Anni Sessanta Settanta, da Maschera Nera a Rin Tin Tin
Il fumetto western, negli anni Sessanta, è in assoluto una delle letture più gradite dagli italiani. In realtà, grazie allo straordinario fenomeno dello spaghetti western (di cui ci si occupa in altra parte di questo catalogo), atmosfere e situazioni della Frontiera, seppure pesantemente rivisitate rispetto ai canoni del genere, funzionano benissimo pure sul grande schermo, ma è indubbio che per un certo lasso di tempo tra il fumetto avventuroso e quello western si registri, nel nostro Paese, una coincidenza quasi assoluta. Accanto alle collane, sempre più popolari e apprezzate, dell’editore Bonelli (Tex in testa) e alla prosecuzione di Pecos Bill (pubblicato a partire dal 1962 dalla casa editrice Fasani, che lo eredita da Mondadori), arrivano in edicola serie narrativamente e visivamente più “aggressive” come “Maschera Nera” (1962) di Max Bunker e Paul Payne (al secolo Luciano Secchi e Paolo Piffarerio), via di mezzo tra Zorro e Lone Ranger, “Gim Texas” (1963) di Franco Mastrazzo ed “El Gringo” (1965), ancora di Secchi e Piffarerio, palesemente influenzato dal western all’italiana cinematografico. Un discorso a parte merita “Vartàn”, la sexy indianina dalla pelle bianca e dai capelli biondi creata nel 1969 da Furio Viano e Paolo Ghelardini per i disegni di Sandro Angiolini, protagonista di uno dei tanti tascabili erotici che furoreggiavano all’epoca e omaggiante, nel nome, la cantante e attrice francese Sylvie Vartan. Diverse altre eroine, più o meno discinte, tentarono di imitarne le imprese ma sempre senza grande fortuna, da “Walalla l’indiana bionda” (1969) di Barbieri, Gomboli e Missaglia alla “Vergine Nera” (1969) di Cannata e Dell’Acqua, passando per “Sylvie” (1971) di Romano Mangiarano e “Kalamity Jane” (1975) di Armando Bonato. Un altro fumetto western che vale la pena citare, in quanto decisamente sui generis, è “Dyno”, ideato da Enrico Bagnoli e realizzato graficamente da Raffaele Paparella. Edita nel 1968 dalla Mondadori per soli due numeri, questa testata raccontava le gesta di un giovane cavaliere solitario che si muove però - a bordo di una motocicletta e armato unicamente di un lazo come Pecos Bill - nel West degli anni Sessanta del XX secolo anziché in quello ottocentesco. Accanto ai fumetti e al cinema, in quel periodo acquisisce una centralità sempre maggiore il medium televisivo. Già dal 1956 la Rai aveva iniziato a trasmettere in Italia gli episodi (girati negli Stati Uniti tra il 1954 e il 1959, per complessive cinque stagioni) della serie tv “Rin Tin Tin”, nella quale i soldati di Fort Apache, in Arizona, si avvalgono del determinante aiuto di un cane coraggioso e intelligentissimo, appunto il pastore tedesco Rin Tin Tin, già protagonista negli anni Trenta di vari film muti prodotti dalla Warner. «Con gli anni», scrive Giuseppe Lippi, «il fenomeno Rinty dilaga nel mondo del fumetto: prima negli Stati Uniti, poi in Francia e in Italia, vengono realizzate le storie che l’editrice Cenisio di Milano raccoglie nella collana “Vedette della TV”, nata da una brillante idea dell’editore Battista Arcaini». Tra gli autori di questi adattamenti fumettistici figurano l’americano Sparky Moore e gli italiani Luigi Grecchi e Carlo Raffaele Marcello.