Tipography of Chinese and Japanese restaurants in Milan

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I cinesi, si sa, sono tantissimi; non solo in Cina, ma anche in tutto il mondo, a causa del loro alto tasso di emigrazione. L’attività più tipica che i cinesi aprono all’estero è il ristorante: infatti praticamente in ogni città c’è almeno un ristorante di cibo cinese. A Milano tali ristoranti sono più presenti che in altre città: questo perché Milano è una metropoli multiculturale, in cui la presenza degli stranieri è evidentissima. Possiede addirittura una “Chinatown”: è via Paolo Sarpi, in zona Porta Garibaldi. E’ lì che si concentra la maggior parte dei negozi cinesi, in particolar modo i ristoranti. La grafica di questo tipo di locali (insegna, menu ecc.) è distinguibilissima da quella dei normali ristoranti italiani o di altre nazionalità; cercheremo quindi di individuare le caratteristiche tipiche di questo particolare tipo di grafica. Esistono dei colori ricorrenti? Viene usato sempre lo stesso tipo di carattere? Che tipo di immagini vengono integrate? A un primo sguardo, è facile riconoscere i segni ricorrenti della grafica dei ristoranti cinesi: caratteri graziati, scritte rosse su fondo bianco, a volte vi sono degli elementi giallo/ dorati, nome del ristorante e piatti scritti in doppia lingua. Ma esiste un “canone” della grafica cinese? Abbiamo fatto una ricerca tra i ristoranti di via Paolo Sarpi, per sapere se esiste un tipografo specializzato in questo tipo di grafica.


In una strada parallela a via Paolo Sarpi, ovvero via Bertini, ci siamo imbattuti in una tipografia italiana, l’Officina Taracchini. All’interno il proprietario, Riccardo Taracchini, è stato felice di rispondere alle nostre domande (i gestori dei ristoranti cinesi non sembravano propensi a darci molte informazioni, oppure non parlavano bene l’italiano). L’Officina Taracchini ha creato le insegne per qualche ristorante cinese della zona. Ci ha spiegato che in genere i gestori dei ristoranti cinesi vogliono grafiche semplici, spesso anche un po’ kitsch. Hanno sempre un’idea molto precisa di quello che vogliono: i colori utilizzati devono sempre essere il bianco, il rosso, il verde o il blu; prediligono caratteri graziati o handwritten; a volte sono richieste le foto dei piatti di fianco al loro nome sul menu. Per fare le grafiche cinesi, Tarcchini collabora con un ragazzo cinese, di nome Ou Wen, che lo aiuta per le scritte in ideogrammi. Genericamente però i cinesi preferiscono rivolgersi a tipografie a gestione cinese, per comunicare più facilmente ciò che vogliono.


La tipografia cinese della zona di via Paolo Sarpi si trova in via Bramante 23, e si chiama “Volantino Creatività”; il negozio è italiano, ma gestito da cinesi (si notano subito gli ideogrammi sull’insegna dell’entrata). All’interno una coppia adulta gestisce lo studio, e realizza menù e grafiche non solo per i ristoranti cinesi, ma anche per quelli giapponesi gestiti da cinesi. La coppia di gestori purtroppo non parlava bene italiano e non ci ha permesso di scattare foto, ma abbiamo potuto dare un’occhiata nel negozio: c’erano molti menu d’esempio per i clienti, e molti non erano affatto kitsch, ma ben fatti e con un chiaro studio tipografico alle spalle, a dimostrazione del fatto che non sempre i cinesi si accontentano delle solite grafiche, ma sono anche in grado di realizzare lavori originali e studiati, e che esiste una tipografia professionale specializzata in questo settore.

Le due insegne qui sopra sono state progettate dall’Officina Taracchini. Si nota subito la differenza con quelle fatte da cinesi

La tipografia cinese “Volantino Creatività”


Colori rosso e verde

Caratteri graziati

Caratteri handwritten


Un simbolo decorativo

Caratteri bastoni

Ideogrammi decorativi

Bianco su nero





CALIFORNIA

Tonno, avocado, surimi, lattuga, cetriolo e tobiko

SALMON ORANGE MAKI

Salmone, surimi, lattuga, avocado, cetriolo, condito con salsa all’arancia

SPICY TUNA MAKI

IMPERIAL DRAGON MAKI

Tonno, tobiko, cipollotto e salsa piccante

Tempura di gambero, cetriolo, lattuga, avocado, tempura croccante e tobiko servito con salsa teriyaki e sriracha

PHILADELPHIA MAKI

SUMMER MAKI

TEMPURA PRAWN MAKI

SALMONIA MAKI

Salmone, philadelphia, lattuga e sesamo

Tempura di gambero, tobiko, avocado, lattuga e cetriolo

SALMON AVOCADO MAKI Salmone, avocado e tobiko

TUNA AVOCADO MAKI

Salmone, gamberi, avocado, philadelphia, mango, condito con salsa berry e salsa rosa

Salmone, avocado, lattuga, ikura, surimi e maionese

RAINBOW MAKI

Surimi, cetriolo, mango, tonno, salmone, pesce spada e avocado


Dopo aver trovato i caratteri distintivi della grafica dei ristoranti cinesi e di quelli giapponesi, e dopo aver constatato che sono totalmente diverse, c’è un’importante considerazione da fare: quasi tutti i ristoranti giapponesi a Milano sono in realtà gestiti da cinesi, eppure lo stile non è nemmeno lontanamente simile a quello dei ristoranti della loro nazionalità; come mai? Lo stile giapponese è famoso nel mondo per il suo minimalismo, per l’eleganza e l’armonia degli elementi: la grafica di questo stile è considerata talmente bella da essere stata copiata e rielaborata da tantissimi artisti di varie nazionalità, fin dall’800. Non si può fare lo stesso discorso per la Cina, che non possiede affatto lo stesso minimalismo e l’equilibrio visivo del Giappone; lo stile cinese infatti è molto sfarzoso, quasi baroccheggiante, e considerato a volte troppo kitsch. I cinesi che emigrano e aprono ristoranti giapponesi sono ben consapevoli del fatto che la gente sa riconoscere le differenze tra questi due stili; è interessante notare come i cinesi si facciano realizzare delle grafiche in uno stile che non è affatto il loro (usando addirittura scritte in giapponese, che loro non dovrebbero conoscere!) per essere il più fedeli possibile al tipo di ristorante che aprono; sembra un fatto scontato, ma non è facile adeguarsi alla cultura di un altro paese.


Si sa che quasi tutti i ristoranti di sushi in Italia sono in realtĂ gestiti da cinesi; quindi anche per le grafiche dei ristoranti giapponesi si rivolgono agli stessi studi grafici: in una tipografia cinese infatti abbiamo trovato anche menu di sushi, tutti con le stesse caratteristiche: sfondo nero e scritte bianche o al massimo rosse, font sempre bastoni, loghi in stile calligrafia giapponese e poche decorazioni, genericamente ideogrammi o fiori di ciliegio (tipico simbolo del Giappone). Siamo andati perciò in un vero ristorante giapponese, il piĂš famoso di Milano: lo Shiro/ Poporoya, in via Eustachi. Questo ristorante, aperto dal 1977, ha una grafica che ironicamente si distingue molto da quella tipica dei finti ristoranti giapponesi, ma sicuramente ben fatta: i proprietari infatti ci hanno detto di averla commissionata all’apertura da un tipografo italiano (di cui purtroppo non si ricordavano il nome): questo prova che i giapponesi sono aperti alla collaborazione con studi grafici locali. Dal 1977 il logo dello Shiro e quello del Poporoya non sono mai cambiati.


Il cibo giapponese, specialmente il sushi, è molto di moda; Milano, essendo la città più alla moda d’Italia, non poteva certo essere da meno: infatti negli ultimi tempi sono spuntati moltissimi ristoranti giapponesi. Benché siano due paesi vicini, il Giappone e la Cina sono totalmente diversi per quanto riguarda lo stile e la grafica, e questo ovviamente si riflette nei menu e nelle insegne dei relativi ristoranti. I locali giapponesi hanno dei segni distintivi ancora più forti di quelli cinesi, oltre a essere completamente diversi: la grafica è più ricercata, lo stile è più pulito e ordinato, i colori usati sono pochissimi (quasi sempre sfondo nero e scritte bianche), le poche immagini usate sono tipiche icone giapponesi, come ideogrammi, fiori di ciliegio o bambù, ecc. In Italia i giapponesi sono molto meno dei cinesi, e infatti non esiste un quartiere giapponese come via Paolo Sarpi per i cinesi. I ristoranti di sushi infatti sono sparsi per tutta la città (a Milano ultimamente se ne trovano davvero tanti!); oltre a essere molti meno, i giapponesi all’estero sono anche un po’ più aperti dei cinesi, e quasi sempre vivono qui da tempo e imparano la lingua. Ci chiediamo quindi se esistano delle tipografie anche per i giapponesi, o se siano disposti a collaborare anche con grafici italiani.




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