Agorà Liceo Cicerone Frascati

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@gor@’ anno I numero 1 MARZO 2016

periodico del Liceo Cicerone di Frascati

Petal Trump


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Noi siamo AGORÀ

A di L.

gorà è vita, agorà è confronto, agorà è comunità. In quest’ideale adunanza noi studenti daremo origine e corpo a tali premesse, con tutta la nostra carica di leggerezza, la nostra grinta, il nostro entusiasmo, senza però venir meno a quella concezione di rispetto reciproco tramandataci proprio dagli antichi. Come la piazza, nell’Atene d’un tempo,

era fulcro vivido e vitale di quel meraviglioso congegno ch’era la polis greca, così questo giornale vuole farsi immaginario paladino delle nostre cause, silenzioso auditore dei nostri dibattiti, punto focale dei nostri sguardi. Sguardi volti con ammirazione al passato, portatore del vero significato di collettività che, con questo mezzo, tenteremo di rea-

lizzare, intenti a migliorare il presente, fiduciosi nel futuro. Accessibile a tutti, luogo di mercato – sì, come nell’antica Atene – ma le nostre merci saranno idee, pensieri, progetti, speranze e – perché no? – anche timori da condividere e fugare, tutti reciprocamente aiutandoci. Questa è agorà, questi i suoi ideali, quelli gli scopi. NOI SIAMO AGORÀ.

foto di Giulia Sellati

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I di Adele Insardà

n questi giorni, dopo aver meditato a lungo, sono arrivata alla conclusione che il signor Trump sia “petaloso”. Rettifico: Donald è solo “petoso”. Definizione? Un sacco di peti concentrati in una scatola cranica di dubbie dimensioni. Affarista spregiudicato, provocatore di cattivo gusto e xenofobo, si propone come il salvatore degli Usa con il suo motto “make America great again” portando avanti una politica volutamente offensiva contro i musulmani, senza considerarli cittadini degni. Il suo passatempo preferito, da buon repubblicano, è giocherellare a sparare frottole con la pistola, probabilmente scarica. Per quanto sia facile mettere in discussione il “suo” programma “politico” (tant’è che alcuni repubblicani si sentono offesi dal becero populismo proprio del personaggio), non si riesce a scalfire l’immagine dell’uomo

The Trump of Doom: la tromba del Giudizio… razziale fascinoso, con quel riporto baciato dal vento come fosse “la Venere”, cui sarebbe addirittura estremo affibbiare l’aggettivo “peloso”. La sua strategia è palese, tanto da fargli meritare un ultimo, ma non ultimo per importanza, aggettivo: “pietoso”. Puntare il dito contro la diversità, cercando

l’appoggio anacronistico dei sudisti e dei veterani della guerra di Secessione, gli fa guadagnare punti nella classifica di misurazione del tasso di “retrogradicità”. Chissà se questo novello ammiratore del duce nostrano si sia mai accorto di vivere in una delle comunità più multietniche del mondo.

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foto di Giulia Sellati

D di Evas

all’antropologo al mediatore culturale, dal professore all’autrice di documentari, dagli studi in economia e commercio allo psicologo. Questi sono alcuni dei progetti degli ex studenti e dei maturandi del liceo Cicerone, che hanno animato le cinque giornate di autogestione, iniziate il 17 dicembre. Molti i sogni nel cassetto e altrettanta la voglia di contribuire al funzionamento della società, scelta determinata dagli stimoli ricevuti nel corso degli anni di studio al liceo Cicerone.

coltà di Medicina e Psicologia alla Sapienza e da poco ha cominciato a pensare alla sua carriera, di certo non lascerà il suo Paese una volta laureato, perché dice: “Se ci si limitasse a criticare, non si arriverebbe a nulla di concreto”. L’impronta degli studi classici è ben presente anche nella carriera universitaria e nei progetti futuri di Germana Lucci, iscritta al primo anno di Lettere moderne: “Il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire a diventare autrice di documentari.

pare al progetto Erasmus per approfondire lo studio del russo, del tedesco e del francese. Il mio obiettivo è quello di riuscire a lavorare per la FAO, una struttura che conosco bene dal momento che uno dei miei genitori è un funzionario dell’organizzazione”. Giordano Tomei, invece, ha messo in secondo piano le sue ambizioni per intraprendere degli studi che lo proiettassero più velocemente nel mondo del lavoro: “Durante gli anni di liceo ho avuto modo di appas-

Le ciceroniane “Ho scelto di approfondire gli studi classici, una passione che è cresciuta nel corso degli anni” è il primo pensiero di Ludovico Oddi, ex rappresentante d’Istituto, incontrato alla fine di un’intensa giornata di confronti. Il suo desiderio di insegnare è grande, dedicato soprattutto alla ricerca in collaborazione con delle università straniere, anche se lui ci tiene a precisare che “gradirebbe poter restare in Italia per gratitudine nei confronti di un Paese che gli ha offerto la possibilità di avere un’istruzione classica”. Desiderio condiviso anche da Emanuele Taraborelli, che sognava di fare il calciatore e ora allena una squadra di bambini. Emanuele frequenta la fa-

Per me è fondamentale, nel mondo dell’informazione così globalizzato, riuscire a trovare uno spazio adeguato alla divulgazione culturale attraverso tutti i canali mediatici possibili. L’importante è seguire le proprie passioni. Non mi pongo limiti e, se ce ne fosse la necessità, andrei anche all’estero per poter realizzare i miei progetti”. Lo sguardo al di fuori dei confini nazionali è pronto a rivolgerlo anche Gabriel La Stella, studente di mediazione linguistica e interculturale. Un giovane determinato e sicuro dei propri mezzi, che si è classificato terzo su 960 ai test d’ingresso: “Mi hanno già proposto di fare uno stage in Germania. Voglio parteci-


Michele Troiani, rappresentante della Consulta provinciale ( foto di Giulia Sellati)

tuazione troverebbe un suo equilibrio. Basti pensare all’ENEA, dove ancora lavorano dei pensionati con compensi molto alti”. È proprio l’incertezza e la confusione sulle opportunità di lavoro per i giovani che contribuisce all’indecisione di una ragazza del quinto anno, che confessa: “Non ho ancora deciso a quale facoltà iscrivermi. Questi cinque anni di studio sono passati troppo velocemente, abbiamo studiato tante materie, alcune delle quali per me meno interessanti e non sono riuscita ad approfondire quelle che mi appassionavano di più. Non sono pentita di aver scelto il liceo classico, anche se in alcuni momenti il confronto con i miei amici di altri istituti ha evidenziato il maggiore carico di studi per me. Sono tendenzialmente indirizzata alla storia dell’arte o al conservatorio musicale, ma la difficoltà di trovare un impiego mi frena. Su una cosa sono sicura: non voglio abbandonare l’Italia, voglio rimanere qui e riuscire a dare il mio contributo al Paese”. Fra i maturandi, c’è chi invece ha le idee chiare e una visione diversa sull’argomento “fuga di cervelli”. Si tratta di Michele Troiani, rappresentante alla Consulta provinciale, secondo il quale “se l’Europa si considerasse unica, forse il problema non esisterebbe”. Per lui vede un futuro da antropologo: “Dovrò deci-

disputationes sionarmi alla storia e alla filosofia e di ampliare il mio bagaglio culturale. Quando si è trattato di scegliere la facoltà, però, è prevalso il mio spirito pragmatico e ho unito un interesse a una prospettiva futura e mi sono iscritto alla facoltà di Economia. Con lo stesso spirito penso che se non riuscissi a trovare uno spazio nel mondo del lavoro in Italia, non esiterei ad andare all’estero”. Sulla “fuga di cervelli” c’è da registrare l’amara riflessione della professoressa Graziana Campagna, insegnante di lettere: “Ritengo che la fuga sia legittima, perché l’Italia non aiuta i giovani. Se i più anziani si facessero da parte, offrendo una possibilità alle nuove generazioni, la si-

dere fra il corso sperimentale della Sapienza e quello demo - etno - antropologico di Bologna, dal momento che la materia mi interessa moltissimo”. Michele, oltretutto, è un volontario per un’associazione che si interessa di ragazzi disabili. Li allena per prepararli alle Special Olympics, per le quali l’associazione sta organizzando i campionati interregionali. “Studiare le origini per capire il presente”. Così Ludovico Oddi ha efficacemente sintetizzato il percorso di studi umanistici che ha formato e forma le giovani generazioni e le mette in condizione di poter affrontare le più svariate attività professionali con strumenti adeguati.

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Non diamo i NUMERI...

A di Flavia Tucci

chi non è mai capitato di prendere un voto (brutto o bello che sia) senza però meritarlo? Scommetto grossomodo un po' a tutti, soprattutto per quanto riguarda i voti negativi, e per diverse ragioni: perché eravamo agitati/e durante l'interrogazione, perché non abbiamo copiato bene, o perché quel professore non ci ha proprio in simpatia. E quest'ultima cosa, pur tenendo in considerazione tutti i casi possibili e immaginabili, è sempre un'ingiustizia. Tuttavia, qualsiasi professore e professoressa, non essendo una macchina computerizzata, tende a farsi una determinata idea di noi, anche se non del tutto esatta, come del resto capita a noi nei loro confronti. Questa idea, però, non deve influenzare il voto che stanno per metterci. Perché poi quel voto ha un determinato effetto su di noi (anche perché poi un voto negativo può stare a significare il giocarsi un'estate o un intero anno, quin-

di se non meritato ci si potrebbe arrabbiare un po', giusto un po'), e per qualcuno potrebbe essere davvero fondamentale, come se fosse l'unica cosa che conta davvero a scuola. Questo può portare a far demoralizzare e demotivare chi ha brutti voti o far gasare a merda chi li ha alti facendoli credere straordinarie creature mistiche superiori all'intera umanità (ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti NON è puramente casuale). Ritengo quindi, in generale, che i voti e tutto ciò che comportano siano in qualche modo qualcosa che distoglie l'attenzione e allontana studenti e studentesse da quello che dovrebbe essere uno dei veri significati della scuola, specialmente alle superiori, ovvero imparare per la voglia di farlo, per crescere, per conoscere e conoscersi. Il voto scolastico, infatti, implica inevitabilmente il posizionare l’alunno/a su un

determinato gradino di una scala, al di sopra o al di sotto di qualcun altro. Questo porta a studiare non per voglia di farlo, perché presi da una meravigliosa curiosità di apprendere ciò che ci circonda per il puro piacere di volerlo scoprire per il benessere individuale (cosa estremamente presente soprattutto quando si è bambini/e), ma per raggiungere quel gradino, competere per affermare la propria superiorità, cosa che spesso impedisce il venirsi a creare un buon rapporto di solidarietà ed empatia tra studenti e studentesse, cosa che manca anche nel rapporto con i docenti. È curioso, infatti, osservare come l’insegnante diventi un distributore di voti, rompendo alcun tipo di legame con alunni e alunne. Le stesse persone che ci invogliano a studiare per conoscere, sono le prime che insegnano, spesso ma non sempre, senza alcun tipo di passione, limitandosi a ripetere cosa c’è scritto su un manuale, e soprattutto,

Autogestione

M di Veronica Da Dalt

cose e vivere in un posto che riteniamo ai come durante l’autogestione ci siamo un esempio alle persone che hanno pensato di arrendersi, di spegnere definostro, un mondo che valorizzi ognuno sentiti partecipi della vita scolastica. nitivamente quel fuoco naturale, perdi noi nel suo piccolo. Questi cinque giorni hanno significato ché noi crediamo che se vogliamo un Ma ciò non è stato per niente semplice. molto per noi, ci hanno resi più uniti, futuro migliore, allora dobbiamo agire. Inizialmente l’organizzazione non sempiù forti; ci hanno dato la possibilità di Dobbiamo dare speranza, dobbiamo brava funzionare e, alla vigilia della pricreare un fronte deciso insieme anche dare a noi e a tutti i ra- ma giornata, alcuni fogli con i nomi deai nostri professori. Abbiamo imparato gazzi del gli iscritti ai vari corsi sono andati addia combattere insieme per quello in cui rittura persi. crediamo, per quello a cui ci opponiaCiò che ha fatto più piacere in assolumo. to a noi studenti è stato vedere È giusto che noi giovani dob“Quest’esperienza è stata biamo essere annichiliti da la dimostrazione che l’interesse con quanto impegno la gran parte dei professotutto ciò che ci circonda? È è vivo da parte di noi studenti ri ci abbia sostegiusto che dentro di noi sulle tematiche del mondo nuto, non solo a venga spento il desiderio e del nostro futuro, che la cultura livello morale, ma di agire, il fuoco che aranche pratico. Inde in ogni nostro aninon si forma solo sui libri di testo fatti molti docenti mo? La nostra rispoe che siamo disposti a metterci hanno tenuto corsi sta a queste domanin gioco e alla prova, a cercare e aiutato a organizzade è stata “no”. la collaborazione dei docenti re le varie giornate, Per questo motivo per dare vita a quella che rendendosi attivamente abbiamo deciso di noi riteniamo essere partecipi a questa iniziacreare questo prola vera “buona scuola” tiva. Anche vari esterni getto, per far dihanno deciso di darci una ventare tutti consapevoli mano e ciò ha contribuito delle problematiche che ci circondano notevolmente alla riuscita e per far rendere tutti conto delle condell’autogestione e alla divuldizioni sociali in cui si trova il mondo. mondo una possibigazione di essa al di fuori del Con questa idea abbiamo voluto dare lità di cambiare le


dimostrandosi sempre di più come giudici e non guide. Questo fa vivere docente e alunno/a in un ambiente caratterizzato dal disagio, dal nervosismo e dalla frustrazione. Secondo me è già estremamente limitante il solo fatto di porre una misurazione, un valore numerico, a una persona in quanto tale, quindi estremamente complessa, indescrivibile e unica nel suo genere, riducendosi a giudicarla e valutarla in base ad elementi sempre più superficiali. Oltre a questo, però, il voto numerico ha conseguenze negative anche perché perfetta rappresentazione del principio del premio e del castigo, ovvero il dover svolgere una determinata azione non perché suscita in noi motivo di piacere, ma perché spinti da una ricompensa. Questa idea che ci viene più o meno drasticamente inculcata sin da piccoli/e ha conseguenze su tutto il nostro modo di vedere le cose, anche per esempio nel lavoro, che magari sceglieremo in base a quanto ci farà guadagnare e non perché ci farebbe stare bene. Studiando solo in funzione del voto, inoltre, si può benissi-

mo imparare a sviluppare una mentalità disonesta, che porta a copiare per esempio, cosa di cui gli/le insegnanti si lamentano tanto, ma la quale, a mio parare, se sono queste le condizioni, è quasi certamente inevitabile. E inoltre, quanto ci rimarrà tra 20 anni di quelle decine e decine di pagine di arte o di storia che abbiamo dovuto imparare in un solo pomeriggio, in vista di un compito? E quanto di più invece ce le ricorderemo se affianco ad esse avremo un ricordo piacevole, perché le avevamo studiate con serenità e non per terrore di prendere un 4? So che è difficile immaginare una scuola senza voti e che potrebbe sembrare una visione delle cose quasi utopistica, ma non diamo per scontato che questo debba essere necessariamente il metodo di valutazione più adatto per tutti e tutte solo perché è così che siamo abituati/e. Un'alternativa ai voti? Dei semplici giudizi, ad esempio. Spiegare cosa è andato bene e cosa no, se si sono fatti dei progressi e perché, se il compito è stato svolto correttamente oppure no e se no, quali sono le cose da migliorare e in che modo.

Ricordo, e non scorderò mai, la mia professoressa di italiano due anni fa, quando ci insegnava latino, che riportando il primo compito "serio" (avevamo finito di studiare buona parte della grammatica latina), poiché i risultati non erano tutti buoni, disse alla classe: "Anche se qualcuno questa volta non è andato molto bene non importa, il voto non rappresenta ciò che siete, se avete preso 4, non SIETE un 4, così come se avete preso 8. Le vostre capacità e il vostro valore non dipendono da un voto". Credo che questa affermazione rispecchi molto ciò che vorrei far capire in questo articolo. Forse dipendiamo troppo da questo schema secondo il quale un numero rappresenta ciò che siamo, in ogni ambito della nostra vita, dalla scuola, al lavoro, per dai social network al rapporto tra persone. Ognuno di noi sa quanto vale, sa quali sono i suoi limiti e le sue capacità, e come sfruttarle al meglio. E se non lo sa, la scuola è il posto ideale dove imparare a scoprirlo. Ma, a mio parere, non con dei numeri.

condivisa

foto di Giulia Sellati cancello della nostra scuola. Durante l’autogestione e alla fine di essa, abbiamo deciso di raccogliere pensieri e opinioni riguardo l’evento in atto e appena trascorso. Questo “Quaderno della memoria” ha permesso a studenti e professori di esprimere le proprie idee, dando un loro giudizio personale a questa iniziativa. Ci sono stati commenti assolutamente positivi “Vorrei complimentarmi con tutte le persone che si so-

no impegnate duramente per questa autogestione fatta di corsi di cui sono rimasta felice e dai quali penso di aver imparato molto” e altri meno. “Capisco l’esigenza di voler partecipare alla vita scolastica in maniera più personale e coinvolgente, ma esprimo profondo disagio per la poca chiarezza nelle responsabilità degli insegnanti per la sorveglianza e i giorni in meno per la didattica”, ma ogni studente alla fine sente che

foto di Giulia Sellati questa iniziativa l’ha reso migliore, più unito e solidale con tutta la scuola. E questo era uno degli scopi dell’autogestione, essere solidali. Esserlo con gli altri e con la nostra società. Capire che vale la pena lottare per ciò che vogliamo e per cui crediamo. E se questa autogestione ha messo un piccolo mattoncino alla realizzazione del mondo che desideriamo, allora non potremmo essere più fieri di così.

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P di Μέλας

erché essere vegetariani? Perché rovinare la nostra breve e miserabile vita mangiando verdure e schifezze di soia? Ma che è 'sta soia? Cominciamo col dire che la soia, che per chi non lo sapesse è un legume originario della Cina di cui si consumano i germogli ma soprattutto i semi, fa veramente schifo (ma "De gustibus non disputandum est", sennò Flavia si arrabbia). Tuttavia messa in qualche misterioso intruglio può apparire commestibile. Per quanto riguarda le verdure è probabile che ne conosciate poche rispetto a tutte

stione morale e purtroppo c'è anche chi lo fa per moda, però poi "il panino da mek ci stà" (ogni riferimento a Giulia e Valeria è puramente casuale). Esaminiamo le motivazioni serie, cioè quelle per perdere peso quelle morali. Io sono diventato malato vegetariano dopo aver visto uno dei tanti video che girano su feisbuch prima della Santissimissima Pasqua, da quel momento grazie all'informazione le motivazioni sono aumentate: - preferisco non mangiare pezzi di qualcosa che non si chiama cadavere solo per i vari conservanti e robe varie

Vegetariani: perché quelle commestibili (a volte anche buone), quindi prima di dire che un vegetariano non mangia nulla INFORMATI (altra storia è per gli amici vegani, che veramente non mangiano nulla, porelli). Passiamo ora alle motivazioni che spingono qualcuno a diventare vegetariano. C'è chi lo fa per una questione di salute, chi per perdere peso (in realtà non si perde peso, al massimo si resta in forma), chi per una que-

che ci sono dentro; - mangiare animali non è più necessario per vivere (tranne alcuni casi), le alternative ci sono, basti pensare che gli americani consumano meno dell' 1% di tutto il cibo commestibile; - gli allevamenti di bestiame sono i maggior responsabili della produzione gas serra, del consumo di acqua, della distruzione della foresta amazzonica, dell'estinzione di specie e molto altro; - ritengo che tutti gli animali siano a

pari livello, un cane non è più importante di una mucca o un maiale, tantomeno l'uomo; - lo sfruttamento degli animali e gli esperimenti su di essi, su cui magari tornerò in un altro articolo. Per finire volevo consigliarvi qualcosa di interessante: LIBRI (REPERIBILI ANCHE IN PDF) - "Se niente importa (perchè mangiamo gli animali?)" di Jonathan Safran Foer; - "Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche" di Melanie Joy; - "Restiamo animali" di Lorenzo Guadagnucci. FILM (REPERIBILI IN STREAMING) - "Cowspiracy" di Kip Andersen - "Earthlings" di Shaun Monson - "Vegetarian Party" di Cristiano Ceriello - "Alla ricerca di Nemo" di Andrew Stanton "Zitto e nuota, nuota e nuota e noi che si fa? Nuotiam, nuotiam!" (Il greco brucia il cervello scusate) ESEMPIO DI DIETA VEGETARIANA www.my-personaltrainer.it/alimentazione/esempio-dietavegetariana.html Se non riuscite a trovare i libri e film consigliati potete scrivermi a melastargaryen@gmail.com


Allevamenti di morte, per tutti

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n questo articolo vi parlerò degli allevamenti di bestiame. Quegli allevamenti che minacciano una vita decente per molti animali e che sono la principale (e più taciuta) causa di inquinamento, minacciando così l'intero pianeta. Qualcuna/o di voi starà pensando "Allevamenti di bestiame? Ma la maggior causa d'inquinamento sono le automobili/fabbriche/gomme sotto al banco", ebbene no, ma non preoccupatevi (o forse sì), ci sono infiniti stati e multinazionali che si premurano di tenere nascoste queste cose (basti pensare che solo in Brasile negli ultimi 20 anni ben 1100 attiviste/i che si sono occupate/i di questo sono morte/i in circostanze "sospette" o freddate/i da sicari assoldati dalle multinazionali, come Suor Dorothy Stang).Perchè? Facile, soldi. Persino delle organizzazioni (di merda) come GrinPis e compagnia bella fanno finta di niente. Probabilmente i loro vertici sanno ma non parlano perché non gliene viene nulla in tasca, oppure perché non sanno, tanto peggio. Ma facciamo un passo indietro. Quali sono i reali danni che gli allevamenti intensivi portano all'ambiente? Secondo il documentario "Cowspiracy: the sustainability secret", unico documentario sull'argomento e dalla diffusione particolarmente osteggiata da voi sapete- chi, gli allevamenti di bestiame: - sono responsabili al 51% delle emissioni di CO2 (Gas Serra), grazie alla grande quantità di escrementi animali prodotti (52.200 kg al secondo solo in America, tanto per) e alle deforestazioni effettuate per costruirli; - al 91% della distruzione della foresta Amazzonica; - occupano il 45% delle terre emerse; - consumano 1/3 di tutta l'acqua; - sono la principale causa di estinzione di specie, delle zone morte dell'oceano, della distruzione degli habitat e dell'inquinamento delle acque; - sono responsabili di 1/3 della desertificazione. Per renderci conto di come stanno le cose forse dobbiamo pensare che 10000 anni fa la biomassa era costituita al 99% da animali liberi e all'1% dall'uomo, oggi il 98% è costituito dall'uomo e dgli animali che possiede e usa e al 2% da animali liberi. A me queste cose hanno fatto ragionare molto e non hanno di certo aumentato la mia stima per l'umanità. Spero sia lo stesso per voi. Il documentario Cowspiracy lo potete trovare su internet, anche su YouTube sottotitolato cercando "La Cospirazione delle Mucche". Nel caso non dovreste trovarlo potete chiedere a melastargaryen@gmail.com Μέλας

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M di Matteo Pozzi [EGM] dal blog “Folker”

a buonsalve a tutti cari lettori! Prima di introdurvi verso l'articolo vorrei fare un piccolo annuncio, intendo implementare un “Aforismo del giorno” alla fine di ogni articolo che pubblicherò. Per chiunque non sappia cosa sia un aforismo o aforisma è una breve frase che condensa un principio specifico o un più generale sapere filosofico o morale (ringraziamo tutti in coro la soddisfacente definizione fornita dal signor Wikipedia), per i più scemi... è una citazione filosofica. Bene bene, finalmente siamo arrivati al succo dell'articolo. Dunque, quest'oggi con questo articolo ho intenzione approfondire i concetti

una povertà che noi definiremmo scelta volontariamente».” Bene, ora, dopo essermi pavoneggiato abbastanza ripubblicando una mia “citazione” (ovviamente sto ironizzando...), vorrei avvertivi che questo articolo sarà incentrato principalmente sui libri che sto leggendo al momento (ovvero per gli amanti del pettegolezzo “Walden” e “Camminare” di Henry David Thoreau, ed infine “Nelle terre selvagge” di John Krakauer, libro che ho intenzione approfondire in un altro articolo.) Ecco, con la citazione sopra menzionata di Thoreau vorrei intendere, che la vita semplice, povera di

Lontano dalla società

già precedentemente espressi nella mia presentazione, vi lascio qui sotto qualche riga: “Me ha un obbiettivo nella vita: scovare la libertà, la libertà più totale; cosa che Me è “L’importante è sicuro di poter trovare che la morte unicamente nel bel mezzo della natura selci colga vivi” Kurt Vonnegut vaggia, riscoprendo i principi dell'uomo allo stato brado ed intraprendendo una vita priva di vizi e pregiudizi, perché come scrisse Thoreau «Nessuno può osservare la vita umana con maggior saggezza e imparzialità che da quella posizione vantaggiosa offerta da

lusso e scelta volontariamente potrebbe portarci ad apprezzare anche le cose più piccole. Per farvi un esempio, l'altro giorno stavo guardando un programma televisivo di nome “Una famiglia fuori dal mondo”, per spiegarvelo brevemente si tratta di una specie di Reality che segue la vita di questa famiglia che ha deciso tempo fa di stabilirsi nei boschi, facendo crescere i figli nel modo più minimalista e puro possibile mantenendosi ovviamene sempre in contatto con la Natura. In questo particolare episodio, la sorella maggiore SnowBird compie 20 anni, il padre Bill decide quindi di farle un regalo: un richiamo per cer-

vi. Io vi giuro che gli occhi della ragazza, alla sola vista di quel piccolo aggeggio di legno o che sia, sono esplosi di fierezza e gratitudine nei confronti del padre. Tutto ciò, mentre noi, giovani di città, continuamente accontentati prima o poi davanti a qualsiasi richiesta, avremmo semplicemente borbottato un deluso “G...gr...grazie?”. Avanti!, non vi sentite un po' delle merde? Ecco quindi un esempio, di come una vita fondata su forti legami famigliari, nessun lusso ed alcuna comodità, possa insegnarci ad amare le piccole cose, a godere pienamente di un piccolo dono, a consumare le cose fino a romperle invece di lasciarle intatte chiuse dentro un gigantesco garage sotto casa. Il silenzio misterioso, la solitudine, la condivisione con i pochi, la sfida giornaliera, la fatica ripagata, queste sono poche delle tante cose che la Natura può offrirci, e allora perché la sfruttiamo? Perché non facciamo altro che trasformare le morbide e verdi, ma vitalizie foglie di un albero in una morbida e verde ma inutile banconota, sì, inutile, perché i soldi a noi che viviamo al di fuori da una situazione disperata non servono a nulla, “I soldi rendono imprudenti”, non comprano la felicità, non fanno altro che coprire e rimandare la tristezza riempendoci la bocca di cose. “Non voglio cose, cose, cose, sempre cose!” dice Christofer McCandless nel film Into the Wild. Insomma, la natura non si ripete mai, ogni giorno una nuova avventura, ogni giorno una situazione diversa le quali maturano la nostra persona verso ogni evenienza. Perché se esiste modo di essere completamente liberi in autosufficienza, codesto si chiama “Primitivismo Anarchico”. “C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo.” “L'essenza dello spirito dell'uomo sta nelle nuove esperienze” Christofer McCandless Grazie per il tempo che mi hai dedicato mio caro ME.


Mentre mi guardi e dal tuo sguardo osseo un malore si scaglia sul mio viso smunto, quando, smagrita la bestia montana, ricoprono fogliame e carcasse le orme di ieri: resta tutto un segreto la vita e il suo varco; ci attendono, noi cani sbattuti, uggiolanti in uno scabro mattino, una pienezza livida e una memoria schietta. C.

Per “sempre” ALAN RICKMAN

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mmagino che molti di voi abbiano letto i libri e visto i film della saga di Harry Potter. Immagino che molti di voi il 14 Gennaio di quest'anno abbiano sentito un, seppur piccolissimo, vuoto allo stomaco nell'apprendere della morte di Alan Rickman, ossia il nostro amato Sev. Avete fatto bene, non era ipocrisia. Non era ipocrisia perché faceva parte della nostra infanzia e non solo, con la sua magistrale interpretazione del professore cattivo, odioso (non quanto i nostri, sia chiaro) e dai capelli unti. Tuttavia, chi lo conosceva un po' meglio sa che Alan Rickman non era Severus Piton. Alan Rickman era un eccelso attore di cinema ma soprattutto di teatro, oltre che regista e sceneggiatore. Non ho avuto il piacere di vederlo a teatro, e immagino neanche voi, ma pensate solo un attimo alle grandi emozioni che riusciva a trasmettere attraverso uno schermo (alla morte di Piton mi ha fatto piangere) e ora pensate a cosa dev'essere stato a teatro. Sono i/le grandi come lui a mandare avanti la macchina dello spettacolo, attori spesso relegati a ruoli minori per dare spazio ad attori senza dubbio bravi, ma elogiati soprattutto per la bellezza, come Bredde Pitte, Gionni Dep o Paul Village. Always. Μέλας

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