Buti

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Con il Patrocinio del Comune di Buti

UN TERRITORIO SCOLPITO DALL’OLIVICOLTURA Testi e ricerche storiche a cura di Franco Lari Foto��a�ie a cura di Lido Scar�e��ini


Il presente libro viene distribuito dall’associazione BUBAMARA TEATRO ed il ricavato della vendita sarà devoluto all’Associazione genitori con figli disabili IL CIGNO D’ORO di Buti


Buti Città dell’Olio


Saluto del Sindaco Il Comune di Buti ha recentemente aderito all’Associazione Nazionale Città dell’Olio, che cura la promozione e la sinergia tra le realtà italiane dove si produce l’olio d’oliva, e che ha voluto organizzare a Buti uno dei cinque appuntamenti nazionali del progetto Med Diet, per la diffusione dei valori della dieta mediterranea. Questo evento è stato preceduto dalla manifestazione “I Tesori di Buti” all’interno del quale abbiamo ricevuto la bandiera delle Città dell’Olio, e promosso quelle che sono le attività del paese legate all’olio ed all’agricoltura. Un rinnovato interesse per le caratteristiche peculiari di Buti in termini agricoli ed ambientali, ha ispirato la nascita di questo fotolibro in cui si individua già dal titolo il demiurgo butese: l’olio. Dal lavoro svolto emerge un risultato fondamentale: i nostri antenati, con duro lavoro e l’amore per la terra di Buti hanno trasformato il territorio in una grande opera d’arte a cielo aperto. Infiniti terrazzamenti, tutti rigorosamente con muri a secco, la costruzione di valli e vallini per il drenaggio delle acque, la costruzione negli oliveti di fognature sotterranee tutte in pietra, i frantoi lungo i rii, le numerose steccaie, le gore parallele al corso del fiume, la scultura degli oliveti a forma di Aquila, lo stemma del nostro Comune, tutto ciò fa di Buti un territorio unico e rappresenta un esempio virtuoso di integrazione dell’uomo con l’ambiente ed il paesaggio, ed offre un’immagine della tenacia e del genio del popolo Toscano.

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Mentre i nostri antenati modellavano il territorio, sono a loro volta stati modellati da esso. La bellezza della natura, l’armonia della vallata, le sorgenti, i boschi hanno creato le condizioni per far emergere le parti più nobili della persona. Uomini forti, abituati a lavorare duramente, ed a volte resi rudi dalla fatica, ma capaci anche di esprimere una particolare sensibilità con canti, poesie, Maggi. Buti, oltre aver dato i natali a Francesco Di Bartolo, primo commentatore della Divina Commedia di Dante Alighieri, ha visto nascere il genio di tanti poeti, fino ai giorni nostri. È un segno di appartenenza alla nostra terra, che vogliamo trasmettere alle future generazioni. Grazie agli autori per aver evidenziato, sia con documentazione storica, sia con l’attualizzazione fotografica, così tanto patrimonio di cultura che è ricchezza, gioia e vanto di ogni butese. Grazie a loro e all’associazione Bubamara Teatro possiamo evidenziare oltre a quelle descritte anche un’altra grande dote del popolo butese: la generosità. È lodevole aver pensato questo progetto non solo per divulgare le nostre bellezze ma anche per aiutare un’associazione del territorio, “Il Cigno d’Oro”; a cui sarà devoluto il ricavato della vendita, al fine di sviluppare le attività a favore dei ragazzi disabili di Buti.

Alessio Lari


LE AQUILE I TERRAZZAMENTI IN PIETRA LE FOGNATURE IN PIETRA IL DRENAGGIO DELLE ACQUE PIOVANE: VALLI, VALLINI, RII LE STRADE IN PIETRA

LA LAVORAZIONE DELLE OLIVE

Un territorio scolpito dall’olivicoltura

LA STRUTTURA DEGLI OLIVETI

I FRANTOI LA FORZA IDRAULICA LE STECCAIE

IL PRODOTTO L’OLIO DI BUTI I RICONOSCIMENTI GIOACCHINO ROSSINI

LA CULTURA COLLEGATA ALL’OLIVICOLTURA IL MAGGIO I POETI LA CUCINA BUTESE

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Un territorio scolpito dall’olivicultura

LE AQUILE L’attuale struttura degli oliveti deriva da un lavoro effettuato per secoli sul territorio, da persone che per prima cosa amavano Buti. L’aver costruito gli oliveti a forma di aquile, una maestosa a nord e l’altra minore a sud è un omaggio a Buti, in quanto l’aquila è lo stemma donato al popolo di Buti da Ottone II, imperatore del Sacro Romano Impero dal 973 al 983 ed anche oggi è rappresentata nello stemma del Comune di Buti. L’aquila identifica da oltre mille anni l’identità del popolo butese, i suoi valori, la sua economia. Nello stemma l’aquila tiene stretto nei suoi artigli un ramo di olivo ed uno di castagno. È su queste coltivazioni che si è sviluppata l’economia e la vita di Buti. Il castagno ha prodotto per secoli uno degli alimenti fondamentali dell’alimentazione, la farina di castagne. Inoltre ha fornito la materia prima per la principale attività produttiva butese, la creazione di corbelli e cesti in castagno intrecciato Già nel 1400 le ceste erano associate al nome di Buti. Da uno spoglio delle portate del 1491 (Archivio di

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Stato di Pisa Ufficio Fiumi e Fossi, n° 1584 Portate di Vicopisano e Pontedera dal n.471 al 621.79) un gran numero di famiglie abitanti a Buti risultano impegnate nella lavorazione e vendita di contenitori e dichiarano “ho exercisio di corbella e lavoro le mie possessioni, ho exercisio di corbella canestri e paniere… ho bottega in casa mia di botte et di corbella, panieri et canestre nel Castello di Buti.” 1 Tale produzione, perdurata per secoli, è stata fondamentale per l’economia in particolare dal 1950 al 1980, periodo in cui esportava i prodotti nel mercato internazionale. L’altra pianta, l’olivo ha trovato nella nostra valle l’habitat naturale per produrre un prodotto di eccellenza: l’olio di Buti. La coltivazione dell’olivo e del castagno hanno formato nei secoli l’identità di un popolo, che con la propria tenacia ha saputo trasformare un territorio aspro e difficile in un ambiente armonioso e piacevole. Nel modellare il territorio, sono emerse le caratteristiche degli agricoltori butesi, uomini forti e pacifici, laboriosi e poetici, coraggiosi ed altruisti.


UN POPOLO È QUELLO CHE È STATO, ed ancora oggi l’identità del popolo di Buti è costituita dall’amore per la sua terra, i suoi boschi, la sua cultura, il teatro, la poesia, il palio, le contrade, la musica, la pittura, il canto, la gastronomia, l’associazionismo, la necessità innata di vivere ed operare con gli altri, la solidarietà, l’integrazione sociale. Parlando di integrazione analizziamo il dialetto butese. Nella presentazione di un recente studio sul dialetto curato da Massimo Pratali ed Aurora Puccetti2, il prof. Jacques Thiers scopre le somiglianze che esistono tra il dialetto butese ed il

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linguaggio corso, come pure sono conosciuti i collegamenti con la Garfagnana e l’appennino modenese. Sono antiche storie di immigrazioni per fuggire da guerre e dalla povertà, di persone che hanno trovato in Buti accoglienza ed integrazione. Il dialetto e la storia forniscono un prezioso insegnamento ed una sfida per il mondo di oggi. L’aquila rappresenta quindi l’identità butese che si manifesta nell’amore per la sua terra ed il desiderio di partecipare al perseguimento del bene comune.

Tratto da: Fabrizio Franceschini – Storie di Eroine Pisane pagg. 14/15 –anno 1987 Massimo Pratali – Aurora Puccetti Vocabolario butese pagg,10/11 anno 2010

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I TERRAZZAMENTI IN PIETRA Gli oliveti sono costruiti a terrazzamenti tutti rigorosamente in muri in pietra a secco; che si sviluppano in tutta la vallata. Un lavoro immenso di secoli che ha inciso il territorio come una grande opera d’arte a cielo aperto. Ogni oliveto è denso di terrazzamenti di varie altezze.

L’unità di misura è ancora oggi lo stioro (al plurale stiora) corrispondente a 555,55 mq. 18 stiora corrispondono ad un ettaro di terreno. Altra caratteristica è l’assenza di recinzioni nei confini, dove ognuno conosce i propri limiti e rispetta il territorio altrui.





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LE FOGNATURE IN PIETRA, VALLI, VALLINI, RII I terrazzamenti, ove si rendevano necessarie, hanno un sistema di fognature sotterranee in pietra per il drenaggio delle acque piovane. Queste acque piovane vengono indirizzate verso numerose valli o vallini che confluiscono nei rii, affluenti del principale Rio Magno. Mentre il rio ha origine da sorgenti perenni diffuse sul territorio, la valle o il vallino servono solo per il drenaggio delle acque piovane.

Valli o vallini • Valle di Gavigli • Valle di Ferrante • Valle di Valigatti • Valle di Docciola • Valle della Serra • Vallino di Gavigli • Vallino della Valle di Ferrante • Vallino di san Bastiano • Vallino di Bucettola • Vallino di Cirillo

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• Vallino di Sant’Antonino • Vallino di Bottaccio • Vallino delle Taglie • Vallino di Cintoia • Vallino di S. Martino • Vallino della Lecceta

Rii principali nel territorio di Buti • Rio Magno • Rio dell’Acqua Gelata • Rio della Borgherina • Rio dei Ceci • Rio di Corbeta • Rio della Frana • Rio di Gentivola • Rio delle Lame • Rio delle Piastraie • Rio di Quadonica • Rio del Sasseto • Rio dei Sassi • Rio di S. Andrea

• Rio di S. Antone • Rio di Solaio • Rio del Seracino • Rio della Tana • Rio di Tanali • Rio di Valigatti • Rio di Valitrugoli • Rio della Valle degli Alberi • Rio della Valle di Docciola • Visona di Buti



Un esempio della rete di drenaggio delle acque piovane


Per servire le unità poderali furono costruite strade in pietra ancora oggi percorribili. Le strade principali erano denominate vie

(esempio. Via di Cima alla Serra), da cui partivano una rete capillare di viottoli per le varie località.

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STRADE DI CAMPAGNA

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Il frantoio è un edificio progettato e costruito per estrarre l’olio dalle olive attraverso una operazione denominata frantura o frangitura. I frantoi furono costruiti lungo i rii da cui attingevano la materia prima della forza idraulica, l’acqua. Lungo i rii e principalmente lungo il Rio Magno l’acqua veniva incanalata in gorili denominati gore che avevano un corso parallelo al rio e conducevano l’acqua sopra la ruota a cassette. Le cassette riempite facevano prendere velocità alla ruota idraulica che per mezzo di un asse e di varie ruote dentate muoveva i macelli di frangitura delle olive all’interno del frantoio. L’edificio del frantoio aveva una struttura particolare, all’esterno la ruota idraulica, all’interno, a piano terra vi erano uno o più macelli costituiti da una pila di pietra e un asse verticale su cui girava una macina di granito, il verrucano. Sempre a piano terra si trovava la strettoia dove veniva portato il castello costituito da bruscole riempite di pasta di olive frante per circa due ore. Altra zona a piano terra era dedicata al coppaio per il deposito dell’olio ed una zona per la sansa e le acque reflue. Al piano primo ed eventualmente al secondo,

vi erano grandi solaioni dove venivano portate le olive in attesa della frantura. Il solaione aveva finestre senza infissi, con grate di ferro, la caratteristica delle finestre era l’altezza, poco al di sopra del livello del solaio per permettere una corrente d’aria continua al fine di evitare la formazione di muffe nelle olive. Ogni agricoltore stendeva le proprie olive accanto a quelle degli altri, delimitate da un travicello, con un rapporto di reciproca onestà e fiducia. Al momento della frantura dal solaione attraverso tremogge e canali in legno le olive arrivavano direttamente dentro il macello. Il frantoio era dotato di strumenti di lavorazione e di misura particolari: la catinella, le brocche, il fiasco, il boccale, la mezzetta, il quartuccio, l’ottavo, il garale. Lo staio, un corbello o un recipiente apposito con una riga centrale per pareggiare il contenuto, conteneva kg. 17 di olive. Importante era anche la zira, un coppo con la bocca larga dove venivano messi a sgrondare i recipienti per recuperare anche l’olio di sgrondo. di cui una parte veniva donata alle persone bisognose Seguiva il trattamento della sansa, passando prima

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I FRANTOI

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dal frullino che agitando la sansa con acqua separava la buccia dal nocciolo, il liquido passava poi nelle pile a cascata, dove la buccia dell’oliva veniva a galla mentre il nocciolo più pesante restava sul fondo e serviva per ardere. Secondo la vera cultura contadina il processo prevedeva l’utilizzo completo di ogni parte dell’oliva. Perfino dalla vasca di decantazione delle acque reflue, posta all’esterno, si ricavava l’olio per alimentare i lumi ad olio, indispensabili fino all’avvento dell’illuminazione elettrica. Dall’oliva derivavano quindi prodotti per l’alimentazione, per il riscaldamento e per l’illuminazione.

Elenco dei frantoi esistenti Le statistiche sul’economia dell’anno 1911 indicano in Buti 25 Frantoi: Bartolommei Giovanni | Via del Tiglio 10 Baschieri Alessandro | Via di Galera 4 Belloni Filippi Ciro | Via di Solaio 3 Belloni Filippi Marianna | Via San Niccolò Belloni Filippi Marianna | Via del Mantovano 5 Bernardini Iacopo | Via Andrea Bernardini 5 Bracci Cambini Teofilo | Via Paola da Buti 2 Caturegli Giulia | Via dei Molini 20 Caturegli Giuseppe | Via di Galera Coscera Benso | Via delle Vigne 28 Cristianini Giulio | Località I Fossi 67

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Danielli Maria| Via Pietro Frediani 17 Del Cancia Luigi | Via Rio Magno 9 Ditta Frediani Baschieri | Via Panicale Ditta Frediani Baschieri | Via Rio dei Ceci Giuli Alberto | Via Rio Magno 1 Iacopetti Annibale | Via delle Vigne 68 Marianini Talete | Via Rio dei Ceci 5 Mazzei Maria Ved. Pacini | Piazza Garibaldi 3 Mazzei Mirandola nei Pacini | Via dei Molini 10 Pardini Pio | Vicolo Il Poggetto 4 Schiavini Contessa Erminia | Piazza Garibaldi 6 Taddei Ulisse | Località Tanali 104 Tronchetti Avv. Silvio | Località La Sega 82 Volpi Pietro | Piazza Garibaldi 2

Macinazione Sansa Oltre i 25 Frantoi esisteva un impianto di macinazione della sansa: Ditta Frediani e Baschieri | Via di Panicale 2

Molini da Farina Oltre i frantoi da olio esistevano nel 1911 n. 29 molini da farina










Sia per alimentare le ruote, sia per far defluire l’acqua dalla ruota stessa che doveva prendere velocità senza impantanarsi, in prossimità dei frantoi lungo i rii furono costruite numerose cascate o steccaie, in pietra o mattoni pieni, che ancora oggi permettono un regolare deflusso delle acque piovane.

Dovendo servire circa 60 tra frantoi e molini pensiamo al poderoso lavoro per la costruzione delle steccaie lungo tutti i rii di Buti, dove era presente un frantoio.

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LE STECCAIE

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Il più antico atto in cui si parli di olio nelle nostre zone è dell’anno 796 e descritto da Kehr in Italia pontificia III pag 457, riportato da Alberto Maria Onori a pag. 14 del libro L’Abbazia di Sesto e il lago di Bientina1; in questo antico atto, “Amico, prete, concede ad un certo Domenico una casa ed un oliveto appartenenti all’Abbazia di Sesto contro la cessione di tutto l’olio prodotto ogni anno.” Sappiamo che l’Abbazia (che si trovava di fronte a Castelvecchio) estendeva le sue proprietà anche nel territorio di Buti, in particolare in Cintola. Sempre Onori nello stesso libro analizza 358 atti notarili fra il 1251 e 1298 e parlando dei tempi dell’olio stabilisce che la raccolta delle olive e la loro frangitura avvenivano nel trimestre ottobre- dicembre e la consegna all’Abbazia avveniva in gennaio 2. Nei secoli successivi Buti segue le sorti di Pisa. Nel 1509 la città passò sotto il dominio di Firenze ed anche per i gloriosi Castelli del contado, nei secoli fedeli e leali servitori della Repubblica Pisana, la caduta di Pisa segnò la fine e l’abbandono completo. Buti in particolare, dei cui castelli non restavano che rovine, vide morire il suo passato3.

Dalla morte e distruzione procurate dalla guerra Buti seppe risorgere e pochi decenni dopo nel 1586 il primo importante documento sull’olio: BANDO DELLE PORTATE DA DARSI DELL’OLIO DEL COMUNE DI BUTI – VICARIATO DI VICOPISANO. Con questo bando il Serenissimo Gran Duca di Toscana afferma che dell’olio che viene estratto a Buti, la gran parte di esso viene trasportato nel Lucchese… e volendo per quanto è possibile rimediare a un tanto inconveniente… Per questo pubblico bando… l’olio sia dato in portata a Ser Agostino Checchi, agente dell’abbondantia in detto Comune di Buti… chi sarà trovato colpevole sarà rigidamente castigato secondo il contenuto del presente bando4.

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L’OLIO

Quindi nel 1586 il Gran Duca di Toscana riconosce l’importanza commerciale dell’olio di Buti e cerca di evitare la sua vendita ai commercianti lucchesi (La Repubblica di Lucca in tale periodo non faceva parte del Granducato di Toscana) Un altro importante documento è conservato presso l’Archivio storico del Comune di Vicopisano e riportato da Filippo Mori in “UNA RELAZIONE DELLA GRANDE

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INCHIESTA LEOPOLDINA: LA MANIFATTURA A BUTI NEL 1768” In questo documento all’articolo II, al primo capoverso recita: “L’olio di Buti ha avuto sempre il credito di essere tra i migliori della Toscana…” Commentando questa frase valutiamo anzitutto che chi scrive rappresenta il Granduca Leopoldo di Asburgo Lorena, quindi la fonte è la massima autorità del Granducato ed assolutamente imparziale nel giudizio, la valutazione scritta 245 anni fa è che “da sempre”, cioè senza limiti temporali, l’olio di Buti era già considerato tra i migliori della Toscana. Il terzo documento è del 1893 e riportato in– Proposte per il rilancio dell’olivicoltura dei Monti Pisani (Raccolte da Bernardini Dr. Graziano) – anno 1974- Comune di Buti- Commissione per la difesa dell’olivicoltura e della forestazione È una copia di un verbale della Società Anonima Cooperativa di Buti – anno 1893 dove sono riportati i riconoscimenti ricevuti dall’olio di Buti nelle varie esposizioni nazionali e internazionali dal 1850 al 1884 in particolare a Firenze, Parigi, Londra, New York, Pisa, Vienna, Torino:

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Esposizione Italiana di Firenze Esposizione Internazionale Parigi Esposizione Internazionale Londra Esposizione Internazionale New York Esposizione Italiana di Firenze Esposizione Agricola Parigi Esposizione Agricola Parigi Esposizione Agricola Parigi Esposizione Agricola Parigi Esposizione Agricola Parigi Esposizione Nazionale Firenze Esposizione Internazionale Parigi Esposizione Internazionale Londra Esposizione Nazionale Pisa Esposizione Internazionale Vienna Esposizione Nazionale Torino

1850 Medaglia 1851 Med. Oro 1851 Medaglia 1853 Medaglia 1855 Medaglia 1855 Medaglia 1857 Medaglia 1858 Medaglia 1859 Medaglia 1860 Med. Oro 1861 Medaglia 1862 Medaglia 1862 Medaglia 1868 Medaglia 1873 M. Progresso 1884 Medaglia

A margine viene riportata la frase: Il prezzo dei nostri olii sui mercati mondiali è costantemente superiore al prezzo corrente.


Riconoscimenti ottenuti da prodotti della zona di Buti in mostre internazionali (da una relazione della SocietĂ Anonima Cooperativa di Buti - anno 1893)

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GIOACCHINO ROSSINI Un importante stimatore dell’olio di Buti fu Gioacchino Rossini, amante della buona tavola, che gustava l’olio di Buti, fornitogli dall’amico e compositore di musica sacra Andrea Bernardini, olio prodotto nel frantoio di famiglia posto in Borgo Maccione, oggi via Andrea Bernardini. Dalla collezione privata della sig.ra M. Cristina Pratesi Marchesi, che ringraziamo per la gentile concessione, riportiamo una copia dell’originale di una lettera spedita da Gioacchino Rossini all’amico Andrea Bernardini, da Parigi, in data 28 giugno 1859: Al sig. Andrea Bernardini Distinto compositore di musica Buti. Eccellente amico e collega carissimo, non mi accusate d’indifferenza o ingratitudine se tardi riscontro il carissimo vostro foglio del 16 maggio P.P. Volli attendere l’arrivo del celebre liquido prima di scrivervi questo ritardò di non poco poscia lo lasciai riposare alcuni giorni per assaggiarlo e poi poterne dare la dovuta relazione. L’olio che ho posto in bottiglia è eccellente ed è degno dei coniugi Bernardini e dall’autore dell’aria… di tanti palpiti… (tratta dall’opera Tancredi) Vogliate gradire i caldi sentimenti della mia gratitudine, ora fa d’uopo soddisfare il debito maturato perciò ho incaricato il mio maestro di Casa di Firenze, Francesco Baccani, all’archivio dei contratti, col quale vi prego di intendervi per il pagamento che egli ha ordine di farvi per È vietata qualsiasi riproduzione anche parziale della lettera.

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l’importare dell’olio. La vostra lettera contiene parole tenere per me e sono queste prova Sicura che mi rendete l’amore che… mia moglie meco si unisce per riverire la… Al Baccani se per l’inverno successivo posso… altro bariletto d’olio uguale. Vi abbraccio di tutto cuore G. Rossini Paris 28 giugno 1859 Leggendo questa lettera si percepisce la grande amicizia che legava Rossini con Bernardini e il grande apprezzamento di Rossini per l’eccellente olio così da prenotarne un bariletto per l’inverno prossimo. È la stessa Eccellenza di olio che la stessa terra di Buti e le stesse cultivar di olivi riescono a donarci ancora oggi.

Gioacchino Rossini

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Andrea Bernardini

Alberto Maria Onori – L’Abbazia di San Salvatore a Sesto e il Lago di Bientina Ediz. Salimbeni – 1984 opera citata alla nota 1 p. 49 Enrico Valdiserra – Memorie di Buti – Giardini Editori 1976 p. 64 Fernando Valleri – Pisa come pisano

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La cultura collegata con l’olivicoltura Cultura e olivicoltura a Buti sono strettamente collegate e interdipendenti. Era consuetudine cantare il Maggio nelle sere trascorse a veglia o cantare in rima tra olivicoltori da un olivo all’altro. Il cantare il Maggio, la poesia popolare, l’ottava rima nascono e si alimentano nell’ambiente contadino ed anche oggi non vi è ricorrenza od evento che non sia immortalato da una poesia. Questa facilità di creare versi poetici è talmente diffusa da sembrare come una predisposizione naturale di una collettività. È affascinante partecipare ad una amichevole sfida tra cantori dell’ottava rima. Senza pausa meditativa gli sfidanti si susseguono l’un l’altro cantando rime su rime e la continuità deve avvenire partendo dalla “Chiusa” della strofa finale del precedente canto. Per meglio capire questi fenomeni culturali invito a leggere il Nuovo Parnaso Popolare Butese di Leopoldo Baroni ed i numerosi libri sul Maggio reperibili presso la Biblioteca Comunale di Buti. Il Maggio poi non solo è cantato, ma è scritto, nasce dal genio di tanti butesi. È doveroso ricordarne alcuni: Pietro Frediani autore di

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52 Maggi “ Sant’Alessio, Giuditta, Debora e Jaele, l’Eroica Gratitudine, Sansone e Dalida, Iefte, Giuseppe ebreo, La Matta Bruna, Il Giudizio di Salomone, Amanno, Gioas, Ciro, Artaserse,La Strage degli Innocenti, Il Tradimento di Giuda, Il Demofonte, La Passione di Cristo, La Gerusalemme Liberata, La Croce Riconquistata, Semiramide, Zanobia, Medea, Pantea, Lucrezia, Paolo e Virginia, Giulietta e Romeo, Bianca e Fernando, Oreste, Aristodemo, Edipo Re, Olimpia e Bareno, Sant’Eufrasia, Sant’Agnese, Sant’Uliva, Il Conte Ugolino, Il Foscarini, Costantino Imperatore, Francesca da Rimini, La Pia de’ Tolomei, La Clemenza di Tito, Abramo, Ginevra e Fieramosca, Antigone, Gli Esiliati in Siberia, I due Sergenti, Il Figlio della Foresta, Elia Profeta, David, Betulia Liberata, Vitale, Cristoforo, Saul e forse altri non pervenuti1. Landi Dino autore di 7 Maggi: “Il Segno della Croce, La Storia di Naccheri, Ulimento e Rosana, La Pastorella di Montemoraio, La Storia di Enea, Orfeo e Uridice, La Natività” Landi Nello autore di 14 Maggi: “ Giuditta e Oloferne (1941) Giuditta e Oloferne (1988) Forza del Destino (1950) Leonora di Calatrava (1974), Renzo e Lucia, Zemira, Severo Torelli, Cenerentola, Isabella e Filippo di Spagna, Ginevra





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degli Almieri, Fornaretto di Venezia, Santa Margherita da Cortona, Biancaneve e i Sette Nani, La Cenciaiola di Firenze” Pardini Enzo autore di 9 Maggi: Otello il moro di Venezia (Maggio in tre atti), Otello il moro di Venezia (atto unico), Macbeth l’usurpatore maledetto, Mirra l’amante incestuosa, Sofonisba Regina di Cartagine, La Passione di Cristo dal Vangelo secondo Matteo, Anna la donna del bandito, Mugolino brigante per vendetta, Rigoletto il buffone gobbo”2. Ulteriori autori, per cui occorrerebbe uno studio specifico, sono Carlo Bernardini, Orlando Baroni, Livio Cosci, Giulio Filippi, Orfeo Bernardini, Mario Filippi, Brunella Rielli ed altri. Nel 1970 fu ricostituita la Compagnia del Maggio Pietro Frediani, già esistente nel 1800, grazie all’interessamento del regista Benvenuti Paolo che dovendo effettuare

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un documentario sui Monti Pisani si innamorò del Maggio sentendolo cantare tra gli oliveti da Bernardini Fernando (Farnaspe). Fu presentato il Maggio MEDEA che partecipò con successo al Festival mondiale del Teatro di Nancy. Negli anni ‘80 il regista Dario Marconcini coniugò Maggio e Prosa con il Maggio della passione di Gesù Cristo ricevendo importanti consensi al Festival internazionale “Sete sois, sete Luas “ (Sette soli, sette lune). Oltre al Maggio la poesia è amata e coltivata come sentimento interiore e rappresentata annualmente da numerosi poeti, giovani e meno giovani, durante le rassegne Emozioni dal vivo organizzate dal Centro culturale L’aquilone. Si può affermare che Maggio, ottava rima, poesia, sono patrimonio genetico della popolazione butese.

– Tratto da MIO PADRE di Silvano Baroni pag. 300 – oltre 4 drammi, 9 tragedie, 9 commedie, 25 racconti. Per approfondimenti consultare “ la figura e l’opera di Enzo Pardini” a cura di Isa Garosi e Giuliano Pardini con introduzione di Fabrizio Franceschini





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LA CUCINA TIPICA BUTESE La cucina tipica butese ha la sua Regina la TRIPPA ALLA BUTESE. Regina che ogni anno viene incoronata il giorno del Palio di S. Antonio Abate o Palio delle Contrade, che si svolge la domenica successiva al 17 gennaio. È il piatto principale servito in ogni contrada alla cena della vigilia, il sabato sera, tra il giubilo collettivo. Sempre in contrada viene degustata a colazione, la domenica mattina, in ricordo della colazione tipica dei barrocciai ed è obbligatoria in ogni famiglia al pranzo, a cui partecipano parenti e amici, con grande gioia ed armonia di fronte a tanta bontà. La cucina butese basata sull’olio extra vergine di frantoio presenta inoltre vari piatti che in collaborazione con Filippi Lori, (Il Tenente), classe 1952, presentiamo: Crostini alla butese Fettunta o panunto . Zuppa alla frantoiana Minestra di fagioli o ceci Maccheroni alla salsa di coniglio Zuppa lombarda

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Trippa alla butese Baccalà dolce e forte Fagioli rifatti con salsicce (all’uccelletta) Polenta e cavolini neri Tordi in umido Coniglio arrosto Bordatino (polenta con verdure) Cavolini neri in umido Pecorino e noci Ricotta rivestita di miele d’acacia Torta di riso Torta di ricotta Frittelle di farina di castagne Castagnaccio Neccini con ricotta Cialde Caffè e ammazzacaffè Pinolino (pinoli di S. Rossore e liquore “Strega”) Ponce, vela

Buon appetito e buon soggiorno, a tutti.



Finito di stampare febbraio 2014 La Grafica Pisana – Bientina (PI)



Stemma comunale (insegna donata alla Chiesa ed al Popolo di Buti dall’Imperatore Ottone II).

Bubamara Teatro

Il Cigno d’Oro


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