Scarpellini Lori

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Lori Scarpellini Cinquant’anni di pittura 1962-2012

dedicato a Carla Andrea e Silvia Matteo ed Elisa


foto di Elena Bacchi


Lori Scarpellini

Cinquant’anni di pittura 1962-2012 a cura di Nicola Micieli

testi critici di Giovanna M. Carli e Nicola Micieli

testimonianze di Elena Bono Dino Carlesi Giorgio Di Genova Marco Fagioli Benvenuto Guerra Ernest Kurpershoek Nicoletta Latrofa Riccardo Nencini Tommaso Paloscia Donata Spadolini


Lori Scarpellini Cinquant’anni di pittura 1962-2012

Questa monografia esce nell’occasione della mostra di Lori Scarpellini al Teatro Francesco di Bartolo di Buti promossa dal Comune di Buti e patrocinata dalla Provincia di Pisa e dai Comuni della Valdera. Settembre 2013

Comune di Buti

Provincia di Pisa

Unione dei Comuni della Valdera

Grafica e cura editoriale Nicola Micieli Fotografie Lido Scarpellini Impaginazione Cristina Vennero Alessandro Paladini Stampa Bandecchi & Vivaldi, Pontedera


Sommario

Alessio Lari, Sindaco di Buti, Ogni quadro un pezzo di vita

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Nicola Micieli, Un lungo percorso in due stagioni

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Giovanna M. Carli, Aria, acqua, terra e fuoco: il cosmo nell’arte e nella vita

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Dal Naturalismo alla forma sintetica oltre Novecento 1962-1986

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Elena Bono, Lo sguardo di un poeta-pittore

Nicola Micieli, Un arco decennale dal 1976 a oggi  Entità vaganti 1987-1989  Astanti 1989-1993

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Nicola Micieli, Il mondo dell’immobilità

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Tommaso Paloscia, Figure da intarsio a incastro nel paesaggio

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Gli elementi Acqua Fuoco Terra Aria 1992-2001  Acqua. Città del Mare 1992-1997

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Dino Carlesi, Una corale disposizione all’incontro tra gli uomini

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Benvenuto Guerra, Una pittura tra memoria e visione

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole 1994-1998  Nicola Micieli, Mediterranea. I miti solari e le Città del Mare

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Nicola Micieli, Mediterranea. Ispirazione mitica e arcaica

Terra. Isola nell’immenso spazio dell’universo 1997-1999  Dino Carlesi, Scarpellini e lo stupore del cosmo  Marco Fagioli, Acqua Fuoco Terra Aria

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83

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo 1999-2001  Riccardo Nencini, Scarpellini, pittore dell’originalità

Ernest Kurpershoek, I cicli pittorici di Lori Scarpellini. Acqua Fuoco Terra Aria  Giorgio Di Genova, Attraverso varie stagioni stilistiche

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Nicoletta Latrofa, Scarpellini e il “non tempo” del big-bang originario  Cosmo. Movimento di luce e colore 2003-2007  Giovanna M. Carli, Cosmo. Movimento di luce e colore  Cosmo. Materia di luce e colore 2006-2012  Giovanna M. Carli, Cosmo. Materia di luce e colore  Biografia

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Mostre personali, mostre collettive, musei e collezioni pubbliche

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Bibliografia

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Buti, il mio paese


Alessio Lari

Ogni quadro un pezzo di vita

Sindaco di Buti

Lori Scarpellini è un artista poliedrico, capace con poche parole e con lo sguardo “magnetico” di catturarti in una appassionante disquisizione sull’arte e sul suo modo di concepire la pittura. La sua passione per la pittura ha origine nelle botteghe di artisti locali che ha frequentato fin dall’età giovanile, dove ha appreso l’arte e ha cominciato a dipingere il mondo reale, seppur con una interpretazione tutta sua, quasi un presagio della svolta artistica avvenuta in età più matura, quando Lori arriva a spingersi nelle esplorazioni della metafisica, cercando l’inconscio, in una visione onirica del reale, e nel superamento della razionalità. Il suo mondo è ben rappresentato da alcune citazioni che quasi a monito dell’artista Lori ha affisso lungo la scala che conduce al suo studio, in una si legge: L’Arte non deve rappresentare il Visibile ma rendere Visibile l’Invisibile. Visitare il suo laboratorio accompagnato dallo sguardo amorevole della moglie Carla, è un po’ ripercorrere la sua vita e la sua notevole evoluzione artistica. Si parte dai paesaggi delle prime tele, per arrivare alla fase più vicina al surrealismo, passando attraverso nature morte e ritratti. Ogni quadro è un pezzo di vita, ogni pennellata ha una storia, la maggior parte di queste è intrecciata con l’evoluzione dei pittori che si sono costituiti in Gruppo di Buti di cui Scarpellini è indubbio protagonista. Tanti sono infatti i Butesi che con genuina autenticità si cimentano in percorsi artistici e culturali, nella pittura, ma anche nella poesia e nel canto del maggio. È con grande soddisfazione e interesse che la comunità guarda ai suoi artisti e che oggi plaude Lori Scarpellini per l’encomiabile lavoro che ci presenta e per l’impegno a favore della divulgazione dell’arte che da sempre ha profuso.

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Nicola Micieli

Un lungo percorso in due stagioni

Si documenta qui, ordinato in due tempi o stagioni, l’ormai lungo viaggio di Lori Scarpellini nella pittura. Si va dal Nudo su poltrona gialla del 1970 a Cosmo. Materia di luce e colore dello scorso anno. Non è l’intero suo percorso. Manca difatti un qualche esempio degli esordi, che Scarpellini affrontava da autodidatta, direttamente sul vero. Metteva poi a punto la propria formazione presso lo studio del milanese Anton Luigi Gajoni, maestro della scuola italiana a Parigi che aveva scelto di trascorrere gli ultimi anni operosi a San Miniato al Tedesco. La prima stagione Scarpellini la apriva nel 1962 e la chiudeva nel 1986, per procedere solo per cicli tematici. Rare le riprese “a posteriori” dei precedenti soggetti, trattati evidentemente con modalità linguistiche aggiornate. Penso ai due bei dipinti di carattere sintetista Paesaggio (1997) e Paesaggio di Crasciana (2003) qui pubblicati, eseguiti ad hoc per richieste o destinazioni particolari. Di quei venticinque anni di pittura Scarpellini ha sempre parlato in termini di “naturalismo”. Si tratta in piena evidenza di una semplificazione nominale, che credo dettatagli dal fatto di essere approdato a una forma pittorica vieppiù ridotta e simbolica, sino alla piena astrazione. Alla quale perveniva quando nel 1992 Scarpellini affrontava le qualità e le dinamiche del mondo fenomenico, dunque della materia, aprendo la serie in quattro cicli degli Elementi. La dizione “naturalismo” lascerebbe intendere una certa omogeneità in un lavoro complessivo che invece appare molteplice e vario, in corrispondenza sia delle predilezioni estetiche sia del più profondo sentire dell’artista. Dal che discende anche la diseguale tenuta formale dei diversi momenti del suo repertorio. Il termine “naturalismo” è pertanto dizione generica. Lo potremmo assegnare, peraltro nella declinazione postmacchiaiola ancora vigente in Toscana tra fine anni Cinquanta e primi Sessanta, solo alle opere, oggi disperse, dei primissimi anni. Allora Scarpellini riprendeva en plein air e ad agili pennellate aspetti del paesaggio naturale e urbano o dipingeva in studio nature morte e composizioni di figura. Opere nelle quali qua e là filtravano, e si sarebbero sviluppati in piccoli filoni, altre suggestioni e ascendenze assunte con una certa libertà di innesti stilistici e soluzioni formali, da versanti diversi italiani e d’Oltralpe. Penso al cézannismo di certe scomposizioni plastico-formali che si riscontrano in paesaggi e nature morte e agli affioramenti fauves e nabis del segno-colore giustamente rilevati da Marco Fagioli. Non solo dunque la tradizione toscana postmacchiaiola secondo le versioni labroniche correnti e quelle rinnovate di Soffici e di Rosai. Aggiungerei la costante di una certa “forzatura” direi espressionista degli impianti, della materia e della forma pittorica e dello stesso disegno che delinea le forme e le figure. Un dato, questo, mai smentito nel corso dei decenni. Anche nella sequenza dei cicli tematici, i ritmi dei segni e le dinamiche delle linee portanti, le evidenze materiche e i contrasti cromatici mantengono un che di accentuato. Vorrei dire una vitale tendenza al disequilibrio. Lo si riscontra nel ciclo delle donne/ isola di decantata evocazione arcaica e mediterranea, impostato sulla staticità dell’impianto, e nelle opere dove non permane che una residuale e pressoché simbolica memoria figurale. Ancor più lo si verifica nei numerosi cicli di pura qualificazione astratta e di dinamica impostazione. Il che attesta la naturale inclinazione di Scarpellini a un governo emozionalmente sensibile della partitura. La frequentazione cui accennavamo dello studio di Anton Luigi Gajoni aggiungeva poi, dallo scorcio degli anni Sessanta, un elemento essenziale alla formazione del giovane Scarpellini, tanto che transiterà con specifiche modalità operative nel periodo dei cicli tematici. Intendo l’idea della forma pittorica nella quale la figura e l’ambiente, l’oggetto e il contesto si compongono in struttura architettonica, che Scarpellini tendenzialmente concepisce in termini massivi e come dilatati 8


a occupare lo spazio disponibile. A Gajoni risale altresì quel sentimento novecentista della forma evocativa di climi arcaici che pervade soprattutto le composizioni di figura. Soluzione di continuità, questa, tra i segnalati filoni a diversa connotazione stilistica. Il 1987 segna una svolta nella vicenda pittorica dell’artista butese. Si apre difatti il secondo ampio capitolo del suo lavoro che abbiamo detto dei cicli tematici. L’impegno pittorico su questo versante dura ormai da venticinque anni come nel primo periodo, e promette di seguitare visto il fervore creativo che ancora anima l’artista. La scelta di lavorare per cicli poneva condizioni operative e soprattutto delimitazioni stilistiche alle quali Scarpellini si è attenuto senza flessioni o divagazioni eccentriche. Ogni ciclo risulta pertanto in sé definito e omogeneo, per quanto correlato, anzi defluente nel successivo che ne sviluppa i presupposti tematici e formali. Si tratta dunque di un percorso per tappe molto coerenti e interconnesse. Al contrario, la prima stagione pittorica era stata ondivaga e condotta su più piste. Di fase in fase della ricerca Scarpellini non seguiva, difatti, una sia pur mistiforme linea stilistica di sviluppo conseguente. Si muoveva piuttosto su più versanti, praticandoli anche in parallelo. Sulla sostanziale falsariga dei generi pittorici, dipingeva paesaggi, nature morte, ritratti, composizioni d’ambiente con oggetti e figure. L’incipit della svolta “ciclica” consiste in una serie di inconsuete, persino stravaganti opere che Scarpellini ha raccolto sotto l’insegna unitaria di Entità vaganti. Occupano da protagoniste queste scene alquanto affollate figure muliebri decisamente dismisurate sino alla difformità, rispetto a un qualche possibile modello sia realistico sia ideale. Con esse, un campionario di creature simili a ircocervi o a strane maschere di derivazione sia vegetale che animale, delle quali si anima l’ambiente, che ne partecipa l’ibrida natura e la bizzarra conformazione. Presenze aliene, le “entità” appartengono al mondo proiettivo della mente. Loro tramite, per un biennio, Scarpellini metteva in gioco le componenti dell’eterogeneo repertorio pittorico sino a quel punto elaborato. Intendo dire che le vagliava contestualmente e le selezionava mirando ad altre loro combinazioni e modalità d’uso, anche simbolico. Per via di sintesi formale dovevano derivarne partiture certamente più sobrie ed equilibrate, per quanto anatomicamente dilatate e puntute, rispetto al precedente lavoro. Gli erano difatti abituali le tessiture fittamente ordite, le strutture per lo più salde e sghembe, le composizioni alquanto complesse e come affollate o timorose del vuoto. Erano queste le peculiarità di una sintassi nella quale, a prescindere dai diversi orientamenti stilistici, il temperamento espressivo dell’artista si era sin là imposto sul rigoroso controllo formale e, in definitiva, sul senso dell’ordine che inclinerebbe alla stasi. Le Entità vaganti che fanno da cerniera tra le due estese stagioni di Scarpellini, rimarranno un’esperienza singolare, se non anomala. Per il loro carattere direi divagante e di deriva fantastica, esse hanno l’animazione, talora perfino eccessiva, dei capricci figurali. In quanto frutto dell’immaginazione, per Scarpellini risulteranno soprattutto utili a sganciarsi dalla figurazione per molti versi datata, nel senso della tradizione rappresentativa toscana e novecentista, ancora leggibile al culmine della prima stagione. Con il 1989 Scarpellini procederà dunque a gradualmente “ridurre” la morfologia del proprio linguaggio pittorico e a semplificare la partitura rendendola più organica ed essenziale. In questi dati è da vedersi la più producente novità scaturita dall’esperienza, che considero centrale, delle Entità vaganti e sviluppata nel corso del secondo periodo pittorico. Intanto dalle Entità vaganti Scarpellini estrapolerà, permutandola in “entità” arcaizzante e astraente, dunque priva di identità fisiognomica, 9


la figura muliebre destinata a occupare, solitaria o preferibilmente in gruppo, le scene terrestri e soprattutto marine delle Astanti (1989-1993), secondo momento della sequenza di serrati cicli pittorici a tema che costituiscono l’altro importante elemento nuovo introdotto con le Entità vaganti. Sono sette, oltre le due citate, le stazioni del percorso sinora compiuto sotto la specie dei cicli tematici. Nell’ordine vengono i quattro cicli degli Elementi: Acqua. Città del Mare (1992-1997), Fuoco (1994-1998), Terra (1997-1999), Aria (1999-2001); quindi i due cicli Cosmo. Movimento (2003-2007) e Cosmo. Materia (2006-2012). Sulla premessa arcaica e mediterranea delle Astanti, figure/isola nelle quali si deposita la memoria mitica della grande madre e si prefigura l’approdo al luogo della sospensione temporale e spaziale, Scarpellini si immerge nel mondo dei fenomeni attraverso gli elementi alle cui interazioni e combinazioni la fisica antica attribuiva la varietà e il divenire della materia formata e della vita. Nel viaggio attraverso l’Acqua, il Fuoco e la Terra Scarpellini visita con sguardo evocativo e poetico memorie, segni e misteri dell’uomo e delle civiltà, per restituirli in immagini di estrema sintesi figurale. Il viaggio attraverso l’Aria, e la leggerezza, che egli rappresenta mediante non poche oggettualizzazioni formali, si compie invece in assenza totale della figura umana, preludio alla successiva e conseguente dimensione proiettiva del Cosmo attraversato in due tempi, peraltro interrelati, come luogo del Movimento e della Materia. Dall’arcaico antropologico Scarpellini risale dunque al primario degli elementi e della materia originaria dalla quale derivano i mondi dell’infinito spazio in perenne divenire. Lungo questo percorso Scarpellini ha compiuto un viaggio concettuale cui ha fatto corrispondere, sul piano del linguaggio, un analogo processo di elaborazione sintetica e astrattiva della forma figurale. È così approdato a un proprio primario astratto-informale della materia, del segno e del colore, declinato su un ventaglio di soluzioni formali stilisticamente contigue, che vanno dall’astrazione simbolica a quella lirica, dall’informale materico a quello spazialista, sempre manifestando una felicità espansiva della visione e un senso poetico di leggerezza che sorprendono e chiedono la nostra partecipazione. Mi sono più volte soffermato sul composito mondo pittorico di Scarpellini, e ai miei precedenti testi rimando per ulteriori osservazioni di merito che compaiono, con altre testimonianze critiche dedicate all’artista butese, nelle pagine di questo volume dove si ripercorre mezzo secolo, ormai, di lavoro tenace e abbastanza appartato. Segnalo altresì la particolare attenzione critica di Giovanna M. Carli, le cui acute pagine inedite introducono all’insieme dell’opera di Scarpellini e ai due cicli Cosmo. Movimento e Cosmo. Materia. La scelta dei dipinti pubblicati, molti dei quali sono parte di importanti collezioni pubbliche, rende fedelmente conto della pluralità di aperture stilistiche che hanno contrassegnato soprattutto la prima stagione della ricerca di Scarpellini, per ricondursi a una visione più omogenea, ma non monovalente, con la seconda stagione qui riproposta aggregando i dipinti per cicli, così come realizzati dall’artista. Occorre peraltro specificare che la scansione temporale dei cicli non è da intendersi in senso rigidamente delimitativo, in quanto nella realtà operativa in ogni ciclo Scarpellini ha sempre anticipato (talora posticipato) qualche dipinto del ciclo successivo, che evidentemente era in nuce nella sua mente.

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Giovanna M. Carli

Aria, acqua, terra e fuoco: il cosmo nell’arte e nella vita Le necessarie variabili di Lori Scarpellini alla ricerca di senso

Gianfranco Tognarelli, A. L. Gajoni, Tesi d’esame, Accademia di Belle Arti di Firenze, 1973. 2 Marco Fagioli e Roberta Roani (a cura di), Anton Luigi Gajoni, artista tra Italia e Francia. Pitture e bozzetti dal 1904 al 1966, Catalogo della mostra, San Miniato (Pisa), Pontedera 2002, pp. 162-163: «A Parigi Gajoni ha la possibilità di entrare in contatto con i maggiori artisti francesi e i numerosi italiani lì residenti, fra i quali possiamo citare Campigli, De Pisis, De Chirico, Savinio ed, in particolare, Severini e Tozzi». 3 Prima ancora di far costruire la Tribuna degli Uffizi da Bernardo Buontalenti, Francesco I de’ Medici passava molto tempo nel suo Studiolo a Palazzo Vecchio, dove era rappresentata l’Allegoria dei legami tra i quattro elementi e alcune tra le entità alchemiche: la Flemma, fredda e umida come terra e acqua; il Sangue, umido e caldo come acqua e fuoco; la Malinconia, fredda e secca come terra e aria; la Collera, calda e secca come aria e fuoco. Vd. Luciano Berti, Il Principe dello Studiolo. Francesco I dei Medici e la fine del Rinascimento fiorentino, Firenze 1967. 1

Uno scrigno ottagonale racchiude al suo interno l’intero Cosmo, è luminoso e, potendo mettersi al centro, diresti di sentire le emozioni di tutto il creato: è la Tribuna degli Uffizi, voluta da Francesco I, figlio del granduca Cosimo, esempio elegantissimo di sincretismo alchemico che suggerisce una lettura in verticale e in ascesa: la terra, rappresentata dal pavimento in pietre dure, il fuoco dal rosso rivestimento delle pareti, l’acqua dalle madreperle che rivestono gli spicchi del poliedro e, infine, l’aria dalla rosa dei venti, lassù sulla lanterna di coronamento a contatto con l’esterno, fin dove l’occhio può arrivare, all’apice ma anche tutta intorno a noi e sopra, molto al di sopra di noi. Lori Scarpellini, appassionato conoscitore di arte, sia essa antica che contemporanea, non è un caso se, quando ha deciso di spiccare il primo volo come artista originale e indipendente – sul finire degli anni Ottanta – si sia svincolato dalla maniera pittorica più tradizionale per giungere, guardando a Cézanne, a quella nuova concezione dello spazio e delle forme, ben al di là della semplice impressione del momento, per cogliere l’essenza più profonda del reale. Il pittore, inoltre, si è ispirato all’insegnamento e ai valori dell’arte di Anton Luigi Gajoni, dipingendo il paesaggio, la natura morta ed esercitandosi nel ritratto di figura. Spesso, con il ritmo della pennellata, ha costruito la forma mentre con il contrasto, tra la raffigurazione in primo piano e lo sfondo, ha esaltato la luminosità del soggetto. Evidente la sua adesione alla maniera del maestro, è a quell’attenzione al particolare figurativo sempre, però, “trasfigurato”, come ricorda Gianfranco Tognarelli che scrive nel 1973: « ... la pittura di Gajoni nasce da un pretesto, da un’idea qualsiasi che in simbiosi contiene sia il contenuto che il fatto pittorico, e sarà attraverso quest’ultimo che si otterrà il superamento di entrambi fino ad arrivare al senso. Il suo vero è un vero astratto, non oggettivo, cioè nella sua opera ci sono i concetti della pittura astratta senza che ci sia però dell’astrattismo ... Ogni cosa è riportata per la sua forma collegata al suo senso … »1; e Scarpellini, nutritosi dei modi d’Oltralpe del maestro2, ha colto quel senso, probabilmente al tempo celato ai più, e abbia fatto del superamento di materia, forma e contenuto, la strada maestra che lo ha condotto alla definitiva svolta degli anni Ottanta quando, nel suo percorso artistico, ha sentito, appunto, il bisogno di senso, di un proprio senso nel fare pittorico e ha abbandonato quel figurativo di grande attenzione ai mutamenti della forma e astratto, incentrato sulla disposizione degli oggetti nello spazio, sulla molteplicità dei punti di vista e sull’uso libero della prospettiva: il suo scopo di allora era già quello di cogliere la struttura più nascosta della natura. Sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso, l’autore si mostra ancora interessato ai grandi artisti del passato, soprattutto quelli legati alla grande École de Paris. Del resto il maestro Antonio Luigi Gajoni era vissuto in sodalizio, come è documentato, con Fernand Léger, Francis Picabia, Jean Metzinger, Charles Lebrun, Marcel Gromaire e fu vicino a Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini, Filippo De Pisis, Massimo Campigli e altri. Lori Scarpellini riprenderà dai protagonisti del Novecento, mutuati dal maestro, ciò che ha senso per la sua personalissima ricerca. Vicino più a Savinio che non al fratello De Chirico, l’autore, cogliendo l’ironia insita nelle cose del mondo, pensa sia indelicato svelarne il mistero. Le sue figure si fanno alberi, tramonti, mare dei quali a stento percepisci la scaturigine sensibile, partecipando di un’aura senza tempo né spazio. All’inizio della nuova fase pittorica Lori Scarpellini si è misurato con l’indagine dell’elemento acqua, tenendosi lontano, però, dal discalico “modus” dell’arte visiva di rappresentarla esclusivamente attraverso le marine. Indagare con l’ausilio della pittura i quattro elementi più uno è stato il suo punto di svolta per un nuovo inizio. Come capitava di pensare al principe dello studiolo, Francesco I de’ Medici, l’arte è la vita; leggi interne e disposizione delle cose sono effetti di quella scintilla che ha generato il caos: la commistione dei quattro elementi più uno: l’anima mundi, l’etere, il quinto elemento3. La sala ottagonale degli Uffizi, quindi, rappresenta la sintesi dei quattro elementi e rappresenta il cosmo, 11


Gli stessi Uffizi sono l’archetipo di tutti i musei da qui scaturiti: “galleria”, infatti, è una di quelle parole nate a Firenze che indica, dal giorno della sua nascita, in coppia con “Uffizi”, uno spazio coperto che prende luce da una parte e dall’altra e ha opere d’arte in esposizione. Una Galleria che cavalca la città con quella mirabile opera di ingegno è il Corridoio vasariano, che ha la possibilità eccezionale di entrarvi nel cuore e mirabilmente influenzarla con le immagini che custodisce, tanto che tutti i musei del mondo appaiono come inadeguati riflessi. 5 Chiara Cantelli, Simbolo e icona: estetica e filosofia pratica nel pensiero di Vjaˇceslav I. Ivanov, Bologna 2000, p. 198: « ... l’icona non è una semplice rappresentazione del divino, bensì l’orizzonte della sua manifestazione, diventando così simbolo vitale e non segno convenzionale di un senso ad essa estraneo». 6 «Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, - dicevaWassily Kandisky - quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita». 4

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anzi un microcosmo, formato bomboniera. È la quintessenza di tutta la galleria, ed è la scintilla da cui tutto ebbe inizio4 La Tribuna e la ricerca di Lori Scarpellini sono una possibile chiave di lettura per una pittura personalissima e indagatrice che fa tesoro degli insegnamenti della tradizione (quella della forza espressiva ed espressionista che trasmette emozioni e conoscenze via via acquisite) spingendosi ben al di là della semplice ricerca degli elementi perché, partendo da questi, l’autore riesce a trovare la chiave di volta per indagare e interpretare persino il cosmo. L’elemento primordiale con cui l’artista si cimenta per primo è l’acqua. Il primo ciclo (inizio anni Novanta) segna il suo cambiamento verso una scrittura accennata dove le figure rimangono, sì, ma come simboli iconici depurati da possibili tangenze con il reale; dopo aver ponderato gli insegnamenti del maestro, ha tolto alla figura umana la forma naturale a favore di un suo volgimento in icona, sintetica e intrisa di mutamento5. La cerniera tra una maniera e l’altra è costituita dalle Entità vaganti (1987-1989): i soggetti si offrono al riguardante portando seco il mistero dechirichiano, talora manichini partecipano del sedimento della memoria di antiche civiltà, ne fanno parte, estraniandosi. Gli Astanti (1989-1993) sono ombre, sagome, piene del contesto di cui fanno parte quasi riaffiorasse la ricerca di Piet Mondrian quando afferma: «Dietro le mutevoli forme naturali si nasconde l’immobile realtà pura. Si devono dunque ricondurre le forme naturali a rapporti puri, immobili». Nel ciclo Acqua. Città del Mare (1992-1997) le figure-non figure posseggono cromie grigio-celesti e sono fatte della stessa sostanza liquida, ne fanno parte. Creature fuoriuscite dal mondo onirico e surreale di Scarpellini, stravaganti, come stravagante riaffiora lieve ricordo di un sogno subito al risveglio, per poi svanire e diventare il tutto di cui fa parte: non ha importanza dove siano, importante è che si manifestino. La tecnica utilizzata per questa narrazione visiva sull’acqua è senz’altro cinematografica, del montaggio di più inquadrature, nota al regista Sergej M. Ejzenstejn e colta e fatta propria da Gajoni: in primo piano l’autore inserisce una figura che costituisce la parte per il tutto (pars pro toto) atta a stimolare nell’osservatore la ricostruzione di un intero a partire dalla propria sensibilità e dal proprio vissuto. Già in questo primo ciclo noto una tendenza al ritmo binario e alla musicalità tali da suggerire un doppio che si differenzia negli elementi di cui è composto o per forme o per colore6; l’una parte rafforzando l’altra per meglio evidenziarla. Le composizioni così ottenute, con l’impiego di larghe campiture di colore sembrano suonare una musica dal ritmo spezzato. L’artista sa come catturare l’attenzione del riguardante giocando su richiami coloristici (il rosso, il giallo) forti e usuali anche quando il colore predominante, come in questo caso, è il blu che tutto assorbe e assomma in sé. Lori Scarpellini usa spesso i tre colori primari nelle ipotetiche vele che si frammentano e dipartono in un gioco pittorico strutturato alla maniera di Kandinsky dove «il rosso è un colore caldo e tende a espandersi; l’azzurro è freddo e tende a contrarsi ... » (Argan). Sicuramente anche l’autore è molto attento al valore spirituale della sua pittura e spezza la composizione con linee, cerchi e tratteggi che stimolano l’occhio del riguardante all’esplorazione del dipinto. Le Veneri di Scarpellini, quasi un leit motiv, sono enfatiche e geometriche, quasi pretesti antropomorfi per permettere all’osservatore di provare empatia: l’artista ha, così, creato una porta di accesso. Nel ciclo Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel sole (1994-1998) Lori Scarpellini continua l’indagine della scaturigine dell’universo considerando che la terra vista dallo spazio appare come un pianeta blu, colore dato dalla superficie degli oceani che coprono circa il 71% della sua superficie ma anche in parte dovuto allo scattering di Rayleigh7 della componente blu della luce solare da parte dell’atmosfera terrestre.


Simbolo della vita, della pulsione e della passione, il fuoco suggerisce all’artista epifanie sorprendenti: figure disposte a piramide, dove una si erge a protezione di altre due che si sfiorano delicatamente le dita, in una sorta di Sacra Famiglia contemporanea. Il numero tre sembra essere la soluzione più congeniale all’artista che riflette sulla forza e sulla sacralità di questo elemento latore di civiltà per l’uomo, dopo che Prometeo rubò una scintilla a Zeus per donarla agli uomini, ricevendo la terribile punizione dell’aquila. La ricerca vira, poi, sulle frequenze che la luce emanata dai raggi e dalle fiamme indirizza all’occhio e all’orecchio umani: in appartata solitudine vediamo e ascoltiamo. Gli eleganti grafismi geometrici, quei triangoli disposti con ritmo che paiono soverchiare le figure, attonite per la potenza e la forza dell’elemento, sono parte di un racconto che parla di passione, energia e potenza; una nuova ricerca, dunque, che costituisce un vero e proprio ponte tra il ciclo dell’acqua e quello, successivo Terra. Geo-Isola nell’immenso spazio dell’universo (1997-1999), indagando infine la forza del fuoco come luce. Giallo, rosso e arancio dominano la scena e costringono le figure muliebri a ripensarsi, nelle forme e nella sostanza perché qui la ricerca di Scarpellini affronta la familiarità con l’habitat in cui l’uomo vive in rapporto all’universo stesso. Il microcosmo è narrato attraverso varie tonalità. La costante stilistica sono gli alberi che, insieme con le figure femminili, diventano un tutt’uno con la natura stessa. I paesaggi sono desolati o abitati, rivisitati sempre dalla particolare sensibilità dell’artista. Il colore è steso per larghe campiture e tendenzialmente è caldo e freddo (rosso e blu) provocando nello spettatore una reazione psichica particolarmente intensa. Nell’ultimo ciclo della serie dei quattro elementi, Aria. Uno spazio libero verso il cielo (1999-2000), l’autore si lascia andare alla gestualità emotiva, ed emoziona lo spettatore compiendo una sorta di azione fisica sulla tela, per un risultato leggero e impalpabile, in movimento. L’elemento fa coppia con il fuoco perché ne condivide le polarità attive, maschili a differenza dell’altra coppia, Acqua-Terra, che condivide le polarità passive, femminili. L’Aria è « ... l’elemento aereo simbolico del trasparente e del luminoso; è il mezzo della parola (tradizione filosofica indiana), del soffio vitale e della spinta all’ascensione»8. È invisibile ed è l’elemento associato al respiro e all’anima. Per la sua stessa essenza l’Aria è inafferrabile: il primo respiro rappresenta l’ingresso dell’anima nel corpo mentre l’ultimo la sua uscita. Tra gli elementi è l’unico immateriale e per questo rappresenta il mentale, i pensieri inafferrabili e l’inconscio. Lori Scarpellini, con pennellate sicure a formare vortici, virgole, volute, circoscrive il soffio in strisce colorate, per lasciarlo libero sulla tela, riflettendo sia sull’anima del mondo che sull’inconscio, pensando così all’aria in tutte le sue sfaccettature, non trascurando neppure il principio animatore, cioè il vento, il soffio trasparente e intangibile di Eolo che trasmette la vita ed è un velo trasparentissimo che lascia intravedere tutto ciò che c’è al di qua e al di là di esso. L’autore si avvicina, così, alla concezione persiana e induista dove il vento costituisce il soffio cosmico, il principio di vita e di animazione degli elementi fisici (il cosmo, la natura) e spirituali (l’anima umana, l’anima del mondo). Il risultato è un tessuto narrativo pieno di senso che investe tutte le dimensioni dell’artista e del riguardante. Lori Scarpellini negli anni Duemila ha proseguito la sua ricerca di senso, mettendo al centro la propria personalità umana e artistica, giungendo a una possibile interpretazione del cosmo nelle componenti a lui più congeniali: materia e movimento, sostenuti dal minimo comune denominatore di luce e colore. La Tribuna, completa dei quattro elementi, è ora un micro-cosmo pieno di senso. La ricerca dell’autore potrà continuare solo se l’uomo Lori intravederà nuovi orizzonti di significato da esplorare attraverso il suo amore per la bella pittura.

Diffusione di un’onda luminosa provocata da particelle piccole rispetto alla lunghezza d’onda dell’onda stessa. Il fenomeno avviene quando la luce attraversa un mezzo sostanzialmente trasparente, soprattutto gas e liquidi (it.wikipedia. org/wiki/Scattering_ Rayleigh). 8 Alain Rey e Sophie Chantreau, Dictionnaire des expressions et locutions, Paris 1997. 7

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Paesaggio, natura morta e figura umana vivono filtrati da una sensibilitĂ interpretativa molto personale e sintetica. LS

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Dal Naturalismo alla forma sintetica oltre Novecento 1962-1986

Nudo su poltrona gialla, 1970 olio su tela cm 73Ă—103 15


Composizione con panno bianco, 1974 pastelli su carta vergata da pacchi cm 100Ă—70

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Composizione con panno messicano, 1976 olio su tela cm 140Ă—100

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Elena Bono

Lo sguardo di un poeta-pittore

Presentazione al catalogo della personale allo Studio S, Montecatini Terme, 1979

Lori Scarpellini di Buti in quel di Pisa. Una piccola “città di pittori”. E lui un “pisano” caparbio, sempre polemico con se stesso, aggressivo con i suoi quadri, specie gli oli, che tormenta per ridurre alla visione interiore borbottando il suo eterno: «Questo colore non mi ci sta!» Il suo maestro, il grande Gajoni, è anche il suo “persecutore” come colui che gli ha insegnato prima di tutto l’incontentabilità. Eppure anche Gajoni pensiamo, sarebbe gradevolmente sorpreso di fronte a certe figure di Lori Scarpellini come ai bellissimi Due nudi seduti, di un incastro logico quasi feroce alla Casorati, e allo stesso tempo mirabilmente liberi. Qui Scarpellini espone le sue cose minori, se possono definirsi tali, opere tanto orchestrate, accanitamente ragionate sul nucleo autentico della visione “intuizionale”, come Natura morta con chitarra, dove le due quinte cromatiche: terrosa in prevalenza a destra, azzurrina sulla sinistra, dialogano intensamente col fitto scambio dei toni, attraversate genialmente dalla cascata del panno bianco in basso e dalla zona chiara della parete in alto con la nota prepotente, inattesa, del cappello pur esso terroso. E la stupenda idea del Granoturco visto come una selva serpentina, bizzarra ed estremamente logica anch’essa, costruita da Dio: uno di quei monumenti della natura che gli uomini non sanno vedere, ma i pittori sì. E mai più passeremo accanto a un campo di granoturco senza ricercare e ritrovare nell’apparente disordine naturale l’ordine di una ragione trascendente. Una novità infine di questa mostra: gli acquarelli, ispirati da quell’incontro d’acqua e di terra che è il padule di Bientina. Scarpellini ha colto, da poeta-pittore, l’eternamente liquido, fluido, quasi ambiguo e fuggente di questo luogo del mondo e ha trovato l’essenzialità, la sintesi.

Le magnolie, 1978 olio su tela cm 35×50 pagina a fronte Il granturco, 1978 olio su tela cm 70×50 18


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Nudo rosso con panno viola, 1976 olio su masonite cm 70Ă—50

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Nudi seduti con fiori di loto, 1979 olio su tavola cm 100Ă—70

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Nicola Micieli

Un arco decennale dal 1976 a oggi

Dalla presentazione al catalogo della mostra Presenze toscane. Bobò Falconi Marchetti Scarpellini, V Rassegna d’Arte Città di Buti, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1986

Lori Scarpellini espone una scelta di dipinti distribuiti dal 1976 a oggi. Un arco decennale, naturalmente meglio e più organicamente documentato nella sua fase finale, in virtù della compatta serie di composizioni di figura che si alternano agli altrettanto saldi, ma più radi paesaggi e vedute d’ambiente. La documentazione d’un arco temporale sufficientemente esteso consente di delineare una precisa continuità di interessi iconografici e di soluzioni formali, e si guardino i nudi dal 1976 al 1979 confrontandoli con le recenti figure dai corpi ampi e solenni, che evocano l’idea arcaica della grande madre prima che i modelli novecenteschi cui pure per ideale estrazione appartengono. La continuità è prima di tutto nella concezione architetturale degli impianti compositivi e delle membrature plastiche, ispirate a un sintetismo non privo di affusolata grazia. In queste opere non rimane disattesa la lezione di Anton Luigi Gajoni, un artista di origine milanese che soggiornò lungamente a Parigi, della cui “scuola” fece parte qualificata a fianco dei Campigli, dei Severini, dei Tozzi, e che concluse i suoi giorni nel sanminiatese, in dignitosa solitudine: un autentico e originale artista che gli storici del Primo Novecento dovrebbero finalmente “scoprire” per un atto riparatore di giustizia. La lezione di Gajoni ispira in modo esplicito le opere dei primi anni Settanta, non solo per l’oblunga complessione delle figure, ma per la stessa strutturazione della scena d’ambiente mediante elementi architettonici che determinano il taglio e la spazialità delle composizioni. L’influenza del maestro è andata nel tempo decantandosi, assorbita e filtrata come deve essere in chi ha qualcosa di proprio da dire, talché nelle opere recenti la si respira per indiretti segnali, essendo la materia pittorica divenuta più morbida e soffusa, per quanto sempre pastosa e di natura plastica, e il clima poetico più inteso alla calda espressione emozionale che alla raffinata e coltissima proposizione allegorica di Gajoni. Scarpellini ha insomma realizzato un suo mondo di temi e di aperture pittoriche che va gradatamente affinandosi, cedendo spigolosità e veemenze del disegno strutturante e della materia a vantaggio d’una resa atmosferica più fonda e coinvolgente, riscontrabile con equivalenza di esiti tanto nelle predette composizioni di nudi distesi e più generalmente di figura, quanto nelle opere che, come Pomeriggio al mare, offrono più estensive perlustrazioni dell’ambiente, ma mantengono la stessa raddensata tensione pittorica che è ormai un tratto acquisito della personalità artistica del pittore butese.

La via del Toti a Buti, 1983 olio su tela cm 50×35 Nevicata a Solaio, 1986 olio su cartone cm 20×33 22


Oliveto a Buti, 1986 olio su tavola cm 60Ă—70

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Mio padre, 1981 olio su tela cm 70Ă—50

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Autoritratto, 1985 olio su tavola cm 70Ă—50

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Mio nipote Luca, 1984 olio su tela cm 70Ă—60

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Paesaggio a San Ginese, 1986 olio su masonite cm 70Ă—100

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Paesaggio, 1997 tecnica mista su tavola cm 50Ă—60

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Paesaggio di Crasciana, 2003 tecnica materica e olio su tavola cm 30Ă—20

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Il naturalismo sereno del paesaggio e della figura umana si trasforma nella rappresentazione visionaria e inquietante di un mondo fantastico e misterioso. LS

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Entità vaganti 1987-1989

Entità vaganti, 1987 olio su masonite cm 70×100 31


Entità vaganti, 1987 olio su masonite cm 20×30

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Entità vaganti, 1987 olio su masonite cm 20×30


EntitĂ vaganti, 1988 olio su tela cm 35Ă—50

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EntitĂ vaganti, 1988 pastello su cartone cm 72Ă—101

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Entità vaganti, 1988 pastello su cartone cm 71×102

Entità vaganti, 1988 pastello su cartone cm 72×101

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Entità vaganti, 1988 pastello su cartone cm 72×101

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Entità vaganti, 1988 pastello su cartone cm 72×101


EntitĂ vaganti, 1989 pastello su cartone cm 72Ă—101

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Figure statuarie e sintetiche immerse nel mare o sedute e distese su rocce che sembrano un’estensione delle loro membra, quasi estraniate in primordiali atmosfere senza tempo nÊ storia. LS

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Astanti 1989-1993

Astanti, 1989 olio su tela cm 80Ă—70 39


Nicola Micieli

Il mondo dell’immobilità

Dalla presentazione al catalogo della mostra Itinerari pittorici. Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, varie sedi, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1991

Anche di Lori Scarpellini potremmo dire, come per Franco Marconcini, di un graduale processo di liberazione della materia pittorica dalla ipoteca plastica, di gusto novecentesco, derivata dalla frequentazione di Anton Luigi Gajoni. L’esito è però sostanzialmente diverso. Operando sempre nell’ambito tematico della figura muliebre, Scarpellini ha gradatamente semplificato la partitura pittorica mediante un meccanismo di riduzione a sintesi degli elementi formali. Il disegno analitico di ascendenza naturalistica si è permutato in una linea sommaria e schematica che definisce le figure e l’ambiente in cui sono calate, quasi concependo l’immagine in termini di tarsia ad ampie tessere cromatiche. Serie di tratti diversamente modulati, con funzione puramente segnaletica, visualizzano i dettagli significativi dell’immagine e danno indicazioni dinamiche in una composizione che, per essere a incastri di piani a stesura pressoché in à plat, è con tutta evidenza votata a esiti statici. Quello di Scarpellini è difatti il mondo dell’immobilità. Grandi figure di astanti fanno gruppo ai prosceni, guardando a interlocutori esterni, come in attesa o in contemplazione. Sono ginecei matriarcali. Le isole dove si ergono maestose, sono costituite dalla loro stessa materia, ed emergono dalle acque terse come i corpi delle bagnanti. Una sorta di metafisica sospensione anima queste immagini, ma è un vago sentimento di estraneità cui non si assegnano significati particolari. Piuttosto agisce, in Scarpellini, un sentimento della natura che assume forme variegate: dall’animismo barbarico che fa scaturire deità e folletti dalle latebre della terra o dalle profondità marine, alla visione romantica di un ambiente della purezza primordiale, dove l’uomo convive in perfetta armonia con gli esseri del creato. Tanto più evidente è tale vocazione nei pastelli qui rappresentati, poiché la tecnica consente sfarinature della materia, sgranature del segno, stratificazione dei tessuti cromatici tali da significare l’idea dell’immersione panica, la comunione degli elementi, il principio della comunicazione tra gli esseri e, quindi, dell’amore che viene negato nella prassi della vita quotidiana così distratta dai valori fondativi dell’essere.

Astanti, 1987 olio su tela cm 25×40 40


Astanti, 1989 olio su tavola cm 40Ă—105 Coll. Cassa di Risparmio di Lucca

Astanti, 1990 olio e pastello su masonite cm 70Ă—100

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Astanti, 1990 olio su tavola cm 72Ă—101 Coll. Comunale, Buti

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Astanti, 1991 olio su tavola cm 72Ă—101

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Astanti, 1991 olio su tela cm 109Ă—139

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Astanti, 1992 olio su tavola cm 102Ă—71

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Astanti, 1992 olio su tavola cm 101Ă—72

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Astanti, 1992 olio su tavola cm 50Ă—60

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Astanti, 1993 olio su tela cm 50Ă—40

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Astanti, 1993 olio su tela cm 50Ă—40

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Tommaso Paloscia

Figure da intarsio a incastro nel paesaggio

Dalla presentazione al catalogo della mostra Ah, Pittura! Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, varie sedi, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1993

Lori Scarpellini va ripensando le sue figure da intarsio sintetizzate al punto da favorirne l’inserimento a incastro nel paesaggio reso attraverso spazi bidimensionali; per cui il modulo delle “astanti” promette isolamenti e sviluppi in una autonomia che già ora concede maggiore concentrazione d’interesse su certe figure piuttosto che nelle immagini-puzzle fatte di tasselli, in ciascuno dei quali l’atteggiamento dell’attesa cerca sostegno nella ripetitività degli esemplari. L’assunzione controllata dei volumi osservata nei pastelli più recenti, a ogni modo, indica questa tecnica come la più congeniale a Scarpellini per tentare di varcare i margini dentro i quali si era stabilizzata la sua poetica: uno strumento di rottura al servizio della tecnica a olio dove le sue conquiste amano farsi definitive.

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Astanti, 1993 olio su tela cm 70×100

Astanti, 1992 olio su cartone cm 71×102

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Gli elementi Acqua Fuoco Terra Aria 1992-2001

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Acqua Fuoco Terra Aria, 1996 olio su tela cm 100Ă—100 53


Fluenze di corpi e di simboli, immersi nella liquiditĂ dei fondali marini. LS

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Acqua. Città del Mare 1992-1997

Acqua. Città del Mare, 1993 olio su tela cm 119×140 Coll. Fondazione Ricci, Barga 55


Dino Carlesi

Una corale disposizione all’incontro tra gli uomini

Dalla presentazione al catalogo della mostra Ah, Pittura! Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, varie sedi, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1993

L’altro pittore butese dalla personalità complessa e dall’accesa curiosità verso tutto ciò che può offrire emozioni e materia di studio è Lori Scarpellini. Ricordo i “nudi” degli anni ’70, addolciti da una materia pastosa e dai larghi gesti di abbandono e di sorpresa, le cui origini non sono tanto attribuibili al ricordo del suo Maestro quanto a reminiscenze solenni e arcaiche riconducibili a certi modelli novecenteschi filtrati dalla sua naturale disposizione al fraseggio sensuale e all’amore per una natura da riscoprire ogni giorno nei suoi aspetti più segreti. Le magnolie del 1986 sono indicative di una ricerca in senso contrastante alle risonanze romantiche precedenti: ormai le nuove figure emergono con plasticità e veemenza, racchiuse in confortevoli geometrie che costruiscono spazi con rasserenante dolcezza compositiva. Scarpellini è pittore che può passare dalle tenerezze figurative ai grandi spazi scenografici, alternando durezze compositive alle morbidezze delle “modelle” e dei “nudi sdraiati” e, addirittura, alle “marine sognanti” alle “lune” e ai “cieli”. Fino agli anni ’90 la sua figurazione si è solidificata in immagini statuarie e sintetiche: essa era il netto predominio dei volumi ormai privati di precisi riferimenti analitici, chiusi gli “astanti” entro linee rigide, quasi simboli di una pietrosità scultorea e collocati in scenari apocalittici, tra grandi pianure e grandi cieli. Erano gruppi dall’evidente staticità compositiva, dove le diverse cromie dei corpi sembravano in funzione di una preferenza monumentalistica e arcaica. Queste folle di figure in attesa di chi sa quale rivelazione parevano essere emerse dalle acque – come isole o dee – per partecipare a qualche rito di purificazione solenne e irrinunciabile con attorno una natura dalla biblica realtà. Folle e uccelli parevano non respirare la nostra aria, ma estraniarsi in primordiali atmosfere senza tempo e storia: un incanto surreale quasi premonitore e avveniristico oppure offerto pedagogicamente in polemica col disamore dilagante di oggi. Direi che i pastelli eseguiti negli ultimissimi anni segnino davvero un punto alto di purezza lirica, un ritorno rasserenante alla poesia. Se le “figure sul paesaggio” rappresentano già una digressione creativa in rapporto alla vecchia rigidità (con l’invenzione di certi alberi incrociati fra se stessi, e tronchi lievi e chiome che ricordano certe pale medievali), le Città del Mare segnano il paesaggio a un’ulteriore raffinatezza formale, quasi le tenerezze ludiche di un Klee riaffiorassero in questi coni rosati e in questo mare intenso e libero da ogni vincolo iconografico. La materia del pastello si adatta bene a sgranare sulla tela un’effusione sentimentale di tutto rispetto, dentro la quale i simboli lievissimi si ergono come sommovimenti di grazia o piccole accensioni di felicità dichiarata. Mi pare

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Acqua. Città del Mare, 1993 olio su masonite cm 40×100

Acqua. Città del Mare, 1993 olio su tela cm 113,5×143,5

che Scarpellini rapporti sempre i suoi mutamenti a una sua precisa esigenza di corale disposizione all’“incontro” tra gli uomini, prima cercato nell’avvento di una magica sorpresa da parte del gruppo (un nuovo Sinai con nuove Tavole?) e poi racchiuso nella nicchia preziosa di queste marine entro cui il segno labile dell’esistenza nasce per miracolo di simboli appena percettibili e che chi guarda deve riempire dell’attesa delle proprie meraviglie.

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Acqua. Città del Mare, 1994 pastello su cartone cm 71×102

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Acqua. Città del Mare, 1994 pastello su cartone cm 72×101 Coll. Cassa di Risparmio di Lucca

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Acqua. Città del Mare, 1994 olio su tela cm 100×100 Coll. Cassa di Risparmio di Lucca

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Acqua. Città del Mare, 1994 olio su tela cm 100×200

Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 100×200

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Benvenuto Guerra

Una pittura tra memoria e visione

Dalla presentazione al catalogo della mostra Ah, Pittura! Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, varie sedi, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1993

Lori Scarpellini ci introduce arcanamente con i suoi dipinti in un tempo senza tempo e luoghi senza luogo reale. Città del Mare isole misteriose, figure pietrificate (autentici monoliti di silenzio), rocce e alberi inquietamente antropomorfi, costituiscono le suggestive mappe dell’immaginario di questo artista, che sembra sospendere nel mito e nell’utopia le coordinate spazio-temporali della realtà. Lo stesso incantamento che sospende il tempo, determinando pure un senso d’atopia, sembra ibridare le diverse nature e i relativi statuti. Quella di Scarpellini è una pittura fantastica, che oscilla fra memoria e visione, concretando il paradosso di un’“utopia regressiva”. La definizione del sogno come “memoria del futuro” coglie profondamente le componenti mnestiche, e oniriche e visionarie dell’opera dell’artista pisano. La donna (sacerdotessa dei “misteri”) è l’abitatrice privilegiata e costante di tali arcane topografie: la donna (sintesi archetipale) che è acqua, albero, pietra, universo indifferenziato; la donna, da cui tutto si separa per individuarsi, ma che da nulla per sua natura è separata. Nei dipinti di Scarpellini i volti sono privi di caratterizzazioni fisionomiche, significativamente trascese nell’universalità dell’archetipo. Tali profonde intuizioni stanno alla base della pittura arcaizzante e nel contempo visionaria, quasi sapienziale, di Lori Scarpellini, che ci conferma come il futuro abbia un antico cuore di mistero.

Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 100×150

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Acqua. CittĂ del mare, 1995 olio su tela cm 100Ă—100 Museo delle Generazioni Italiane Pieve di Cento

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Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 40×140

Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 50×50 Coll. Galleria d’Arte Moderna Vero Stoppioni, Santa Sofia Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 50×50

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Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 100×100 Coll. Museo Gilardi, Querceta

Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tavola cm 70×150

Acqua. Città del Mare, 1995 olio su tela cm 50×50

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Acqua. Città del Mare, 1996 olio su tela cm 100×100

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Acqua. Città del Mare, 1996 olio su tela cm 150×100

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Le figure e i simboli di questo ciclo sono proiettati in variazioni cromatiche che richiamano la forza del fuoco e della luce. LS

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole 1994-1998

Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1994 olio su tela cm 80×80 Coll. MAGI ’900, Pieve di Cento 69


Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1994 pastello su cartone cm 72Ă—102

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1995 pastello su cartone cm 101Ă—70,5

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Nicola Micieli

Mediterranea. I miti solari e le Città del Mare

Presentazione al catalogo della personale Mediterranea. Un viaggio nel Pianeta blu attraverso i miti solari e le Città del Mare, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1996

Già agli esordi nell’ambito di una pittura figurativa collocabile tra un post-impressionismo di tradizione toscana e un Novecentismo improntato ai modi della scuola italiana a Parigi, Lori Scarpellini mostrava interesse a rappresentare gli aspetti della natura in cui più evidente è la presenza dell’uomo e, dunque, della sua cultura. Accanto ai generi canonici – il paesaggio, la natura morta, il ritratto – che un tempo costituivano la palestra formativa consueta dei pittori, Scarpellini amava affrontare il tema della figura collocata sia in interno che in esterno. L’immagine risultava impostata sempre con un certo respiro strutturale, secondo regole costruttive d’ordine plastico che traducevano il corpo umano in forme larghe e solide, inserite in un contesto ambientale che diremmo architettonico, pur se costituito da alberi, rocce o altre evidenze del paesaggio. Nel repertorio di Scarpellini non mancavano certo, venti e più anni fa, opere dai contenuti pittorici dichiarati e godibili, eseguite con impasti densi e a tocchi di colori luminosi, cui corrispondeva una visione puramente descrittiva della natura. Ma comparivano altresì dipinti nei quali l’inclinazione al racconto si traduceva nella ricerca di climi molto evocativi. In quell’epoca l’intonazione appariva solenne e direi quasi drammatica, poiché Scarpellini mostrava la tendenza a rappresentare figure monumentali che lo spazio stentava a contenere, dunque le composizioni risultavano assai compresse e talora dominate da una sorta di horror vacui. Nel seguito degli anni lo spazio dell’immagine, divenuto man mano più arioso e sgombro di sovrastrutture, è andato definendosi come memoria di un tempo arcaico, di una dimensione mitica in cui l’uomo e la natura si incrociano e si fondono in sintesi poetica. È interessante notare che tale processo ha coinciso, circa dieci anni fa, con la scoperta del mare, e direi più diffusamente dell’elemento liquido, e con la scelta pressoché univoca della figura femminile come luogo emblematico dell’umanità. Vale la pena rilevare, inoltre, che da quel momento la ricerca pittorica si è sviluppata per cicli tematici, ognuno contraddistinto da una variazione stilistica nell’ambito di un linguaggio ormai sempre più sintetico e lontano dalla verosimiglianza visiva. Il primo ciclo ben definito fu quello degli Astanti, caratterizzato da figure maestose ma anche aspre, immerse nel mare o sedute e distese su rocce che paiono un’estensione delle loro membra. Sono presenze il cui ruolo non è definito, ancora incerte se appartenere alla natura o al mito, come si evince dalle monumentali donne che in primo piano dischiudono le gambe giunoniche a mostrare il sesso fecondo, espliciti richiami erotici ma anche possibili simboli della grande madre che è la terra. Interessante e nuova è la solennità della scena pervasa dal silenzio, come se questi astanti, ancora rigidi e un po’ schematici nelle loro semplificate e spigolose anatomie, fossero in attesa di un evento misterioso. Ben presto il tessuto pittorico diverrà più fluido e intimamente animato. Dai blocchi delle figure concepite come isole si svilupperanno forme astratte che segneranno le acque come zattere alla deriva. Nascono le Città del Mare, poetiche mappe in cui compaiono gli approdi mitici delle figure profilate come variazioni dell’azzurro. La struttura compositiva diviene ritmica e modulare, la materia si ammorbidisce in velature che consentono di evidenziare scie e fluenze dei corpi immersi nella liquidità dei fondali marini. Non mancano le accensioni del colore in quei climi da acquario; cui corrispondono, in versione solare, paesaggi con o senza figure dai nitidi ritmi formali e altrettanto mitizzati sul piano evocativo. Specialmente godibili, in questa fase, appaiono i pastelli morbidamente sfarinati, che determinano una luminosità diffusa della scena e introducono le tonalità più sottilmente modulate dei cicli Pianeta blu e Città del Sole, ossia i cicli recenti qui presentati per la prima volta. Come si vede, si tratta dello sviluppo organico del lavoro precedente.

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1995 olio su tela cm 80×90

Scarpellini ha ulteriormente affinato la tessitura pittorica, dico la forma e la materia, procedendo a variazioni del tema in versioni cromatiche distinte sulle gamme fredde degli azzurri e calde dei rossi e dei gialli. La tendenza è a una chiarità dominante che rende le immagini ora tra loro contigue, appartenendo a un mondo ideale in cui gli aspetti antagonisti dell’essere si risolvono nell’unità poetica della visione. Giustamente Scarpellini ha pensato di raccogliere sotto un’unica denominazione, che è poi il titolo di un dipinto appena eseguito, l’intero corpus delle sue esperienze recenti. Si tratta di Mediterranea, una composizione circolare che sembra costituire, giusta l’immagine cartografica prima evocata, la topografia di una città ideale, un luogo ove convergono le nostre immaginazioni ancora oggi sensibili alla suggestione dei miti su cui si fonda la nostra civiltà.

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1995 olio su tela cm 75,5×92,5

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1996 olio su tela cm 80×90

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1996 olio su tela cm 100×100

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1997 olio su tela cm 80×110


Nicola Micieli

Mediterranea. Ispirazione mitica e arcaica

Dalla presentazione al catalogo della mostra Incontri. Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli. Omaggio a Enrico Baj, XV Rassegna d’Arte Città di Buti, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1996

Mediterranea sembra titolo confacente all’attuale ciclo pittorico in cui Lori Scarpellini ha fatto confluire temi già trattati in serie precedenti, quali le Città del Mare e Il Pianeta blu. L’ispirazione mitica e arcaica è difatti diffusamente presente in queste scene che evocano luoghi ancestrali. Sono composizioni equamente ripartite tra il mare e la terra, tra il regno della liquidità, che ricorda la sacca amniotica ma anche l’estesa dimensione in cui si compie il viaggio di Ulisse, e il regno della solidità non meno misterioso ed evocatore, in quanto conserva le tracce del passaggio degli uomini sul crinale dei secoli, e dunque è un libro dischiuso all’itinerario della conoscenza. Tra il mare e la terra, come soluzione di continuità ed elemento vitalizzante, Scarpellini pone il Sole, qui giustamente maiuscolettato, in quanto entità sovrana cui l’uomo ha sempre guardato come alla fonte dell’energia che pervade l’universo, ed è per questo oggetto di culti primari presso innumerevoli popoli non solo mediterranei. Scarpellini si muove in questo ambito simbolico senza soverchi inghippi contenutistici, giustamente pago della leggibilità pittorica dei propri scenari, ove dominano solenni figure muliebri in cui riconosciamo l’immagine della grande madre.

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1997 olio su tela cm 80×100 Coll. Cassa di Risparmio di Lucca

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1998 olio su tela cm 120×60

Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1998 olio su tela cm 120×60 Coll. Fondazione Ragghianti, Lucca

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Fuoco. Il Pianeta blu è una strada nel Sole, 1998 olio su tela cm 70×180

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La forza coloristica di Geo sottintende la soliditĂ della terra vista come rifugio e sicurezza per gli esseri umani. LS

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Terra. Isola nell’immenso spazio dell’universo 1997-1999

Terra. Geo, 1997 olio su tela cm 100×100 83


Terra. Geo, 1997 olio su tela cm 40×50 Terra. Geo, 1997 olio su tela cm 95×110

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Terra. Geo, 1998 olio su tela cm 50Ă—40

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Dino Carlesi

Scarpellini e lo stupore del cosmo

Presentazione al catalogo della personale Acqua Fuoco Terra Aria, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2004

Scarpellini abita un mondo degli dei. Il luogo dove gli eventi nascono per miracolo. Io partirei dal fuoco, lì è la combustione, il momento sacro del sacrificio supremo. L’azzurro tenta la propria difesa ma l’ascesa è verso il sole, la luce che staglia le figure e inizia l’opera della distruzione che è una rigenerazione. Il dialogo è appena avviato, le forme sono di una carne illuminata da un tempo giovane, redento, addirittura capace di smarrirsi nei giochi, nello zigzagare di una linea che crea un diagramma di re­spiro, un grattacielo di angoli sul corpo caldo di una donna. L’acqua del mare disegna forme rosa appena sospese nell’azzurro dominante, sui triangoli rossi e gialli che come boe segnano sul mare il tempo del meriggiare in follia, con le donne mute nella leggera attesa di un vento che le ridesti a vita. L’incanto è nel lievitare di una tenebra incipiente che riconduce tutti a una sta­gione primordiale in cui le forze si sono ormai placate in poesia. La terra ritorna come miracolo di una geologia dell’anima che tra un corpo e un tronco attende che i meteoriti calino sul sim­bolo terrestre e lo inondino di speranze perché l’aria giochi con la materia, gli elementi creino limpide nebulose e il mondo torni a racchiudere i suoi significati più profondi. L’aria si frantuma nei crepuscoli quali angeli nuovi di una nuova geometria che vanno per cieli d’aria o per cerchi materici o per spirali rosse e bianche. Il circolo si chiuderà nel momento in cui quello splendore segreto uscirà dal chiuso della coscienza. L’artista va oltre il limite del comune visibile, unisce gli elementi fondamentali del mondo, la Città del Mare e della terra assume la forme di un cosmo che non finisce mai di stupire. Scar­pellini ne è il cantore sommesso e misterioso. La sua pittura è mossa da una sua intensa plasticità che agita dall’esterno un pa­norama del cuore e della mente, quasi l’artista volesse smarrirsi in esso per una partecipazione totale alla comunicazione lirica che gli sta a cuore.

Terra. Geo, 1998 pastello su cartone cm 72×101 Coll. Cassa di Risparmio di Lucca 86


Terra. Geo, 1998 olio su tela cm 120Ă—140

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Terra. Geo, 1999 olio su tela cm 150Ă—100 Coll. Pinacoteca Consiglio Regionale, Firenze

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Terra. Geo, 2002 acrilico su pellicola radiografica cm 30Ă—12,5


Terra. Geo, 1999 olio su tela cm 38Ă—47 Coll. Museo Civico, Taverna

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Marco Fagioli

Acqua Fuoco Terra Aria

Intervento alla inaugurazione della personale Acqua Fuoco Terra Aria, Palazzo Panciatichi, Regione Toscana Consiglio Regionale, Firenze, dicembre 2004

Io sono studioso del Novecento, quindi la pittura contemporanea la conosco meno. Il Novecento lo studio da quarant’anni e lo conosco meglio. Allora, Lori Scarpellini! Esordirei in una maniera un po’ improvvida. Secondo me è un pittore difficile da guardare. Non il pittore, l’opera, perché la mostra è una mostra compatta che riguarda quattro temi della sua pittura recente: l’Acqua, il Fuoco, la Terra e l’Aria. Il catalogo in mostra è presentato da uno scrittore di curriculum notevole: Dino Carlesi, che è stato ed è poeta e uno dei maggiori critici toscani d’arte contemporanea. Nella sua presentazione in catalogo Carlesi spiega la mostra molto bene, concentrando l’interpretazione dei dipinti su un piano sostanzialmente lirico. Cioè il fatto che attraverso questi quattro temi, Scarpellini sia riuscito a sviluppare, con una serie di immagini in qualche modo fuori dalla storia, una riflessione sui temi generali della natura (e in qualche modo anche dell’esistenza umana), quella che gli illuministi, e io con loro, chiamavano natura e che ora si chiama ecosistema. La difficoltà di presentare il pittore nasce da questo fatto, che vedendo questi ventiquattro dipinti, uno non capisce in quale modo sia arrivato a questo linguaggio. Egli ha fatto tante mostre e vanta un considerevole curriculum, con testimonianze di critici d’arte principalmente contemporanea (non come me del Novecento), storici di grande livello come Giorgio di Genova e altri critici come Micieli che conoscono meglio l’arte toscana contemporanea. Per mia fortuna Lori Scarpellini ha fatto un CDrom nel quale si ripercorre la sua storia d’artista. Una storia ormai più che quarantennale, e si capisce che non siamo più giovani. Così indietro risale la prima fase del suo lavoro che lui definisce naturalismo, secondo me impropriamente. Se voi considerate bene, questa sera sarebbe stato bene aver avuto la possibilità di proiettare il CD, per far capire meglio di cosa si trattava. La fase con quel timbro che Scarpellini definisce naturalismo comincia nel 1960 e finisce grosso modo negli anni Ottanta. È una fase che secondo me spiega molto del pittore, perché si tratta di un pittore che nasce in toscana, ma che sostanzialmente – mi sento di dirlo a suo vantaggio – con la pittura toscana ha poco a che vedere. Dico a suo vantaggio perché secondo me uno dei problemi della pittura toscana del secondo dopoguerra del 900, quindi anche dei primi anni del 2000, è che ripete sempre gli stessi stereotipi. Dopo la pittura post-macchiaiola e dopo il Fronte Nuovo delle Arti e le neo-avanguardie, la pittura toscana è rimasta sostanzialmente attestata su questi piani. Vedendo invece i dipinti di Scarpellini del periodo del suo cosiddetto naturalismo, tra i quali spiccano alcuni quadri secondo me di livello elevatissimo, come un Autoritratto con un golf che sembra smagliante (non come quello che Scarpellini indossa stasera, firmato Missoni), si capisce subito che il pittore si è orientato fin dalle sue origini a guardare altre radici, altre storie. Non ha guardato solo il 900 toscano, la pittura post-macchiaiola, ma in quella prima fase nella pittura di Scarpellini si nota una forte attenzione ai fenomeni più europei. Per esempio, vedendo questi dipinti, certe nature morte più materiche del primo periodo, a me venivano in mente da un lato i Fauves, dall’altro anche i Nabis. Al suo esordio, quindi, Scarpellini in qualche modo scappava dalle radici toscane, forse perché vivendo a Buti dove esiste uno dei capolavori in marmo dell’arte toscana dell’800, il Cristo risorto di Giovanni Duprè, non ha subito l’assoggettamento colonialista e imperialista dei fiorentini, i quali negli stessi decenni imponevano livornesi tipo Natali, Filippelli, Bartolena. È stata per te una vera fortuna, caro Scarpellini, vivere in un’area di confine fra Pisa e Lucca. Il pittore quindi partì subito alla grande e ha sempre dipinto, anche se nella vita ha fatto altri

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Terra. Geo, 1999 olio su masonite cm 50×40

mestieri. Nel superamento del naturalismo vi è stata una fase transitoria, dal 1987 al 1989, che Scarpellini ha definito Entità vaganti. Qui faccio una parentesi: Scarpellini è un personaggio in qualche modo intellettuale che si maschera da... come si dice, Butino o Butese? Si maschera da Butese selvaggio. In realtà, e lo affermo smentendo quel che alle mie osservazioni il pittore rispondeva alla prima: « ... ma io questo artista ’un l’ho guardato... forse l’avrò visto... forse sono cose inconsapevoli ... » In realtà, dicevo, Scarpellini a mio parere è uno dei pittori attuali che guarda di più la pittura del ’900 perché guardando i suoi quadri – chi avrà in mano il CD potrà verificarlo – si capisce come molti siano vere e proprie riflessioni dentro la storia della pittura europea del ’900. Per esempio, sia in Entità vaganti, sia nelle Astanti 91


Terra. Geo, 1999 olio su masonite cm 50×60 Coll. Museo d’Arte dello Splendore, Giulianova Terra. Geo, 1999 acrilico su tela cm 70×80

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Terra. Geo, 1999 olio su tela cm 100×50


che vanno dall’89 al ’93 e sono poi figure mediterranee su isole e su rocce, viene chiaramente fuori una riflessione su tutta la pittura mediterranea del ’900. Che non è solo quella grandissima dei nostri Campigli, dei nostri Carrà, ma anche quella francese che ha dato insigni rappresentanti. Analoghe riflessioni avvengono, a mio parere, anche nell’ultima fase della ricerca di Scarpellini, questa della mostra di stasera, e potrei approfondire il discorso, ma non lo faccio. Per esempio, guardando nel CD le Entità vaganti dell’87, appare evidente che in quegli anni non avrebbe potuto realizzare questo tipo di opere un pittore che non si fosse confrontato con certi mediterranei di Sironi o anche certi mediterranei di Matisse. Scarpellini come pittore molto spesso ha un suo linguaggio personalissimo, che però si confronta con questi temi della pittura precedente. In questo mi sentirei di dire che tu, caro Scarpellini sei più un pittore piuttosto della seconda fase, degli ultimi decenni del ’900 che non del 2000. Tanto meno di oggi, quando la pittura non esiste più come linguaggio, sostanzialmente si riduce ad assemblaggi di materiali di tipo diverso, dai neon al peluche, oppure a eventi nei quali l’artista imbastisce, progetta una situazione e intorno alla situazione lavora con gli spettatori. Non entro nel merito da che cosa derivi tutto ciò, perché si sia arrivati a questi punti. Secondo me, come ho detto anche ai convegni degli storici dell’arte e dei critici, la morte dell’arte moderna a far data dalle avanguardie storiche, che hanno segnato tutte le successive invenzioni sino a oggi, dalla minimal al concettuale all’arte povera, è stato il Surrealismo. Ancora oggi, nel 2004, noi vediamo quasi sempre dei ripensamenti, delle invenzioni anticipate dall’avanguardia surrealista. Scarpellini continua a essere un testimone della pittura dipinta con i colori, i pennelli e le spatole. Secondo me si ripropone, e lo dico tra virgolette in senso benevolo, una sorta di eclettismo nelle opere di questa mostra, i cui quattro temi – Acqua Fuoco Terra-Geo Aria – sono impressi in modo ossessivo nel mondo visivo di questo artista. Scarpellini è come un musicista che non scrive in un linguaggio solo. Egli usa dei quadri diversi come un musicista che continuasse a comporre con la musica predodecafonica, poi la dodecafonica, la seriale e infine la musica elettronica. In queste sue esperienze difatti Scarpellini ci ripropone una serie di linguaggi diversi che sono legati dalla sua storia, dal suo mondo e dalla sua testimonianza sulla pittura. Per esempio, le grandi figure femminili che caratterizzano il Pianeta blu serie del Fuoco, ci arrivano secondo me come evoluzione delle Astanti. Invece le grandi immagini più informali eseguite a spatola su preparazione in gesso, che caratterizzano l’Aria e che il pittore trova meno riuscite, ma per me sono interessantissime, sembrano riflettere un certo espressionismo astratto, ma le troviamo già in alcuni suoi dipinti figurativi delle origini, il cui tessuto pittorico era di tipo espressionista. Se dovessi concludere questa breve introduzione, potrei trovare altre “riflessioni” di Scarpellini anche su filiazioni da certi grossi elementi della pittura italiana dell’inizio del ’900. Per esempio guardando questo ultimo quadro, Uno spazio libero verso il cielo del ciclo Aria, non si può non pensare che questo pittore ha nel suo codice genetico anche il Futurismo, altrimenti un quadro di questo tipo sarebbe impossibile. Ecco, io trovo che se non conoscessi Scarpellini e dovessi parlare della sua pittura, direi di trovarmi di fronte a uno dei pittori italiani che hanno capito meglio la lezione espressionista, e i quadri di Scarpellini che per mia natura e formazione amerei di più, sono senz’altro fuori dalla tradizione toscana. Scarpellini è un pittore che ha capito la lezione della pittura del ’900 e ancora oggi sviluppa questa grande lingua, come testimone contemporaneo. 93


Terra. Geo, 1999 olio su tela cm 70×60 Coll. Museo d’Arte Contemporanea, Isernia

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Terra. Geo, 1998 olio su tela cm 40×30


Terra. Geo, 1999 olio su tela cm 70Ă—80

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La chiaritĂ dominante di questo ciclo si anima di colori e di forme che sembrano appartenere a un mondo ideale fatto di spazi liberi e incontaminati. LS

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo 1999-2001

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 acrilico su tela cm 70Ă—50 97


Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 acrilico su tela cm 120Ă—114

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 acrilico su tela cm 70Ă—50

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 acrilico su carta paglia cm 40Ă—50

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 olio su tela cm 120Ă—60

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 1999 acrilico su tela cm 70Ă—50 Coll. Pinacoteca Modigliani, Follonica

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Riccardo Nencini

Scarpellini, pittore dell’originalità Ciò che fa l’originalità di un uomo è la capacità di vedere una cosa che tutti gli altri non vedono. Nietzsche

Saluto dell’on. Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, al catalogo della personale a Palazzo Panciatichi, Firenze, dicembre 2004

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2000 acrilico su tela cm 80×70 Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2000 acrilico su masonite cm 70×60

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Nell’antichità si riteneva che ogni cosa, visibile in cielo e in terra, fosse ottenuta dalla combinazione alchemica dei quattro elementi: acqua, fuoco, terra, aria. Lori Scarpellini, pittore pisano, parte proprio dalle energie primordiali o, per meglio dire, dai “semplici” degli alchimisti e quindi dall’etere stesso, quinta essenza costituita dalla sublimazione dei quattro elementi primari. La sua particolare ricerca pittorica, infatti, dopo il suo interessamento allo studio del paesaggio, della figura e del ritratto, oggi volge alla sintesi emozionale della vita stessa, traducendo le impressioni che trae da quest’ultima, in ispirate colorazioni di forme. La bella mostra, presentata nei prestigiosi spazi espositivi, messi a disposizione dal Consiglio Regionale della Toscana, segue e traduce il nuovo interesse sulle tematiche della vita. Lori Scarpellini nel 2003 ha donato alla sempre più cospicua e importante pinacoteca di questa istituzione l’opera: Geo, isola nell’immenso spazio dell’universo, dipinto che fa parte, all’interno appunto dei quattro elementi, del ciclo Terra, presentato in mostra insieme con Città del Mare per il ciclo Acqua. Il Pianeta blu è una strada nel sole, per il ciclo Fuoco e Aria. Lo spazio libero verso il cielo, per il ciclo Aria, insieme ad altre sue recenti creazioni. Auguro a Lori di proseguire nell’alchemica ricerca artistica continuando a trovare, nella sua originale traduzione delle suggestioni ispirate dal mondo circostante, un bell’esempio di espressione delle sue sensazioni


Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2000 acrilico su carta polacca cm 20Ă—30

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Ernest Kurpershoek

I cicli pittorici di Lori Scarpellini. Acqua Fuoco Terra Aria

Presentazione al catalogo della personale Acqua Fuoco Terra Aria, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2004

Il pittore Lori Scarpellini è un artista versatile che nel corso degli anni ha costruito una collezione di opere imponente. Paesaggio, ritratto, natura morta, egli tutto riesce a dominare. Negli anni Novanta Scarpellini ha imboccato vie nuove; non più contento di una rappresentazione del mondo visibile, è andato alla ricerca del mistero straordinario che è alla base della vita. Nei suoi cicli pittorici tematicamente correlati, egli conduce lo spettatore in un universo senza tempo da dove tutto ciò che è banale e coincidente è stato eliminato. Nelle pitture di Scarpellini ci sentiamo accolti in grembo al tempo, in un mondo primordiale dominato da pianeti ed elementi naturali. Lì veniamo in contatto col nostro passato, il vero passato, fonte della nostra esistenza. Scarpellini ha elaborato questo tema con cicli di pittura legati ogni volta a uno degli elementi costitutivi del nostro pianeta: cioè Acqua Fuoco Terra Aria. Già i titoli poetici dei cicli bastano a evocare l’atmosfera lontana e idilliaca emanata dalle pitture: Città del Mare, Il Pianeta blu è una strada nel sole, Geo. Isola nell´immenso spazio dell’universo, Uno spazio libero verso il cielo. In questi cicli pittorici sono le forze della natura a dominare l’immagine. Qui la presenza umana ha unicamente un ruolo simbolico: sì, compaiono delle figure femminili, ma esse mancano di qualsiasi individualità; i loro volti sono senza fisionomia. La loro individualità è così poca cosa che a volte perfino la rappresentazione della testa è stata tralasciata. Appare evidente che le figure femminili vogliono essere prima di tutto incarnazioni del principio femminile e procreativo in generale, che è alla base della natura. Una associazione che viene rinforzata, poiché sono accentuate le parti femminili delle figure. Scarpellini non si è limitato a una semplice rappresentazione di questo mondo primordiale, ma è riuscito mirabilmente a utilizzare varie prospettive e a lasciare chi guarda non più soltanto spettatore di quel mondo lontano, ma allo stesso tempo partecipante, sperimentando la sensazione sorprendente di essere contemporaneamente “dentro e fuori” la pittura. Prendiamo come esempio le pitture del ciclo particolarmente suggestivo delle Città del Mare. Nella distanza vediamo la scogliera dove si trovano delle ninfe e nell’acqua appare l’immagine tremolante di un sole al tramonto o della luna, ma c’è di più: lo spettatore si sente, per così dire, assorto nella pittura a causa dell’intenso blu onnipresente e di conseguenza portato ad ammirare le marine non solo da un punto di vista lontano, ma come in un sogno, dalle profondità del mare stesso. Lo spettatore è divenuto egli stesso parte della pittura. Questo principio di “dentro e fuori”, combinazione straordinaria tra pittura descrittiva e introspettiva, ci fa allo stesso tempo spettatori e partecipanti, ed è presente in tutti gli altri cicli. Nelle pitture Geo. Isola nell’immenso spazio dell’universo ci troviamo in mezzo a un evento cosmico. In Pianeta blu è una strada nel sole siamo abbagliati dal giallo e bianco brillanti del sole. E nel ciclo Uno spazio libero verso il cielo balliamo senza peso insieme con le forme leggere e aleggianti che fanno l´elemento aria visibile. Questa identificazione con gli elementi dà alle pitture una qualità quasi mistica che nello spettatore evoca un sentimento di libertà e di spazio. Scarpellini non si sente obbligato a dipingere seguendo una maniera o una corrente specifica. Egli dispone di grandi risorse artistiche che lo rendono capace di trovare per qualsiasi tema il linguaggio pittorico adeguato. Indipendentemente dal soggetto egli utilizza delle forme monumentali, cubiste o, al contrario, superfici di espressionistici colori esultanti; come pure una linea pittorica sottile che ci ricorda Paul Klee. Probabilmente il Surrealismo è la corrente pittorica a cui Scarpellini si sente più vicino poiché esso non è tanto uno stile, quanto uno stato d’animo che pone l’artista alla ricerca del mondo misterioso nascosto dietro il temporale e il superficiale, per aprirsi al miracolo, al mistero e alla fantasia.

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2000 acrilico su carta polacca cm 20Ă—30

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2000 tecnica mista su masonite cm 60Ă—50

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2001 acrilico su tela cm 70Ă—80

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Giorgio Di Genova

Attraverso varie stagioni stilistiche

Giorgio Di Genova, Storia dell’Arte Italiana del ’900 per Generazioni. Generazione Anni Trenta, Edizioni Bora, Bologna, 2000

Per concludere quest’altro corposo capitolo non resta che considerare i restanti pittori del territorio fantastico, caratterizzato da un iconismo libero dai condizionamenti del verismo, in cui spesso si hanno elaborazioni di grande originalità. Non pochi artisti nati negli anni Trenta lo abitano, mentre altri vi compiono incursioni più o meno prolungate, com’è il caso del toscano Lori Scarpellini, esponente del Gruppo di Buti, il quale ha attraversato varie stagioni stilistiche, non sempre debitamente decantate, rasentando anche soluzioni aniconiche e oscillando tra un fare più accurato ed uno più corsivo, che allo spirare del Novanta l’hanno portato addirittura a soluzioni d’abstraction lyrique, collaterali ad abbandoni neoespressionisti (ciclo Terra “Isola nell’immenso spazio dell’universo” 1997), che estremizzavano certe tentazioni fauves, già in fieri nella vestaglia dell’Autoritratto alla finestra, uno dei lavori più convincenti del 1985. È proprio nel Novanta che in opere di esemplificazione del paesaggio e della figura si avverte un afflato fantastico, non sempre debitamente governato stilisticamente, tranne poche battute, tra cui va indicato l’olio Città del Mare del ’97.

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2003 terracotta policroma cm 11×9 108


Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2003 terracotta policroma cm 10Ă—16

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2003 terracotta policroma cm 10Ă—16

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Nicoletta Latrofa

Scarpellini e il “non-tempo” del big-bang originario

Commento alla mostra Acqua Fuoco Terra Aria, Palazzo dei Congressi, Cecina, luglio 2005

In arte, in letteratura, si arriva ad essere “liberi” quando, dominando la materia delle forme espressive, si può finalmente far fluire il proprio io profondo che insegue emozioni e le coglie nell’attimo stesso in cui affiorano e le veste di forme e colori. Spesso accade che ciò sia più facile ai giovani, che come diceva il poeta “ardono d’inconsapevolezza” e sono più capaci di lasciarsi condurre verso mondi onirici e vibranti. Ecco perché quando si entra in contatto con la pittura di Scarpellini, si stenta a credere che non sia quella di un giovanissimo pittore, tanto vivido e “primitivo” è il suo mondo poetico, magmatico e fluido, scaturigine del cuore stesso della terra di cui registra i primi battiti con un elettrocardiogramma che da essa nasce e da cui si diparte verso altri mondi. L’inquietudine che ti prende di fronte ad alcune opere è quasi malessere di vertigine; poi ti accorgi che c’è qualcosa che ti fa riconoscere fibra stessa di quella immagine: sia che si tratti dell’intravista figura femminile (sintagma fondante, generatrice di ogni forma) sia che la profondità del colore ti catturi e ti plachi rendendoti a te stesso più sazio e consapevole.

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Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2003 terracotta policroma cm 11Ă—17,5

Aria. Uno spazio libero verso il cielo, 2003 terracotta policroma cm 12Ă—14

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LibertĂ di movimento e di colore caratterizzano le opere di questo ciclo. Abbandonato ogni riferimento alla realtĂ , sembra di ritrovare qui la primigenia gioia della scoperta del segno e del colore. LS

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Cosmo. Movimento di luce e colore 2003-2007

Cosmo. Movimento di luce e colore, 2004 acrilico su tela cm 40Ă—30 113


Cosmo. Movimento di luce e colore, 2004 acrilico su tela cm 30Ă—40

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—40

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—36

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2005 acrilico su tela cm 40Ă—30


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Giovanna M. Carli

Cosmo. Movimento di luce e colore

L’Artista pittore davanti ad un paesaggio in una data ora sente, attraverso l’aspetto dei violenti caratteri del momento in continuo svolgimento, tutto il senso inesplicabile ma immenso ed arcano delle vicende dell’Universo.

Lori Scarpellini, occupandosi dell’arduo compito di rappresentare l’aria in pittura, si è ormai librato leggero, affrontando il supporto con destrezza e disinvoltura. Si muove in tutte le direzioni, anche a spirale, impugnando il pennello come novello Don Chisciotte, ora che i mulini a vento sono spariti e tutto gli appare come soggettivamente è. L’artista, infatti, è ora padrone di intervenire sulla materia e sulla concezione che ha di essa, padroneggiando le tecniche, quelle che maggiormente soddisfano il suo scopo; stende campiture, sgocciola sulla tela, procede senza timore, non deve compiacere se stesso né gli altri, ma provare piacere in quello che fa; ha ormai appreso la lezione di Gajoni: trovare il senso è trovare la propria strada. Come afferma lui stesso, in questo nuovo ciclo abbandona ogni riferimento alla realtà ritrovando, così, la gioia, ed è questo il concetto fondamentale espresso nella nuova tematica, del segno e del colore, un po’ come fosse tornato indietro nel tempo, al tempo mitico dell’infanzia, o addirittura primordiale antecedente la nascita, quando la mano era più vicina all’emozione che non all’intelletto o quando tutto si compiva malgrado noi ma con noi. Del resto come rappresentare il cosmo se non nella percezione che si ha della luce, del colore. L’autore poteva giungere a questa meta solo nella maturità, quando l’esperienza sembra lasciare il posto alla spontaneità ma in realtà l’ultima sta sulle spalle della prima e la nasconde ed è allora che agli occhi del riguardante tutto appare semplice come fatto da un bambino. Del resto, e lo diceva Picasso, a quattro anni dipingeva come Raffaello, e passi l’iperbole propria di un personaggio iperbolico, e poi ha speso tutta una vita per dimenticare quanto appreso e dipingere finalmente come un bambino; un modo come un altro per parlare di spontaneità, di quella però che rifugge dallo spontaneismo. In questi dipinti Lori Scarpellini tratta del movimento della luce e del colore, mettendo l’accento, precipuamente, sulla fenomenologia psicologica di esso. Come Monet, anche Scarpellini, non si accontenta di vedere la natura con gli occhi ma ha bisogno « ... di sentirla completa di tutti i suoi fenomeni attorno a sé e su di sé; [ha] bisogno di questa totale immersione fisica, di questo totale abbandono e delle difficoltà, dei piaceri, dei disagi, delle sensazioni ... ». Sicuramente il sentire dell’autore va al di là, ed è sempre andato al di là, del dato fenomenico, ma l’osservazione del fenomeno stesso, filtrata da una personalità attenta e perspicace all’arte antica e contemporanea, ha fatto il resto. Così riflette e sente, completamente, il moto della luce e del colore, ponderando le onde luminose, cercando di comprendere attraverso il “medium” pittorico: senza la luce non esisterebbe il colore e la luce, chiara e trasparente, è formata da raggi di colore diverso. Solo alcune onde della luce che colpiscono un oggetto sono assorbite, mentre una “rimbalza” colpendo il nostro occhio e dandoci la sensazione del colore: questo movimento interessa Scarpellini, il rimbalzo fa sì che noi percepiamo il colore e ci dà conto, nella sua pittura, dei colori da lui “sentiti”, facendo opera di astrazione. L’autore, usando il colore in funzione evocativa, impiega spesso i colori primari, soprattutto il rosso e il giallo, per determinare una sensazione di energia e di vitalità. Masse di colore contrapposte chiare e luminose, a cui si sovrappongono, talvolta, segni spiraliformi, determinano il definitivo indebolimento della “fedeltà” naturalistica nei dipinti: tanto più si allontana dal dato oggettivo, tanto più si avvicina alle proprie sensazioni soggettive. Ed è il trionfo del movimento del colore e della luce scevri, ormai, da ogni funzione mimetica, con quella forza espressionistica che il pittore sa conferire. Il quadro è, così, in grado di agire sullo spettatore emanando una musicalità interna data dalla rarefazione e assenza della forma, la tensione è espressa dall’uso o meno di un determinato colore e dalla sua quantità di luce, caratteristiche che determinano un peso e un’attenzione diversa su una parte o su un’altra.

Anton Luigi Gajoni, Dono ad un giovane pittore, manoscritto inedito, 1919

Cosmo. Movimento di luce e colore, 2006 tecnica mista su tela cm 70×50 Coll. Galleria d’Arte Contemporanea Spazzapan, Gradisca d’Isonzo 122


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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2006 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2006 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2006 acrilico su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2007 acrilico su tela cm 195Ă—120


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Pagine 128-129 Cosmo. Movimento di luce e colore, 2007 acrilico su tela cm 37,5Ă—68

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Cosmo. Movimento di luce e colore, 2007 acrilico su tela cm 66Ă—165


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Il senso di partecipazione all’infinito che la visione del cielo produce nell’uomo, ha ispirato le opere di questo ciclo. Ho voluto rappresentare un Universo popolato da ammassi di materia che esplodendo danno origine a spazi, forme, linee, movimenti in cui veri e soli protagonisti sono la Luce e il Colore. LS

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Cosmo. Materia di luce e colore 2006-2012

Cosmo. Materia di luce e colore, 2006 olio su tela cm 90Ă—90 133


Cosmo. Materia di luce e colore, 2006 tecnica mista su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2006 tecnica mista su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2006 tecnica mista su tela cm 50Ă—35

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2006 tecnica mista su tela cm 40Ă—30

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2009 tecnica mista su tela cm 40×50 Coll. Museo d’Arte Contemporanea, Casoli d’Atri

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2009 tecnica mista su tela cm 70×70 Coll. Museo d’Arte Contemporanea, Zavattarello

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2010 acrilico su tela cm 70Ă—182

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Giovanna M. Carli

Cosmo. Materia di luce e colore

L’arte è nata col pensiero umano. L’artista non esiste, e non esiste lo stile, e non esiste l’epoca, e allora non esiste l’arte, ma esiste il supremo senso investigatore dell’Universo.

Continua nel primo decennio del Duemila la ricerca congeniale all’autore concernente l’universo mondo. La sintesi massima a cui arriva è un’acme spirituale che non poteva non condurre all’interno di sé nella continua ricerca dell’esterno, concepito come altro dal vero, così intensa e affascinante. Anche qui servono da guida le definizioni stesse di Lori Scarpellini quando afferma che il senso di partecipazione all’infinito che l’uomo percepisce e sente, guardando e contemplando il cielo, è all’origine di queste opere che vogliono rappresentare un universo « ... popolato da ammassi di materia che esplodendo danno origine a spazi, forme, linee, movimenti in cui veri e soli protagonisti sono la Luce ed il Colore» vale a dire gli strumenti propri di dio e dell’artista. Lo sfondo freddo (blu, verde, viola) crea il contrasto con la materia di luce e colore che l’artista sedimenta chiudendo, sempre più, in forme aniconiche. Questa materia è caratterizzata da tonalità rosso-arancio, su uno sfondo plumbeo, ottenuto con la foglia d’argento e capace di assorbire tutte le radiazioni luminose. L’autore ha catturato la fonte della sua perizia: è finalmente entrato in possesso delle leggi che regolano il cosmo, la pura luce, il puro colore nelle loro variazioni, nei loro contrasti, nelle loro contrapposizioni, nella tendenza a guadagnare la terza dimensione, quella dimensione che egli ha già sperimentato nel 2003, con una full immersion nella creazione di piccole sculture in terracotta. Ha sperimentato, allora, tutti e quattro gli elementi, avvicinandosi al quinto, da vero alchemico dell’arte: provando e riprovando, esercitandosi sulla pura materia e sulla spiritualità da essa emanata. Lori Scarpellini rimasto fedele, in certo modo, alla terza dimensione, tende in queste opere a riprodurla con l’impiego di una tecnica mista, utilizzando la nobiltà dell’oro e dell’argento, tanto che alcuni lavori paiono usciti dalle mani di un abile orafo, preziosi. In alcune opere la centralità della composizione è paragonabile a un’isola di luce e di colore in mezzo a un silenzioso mare plumbeo, argenteo. Se questo grigio dello sfondo non brillasse, assorbirebbe in sé tutto il colore forte, chiassoso, sommato, disposto con ponderazione e sarebbe in grado di abbagliare due volte: la prima sprigionando la stessa forza del buio quando si è colti all’improvviso da una forte luce e la seconda sprigionando tutta l’intensità della luce quando si è travolti dal buio. Un’opera di questa serie, dal fondo blu con narrazioni di colore gialle e rosa, collocati in bande baccelliformi dal bordo dorato in rilievo, riconduce alle riflessioni di Lucio Fontana quando l’arte pittorica bidimensionale diviene tridimensionale con quel famoso taglio che apre il retro della tela (l’oltre, il di qua e di là in un unico spazio). Con cesure e con interruzioni che sembrano forzare il supporto per romperlo e penetrarlo, o epifaniche apparizioni, quasi fossero scoperte per forza di levare sulla tela, l’artista sa creare tensione, una tensione che è al contempo visiva e spirituale. È ormai compiuto il passaggio dalla complessità alla semplicità che, come afferma Constantino Brancusi, è già complessa di per sé. Una rara sintesi di tutto il catalogo delle opera d’arte si legge, dunque, nell’ultimo ciclo di Lori Scarpellini in attesa che, nella sua storia personale e nella sua dimensione poliedrica di uomo, si affacci di nuovo la ricerca di senso in un gioco, sempre mutevole, di forma, luce e colore.

Anton Luigi Gajoni, Dono ad un giovane pittore, manoscritto inedito, 1919

Cosmo. Materia di luce e colore, 2010 tecnica mista su tela cm 140×120 142

Ed ancora mi raffiguro gli artisti in piedi sopra ai loro capolavori. Quel che hanno concretato a loro più non basta perchè quello si è già consolidato col mondo conosciuto. E là sulle loro eccelse basi, sensibilissimi fissano beati la loro mente nell’Universo. È là dove si sprigiona e spira il supremo senso artistico universale! (Anton Luigi Gajoni)


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Cosmo. Materia di luce e colore, 2010 tecnica mista su tavola cm 21Ă—55

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2011 tecnica mista su tavola cm 46Ă—51

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2011 tecnica mista su tela cm 120Ă—120

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2012 tecnica mista su tavole ognuna cm 19Ă—50

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Cosmo. Materia di luce e colore, 2012 tecnica mista su masonite cm 50Ă—60

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foto di Lori Orsi 151


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Biografia

Il pittore Adriano Guerrucci con Lori Scarpellini dietro Notre Dame Parigi 1972

Silvano Lori Scarpellini svolge la sua attività artistica a Buti (Pisa) dove è nato nel 1934 e dove è sempre vissuto. Nei primi anni Sessanta ha frequentato lo studio del pittore Anton Luigi Gajoni, presso il quale si è compiuta la sua prima formazione, poi elaborata con modi espressivi personali sempre nella piena autonomia della ricerca. Proprio relativamente alla riscoperta della figura artistica di Gajoni e del suo ambito, ha collaborato con lo storico dell’arte Giorgio Di Genova alla sua Storia dell’arte italiana del 900 per generazioni. Generazione maestri storici, vol. III (Bora, Bologna). Per circa 25 anni si dedica al paesaggio, alla natura morta e alla figura umana con una sensibilità interpretativa molto personale e sintetica. La sua prima mostra personale risale al 1972. Da allora ha esposto le sue opere in numerose rassegne, collettive e personali, sia in Italia che all’estero. Le sue opere sono conservate in varie gallerie, fondazioni e musei pubblici e raccolte private. Molteplici i temi, le tecniche e i linguaggi che hanno caratterizzato il suo percorso artistico. Dalla metà degli anni Ottanta avverte la necessità di esprimersi con sensazioni interiori che lo spingono a trasformare il naturalismo sereno del paesaggio e della figura umana in una rappresentazione visionaria e inquietante di un mondo fantastico e misterioso. Nasce così il ciclo delle Entità vaganti. Dopo questa esperienza, sul finire degli anni Ottanta le suggestioni del libro di Lia Luzzato e Renata Pompas Il significato dei colori nelle civiltà antiche lo inducono a maturare l’idea di un nuovo ciclo, che nomina degli Astanti. Si tratta di figure statuarie e sintetiche immerse nel mare o sedute e distese su rocce che sembrano un’estensione delle loro membra, quasi estraniate in primordiali atmosfere senza tempo né storia. Nel 1990 il pittore pensa a una ricerca, che lo impegna per l’intero decennio, sui quattro elementi naturali della fisica antica: Acqua Fuoco Terra Aria. Il primo ciclo, dedicato all’Acqua e intitolato Città del Mare, è realizzato con fluenze di corpi e di simboli, immersi nella liquidità dei fondali marini. Nel successivo ciclo Il Pianeta blu è una strada nel Sole, protagonista il Fuoco, le figure e i simboli sono proiettati in variazioni cromatiche che richiamano la forza del fuoco e della luce. Si apre quindi, ispirato all’elemento Terra, il ciclo Geo. Isola nell’immenso spazio dell’Universo, nel quale la forza coloristica sottintende la solidità della terra vista come rifugio e sicurezza per gli esseri viventi. Infine Uno spazio libero verso il Cielo, il ciclo dell’Aria nel quale la chiarità dominante si anima di colori e di forme che sembrano appartenere a un mondo ideale fatto di spazi liberi e incontaminati. Con l’inizio del nuovo secolo e millennio, la ricerca pittorica si rivolge a un Tempo nuovo. Abbandonato ogni riferimento alla forma, Scarpellini sviluppa il ciclo Cosmo. Movimento di luce e colore nel quale sembra ritrovare la primigenia gioia della scoperta del segno e del colore. Infatti una piena libertà espressiva caratterizza le opere di questo ciclo. Sul finire del 2006 sviluppa infine il ciclo tuttora aperto Cosmo. Materia di luce e colore, ispirato al senso di partecipazione all’infinito dei mondi e dello spazio che la visione del cielo produce nell’uomo. Scarpellini intende così dare seguito visionario a un universo popolato da ammassi di materia che esplodendo danno origine a spazi, forme, linee, movimenti in cui veri e soli protagonisti sono la Luce e il Colore. 153


Mostre personali

Lori Scarpellini e l’artista Lorenzo D’Angiolo Fondazione Lazzareschi, Porcari 2012

Mostra di Lori Scarpellini Fondazione Lazzareschi, Porcari 2012

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1972 Galleria Kursaal, Montecatini Terme (Pt) 1973 Galleria Kursaal, Montecatini (Pt) 1979 Studio S, Montecatini Terme (Pt) 1983 XXV Salon des Peintres Seynois, La Seyne Sur Mer (Francia) 1984 Centro Domenico Cavalca,Vicopisano (Pi) 1985 Palazzo Municipale, La Seyne Sur Mer (Francia) 1986 Presenze toscane. Bobò Falconi Marchetti Scarpellini, V Rassegna d’Arte Città di Buti, Palazzo delle Scuole Elementari, Buti (Pi) 1987 Arte in Garden, Lunata (Lu) 1988 EtruriArte Salone d’Arte Moderna e Contemporanea, Venturina (Li) 1989 Rassegna d’Arte La Rotonda, Livorno (invito) 1991 Itinerari pittorici. Il Gruppo di Buti: Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, itinerante Logge di Palazzo Pretorio, Volterra (Pi); Palazzo Pretorio; Poggibonsi (Si); Palazzo Lanfranchi, Pisa; Chiesa di San Cristoforo, Lucca 1992 Cassa di Risparmio di Firenze, Marlia (Lu) 1993 Cassa di Risparmio di Firenze Marlia (Lu) • Ah, Pittura! Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, Galleria Lo Scalone, Palazzo Massarani, Mantova; Atelier Centro

Arti Visive, Carrara; Circolo Arti Figurative, Palazzo Ghibellino, Empoli 1994 Cassa di Risparmio di Firenze, Marlia (Lu) • Circolo Arti Figurative, Palazzo Ghibellino, Empoli (Fi) 1995 Cassa di Risparmio di Firenze, Marlia (Lu) 1996 Mediterranea. Un viaggio nel Pianeta blu attraverso i miti solari e le Città del Mare, Galleria Comunale, Barga (Lu); Galleria Pro Loco, Barga (Lu) • XV Rassegna d’Arte Città di Buti, Teatro Francesco di Bartolo, Buti (Pi) 1998 Mediterranea. Un viaggio nel Pianeta blu attraverso i miti solari e le Città del Mare, Sala ex Consiliare, Ponte Buggianese (Pt); Antichi Granai, Altopascio (Lu) 2004 Galerie Cent van‘t Blad, Goedereede (Olanda) • Acqua Fuoco Terra Aria 1992-2000, Palazzo Panciatichi, Regione Toscana Consiglio Regionale, Firenze 2005 Palazzo dei Congressi, Cecina (Li) • Galleria Il Germoglio, Pontedera (Pi) 2010 12° Internationaal Goereese Kunstdagen, Goedereede (Olanda) 2012 Palazzo di Vetro, Fondazione Lazzareschi, Porcari (Lu) 2013 Teatro Francesco Di Bartolo, Buti (Pi).


Mostre collettive

Lori Scarpellini, il Prof. Bartolomeo Matricali e Ernest Kurpershoek, alla mostra nella Galerie Cent van‘t Blad, Goedereede (Olanda) 2004

1969 Mostra Nazionale del Piccolo Formato, Centro d’Arte Verritre, Roma • Rassegna Nazionale del Piccolo Formato, Sale dell’Arengario, Milano • Rassegna di Pittura, Centro Domenico Cavalca, Vicopisano (Pi) 1970 Rassegna di Pittura Bocca d’Arno, Marina di Pisa • VII Rassegna Nazionale Sala dell’Angelico, Roma 1971 Rassegna Internazionale Selezione Madrid/Roma • Rassegna Nazionale di Pittura Valdinievole, Ponte Buggianese (Pt) 1972 Galleria L’Approdo, Lido di Camaiore (Lu) • Galleria Spampanato, Lucca • Collettiva Piccolo Formato Galleria Il Quadrato, Genova • Rassegna di pittura Giuseppe Viviani, Marina di Pisa • Rassegna di Pittura Executive, Viareggio (Lu) 1974 VII Centenario di San Francesco, Camigliano (Lu) • Rassegna d’Arte, Camigliano (Lu) 1975 Rassegna Nazionale di Pittura, Parco delle Terme, Uliveto Terme (Pi) 1978 Galleria Spampanato, Lucca 1982 Rassegna Pittori Toscani, Montecatini Terme (Pt) 1983 Galleria Nazionale, Lucca 1984 Rassegna Artisti Pisani, Arsenale Mediceo, Pisa 1989 (S)oggettivamente. Arte moderna in un paese antico, Civitella in Val di Chiana (Ar) 1991 X Rassegna d’Arte Città di Buti, Teatro Francesco di Bartolo, Buti (Pi) 1993 Occasioni d’incontro, Ospedale Psichiatrico di Maggiano, Lucca 1994 Acquorea, Massa Macinaia (Lu) • Galleria Lo Scalone, Palazzo Massari, Mantova 1995 40 pittori per l’arredamento, Salone del Mobile, Ponsacco (Pi) 1996 Occasioni di fine stagione, Ospedale Psichiatrico di Maggiano, Lucca • Pietra che rade, illustrazioni per le poesie di Nilvano Sbrana, Galleria CentroArtemoderna • Percorso d’arte, vetrine urbane, Barberino di Mugello (Fi) 1998

Contemporaneamente, Museo Cassioli, Asciano (Si) 2001 Il 900 italiano. Grafica e Incisioni, Torre Civica, Bientina (Pi) 2002 Museo Gilardi. Mostra Internazionale d’Arte contemporanea. Commissione Il Toro, Museo Gilardi, Forte dei Marmi (Lu) • Mostra delle acquisizioni 2000/2002 delle collezioni permanenti, vol 4, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento (Bo) • Ritratto a Pia Douwes, Foyer Luxor Theater, Rotterdam 2003 Scenari dell’imagerie. Attraversamenti delle collezioni permanenti del Museo, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento (Bo) • Mostra delle acquisizioni 2002-2003 per le collezioni permanenti del Museo delle Generazioni Italiane del 900, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento (Bo) • Gli incanti dell’iride. Luci e colori di Crasciana. Elizabet A.M Matricali Van Lamoen, Joop C. Termaaten, Harald Jean Jassoy, Will Righart, Bob Christopher, Margaret Graham Wilkee, Franco Rovini, Lori Scarpellini, luoghi urbani, Crasciana (Lu) • Museo Gilardi. Mostra Internazionale d’Arte contemporanea. Commissione MMIII Acqua, Museo Giraldi, Forte dei Marmi (Lu) • Museo Gilardi. Mostra Internazionale d’Arte contemporanea Commissione MMIII Acqua, Casinò Municipale di San Pellegrino Terme (Bg)) 2004 Luce. Vero Sole dell’arte, sezione Luci della natura e luci delle città, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento (Bo) • Museo Gilardi. In De 30, S Artworks are showing in the Health Council of the Netherland 2005 I diritti negati, Amnesty International, ex Chiesa di Santa Giulia, Lucca • Artisti della Galleria Il Germoglio, Pontedera 2006 Mai più violenza contro le donne, Amnesty International, Palazzo 155


Musei e collezioni pubbliche

Ducale, Lucca 2008 La Collezione Zavattini. Unicità e fantasia del piccolo formato, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento (Bo) 2010 Shopping Bag 2010. Arte del recupero, Via Margutta, Roma 2011 Non d’Itaca si sogna. 20 pittori per il 25 Aprile, Spazio d’Arte Centro Moretti, Carmignano (Po) • Le Visioni Passando Passando la Notte, Spazio Shalom, Fucecchio (Fi) 2012 La parola si fa muta. 14 pittori per la Shoah, Spazio Shalom, Fucecchio (Fi) 2013 Il tempo si sospende, Chiesa di Sant’Urbano, San Miniato al Tedesco (Pi).

Lori Scarpellini con il Maestro Anton Luigi Gajoni, settembre 1965 156

• MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Collezione 8×10 di Cesare Zavattini, Pieve di Cento (Bo) • Pinacoteca del Consiglio Regionale della Toscana, Palazzo Panciatichi, Firenze • Museo Gilardi, Forte dei Marmi (Lu) • Museo Civico, Taverna (Cz) • Museo d’Arte Contemporanea Castello Dal Verme, Zavattarello, Pavia • MACI Museo d’Arte Contemporanea Isernia, Isernia • MAS Museo d’Arte dello Splendore, Giulianova (Teramo) • MAC Museo d’Arte Contemporanea, Castello di Santa Severina, Santa Severina (Crotone) • The Saatchi Gallery online, Londra • Galleria Regionale d’Arte Contemporanea “Luigi Spazzapan”, Gradisca d’Isonzo (Go) • Galleria d’Arte Contemporanea “Vero Stoppioni”, Santa Sofia (Fc) • Civica Pinacoteca Amedeo Modigliani, Follonica (Gr)

• Centro Studi sull’Arte Fondazione Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca • Fondazione Ricci, Barga (Lu) • Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea della Cassa di Risparmio di Lucca • Collezione Comunale d’Arte Contemporanea Comune di Buti, Buti (Pi) • Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea del Credito Cooperativo della Valdinievole, Montecatini Terme (Pt) • Verzameling Contemporaine kunst van de Gemente, Goedereede, Nederland • Collezione Comunale d’Arte Contemporanea Goedereede, Olanda • Pinacoteca d’Arte Contemporanea “Casoli Pinta”, Casoli di Atri (Te)

Opere di Lori Scarpellini si trovano in Collezioni Private in Argentina, Belgio, Brasile, Francia, Italia, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Svizzera.


Bibliografia

1969 Tommaso De Virgiliis, Ottocento tavolette esposte nelle sale dell’Arengario, Arte Pura, A. XV, nn. 3-4, Roma, magg.-ag. • Giovanni A. Beretti, VI Mostra Naz. del Dipinto di Piccolo Formato, Auditorium, A. XVIII, n. 4, Roma. 1970 Giancarlo Segni, Una mostra a Roma organizzata del Centro d’Arte “Verritre”, Il Pungolo Verde, A. XXIV, n. 4, Campobasso, apr. • Italo Guzzi, Rassegna dell’Angelicum, Auditorium, A. XIX, n. 5, Roma. • Enzo Marri, A Roma la VII mostra nazionale del piccolo formato, Il Subbio, A. III, nn. 1-3, Rho, mar. • Emilio Bassi, Mostra della tavoletta a Roma, Nuovi Orizzonti, A. IX, n. 4, Napoli, apr. • Claudio Taverna Conte, La VII Mostra Nazionale del piccolo formato, La Gazzetta Ciociara, Frosinone, 10 apr. 1971 Rassegna Internazionale Primavera 1971 Madrid / Roma, Catalogo, Aldina Arti Grafiche, Portici Napoli. 1972 Catalogo Comanducci, Milano. 1973 Arte e poesia del nostro tempo, antologia, Edizioni il Quadrato Pittori Contemporanei 1972-1973, Milano. 1979 Elena Bono, Lori Scarpellini, presentazione al catalogo della personale allo Studio S, Montecatini Terme. 1986 Nicola Micieli, Presenze toscane. Bobò Falconi Marchetti Scarpellini, catalogo della V Rassegna d’Arte Città di Buti, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. 1991 Nicola Micieli, Itinerari pittorici. Gruppo di Buti. Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, coordinamento di Patrizia Turini, catalogo della mostra alle Logge di Palazzo Pretorio, Volterra, apr.; Palazzo Pretorio, Poggibonsi, magg.-giu.; Palazzo Lanfranchi, Pisa, lug.; Chiesa di San Cristoforo, Lucca, dic., Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera..

• Patrizia Turini, Debutta il Gruppo di Buti. Un’esperienza che è memore del 900 Italiano, La Nazione, Firenze, 13 lug. 1992 Luisella Audero, Continua la Mostra del Gruppo di Buti, La Nazione, Firenze, 24 magg. 1993 Ah, Pittura! Frosini Marconcini Scarpellini Tognarelli, a cura di Nicola Micieli, testi di Dino Carlesi, Benvenuto Guerra e Nicola Micieli, catalogo della mostra alla Galleria Lo Scalone, Mantova, 12-25 sett.; all’Atelier Centro Arti Visive, Carrara, 16 ott.-4 nov.; al Circolo Arti Figurative, Palazzo Ghibellino, Empoli, 5-20 febb. 1994. Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. • Nicola Micieli, Il Gruppo di Buti, Il Grande Vetro, n. 118, ag.-ott. • Mario Campagnari, Poker di pittori Toscani, La Voce di Mantova, 13 sett. • Mario Campagnari, Il Gruppo di Buti allo Scalone, La Voce di Mantova, 11 sett. • Benvenuto Guerra, Il Gruppo di Buti: Frosini, Marconcini, Scarpellini, Tognarelli, Archivio, Mantova, ott. • Nicola Micieli, Occasioni d’incontro, catalogo della rassegna all’Ospedale Psichiatrico di Maggiano, Lucca. • Benvenuto Guerra, Poker Toscano allo Scalone, La Voce di Mantova, 11 sett. 1996 Lori Scarpellini. Mediterranea, testi di Dino Carlesi e Nicola Micieli, catalogo della personale alla Galleria Comunale di Barga, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. • Mario Marzocchi, Lori Scarpellini. Mediterranea, Il Tirreno, Lucca, 31 mar. • Mario Rocchi, Lori Scarpellini. Mediterranea, La Nazione, Lucca, 31 mar. • Luca Galeotti, La mostra di Lori Scarpellini torna a Barga, Il Giornale di Barga, giu. • Nicola Micieli, Occasioni di fine stagione, catalogo della rassegna all’Ospedale Psichiatrico di Maggiano, Lucca.

• Tiziana Basili, XV Rassegna d’Arte Città di Buti, TerzoOcchio, Bologna. • Incontri. Frosini Guerrucci Marconcini Pratali Scarpellini Tognarelli - Omaggio a Enrico Baj, XV Rassegna d’Arte Città di Buti, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. • Nilvano Sbrana, Pietra che rade, poesie, illustrazioni di vari artisti, Litografia Felici Editrice, Pisa. • Nicola Micieli, XV Rassegna d’Arte Città di Buti, Contemporart, Nonantola. 1997 Tommaso Paloscia, Accadde in Toscana 2. L’arte visiva dal 41 ai primi anni 70, Edizioni Polistampa, Firenze. 1998 Dino Carlesi, Lori Scarpellini, presentazione al catalogo della personale alla Sala ex Consiliare, Ponte Buggianese. • Lori Scarpellini. Mediterranea, testi di Dino Carlesi e Nicola Micieli, catalogo della personale agli Antichi Granai di Altopascio, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. 2000 Giorgio Di Genova, Storia dell’Arte Italiana del ’900 per generazioni. Generazione Anni Trenta, Edizioni Bora, Bologna. 2001 Il 900 Italiano. Grafica e incisioni, Torre Civica Comunale, Bientina. 2002 Giorgio Di Genova, Acquisizioni 2000/2002 delle collezioni permanenti, vol. 4, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento, Edizioni Bora, Bologna. 2003 Giorgio Di Genova, Scenari dell’imagerie. Attraversamenti delle Collezioni del Museo, catalogo della mostra, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento, Edizioni Bora, Bologna. • Giorgio Di Genova, Scenari dell’imagerie. Attraversamenti delle Collezioni Permanenti, TerzoOcchio, n 107, Bologna, giu. • Giorgio Di Genova, Acquisizioni 2002157


2003 per la collezione Cesare Zavattini, catalogo generale delle collezioni permanenti, vol. 6, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento, Edizioni Bora, Bologna. 2004 Giorgio Di Genova, Luce. Vero Sole dell’arte, sezione Luci della natura e luci delle città, prefazione di Giulio Bargellini, MAGI ’900 Museo delle eccellenze artistiche e storiche, Pieve di Cento, Edizioni Bora, Bologna. • Michele De Luca, Luce, sole dell’arte. Il tema della luce al centro di una grande mostra al Museo Bargellini, Corriere Proposte, giornale online, 3 giu. • Francesca Baboni, L’estetica della luce al Museo Bargellini, Reporter.it, giornale online. • Cinzia Folcarelli, Luce, vero sole dell’arte, TerzoOcchio, n. 112, Bologna, sett.

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• Acqua Fuoco Terra Aria, introduzione di Riccardo Nencini, testi di Dino Carlesi ed Ernest Kurpershoek, Regione Toscana, catalogo della personale a Palazzo Panciatichi, Firenze, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. • Marco Fagioli, I quattro elementi di Scarpellini, intervento alla mostra personale Acqua Fuoco Terra Aria, Palazzo Panciatichi, Firenze. 2005 Giovanna Maria Carli, Arte della Toscana. Opere d’Arte dalla Collezione Regionale, introduzione di Giovanna Maria Carli, presentazioni di Riccardo Nencini, Antonio Paolucci e Carlo Sisi, vol. II, Edizioni Bandecchi & Vivaldi, Pontedera. 2011 Non d’Itaca si sogna. 20 pittori per il 25 aprile, catalogo della mostra allo Spazio Moretti di Carmignano, Stampa Mick Press, Fornacette.

• Le Visioni Passando Passando la Notte, testi di Marco Fagioli e Fabrizio Ulivieri, catalogo della mostra allo Spazio Shalom di Fucecchio, Kamorac Sogni Editore, Santa Croce sull’Arno. CD-rom / DVD • 120 opere di Lori Scarpellini, CD-rom monografico, 2000. • Mediterranea. 800 opere di Lori Scarpellini, CD-rom monografico, 2001. • Lori Scarpellini. Opere dal 1970 al 2002, DVD per la personale alla Fondazione Lazzareschi, Porcari, 2012.

Studio via Piavola 67 - Buti (Pi) - tel. 0587 723070 pittore@loriscarpellini.it - www.loriscarpellini.it


Il Gruppo di Buti in versione estiva, anni ottanta. Da sinistra Franco Marconcini, Marcello Frosini, Lori Scarpellini e Gianfranco Tognarelli. Consumate le godibili vivande di Donna Carla e - forse - in istato leggermente euforico, a notte fonda nello studio di Lori Scarpellini, Nicola Micieli firma “a posteriori” l’atto costitutivo del già operante Gruppo di Buti. 22 gennaio 1984, ore 02 Pagina a fronte Foto di Sauro Macelloni Il gallerista Alberto Rolla, Lori Scarpellini e il maestro Enrico Baj al Teatro Francesco di Bartolo per la mostra Incontri. Frosini Guerrucci Marconcini Pratali Scarpellini Tognarelli e Omaggio a Enrico Baj. XV Rassegna d’Arte Città di Buti, settembre 1996 159


Stampato in trecento esemplari numerati e firmati dall’autore da 1/300 a 300/300 presso la Tipografia Bandecchi & Vivaldi editori e stampatori in Pontedera

Settembre 2013

copia n. .......


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