del centro fino a non incidere sulle scelte sociali della famiglia. Il plus valore che questo progetto produce è quello che ha coinvolto i cittadini di settimo torinese. Il progetto nasce per promuovere l’inclusione sociale dei rom. Questa non può avvenire se non avviene un cambiamento di punto di vista da parte dei cittadini che devono poi relazionarsi con i nuovi cittadini. Questa dinamica è stata svolta partendo dai bambini a scuola, dalle loro relazioni sono nate le relazioni tra le famiglie del circondario. La partecipazione dei bambini alle attività parrocchiali ha permesso ancora di più la conoscenza della realtà da parte delle famiglie di Settimo.

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Dialogo con Rosanna Falsetta, coabitante de Il Dado Come nasce Terra del fuoco? Terra del fuoco è una esperienza che è iniziata 11 anni fa. Siamo partiti da un gruppo di studenti che hanno lavorato per creare un coordinamento studentesco per cambiare la regolamentazione scolastica della regione Piemonte che aveva contribuito ad indebolire la scuola pubblica a favore di quella privata. Questo portò alla creazione di una proposta di legge per migliorare il sistema scolastico. Questo aprì un dialogo interessante con la regione che ascoltò le ragioni della proposta di legge, ma lasciò invariata la normativa. Alcune parti della proposta furono accolte dalla regione Umbria. La prospettiva che questo gruppo giovanile si era data era destinata al cambiamento. L'associazione vinse il bando per la gestione di una struttura chiamata Belville, esperienza poi conclusa. L'associazione ha poi spostato l’attenzione verso l'esperienza europea per creare ponti tra Italia e est europa. Il progetto era di educazione alla cittadinanza portando i ragazzi a ragionare sull'Europa, non come tema economico, ma come un continente nato dalle ceneri di Auschwitz. Da qui il progetto del Treno della memoria. Il primo treno è partito nel 2005. L'europa nasce per evitare le guerre e per dare gli stessi diritti a tutti. L'ultima edizione del viaggio ha visto la partecipazione di 2800 ragazzi. Negli anni 2005/6 terra del fuoco ha iniziato ad occuparsi della comunità rumena in Italia soprattutto a Torino. Il dado è dedicato a Adriana e Adina Tanase morte nel crollo di via Veronese a Torino. Una madre e una figlia che l'associazione ha riportato in Romania per essere sepolte. La notte dei decreti in cui bisognava andare alle poste per essere registrati e restare in Italia, Terra del fuoco ha organizzato dei gruppi di distribuzione di viveri per le persone che hanno passato la notte davanti agli uffici. L'incontro effettivo con i rom è avvenuto quando il presidente dell'associazione è divenuto assessore del comune di Borgaro. Nella frazione di Mappano di questo comune è presente un campo rom. I cittadini sul tema dei Rom vivono di molti pregiudizi. Chi governa deve cercare di interpretare i sentori e cercare di progettare delle soluzioni. La notte dopo l'incendio che devastò il campo nel 2006 il sindaco fece arrivare le ruspe e fece andare via i rom dal campo. Con il rom rimase una tenda della croce rossa militare e la nostra associazione. La notte successiva la tenda della croce rossa andò via e noi portammo i rom nei nostri uffici. Togliemmo le scrivanie e facemmo spazio ai letti. Nel frattempo si faceva azione politica per cercare fondi e una soluzione. Da questa esperienza nasce il dado. Le prime famiglie che sono arrivate nella struttura provenivano 126


da quel campo nomadi. Noi garantendo un posto dove dormire miravamo a far concludere l'anno scolastico ai bambini che erano iscritti a scuola. Questa fase ha richiesto un lungo lavoro per sostenere i tempi burocratici nella ricerca di alloggi o roulottes da poter dare alle persone. Nel frattempo ci siamo chiesti come fare. Ci siamo informati sui progetti di autorecupero e autocostruzione. L'autorecupero nelle esperienze già esistenti è stata una esperienza per costruirsi una casa da se, risparmiando su molti costi. Questo comporta la possibilità per un immigrato che non è in possesso delle garanzie per un mutuo, di lavorare nei fine settimana in un cantiere. Noi abbiamo adattato il principio della comunanza al riscatto sociale perché il vero problema è che i rom hanno una storia scritta da altri su di loro che ne mette in luce solo gli aspetti negativi, che entrano in contraddizione con le società ospitanti. L'idea è quella di rivoltare un pensiero, una azione molto complessa. Quando cerchi di aiutare persone che cercano riscatto sociale e non godono di nessun diritto diventa difficile poi scardinare il pregiudizio delle persone. Diviene un pregiudizio poi vero. I rom sono al centro di un immaginario negativo. I rom sono una categoria che non ha goduto di nessun risarcimento dopo lo sterminio nazista nel quale sono stati coinvolti e uccisi. Non c'è stata nessuna rivalutazione culturale ne tantomeno un rimborso economico. ne sono morti 500 mila. Da quel periodo storico l'idea su queste persone non è cambiata. Continuiamo ad immaginare un popolo anche un po' fantasticamente. Il 30% degli italiani non ha mai conosciuto personalmente un rom, ma ne ha una idea ben precisa, con un forte pregiudizio. Il principio dell'autorecupero è quella di uscire da quel pregiudizio aiutando se stessi, non cerco di convincerti che il rom non è come pensi, ma è il rom stesso che lo fa. Questo gli permette di lavorare per mettere a posto uno stabile fatiscente. Il rom ti risolve un problema ridando vita ad uno stabile, non c'è nessun principio assistenzialista, ma l'idea della corresponsabilità. L'associazione affianca i rom, ma richiede di essere affidabile, di non rinunciare a nessuna proposta di lavoro, di mandare i figli a scuola, di essere aperto nei confronti della cittadinanza, di rispettare le regole come d'altronde fanno tutti. Poi si riceve una persona che ti sostiene, che ti aiuta ad affrontare la burocrazia. La presenza dei coabitanti è l'interfaccia delle istituzioni e dei bisogni che queste persone hanno. Siamo partiti con le famiglie che provenivano dal campo rom smantellato, loro si sono scelte e poi abbiamo richiesto alle famiglie un affitto, anche piuttosto alto, che sarebbero stati in una casa molto piccola e che avrebbero dovuto lavorare per restarci. Questo perché avevamo bisogno di persone motivate. Se tornassi indietro non selezionerei le stesse famiglie. Quando si ha a che fare con le persone non si hanno mai garanzie sulla riuscita delle relazioni. Sono state anche allontanate delle famiglie. Se si iniziano a non rispettare delle regole allora la convivenza che qui è così stretta, diventa veramente 127


difficile. Bisogna tenere in considerazione anche altri fattori come la fertilità del territorio. La coabitazione molto forte che mi vede protagonista poiché vivo qui, lavoro e mi relaziono con il territorio, nel senso che qui il territorio è fertile. La maggior parte degli abitanti di settimo viene dal meridione d'italia. Non sono persone affezionate al mondo rom, ma sono persone che hanno trovato la capacità di aprirsi ad un dialogo e di guardare l'altro come qualcuno di cui avere paura, ma come qualcuno da osservare. I nostri ragazzi poi hanno fatto la loro parte. Quando sono qui sono più scalmanati, ma all'esterno del dado sono un esempio di correttezza e disciplina. Le maestre sono a loro volta madri di famiglia, parlano dei loro ragazzi, la parrocchia li ha accolti, poi la presenza di uno stabile che è di proprietà comunale, era in una situazione di degrado il nostro intervento ha permesso di rimetterlo a posto. Quasi paradossalmente un problema è stato risolto dai rom che solitamente sono il problema. Un altro fattore importante è che qui nella struttura non ci sono mai stati episodi eclatanti che hanno concentrato l'opinione pubblica. Quindi non si è mai innescata l'idea nel quartiere che la presenza del dado avesse posto in pericolo gli abitanti. La vera cosa che cambia è che bisogna trovare una rete attorno a queste persone e diviene difficile inserirli in un sistema lavorativo. Abbiamo una cooperativa che li fa stabilizzare economicamente. Abbiamo attivato dei corsi di italiano e questo è difficile da far entrare nella mentalità, ma è un passaggio obbligato. Quello che alla luce dell'esperienza sentirei di cambiare è la lunghezza della permanenza. Non andrei oltre un anno. La difficoltà è quella di garantire troppo alle famiglie e quindi poi non vederle mai andare via. Non vorremmo più correre questo rischio. Niente impedisce di poter rinnovare per un altro anno la permanenza, ma sarebbe meglio che questa duri il minor tempo possibile.

PAROLE Persona energia - ascolto - coscienza

Qui al dado si mettono in moto le energie e sia quelle messe in moto dai rom stessi, sia quelle messe in moto da me che vivo qui, e tutta la dinamica dei volontari che lavorano con i ragazzi, tutto questo è poco costoso, ma molto energico. In tempi in cui è difficile fare arrivare fondi per il sociale è meglio far circolare energie al posto del denaro. Questo ti permette comunque dei risultati ai quali dovresti altrimenti rinunciare se non avessi queste energie. La capacità di ascoltare persone così diverse da te è fondamentale. Questo ti permette di capire, di fare le cose giuste. Qui o ci si ascolta 128


o si vive molto male. C'è una forte carica umana in questo luogo, il modo in cui gli ospiti rispondono e si mettono in gioco in prima persona dipende molto da come riesci a comunicarglielo e a fargli capire quanto è importante. Il dado ha senso soprattutto se ha la capacità di cancellare attorno a se il pregiudizio e di trasformarlo in giudizio, in modo che il giudizio sui rom diviene qualcosa di reale. Queste persone, come tante altre, se gli viene data l'opportunità possono cambiare da sole l'idea che gli altri hanno. Il dado funziona e vince nella sua idea se fa una opera di anti razzismo. Davvero se fa in modo che la nostra società diventi più moderna e anti razzista. Questo differenzia il dado da una casa popolare data ai rom, è un atto più responsabile. Le case popolari sono una condizione talmente ambita da tanti italiani che se tu pensi di aiutare i rom ponendoli in una casa popolare si aumenterebbe solo l'odio. Il dado è capace di sensibilizzare e di smuovere le coscienze.

Collettività diversità - pazienza - socializzazione - empatia - metodo - dialogo - relazione - collaborazione

Al dado vivono anche rifugiati politici: 8 somali, un tunisino e una famiglia turca. Questa diversità è una bellezza del dado. E' il luogo della mondialità che esplode nei momenti di festa. Io credo di aver fatto una esperienza di arricchimento forte. l'opportunità di conoscere il mondo attraverso le persone con cui vivi. La dimensione della vita e della casa è molto forte. Questo stimola molto i progetti. La pazienza è un punto di partenza fondamentale. O c'è empatia con il lavoro e le persone oppure non resisti. Il lavoro è una dimensione: alcuni le fai con empatia altri per necessità. Stare in un collettivo come questo richiede una forte empatia e partecipazione altrimenti non si regge. Quando lavori con le persone hai i tempi dell'altro, non sono solo i tuoi. Un metodo occorre per comprendersi e per gestire le situazioni. Se non si ha del metodo non si riescono a tramandare le cose che si fanno. il dialogo è legato all'ascolto Quando in relazione al patto che abbiamo siglato, ogni parte fa le cose che ha siglato. ogni volta che sei in difficoltà io sono d'aiuto, quando io ho bisogno di un tuo aiuto te lo chiedo. C'è sempre da parte di entrambi la disponibilità a fare qualcosa in più. Quando c'è qualcosa da fare per il dado sono tutti chiamati a collaborare. Questo richiede un grande sforzo di mediazione poiché le persone si comportano e si relazionano in maniere molto diverse e quindi ci può essere la famiglia che no collabora, quella che è difficile da mandare via. Ci devi collaborare, poi è meglio non scontrarsi per mantenere gli equilibri.

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Come riesci a trovare il limite tra vita e lavoro nella tua esperienza?

Il limite tra vita, lavoro esperinza personale è difficile. Non è mai andato tutto liscio, Ci sono dei momenti in cui dovresti dire di no, ma quando lo devi dire e vedi la persona davanti a te come parte della tua famiglia diventa difficile. Non è facile vedere gli ospiti come degli utenti. Infatti il coabitante vero non dovrebbe lavorare nel luogo dove vive, la mia è una forzatura. Questo comporta delle difficoltà, ma la condizione lo richiede. All'inizio era una struttura da controllare molto e la mia presenza era fondamentale, garantiva una sicurezza, nel tempo dovrebbe cambiare, se andassi via io andrebbero via anche loro. Ma per ora non ce lo possiamo permettere.

Progetto / Gruppo integrazione - stabilità - dinamicità

Preferisco un altra terminologia. Integrazione fa riferimento a un oggetto esterno che devi far entrare in un nuovo contesto. Per me è meglio INCLUSIONE SOCIALE. Perché indica ciò che tu sei nella tua integrità entra in un tessuto. La stabilità è richiesta agli ospiti che devono raggiungere diverse tipologie di stabilità. Vengono fissati dei traguardi nei quali li seguiamo. C'è stato un grande movimento e cambiamento di operatori. La sola stabile sono io. Forse con una maggiore stabilità degli operatori il dado sarebbe stato diverso. La dinamicità è quella degli operatori, dinamico perché indica movimento negli atteggiamenti.

Risorse responsabilità - ambiente - razionalità delle risorse - investimento

Qui ha un valore come corresponsabilità senza il quale il progetto no va avanti, Se non la si ha si esce. Essere responsabili garantisce una continuità ai figli. E' difficile scontrarsi con una realtà che non è abituata a progettare a medio termine, ma solo sul brevissimo. Questo è un cambiamento di punto di vista che richiede tempo e determinazione. Qui siamo molto attenti all'ambiente. Utilizziamo i pannelli solari. L'unico investimento è quello della provincia di 35mila euro all'anno.

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Bene comune comunità - condivisione - valori La comunità porta corresponsabilità, legalità, lavoro inteso come dignità, rispetto della diversità. I problemi sono condivisi. C'è una assemblea una volta al mese. Si discute di tutti i problemi, anche di quelli dei familiari. Su molte gestioni della casa c'è autonomia, ma poi il compito di monitorare e poi risolvere le questioni sorte è degli operatori.

Qual'è la visione del Dado sulla persona? Partendo da un dato di realtà c'è poco da immaginare. Immagino di più le caratteristiche. Devono veramente voler restare in italia. Che hanno intenzione di concentrare le loro energie nel sostenere il futuro dei loro figli.

In che modo il progetto si è adattato alle persone che ha coinvolto? Il progetto si è modificato in base alle persone. Loro ci hanno fatto capire che abbiamo fatto il dado basandoci sullo spirito di comunità che poi è diventato negativo poiché trovandosi bene in comunità diviene difficile andare via. Diventa emotivamente coinvolgente. Le persone vanno molto motivate. Lo spirito di comunità andava bene all'inizio, quando c'era da sistemare e rimettere a nuovo la struttura e dare avvio al progetto. Questo ha spinto gli uomini e le donne del dado a lavorare tantissime ore. Questo spirito poi non si è rivelato vincente. Chi arriva qui trova la difficoltà di doversi adattare a nuovi valori che sono i nostri. Ci si dovrebbe soffermare molto sui figli, ma non si può fare solo quello. L'esperienza nei campi rom ci ha insegnato che se diamo solo attenzione ai figli, non essendo l'unico ente educativo, in famiglia tutto ciò che si tentava di costruire veniva demolito. I principi sono quelli della illegalità. La famiglia è più forte della scuola.

Che tipo di visione avete sulla società nella quale operate? Una società che include e non esclude, che non ha paura perché conosce l'altro. Una società che da a tutti le stesse opportunità e che ha la capacità di recuperare chi è rimasto indietro. Una società più eguale.

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Come la società ha modificato il progetto? Il sentirsi accolti crea un clima favorevole. Qui le persone si sentono accolte, sanno che non sono visti male, i loro figli sono uguali agli altri. I settimesi hanno fatto capire ai rom che valeva la pena di stare qua e provarci. se avessero intuito che non c'era sostegno da parte del contesto, nonostante lo sforzo sarebbe stato demotivante. Non è una isola felice, ma un territorio che cresce. Questo vale anche per gli operatori che vengono a lavorare qui. Proporre agli ospiti di vedere dei risultati a lungo termine non li avrebbe portati a restare. La risposta dei settimesi ha avvalorato la loro scelta. Non avevamo preventivato questa cosa. E' nata col tempo e con la relazione con il territorio.

Utilizzate diverse discipline nella vostra progettazione? Con quali risultati? Si parte da un ingegnere che ha fatto la progettazione, che adesso si occupa di relazione, c'è la parte della visione e poi quelli della mediazione, che ci hanno messo la fatica lo stare assieme. E' stato complicato lavorare assieme, abbiamo approcci diversi e modalità di relazionarci alle persone molto diverse. Questo ha creato discussioni e conflitti.

Durante la fase di costruzione ci sono state

frizioni.

Avete una prassi di monitoraggio o valutazione? Un elemento esterno è stato una analisi su questo esperimento abitativo che ha dimostrato che il tempo di permanenza in questo posto avrebbe dovuto essere più breve,

Quali le risorse che rendono sostenibile questo progetto? risorse politiche, economiche, umane. C'è bisogno di un sostegno politico e non solo burocratico, ci vuole un minimo di economia e persone capaci che abbiamo pazienza e voglia. La professionalità arriva sul campo, ma ha come difetto la difficoltà che ci arrivi facendo errori e prove.

Qual'è l'idea di bene comune che perseguite? C'è una idea di bene comune, il dado è diventato un bene comune per questo territorio, ha riqualificato uno stabile, ma pi un intero quartiere. Ha acquistato un valore culturale. In questa zona il discorso sui rom si fa con dignità. Il sindaco di settimo ha rivinto le elezioni, dopo l'apertura del dado con il 4% di consensi in più.

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La gente ha risposto alle provocazioni contro il dado. le persone hanno cambiato il loro punto di vista sui rom.

E' un obiettivo nato dopo. Il dado era un progetto pilota di sperimentazione. Volevamo dimostrare che il lavoro dava dignità e possibilità che se si vuole vivere fuori dall'illegalità si può fare. Volevamo dimostrare che i ragazzi rom che hanno l'opportunità di conoscere e sperimentare una vita diversa la possono anche seguire. Volevamo dimostrare che fosse possibile. Col tempo è nato spontaneamente.

Come il progetto si è integrato nel territorio? Abbiamo degli obiettivi annuali che riguardano gli ospiti. Solina vive sola, ha un part time che non le permette di arrivare a fine mese. Appena avrà un altro lavoro dovrà mettere da parte almeno 200 euro al mese. Poi deve prendere un attestato che dimostri la sua conoscenza della lingua italiana. Poi la convivenza permette di controllare e di riportare in carreggiata. Della famiglie che escono seguiamo l'iscrizione a scuola dei figli e il sostegno all'acquisto dei libri. L'allontanamento avviene in maniera graduale e c'è anche un fattore emotivo. Vedere una famiglia che resta in Italia e pensa al suo futuro è il miglior esempio di integrazione del nostro progetto.

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IZMO - Progetto Insito SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Associazione culturale IZMO

ABSTRACT DEL PROGETTO

Insito è una metodologia integrata per la costruzione partecipativa di una conoscenza territoriale. Insito si applica a livello locale ed è rivolto ai cittadini, agli enti locali e ai progettisti al fine di instaurare un rapporto di dialogo tra le parti. Izmo e Intertesto si occupano di gestione e organizzazione della conoscenza mediante piattaforme collaborative. Intertesto fornisce il supporto tecnologico al progetto Insito.

PUNTI DI INTERESSE

partecipazione, urbanistica, metodologia che integra partecipazione e web.

LIMITI

Metodologia applicabile a piccole comunità, intese come piccoli paesi o quartieri cittadini.

CONCEPT GENERATION

nuovi modi di concepire l’urbano e la cittadinanza.

RESTITUZIONE

Maggiore partecipazione dei cittadini. Nascita di una cittadinanza attiva.

INTEGRAZIONE

La metodologia permette una nuova lettura urbana da parte dei cittadini e la loro interazione con le istituzioni

DIVULGAZIONE

sito web testi e pubblicazione dei risultati

VISIONE

Il cittadino come attivatore di nuovi punti di vista sul territorio.

INFORMAZIONI

www.izmo.it

Figura 15. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 16. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il progetto preso in considerazione tra quelli ideati dall’associazione IZMO è Insito. Questo progetto ha come obiettivo la costruzione partecipativa di conoscenza territoriale. Il primo bisogno preso in considerazione è quello dei cittadini di essere ascoltati e presenti nelle scelte territoriali; il secondo è quello delle istituzioni che possono utilizzare questo strumento per una conoscenza territoriale più dettagliata e rispondente alle richieste dei cittadini. I modelli di riferimento sono quelli della partecipazione e dell’architettura intesa come pianificazione urbana. Le competenze che il progetto utilizza e mette in relazione fanno riferimento all’architettura, alla mediazione e all’informatica. Lo spazio che il progetto riesce a gestire è limitato ad un quartiere o a una cittadina di piccole dimensioni. Questo garantisce che l’afflusso di informazioni sia qualitativamente alto e quantitativamente gestibile. Uno spazio diverso è quello virtuale all’interno del quale tutte le informazioni vengono inserite. il progetto utilizza una piattaforma adatta per riuscire a coordinare le informazioni secondo alcune caratteristiche di contenuto. La gestione informatica permette anche la gestione veloce e personalizzata dei risultati in base alle richieste delle istituzioni o dei cittadini. L’atmosfera che il progetto produce è il richiamo alla partecipazione dei cittadini e l’attenzione degli stessi verso il territorio. Lo scambio

veicolato è quello tra istituzioni e cittadini nella

possibilità di dialogare sulla gestione dello spazio pubblico e dei servizi. La modalità di svolgimento segue queste fasi: - Gruppo di lavoro. Si parte dalla formazione del gruppo che si occupa di gestire la comunicazione del progetto ai cittadini, di informare e di coordinare le azioni sul territorio. - Rete di attori. Si individuano sul territorio le realtà già esistenti che potrebbero trovare nuova coordinazione e collaborazione all’interno del processo partecipato. - Esplorazioni territoriali. Si esplora il territorio al fine di identificarne le caratteristiche principali da inserire come scheletro all’interno della piattaforma on line. - Animazione sociale. La partecipazione dei cittadini viene attivata attraverso una serie di eventi dal vivo che coinvolgono diverse tipologie di persone. Le modalità che IZMO utilizza per questo tipo di attivazione sono le cartografie partecipate, le deriva urbana, i focus group e i raccogli storie. - Divulgazione. In questa fase i cittadini vengono invitati ad inserire materiale all’interno della piattaforma di insito. Questo approccio alla cittadinanza permette di avvicinare quella fetta di cittadini che non utilizza il web e che quindi non avrebbe acceso alle informazioni sulla piattaforma e non potrebbe nemmeno inserirne di nuove. - Empowerment. Questa fase è dedicata alla interazione con i cittadini attraverso il web e dal vivo. Nell’intenzione dei progettisti si vorrebbe affidare questa fase a volontari opportunamente formati. 136


- Estrazione. Dopo un opportuno tempo di interazione e di inserimento dei dati, attraverso una serie di griglie e analisi si ottengono una serie di dati sul territorio. - Azione. dai dati ottenuti possono essere dedotte delle linee guida che diverranno azioni concrete sul territorio. Il bene comune che il progetto produce è quello della conoscenza diretta del territorio attraverso l’ascolto. Il progetto permette l’insorgere di una cittadinanza attiva e consapevole e maggiore attenzione alla qualitĂ della vita dei cittadini.

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Dialogo con Alessandro Grella di IZMO Come nasce IZMO? L’avventura di Izmo nasce da Gruppo sfera, un gruppo di progettisti e architetti. L’approccio di partenza era legato ai situazionisti e alle questioni della complessità e agli studi sociologici. Una delle difficoltà emerse è quella di essere dal punto di vista giuridico una associazione culturale, il che risulta proficuo dal punto di vista delle agevolazioni fiscali, ma dal punto di vista professionale è difficile farsi riconoscere come gruppo di operatori qualificati. La maggior parte dei progetti che l’associazione realizza e produce hanno come cardini cultura e sviluppo. Un membro dell’associazione lavora in Fitzcarraldo, nella sezione nuovi media come ingegnere informatico. Questo ha permesso all’associazione di trovare spazio all’interno di Fitzlab, una area di co-working messa a disposizione dalla fondazione. Abbiamo condiviso gli spazi e poi hanno cercato un alloggio migliore. Sono riusciti a trovare questo spazio molto bello in via Aosta. Non volevano solo un ufficio, ma un area di co-working Fitzlab. L’area di co-working ha una zona cucina e una zona per le riunioni e le conferenze che rende alle associazioni presenti l’opportunità di implementare il loro lavoro e la loro collaborazione. Questo è già accaduto nella collaborazione tra Izmo e Fitzcarraldo nella partecipazione a bandi per la realizzazione di progetti condivisi.

Gruppo sfera, gruppo di progettisti e architetti, poi siamo partiti ad allargare gli orizzonti. Ci siamo innamorati dei situazionisti, di tutta la questione della complessità, sociologia e di molti argomenti che non si insegnano nell'università. Difficoltà di essere associazione culturale, che opera come uno studio professionale. Quasi tutto quello che facciamo è cultura e sviluppo. Noi non facciamo profitto, una no profit reinveste ma non vuol dire che sia di volontari. A livello professionale si viene assimilati a giovani perditempo e un privato difficilmente ci si affida. Un membro di izmo lavora in fitzcarraldo, nei nuovi media, un ingegnere informatico. Abbiamo condiviso gli spazi e poi hanno cercato un alloggio migliore. Sono riusciti a trovare questo spazio molto bello in via Aosta. Non volevano solo un ufficio, ma un area di co-working Fitzlab. Vorrebbero ospitare diverse associazioni, ma essendo solo una parte della fondazione è un po' poco. Siamo strafelici, il nostro centro di rappresentanza è bello. Ospitare altre associazioni è utile per la rete di fitzcarraldo. C'è una cucina e un aula di lezione che permette di ospitare seminari. Abbiamo un calendario condiviso per la gestione dell'ufficio. Nei bandi collaboriamo e partecipiamo assieme.

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Persona ascolto - energia - corpo - conoscenza Ascolto, perché il processo partecipato, il coinvolgimento delle persone richiede ascolto. Energia, perché alla fine i cittadini diventano un nemico, difficili da avvicinare, mancanza di voglia, senza di loro cade tutto. Molto spesso trovi delle grandi sorprese, persone che hanno una energia più grande della tua che ti stupiscono. La loro energia serve per il progetti e ci stimolano. Abbiamo fatto un laboratorio qui in circoscrizione sette, ci ha adottato un vecchietto che ci ha fornito materiali e ospitalità, anche solo per avere la corrente. Questi sono gli stakeholder emergenti che per fortuna esistono. Molte volte questa energia viene dagli immigrati, nella volontà di integrarsi, hanno curiosità, vogliono conoscere, vedere. Corpo, perché siamo architetti e consideriamo gli spazi e il design. Abbiamo avuto dei problemi con le installazioni di design perché non erano a norma. Sono installazioni artistiche e non arredo urbano. Conoscenza, perché si lega all'ascolto. O ascolto il protestare del cittadino o arrivo al sapere comune quello è interessante, la storia, il vero sentimento, quello ci interessa. Il sentimento può cambiare, la conoscenza conosce stratificazioni.

Collettività partecipazione - web 2.0 - condivisione - multi disciplinare - comunità

Partecipazione, perché è quello che facciamo, anzi il come. Può essere prima quindi legata all'ascolto per poi progettare, oppure durante come auto costruzione del processo, l'auto costruzione arriva da un processo di architettura, anche dopo per capire dopo il processo cosa è possibile cambiare cosa è successo. Web 2.0 E’ molto bello dare voce al cittadino, ma essendo uno che difficilmente riesci a beccare diventa poi difficile comunicare. Nel web c'è una parola prosumer che è il produttore e consumatore di contenuti. C'è uno squilibrio tra chi inserisce i contenuti e chi ne usufruisce. Wikipedia ce lo dimostra: pochi producono, tutti consumano. Il web 2.0 permette di poter essere presenti e avere potere. C'è stato un grande entusiasmo, ma è una tecnologia delicata. Un ragazzo giovane e curioso può sognarci. Si è ancora molto all'inizio dell'era del 2.0 si aprono nuove frontiere. Un elemento in più è la semplicità di utilizzo. Difficile da governare. La e-partecipation è un argomento che mi ha appassionato nei miei studi. Alla fine è la relazione che conta anche se tutti sono connessi. Esiste il 139


piacere insostituibile della relazione. E' una fortuna ma una sconfitta. Possiamo parlare a distanza, ma sentiamo il bisogno di incontrarci. Condivisione, perché ancora adesso il nostro approccio è quello di cercare in tutti i modi di condividere e pubblicare la nostra conoscenza in modo condiviso. Anche all'interno dei lavori noi ci basiamo sulla condivisione del sapere. Noi ogni mese pubblichiamo 4 articoli per wikizmo, che cerca di pubblicare contenuti e articoli originali. molti gruppo hanno un blog che copiano link e materiale trovati sul web. Noi creiamo contenuti anche a volte specifici. All'interno del gruppo e all'esterno del gruppo. Nel processo di insito proprio perché c'è complessità, le persone si relazionano in maniera vicendevole in un sistema complesso questo genera sorpresa. Il risultato della relazione di questi elementi genera un risultato maggiore della somma dei singoli elementi. Quindi questa è la condivisione, interna e esterna. Essere noi ad innescare e a mettere in connessione le parti. La lingua di terra che lega due parti. Multidisciplinare perché siamo un gruppo che viene da varie discipline cerchiamo di avere più punti di vista, anche i percorsi sono partecipati e all'interno del percorso ci sono attività diverse e varie esperienze sono messe in campo. Il nostro gruppo va dal giurista all'informatico. Manca un sociologo. Manca comunità perché quando la collettività inizia a mettere in comune delle cose diventa comunità. E' un gruppo di persone che condivide saperi, conoscenze, valori, risultati. Se poi gli diamo una dimensione territoriale si parla di luoghi, di spazi con una certa identità, se la portiamo sul territorio parliamo di quartiere, di social house, co-...

Collettività mediazione - connessioni - innovazione - comunicazione

Mediazione,un lavoro duro. Connessioni, noi cerchiamo di connettere attraverso il nostro lavoro, favorire le connessioni, lubrificare quelle esistenti e favorire lo scambio, crearle e fomentarle. Le reti le infrastrutture tecnologiche. Innovazione, sempre di più ne abbiamo bisogno, se non ci fosse la voglia di sperimentazione non ci saremmo. fa parte della storia dell'uomo, per aumentare il benessere, parlando di metodi, l'innovazione è un metodo. Le modalità cambiano. rigenerazione, la lettura di rigenerazione di u territorio e noi che siamo architetti lavoriamo sul territorio. Lo sviluppo all'interno di elementi di disagi o di luoghi depressi o abbandonati. Si apre u mondo che è quello della rigenerazione urbana. Sono dei momenti in cui chiami la cittadinanza gli 140


stakeholder, rigeneri perché c'è stato qualcosa prima, hai sempre bisogno di saperlo per non rigenerare in maniera sbagliata. Comunicazione manca, Izmo si basa tra la comunicazione dei membri e della comunicazione del sito all'esterno. La comunicazione e i social network sono per noi un elemento fondamentale. Essendo molto aperti, in termini di tempo vuol dire essere veloci. La comunicazione non è solo univoca, ma biunivoca. La comunicazione è anche ascolto.

Risorse economia - responsabilità - sensibilità - educazione - riuso

La base scientifica è unica e indubbia. Poi le letture possono essere diverse. Manca economia tutti i progetti culturali non si basano su nulla soprattutto adesso. Izmo è sostenibile perché tutti noi facciamo altro. L'economia è fondamentale in un territorio. Soprattutto adesso non ci sono soldi per il dopo. Non sappiamo come fare manutenzione. E' inutile metterci tutto, ma l'analisi dei costi deve tener conto del dopo. Chi sosterrà le nostre scelte di oggi nel futuro. La parola sostenibilità è troppo legata all'ambiente. Ci sono la parte sociale ed economica che sono molto importanti. Responsabilità, una parola della quale ci dimentichiamo. Responsabilità vuol dire anche sensibilità, è inutile parlare di sostenibilità a larga scala senza educazione non si va da nessuna parte. Finalmente è entrata nella formazione e nell'educazione. Riuso, anche se molte volte il riuso non è sostenibile. La struttura in pallet che creiamo riusando tra tre anni sarà degradata e andrà riciclata se questo sarà possibile. Attualmente una parte di izmo si occupa di riuso. E' una pratica, un metodo per dare una seconda vita che sarà più breve della prima. Il ciclo di vita delle cose ha una scala temporale. la parte sociale è considerata

Bene comune patrimonio - cura - potenzialità - economia

Patrimonio, senza il quale non sopravviviamo sia materiale che immateriale. Non si riesce a creare comunità. Senza di questo perdiamo la nostra identità. E' il nostro bene comune, è la cosa che condividiamo.

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Cura, è la posizione con la quale porsi verso le cose. E' una scelta politica e economica. Anche a livello sociale. L'idea che il fuori casa mia non mi appartiene. La sindrome nimbi, al di là del mio backyard non mi interessa cosa succede. Interesse, attenzione per le cose, investire. Potenzialità, genera economia, perché il bene comune è qualcosa per iniziare e per arrivare. Manca la parola economia.

Qual’è l’idea di persona alle spalle della progettazione? Il cittadino. La persona che vive in uno spazio urbano antropizzato e che agisce in esso. che ha dei bisogni dei desideri e dei tempi. Una persona che va ascoltata filtrando la sua voce all'interno dei parametri.

Un esempio? Il progetto Geografia relazionale, perché siamo entrati in casa delle persone. Non abbiamo avuto problemi di diffidenza e ci ha permesso di creare una mappa di relazioni, una cosa molto semplice e prima dei social network. Una mappatura del territorio con la partecipazione dei cittadini. Veniva richiesto ai cittadini di fare una foto polaroid in due copie, una restava a loro. Noi chiedevamo di mettere la faccia e nessuno ha protestato nel farsi fare la foto.

SEM Sedute etnicamente modificate dove abbiamo lavorato con gli immigrati con i quali non lavoriamo spesso. Gli immigrati hanno un senso di rivalsa rispetto alla condizione che avevano prima e di distacco dal passato. Nel progetto c'era di descrivere o disegnare la sedia del paese dal quale provenivano e nel racconto ci chiedevano perché eravamo interessati alla loro cultura della quale loro avrebbero fatto volentieri a meno, perché legati alla povertà o al disagio e non possedevano e non usavano più quel tipo di sedia, oppure preferivano non parlarne, farne a meno. Ci ha colpito molto non l'avremmo mai detto, ovviamente non è un campione rilevante e rappresentativo, ma comunque interessante. Non è stato facile poiché non veniva compreso l'interesse per la seduta del proprio paese. La loro idea era legata al design alle nuove prospettive che l'italia può offrire. Magari ci legano un ricordo, ma l'idea è quella di fare un salto nella società e nella vita. Sono una parte attiva della società e davano l'impressione di voler dimenticare la loro provenienza.

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La visione sulla società... Società: gruppo di persone regolamentate da leggi, ma non interessati a condividere e stare insieme. Sindrome Nimby, not in my backyard quindi in una società che non è comunità, o almeno lo è raramente in contesti circoscritti. Persone che non condividono nulla, ma sono regolamentate. Noi cerchiamo di trasformarlo portando le persone ad essere comunità.

E sulla partecipazione? Partecipazione: più teste danno sorpresa, ma anche maggiore complessità nella gestione, marginalità, scontentezza. Nella pratica di coinvolgimento anche le persone che possono risultare scontente non possono poi protestare poiché la loro voce è stata ascoltata e quindi comunque considerata. La scelta finale va poi motivata per rendere davvero coinvolti i partecipanti, ma il margine degli scontenti è inevitabile.

Quale visione sulla sostenibilità? Si parte con lo slancio creativo, con la curiosità e con l'entusiasmo, ma poi rinunci perché non è sostenibile. All'inizio della progettazione non ne teniamo conto, le domande vengono mano a mano. L'economico, sociale, ambientale. Nei vari tempi. Sostenibilità interna ed esterna al gruppo. All'interno in molti lavori non sono stati retribuiti in maniera equa e all'interno dell'equipe non sempre tutti hanno modo di lavorare sempre in tutti i progetti. A livello di gruppo questo non è mai stato un problema. Pankassette, un progetto equilibrato a livello economico, il riuso ha garantito l'ambiente e la società ha visto la partecipazione dei cittadini.

Quale visione sul bene comune? territorio e servizi. Il bene comune è lo spazio pubblico. Lo spazio pubblico per quello che riguarda la città. Niente di distante, ma molto concreto. E' un elemento scontato nella progettazione è insito nel nostro modo di fare. E' quasi scontato e ci stupisce che qualcuno ne debba parlare. l'acqua pubblica, la sessualità, la spiritualità. Si ci sono dei problemi, ma sono cose che diamo per scontato nella progettazione. E' un elemento integrato nella progettazione. Mentre la sostenibilità può essere più faticosa, il bene comune è più insito.

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Che tipo di monitoraggio fate ai progetti? Di sicuro facciamo valutazioni ex post. Ogni volta alla fine del progetto c'è una micro riunione che fa valutazione e che condividiamo on line. Il monitoraggio va fatto da qualcuno esterno. Va fatto da chi riesce a farlo super partes. Un monitoraggio interno sarebbe inquinato.

Che tipo di accompagnamento? L'accompagnamento è un elemento dei processi, se no si diventa assistenziali. Ci sono degli organi che si chiamano agenzie di sviluppo locale che sono gli organi che hanno come obiettivo lo sviluppo, hanno una programmazione che varia a seconda dei progetti. Queste agenzie, una volta ultimata la fase di sviluppo, provvedono a lasciare il territorio e il progetto dovrebbe continuare a camminare con le proprie gambe. Per quello che riguarda l'architettonico, non viene fatta una programmazione in questo senso. Per Izmo quindi un progetto inizia e continua con le proprie gambe. Ti racconto un esempio di fallimento: per Izmo summer school gli studenti dopo le lezioni frontali e la visita al quartiere si sono interrogati su quali azioni compiere: hanno scelto di fare delle installazioni. Hanno progettato tre installazioni semplici, che sono state installate, una specie di strumenti musicali, sono stati usati per un giorno, poi si sono deteriorate in pochi giorni. Non sarebbero durate anni, ma almeno più di qualche ora. E' stata distrutta anche una installazione cementata. Ma non c'era una economia per seguire e per implementare l'utilizzo e non la distruzione. Seguire si, assistenzialismo no. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero seguire gli sviluppi. All'interno di insito non potremmo dare tutta le responsabilità ai cittadini, uno degli obiettivi mancati di insito, perché bisogna investire in nuove risorse, è quello che siano i cittadini a postare e a utilizzare l'interfaccia di insito per promuovere il loro quartiere. I cittadini però sono restii a questo tipo di uso. Ci deve essere un feedback, inutile scrivere se poi non c'è riscontro. Dovrebbero essere gli ecomusei urbani a curare il continuo del processo, noi possiamo attivarle. Integrazione Non è mai successo che le persone ci abbiano espresso in maniere esorbitante il loro ringraziamento. Alle persone non interessa il processo, ma il risultato. Si verrà giudicati dal risultato e loro useranno il risultato. Le persone giudicheranno il cosa e non il come. E' per questo che i processi partecipati non sono così usuali. E' il risultato che conta. Se una opera d'arte vende e attrae

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che questa sia stata fatta in modo partecipato o meno interessa pochissimo. E' una questione di addetti ai lavori. La partecipazione è impegnativa, richiede un dispiego di energie grandi. L'oggetto esisterebbe senza il processo, alla fine conta il risultato. La partecipazione è una cosa che non ci è stata insegnata.

Quale visione avete sulla partecipazione? E’ una battaglia. Una fatica, una lotta con tutti. Convincere il committente che è la cosa migliore, quando lo fai perché è difficile convincere il cittadino. E' una cosa che potrebbe anche non esistere se chi deve farlo lo facesse. Anche l'utilizzo dei cittadini nei focus group non è una pratica comune e sempre applicata. La partecipazione non è abituale e non è scontata. Sono processi non così sdoganati come la sostenibilità o il bene comune. Le pratiche giuste che dovrebbero essere applicate non si conoscono. Forse se si parla di democrazia si trova un territorio comune più difficile entrare nella idea della partecipazione. Noi abbiamo mappato 52 studi che lavorano nella partecipazione in italia. Ma molto probabilmente non riescono a trarne profitto. Dovrebbe essere più diffusa, anche se faticosa. Mettere in circolo le informazioni, il sapere.

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Par coii bsogna semna’

SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Comune di Frassineto Po Associazione volontariato e ambiente Amici del fiume Fondazione CRT Pro - Loco Frassineto Po Regione Piemonte Provincia di Alessandria PAV - Parco Arte Vivente Parco fluviale del Po.

ABSTRACT DEL PROGETTO

Artisti di arte contemporanea convivono la comunità di Frassineto Po. L’incontro genera nuovi punti di vista dei cittadini e collaborazioni tra la produzione artistica del territorio e quella proveniente dal mondo. I luoghi da poco bonificati del paese sono stati il palcoscenico per opere partecipate.

PUNTI DI INTERESSE

Progetto con confini territoriali definiti che hanno permesso una maggiore integrazione. Coinvolgimento di un pubblico non avvezzo all’arte pubblica. Generazione di nuove prospettive per il territorio.

LIMITI

Difficoltà nella mediazione tra i diversi stakeholder del progetto.

CONCEPT GENERATION

Una comunità può trovare nuova linfa grazie a un punto di vista esterno.

RESTITUZIONE

Un percorso all’interno del paese.

INTEGRAZIONE

Nascita di associazioni nel territorio e nuove prospettive culturali per l’amministrazione pubblica.

DIVULGAZIONE

Sito web

VISIONE

L’arte contemporanea come espressione della quotidianità e non come mercato nei musei.

INFORMAZIONI

www.parcoii.org

Figura 17. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 18. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Questo progetto è stato svolto nel Comune di Frassineto Po’ (AL). Il bisogno alla base di questa progettazione nasce dall’amministrazione pubblica del comune che ha scelto di caratterizzare le proprie politiche culturali. C’è poi l’interesse a valorizzare i luoghi bonificati lungo il corso del po’ appartenenti al territorio. La motivazione personale è quello della progettista che vive nello stesso territorio e che ne conosce le esigenze e le difficoltà. L’obiettivo del progetto diviene quello di avvicinare gli abitanti del paese all’arte contemporanea attraverso la partecipazione e l’interazione con gli artisti. L’azione che viene progettata è quella di unire i 14 artisti locali con 15 artisti selezionati da far interagire sul territorio. La forma che il progetto ha prodotto è stata quella di un percorso all’interno del territorio di esperienze e installazioni legate alle contaminazione prodotte dagli artisti. I valori che il progetto ha messo in gioco sono quelli della comunità, del territorio e della partecipazione. Questo lavoro ha richiesto un grande sforzo di mediazione e un grande dispendio di energie. Le modalità di lavoro sono: - Ideazione. In questo caso la progettista ha interrogato i territorio in ricerca delle produzioni artistiche emergenti. Ha poi provveduto a attuare una scelta curatoriale degli artisti non appartenenti al territorio che potessero essere dei buoni interlocutori con i cittadini. In questo senso la scelta è ha prediletto per il maggior numero artisti che utilizzassero mezzi analogici di espressione o azioni performative. - Interazione. Si è poi provveduto a mediare lo scambio e la relazione tra gli artisti e il territorio. Dopo una prima fase intensa di mediazione gli artisti si sono integrati e hanno svolto il ruolo di mediatori in maniera maggiormente autonoma. - Produzione. Dopo la nascita dei rapporti e delle relazioni tra artisti e cittadini, sono state prodotte le opere che hanno composto un percorso all’interno del paese. - Evento. Il percorso strutturato ha animato il paese dal 10 settembre al 2 ottobre con la presenza degli artisti e i progetti performativi che hanno coinvolto i cittadini. L’estetica del progetto ha assunto le forme che gli artisti hanno deciso di dare. Tre esempi diversi e significativi sono: - Isocronia operosissima di Iacopo Seri e Simona Rossi, progetto che ha visto i due artisti farsi ospitare a turno dai cittadini ogni tre o quattro giorni in cambio del loro lavoro. Seri ha ripulito le cantine e le soffitte recuperando materiali che si sono trasformati in un racconto del paese; Rossi ha lavorato sul corpo e la sua espressione.

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- ADD dell’Agenzia Dancing Days, progetto performativo durante il quale gli anziani ballano balli di gruppo su musiche elettroniche. Sono stati coinvolti in un laboratorio gli anziani di Frassineto Po’ che si sono poi esibiti durante la rassegna. - Cmè na barca ant in puss di Luca Percivalle, installazione che ha inserito la voce di un pescatore del Po’ all’interno di un pozzo al centro del paese. Dagli esempi si denotano diverse estetiche frutto della lettura del territorio da parte degli artisti. La mediazione richiesta alla progettista è stata ingente, questa mediazione ha prodotto il plus valore del progetto ovvero quello di innescare nuove relazioni all’interno del paese tra artisti e cittadini, tra cittadini e istituzioni e tra istituzioni che pur operando nello stesso territorio non avevano ancora operato su un obiettivo comune. Un risultato rilevante è la nascita di una associazione promossa dagli artisti locali. Verrà formulata una nuova edizione del progetto che ha generato una serie di aspettative forti da parte dei cittadini e delle istituzioni.

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Colloquio con Daria Carmi, progettista

Come nasce il progetto? Il progetto nasce per un commisto tra la volontà dell'amministrazione pubblica di Frassineto Po e una mia progettualità personale. Io sono di Casale Monferrato che è a pochi chilometri da Frassineto Po. Ora la contingenza di quel momento preciso era il fatto che l'amministrazione negli ultimi anni ha bonificato una serie di spazi che si prestavano particolarmente a ospitare opere all'aperto come un sono un grosso prato adiacente al cimitero. Il paese è di circa 1500 abitanti. Quindi un paese piccolo con una comunità molto forte. L'idea è stata quella di riqualificare quegli spazi bonificati. C'è poi il giardino del pozzo antico al centro del paese, Il cortile di Palazzo Gonzaga, anche questo in centro, vicino alla casa di riposo e alla scuola materna, quindi un luogo per bambini ed anziani, e poi una serie di spazi come la piazza che ha subito un restauro. Frassineto Po è un villaggio del libro, l'idea è quella di tenere l'oggetto libro attivo e parlante per tutto l'anno, c'è un progetto che si chiama libri in porto, una sorta di booklet che è un outlet del libro dove si distribuiscono libri che non sono convenzionali, altro spazio usato e Palazzo Monti che ospita eventi legati al libro ed è aperto per la vendita e distribuzione del libro. C'è una predisposizione a Frassineto Po a portare avanti progetti culturali. Frassineto Po è un paese storicamente povero, ma sicuramente si differenzia dal resto del territorio per il suo impianto di fine seicento, gli altri paesi sono molto più recenti. Ha storicamente un legame con la chiesa ambrosiana. Un luogo ricco di storia con una amministrazione attenta alla cultura. Avendo tentato la strada del libro, hanno riflettuto sulle sue prospettive e hanno poi deciso di puntare su nuove direzioni in ambito culturale e di promozione del territorio. Io mi sono proposta ad una associazione Amici del fiume e attraverso questa abbiamo coinvolto l'amministrazione pubblica. La richiesta fatta al comune è stata quella di avere l'uso degli spazi e di promuovere l'iniziativa. Nelle collaborazioni c'è il PAV che è vicino sia al modo di operare sia alle tematiche trattate.

PAROLE Persona coscienza - persona - umano - comunità - processo

Il progetto nasce già nella sua idea, come una continuità nel tempo, un ponte tra un territorio e l'arte contemporanea. Una presa di coscienza di un linguaggio da condividere che passasse attraverso 150


l'esperienza. Sviluppare un vocabolario che aiutasse a capire e non a fraintendere. L'arte deve smuovere qualcosa nelle persone. L'interlocutore in questo caso è chi non ha a che fare con l'arte contemporanea. Tutto è stato pensato con e per i Frassinetesi. Anche dal punto di vista del colmare una distanza. Già la presenza di 14 artisti all'interno di una comunità di 1500 abitanti parla di una predisposizione al bello e all’espressione. Gli artisti hanno lavorato per creare un percorso che mettesse in gioco valori condivisi e che restituisse alla comunità un sentimento di unione, condivisione e reciprocità. In questa misura l'arte riesce a fare una lettura del territorio coinvolgente. Il processo in particolar modo ha visto la partecipazione degli artisti. Con questi si è lavorato prima, ma anche durante con una serie di laboratori. Ad esempio con Marco Porta, un artista locale di Casale Monferrato che ha tenuto un laboratorio sul tema Di che materia è fatta l'arte, questo laboratorio era aperto a tutti i cittadini ma soprattutto agli artisti locali. In qualche modo loro hanno sentito un interesse e hanno cercato di mettere su una associazione. Quindi l’esperienza e l'innesco di un processo che ha cercato delle soluzioni nuove. Ha creato vere conocenze, infatti molti artisti stranieri sono tornati in paese invitati dagli artisti locali.

Avete usato mezzi particolarmente tecnologici? No, non abbiamo usato il web perché non fa parte del vocabolario condiviso. Non sono state fatte raccomandazioni agli artisti rispetto al media da usare, ho invitato però artisti che potessero avere un approccio legato o attinente con il territorio nel quale avrebbero operato. Ci sono opere video, ma realizzate con gli abitanti. Il video è più narrativo rispetto al web.

Collettività socializzazione - affettività - più discipline - auto formazione - dialogo - esistenza - età

Sono nate delle relazioni. Un duo di artisti ha scelto di vivere una residenza al contrario e quindi di sperimentare l'ospitalità di tre giorni in tre giorni nelle diverse famiglie del paese. Una residenza al contrario in cui la committenza è il pubblico. Le relazioni che sono nate sono state fantastiche. Un esempio: le persone cucinavano un dolce per la famiglia che successivamente avrebbe ospitato gli artisti. Sono stati adottati. Quando sono andati via è nata una festa spontanea, si sono messi i tavoli nella bocciofila e si è festeggiato. La socializzazione è stata fondamentale, tutto è pensato per essere una memoria condivisa. Sono nati affetti, anche la professionalità per leggere un contesto. Le cose che ci fanno stare bene ci portano emozioni. Affettività in una forma in cui si genera un sentimento 151


di famiglia. Due linguaggi diversi che cercano un modo comune per dialogare. I risultati sono stati diversi non solo nei materiali, ma nel modo di porsi. Userei auto formazione invece di formazione. Il cambiamento del punto di vista è stato nei confronti dell'arte. Un esempio è il rapporto costruito con la pro loco. E' nato un discorso formativo anche per me. Ho capito molte cose del territorio e della storia del territorio. Da parole vuote e prive di senso si è arrivati a costruire parole significative. E’ successo che le persone condividendo gli stessi spazi hanno iniziato a dialogare. Il paese è stato coinvolto in un processo in cui si trovavano a parlare di arte in contesti del tutto quotidiani. All'inizio c'è stata una grande resistenza, poi superata, in buona parte partendo dal singolo. Come figura curatoriale il progetto è stato spesso legato a me e quindi ho dovuto far fronte alle critiche positive e negative che venivano da vari fronti. Anche per questo mi piacerebbe far emancipare il progetto. Del tutto normale in una prima edizione, ma il punto d'arrivo dovrebbe essere quello di camminare con le proprie gambe. In un paese piccolo le energie e i modi di vivere lo stesso territorio cambiano a seconda dell'età. Ci sono differenze incredibili tra una generazione e l'altra anche innescando delle connessioni incredibili. Rispetto ai giovani ha avuto un grande riscontro la pro loco. Scegliere luoghi come i bar quali luoghi espositivi ci ha fatto ricercare quelle persone che non avremmo mai incontrato. C'è un centro di ricerca per i pioppi che è stato coinvolto. I bambini sono stati coinvolti sia all'interno del percorso espositivo, sia con laboratori. Iacopo Seri e Simona Rossi hanno gestito due laboratori durante il loro lavoro di due mesi. I due laboratori hanno coinvolto i bambini dell'unica scuola presente a Frassineto Po: le elementari. Ogni generazione ha avuto chiavi di entrata diverse all’esperienza.

Progetto / gruppo mediazione - innovazione - integrazione - dinamicità - apertura

Tanti enti avevano difficoltà a dialogare, ci sono fazioni come in ogni piccolo paese. Il mio lavoro è stato in tanti casi trovare modi per farli dialogare. La mediazione era un elemento del quale non avevo preventivato la profondità. Il compito sociale qui emerge. La partecipazione non è sufficiente, non può essere nemmeno lo scopo, è un adottare nella propria memoria, nel proprio vissuto, quel lessico familiare che segna dei tratti fondamentali. Se ci si ferma alla partecipazione non nascono novità. E' stato bello il fatto che progetti come questo hanno un valore politico perché si occupa del cittadino. Per forza di cose, in un progetto come questo, si entra in discorsi di gestione del territorio. Si guarda alla gestione con irriverenza e creare nuove possibilità e connessioni è 152


difficile. Io ho avuto il grande vantaggio di essere esterna/interna alla realtà. Ero sicuramente esterna come elemento non della comunità. D'altra parte vivendo vicina mi ha dato delle referenze nei confronti dei cittadini che hanno facilitato le relazioni. Mi era concesso progettare e fare con una sorta di follia, proprio perché esterna. L’integrazione ha funzionato sia per me all'interno della comunità e sia per gli artisti. Anche l'integrazione tra i vari gruppi già presenti sul territorio. Questa è stata una forma di integrazione. Siamo stati invitati a una partita di bocce alla bocciofila. C’è poi l'integrazione delle opere nello spazio. Il processo è aperto e non riesci a determinarlo. Uno strumento è essere malleabile, in fondo abbiamo chiesto molto al territorio. Portare così tanti artisti ad integrarsi in un sistema con artisti locali significa creare aspettative alte per la riuscita del progetto. All'interno della vita di routine di un paese c'è stato uno stravolgimento all'interno della comunità. Lo sforzo richiesto alla comunità ha fatto rivivere a loro gli spazi del paese. Ho chiesto a loro tantissimo. Porre una comunità dinnanzi all'arte contemporanea che non appartiene al loro vissuto ha fatto emergere nuove energie. Gli artisti sono capaci di catalizzare le energie e saperle sviluppare. La mediazione è stata difficile, e io nel mediare dovevo essere molto dinamica. Ci sono cose che non posso determinare e che devo pormi ad accogliere. Sono molto interessata all'emancipazione del progetto e ci sono molte aspettative. Voglio portare il processo verso l'auto formazione. Ho seguito successivamente al progetto, il processo di creazione da parte degli artisti locali di una associazione. Questa associazione ha preso delle strade diverse dall'idea di partenza, ma di certo ha innescato un meccanismo interessante all'interno della comunità di artisti locale.

Risorse etica - territorio - responsabilità - cura - stress - capitale umano - predisposizione

In qualche modo nel proporre dei progetti nuovi sia a livello di nuovi spazi e nuove modalità non possiamo che cercare di non ripetere le dinamiche non etiche che troppe volte fanno parte del sistema dell'arte. Altrimenti non si va da nessuna parte e si continua a nutrire un sistema che ha altre dinamiche legate al mercato. Ci si deve porre rispetto alle persone in maniera etica. Il territorio inteso come patrimonio tangibile e intangibile. La verità è fatta anche attraverso l'aderenza al territorio e alle sue reali necessità e bisogni. Nessun progetto prefabbricato, ma legato al territorio. Ha anche a che fare con l'economia. Ci siamo posti il problema della provenienza dei fondi, soprattutto in un territorio così piccolo dove è facile dare un cappello e una etichetta al progetto in base a chi lo finanzia. Il mio lavoro e quello della maggior parte degli artisti è stato gratuito. 153


Abbiamo garantito l'alloggio a tutti, il vitto dipendeva dal contesto. Abbiamo cercato di sostenere il costo del lavoro dei materiali richiesti dagli artisti. L'investimento umano è stato forte, l'utopia è che la situazione migliori nel corso degli anni. Non si può quantificare l'apporto umano che è stato messo in campo. A partire dai dipendenti comunali che hanno messo a disposizione le loro competenze. Ad esempio il proprietario di uno dei bar del paese ha messo gratuitamente una casa a disposizione degli artisti. Non solo beni ma anche competenze. La pro loco ha messo il suo know how nell'organizzare una cena con 300 coperti. La responsabilità è un dovere in questo progetto, sia degli artisti che del pubblico. Non è una questione di sentimento, ma bisogna sentirsi responsabile delle dinamiche che metti in atto. Bisogna adottare e prendersi cura del territorio. Il livello di stress è stato alto nella gestione e nella mediazione. E’ costato molta fatica. Nel mio caso è stato molto forte. L’elemento principale è il capitale umano. Ci vuole una predisposizione intesa come humus che accoglie il progetto.

Bene comune Bene comune - comunità - condivisione - nuovi punti di vista - riscoperta - contingenza

Dipende se intendiamo il benessere comune o il bene nella sua forma politica. Questi progetti generano bene comune solo quando finiscono. Sta nella natura stessa del bene comune. Il bene comune in forma politica è quello che la comunità sente come proprio e abbandona la dicotomia pubblico / privato in favore di una cittadinanza partecipe in un processo. Questo tipo di progetto genera bene comune quando finisce. La condivisione intesa come esperienza adottata nel vissuto e riportata alla memoria. Entrare in un territorio e sottolineare delle cose fornisce agli abitanti nuove idee che nella quotidianità non avevano sviluppato. Il progetto ha sviluppato la riscoperta di alcuni valori. Niente è un bene comune di per sé, ci vuole una contingenza perché lo sia

Che cos’è la partecipazione? E’ adozione intesa come accoglienza nella sfera umana e nel vissuto. Adottare nella memoria e nella quotidianità in modo da prendersene cura. Il sentirsi chiamati in prima persona come in una famiglia. Adottare significa riconoscersi interessarsi e raccontarlo agli altri e sentirsi appartenente.

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Come è stato metabolizzato il processo? Il processo non è stato monitorato. Si è stati legati alla contingenza. L’unico modo era responsabilizzare i partecipanti. Il controllo era costante da parte della comunità. Il post processo vuole puntare all'autonomia. Il progetto innesca processi, ma si vorrebbe arrivare a costruire una struttura che sia auto sostenibile restando nello stesso punto di vista del cittadino. Il sogno è un progetto che si emancipa e viene preso in mano dai cittadini, che metta in campo anche professionalità. Abbiamo introdotto degli stage che fornivano crediti formativi. In questo modo abbiamo innescato l'idea delle professionalità. Questo può essere un approccio. Una forma di autodeterminazione rispetto al lavoro. Poi il progetto può anche avere un altra forma, ma purché vada nella stessa direzione.

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PAV - Parco Arte Vivente - Educazione SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

PAV Parco Arte Vivente Associazione culturale parco arte vivente

ABSTRACT DEL PROGETTO

Il PAV si pone all’interno del tessuto urbano come uno spazio che coniuga un parco, con una area espositiva, di ricerca e di educazione. La sezione apporta nuovi punti di vista sulla contaminazione tra arte, scienza e società.

PUNTI DI INTERESSE

Modello nuovo di rapportarsi all’espressione artistica e all’ambiente. Educazione tesa alla partecipazione e alla conoscenza del territorio urbano. Il parco come interfaccia del museo con il quartiere e con la città.

LIMITI

Mancanza di maggiori economie per promuovere le attività del Parco.

CONCEPT GENERATION

L’Arte del vivente, che comprende la Bioarte, la Biotech art, l’Arte transgenica e l’Arte cosiddetta ecologica; la fruizione di materiali organici e inorganici, la sensibilizzazione alle attuali riflessioni bioetiche sull’uso di determinate pratiche.

RESTITUZIONE

Parco aperto, laboratori, visite, attività svolte all’interno del parco.

INTEGRAZIONE

Particolare attenzione al territorio, al quartiere e ai suoi abitanti.

DIVULGAZIONE

Sito web, una pubblicazione annuale sulle attività svolte e promosse.

VISIONE

Il vivente in tutte le sue espressioni come nuovo territorio di indagine e sensibilizzazione.

INFORMAZIONI

www.parcoartevivente.it

Figura 19. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 20. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Il Parco Arte Vivente è una struttura culturale che già nella sua architettura presenta un continuo dialogo con il territorio e la partecipazione delle persone. La struttura comprende un parco aperto al pubblico con all’interno delle opere, e una zona per gli allestimenti delle mostre. La scelta contenutistica svolta dal PAV è quella di fare da raccordo tra l’ambiente, le scienze e l’arte cercando di coinvolgere i cittadini e i visitatori. La ricerca ha puntato l’attenzione sui laboratori come veicolo di divulgazione dei contenuti, ma anche di partecipazione e interazione con i partecipanti. Analizzando uno dei progetti, Pedogenesis di Andrea Caretto e Raffaella Spagna, si possono ritrovare gli elementi caratterizzanti dei processi che l’ente propone. La motivazione del progetto parte dal dialogo tra museo, territorio e abitanti e dalla volontà di proporre il parco come luogo per il pubblico e la collaborazione. Il modello di riferimento è quello degli orti urbani. Questo modello viene riletto dai due artisti con una scelta estetica particolare. L’orto è formato da una serra capovolta e interrata, accompagnato da una scultura che fa da compostiera. L’obiettivo da parte del museo è quello di coinvolgere i cittadini nella frequentazione del parco e della gestione di alcune sue aree. Le competenze richieste per il progetto sono quelle degli artisti nel creare la struttura e la capacità di mediazione dello staff del museo nel gestire il rapporto tra cittadini e la struttura dell’orto. Il coinvolgimento riguarda i cittadini che gestiscono gli orti e i visitatori del parco poiché la struttura dell’orto è percorribile dai visitatori e ci sono delle aree per potersi sedere e osservare. Una installazione che si trasforma in un ambiente d’uso comune apre un punto di vista interessante sul rapporto tra pubblico e privato: un museo, o comunque una zona museale propone in gestione una parte del suo spazio ai cittadini. Le modalità del progetto sono: - Ideazione. Il rapporto tra museo e artisti è curato in maniera da creare ambiti di partecipazione finalizzati in molti casi alla nascita di una coscienza critica nei confronti delle tematiche dell’ambiente e della vita bio diversità. - Orto. Gli artisti hanno creato una struttura per raccogliere l’orto e una scultura che funge da compostiera. - Assegnazione. L’orto all’interno del parco è diviso in lotti che sono stati sorteggiati tra i cittadini di Torino che ne hanno fatto richiesta. I vincitori hanno stipulato un patto con il museo per la gestione del suo lotto.

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- Mediazione. All’inizio del progetto è stata gestita dagli artisti. Con l’allontanamento degli artisti dal progetto è subentrato il lavoro del museo nella gestione degli orti. Come in ogni processo di coinvolgimento questa fase è continuativa e richiede molta energia. - Gestione. Il progetto si integra nel parco divenendo una struttura consolidata e fruibile. Il bene comune che questo progetto aiuta a consolidare è la gestione condivisa degli spazi, la nascita di una cittadinanza più attiva e consapevole delle proprie capacità, il recupero degli spazi urbani ritrovando nuovi scopi.

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Dialogo con Orietta Brombin, responsabile laboratori PAV

Come nasce il PAV? Il PAV è stato inaugurato a più riprese, prima come contenuto e poi come contenitore. All’inizio della sua presenza nel panorama museale torinese, il progetto è stato ospitato in varie sedi pur riuscendo a realizzare la funzione allestitiva e laboratoriale. Nel 2008 il PAV trova sede in una area verde all’interno del contesto urbano di Torino. La prima opera che prende vita all’interno del parco è il Quadrifoglio di 20 m di diametro. Questo è stato costruito con le tecniche che vengono utilizzate per sostenere i passi autostradali e costituisce un vero e proprio habitat con la sua biologia. L'opera è di Dominique Gonzalez-Foerster donata al PAV e alla città di Torino, lo staff del PAV ne ha curato la realizzazione con il contributo della compagnia di san Paolo e dell'associazione PAV. Il parco è aperto al pubblico gratuitamente e offre l’opportunità di lasciarsi interrogare ad entrare al museo con un biglietto di ingresso che è stato pensato per essere accessibile a tutti. Il programma laboratoriale ha inizio nel 2006 con “Nuovi orizzonti urbani” progetto in collaborazione con l'Ecomuseo urbano e la circoscrizione 9 di Torino. L’offerta dei laboratori è tarata su un pubblico che dedica una mattina al massimo una giornata alla visita del museo. Ci sono proposte specifiche per i gruppi e per le famiglie. Si cerca di sviluppare una metodologia di lavoro universale che renda accessibili le attività a tutti al di là dell'età. Una regola di fondo è quella di semplificare, mai banalizzare. In questo modo gli adulti non vedono banalizzati i contenuti, e ai bambini non viene offerto un approccio complesso.

Come sono strutturati i laboratori? Un particolare sforzo è richiesto a coloro che guidano il gruppo in modo da indirizzare le azioni in maniera produttiva. Quando la gestione del laboratorio è affidata direttamente agli artisti i risulati possono essere diversi. Un esempio può essere il laboratorio di Brandon Ballengee, artista americano, che ha fatto una ricerca sul campo dell’osservazione degli anfibi e della loro trasformazione. Il laboratorio è stato ideato in coincidenza con la sua mostra Praeter naturam. Gli anfibi sono un indicatore ambientale come le lucciole. La loro presenza e le loro malformazioni comunicano lo stato di salute di un ambiente. Gli anfibi sono presenti ancora nonostante l'uso di diserbanti e le coltivazioni intensive. Spesso questi animali vivono modificazioni morfologiche. L’ artista sta facendo un dottorato in campo scientifico. Prima del laboratorio sono state organizzate 160


perlustrazioni per visionare le zone che potevano essere interessanti dal punto di vista naturale e corrotte dal punto di vista ambientale. Dopo aver selezionato la zona adatta, l’artista ha condotto sul campo il gruppo. Sono stati raccolti campioni e resti antropici. Questi materiali sono stati utilizzati dall’artista per creare un’opera confluita nella sua mostra al PAV. L’opera era uno spaccato dell’ambiente esplorato riprodotto all'interno della mostra che poi è stato seguito da un biologo, fino a riportare gli animali nel loro habitat. Una specie di sospensione della vita durante il periodo dell’allestimento. Altri laboratori seguiti dagli artisti sono di tipo progettuale come quello proposto da Gilles Clément, utilizzandole sue interessanti teorie sul paesaggio. Anche in questo caso il laboratorio è stato il pretesto per ricercare le zone residuali ovvero quelle zone urbane depositarie della più forte carica di bio - diversità. In queste zone la natura può ancora diversificarsi, un esempio sono i binari dei treni. Con l’artista si è poi provveduto a visitare uno dei posti selezionati: lo stadio Filadelfia a Torino. Questo pezzo di territorio all'interno della città con le rovine dello stadio liberty, è stata preservata dai cittadini contro la speculazione edilizia. Questa area che ha un grande prato da calcio che i tifosi conservano per la memoria storica del grande Torino, ha una forte azione sociale, ospita una nutrita una comunità felina e uno spazio libero dove sono nati alberi da frutto. Da questa visita è partito il laboratorio, che ha proposto la discussione sul come mettere insieme le esigenze del territorio e il retaggio storico che il territorio stesso porta con sé. L’artista ha proposto un doppio binario sul quale discutere: l’ uso del luogo e soddisfazione dei bisogni di chi lo vive con le loro storie. Questo laboratorio ha permesso la conoscenza di un luogo inedito da parte degli stessi cittadini torinesi e ha innescato l’apertura di un nuovo punto di vista sulle azioni concrete che i cittadini possono attuare per contribuire alla gestione del proprio quartiere. Un esempio di laboratorio che ha prodotto un coinvolgimento dei cittadini e una partecipazione continua nel tempo è Pedogenesis di Andrea Caretto e Raffaella Spagna. L’opera proposta dai due artisti è composta da una serra rovesciata che contiene una area da coltivazione di 70 mq, e una scultura che funge da compostiera. L’area dell’opera ospita delle panche destinate al pubblico. L’opera è destinata alla cittadinanza perché mette a disposizione un’area da adibire a orto urbano corredata da una compostiera che fornisce concimazione. Il progetto ha previsto una lotteria per assegnare i lotti di coltivazione tra i cittadini di Torino che ne hanno fatto richiesta. L’opera fa nascere la discussione in merito al rapporto tra pubblico e privato. L'orto è stato affidato ad un gruppo che se ne occupa, i frutti dell'orto sono di chi lo coltiva, ma esso è all’interno di un parco pubblico. All'interno dell'orto c'è un percorso per i visitatori. Poi è anche una opera in un museo. Un 161


idea anche difficile da gestire, ma che fa riflettere. C'è poi un commutatore di sostanze organiche (una compostiera) che è una scultura metallica divisa in porzioni che permette di gettare i rifiuti organici. A questa proposta hanno risposto numerosi cittadini che vengono al museo per gettare l'organico. Non si viene per visitare una mostra ma per versare l'organico in una scultura. La persona non viene per uno scopo culturale, ma per un bisogno diverso che porta ad un cambiamento di un punto di vista. E' la rottura di una membrana. Gli artisti hanno portato in cambio un sacchetto di legumi o cereali a chi portava il pattume. C'era uno scambio paritario, una sorta di circolo virtuoso al quale corrispondeva cibo sano. Poi questo scambio si è concluso e finalmente i cittadini sono stati liberi di portare i loro rifiuti senza ricevere niente in cambio per il semplice motivo di contribuire. Questo dispositivo è funzionale al museo stesso, tutto l'organico del museo finisce nella compostiera. Di nuovo il pubblico aiuta e contribuisce al privato, perché la compostiera aiuta l'orto. Così è semplice da spiegare, ma poi difficile da gestire.

Persona corpo - coscienza - risveglio - alterità

Corpo perché proponiamo un lavoro di immersione che coinvolge la globalità della persona. Coscienza perché è impossibile da staccare dalla dimensione corporale. Risveglio perché ci si stupisce sempre dei risultati ottenuti e si cerca di guardare le cose sempre in una condizione diversa. Come svegliarsi in un modo nuovo ogni mattino. L’alterità fa già parte della relazione. La persona nel suo ente è portatrice di una alterità che emerge quando si dialoga con gli altri. Gli esseri umani sono individui gettati nel mondo che conoscono se stessi attraverso gli altri.

collettività empatia - multidisciplinarietà - complessità - scambio - metodo - metabolizzazione - connessioni innovazione

Empatia come alterità, mettersi nei panni dell'altro, di tutto ciò che è vivente. Ogni ente che ha una funzione biologica ha un suo statuto. Il corpo nasce, cresce, sviluppa l'apparato riproduttivo, poi perde alcuni aspetti. Perché la pianta non deve avere la stessa dignità degli altri esseri viventi. C'è

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un mondo di empatia che si può provare a mettere in campo. Le mostre vengono corredate da studi sulle teorie e gli aspetti che compongono il quadro di riferimento scientifico che indaghiamo. Spesso emerge un metodo col quale si parte per creare il confort necessario per il dialogo. L’ innovazione è sempre un po' l'orizzonte, non ci si da questa etichetta. E' un campo ibrido che non porta mai ad una vera e propria forma innovativa come invece solo chi si muove in un binario. Si cerca di fare quello che Morain dice della complessità e cioè che non è soltanto scomodo, ma dannoso avere delle specializzazioni. Aprire il ventaglio e in questo modo l'innovazione è di tipo metodologico e non di tipo strutturale. Quello che intendo è dinamicità, navigare a vista creare un programma annuale. Esiste una traccia annuale, ma sfruttiamo gli elementi che sorgono.

Quali metodologie utilizzate? Non utilizziamo metodi in maniera rigida, la collettività porta cambiamenti. Un primo elemento fondamentale è la conoscenza delle persone che lavorano assieme a noi. La prima cosa è la conoscenza delle persone, presentarsi, chiamarsi per nome è fondamentale. Sono coinvolte la scelta, tutto ciò che implica la scelta e la coscienza e poi l'elaborazione di un progetto e la esternazione, la disposizione. Queste possono essere le fasi grezze che poi vengono declinate nei vari progetti.

Risorse Etica - cultura - equilibrio

La sostenibilità è più mentale che fisica. Dal punto di vista paesaggistico ci sono difficoltà proprio perché dal punto di vista etico e culturale non si da peso a questi aspetti. E' il punto di partenza. Bisogna tener conto di tanti fattori quindi una sostenibilità dell'ambiente non può essere brusca perché porterebbe dei risultati opposti. E' un equilibrio anche del sistema, quindi tra piante, fiori, animali. Cultura perché si rifà al discorso estetico. Una politica culturale mirata e motivata sarebbe l'unica spinta forte ad un cambiamento radicale, poi queste cose si possono attuare dal basso e lo facciamo, a un livello superiore bisognerebbe avere un occhio generale. E’ un peccato vedere tutto vanificato con le scelte politiche poco adatte. Le politiche andrebbero fatte ad un livello di maggior potere rispetto a quelle fatte dai singoli cittadini o delle associazioni.

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Bene comune responsabilità - bene - nuovi punti di vista - comunità - bisogno

Il bene comune è una prassi che tende a far crescere la responsabilità delle persone. Un oggetto come quello del quale abbiamo parlato Ortoarte con il trasmutatore ne è un esempio. La prima responsabilità è quella degli artisti di proporre un oggetto di questo tipo, la seconda del PAV che tiene insieme il processo. Il bene proprio è quello altrui. Prendersi la responsabilità è faticoso e anche scomodo. Se non ci si mette in gioco non ci si assume la responsabilità. Può essere un nuovo modo di fare cultura, avere una voce fuori dal coro. Il bene comune nasce da un bisogno ed è la risposta ad esso. Conoscere il bisogno per poi riuscire a interpretarlo. Noi interpretiamo i bisogni avendoli a modello. Nell'insieme dopo aver aperto gli occhi e osservato i propri bisogni essenziali attraverso la responsabilità si innesca il meccanismo dell'azione. Mi rendo conto che il paesaggio è deturpato, le persone vivono difficoltà di vita quindi mi assumo la responsabilità di pensare ad un lavoro che non è più una scultura di marmo o un white cube, ma una opera che è un orto, mi assumo la responsabilità di una azione.

Che visione sulla persona c’è alla base della vostra progettazione? Le persone in generale sono diverse, non ci sono categorie particolari, sono persone inserite nella vita, lavoro e faccende e decidono nel tempo libero di venire qui. C'è un rigetto di certe operazioni che si potrebbero anche fare volendo che sono quelle della cooptazione, che succede spesso. Le persone che vengono qui sono libere e senza forzature, abbiamo uno spazio di libertà molto importante che è quello di creare qualcosa che agisca molto i profondità e che non badi immediatamente ai numeri. Non c'è l'ansia alla ricerca di numeri. C'è u forte desiderio di venire per ricerca culturale e affettiva. Vengono molti insegnanti che trovano equilibrio tra creatività e ambiente. E' l'idea che sta alla base. I pubblici particolari poi di fanno capire che sai come un lab inizia ma non sai come finisce. Fatta una certa programmazione la riuscita del lab fino al grado di previsione dipende dal pubblico che vi partecipa. Con un gruppo molto dinamico il tempo e l'organizzazione arriverà a lasciar parlare molto i ragazzi perché hanno dato spazio a delle loro emozioni e discussioni. Un esempio è il progetto del CAE Critical Art Ensamble [progetto in corso] che sono un collettivo americano di artisti militanti che quindi tendono con i loro progetti a svelare dei meccanismi comunicativi che sono scardinabili ad esempio un loro lavoro è che la maggior parte dei prodotti 164


che sono in vendita nei vari paesi portano la scritta NO OGM. Loro si sono messi con un kit di rilevamento degli OGM all'uscita dei supermarket di vari paesi e hanno scoperto che esistono dei paesi dove è possibile infrangere la barriera di questi prodotti che pur avendo la dicitura sono contaminati da OGM offrendo degli strumenti alle persone di tipo critico. Con queste premesse loro ci hanno posto la questione di come porre una alleanza tra persone e piante tramite la legislazione. La legislazione tutela e inibisce la vita civile e quotidiana. Quando esistono delle leggi in materia, ad esempio nel paesaggio ci sono leggi che tutelano le piante in via di estinzione o quelle protette. La legislazione che tutela queste piante e che prevede fino a 4000 euro per la distruzione della pianta e per pianta si intende anche un piccolo arbusto, quindi non solo un albero, ma piccole piante del bosco o montagnose. Se le persone potessero trovate un alleanza con le piante, queste potrebbero attuare la loro missione biologica che è quella di riprodursi , ma allo stesso modo proprio perché hanno uno statuto, le piante potrebbero difendere le persone e diventare quasi dei fortini in zone che sono a rischio di esproprio o di sfruttamento. Il CAE fa riferimento a delle aree in America dove si stanno facendo delle perforazioni pneumatiche per arrivare ai giacimenti di gas metano. Quel tipo di lavoro prevede l'utilizzo di metalli pesanti fortemente inquinanti. Da qui parte la loro riflessione. Da una realtà americana. Quando arrivano in Italia e propongono una cosa del genere loro pensano già che noi abbiamo dei territori che possiamo occupare in modo fisico e attuare questo mutuo soccorso tra persone e piante. Il gruppo che sta lavorando da maggio e che comprende un agronomo, un vivaista, uno studente del politecnico. La matrice comune di queste persone non porta all'occupazione. E' uno scontro metodologico e ideologico, sarà per una questione culturale comunque di fatto non si trova una soluzione di questo problema. Essendo tutte persone critiche che non avvertono l'esigenza di un atto di occupazione futurista solo come un semplice atto d'arte. Il gruppo sta andando in una direzione che non conosciamo. L'iter ci è stato dato dagli artisti, ma quello che accadrà nella coscienza e nella visione delle persone del gruppo di lavoro e gli effetti pratici sono sconosciuti.

Che visione sulla società c’è alla base della vostra progettazione? Persone che fanno molta fatica a fare quello che fanno e nel caso delle proposte di tipo culturale si pensa a persone che non possono investire molto tempo. Al massimo abbiamo laboratori di 4 giorni e diamo la possibilità di partecipare in maniera più discontinua. I costi di partecipazione sono accessibili.

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L'esempio di prima è lampante per la relazione con la società. Abbiamo cercato nel territorio urbano orti, luoghi abbandonati e ci siamo chiesti quali sono i luoghi dai quali partire. Per arrivare a formulare delle cose reali si sono fatte delle esplorazioni. Nei gruppi con cui lavoriamo, cerchiamo di innescare una criticità che incide sull'opinione delle persone. Si agisce a piccoli passi con i gruppi, in maniera incisiva. Abbiamo una tessera che si chiama Vicini al PAV per tutte le famiglie del circondario che possono venire al PAV gratuitamente e senza limiti di tempo. C'è stata una sorta di riconoscimento reciproco, in modo che il PAV conosca chi gli sta attorno, c'è stato un incontro, una visita. Sono emerse criticità come la mancanza di giochi per i bambini e ci lavoreremo. Quindi il PAV ha riconosciuto i vicinato, ma stiamo costruendo una relazione più stretta tra lo staff e i rappresentanti dei vicini. Ogni anno qui a Torino c'è la festa dei vicini, quest'anno è stata fatta al PAV. A Maggio 2012 per la prossima edizione ci si organizzerà meglio. Il riscontro è positivo, ma siamo all'inizio. Una altra iniziativa è il mio albero al PAV. Con questa iniziativa chiediamo ai cittadini di portare un albero da regalare al PAV. Anche qui si sono create delle relazioni particolari.

Attivate dei processi inclusivi? Il progetto Premio PAV, consiste nello stanziare denaro per un progetto interno e per finanziare i progettisti. E’ un bando con una direzione artistica. L'anno scorso si è scelto Corpo vegetale di Maria Luisa Priori. Il tema dell'anno scorso era come affrontare il rapporto osmotico tra individui e ambiente, corpo vegetale è in realtà un giardino fatto da un camminamento all'interno di canne di bambù nel quale crescono dei rampicanti. Quest'anno il tema è centrato sulle persone e si parla di rifugio, luoghi di sosta per il sociale. Sono stati selezionati cinque progetti con una formula diversa. Ci sarà un laboratorio a dicembre nei quali i progettisti conosceranno meglio le esigenze del PAV. Il valore del progetto vincitore sarà anche legato a come i progettisti intendono le dinamiche del museo. Si entrerà più nel merito del museo e facendo dei sopralluoghi. Da questo laboratorio usciranno progetti più definiti dai quali poi verrà fuori il progetto che sarà realizzato. Probabilmente il progetto che vincerà andrà in contro ai bisogni dei vicini al PAV. I vicini sono il punto di riferimento per la progettazione. Ci sono differenti vicini, ma con simili esigenze. Quello che vorremmo emergesse dal premio di quest'anno è la vivibilità del luogo. Una struttura che possa fare ombra e riparo, visto che le piante all'interno del parco sono ancora giovani. Una struttura che dia l'opportunità di sedersi e socializzare. Una visione dell'alto del PAV, magari con una struttura da avvistamento. 166


Quale idea di sostenibilità c’è alla base della vostra progettazione? Il concetto di sostenibilità è vicino a quella di creatività. La creatività più evidente è il fare il massimo con ciò che si ha a disposizione. E' un concetto molto forte nella sua semplicità. Se abbiamo pochi ingredienti possiamo costruire molto. E' facile costruire con tanti elementi. La spinta creativa nasce con quello che si ha. Tutto il problema legato alla perdita di energia, dell'entropia delle risorse, con una mentalità sostenibile non sussiste. In questa ottica si scelgono i materiali scartati per dare nuova vita. Questo è un discorso un po' complicato perché riutilizzare è comunque inquinante. Se la bottiglia di plastica viene messa nella campana e riciclata quello è il suo posto se la mescolo e la contamino con altri materiali diventa difficile da riciclare. Il riuso va fatto in maniera sobria. I materiali che usiamo per i laboratori sono presi nel parco e catalogati. Usiamo materiali di bio architettura che sono interessanti perché sono materiali naturali che diventano industriali e che noi riportiamo alla loro forma originaria come la fibra di cocco. Questi materiali sono li per le loro qualità naturali e li utilizziamo all’interno dei lavori nei laboratori.

Quale bene comune cercate di raggiungere? Quella di infrangere le barriere legate al credere nella differenza tra generi, età, stati, posizioni. E' una idea molto utopica, ma rappresenta la spinta che muove tutti i progetti. Noi abbiamo un seminario interno che è diretto da Pietro Gilardi, che va a toccare tanti temi. E' un sistema di auto formazione, vengono invitate anche altre persone che possono avere interesse anche per motivi professionali. E' una sorta di motore che va a sviscerare quali sono le tematiche che verranno trattate per l'anno successivo. Per il 2012 tratteremo l'ethos vivente e quindi il mondo corporale inteso come organismo, come la biosfera. Adesso stiamo analizziamo la coscienza di questo essere nel mondo, inteso come passaggio del corpo e dell'ambiente che abbiamo trattato l'anno passato. Un passaggio che viene pensato per il bene comune che tiene conto dei discorsi fatti nei seminari e per questo il bene comune fa emergere le necessità. Il premio PAV descrive anche questo. Il seminario avviene una volta ogni due mesi con lo staff del pav e vengono fatti degli inviti specifici e con varie modalità. E' stato sperimentato l'apporto di un testo da parte dei partecipanti, con un approfondimento multidisciplinare e integrato. Alla fine del seminario c'è una elaborazione, una specie di riassunta che tesse la trama di ciò che si è detto e poi da il via all'incontro successivo. Non si è mai provveduto alla sistematizzazione di questi documenti neanche a registrazioni. E' molto libero e aperto a cambiamenti. Resta poi nella concretizzazione delle attività. 167


Che approccio avete alla multudisciplinarietà? Come organizzazione interna c’è una divisione dei compiti. Dal punto di vista generale il punto di forza è quella dell'apertura del pensiero, l’arrivo a conclusioni alle quali non si pensava di arrivare. Si fanno collegamenti anomali e imprevisti.

Un esempio? Nel caso della mostra di Evgen Bavcar che a 12 anni ha perso la vista. Ha cominciato a fotografare e quello che faceva era apprezzato. Ha preso poi questo elemento della fotografia come caratterizzante della sua relazionalità. Il click della macchina ottempera alla mancanza della vista. Questa autore ha fatto una mostra di foto in bianco e nero con una serie di proiezioni di diapositive. E' un artista militante che va oltre la percezione oculo centrista. Sapevamo che alla mostra sarebbero venute persone cieche. Si è lavorato tantissimo sulla descrizione e sabbiamo imparato come introdurre una persona cieca all'interno di un ambiente museale, a come descrivere gli spazi e le opere. Come introdurli in un ambiente. Abbiamo fatto un corso interno per essere formati a questo. Ma come fare con gli oggetti? Uno studente del politecnico ha realizzato gli stessi oggetti che sono nelle foto. Un esempio è la realizzazione di un fucile e un elmetto di un protagonista rappresentato in una foto. Noi davamo in mano alle persone gli oggetti in modo da trasformarli nei soggetti stessi delle foto. Il racconto funziona, ma con in mano il fucile a aiutato a tenere una certa posa, a fissare lo sguardo, ci si trasforma nel soggetto della fotografia. Questo è un esempio di lavoro tra più discipline. Se noi non avessimo lavorato con prototipi che attengono di più al design tenendo presente l'aspetto filosofico che ha spinto tutta l'operazione non saremmo riusciti a rendere più facile la comprensione di un habitat.

Quali criticità? C’'è il rischio di perdere di vista il fatto che ci sia qualcuno che si prende più responsabilità degli altri. Questo vale sia per la conduzione dei laboratori ai quali viene chiesto una progettazione chiara. Si trovano altre modalità nel caso non ci sia partecipazione da parte dell'artista. Gli artisti hanno bisogno di input per fare delle proposte. Le difficoltà si superano quando si concede la libertà di lavoro all'artista.

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Fate delle valutazioni dei progetti? Il progetto dell'orto arca è lampante in questo senso. Gli artisti hanno curato le relazioni e noi come personale interno abbiamo collaborato nella gestione del rapporto con il pubblico, adesso monitoriamo il lavoro in maniera non sistematica. C'è sempre un bilancio a fine mostra. Per le strutture più a lungo termine risulta più difficile. Diamo noi dei feedback agli artisti che comunicano col PAV e poi bisogna di nuovo mediare e si cerca di capire le problematiche. Questo richiede più lavoro, nel caso di altri progetti c'è meno lavoro. Ogni volta che lavoriamo con il pubblico gli sottoponiamo dei questionari. Sono dei parametri che ci confortano su come si viene a conoscenza del PAV. Noi destiniamo poco alla comunicazione. Ma ci sembra la scelta migliore. preferiamo distribuire le risorse per le mostre che ideiamo.

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Scienza Attiva

SOGGETTI/GRUPPI/ARTISTI/ ENTI COINVOLTI

Agorà Scienza Regione Piemonte Provincia di Torino Università di Torino e Milano Classi di istituti superiori del Piemonte, della Lombardia, dell'Emilia Romagna e di altre regioni italiane, ricercatori delle regioni Lombardia e Piemonte.

ABSTRACT DEL PROGETTO

Fornire agli studenti conoscenze riguardo argomenti scientifici, farli riflettere su tal argomenti, interessarli al dibattito scientifico, riportare le loro considerazioni sulle tematiche.

PUNTI DI INTERESSE

Divulgazione scientifica, contatto diretto tra ricercatori e studenti, uso del web ber far discutere le classi. Dinamiche di democrazia partecipata. Utilizzo del professore come mediatore, previa formazione dello stesso. Processo: osservazione, ipotesi, verifica, confronto tra pari.

LIMITI

Divulgazione solo nozionistica, analisi dei risultati su un piccolo campione, rispetto a tutti gli studenti partecipanti.

CONCEPT GENERATION

Informati, dialoga con gli esperti, condividi le tue idee.

RESTITUZIONE

L'elaborato finale dei partecipanti che viene sottoposto all'autorità competente sulla tematica scelta.

INTEGRAZIONE

Dai questionari sotto posti i ragazzi hanno cambiato il loro punto di vista sulle tematiche

DIVULGAZIONE

Sito web

VISIONE

Divulgare il sapere scientifico fuori da letture distorte. Educare i giovani al piacere della scienza e della ricerca.

INFORMAZIONI

www.scienzattiva.eu www.agorascienza.it

Figura 21. Tag cloud delle parole utilizzate nell’intervista

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Figura 22. Analisi del progetto utilizzando lo schematismo di Artway of thinking.

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Scienza Attiva è un progetto che mette assieme ricercatori, studenti e professori universitari. Scienza Attiva propone un percorso da effettuare durante il corso dell’anno scolastico su tematiche di stringente attualità che coinvolgono le scienze e le tecnologie. Quest’anno sono stati scelti i temi delle cellule staminali e delle nanotecnologie. Il progetto è strutturato seguendo i principi partecipativi. All’inizio del progetto le scuole partecipanti sono state quelle della regione Piemonte, negli anni si sono aggiunte le scuole della regione Lombardia e di altre regioni d’Italia che ne hanno apprezzato il metodo. La motivazione che ha guidato il gruppo di progettisti nasce dalla volontà di trovare modalità nuove per comunicare le scienze. Le nuove tecnologie e la ricerca aprono discussioni all’interno dell’opinione pubblica. I mezzi di informazione ricorrono spesso al sensazionalismo in merito alle ricerche scientifiche. Agorà Scienza promuove la nascita di una coscienza critica nell’opinione pubblica, mettendo in comunicazione scuola e ricerca. Le discipline che il progetto coinvolge sono le scienze, la partecipazione, l’informatica. I valori che suscita sono il piacere della ricerca e la nascita di una coscienza critica nei confronti delle ricerche scientifiche. La forma scelta per il progetto è quella della semplificazione: il progetto mette direttamente in collegamento studenti e ricercatori utilizzando la rete come luogo di incontro. Le modalità di svolgimento del progetto sono: - Formazione dei professori. Ai professori che scelgono di partecipare con le loro classi al progetto vengono formati alla conoscenza degli argomenti trattati, alla gestione del gruppo come mediatore e alla partecipazione all’interno del forum di Scienza attiva. - Conoscenze tacite. La prima fase della progettazione prevede il monitoraggio delle conoscenze tacite degli studenti sugli argomenti che tratteranno in classe. Il monitoraggio avviene all’iscrizione al forum del progetto. - Iscrizione al sito. Il sito internet del progetto permette l’interazione tra i singoli studenti, le classi e i ricercatori. Ogni studente si iscrive autonomamente al sito, uno per classe fa da redattore con la funzione di inserire nel sito i testi delle discussioni che le classi portano avanti durante il percorso. Il sito permette alle scuole di poter interagire tra di loro partendo dai testi delle deliberazioni. All’interno del sito sono forniti i materiali di approfondimento e video con i ricercatori per presentare le tematiche da approfondire. - Deliberazioni. Il modello di partecipazione proposto sono le consensus conference. Ai professori viene consigliato di preparare l’aula in modo da permettere agli studenti di interagire in maniera di potersi vedere. Il professore propone l’argomento di discussone con lo scopo di innescare 172


l’interazione. Il professore è invitato a non esporre la sua posizione personale nei confronti dell’argomento e di non pilotare la discussione in modo da corrispondere alle sue idee. La discussione tra gli studenti va gestita in modo da trovare una posizione condivisa sulle argomentazioni proposte. Viene richiesto al professore di includere nella discussione tutti gli studenti. - Domande. Le domande insorte durante le discussioni degli studenti possono essere poste in una fase del progetto ai ricercatori. Le domande e le risposte sono visibili a tutte le scuole attraverso il sito. - Deliberazione finale. Ogni classe ha il compito di arrivare ad una deliberazione finale sugli argomenti di discussione. Una delegazione di ogni classe partecipante presenta i risultati ad una assemblea generale col compito di arrivare ad una deliberazione finale. Questo ultimo incontro viene svolto insieme ai responsabili delle istituzioni che hanno il compito di gestire le decisioni in merito agli argomenti trattati. Questa è l’integrazione del progetto. - Verifica. Alla delegazione delle scuole che partecipa alla deliberazione finale viene sottoposto nuovamente il questionario sugli argomenti trattati in modo da verificare il cambiamento di punto di vista avvenuto. Le potenzialità inespresse del progetto sono l’utilizzo dei professori come mediatori con la conoscenza da parte loro di nuove modalità di apprendimento che possono essere utilizzate con altre discipline o argomentazioni. Il progetto permette agli studenti di conoscere il mondo delle scienze e delle tecnologie parlando direttamente con i ricercatori, questo fa sorgere interesse e permette una scelta più consapevole negli studi universitari.

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Questionario sottoposto a Enrico Predazzi - Presidente Agorà Scienza

Quale di queste parole sulla persona assocerebbe al progetto? persona, ascolto

Indichi le parole che aggiungerebbe e che considera fondamentali. Cultura, ricerca, società

Quale di queste parole sulla collettività assocerebbe al progetto? dialogo , deliberazione , condivisione, web 2.0

Indichi le parole che aggiungerebbe e che considera fondamentali. Giovani, scuola, cultura, scienza

Quale di queste parole assocerebbe ai progetti che il suo ente produce? innovazione , valutazione , ricerca

Indichi le parole che aggiungerebbe e che considera fondamentali. Multidisciplinarietà, collaborazione, finanziamenti

Quale di queste parole sulla sostenibilità assocerebbe al progetto? territorio, responsabilità , natura, cultura

Quale di queste parole sul bene comune assocerebbe al progetto? società , innovazione, condivisione

Indichi le parole che aggiungerebbe e che considera fondamentali. scienza, formazione

Quale idea di persona è alla base delle sue progettazioni? La scienza e l'innovazione dono il centro dello sviluppo economico del mondo moderno. Scienziati, ricercatori, professori universitari devono essere consapevoli del loro ruolo fondamentale nel 174


diffondere in modo oggettivo, chiaro e preciso il loro lavoro. Il cittadino deve essere informato e formato per essere a sua volta consapevole del tipo di mondo in cui è immerso, un mondo permeato da scienza e tecnologia, e per essere in grado si scegliere su tematiche importanti.

Quale idea di persona emerge dalle relazioni che i progetti hanno creato? In generale una persona poco e male informata o formata sulle tematiche scientifiche, soprattuto quelle più recenti, complesse e male divulgate.

Può farmi degli esempi concreti che presentano come è emersa questa visione sulla persona? Insegnanti, studenti del progetto Scienza Attiva. Pubblico generico dalla Notte dei Ricercatori.

Questa visione sulla persona è stata poi considerata nell’approccio metodologico alla progettazione? In che modo? Certamente, nello sviluppo dei siti web dedicati ai progetti (www.scienzattiva.eu e www.agorascienza.it), nella struttura stessa dei progetti e nella loro promozione.

Qual’è l’idea di società sulla quale si basa la sua progettazione? Idea di partenza: una società confusa, bombardata da informazioni errate e scoordinate. Un tipo di società spesso 'captata' da giornalisti, media o imprese che approfittano di questa confusione per, in senso generale, vendere.

Idea target: una società più informata. consapevole soprattuto in grado di scegliere.

Mi descriva come questa visione si è sviluppata in un progetto. In Scienza Attiva si tenta di 'fare ordine' nelle idee di insegnanti e ragazzi su tematiche scientifoctecnologiche complesse e dibattute e di fornire l'imprinting giusto ai giovani.

Nella sua progettazione si avvale della partecipazione di figure che provengono da discipline e approcci metodologici diversi? Quali i punti di forza e quali le criticità di questo tipo di progettazione?

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Certamente sì, con la collaborazione di sociologi, scienziati esperti di settori specifici e giornalisti altamente specializzati. Punti di forza: più punti di vista per migliori risultati Criticità: poco tempo per incontrarsi, pochi fondi per pagare le consulenze.

Può farmi degli esempi concreti di progettazioni che hanno coinvolto più discipline? Scienza Attiva, SCS (Scienza Comunicazione Società), Notte dei ricercatori.

Quali forme di partecipazione sono state attivate nella realizzazione dei progetti? Con quale metodologia? Processi deliberativi (tipo consensus conference) per Scienza Attiva.

Che tipo di persone ha coinvolto? Quali criticità? Quali aspetti positivi? Studenti delle scuole superiori. Criticità: a parte la difficoltà organizzativa per farli incontrare sia sul web che dal vivo, praticamente nessuna. Aspetti positivi: grande crescita reciproca, sia degli studenti che dei progettisti.

Quali risorse sono tenute in considerazione nella progettazione, nella realizzazione e nell’impatto? Finanziamenti, tempo a disposizione, risorse di personale, possibili collaborazioni con altri enti.

A quale bene condiviso tende la progettazione? La consapevolezza dei cittadini.

Il bene comune è un obiettivo dichiarato o un risultato raccolto alla fine del processo? Entrambe le cose, per tutti i progetti del Centro nessuno escluso.

Avete monitorato lo svolgimento e l’evoluzione del progetto? Sì. Per Scienza Attiva con questionari raccolti prima e dopo il processo per misurare livello di formazione e cambi d'opinione. 176


Sono stati valutati dei criteri e dei risultati da valutare dopo la conclusione del progetto? Valutazione dei questionati e dei contenuti prodotti dai partecipanti.

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BIBLIOGRAFIA Artway of thinking 2010 Questa è arte. Se fai in modo che lo sia, Venezia, Antiga Edizioni.

Bertacchini E. Santagata W. 2011 Atmosfera creativa, un modello di sviluppo sostenibile per il Piemonte fondato su cultura e creatività, Torino, Fondazione CRT e Centro studi Silvia Santagata. Bocchi G. 1985 La sfida della complessità, Milano, Feltrinelli.

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Castelletti P. 2006 La metafora della resilienza: dalla psicologia clinica alla psicologia dell’assistenza umanitaria e della cooperazione, Nuove tendenze della psicologia, 4(2), 211-233. Chomsky N. Il bene comune, Casale Monferrato, Piemme, 2004.

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180


INDICE

Pag

INTRODUZIONE

2

CAPITOLO 1 Perché Methods

3

Geografie della Trasformazione

5

Methods 2004 - 2006 - 2008

7

CAPITOLO 2 Methods 2010: Una evoluzione nella ricerca Modalità e partecipanti

10 12

CAPITOLO 3 La persona

17

Il sistema sociale

20

La sostenibilità

23

Tutto ciò che è co-

28

L'integrazione

31

Il bene comune

33

CAPITOLO 4 Integrazione tra territorio e ricerca: modalità di analisi

35

Prospettive del territorio piemontese

38

CAPITOLO 5 Arsenale della pace

54

Castello di Rivoli - Dipartimento educazione

68

Comunità di Bose

77

Cortemilia - mappa di comunità

92

Eataly - didattica

104

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo - Dipartimento educativo

111

Il Dado

122

Izmo

134

Par coii bsogna semnà

146

PAV - Parco Arte Vivente

156

Scienza Attiva

170

BIBLIOGRAFIA

178 181


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