SPAZIO MAZZINI - ANNO 2

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AUGURI PER UN NUOVO ANNO SCOLASTICO PIENO DI GIOIE, EMOZIONI E SPERANZE Anche quest’anno scolastico si presenta particolare e diverso. Il primo giorno di scuola, oggi più che mai, rappresenta un nuovo inizio, una ripartenza ricca di gioia, emozioni, speranze. È vero: la pandemia che stiamo affrontando condiziona le nostre vite, a volte incute qualche comprensibile timore, richiede precauzioni assolutamente necessarie per il bene comune, ma in questo momento deve prevalere quella voglia di rivedersi, di ricominciare, di stare vicini seppur in una maniera rinnovata. La scuola riapre in sicurezza, con regole da rispettare per il bene di tutti, ed ha il compito di ricucire tutte le relazioni bruscamente interrotte a causa dell’emergenza sanitaria, non ancora terminata, che ci ha attanagliato in questo interminabile tempo. Non abbiamo mai smesso di lavorare, anche durante il periodo estivo, al fine di accogliere tutti al meglio per la ripresa delle attività scolastiche, secondo i protocolli di sicurezza, per la tutela e la salute di allievi e personale… L’annoso problema della carenza di aule scolastiche non ha permesso però un rientro completamente regolaresiamo stati costretti, infatti, a fare due turni- speriamo che gli Enti competenti risolvano tutto nel minor tempo possibile. Mi rivolgo a voi, a nome di tutta la comunità educante del Liceo Mazzini per augurarvi la forza di riconoscere le sfide, la gioia nel perseguire i vostri obiettivi, la perseveranza nel superare le possibili difficoltà, la curiosità per l’apprendimento e la fiducia nei vostri talenti. Ci attendono giorni pieni, nuovi incontri e momenti fondamentali che non dimenticherete. Mi aspetto da voi un atteggiamento adeguato al percorso che avete intrapreso e il rispetto delle regole e delle idee di tutti e di ciascuno. L’augurio è di intraprendere questo viaggio insieme, alunni e insegnanti, in una condivisione di tempi e spazi che sono il tessuto e la sostanza della crescita personale e dell’apprendimento. L’esperienza dei due anni trascorsi ha dimostrato che le connessioni virtuali non sono in grado di sostituire i rapporti tra le persone. Senza interazione personale e senza confronto interpersonale non è possibile apprendere appieno; solo le relazioni tra le persone permettono di acquisire oltre alla conoscenza, la sapienza. Grazie al lavoro di tutti: docenti, DSGA, personale ATA, Consiglio d’Istituto è oggi possibile confidare in una nuova normalità Mi auguro che i più grandi tra di voi, nel solco della tradizione, siano esempio e traino positivo per gli studenti che varcano per la prima volta i cancelli della nostra amata scuola. La collaborazione, l’accoglienza e l’apertura all’altro sono da sempre le caratteristiche del nostro Liceo, siate parte attiva della scuola, allenatevi al pensiero libero e partecipate fattivamente alla realizzazione del vostro futuro. Saremo al vostro fianco nelle scelte, guideremo il vostro cammino, presenti e attenti nella vostra crescita umana e culturale. Questo primo giorno di scuola sarà emozionante per ciascuno di noi: le nostre aule finalmente riprenderanno vita. Lo ricorderemo per sempre. Auguri di sereno anno scolastico e buon lavoro a tutte e a tutti Francesco Sacco, DS Licei Mazzini di Locri (Articolo pubblicato su “Mazzini in rete” il 20/09/2021) 2


Edizione straordinaria! Edizione straordinaria…! Così prendeva avvio, poco più di un anno fa, la storia di “Spazio Mazzini”, pubblicazione progettata e realizzata in piena pandemia Covid-19, con la voglia e l’entusiasmo di creare uno “spazio” di condivisione di ideali, valori, testimonianze. Con l’intenzione di dire “Siamo qui, ed abbiamo trovato un modo per resistere”; con il desiderio di celebrare la vita e il ritorno alla tanta agognata normalità. Con una redazione nata quasi per caso, che lavorava a distanza, ma tenuta unita da quegli “ingredienti” che si sono poi rivelati fondamentali per la buona riuscita dell’avventura: motivazione e passione. Al nostro esordio, non sapevamo ancora quale sarebbe stato il percorso futuro di “Spazio Mazzini” né potevamo immaginare che il nostro impegno avrebbe presto portato un riconoscimento altamente significativo per il nostro Istituto, da sempre impegnato nella promozione della legalità: il “Premio per la legalità Giancarlo Siani” alla XXI edizione del “Concorso di Giornalismo scolastico Carmine Scianguetta”. Un risultato che ha riempito d’orgoglio tutto lo staff del Mazzini, motivando la Redazione a continuare il cammino intrapreso. Eccoci qua, dunque. Siamo tornati; con la nostra seconda pubblicazione, che si ispira alla prima per struttura, obiettivi, valori ma con qualche novità. La prima variazione riguarda la tipologia di fruizione della rivista: all’edizione cartacea, focalizzata sulla sezione “Liberamente”, seguirà infatti “Spazio Mazzini extended edition”, una versione online che comprenderà anche “Creativamente”, sezione dedicata integralmente alla scrittura creativa. Il tutto impreziosito da disegni e foto realizzati dagli studenti stessi.

La rubrica “Liberamente” continuerà ad essere la chiave di lettura dell’intero progetto poiché, in essa, convergono due obiettivi fondamentali: la celebrazione del valore della libertà, in tutte le sue forme, e la necessità che la Scuola operi con il preciso intento di forgiare menti libere, vivaci e curiose, prive di qualsiasi forma di pregiudizio e in grado di guardare la realtà con uno sguardo attento e profondo. Un’altra novità è rappresentata dalla sotto-rubriche della sezione “Liberamente”, attraverso le quali desideriamo mettere in risalto alcuni degli aspetti più rilevanti della nostra mission: legalità; inclusione; cittadinanza attiva; perché riteniamo che un giornale d’Istituto debba essere realmente lo specchio di quella che è la comunità scolastica che rappresenta. Concludiamo il nostro editoriale augurandoVi una buona lettura e ringraziando tutti coloro che, per il secondo anno, hanno reso possibile il raggiungimento di questo traguardo: la nostra Dirigenza, per aver sempre creduto in quest’iniziativa, la Redazione di studenti e tutti i colleghi che hanno supportato il nostro lavoro. Le docenti referenti, Prof.sse Federica Malara & Daniela Callea

LA NOSTRA REDAZIONE Gli studenti del Liceo Linguistico e delle Scienze Umane “G. Mazzini” di Locri (RC). Coordinamento, editing e grafica: prof.sse Federica Malara e Daniela Callea Si ringraziano la Dirigenza dell'Istituto per aver sostenuto l'iniziativa, i proff. Rosanna Callipari, Giovanna Carpentieri, Giovanna Gangemi, Stefano Infusini, Eugenia Mancuso, Fabio Marra, Maria Minnici, Gianfranco Ozzimo, Annamaria Pizzati, Ilenia Sarica, Grazia Sofo per la collaborazione e la prof.ssa Maria Antonietta Reale per la realizzazione della copertina.

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“MAESTRI DI CIVILTÀ”

Con buona pace di chi dice che la nostra gioventù non merita fiducia, questa settimana i giovani della Locride sono stati uno straordinario esempio di civiltà. Mi riferisco al modo fermo, ma composto, con il quale gli studenti dei Licei Mazzini di Locri hanno deciso di manifestare contro l’atavico problema dell’assenza di spazi idonei a seguire le lezioni. La popolazione scolastica del magistrale, ha affermato il sindaco di Locri Giovanni Calabrese, è infatti aumentata, negli ultimi dieci anni, da 504 a 1.150 studenti, un dato che sarebbe lusinghiero per qualsiasi istituto d’Italia, se non fosse che nel nostro territorio, come effettivamente accaduto, è in grado di portare con sé problemi logistici non indifferenti. Non è la prima volta che gli studenti del Mazzini denunciano il problema e non è la prima volta che la politica locale cerca di farsi parte diligente con chi di competenza per risolvere il problema. Ma una questione di secondaria importanza per la sempre fitta agenda politica metropolitana aveva fino a questo momento convinto gli organi di governo sovraordinato a procrastinare, trasformando un disagio già serio in una vera e propria emergenza sociale. Non nascondo di aver considerato una parentesi di trascurabile interesse la manifestazione di piazza organizzata sabato scorso da studenti e professori. Pur capendone e condividendone i principi, infatti, la marcia su Piazza Nassirya mi era sembrata un grido di aiuto lanciato con poca fermezza, destinato a dissolversi come la flebile eco di un bambinesco “ciao” lanciato dal bordo di piccolo pozzo. Sono entusiasta, invece, che i fatti mi abbiano smentito e che, a partire da lunedì scorso, studenti e insegnanti abbiano sfidato le 4

temperature rigide della prima mattina e il sole cocente del mezzogiorno portando banchi e cattedre nel cortile dell’istituto, dove hanno annunciato di voler svolgere regolarmente lezione fino a quando non sarebbero state date loro risposte adeguate. Quando la protesta è continuata con tenacia anche il martedì ho capito finalmente che stavo assistendo a qualcosa di straordinario: non una manifestazione che potesse sembrare una scusa per perdere le sempre risicate ore di lezione, o un pirotecnico modo di protestare che si sarebbe interrotto alle prime avversità, ma un puntare i piedi costruttivo e determinato, che pretendeva attenzioni limitando al massimo i disagi e dimostrando quanto grandi fossero i disagi creati dalla sordità della politica. Fortunatamente, gli amministratori della Città Metropolitana hanno dimostrato di avere sensibilità sufficiente a trovare soluzioni al terzo giorno di protesta (il quarto se consideriamo anche il corteo di sabato) e, grazie all’intermediazione dei consiglieri Rudi Lizzi e Carmelo Versace e al lavoro sinergico con il Comune di Locri, è stata trovata una soluzione che, benché temporanea, ha convinto i ragazzi a riportare i banchi all’interno delle mura della scuola. «Trasferiremo parte delle classi presso l’IPSIA di Siderno, dove sono state messe a disposizione 16 aule che vanno a soddisfare completamente le esigenze del Dirigente Scolastico – ha dichiarato il Delegato all’Edilizia e alla Programmazione della rete scolastica Versace. – A questo aggiungo che abbiamo già autorizzato un budget per la realizzazione di tre nuove aule per l’istituto di Locri, che ci permetteranno di aggiungere 3 ulteriori aule alle 16 reperite a Siderno e spero, en-


tro 15 giorni (quindi entro la prima settimana di novembre, ndr.) di liberare parte di plesso di Locri e consegnarne altre 7 che saranno oggetto di riqualificazione nei prossimi mesi. Mi sembra che arriviamo così a un numero ottimale per gli studenti e per svolgere i laboratori.» Benché la soluzione, come dicevamo, abbia soddisfatto i ragazzi, contenti di vedere uno spiraglio in fondo a un tunnel nel quale sono obbligati a sostare da due anni, all’assennatezza della gioventù ha fatto da contraltare l’intemperanza degli adulti, che non hanno invece perso occasione di dar fuoco alle polveri della polemica. Lo spostamento dei ragazzi da Locri a Siderno, infatti, ha scatenato vecchi livori campanilistici e, improvvisamente, tutti si sono riscoperti esperti di logistica, edilizia e programmazione tacciando di incompetenza Città Metropolitana e Comune di Locri, costretto a ricordare che gli amministratori, oltre che

alle regole del buonsenso, devono rispondere anche a quelle imposte dalla legge. Certi adulti, insomma, hanno finito con il rovinare uno dei più brillanti momenti di esercizio della democrazia cui il nostro territorio abbia assistito negli ultimi anni, spostando l’attenzione dal fatto che i giovani fossero riusciti laddove politica e la burocrazia non avevano ottenuto risultati, a una presunta incapacità gestionale delle numerose strutture inutilizzate che si trovano a Locri solo perché non si vuole che gli studenti escano dal paese per frequentare le lezioni. E allora mi domando: non sarebbe il caso di imparare un po’ di buon senso dai ragazzi? JACOPO GIUCA (Articolo pubblicato su Metisnews il 25/10/2021)

PIÙ AULE AL “MAZZINI”: IN PIAZZA, INSIEME PER I NOSTRI DIRITTI Questa mattina, gli studenti dei licei Mazzini, per le strade di Locri, hanno manifestato il loro disagio per la mancanza di spazi capaci di accogliere l’intera utenza scolastica composta da oltre 1100 studenti. A protestare per la mancanza di aule oltre agli alunni anche i professori insieme al dirigente dell’Istituto, Prof. Francesco Sacco. Ormai è da diversi anni, spiegano i ragazzi, che si cerca di creare una situazione comoda per tutti in mancanza di aule sufficienti. Infatti mancano ben 16 aule all’interno della scuola. Si è stanchi delle turnazioni e della didattica a distanza, ci vogliono gli spazi idonei, in modo da poter svolgere tutte le attività previste dai licei. Il corteo, partito dalla sede scolastica si è concluso in piazza Nassiriya dove i vari ragazzi e i professori hanno fatto sentire la loro voce per sottolineare la gravità della situazione che si protrae ormai da troppo tempo. Nonostante il successo della manifestazione si è ri-

scontrata la mancanza delle autorità civili. Il Mazzini non si fermerà finché la situazione non verrà risolta. CHIARA GALLUZZO VD - LT (Articolo pubblicato su Metis News il 16/10/2021) 5


“E per tutti i ragazzi e le ragazze Che difendono un libro, un libro vero Così belli a gridare nelle piazze Perché stanno uccidendo il pensiero” Da “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni

IN CERCA DI RISPOSTE... Buongiorno a tutti, mi presento, mi chiamo Benedetta Borrello e frequento la 5A-LS. Nel 2017 iniziai il mio percorso in questo Istituto e mai avrei pensato, a distanza di quattro anni, di dover manifestare per un qualcosa che ci spetta di diritto: delle aule e un istituto capace di contenere un numero elevato di studenti come il nostro. Quest’anno, lasciando da parte gli scorsi anni che però non dimentichiamo, passati tra turni vari e dad, siamo stati divisi diversamente per corso al fine di poter frequentare in presenza, anche se siamo stati costretti a seguire le lezioni a distanza un giorno alla settimana preceduto da uno libero e questo non ci sta più bene, perché non esistono studenti di serie A o di serie B, siamo tutti uguali e vorremmo essere trattati allo stesso modo facendo tornare il sabato libero per tutti. Siamo stanchi, perché siamo vittime di un sistema che non ci ascolta e purtroppo, noi, ai piani alti non ci stiamo, ma ci staremo visto che il futuro dipende da noi, ma come si fa a pretendere un futuro certo se ci viene

tolta la cosa più importante, cioè il diritto allo studio? Pretendiamo risposte da chi di competenza, che sia la provincia, la regione o addirittura lo Stato visto che situazioni del genere sono presenti in quasi tutte le regioni d’Italia. In quanto studenti vogliamo essere tutelati, vogliamo i nostri diritti, vogliamo più fatti e meno promesse perché noi di anni per lottare ne abbiamo tanti, e se non volete fare voi la rivoluzione, la facciamo noi. BENEDETTA BORRELLO VA - LS

“Perché le idee sono come farfalle Che non puoi togliergli le ali Perché le idee sono come le stelle Che non le spengono i temporali” Da “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni

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IL “MAZZINI”, UNA SECONDA CASA!

Nonostante la terribile pandemia abbia inondato il mondo, stravolgendo la quotidianità di ogni essere vivente, l’anno scolastico 2021-2022 non è iniziato nel migliore dei modi per noi studenti dei licei “G. Mazzini”. Dopo un anno intero trascorso in DAD, con grande entusiasmo abbiamo rivisto i nostri compagni, i nostri docenti, ma ci siamo dovuti confrontare con una realtà spiacevole. Abbiamo dovuto fronteggiare, infatti, la questione relativa alla mancanza di aule sufficienti per accogliere tutti gli studenti. Situazione insostenibile, dunque, considerato l’elevato numero di iscritti e la necessità di dover mantenere le distanze nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid. Nonostante i numerosi appelli, non abbiamo ricevuto risposte concrete e le nostre richieste non sono state ascoltate. Senza pensarci due volte

l’intera popolazione studentesca si è mobilitata, con l’aiuto dei docenti e del preside, il cui appoggio è stato fondamentale. Abbiamo subito organizzato una manifestazione: abbiamo urlato il nostro sogno mostrando cartelloni e striscioni. In qualità di rappresentante d’istituto, ho avuto l’occasione di partecipare attivamente all’organizzazione della manifestazione ed è stato un onore per me collaborare con tutti per raggiungere il nostro obiettivo. Speravamo che qualcuno ci ascoltasse quel giorno, ma la protesta è andata avanti per altri tre giorni. Per questo motivo nel cortile della scuola abbiamo allestito una vera e propria classe, con i banchi, la lavagna e la cattedra. È stato impegnativo, ma nonostante il sole cocente, abbiamo lottato per i nostri diritti. Gli articoli di giornale, le interviste, le foto pubblicate sui social media hanno richiamato l’attenzione di tutti, anche delle autorità competenti. È stata un’immensa soddisfazione sapere, infatti, che avremmo ottenuto delle aule. Ancora increduli, ascoltavamo attentamente le parole pronunciate dalle autorità, fino a quando un applauso ha rotto quel silenzio e i nostri visi si sono colorati di felicità. Avevamo raggiunto il nostro obiettivo, eravamo contenti di far parte di un bellissimo gruppo ed eravamo soddisfatti di noi stessi. Infatti siamo stati elogiati perché abbiamo prote-

stato nel migliore dei modi, abbiamo rispettato le norme anti-Covid, ma soprattutto siamo stati educati. Ora siamo felici e ogni classe, nella propria aula, ha ripreso normalmente le lezioni. Frequento il quinto anno, in questi anni sono cresciuta e mi sono formata, gettando le basi per il mio futuro, e il merito va anche al mio “G. Mazzini”, che ha lasciato un segno indelebile nel mio cuore. Sono, infatti, orgogliosa di aver acquisito alcuni insegnamenti importanti di vita proprio in questa scuola, e sono fiera di far parte dell’immensa famiglia del Mazzini. È proprio questa seconda casa che non dimenticherò mai. FEDERICA TROIOLO VC - LS (Rappresentante d’Istituto Licei Mazzini) 7


BORSA DI STUDIO “FORTUNATO LA ROSA” IV EDIZIONE: I LICEI MAZZINI SI AGGIUDICANO IL SECONDO E TERZO PREMIO Un nuovo e gratificante riconoscimento per il nostro Istituto, che si è aggiudicato il secondo e terzo premio della “Borsa di Studio Fortunato La Rosa 2021”, promossa dall’Amministrazione Comunale di Locri e dalla Signora Viviana Balletta, vedova La Rosa. La Borsa di studio, dedicata alla memoria del Dott. Fortunato La Rosa, vittima della ‘ndrangheta, rappresenta ormai da quattro anni, per gli studenti del territorio, un significativo momento di riflessione e condivisione su tematiche delicate quali la legalità, la giustizia, i diritti umani. La premiazione dell’edizione 2021 si è svolta nell’ambito della “Cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico”, organizzata dall’Amministrazione comunale stessa (Locri- Palazzo della Cultura – 6 Ottobre), che ha visto la partecipazione di una rappresentanza di studenti e docenti delle scuole di Locri e che si è conclusa con l’inaugurazione di una “panchina bianca per la libertà di stampa” in memoria di un’altra nota vittima della mafia, il giornalista siciliano Beppe Alfano. Gli studenti del nostro Istituto premiati sono stati Sara Mittica VALS, che ha conseguito il II premio con la stesura dell’elaborato “Cambiare un futuro già prescritto” e Giuseppe Mittica VALS, III premio con il racconto “L’incontro perfetto fra musica e speranza”. Condividiamo con Voi le riflessioni di Sara e Giuseppe sull’esperienza, già pubblicate sulla testata online Metis News (13 Ottobre 2021), complimentandoci non soltanto con loro, ma anche con tutti gli altri studenti del Mazzini che hanno aderito al concorso con serietà ed entusiasmo. I racconti realizzati da tutti i partecipanti, infatti, come ha annunciato in occasione della premiazione l’Assessore Domenica Bumbaca, saranno presto raccolti in un’antologia dedicata alla IV edizione della “Borsa di studio La Rosa”. Complimenti, ragazzi! Ad maiora semper!

LE RIFLESSIONI DEI VINCITORI SARA MITTICA VA - LS Dopo più di un anno di didattica a distanza, è finalmente ricominciata la scuola in presenza e, per inaugurare il nuovo anno scolastico, lo scorso mercoledì 6 Ottobre, si è tenuta al Palazzo della cultura di Locri una cerimonia organizzata dall’Amministrazione Comunale. Con l’augurio di un buon inizio e con tanta fiducia in un anno migliore di quello appena trascorso, la manifestazione ha voluto ricordare, di fronte ad una rappresentanza di insegnanti e studenti del territorio, l’importanza della conoscenza e degli ideali di libertà e verità. A questo proposito, tutti noi abbiamo ascoltato con attenzione ed emozione le parole mischiate alle lacrime di Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano, che ha visto morire il padre per mano della mafia. E quelle lacrime ci sono rimaste impresse come per ricordarci che questa triste verità non è mai così lontana come pensiamo. Durante la manifestazione è stata inoltre inaugurata, in

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memoria di Beppe Alfano, una “panchina bianca”, simbolo della libertà di stampa. Un’altra importante donna protagonista della giornata è stata Viviana Balletta, moglie del dottor Fortunato La Rosa, che insieme all’Amministrazione Comunale di Locri ha voluto offrire un premio ai giovani studenti che, attraverso la scrittura, si sono impegnati a ricordare le vittime di mafia e a diffondere ideali di legalità, libertà e giustizia. La giornata dedicata all’inaugurazione dell’anno scolastico si è


conclusa proprio con la premiazione del concorso “Premio Borsa di studio Fortunato La Rosa” IV edizione, nel quale ho avuto il piacere di conseguire il secondo premio. Partecipare al concorso ha rappresentato per me una grande opportunità, perché ha permesso – non solo a me ma anche a tutti gli altri partecipanti - di esprimerci senza limitazioni, con la realizzazione di racconti con i quali abbiamo cercato di rendere giustizia a tutti coloro che non sono riusciti a farlo. Ho realizzato il mio elaborato (“Cambiare un futuro già prescritto”) lo scorso Maggio, in un periodo di parziale chiusura a causa della pandemia, che ho cercato di sfruttare per riflettere su tanti aspetti della vita. Il tema che ho scelto di trattare è stato proprio la legalità, il suo valore e i suoi principi, fondamentali per una corretta convivenza civile. Come sostengo nel mio racconto, “Il rispetto viene prima di tutto e non è solo il rispetto delle regole e delle leggi, ma Legalità è anche saper convivere civilmente anche con persone che non ci piacciono. Uccidere non risolve niente”. Partecipare a questo concorso ha significato per me dimostrare che noi della generazione Z non sappiamo parlare solo di social media e tecnologia ma che, se ci impegniamo, riusciamo ad affrontare anche contenuti più importanti come quelli proposti (la legalità, l’immigrazione, la pandemia). Questo è anche grazie alla Scuola e agli insegnanti che ci affiancano, anno dopo anno, nel nostro percorso scolastico, aiutandoci a comprendere ed affrontare argomenti non soltanto scolastici ma anche di vita. Il risultato conseguito, inoltre, è stato per me molto importante perché, oltre alla soddisfazione personale derivata dal premio, mi ha anche stimolato a non rinunciare mai ai miei obiettivi e a non pensare

mai con le idee degli altri. Quest’esperienza mi ha reso davvero consapevole della fortuna che abbiamo di poterci esprimere attraverso parole, lettere, testi o qualsiasi altro mezzo di comunicazione e che grazie ad essi possiamo arrivare a moltissime persone. Con la borsa di studio ricevuta, sicuramente continuerò i miei studi e approfondirò le mie conoscenze, perché nella vita bisogna sempre essere curiosi e non stancarsi mai di conoscere. Quella “panchina bianca”, infatti, ci ricorda quanto sia importante esprimere la nostra opinione in totale libertà e prendere posizione anche a nome delle vittime dell’ingiustizia.

MITTICA GIUSEPPE, VA - LS Il 6 ottobre 2021, al Palazzo della cultura di Locri, si è tenuta la premiazione del concorso di scrittura “Borsa di studio Fortunato La Rosa”, che da ormai quattro anni invita gli studenti del territorio ad affrontare temi di cruciale importanza nella società odierna, dimostrando che la giovane età non rappresenta assolutamente un limite per esprimere opinioni ed avere conoscenze approfondite anche su

argomenti molto delicati, come la criminalità organizzata e il suo impatto sulla società. L’incontro di quest’anno, inserito all’interno di una più ampia manifestazione organizzata dal Comune di Locri per l’avvio del nuovo anno scolastico, si è focalizzato non soltanto sul ricordo del Dott. Fortunato La Rosa, ma anche sulla testimonianza di una donna che ha sperimentato personalmente ciò che vuol dire

essere vittima della mafia e vedere i propri cari morire per mano di quest’ultima: Sonia Alfano. Politica 9


ed europarlamentare italiana, ha raccontato in modo sublime, e al tempo stesso realista, la morte del padre Beppe Alfano, docente e giornalista siciliano, ucciso dalla mafia nel 1993. I consigli degli amici e dei parenti e addirittura gli “avvertimenti” della mafia stessa non erano infatti riusciti a reprimere la fame di giustizia e il forte senso di legalità di Beppe, che continuava ad impegnarsi attivamente affinché la sua terra non fosse considerata soltanto un covo di criminali, ma anche una terra abitata da gente onesta, proprio come lo era lui. In onore di questo grande personaggio e giornalista, per non dimenticare il suo esempio, è stata inaugurata nel corso della manifestazione stessa una panchina bianca, simbolo della libertà di stampa e di opinione, come omaggio anche a tutti quei giornalisti che ogni giorno rischiano la vita per raccontare alla società la “verità” su tutto ciò che accade intorno a noi. Ad

inaugurare la panchina, sedendosi per primi sulla stessa, sono stati dei bambini di una scuola elementare, per far comprendere a tutti che il “cambiamento” deve partire dai più piccoli poiché saranno parte importante del nostro futuro. La cerimonia si è conclusa con la premiazione della borsa di studio bandita dal Comune di Locri e dalla Signora Viviana Balletta, vedova La Rosa, simbolo del coraggio delle donne. Quest’anno le tracce proposte hanno permesso ai partecipanti di mettersi alla prova nella realizzazione di elaborati su tematiche significative e molto attuali, che riguardavano da vicino la storia della Locride, come l’immigrazione, la legalità, ma anche la pandemia COVID con i suoi effetti sulla vita dei ragazzi e la possibilità di affrontarla con resilienza. Ho avuto la fortuna e l’onore di conseguire il

terzo premio, con la stesura dell’elaborato “L’incontro perfetto tra musica e speranza”. Desidero, perciò, ringraziare il Comune di Locri e la signora Balletta che ogni anno promuovono quest’iniziativa, permettendo a molti giovani di esprimersi su problematiche così importanti, consentendoci di dimostrare che noi ragazzi siamo in grado di avere un'opinione e di reagire a tutte le ingiustizie delle quali molte persone sono vittime. Vorrei concludere riservando un ringraziamento speciale alla mia docente di Italiano, la professoressa Federica Malara, per aver creduto nelle mie potenzialità anche quando io non ci credevo, coinvolgendomi nella partecipazione a questo concorso.

“La memoria di ogni uomo rimane impressa grazie alla cultura” 10


CONCORSO NAZIONALE “ANTONIO SCOPELLITI” 2022: PRIMO PREMIO AI LICEI MAZZINI Anche quest’anno, per la terza edizione, il concorso nazionale artistico-letterario “Antonio Scopelliti”, promosso dalla Fondazione Scopelliti stessa in collaborazione con l’ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici alte professionalità della scuola), ha offerto ai giovani l’opportunità di riflettere sulla figura, l’esempio e le parole del magistrato reggino oltre che, più in generale, sulla tematica della legalità. La traccia proposta ai partecipanti, in particolare, si è ispirata alla necessità di un “cambiamento” morale da parte non soltanto di ogni individuo, ma di tutta la collettività. “È giunto il momento di cambiare. Non c’è più tempo da perdere. La salvezza può venire solo da noi stessi prima come singoli poi come collettività, dalla nostra capacità di vigilare, dal nostro pretendere che i problemi vengano affrontati con serietà“. I Licei Mazzini hanno accolto l’invito alla riflessione, sollecitando la partecipazione al concorso degli studenti del biennio (destinatari del bando) e aggiudicandosi il primo premio grazie all’elaborato realizzato dalla studentessa Anna Maria Aricò, della classe II CLS. La cerimonia di premiazione si è svolta il 19 Gennaio 2022, in modalità videoconferenza tramite piattaforma Zoom, alla presenza di Carmelo Versace (Consigliere Città Metropolitana), Paolo Brunetti (vice-sindaco Città Metropolitana), Giuseppina Princi (vice presidente della Regione Calabria con delega all’istruzione e cultura), Rosanna Scopelliti (figlia del giudice e Presidente della Fondazione), Antonello Giannelli (Presidente Nazionale ANP) e del DS Francesco Sacco (Presidente Regionale ANP). Si riportano, di seguito le riflessioni e i ringraziamenti della nostra vincitrice. “GRAZIE”… mai avrei pensato che le mie riflessioni mi conducessero alla vittoria in questo importante concorso che riguarda la vita di un grande magistrato come Antonino Scopelliti. Una delle frasi più importanti che ho citato anche sul mio elaborato è la seguente: “È giunto il momento di cambiare. Non c’è più tempo da perdere.” Da questa frase ho maturato l’esigenza che il cambiamento che deve avvenire è nei cuori di ognuno di noi. Dobbiamo cambiare i cuori perché è lì che risiedono i sentimenti e le emozioni! Fin quando non useremo il cuore per aiutare e condividere, vedremo sempre “l’altro” come una minaccia e non come un bene comune da tutelare come la nostra vita. Svegliamoci e apriamo le braccia, diventiamo “Gocce in un mare di accoglienza!”. Tendiamo le mani e facciamo ponti di cuori e non di menti. E nell’accettazione dell’altro la famiglia è la prima scuola che ci aiuta a comprendere il vero valore del senso civico condiviso. Dobbiamo impegnarci, dobbiamo aiutare tutti indipendentemente dal colore della pelle, dalla nazionalità, dalla cultura o dalla religione, siamo tutti uguali siamo tutti in grado di fare del bene, aiutare ed essere portatori di senso civico. Ringrazio immensamente la professoressa Annamaria Pizzati, il Dirigente Scolastico di questo Istituto Francesco Sacco, tutto il Corpo Docente, tutte le studentesse e gli studenti. A presto ANNA MARIA ARICÒ IIC - LS 11


“L’AMORE NON UCCIDE”: I LICEI “MAZZINI” E IL LICEO ARTISTICO “OLIVETI PANETTA” INSIEME PER SENSIBILIZZARE I GIOVANI SULLA VIOLENZA DI GENERE Al Liceo Mazzini, giorno 26 Novembre, l’inaugurazione di una panchina rossa ha dato il via ad un evento realizzato in collaborazione con il Liceo Artistico “Oliveti Panetta” per celebrare la “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”. “È partito tutto dall’idea di installare una panchina rossa” - donata al Liceo Mazzini dall’Amministrazione Comunale di Locri- così spiegano i docenti che hanno coordinato l’evento, un simbolo con l’intento di rivolgere un pensiero a tutte le vittime di violenze, fisiche, psicologiche e verbali. Sopra la panchina uno slogan “l’amore non uccide”, con lo scopo di ricordare alle nuove generazioni l’importanza e la sensibilità che bisogna prestare riguardo questa giornata, creata con lo scopo di non dimenticare tutte quelle donne martiri di mariti e compagni aggressori e assassini. Donne con il solo desiderio di poter vivere nella loro libertà. Da questa panchina è nata l’idea di collaborare con i licei artistici, così da creare qualcosa in più, qualcosa che arrivasse nel profondo di ogni studente, ogni insegnante. Si è deciso, quindi, di dare vita a una mostra che ruotasse proprio

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intorno alla frase “L’amore non uccide”: gli studenti dei Liceo Artistico di Locri e Siderno hanno così realizzato, in soli quindici giorni e con differenti tecniche, le loro opere per ricordare che la violenza contro le donne purtroppo esiste e ogni anno conta numeri fin troppo alti. La mostra, ospitata presso l’Auditorium del Liceo G. Mazzini di Locri, si apre con un pannello introduttivo sulla giornata ed espone prodotti realizzati con diverse tecniche pittoriche e programmi di grafica. Fra le opere, sono esposti anche i ritratti di alcune vittime del femminicidio come quello della siciliana Lorena Quaranta, realizzato con la contrapposizione di colori caldi e freddi proprio “per rendere l’idea della vita che non c’è più” come spiegano i ragazzi dell’Artistico agli studenti del Mazzini, o Sara Everard (Londra), rappresentata con il viola e il lilla come i lividi che questa giovane ragazza ha manifestato dopo lo stupro subito per opera di un poliziotto. Purtroppo questi sono solo alcuni dei nomi di tutte le donne uccise negli ultimi


tempi. La mostra “L’amore non uccide” vuole rivolgere un pensiero a tutte queste donne e sensibilizzare i giovani sull’argomento. La giornata d’inaugurazione, alla quale ha partecipato anche l’assessore Domenica Bumbaca, ha visto protagonisti gli studenti di entrambe le scuole: gli allievi del Mazzini hanno, infatti, realizzato delle riflessioni sull’argomento e recitato dei testi poetici nelle lingue straniere studiate al Linguistico, mentre gli studenti del Liceo Artistico hanno svolto una funzione di guida nei confronti dei visitatori della mostra. Questa cooperazione tra le scuole significa tanto: bisogna creare una sinergia per affrontare problematiche di attualità come questa, in modo da favorire il dialogo e realizzare un ambiente scolastico sereno e funzionante, che vada oltre il singolo istituto. È utile, quindi, creare occasioni simili per poter riuscire pian piano, in un ambiente di formazione fondamentale come la scuola, a cambiare il pensiero dei giovani e non solo. CHIARA GALLUZZO VD - LT

IN NOME DI UN DIRITTO NEGATO 6 milioni e 746.000 donne hanno subito violenza. Stalking, molestie, omicidi, stupri. Non passa giorno in cui non sentiamo parlare di almeno uno di questi avvenimenti, avvenimenti violenti nei confronti di donne molto spesso considerate inferiori dai loro partner o da altri uomini che le considerano oggetti di loro proprietà perché qualcuno gli ha fatto credere di poter avere il controllo sull’altra persona, di potergli dire come vestirsi, cosa fare e con chi uscire. Spesso, nella nostra società sentiamo giustificare questi atteggiamenti, considerati normali, così come sentiamo giustificare molestie e stupri dando la colpa alla vittima per com’era vestita: a tutti noi è capitato di sentire dire frasi come: “se l’è cercata”, quando invece la colpa è solo dell’aggressore. Sentiamo cercare una motivazione all’aggressione, abbiamo ascoltato dire in televisione “forse queste donne hanno esasperato i mariti” e in questi attimi abbiamo visto anni di lotte sgretolarsi. Ed è proprio da una società maschilista che derivano questi comportamenti, che noi ogni giorno dobbiamo combattere. Si sente spesso dire che oggi il femminismo sia inutile perché esiste già la parità di genere, ma non è così. Non sarà così finché ci saranno donne uccise, umiliate, stuprate, stalkerizzate e molestate. Non sarà così finché si giustificheranno questi comportamenti, si cercherà una risposta al “perché l’ha fatto?”, come se fosse in qualche modo accettabile. Fino a quel giorno noi dovremmo continuare a lottare, ogni giorno, contro qualsiasi piccolo atto che sembri portare a una violenza, contro quei piccoli gesti che spesso vengono giustificati ma rappresentano un campanello d’allarme. Dobbiamo farlo per tutte coloro che non hanno potuto farlo e a cui questo diritto è stato negato. ALFONSINA BELLUZZI IVA - SU 13


L’AMORE NON UCCIDE L'amore non uccide; ha mille espressioni e tra queste non dovrebbe esserci la violenza. È un sentimento che arricchisce la persona, non la distrugge. L'amore non causa le ferite ma le cura. Ci meritiamo un amore che ci faccia sentire sicure e che trovi il Paradiso negli occhi dell'altro, non l'aggressività. Ci meritiamo un amore che ci ascolti, che rispetti la libertà. L'amore ti coinvolge, ti prende per mano e ti fa dimenticare le tue paure. Non dovrebbe generarle. È così intenso, che ci permette di leggere chi abbiamo accanto e non di offuscarlo. Se quest'emozione prendesse forma avrebbe il cuore a mille ma non per le lacrime agli occhi o i lividi sul corpo. Avrebbe il cuore a mille come quando un bambino osserva qualcosa per la prima volta. L'amore consente all'altra persona di sentirsi a casa con un solo sguardo e non in una prigione. Migliora l'autostima, è incontrollabile, puro. Fa bene, fa sorridere, ci fa sentire a proprio agio. Esso non umilia ma apprezza. L'amore è speranza, ma deve soprattutto essere sicurezza. È un soffio, una carezza: di certo non è uno schiaffo. L’amore vero non delude, non calpesta e non ferisce; non urla, non picchia e non uccide. Amare vuol dire vivere. ALESSANDRA CAVALLO e ELENA GALASSO IVA - ES (Riflessioni pubblicate su “Lente Locale”, 25/11/2021)

“IN PIEDI SIGNORI, DAVANTI AD UNA DONNA” Il termine femminicidio ricorre sempre più frequentemente nella nostra quotidianità. In media, in Italia ogni tre giorni una donna viene assassinata e ogni quindici minuti subisce una violenza. Gran parte di questi omicidi sono compiuti da fidanzati, compagni, mariti, parenti. Ma cosa porta un uomo ad un gesto così estremo? È forse qualcosa che sia stata d' offesa alla sua virilità? Un venir meno della sua sicurezza? Un'umiliazione? O pura follia... Dietro ad un’aggressione, a mio parere, c'è sempre un sentimento di segreta e vergognosa paura nei confronti di una donna, un senso di inferiorità celato. La storia della violenza contro le donne è strettamente legata alla concezione patriarcale, che fatica a sradicarsi, secondo la quale la donna viene percepita come “l’oggetto del piacere” di un uomo che ne è quasi il proprietario. Questa concezione comporta la manipolazione, la sottomissione e addirittura l’abuso nei confronti della donna. Siamo donne, e non possiamo avere paura di uscire da sole da casa, di vestirci con abiti aderenti né dovremmo vivere continuamente in allerta. In quanto donna, è un mio dovere sentirmi libera all’interno della società, e invito tutte le donne a denunciare qualsiasi cosa subiscano da un uomo, che sia una parola offensiva o minacciosa, oppure una forma di violenza fisica. Non abbiate paura di parlarne, abbiate la forza di denunciare. Concludo citando una famosissima frase di William Shakespeare: “Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna.” MARIAELENA SORRENTI VC - LS 14


"Rotting Flower", che in italiano significa "Fiore Marcio", è il titolo di questa poesia. Il testo circola online ed è attribuito ad una scrittrice contemporanea che firma le sue poesie con lo pseudonimo di Anais. La storia viene narrata in prima persona da una ragazza che è stata rapita da un uomo sconosciuto e porta in grembo quello che è frutto di abusi e violenze sessuali. Fra i versi del componimento affiorano gli attimi precedenti alla sua morte.

ROTTING FLOWER I feel soil in the pit of my stomach, A seed planted without permission, With no sun to grow, no water to drink, I feel it rotting inside of me, That flower, never grown, wastes away, I feel it move and tug at my veins, Pleading for water and sunlight, But I must tell it to be quiet, To be silent because he listens, I tell my little flower to hold his cries, because beyond those closet doors, I sense his looming figure, I sense it with every bit of me, But it moves and tears me inside, and I lust over a single tear, a single scream, But I can't. I shiver. Breathe through my hand, and curl into a ball, too afraid that my fear will echo. I hush. I tremble. I bite my tongue. Iron in my mouth, my throat closes, my stomach bursts, I smell soil, my picture now on a milk carton, Not in my grave am I found.

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Alla Fondazione Zappia la mostra esposta dal 18 settembre di “Occhi di donna”, Associazione femminile di San Luca. Venerdì 29 ottobre, alcune classi dei Licei Mazzini, accompagnate dai docenti, si sono recate alla “Fondazione Zappia” di Locri per visitare la mostra fotografica “San Luca illustrato. Occhi di donna”, una mostra nata con lo scopo di illustrare e valorizzare il ruolo della donna durante il Novecento, in un ambiente spesso difficile come quello di San Luca. La donna, spiegano i membri dell’Associazione, era il pilastro fondamentale della famiglia. Con il suo lavoro quotidiano riusciva a portare avanti la famiglia svolgendo diverse attività durante la giornata. Nel giorno infatti, oltre a dedicarsi alle faccende domestiche, si dedicava al lavoro al telaio, all’uncinetto, in modo da creare corredi per le future spose, che si tramandano ancora oggi da madre in figlia. Ma non solo, le figure femminili in quegli anni dovevano anche aiutare padri e mariti con il lavoro in campagna. Tutte queste mansioni, svolte in modo semplice ma con fatica e determinazione, vennero trasmesse da generazione in generazione. Attraverso la mostra, si viene a conoscenza anche di alcune simboliche tradizioni del luogo; una nota tradizione Sanluchese prevedeva, per esempio, che il giorno di un matrimonio la suocera della sposa preparasse un cesto di pane caldo come offerta e segno di augurio alla futura nuora. Ancora, sempre il giorno nuziale, si sceglieva un’amica, una sorella, per recitare una poesia dialettale di auguri agli sposi, la quale era accompagnata da musica e dal lancio del riso. Un’altra figura importante per le giovani donne era quello della “majistra”, che insegnava l’arte del ricamo alle ragazze, le quali dovevano prepararsi ad essere mogli esemplari. Nonostante spesso non fossero

istruite, durante la loro vita, queste donne imparavano molto. Ricordiamo, fra tutte, la poetessa dialettale Settilia Palma Mammoliti, che da analfabeta, riusciva a comporre poesie, morta all’età di 101 anni lo scorso Maggio. Fra le donne sanluchesi più importanti anche Antonia Giampaolo, madre di Corrado Alvaro, che ebbe un ruolo fondamentale nella vita e nell’educazione del figlio. Questa mostra è stata fortemente voluta dalle donne Sanluchesi per sottolineare l’importanza della figura femminile che una volta più di adesso veniva sottovalutata; bisogna portare avanti iniziative simili per far comprendere il ruolo della donna che, come l’uomo, mandava avanti la famiglia. Per questo è molto importante coinvolgere in queste iniziative anche agli studenti, per promuovere la conoscenza del territorio e la parità di genere. Gli scatti esposti sono opera di Antonio Pelle. La mostra è stata allestita in ricordo di Jole Santelli, assunta come simbolo di forza e coraggio femminile. CHIARA GALLUZZO VD - LT

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AMARE AMANDOSI di andare via, lasciando solo quel mostri e scegliendo se stessa, scegliendo di amare amandosi. Al monologo si sono alternate canzoni e balletti legati alle fasi della vita di Federica: Vietato morire di Ermal Meta, Il coraggio di andare di Laura Pausini, Niente di Ultimo. La visione di questo video ci ha fatto riflettere su un fenomeno troppo diffuso. Molte, infatti, sono le don-

ne che subiscono violenze fisiche e psicologiche, donne a cui viene privata la libertà e che, per paura, non In occasione della giornata mondiale contro la violen-

parlano, non si confidano con nessuno, non denun-

za sulle donne, abbiamo visto il video di uno spettaco-

ciano. Questo non è amore. L’more vero non ti fa

lo teatrale, dal titolo “Amare amandosi”, realizzato

soffrire, ti lascia libera, non ti impone nulla, è quello

dall'Associazione CGS Sales – Bibliopedia di Bova Ma-

che ti rende felice e non quello che ti fa piangere. Le

rina. Un monologo intenso che narra la storia di una

donne devono identificarsi nella Federica che sceglie

donna, Federica, dal momento in cui, a 35 anni, muo-

se stessa, che mette la sua vita al primo posto.

re in una fredda sera invernale, per mano della persona che avrebbe dovuto amarla per tutta la vita, suo

Le alunne della classe IIB - SU

marito. Da qui, inizia a ritroso il racconto delle storia di Federica e Luca (questo il suo nome): l’incontro, avvenuto in palestra, quando lei aveva 19 anni; gli anni universitari; la richiesta di matrimonio; i primi anni felici insieme. Poi, però, tutto cambia, le cose fra di loro si complicano, lui diventa geloso, possessivo, le sta addosso, tanto da farla sentire in colpa e portarla a decidere di lasciare il lavoro per dedicarsi di più a lui. Questa decisione, però, non porterà a nulla e le

cose precipiteranno di li a poco, fino al momento in cui Federica muore. Il monologo si conclude con un messaggio di speranza: c’è una Federica che ha 36 anni e che continua a vivere perché trova il coraggio

“Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!” William Shakespeare

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IL VALORE DELLO SPORT COME STRUMENTO D’INCLUSIONE Nella giornata del 18 novembre 2021 si è svolta una delle tante partite di calcio degli “Special Olympics”. La partita era una triangolare di calcio tra le scuole: liceo “G. Mazzini “di Locri, IPSIA di Siderno e “Mazzone” di Roccella Jonica e si è svolta nel campo da tennis di Roccella durante le ore curricolari. Abbiamo accompagnato i nostri compagni speciali in questo giorno molto importante per loro e abbiamo avuto modo di conoscere altri ragazzi e poterci confrontare con loro e gli insegnanti che li accompagnavano. È stata una giornata diversa, ma piena di emozioni sia per i ragazzi protagonisti della giornata ma anche per noi spettatori e spettatrici e per i nostri accompagnatori. La vittoria non l’ha avuta la nostra scuola, ma secondo noi l’obiettivo è stato ugualmente raggiunto, l’importante per i nostri ragazzi era divertirsi, non necessariamente vincere. Le partite continueranno nei mesi successivi con altre attività. È proprio vero, i ragazzi ci hanno contagiato con il loro sorriso: siamo stati molto fieri e orgogliosi di aver

potuto contribuire a rappresentare la nostra scuola e a rendere felici i nostri ragazzi speciali. La cosa più importante per noi è stata aver fatto divertire tutti loro, ma soprattutto il nostro Davide, che è rimasto davvero contento e questo a noi fa solo piacere; è riuscito a segnare 3 bellissimi gol, anche se alla fine non ci hanno portato alla vittoria, Davide è un ragazzo speciale per noi e gli vogliamo tanto bene. Lui la giornata l’ha descritta così… CLASSE IVC - ES

DAVIDE IEMMA IVC - ES 18


LO SPORT CHE UNISCE Il 18 febbraio, la palestra dei Licei Mazzini di Locri ha ospitato la manifestazione sportiva degli “Special Olympics Italia - Volleyball Week 2022”. Dopo le giornate Special dedicate al calcio ed al basket, è stato il turno di uno sport di squadra meraviglioso (sono spudoratamente di parte!): la pallavolo. E proprio il connubio tra la pallavolo e l’inclusione, sotto l’egida degli Special Olympics e degli straordinari docenti organizzatori, ha dato vita ad una giornata meravigliosa, all’insegna della condivisione, della spensieratezza e, soprattutto, dei sorrisi. Come docente di sostegno dell’Istituto, ho potuto godere di una preziosa opportunità di crescita umana e pro-

fessionale: vedere i miei alunni fare “squadra”, supportarsi a vicenda e percepire il loro senso di responsabilità, nonostante la giovane età, ha rappresentato un segnale forte e significativo. E il magico artefice di tutto è stato ancora una volta lo Sport, che UNISCE, TEMPRA, COSTRUISCE, SOLIDIFICA, METTE IN RELAZIONE e RAFFORZA i legami ed il senso di autoefficacia dei ragazzi, speciali e non. Ciò dimostra che si può apprendere sia da un libro, che da un pallone; che si può crescere in un’aula, ma anche in una palestra. Anche questo è Scuola, anzi soprattutto questo. PROF.SSA ILENIA SARICA - Docente di sostegno

COS’È SPECIAL OLYMPICS? Special Olympics è un Movimento globale che, attraverso lo sport unificato, sta creando un nuovo mondo fatto di inclusione e rispetto, dove ogni singola persona viene accettata e accolta, indipendentemente dalla sua capacità o disabilità. Attraverso il gioco e l’attività sportiva unificata, si creerà una comunità scolastica sempre più inclusiva. Infatti lo sport fornisce ai giovani, con e senza disabilità intellettive, l’opportunità di allenarsi e giocare insieme come compagni di squadra. Con questo approccio si sviluppano non solo le abilità tecniche, ma nel fornire opportunità relazionali, si stringono amicizie e si promuove il rispetto per i compagni, i giovani diventano promotori dell’inclusione dentro e fuori dal campo. Il giuramento dell’Atleta Special Olympics è: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”.

I LIKE VOLLEY Oggi ho partecipato agli Special Olympics ed ho giocato a pallavolo nella palestra della mia scuola. Sono andato con la prof. Ilenia, Marianna e Francesco. Abbiamo fatto tanti esercizi e dovevo lanciare la palla oltre la rete.

Ho fatto tanti punti ed i miei compagni mi hanno insegnato come lanciare la palla correttamente. Ho imparato anche che pallavolo in inglese si dice “volley”. Oggi ho scoperto che “I like volley”! CHRISTIAN PANETTA VD - LT 19


CHE IO POSSA TENTARE CON TUTTE LE MIE FORZE L' attività sportiva è molto importante nella vita di noi ragazzi e lo è ancor di più per gli studenti con bisogni educativi speciali. Gli Special Olympics offrono la possibilità ai ragazzi “speciali” di inserirsi nelle diverse attività sportive e di prendere parte a tornei a fianco agli studenti della stessa scuola, ma è possibile confrontarsi anche con ragazzi di scuole diverse in modo tale da instaurare un rapporto di collaborazione e competitività che va oltre le barriere ed i pregiudizi ancora esistenti, purtroppo. Questi incontri ci fanno comprendere le difficoltà quotidiane dei disabili e non solo nei piccoli gesti quotidiani, ma anche nello stringere amicizie o nel confronto con altre realtà. Non vi sono differenze, in questo ambiente, tra i diversi studenti, tutti collaborano per divertirsi e si aiutano per raggiungere la vittoria, una vittoria che, in ogni caso, andrà alla sportività, garantendo una sana esperienza ed ore di spensieratezza a tutti gli studenti. Il ruolo che lo sport ricopre è davvero fondamentale: riesce a creare le giuste sinergie diventando così un vero e proprio strumento di integrazione, socializzazio-

ne e di rispetto reciproco. Grazie a questa esperienza, noi ragazzi abbiamo capito che, durante l' attività sportiva di squadra, aiutare un nostro compagno e renderlo partecipe al gioco è molto più bello che cercare di vincere da soli con la forza. È essenziale che i ragazzi speciali si sentano accettati e inseriti insieme ad altri compagni. Lo sport, anche con l' aiuto delle associazioni come questa, oltre ad essere un' attività ludica, risulta essere un momento di scambio, di collaborazione, elementi fondamentali per affrontare le piccole e le grandi sfide che la vita ci presenta. È questa la vera vittoria riassunta perfettamente da una frase incisa sulla medaglia: "Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze". COSTANTINO PICONERI VD - LT

IL LOGO SPECIAL OLYMPICS Il logo Special Olympics raffigura cinque atleti stilizzati uniti in un cerchio a simboleggiare la presenza globale del Movimento nel mondo, in tutti e cinque i continenti. Gli Atleti stilizzati hanno le braccia in tre posizioni differenti: Le braccia abbassate, ricordando il momento in cui molte persone ancora non erano a conoscenza dei talenti e delle abilità delle persone, adulti e bambini, con disabilità intellettive - un momento prima della fondazione di Special Olympics. Le braccia dritte descrivono il passaggio ad una maggiore uguaglianza e ad una sensibilizzazione diffusa. DISEGNO DI DAVIDE COMMISSO VA– ES 20


A SCUOLA D’INCLUSIONE: INCONTRO CON L’AVVOCATO ARMANDO ATTINÀ, CONSULENTE LEGALE PROGETTI SAI Noi ragazzi della 4ASU dei Licei Mazzini di Locri, il giorno 3 Marzo 2022, abbiamo incontrato l’avvocato Armando Attinà, consulente legale del sistema d’accoglienza SPRAR-SAI di Sant'Alessio, con il quale abbiamo svolto un’interessante discussione sul diritto d’asilo e l’accoglienza degli immigrati nei centri sopra citati. L’incontro, programmato fra le attività dell’insegnamento di Educazione civica, è stato organizzato dalla professoressa Federica Malara per un approfondimento sulla tematica dell’immigrazione. Dopo una breve introduzione sull’articolo 10 della Costituzione italiana (diritto d’asilo) e sull’organizzazione e funzionamento dei centri SPRAR-SAI, abbiamo avuto la possibilità di rivolgere alcune domande al nostro esperto. Com’è organizzato il SAI nel quale lei lavora? Il centro SAI di Sant’Alessio ospita circa 15 beneficiari da vari Paesi e di tutte le fasce d’età. All’interno si svolgono differenti attività, come laboratori e tirocini di preparazione per l’apprendimento di diversi mestieri, che si svolgono anche a contatto diretto con gli abitanti del paese, infatti la nascita di questo sistema d’accoglienza ha permesso l’aumento dell’economia sul territorio e il funzionamento del sistema scolastico locale. I beneficiari sono supportati, durante il loro percorso, da diverse figure come psicologi, medici, insegnanti d’italiano L2

(dal momento che la conoscenza di questa lingua garantisce l’integrazione), assistenti sociali e altri specialisti. Come avviene l’inserimento nella società? Noi seguiamo le famiglie e i singoli beneficiari passo per passo nel loro inserimento nella società; infatti, dopo avergli offerto la possibilità di seguire tirocini e imparare un mestiere, li aiutiamo a trovare una stabilità economica (un lavoro, un’abitazione). Parlando di pregiudizi e stereotipi, come reagisce, in genere, la popolazione locale alla creazione di questo sistema di accoglienza? All’inizio è necessario un po’ di tempo per conoscersi e per superare i pregiudizi, ma avendo poi la possibilità di relazionarsi e quindi conoscere i beneficiari personalmente, si convive tranquillamente. Qual è stata la prima difficoltà che ha incontrato quando ha

iniziato a lavorare nel settore? La prima difficoltà è stata mettere in pratica tutta la teoria appresa durante il percorso di studi e imparare a relazionarsi con queste persone visto che non c’è nessun “manuale” che lo spieghi. Inoltre, una grande difficoltà che ho incontrato è stata di tipo emotivo perché le storie ascoltate erano molto “forti” e quindi mi hanno segnato particolarmente. A proposito, c’è una storia in particolare che l’ha colpita? Mi hanno particolarmente colpito le storie di donne vittime di tratta, spesso ingannate, minacciate, maltrattate, ma anche quelle di uomini che sui loro corpi riportavano i segni della schiavitù, dei maltrattamenti che avevano subito e che poi, grazie alle figure che li hanno accolti, si sono sentiti ascoltati e sono riusciti a superare questi traumi, completando nel migliore dei modi il loro percorso e uscendo dal centro SAI come delle “persone nuove”. L’incontro è stato costruttivo e interessante, non soltanto per le informazioni che l’avvocato Attinà ci ha fornito sui sistemi SPRAR -SAI, ma anche per la sua toccante testimonianza, che ha suscitato anche in noi forti emozioni e nuove consapevolezze. ALFONSINA BELLUZZI GIADA MOLLACE IVA - SU

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LA MUSICA COME STRUMENTO D’INCLUSIONE Il concerto di Natale per molti anni è stato un appuntamento fisso, atteso da alunni e docenti del Liceo Mazzini come un’occasione per ricreare l’atmosfera gioiosa e allegra che precede il Natale e, quindi, le vacanze. Purtroppo la pandemia ha interrotto per due anni questa piacevole attività, che per fortuna quest’anno è ricominciata tra l’entusiasmo di tutti. Il filo conduttore del concerto è stato, in continuità con gli anni passati, “Suoni e ritmi dalla Calabria all’Europa”, cioè un omaggio alla cultura veicolata dalle lingue straniere che noi alunni studiamo nei tre corsi dei Licei Mazzini e alla nostra tradizione musicale calabrese. Accanto a brani famosi e pezzi tradizionali delle culture europee, il Coro, infatti, ha eseguito alcuni brani tipici della tradizione calabrese. Ovviamente si può immaginare lo stupore di ascoltare alcuni pezzi suonati dal vivo da ragazzi che frequentano come me il nostro liceo, abilissimi nel suonare chitarra, batteria e violini; da lodare, anche, la loro bravura nel leggere poesie e salutare nelle lingue straniere, segno di apertura verso l’altro, verso il ‘diverso’. Durante lo spettacolo ho avuto il piacere (anche se l’ansia prevaleva come emozione, dato che dovevo tevo non conoscere da amante del Natale. Durante lo presentare insieme ad un’ alunna, Anna Maria Aricò ), spettacolo il coro, di cui fanno parte anche alcune nodi ascoltare tutte quelle canzoni natalizie che non po- stre docenti (prof.sse De Marzo, Callipari, Malara, Cristiano ) ci ha deliziato con canzoni che tutti abbiamo ascoltato almeno una volta nella vita: Jingle Bell Rock che ha avuto molto successo anche in auditorium, uno dei pezzi natalizi più venduti e ascoltati nel mondo, usato anche come colonna sonora del film “Mamma ho riperso l’aereo – Mi sono smarrito a New York”; Adeste Fideles, in italiano “Venite Fedeli”, un tradizionale canto natalizio avvolto nel mistero in quanto non è riconducibile a nessun autore: è stato attribuito a San Bonaventura, studioso italiano del XIII secolo, in altri momenti anche a vari monaci tedeschi, spagnoli, portoghesi e cistercensi. Una canzone che mi è piaciuta particolarmente è stata “What a Wonderful World”: interpretata la prima volta da Luis Armstrong nel 1967, ha acquistato successivamente popolarità grazie al film “Good morning, Vietnam” (1988). La canzone è stata intesa come un invito alla scoperta del piacere della vita; esalta la bellezza del mondo e la diversità fra i popoli. A conclusione dello spettacolo, terminato con l’esecu-

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zione della tarantella, è stata consegnata a nome del Liceo Mazzini dal prof. Gianfranco Ozzimo al rappresentante di zona per l’associazione “Sanfilippo fighters” una raccolta di fondi, promossa a scuola a favore della ricerca sulla Sindrome di Sanfilippo; questo ha ulteriormente contribuito a evidenziare l’apertura verso l’altro e l’inclusività, che caratterizzano il nostro liceo. FEDERICA MARIA PIZZATI IIA - LS

LA MUSICA È COME LA VITA La musica è un linguaggio universa-

tutti piace la musica e può essere

le; tutti, grandi e piccoli, hanno

un’ottima fonte per esprimersi e

bisogno di un ‘luogo’ in cui rifugiar-

rafforzare le relazioni sociali. Can-

si e la musica può essere un ottimo

tare le stesse canzoni, ballare sullo

rifugio. Le canzoni alla fine sono

stesso ritmo, abbassa il rischio di

delle storie e i cantanti i narratori.

avere una prima impressione sgra-

Ma c’è un momento particolare, in

devole e aumenta l’empatia, la sti-

cui i cuori di queste storie battono

ma e la confidenza.

all’unisono: I concerti. Se ave-

A parte i concerti, la musica si trova

te

partecipato ad un concerto,

dappertutto, è la colonna sonora

avete mai visto volti tristi, amareg-

delle nostre vite; a volte è leggera,

giati? Nei concerti ci si dimentica di

a volte più esplosiva. Ma come di-

tutto e si pensa solo a divertir-

ceva Jovanotti: “le canzoni non de-

andrà c'è una musica per quando si

si,

perché tutti in quel piccolo

vono essere belle, devono essere

ritroverà”. Proprio così, nella musi-

grande spazio sono si riconoscono

stelle, illuminare la notte, far balla-

ca ci si perde ma poi ci si ritrova

in una canzone. Ed è un momento

re la gente”. Vi ricordate quando

sempre. È come la vita, si può fare

che rimarrà sempre impresso nella

Max Pezzali cantava: “C'è una mu-

in un solo modo, insieme…diceva

memoria di chi lo vive. La musica

sica per tutto c'è una musica per

Ezio Bosso.

influisce sul processo formativo di

chi si sta divertendo un sacco e per

una persona, rilassa, migliora l’u-

chi sta annoiando c'è una musica

more, AIUTA AD INTEGRARSI. A

per chi si è perso e non sa dove

MARTINA GIURLEO IIC - LS

<< HO SMESSO DI DOMANDARMI PERCHÉ, OGNI PROBLEMA È UN’OPPORTUNITÀ >> EZIO BOSSO 23


IMPARARE L’ARABO PER COSTRUIRE UNA “CULTURA DELL’INCLUSIONE” Al giorno d’oggi l’arabo rientra tra le lingue più studiate e importanti al mondo, sia in campo economico che sociale. Nel nostro Istituto abbiamo la possibilità di apprendere gratuitamente questa lingua grazie a un progetto PON extracurriculare, tenuto dalla professoressa Maria Antonietta Reale: è una grande opportunità per il nostro sviluppo culturale, ma soprattutto per favorire l’integrazione sociale di tutte le persone madrelingua arabe. Nel campo dell’integrazione sociale, l’apprendimento di una seconda lingua, totalmente differente dalla propria lingua madre, è uno dei problemi principali che negli anni si sono presentati. In questo processo, spesso si tende a considerare l’utilizzo della propria lingua primaria come un ostacolo. In realtà, questa potrebbe rivelarsi essenziale in quanto, durante l’apprendimento di una nuova lingua, la nostra mente potrà collegare vari concetti tra le due lingue così da avere uno schema ben chiaro e strutturato sia delle somiglianze che delle differenze, grammaticali e non.

Lo studio della lingua araba all’interno dell’ambiente scolastico non può che essere favorevole, in quanto fa sì che gli studenti stranieri vedano valorizzata la propria lingua e cultura. Inoltre, nel percorso di apprendimento, gli studenti stranieri rappresentano una ricchezza per la classe in quanto sono testimonianza diretta delle peculiarità e delle diversità che caratterizzano la lingua araba. Aiutare i compagni ad apprendere la nuova lingua favorirebbe la loro integrazione all’interno della classe, e della comunità, e sarebbe utile anche al nostro stesso sviluppo culturale. Dopotutto è proprio un proverbio arabo a recitare “la bellezza di un uomo sta nell’eloquenza della lingue”, proprio per farci capire che la lingua non dovrebbe essere un elemento discriminante ma, al contrario, una fonte di ricchezza, sia per gli stranieri che per i nativi locali. DOMENICO SCHIATTARELLA IVB - LS

‫جمال الرجل في بالغة اللغات‬ 24


ALWAYS ON THE MOVE! INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA NOSTRA SCUOLA E MOBILITÀ

Nel 2022 è importante che le scuole di tutto il mondo diano ai propri studenti la possibilità di realizzare progetti di mobilità per permettere loro di acquisire gli strumenti necessari per muoversi all'interno di un mondo che cambia, nell'era della globalizzazione. A tal proposito la nostra scuola si è resa protagonista di vari scambi interculturali, al fine di consentire ai propri alunni di svolgere un percorso di studi a 360 gradi, ricco di esperienze. Ad esempio: - il programma Intercultura, ossia la mobilità degli studenti, con il Belgio, l’Irlanda e prossimamente con la Polonia; - il programma Erasmus+, ossia la mobilità di studenti e insegnanti provenienti dall’Ungheria e da Madrid: Docenti in mobilità nel mese di marzo, con 2 progetti che prevedono attività di Job- Shadowing nel nostro istituto, Ungheria-Italia (Seghedino-Locri) / SpagnaItalia (Madrid-Locri) Studenti in mobilità nel mese di maggio, con il progetto “Far away but still close: Discovering new cultures”, Ungheria-Italia/SeghedinoLocri - il programma United Network - Muner New York, che prevede simulazioni delle modalità di lavoro dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Gli studenti coinvolti dal 24/03 al 31/03 si confrontano in lingua inglese con i loro coetanei provenienti da altri paesi del mondo, utilizzando le regole di procedura delle Nazioni Unite e affrontando gli stessi temi che i veri ambasciatori discutono all’interno del Palazzo di Vetro ogni giorno. Ognuna di queste iniziative ha lasciato un segno nel percorso degli studenti che vi hanno partecipato, perché esperienze di questo tipo permettono di relazionarsi con nuovi metodi e nuove culture, accrescere le proprie competenze linguistiche e conoscere il mon-

do. I progetti Erasmus contribuiscono alla formazione dei ragazzi e hanno un ruolo significativo nella loro crescita, perciò proprio al fine di internazionalizzare la scuola e i suoi studenti, il liceo G.Mazzini è ogni anno lieto di promuovere questo genere di attività. GIULIA ALOIA IIC - LS 25


Incontro con l’autore: al Mazzini presentato il libro “Percorso verso un omicidio” di Domenico Sergio Ammendolea “Percorso verso un omicidio” è il titolo del libro d’esordio di Domenico Sergio Ammendolea, avvocato, giornalista e musicista locrese, che venerdì 19 novembre 2021 ha presentato il suo romanzo ai Licei Mazzini, alla presenza degli studenti delle classi quarte e quinte. L’incontro si è tenuto nell’auditorium della scuola, che finalmente ha potuto accoglierci dopo il lungo periodo di chiusura causa pandemia, come appunto ha sottolineato il dirigente scolastico, Prof. Francesco Sacco, che dopo i saluti all’autore e al pubblico ha ringraziato tutti coloro che si sono adoperati per rendere possibile l’evento. L’incontro è stato coordinato dal professore Gianfranco Ozzimo, il quale ha sottolineato l’importanza di avere degli scrittori nel nostro territorio e di come, attraverso la lettura dei libri di autori locali, possiamo anche approfondire la conoscenza del territorio e sentirci parte di un libro stesso ritrovandoci in gesti, pensieri, parole e luoghi che conosciamo. La professoressa Federica Malara ha poi relazionato sul romanzo, soffermandosi sulle tematiche, sullo stile e sul valore educativo del testo. Il romanzo è un noir; la storia è ambientata a Locri e il protagonista si chiama Vittorio, un giovane studente universitario con poca voglia di studiare ma con il sogno di diventare uno scrittore,

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sogno che però non sembra concretizzarsi. Vittorio vive in una famiglia tranquilla che, però, all’improvviso incontra la criminalità organizzata: da questo momento avrà inizio quel percorso, citato nel titolo, che porta Vittorio a prendere consapevolezza di un altro sé e del rapporto giustizia-ingiustizia. Le tematiche principali sono, dunque, la criminalità organizzata, il rapporto fra giustizia e ingiustizia, i valori della famiglia e l’importanza del confronto generazionale per la crescita di un individuo. La trama è molto scorrevole grazie ai brevi capitoli e la lettura risulta piacevole, anche grazie all’inserimento di alcune frasi in dialetto calabrese, che rendono realistiche le scene. È intervenuto poi lo scrittore stesso, che si è soffermato su alcuni passi significativi del romanzo, commentandoli insieme a noi; ogni studente ha poi avuto la possibilità di parlare direttamente con l’autore per soddisfare le proprie curiosità. Anche noi abbiamo abbiamo voluto partecipare al dibattito, rivolgendo delle domande a Domenico Ammendolea: “A quale pubblico è indirizzato il suo romanzo?” Ho scritto il libro di getto, lasciandomi prendere dal racconto e non ho pensato ad un target particolare di lettori.


“Cosa vuole trasmettere e quale consiglio darebbe ai ragazzi?” Gli direi di avere sempre delle solide basi di riferimento e, un giorno, di trasmetterle ai propri figli, in modo tale che nessuno possa scuotere queste fondamenta. “La Calabria è stata da sempre denominata come territorio mafioso e per questo si sono creati degli stereotipi in tutto il mondo. Per quel motivo ha deciso di inserire questo aspetto in un libro adatto anche ai giovani?” Ho deciso di trattare questo aspetto all’interno del libro

perché tante volte ognuno di noi ha subito delle prepotenze nella vita, ho deciso quindi di scrivere di qualcosa che riguarda tutti perché uno dei principi cardine del romanzo è la verosimiglianza. Non volevo però scrivere un romanzo di ‘ndrangheta, infatti ho scritto una storia che può dare speranza e che è rivolta a tutti, non soltanto ai giovani o ad un target preciso. MARIA FILIPPONE E SARA MITTICA VA - LS

INTERVISTA ALL’AUTORE Oggi, 19 novembre 2021, noi ragazzi delle classi quarte e quinte del Liceo Mazzini di Locri abbiamo partecipato, nell'Auditorium della scuola, alla presentazione del noir “Percorso verso un omicidio”, romanzo d’esordio di Domenico Sergio Ammendolea, avvocato e giornalista locrese. Durante l’incontro sono intervenuti oltre all'autore, il Dirigente scolastico, Francesco Sacco per i saluti iniziali, la professoressa Federica Malara che si è dedicata a un’introduzione generale del romanzo, soffermandosi sugli aspetti più originali dello stesso e il prof. Gianfranco Ozzimo, che ha coordinato gli interventi, offrendo a noi studenti vari spunti di riflessione sulle tematiche affrontate nel libro. A metà presentazione noi studenti abbiamo potuto interloquire con l'autore rivolgendogli numerose domande che ci hanno consentito di soddisfare tutte le nostre curiosità. Domenico Ammendolea è avvocato, musicista e giornalista calabrese (una personalità quindi molto versatile); il suo primo romanzo, "Percorso verso un omicidio" è un noir, ma ha in comune molti aspetti anche con il romanzo di formazione e psicologico. Alla fine dell’incontro, abbiamo voluto realizzare una breve intervista all’autore. Cos'è la scrittura per lei e cosa ha rappresentato scrivere questo libro? La scrittura è un modo di dare libero sfogo alle emozioni e sentimenti, la paragonerei ad esempio al bere l'acqua. Per me scrivere è stato emozionante. Ha rappresentato un cammino durante il quale ho accompagnato il protagonista nelle sue esperienze, soffrendo con lui, avendo anche paura insieme a lui, dunque immedesimandomi perfettamente nella sua vicenda, cosa che credo sia stata percepita dai lettori. Quando ha scritto "Percorso verso un omicidio" aveva già tutto in mente oppure l'ispirazione le è venuta in seguito? Quando ho scritto il romanzo avevo già tutta la sua struttura in mente, quindi sapevo che doveva essere una struttura in tre atti, che doveva essere presente la figura del “Mentore” (l'anziano Adolfo che è stato

una guida per il protagonista, Vittorio); sapevo, inoltre, dove avrei collocato esattamente l’incidente scatenante. Il titolo del libro non è stato scelto casualmente. Ci vuole spiegare il significato? Il titolo sta ad indicare un percorso del personaggio, una formazione però al contrario, dunque non verso un qualcosa di positivo ma verso un modo di agire sbagliato, causato da un episodio che ha sconvolto completamente la vita del protagonista. C'è qualche personaggio nel libro a cui è particolarmente legato e se sì perchè? Sì, certo… mi sono legato al protagonista, Vittorio, perché è il primo personaggio con cui il lettore empatizza e, per fare questo, ho dovuto dare tanto al personaggio. In modo particolare mi sono legato anche ad Adolfo perché è una persona realmente esistita, che ho conosciuto e che ora non c'è più… quindi farlo rivivere nel libro è stato in un certo senso come risentirlo e rivederlo. Conoscere l'autore e leggere il suo libro è stata un'esperienza molto significativa. La cosa che mi ha colpito di più è stata la sua capacità di affrontare con estrema semplicità tematiche molto importanti quali la mafia, il rapporto giustizia-ingiustizia, il conflitto tra generazioni e il legame con la propria terra. GIADA MOLLACE IVA - SU (articolo pubblicato su Metis news)

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA STORICA Ogni 27 Gennaio la mia scuola, il liceo Mazzini di Locri, organizza delle attività per celebrare la "Giornata della Memoria". Per quest'anno la mia classe ha partecipato alla visione del film "Un sacchetto di biglie", incentrato sulla tragedia della Shoah, e di un documentario realizzato nel campo di concentramento di Auschwitz, per poi discutere con la nostra insegnante sull’importanza della memoria storica. Il nostro liceo, come molte altre scuole d'Italia, è sempre molto attento a quest’argomento e a tutti i fenomeni sociali del nostro Paese, e non solo. La scuola è il luogo della cultura, dove gli educatori hanno il compito di insegnare non solo la letteratura italiana, le conoscenze linguistiche e scientifiche, ma anche e soprattutto valori come il rispetto, la tolleranza e la democrazia. Il ricordo di ciò che è accaduto in passato è parte fondamentale della nostra storia, dei nostri antenati, e noi abbiamo il dovere di ricordare. Inoltre, il terribile genocidio degli ebrei, la Shoah, i campi di concentramento non sono così lontani da noi come pensiamo. Anzi, i nostri nonni potrebbero ancora raccontarci come hanno vissuto quella terribile esperienza, le disumane leggi razziali. Tra le vittime dell'Olocausto, probabilmente, potrebbe esserci qualche nostro antenato, qualcuno che sicuramente ha sofferto più di noi e che ha dovuto farlo in silenzio. È stata una triste pagina della nostra storia, che proprio per questo non possiamo dimenticare. Con l’Olocausto l'umanità ha visto l'apice della sua crudeltà: sfruttare uomini, trattarli come bestie, bruciarli vivi. È un qualcosa che solo a pensarci ti mette i brividi, un dolore che non possiamo nemmeno immaginare. Bisogna ricordare affinché, un giorno, non riaccada; l'umanità non può dimenticare il male che ha generato. Tuttavia, ancora oggi sentiamo troppo spesso parlare di discriminazioni razziali, di conflitti, di battaglie e, purtroppo, anche di guerra. Quello che sta accedendo negli ultimi giorni è il segno che forse l'o-

biettivo di diffondere l'importanza della memoria storica è fallito. Putin, il presidente russo, ha da poco iniziato la guerra in Ucraina e già sono troppe le vittime di questa assurda follia. Siamo nel 2022 eppure, anche se non ce lo saremmo mai aspettato, il rischio di una III Guerra Mondiale è forte. Le immagini che ci arrivano dell'Ucraina sono spaventose: Mosca ha attaccato Kiev con missili, aerei, bombardamenti. Lunghissime sono le code sull’autostrada per cercare di fuggire; già troppe sono i morti o le persone ferite. Ma ci arrivano anche immagini metropolitane affollate, diventate veri e propri rifugi per cercare riparo e di bambini innocenti in fuga. Gli occhi dei bambini sono tristi, devono salutare i loro padri che rimangono a combattere; devono guardare un cielo infuocato dalle bombe, mentre quello che avrebbero voluto era solo un cielo pieno di stelle. E tutto quello che era già accaduto durante la I e II Guerra Mondiale, e in ogni guerra, sta ritornando sotto i nostri occhi. Qualcosa non ha funzionato nel nostro tentativo di migliorare e ricordare le assurdità del passato per far sì che non si ripetessero più. La guerra è appena iniziata, o forse non è mai finita, ma ancora siamo in tempo per fermarla. SARA MITTICA VA - LS

IL 27 GENNAIO E LA MEMORIA DELLA SHOAH Il Giorno della Memoria, un giorno tanto importante quanto necessario, importante per ricordare ciò che è stato, necessario per fare in modo che non sia mai più. Le istituzioni scolastiche si impegnano ogni anno, affinché tutti gli 28

studenti imparino l'importanza del fare memoria di uno periodi più bui della storia dell'umanità. Nel leggere “Se questo è un uomo” di Primo Levi, un passaggio del libro, in particolare è rimasto scolpito nella mia mente, ovvero il mo-

mento in cui il protagonista, nell’osservare le tre ragazze tedesche conversare delle loro vicende quotidiane, si ritrova a ricordare quella che fino a un anno prima era stata la sua di vita, quella vera, e ne rimpiange ogni momento; ades-


so invece, si sente un qualcuno di indefinito, che esiste ma non vive, da cui è meglio fuggire, come un “malato incurabile” o un “condannato a morte”. Per questo è importante ricordare, prendere coscienza delle atrocità subite e quelle eseguite, dell’umanità andata persa, del male divenuto realtà, un male anomalo, inammissibile e apparentemente inconcepibile, ma che malgrado ciò ha preso forma e concretezza, manifestandosi al nostro mondo nel modo più crudele. È importante ricordare ciò che è stato per educare, correggere, chi è venuto prima di noi e chi verrà dopo. È importante ricordare per non essere passivi, ma di prendere sempre una posizione, di non restare indifferenti perché, come disse Liliana Segre: ”l’indifferenza

è peggio della violenza”, e ogni piccola variazione, anche se minima, contribuisce al cambiamento. E una di queste variazioni nella costante, una di queste virgole cambiate nel complesso dell’immutabilità, riguarda proprio il campo di concentramento di Auschwitz, e il grande motto posto all’ingresso: “Arbeit macht frei”. La frase apparve per la prima volta nel campo di concentramento di Dachau nel 1933, e dopo molti anni, nel 1940, venne utilizzata anche in quello di Auschwitz. La scritta di ferro venne realizzata dal fabbro polacco Jan Liwacz che, però, nel saldarla, decise di compiere un atto rivoluzionario. Jan, infatti, saldò la lettera B della parola Arbeit al contrario, un gesto che esprime

dissenso e ribellione nei confronti dei crimini commessi dai nazisti, i quali non si accorsero della variazione. Un gesto piccolo, a primo impatto trascurabile, ma in realtà profondo e simbolico. Ecco, ognuno dovrebbe essere come quella B saldata “male”, di parlare, urlare per chi non può farlo, di lottare contro tutto e tutti, di essere la variazione alla regola. CONCETTA MARTINA LUCÀ VD - LT

VIAGGIO DIFFUSO DELLA MEMORIA La giornata della memoria è una ricorrenza internazionale che ricorda le leggi razziali, le persecuzioni e lo sterminio perpetrato dai nazisti ai danni dei cittadini ebrei. Esattamente 72 anni fa, il 27 gennaio del 1945, segnò non soltanto la storia, ma anche la vita dei sopravvissuti che vennero liberati dall’Armata Rossa, mettendo così fine all’Olocausto. Moltissime persone, non solo Ebrei ma anche prigionieri politici, immigrati, apolidi, omosessuali, rom e Testimoni di Geova, vennero privati della loro libertà come, per esempio, il diritto di possedere un nome, infatti, ognuno di loro venne contrassegnato con un numero. All’inizio vennero emarginati dalla società e marchiati con una stella ebraica per poi essere deportati nei campi di sterminio dove sostenevano lavori molto duri e quasi disumani e sopravvivevano nutrendosi degli scarti delle patate o della verdura che sbucciavano. Le donne e le ragazze, soprattutto, per avere il viso

più rosato si truccavano con dei fiori rossi in modo da sembrare e non essere uccise perché inabili al lavoro. Oggi ricordiamo quell’orrore tramite dei film, dei documentari oppure grazie alle testimonianze di coloro che l’hanno vissuto sulla loro pelle. Per capire tutte ciò che è stato, secondo me, basta solo guardare gli occhi terrorizzati e pieni di rabbia di coloro che sono sopravvissuti che invece di fare ribellioni contro coloro che hanno tolto loro una parte o tutta la vita, hanno cercato di trasmettere un messaggio molto importante: tutte le persone sono diverse, ma è proprio la diversità a rendere il mondo migliore e nessuno deve permettersi di discriminare, torturare o uccidere una persona che ha diversi ideali dai propri.

Nessuna persona al mondo è libera se ostacola la libertà del suo prossimo.

MARIA RITA MARCELLINO IIA - ES

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GIORNATA DI PREMIAZIONE “NAUTILUS RELOADED”

Il Nautilus che per tanti mesi ci ha tenuto compagnia con la commovente storia dei suoi protagonisti giunge alla fine del suo viaggio, inaugurando la stagione di meritato riposo in modo simbolico: nove ragazzi del Mazzini sono stati premiati per gli elaborati presentati al concorso di scrittura “Nautilus Reloaded” nella storica cornice di Palazzo Nieddu del Rio a Locri. Tra i tanti elaborati analizzati (più di trenta), si sono distinti quelli di: Umberto Galea, Alessia Mazzone, Flavia Saraco, Costantino Piconeri,

Margherita Zucco, Francesca Piromalli, Ilenia Passarelli, Francesca Commisso, Salvatore Iozzo. A premiare i giovani studenti sono stati invece la signora Maria Fragomeni, la prof.ssa Girolama Polifroni; il dott. Pasquale Muià; il dott. Fabio Belcastro; la prof.ssa Simona Romeo; il dott. Rocco Muscari; la prof. Maria Antonietta Reale; il dott. Pino Lombardo, a simboleggiare la stretta collaborazione e la profonda sinergia tra Istituzioni e organi di stampa. Premiato anche l’impegno e la costanza della prof.ssa Federica Malara che ha coordinato i lavori degli studenti. L’evento è stato segnato anche da altri due momenti importanti: il ricordo del compianto Prof. Domenico Siclari e un messaggio di speranza per la tragedia che, in queste ore, si sta consumando in Ucraina. Dal concorso non solo sono emerse delle ottime penne, ma la commissione esaminatrice ha ritenuto opportuno sottolineare la meticolosità nell’analisi dell’opera filmica, segno di una notevole maturità

intellettuale degli studenti nonostante la giovane età. Il messaggio sociale di Nautilus, ancora una volta, ha colto nel segno ed è stato capace di toccare corde sensibili e intime. Questa di Nautilus, però, non è un’avventura destinata a finire, perché i nove ragazzi vincitori con quel premio che è stato loro consegnato hanno anche ricevuto un importante passaggio di testimone: a loro il compito di prendere le redini della società e trasformarla con la delicatezza, la fragilità e la determinazione che tanto caratterizzano le giovani generazioni. A loro la responsabilità di ereditare un mondo che spesso li rifiuta e non li valorizza, forse perché non li comprende. A loro il dovere di continuare a sognare e conservare la freschezza che li contraddistingue. MARIA ANTONIETTA REALE redazione@telemia.it Articolo pubblicato su Telemia , 28 Febbraio 2022

LE RIFLESSIONI DI DUE DEGLI STUDENTI PREMIATI La scuola rappresenta un luogo fondamentale per la formazione culturale e civile di noi giovani cittadini: ci insegna a convivere in modo responsabile e pacifico all’interno della società, ci aiuta a consolidare i valori fondamentali della nostra comunità nazionale ma, soprattutto, riesce a farci riflettere sulle bellezze del territorio calabrese, insieme ai suoi molteplici aspetti più che positivi! È questo l’obiettivo di “Nautilus”, un progetto realizzato da Bruno Panuzzo che, grazie alla passione per il proprio lavoro, è riuscito a trasformare questo sogno, questa piccola idea, in realtà. Alla realizzazione di questo progetto, hanno partecipato anche alcuni ragazzi e docenti del Liceo Mazzini di Locri, contribuendo a dare vita ad libro e a un cortometrag30

gio che celano un messaggio profondo, che trova il suo fondamento nel termine “sogno”. Grazie a “Nautilus”, il sogno di molti ragazzi ha avuto la possibilità di divenire realtà: gli attori che hanno preso parte al cortometraggio, nonostante non fossero dei professionisti, hanno potuto esprimere al meglio le sensazioni ed i sentimenti dei personaggi a loro assegnati, facendo trasparire la propria passione per la recitazione, ma non solo: grazie al concorso di scrittura bandito in occasione dell’uscita e della promozione del film, alcuni alunni del Mazzini hanno potuto esprimere le proprie considerazioni sul progetto, rendendo concreti la speranza ed il desiderio di vincere la tanto attesa borsa di studio. La premiazione è avve-


nuta presso “Palazzo Nieddu”, sito in Locri ed i ragazzi che hanno avuto il privilegio di essere premiati sono stati: Umberto Galea (VA-ES), Francesca Commisso (VB-ES), Alessia Mazzone (IVA-LS), Flavia Saraco (IVALS), Costantino Piconeri (VD-LT), Margherita Zucco (IVA-ES), Francesca Piromalli (VC-LS) Ilenia Passarelli (IIC-SU) e Salvatore Iozzo (IC-ES). Un ringraziamento va, in particolare, alla Dirigenza e alle professoresse Girolama Polifroni, Simona Romeo, Patrizia Circosta, Federica Malara per aver promosso la partecipazione a “Nautilus Reloaded” e per l’incoraggiamento che ogni giorno viene trasmesso agli alunni del Liceo Mazzini, a dare il massimo, in qualsiasi cosa essi si cimentino. Un ringraziamento va rivolto, naturalmente, anche all’ideatore del pro-

In vita mia non avevo mai partecipato a nessun concorso in cui valesse la pena sperarci. Quel giorno il film mi aveva positivamente colpita e, perciò, non vedevo l’ora di mettere su carta tutti i miei pensieri. Quando mi hanno comunicato che il mio lavoro sarebbe stato tra quelli premiati ero al settimo cielo, non so perché ma ci tenevo particolarmente. Parteciparvi non può che essere stata un’esperienza costruttiva, ma soprattutto emozionante, sapere che a qualcuno sia piaciuto ciò che ho scritto e venire anche premiata è stato davvero appagante. Sembrerò scontata e banale, ma da quando ho scoperto di essere tra le persone premiate non ho guardato il premio in sé, ma già il fatto di aver vinto, il fatto di aver appassionato qualcuno: che io sia riuscita a trasmettere qualcosa, per me è tanto, poi il premio non poteva far altro che abbellire il tutto. Il giorno della premiazione c’era il rischio di non poter partecipare, per motivi di salute, i e per questo ho sperato fino alla fine di poter essere lì, con le altre e gli altri ragazzi che come

getto: Bruno Panuzzo, un uomo che crede veramente in noi ragazzi ed insieme a molti altri spera che un giorno, grazie alla nostra determinazione, potremo riuscire a migliorare ed arricchire questo piccolo angolo di Calabria.

me ci tenevano tanto. Alla fine sono felice di aver vissuto questa esperienza che mi ha formata, mi ha fatto vivere emozioni che non provavo da molto tempo perché, a causa del covid, in questi due anni, le nostre emozioni sono razionate in base a quelle poche cose che ci è concesso di fare. Quindi sono io a ringraziare tutti coloro che ci hanno permesso di vivere questa esperienza stupenda: grazie per averci dato l’opportunità di esprimere i nostri pensieri e sentimenti in questo periodo così buio. Vorrei concludere con una frase del mio elaborato, la frase conclusiva: “l’amore vero esiste, non si dimentica facilmente, nemmeno a distanza di anni, anche se non è stato vissuto, perché rimane nel cuore per sempre!”. Allora questa frase a primo impatto sembra non c’entri nulla con ciò che ho scritto precedentemente, ma non è così. Quando penso all’amore non penso solamente all’amore in riferimento a una relazione sentimentale, ma penso a tutte le possibili manifestazioni dell’amore all’interno del cosmo terrestre. L’amore

MARGHERITA ZUCCO IVA - ES

per i genitori, l’amore per un figlio, una sorella, un nonno, un amico, l’amore per l’aria fresca al mattino di primavera che inonda i nostri polmoni purificandoli, oppure l’amore nei confronti di qualcuno che sta male e vorremmo fare di tutto per aiutarlo. Insomma, l’amore è presente ovunque nella nostra vita, però in condizioni e con intensità differenti. Ciò che mi ha spinto a partecipare al concorso e scrivere il mio elaborato, infatti, non è stato altro che amore, amore nei confronti della scrittura, nei confronti del film, nei confronti di me stessa. Io penso sia giusto ricercare e vivere l’amore quotidianamente, lasciando che sia lui il motore della nostra vita! FRANCESCA COMMISSO VB - ES

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“DOPO 700 ANNI, CON DANTE, A RIVEDER LE STELLE”

En plein di successi per i Licei Mazzini di Locri: tre importanti riconoscimenti, il primo premio e due menzioni, ottenuti in seno alla partecipazione al Concorso letterario dal titolo “Dopo 700 anni, con Dante, a riveder le stelle”, promosso dall’ Associazione culturale CGS SALES, associazione no profit operante all’interno dell’Oratorio Salesiano di Bova Marina (RC), con il patrocinio della Fondazione Onlus Caterina Marzano, dell’Associazione Nazionale Presidi, provincia di Reggio Calabria e della Casa Editrice, Città del Sole. Il concorso, contributo alle celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, bandito in prossimità del Dantedì e destinato a tutti gli studenti delle classi del triennio delle scuole secondarie di secondo grado della Città Metropolitana, chiedeva di sviluppare un elaborato sulla base della seguente traccia: “Prodotto dell’epoca medievale e opera tra le più importanti della nostra storia letteraria, la Commedia di Dante è un capolavoro capace di coinvolgere tutte le classi sociali e di attraversare i secoli, rimanendo modello di vita per generazioni e generazioni nonchè autorevole riferimento, vivo ed attuale, ancora oggi, a distanza di 700 anni. Con altra voce e con altro vello, scendi tra i dannati dell’Inferno, attraversa le anime purganti del Purgatorio ed innalzati tra i beati del Paradiso: storie di uomini, donne, demoni e santi tanto lontani nel tempo quanto incredibilmente vicini a noi nell’espressione di quei sentimenti umani eterni e mai mortali. Scegli uno/a tra loro con cui dialogare e realizza un’intervista in cui ognuno parli e rifletta dalla sua epoca,

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in un rimbalzo ideologico tra presente e passato che possa fungere da esercizio di comprensione e tolleranza tra civiltà, culture e ideologie lontane dalle nostre nel tempo e nello spazio.” La cerimonia di premiazione, che si è svolta martedì 3 agosto 2021 presso l’ Oratorio Salesiano di Bova Marina (RC), é stata preceduta da un suggestivo momento introduttivo curato e realizzato dagli attori Maria Gurnari e Giuseppe Errante – che hanno declamato alcuni versi dell’ opera magna del Sommo Poeta – dagli animatori e dallo staff di Bibliopedía – che hanno dato vita ai commenti scritti dalla prof.ssa Grazia Sofo – . Sul podio, prima classificata, l’alunna Nesci Maria Alexandra con l’ elaborato dal titolo: La libertà è un diritto, non un privilegio. Le menzioni sono state conferite alle alunne: Femia Martina, con l’elaborato dal titolo “Come questa intervista potrebbe cambiare la tua visione di vita. Un esperto intervistato: Ulisse” e Frisina Alexia Ginevra, con l’elaboratodal titolo “Secoli di amori finti. Dalla storia di Pia de’ Tolomei al XXI secolo.” La giuria, composta dalla prof.ssa Rina Nicita, dal prof. Santo Scialabba e dalla dott.ssa Maria Zema, editor di Città del Sole Ed, ha notevolmente apprezzato

gli elaborati dei suddetti alunni, evidenziandone le competenze trasversali, la capacità di argomentazione, l’apprezzabile pensiero critico nonché l’originalità degli elaborati prodotti. A ritirare i premi, insieme alle tre vincitrici, le prof.sse Annamaria Pizzati e Grazia Sofo. Le docenti, che hanno ringraziato l’associazione organizzatrice per la lodevole iniziativa, di cui hanno sottolineato l’alto valore formativo e culturale, hanno espresso le più vive soddisfazioni per i traguardi raggiunti dalle proprie alunne, alla luce soprattutto del difficile anno scolastico. Per i discenti tutti, in un momento così particolare e complesso, sarebbe stato più semplice lasciarsi andare e farsi attraversare dagli eventi anziché – come testimoniano non solo le ragazze vincitrici ma tutti i partecipanti al concorso – mettersi in gioco, misurarsi con un’opera così antica e complessa, interpretarla alla luce del proprio tempo, del proprio vissuto e del proprio pensiero. Questo ci insegna che i giovani, spesso incompresi e superficialmente considerati poco meritevoli di stima e fiducia, possono “condurci” là dove noi non avremmo mai pensato. (Articolo pubblicato su “Mazzini in rete” il 4/08/2021)


Aspettando … AMIR! “Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo” (Maria Montessori) Amir diventa realtà. E’ ora qui, con noi. Non è più un file ma è ora libro, il nostro libro, quel libro che abbiamo tanto immaginato, pensato e che, ora, possiamo toccare e vedere. Scritto nel periodo della didattica a distanza, come prodotto del percorso di educazione civica effettuato durante lo scorso anno scolastico, è un racconto emozionante che abbiamo pensato di destinare ai piccoli. Amir è un bambino di 7 anni che ha vissuto parte della sua infanzia ad Aleppo. Ha una mamma, un papà e due fratelli, Aisha, di 5 anni e Agash, di 10. Ha un migliore amico che è diverso dagli altri ma, per Amir, è tanto speciale quanto un amico vero in carne ed ossa: Ayman, un coniglietto di pezza da cui non si separa mai. Ayman non ha il reale dono della parola ma è capace di consolare o dare consigli ad Amir più di chiunque altro. Infatti, è a lui che rivela i suoi piccoli segreti, le sue emozioni ed i suoi dubbi. Ayman accompagnerà Amir e la sua famiglia nella loro avventura: un’avventura particolare, un viaggio improvviso verso una nuova terra, l’Italia dove li aspetta una nuova vita. Il libro racconta l’immigrazione attraverso gli occhi ed il cuore di Amir che è impaziente di poter condividere con noi il suo viaggio, i suoi sogni e le sue speranze. Non vi resta altro che iniziarne la lettura. Buon viaggio con Amir!!! Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno creduto e contribuito alla realizzazione di Amir: i docenti

tutti; il Dirigente Scolastico, Prof. Francesco Sacco; Woods Editor per il progetto editoriale.

FRANCESCA PAPALLO IIA - SU

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UN LIBRO TANTE SCUOLE Un libro, tante scuole è il progetto di lettura condivisa promosso dal Salone Internazionale del Libro di Torino con il Ministero dell’Istruzione. L’obiettivo è quello di raggiungere tanti studenti con un unico grande romanzo, per stimolare un confronto sulla comprensione di sé e del proprio tempo attraverso la lettura. Per questa seconda edizione del progetto è stata scelta L’Isola di Arturo di Elsa Morante, secondo volume dopo La peste di Albert Camus della collana “La biblioteca del Salone”. Elsa Morante, prima donna a vincere il Premio Strega nel 1957, con il suo romanzo, costruisce un fitto dialogo tra l’uomo e il paesaggio e indaga le relazioni, la scoperta dell’amore e le difficoltà di crescere. Il progetto riunisce attorno a un grande classico studentesse e studenti da tutta Italia, per favorire nelle classi un confronto sulla comprensione di sé, del mondo e del nostro tempo, stimolando la riflessione grazie anche a contributi testuali e audio originali di autrici e autori contemporanei. Il romanzo raggiunge-

rà più di 6.000 studenti di scuole secondarie di secondo grado, che riceveranno il libro gratuitamente. Tra questi anche gli alunni della 2 a—su e 3e - es del nostro Istituto, la cui candidatura è stata proposta al Salone Internazionale del Libro rispettivamente dalle prof.sse Sofo Grazia e Polifroni Girolama, Callea Daniela e Bumbaca Milena. I libri saranno recapitati a tutti gli studenti entro fine marzo. Inoltre il Salone del Libro metterà a disposizione delle classi materiali di approfondimento, una video-lezione, 6 podcast e un ciclo di appuntamenti in presenza nelle sedi delle Gallerie d’Italia, i musei di Intesa Sanpaolo a Milano, Napoli, Vicenza e prossimamente Torino. ERICA DI TOMMASO , IIIE - ES

“Là, nei giorni quieti, il mare è tenero e fresco, e si posa sulla riva come una rugiada” 34


“RIGENERIAMO LA SPERANZA” : PCTO ALL’INSEGNA DELLA SOLIDARIETA’, DELLA FRATELLANZA E DELLA PARTECIPAZIONE ATTIVA Il 24 Febbraio ha avuto inizio presso i Licei Mazzini di Locri il progetto “Rigeneriamo la speranza”, un percorso di educazione alla solidarietà, alla fratellanza universale e alla partecipazione attiva, ideato e promosso dal MIEAC in collaborazione con i Licei Mazzini di Locri e rivolto agi studenti delle scuole secondarie di secondo grado della locride. A prenderne parte, oltre agli alunni delle classi 4AScienze Umane, 4D Linguistico Tedesco e 3E Economico Sociale, anche un gruppo di studenti dell’Istituto Alberghiero di Locri e dell’IPSIA di Siderno, guidati dalla prof.ssa Polifroni Girolama. Tre gli incontri già realizzati: • L’Africa, al di là dei nostri confini, che ha previsto l’intervento di due volontari in Uganda, il dottore Tito Squillace e la moglie, Nunziella Cocuzza;+ • Comunicare responsabilmente, tenuto da due giornalisti locali, Rocco Muscari e Fabio Belcastro; • “Avevo fame…” La nostra corsa contro la fame, in collaborazione con l’ONG Azione contro la fame. Il progetto intende dare una nuova occasione di aggregazione e socialità ad adolescenti e giovani della Locride, favorendo il protagonismo del singolo nel gruppo, individuando, valorizzando e rafforzando le inclinazioni e le attitudini di ciascuno e sviluppandone le life e soft skill di ognuno (capacità di relazionalità, espressione, alfabetizzazione emotiva). Gli studenti partecipanti avranno modo di acquisire nuove conoscenze e abilità attraverso incontri di formazione, seminari e laboratori afferenti l’educazione alla Cittadinanza universale al fine di contribuire allo sviluppo delle potenzialità personali, delle capacità relazionali - organizzative nel lavoro di equipe, ottemperando anche l’obbligo di svolgere i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali per l’Orientamento). In relazione con le finalità espresse, considerando che il progetto deve caratterizzarsi per una forte valenza educativa, integrarsi all’attività curricolare ed innestarsi in un processo di costruzione della personalità

per formare un soggetto orientato verso il futuro, esso si concluderà per l’a.s. in corso con “La corsa contro la fame”, una manifestazione benefica che vedrà gli alunni del PCTO impegnati a sensibilizzare ed incentivare la partecipazione dei restanti studenti dell’Istituto all’iniziativa e a contribuire alla realizzazione fattiva della stessa. ERICA DI TOMMASO GIORGIA TROPEA IIIE - ES 35


PROGETTO O.R.A. – MOBILITÀ SOSTENIBILE Nell’anno scolastico 2020/21 le attuali classi VA LS e VC LS, nell’ambito dell’insegnamento dell’Educazione civica, hanno aderito con i loro docenti al progetto O.R.A. (Open Road Alliance), promosso dalla fondazione Unipolis e Cittadinanzaattiva. Il progetto, finalizzato alla promozione della mobilità sostenibile, ha visto i docenti e gli alunni di entrambe le classi impegnati in un percorso di formazione sulle tematiche trattate, che si è concluso con la realizzazione di due elaborati multimediali a cura dei partecipanti. Il 14 Dicembre 2021, nell’Auditorium dei Licei Mazzini, si è tenuto l’incontro di restituzione finale dei lavori, durante il quale sono stati presentati dai referenti Unipolis e Cittadinanzaattiva il “Manifesto della mobilità sostenibile” e gli elaborati multimediali realizzati dalle classi; in quest’occasione, gli studenti coinvolti nel progetto hanno potuto scambiare le loro opinioni con gli esperti del settore e riflettere sull’intero percorso condiviso.

LE RIFLESSIONI DEI PARTECIPANTI

Il progetto O.R.A. è stato una grande esperienza. Lavorando insieme, abbiamo sviluppato il tema della mobilità sostenibile realizzando alla fine un video nel quale è stato rappresentato il nostro sogno, quello di una Locri più sostenibile. Ciascuno di noi ha partecipato al progetto dando il meglio di sé. Ci siamo impegnati molto e il risultato è stato fantastico. Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto e speriamo che un giorno il nostro sogno possa diventare realtà. FRANCESCA PIROMALLI VC - LS

Partecipare al progetto O.R.A. (Open Road Alliance) ci ha permesso di trattare una tematica molto importante, per nulla scontata. Il progetto, infatti, ha voluto promuovere una nuova cultura della mobilità attraverso modelli di sostenibilità e incrementare il coinvolgimento e la partecipazione di noi giovani. Abbiamo acquisito nuove conoscenze, cercando di apprendere il più possibile dalle lezioni trattate con gli insegnanti nelle varie discipline. La prima fase del progetto, infatti, prevedeva lo sviluppo di 12 moduli da un’ora ciascuno, affidati ai docenti della classe: perciò siamo partiti dalla definizione di “mobilità sostenibi36

le” per poi a trattare i diversi aspetti del fenomeno nelle varie discipline. È stato un progetto che ci ha aiutato a crescere non solo dal punto di vista conoscitivo e teorico ma anche pratico, perché abbiamo maturato la consapevolezza che il cambiamento deve partire proprio da noi e che dobbiamo essere fiduciosi nelle nuove tecnologie e innovazioni che possono aiutarci a vivere in un mondo più sostenibile. Crediamo che la mobilità sostenibile sia uno dei temi fondamentali della nostra società e che l’educazione ambientale sia un tema che la scuola deve affrontare. Tutti dovremmo impegnarci a contribuire, anche nel


nostro piccolo, cercando di utilizzare il meno possibile mezzi di trasporto inquinanti, porgendo la nostra attenzione alle nuove tecnologie, perché non è mai troppo tardi per poter cambiare il nostro futuro e renderlo migliore. Il nostro comportamento sbagliato oggi può avere delle conseguenze disastrose in futuro. MARIA FILIPPONE VA - LS

FINALI REGIONALI GIOCHI MATEMATICI DEL MEDITERRANEO: I LICEI MAZZINI PRESENTI Si sono disputate venerdì 11 Marzo le Finali Regionali della XII edizione dei Giochi Matematici del Mediterraneo del 2022. A cercare di conquistare la possibilità di accedere alla Finale Nazionale anche 11 alunni dei Licei Mazzini di Locri, guidati dalla prof.ssa Daniela Cotroneo. I Giochi Matematici del Mediterraneo nascono nel 2010 su iniziativa dell’A.I.P.M. (Accademia Italiana per la Promozione della Matematica) da un gruppo di professori della Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado con lo scopo di mettere a confronto fra loro allievi di diverse scuole che, gareggiando con lealtà nello spirito della sana competizione sportiva, sviluppino atteggiamenti positivi verso lo studio della matematica. Il nome Accademia viene scelto per esprimere la volontà dei professori e soci per far si che i temi approfonditi della Matematica possano essere messi a disposizione di tutti. Il numero di iscritti è aumentato dal 2010 e dai primi 30000 si è passato a superare i 200000 mila concorrenti. I giochi offrono, inoltre, opportunità di partecipazione ed integrazione e di valorizzazione delle eccellenze. Il nostro Istituto ha partecipato a questo evento insie-

me ad altre 678 scuole sparse per l’Italia, per un totale di 235000 studenti, dei quali 10000 hanno avuto l’accesso alle finali regionali. Nella nostra scuola gli iscritti sono stati 257. A superare il turno : Giulia Micaela Capogreco e Antonio Romano (IC LS) , Antonio Aversa (IIB LS), Salvatore Puro (IIC ES), Christian Alì e Jordan Alì (IIIF ES), Marta Costera (IIIB LS), Lucrezia Ritorno (IIIB SU), Nicole Mazzone (IIID LB), Jonathan Riccio (IIIA ES) e Paolo Bonavita (IIIA LS). CHRISTIAN ALÌ IIIF - ES

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UNA PASSEGGIATA AD ARDORE MARINA Su Ardore Marina, che è un paesino della Locride al quale come alla maggior parte dei posti con gli stessi problemi non dedichiamo la giusta attenzione, non c’è niente di troppo grave di cui parlare, fortunatamente. In questo ultimo periodo a scuola stiamo dedicando del tempo a delle chiacchierate sulla cura dell’ambiente. Discutiamo tra noi, insieme agli insegnanti, dei modi in cui tutti insieme unendo le forze potremmo aiutare la natura e circondarci di un ambiente più sicuro. Parliamo di quanto sarebbe efficace essere tutti d’accordo, pensiamo a tutti i problemi che riusciremmo a risolvere, ed elenchiamo anche tutte le cause che a poco a poco stanno uccidendo ogni angolo del mondo, conseguenze della superficialità, fatte da chi ancora pensa che ci sia tempo per trascurare. Parlando del mio paesino potrei dire qualcosa basandomi sugli obiettivi dell’agenda 2030, che sono diciassette, tutti diretti a risolvere problemi differenti ma fondati sotto lo stesso tetto. Il primo obiettivo dell’agenda nomina “la sconfitta della povertà”, e anche se siamo a conoscenza di luoghi che soffrono maggiormente di questo problema, mi fa pensare alle persone che a volte vedo accasciate o sedute di lato ai supermercati, a malapena riparati dal freddo con un paio di coperte. In seguito, vorrei riferirmi ad un problema riguardante l’istruzione di qualità che a parere mio ad Ardore sussiste, soprattutto alle scuole elementari. Sono a conoscenza di alcuni bambini che, frequentanti la quinta elementare si ritrovano ancora ad affrontare argomenti del

secondo anno senza andare avanti correttamente. Tuttavia a parte questo, l’istruzione è inclusiva, ma migliorerei le opportunità di apprendimento ed organizzerei un sistema migliore per poter permettere una modalità d’istruzione di qualità e più completa.

Per quanto riguarda invece la sostenibilità, che è l’ultimo punto forte sul quale ci sarebbe da dire, mi piacerebbe rimboccarmi le maniche con serietà e muovere buona parte del paese in aiuto. Vorrei che i negozi, maggiormente i supermercati, smettessero di fornire buste di plastica mettendo al loro posto invece i sacchetti di carta, perché mi capita purtroppo di vederne tante buttate in giro per strada, sotterrate dalla sabbia in spiaggia tutte bucate e sporche. Ad Ardore vedo numerose stradine che potrebbero essere ben tenute, con delle piante a lato dell’asfalto ben curate se non fosse che la gente le riempia di spazzatura, cianfrusaglie, buste bucate dalle quali escono fuori scarti dell’organico. In soccorso a questo, più gente dovrebbe impegnarsi a fare la raccolta differenziata, che non risolverebbe il problema, ma lo diminuirebbe a poco a poco nel corso del tempo. Un’altra cosa che penso sarebbe opportuna fare, sarebbe distribuire per le vie del paese dei piccoli bidoni appositi per i mozziconi di sigaretta, un po’ come al lungomare da poco tempo ci sono dei bidoni altrettanto piccoli, sistemati con cura alle ringhiere, da utilizzare per i bisogni dei cani. Infine, secondo me, sarebbe sufficiente organizzare delle giornate, in cui gran parte dei cittadini di Ardore si muova in lavoro di squadra per la pulizia delle spiagge, la quale aiuterebbe notevolmente quindi quella delle acque marine. Mi piacerebbe che il sindaco indicasse delle settimane sparse durante l’anno, o almeno un arco di tempo in cui ce ne sia il bisogno, in cui tutti noi andassimo a raccogliere i rifiuti, la plastica, i mozziconi, le bottiglie di vetro scheggiate e infilate sotto la sabbia, così da permetterci di condurre uno stile di vita migliore, e di vederci circondati da un ambiente adatto e sano. FRANCESCA ZAPPIA IIIA - ES

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LA NOSTRA GIORNATA FAI Siamo la classe 2B - ES del liceo delle scienze umane “G. Mazzini” di Locri; sabato 26 Marzo la scuola ci ha proposto un’uscita didattica in occasione delle giornate FAI di primavera (Fondo per l’Ambiente italiano), che offrono la possibilità di visitare importanti luoghi che sono patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. Le giornate FAI, quest’anno, hanno festeggiato ben trent’anni dalla prima edizione e offrono ogni anno l’opportunità di apprezzare oltre 700 luoghi inaccessibili o, poco conosciuti, in ben 400 città d’Italia. Il sito FAI da noi visitato è stato Ardore Superiore, piccolo centro storico che racchiude in sé una lunga storia risalente al periodo preistorico, per poi passare alla colonizzazione greca e romana e, infine, a quella di un piccolo stato feudale. A partecipare a questa iniziativa, erano presenti diverse classi della nostra scuola ma anche altre, provenienti da vari istituti della zona. La visita si è svolta in piccoli gruppi per permettere a tutti la visione delle tappe previste e consentire meglio l’ascolto della spiegazione. Ad accoglierci all’inizio del nostro percorso c’erano i Ciceroni, ragazzi frequentanti anch’essi diversi licei del nostro comprensorio, fra i quali un gruppo di studenti dei Licei Mazzini, che avevano il compito di raccontarci la storia che aveva caratterizzato nei secoli l’antico borgo di Ardore Superiore. Nella prima tappa abbiamo visitato la Porta del Dongione o Porta Maggiore, antica porta urbica, utilizzata anche per un certo periodo come prigione; successivamente ci siamo diretti verso un’antica farmacia, dove oggi viene conservata al suo interno la statua del Cri-

sto Morto, appartenente alla famiglia Macrì, che viene ogni anno concessa alla comunità per portarla in processione alla via crucis del Venerdì Santo. Giunti in piazza abbiamo visitato la chiesa di San Leonardo, la cinta muraria del Castello Feudale e alcuni ambienti interni che si sono conservati. Prima di raggiungere all’ultima tappa del nostro itinerario, con la visita della chiesa di San Rocco, ci siamo concessi una dolce pausa con la degustazione della granita, molto apprezzata e ritenuta un’eccellenza gastronomica della nostra zona. La visita di Ardore Superiore è stata molto emozionante, non solo per averci dato la possibilità di conoscere meglio il nostro territorio e di svolgere un’attività formativa diversa da quella che quotidianamente conduciamo in classe, ma perché finalmente, dopo due anni di pandemia, ci ha dato la possibilità di vivere degli attimi di spensieratezza e di ritorno alla normalità. Gli alunni della classe IIB - ES

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA STORICA Ogni 27 Gennaio la mia scuola, il liceo Mazzini di Locri, organizza delle attività per celebrare la "Giornata della Memoria". Per quest'anno la mia classe ha partecipato alla visione del film "Un sacchetto di biglie", incentrato sulla tragedia della Shoah, e di un documentario realizzato nel campo di concentramento di Auschwitz, per poi discutere con la nostra insegnante sull’importanza della memoria storica. Il nostro liceo, come molte altre scuole d'Italia, è sempre molto attento a quest’argomento e a tutti i fenomeni sociali del nostro Paese, e non solo. La scuola è il luogo della cultura, dove gli educatori hanno il compito di insegnare non solo la letteratura italiana, le conoscenze linguistiche e scientifiche, ma anche e soprattutto valori come il rispetto, la tolleranza e la democrazia. Il ricordo di ciò che è accaduto in passato è parte fondamentale della nostra storia, dei nostri antenati, e noi abbiamo il dovere di ricordare. Inoltre, il terribile genocidio degli ebrei, la Shoah, i campi di concentramento non sono così lontani da noi come pensiamo. Anzi, i nostri nonni potrebbero ancora raccontarci come hanno vissuto quella terribile esperienza, le disumane leggi razziali. Tra le vittime dell'Olocausto, probabilmente, potrebbe esserci qualche nostro antenato, qualcuno che sicuramente ha sofferto più di noi e che ha dovuto farlo in silenzio. È stata una triste pagina della nostra storia, che proprio per questo non possiamo dimenticare. Con l’Olocausto l'umanità ha visto l'apice della sua crudeltà: sfruttare uomini, trattarli come bestie, bruciarli vivi. È un qualcosa che solo a pensarci ti mette i brividi, un dolore che non possiamo nemmeno immaginare. Bisogna ricordare affinché, un giorno, non riaccada; l'umanità non può dimenticare il male che ha generato. Tuttavia, ancora oggi sentiamo troppo spesso parlare di discriminazioni razziali, di conflitti, di battaglie e, purtroppo, anche di guerra. Quello che sta accedendo negli ultimi giorni è il segno che forse l'o-

biettivo di diffondere l'importanza della memoria storica è fallito. Putin, il presidente russo, ha da poco iniziato la guerra in Ucraina e già sono troppe le vittime di questa assurda follia. Siamo nel 2022 eppure, anche se non ce lo saremmo mai aspettato, il rischio di una III Guerra Mondiale è forte. Le immagini che ci arrivano dell'Ucraina sono spaventose: Mosca ha attaccato Kiev con missili, aerei, bombardamenti. Lunghissime sono le code sull’autostrada per cercare di fuggire; già troppe sono i morti o le persone ferite. Ma ci arrivano anche immagini metropolitane affollate, diventate veri e propri rifugi per cercare riparo e di bambini innocenti in fuga. Gli occhi dei bambini sono tristi, devono salutare i loro padri che rimangono a combattere; devono guardare un cielo infuocato dalle bombe, mentre quello che avrebbero voluto era solo un cielo pieno di stelle. E tutto quello che era già accaduto durante la I e II Guerra Mondiale, e in ogni guerra, sta ritornando sotto i nostri occhi. Qualcosa non ha funzionato nel nostro tentativo di migliorare e ricordare le assurdità del passato per far sì che non si ripetessero più. La guerra è appena iniziata, o forse non è mai finita, ma ancora siamo in tempo per fermarla. SARA MITTICA VA - LS

IL 27 GENNAIO E LA MEMORIA DELLA SHOAH Il Giorno della Memoria, un giorno tanto importante quanto necessario, importante per ricordare ciò che è stato, necessario per fare in modo che non sia mai più. Le istituzioni scolastiche si impegnano ogni anno, affinché tutti gli 40

studenti imparino l'importanza del fare memoria di uno periodi più bui della storia dell'umanità. Nel leggere “Se questo è un uomo” di Primo Levi, un passaggio del libro, in particolare è rimasto scolpito nella mia mente, ovvero il mo-

mento in cui il protagonista, nell’osservare le tre ragazze tedesche conversare delle loro vicende quotidiane, si ritrova a ricordare quella che fino a un anno prima era stata la sua di vita, quella vera, e ne rimpiange ogni momento; ades-


so invece, si sente un qualcuno di indefinito, che esiste ma non vive, da cui è meglio fuggire, come un “malato incurabile” o un “condannato a morte”. Per questo è importante ricordare, prendere coscienza delle atrocità subite e quelle eseguite, dell’umanità andata persa, del male divenuto realtà, un male anomalo, inammissibile e apparentemente inconcepibile, ma che malgrado ciò ha preso forma e concretezza, manifestandosi al nostro mondo nel modo più crudele. È importante ricordare ciò che è stato per educare, correggere, chi è venuto prima di noi e chi verrà dopo. È importante ricordare per non essere passivi, ma di prendere sempre una posizione, di non restare indifferenti perché, come disse Liliana Segre: ”l’indifferenza è peggio della violenza”, e ogni

piccola variazione, anche se minima, contribuisce al cambiamento. E una di queste variazioni nella costante, una di queste virgole cambiate nel complesso dell’immutabilità, riguarda proprio il campo di concentramento di Auschwitz, e il grande motto posto all’ingresso: “Arbeit macht frei”. La frase apparve per la prima volta nel campo di concentramento di Dachau nel 1933, e dopo molti anni, nel 1940, venne utilizzata anche in quello di Auschwitz. La scritta di ferro venne realizzata dal fabbro polacco Jan Liwacz che, però, nel saldarla, decise di compiere un atto rivoluzionario. Jan, infatti, saldò la lettera B della parola Arbeit al contrario, un gesto che esprime dis-

senso e ribellione nei confronti dei crimini commessi dai nazisti, i quali non si accorsero della variazione. Un gesto piccolo, a primo impatto trascurabile, ma in realtà profondo e simbolico. Ecco, ognuno dovrebbe essere come quella B saldata “male”, di parlare, urlare per chi non può farlo, di lottare contro tutto e tutti, di essere la variazione alla regola. CONCETTA MARTINA LUCÀ VD - LT

VIAGGIO DIFFUSO DELLA MEMORIA La giornata della memoria è una ricorrenza internazionale che ricorda le leggi razziali, le persecuzioni e lo sterminio perpetrato dai nazisti ai danni dei cittadini ebrei.

Esattamente 72 anni fa, il 27 gennaio del 1945, segnò non soltanto la storia, ma anche la vita dei sopravvissuti che vennero liberati dall’Armata Rossa, mettendo così fine all’Olocausto. Moltissime persone, non solo Ebrei ma anche prigionieri politici, immigrati, apolidi, omosessuali, rom e Testimoni di Geova, vennero privati della loro libertà come, per esempio, il diritto di possedere un nome, infatti, ognuno di loro venne contrassegnato con un numero. All’inizio vennero emarginati dalla società e marchiati con una stella ebraica per poi essere deportati nei campi di sterminio dove sostenevano lavori molto duri e quasi disumani e sopravvivevano nutrendosi degli scarti delle patate o della verdura che sbucciavano.

Le donne e le ragazze, soprattutto, per avere il viso più rosato si truccavano con dei fiori rossi in modo da sembrare e non essere uccise perché inabili al lavoro. Oggi ricordiamo quell’orrore tramite dei film, dei documentari oppure grazie alle testimonianze di coloro che l’hanno vissuto sulla loro pelle. Per capire tutte ciò che è stato, secondo me, basta solo guardare gli occhi terrorizzati e pieni di rabbia di coloro che sono sopravvissuti che invece di fare ribellioni contro coloro che hanno tolto loro una parte o tutta la vita, hanno cercato di trasmettere un messaggio molto importante: tutte le persone sono diverse, ma è proprio la diversità a rendere il mondo migliore e nessuno deve permettersi di discriminare, torturare o uccidere una persona che ha diversi ideali dai propri. Nessuna persona al mondo è libera se ostacola la libertà del suo prossimo. MARIA RITA MARCELLINO IIA - ES 41


LE PORTE DELLA VITA Camminava lentamente sulla spiaggia, ripensando al sogno strano fatto la scorsa notte. Aveva sognato quattro porte intorno a lei, del resto del sogno aveva solo un ricordo confuso. Due lacrime le rigavano il viso come fanno le goccioline di pioggia quando scendono con leggero tremolio sulla finestra in una giornata invernale. Durante il suo cammino era come se sentisse nelle sue orecchie una musica che faceva da cornice al modo in cui si sentiva in quel momento. Aveva pubblicato da pochi giorni il suo primo libro. In realtà, lo aveva scritto quando era solo una ragazzina, ma non aveva mai avuto il coraggio di pubblicarlo. Il titolo del libro era “Sincerità”. All’improvviso il cielo, che fino a quel momento era color miele con sfumature rosse-arancio, iniziò ad incupirsi e le nuvole color rosa iniziarono a disporsi in circolo, come per formare una voragine. Si alzò un vento gelido che sfiorando la sua pelle la faceva rabbrividire. Le sue guance candide come la neve si arrossirono: era come se qualcuno le avesse fatto una carezza che sapeva di dolcezza severa. Guardò davanti a lei e vide una figura. I suoi occhi, per quanto

cercasse di avvicinarsi, non riuscivano a metterla a fuoco. All’inizio pensò che fosse una bambina che giocava sulla spiaggia, invece nemmeno il tempo di finire questo suo pensiero che quella figura si voltò e solo in quel momento riuscì a vederla bene. Era una donna. Vestita di un bianco che andava sul grigiastro. In pochi istanti intorno a quella donna iniziarono a materializzarsi quattro porte, ognuna di un colore diverso. La prima era verde, la seconda celeste, la terza grigia e la quarta color ebano. La donna disse a Selene: “Queste sono delle porte speciali, dietro alle quali rivedrai quello che eri da piccola, quello che eri fino a poco tempo fa, quello che sei diventata e, soprattutto quello che succederà se non ammetterai il motivo per il quale navighi in acque torbide. “Selene rimase sbigottita, in quel preciso istante il suo cuore si fermò per poi riprendere a battere all’impazzata. Tra sé e sé pensò: “Non è possibile! Queste sono le porte comparse nel mio sogno! Ma cosa mi sta succedendo? Sono per caso impazzita?” A quel punto la donna che le aveva parlato prima allungò le mani verso di lei. Selene,

ancora disorientata, si strofinava gli occhi continuamente. Non voleva dare le mani a quella donna. Alla fine accettò. Si ritrovò subito davanti alla prima porta, che si aprì magicamente. Dietro di essa Selene rivide se stessa quando era piccola. Stava difendendo dei bambini che erano considerati da altri che si sentivano più forti, deboli. Si aprì la seconda porta e vide sempre se stessa quando però era una ragazzina. Aveva un sorriso luminoso. Si stava guardando allo specchio, davanti al quale si prometteva di rimanere sempre sincera e di schierarsi sempre dalla parte di “principi e principesse”, espressione con la quale soleva indicare le persone con animo gentile ed onesto e mai dalla parte di “streghe e stregoni”, espressione con la quale indicava quelle persone senza scrupoli che 42


facevano del male a chiunque incontrasse il loro cammino. Si aprì la terza porta e vide una ragazza che non riconosceva più, cupa in viso, stava tramando alle spalle delle persone che aveva sempre voluto bene, non era più sincera e di cuore buono come prima. Il suo cuore era diventato di pietra. Fingeva davanti agli altri di non stare male per come si comportava, ma dentro di sé il suo inconscio era come l’urlo di Munch. Non riusciva ad ammettere perché continuasse a fare del male agli altri e a stessa. Sapeva solo si stava facendo trasportare da un uragano che aveva sradicato la sua vera identità. La quarta porta si aprì dopo qualche istante e quello che Selene vide davanti a sé la turbò così tanto da farla tremare per poi cadere per terra come fanno le foglie d’autunno. Vide da una parte la ragazza di prima indossare una maschera nera e intorno a lei c’erano delle persone che conosceva bene, i suoi amici, i suoi genitori che soffrivano ed indicavano la maschera, dall’altra parte vide quella ragazza togliersi la maschera, guardarla e piangere sola nelle quattro mura della sua camera. Selene, a quel punto, capì che quella era proprio lei. Capì inoltre che se non avesse fatto qualcosa la sua vita sarebbe stata un incubo. Guardò con gli occhi rossi la donna vestita di grigio e le chiese disperata: “Ti prego aiutami, io non voglio che questo accada, ti prego cambia le cose, fammi tornare come prima!” Ma la donna scomparve nel nulla insieme alle porte. Allora Selene smise di piangere, chiuse gli occhi tirò fuori tutta la grinta e il coraggio che aveva e urlò davanti all’immensità del mare: “Io non sono così! Ho sbagliato, ho sbagliato… ripeteva più volte, come se ciò che volesse dire non fosse ben accetto dalla sua coscienza. Ad un certo punto, spontaneamente disse: “Ho tramato alle spalle altrui, ho smesso di essere sincera, perché dopo aver notato che il mondo era un oceano navigato da squali, e una savana governata da leoni, dentro di me pensai che non avrei sopportato tutta quella cattiveria. Dunque, per proteggermi dalla mia stessa sofferenza sono diventata uno squalo e un leone allo stesso tempo, indossando quella maschera nera, pensando che così sarei potuta “sopravvivere”. Mi sbagliavo!” A quel punto il cielo tornò dello stesso colore di prima e le nuvole nella stesse posizione.

GIADA MOLLACE IVA - SU

“La scrittura non è magia ma, evidentemente, può diventare la porta d’ingresso per quel mondo che sta nascosto dentro di noi. La parola scritta ha la forza di accendere la fantasia e illuminare l’interiorità.”

Aharon Appelfeld

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ALESSIA E I SUOI ANNI AMARI Alessia, giovane adolescente di appena diciassette anni, combatte da un paio d’anni contro le sue ansie e paranoie, le quali porteranno dentro lei numerosi conflitti interiori, quei conflitti che le faranno credere di essere sbagliata e diversa rispetto alle sue coetanee. Alessia può sembrare una semplice ragazza nel pieno dei suoi anni migliori, ma si sente diversa, si sente un pesce fuor d’acqua, sente che qualcosa le manca, come se fosse un chiodo senza il proprio martello. Cosa potrà mai mancare ad una ragazza qualunque? Il fatto è che lei non sarà mai e poi mai una ragazza qualsiasi; lei è quel tipo di persona che non è riuscita ad omologarsi alla massa che la circonda: non indossa i vestiti che indossano tutti, non ascolta la musica che ascoltano tutti, non va alle feste come farebbero le ragazze e i ragazzi della sua età, ma appena il pomeriggio torna da scuola, preferisce rinchiudersi nella sua stanza con le cuffie nelle orecchie, pensando che gli unici “mostri” a farle compagnia sono solo nella sua testa. Ha iniziato da qualche anno ad indossare felpe larghe perché lo specchio di camera sua era diventato il suo peggior nemico, poiché rifletteva un’immagine che, secondo lei, meritava di essere eliminata perché troppo “sbagliata”. Nonostante ci provasse, non riusciva ad accettarsi, non riusciva a vedere del bello in lei. Riusciva a vedere solo una persona vuota, una persona che lei stessa odiava, nonostante la sua migliore amica, Giulia, le ripetesse continuamente che andasse bene così com’era. Giulia era l’unica persona sincera che Alessia aveva nella sua vita, tutte le altre si erano sempre prese gioco di lei e l’avevano trattata come se fosse uno straccio scagliato più volte contro il pavimento, come se la sua fragilità non fosse già il suo punto debole. Tutti sapevano cosa le fosse successo due anni prima, ma nessuno mai si era preso cura di lei, anzi l’avevano sempre reputata come una poco di buono, non curanti del fatto che qualcun altro le avesse fatto del male senza il suo permesso.

Alessia, all’età di quindici anni, era una persona completamente diversa: sorrideva, scherzava, usciva, ma soprattutto amava, riusciva ad amare e ad essere amata perché nella sua vita era entrato Lorenzo, un ragazzo con qualche anno di differenza rispetto a lei…ma era il ragazzo che sempre aveva sognato; Le cotte adolescenziali sono le più belle, si sa, ma anche le più disastrose. Si frequentarono per tre mesi fin quando, un giorno, Lorenzo e Alessia non presero l’iniziativa di uscire per una passeggiata in macchina; Lorenzo iniziò ad assumere comportamenti che a lei non piacevano, finché non arrivò a farle del male senza il suo consenso… e tutti sanno qual è quel famoso male senza il consenso dell’altra persona. Alessia non riusciva a parlare, era pietrificata, riusciva a malapena a versare lacrime che imploravano liberazione. Lorenzo la riportò a casa, come se stesse portando un og-

DISEGNO DI EMANUELE PELLE VA - ES 44


getto, più precisamente un trofeo. In quel momento, Alessia per lui era diventata una vittoria. Lei, invece, si sentiva come se fosse sul ciglio di un crepaccio. Finalmente arrivò a casa, si incamminò velocemente verso la sua stanza e scoppiò a piangere stringendo il suo cuscino; le ansie e le paranoie iniziarono ben presto ad abitare nella sua mente, si sentì inutile, sbagliata. Iniziò a non vedere più del buono in lei e mise un velo bianco sopra lo specchio perché l’immagine di lei la straziava. Ben presto tutti seppero dell’accaduto e Alessia non uscì di casa per sei mesi. Non lo raccontò ai suoi genitori perché la vergogna le arrivava fin sopra ai capelli; la sua migliore amica era l’unica ancora a cui si poteva aggrappare per stare meglio. E così Giulia, in due anni, si impegnò a migliorare la percezione che Alessia aveva di se stessa tanto che riuscì a togliere il velo dallo specchio; non si vedeva più sbagliata come prima, ma ci sarebbe voluto ancora del tempo affinché riuscisse a capire che quella sbagliata non era lei, ma chi aveva compiuto quel mostruoso atto. Alessia non perse la speranza: era forte. Alla fine l’amicizia riuscì a riparare ciò che l’“amore” aveva rischiato di distruggere. BENEDETTA BORRELLO VA - LS

“ La scrittura – anche quella più delicata – è il cuore messo a nudo, è oltraggio al pudore, è brivido. La scrittura finta e mascherata la riconosci subito. É vuota e scontata e non mette in pericolo nessuna parte di noi”. Fabrizio Caramagna Taci. Taci, con il cuore in gola, silenzio, niente più, oscurità, nulla in meno, buio, fantasia priva di sé, e tu taci urlando dentro di te. SANTINA OLIVA IIC - SU 45


LA DANZA DELLA VITA Come ogni mattina era in ritardo. Aveva ormai imparato a lavarsi i denti, vestirsi e preparare lo zaino contemporaneamente: ciò ovviamente non passava inosservato, considerando che non ci fosse non c’era un giorno che Giulia non avesse i calzini di due colori differenti, la maglia indossata al contrario, la cerniera dei pantaloni abbassata e sempre il cuscino attaccato alla faccia. Dopo aver corso per ben due isolati, riuscì a salire

sul pullman quasi per miracolo e, una volta sedutasi, le sembrava quasi un sogno esserci riuscita. Poggiò il cappotto sul sedile laterale, prese le cuffiette e iniziò ad ascoltare la sua playlist. Ad un tratto stoppò la musica… così, di botto, e iniziò a frugare nello zaino. Cercava qualcosa e l’idea di non trovarla la rendeva nervosa ogni secondo che passava. “Mi scusi, dovrei scendere urgentemente al prossimo semaforo per favore” disse all’autista. “Signorina, la prossima fermata dista ancora molto”. “Le ho detto che è urgente... ma siccome siamo già arrivati al semaforo che intendevo, e per mia fortuna è rosso, la saluto” Cliccò il pulsante di emergenza, in modo da far aprire velocemente le porte dell’autobus e, una volta scesi gli scalini, cominciò a correre verso la fermata di partenza. Il cielo era plumbeo, il sole era offuscato nascosto dalle nuvole e cominciava a piovere, ma nonostante ciò Giulia continuava a correre imperterrita, senza darsi pace. Dopo qualche chilometro, si fermò e si avvicinò lentamente ad una panchina del parco. Lo trovò lì, incastrato tra le assi di legno: era il suo foulard. La sola idea di averlo perso l’aveva traumatizzata. Lo strinse forte al suo petto e ne respirò l’essenza: fu proprio l’odore di tale oggetto a riportarla ai suoi 15 anni, a quando era una ballerina latina professionista. Rivisse tutte le gare e gli show insieme al suo ballerino o meglio, con il suo compagno di vita Pietro. Infatti, Giulia e Pietro vivevano in simbiosi: la sveglia la mattina suonava alle 7, mezz’ora di metropolitana per arrivare al liceo, 5 ore di scuola, pranzo leggero e poi direttamente a scuola di danza fino a sera tardi. Era questa la loro routine e, per quanto monotona potesse sembrare, loro due la amavano. Vivevano della loro stessa danza e ciò che li contrad-

distingueva dal resto era l’alchimia che si creava tra loro durante le performance. Qualsiasi cosa facessero era pura arte: un ordine armonico e curato nei minimi dettagli. DISEGNO DI FRANCESCA PIA PAPALLO IIA-SU 46


Da un giorno all’altro, però, Giulia non si presentò a scuola di danza, non rispose più alle chiamate di Pietro ed era come se fosse scomparsa dalla circolazione. Mancavano due giorni ai campionati mondiali di danza cui i due ragazzi avrebbero dovuto partecipare ma, a causa dell’assenza della sua compagna, Pietro si vide obbligato a non presentarsi. Questo comportamento ingiustificato non si riusciva a comprendere e dopo un mese, nonostante le mille chiamate perse e i messaggi, il ragazzo decise di scriverle una lettera: «Non ho più notizie di te da un bel po’ di tempo ormai. È l’ultima cosa che ti scrivo e che ti dico e dopo potrai considerarmi come parte inesistente della tua vita. Credo che dopo tutto il nostro rapporto qualche motivazione e precisazione avrei dovuta averla, non credi? Sapevi quanto fosse importante per me il campionato perché sarebbe stato l’unico momento in cui avrei reso i miei genitori fieri di me e invece tu hai pensato di scomparire. Va bene così. Significa che la persona che ho conosciuto in tutti questi anni è sempre stata una falsa ipocrita ed egoista. Dovresti solo vergognarti di come ti sei comportata. Addio.» Giulia ricevette questa lettera due mesi dopo dall’invio e più la leggeva più le lacrime sul suo volto aumentavano. Purtroppo mentre il suo ballerino stava impazzendo per cercarla, lei era stata obbligata dai genitori a trasferirsi in un altro continente dalla mattina alla sera. Le era stato solo ordinato di non rivelare niente a nessuno e, proprio per questo, le era stato sequestrato e successivamente bruciato il cellulare. Non aveva nemmeno fatto in tempo a preparare le valigie e l’unica cosa che aveva deciso di portare con sé era stato quel un foulard: era il portafortuna che condivideva insieme a Pietro prima delle competizioni, l’unico oggetto del quale non avrebbe potuto mai fare a meno. Appena finì di leggere la lettera decise di rispondergli con un’ulteriore lettera di spiegazioni, la quale, però, non fu mai recapitata al ragazzo: nello stesso periodo coincidente al suo trasferimento, lui aveva deciso di abbandonare gli studi e di andare a vivere dai non-

ni in montagna, tagliando i rapporti con tutti e cambiando numero di telefono. A Giulia venne allora restituito quanto scritto: “Come faccio a spiegargli che si è trattato di un malinteso? ” pensò. Dopo tanti tentativi, che non portarono e nessun risultato, si rese conto che non avrebbe mai più rivisto né sentito il suo compagno di vita e l’unica cosa che le rimaneva di lui era il suo amato foulard. Si ritrovava ora, dopo tanti anni, in un parchetto di città. Continuava a stringere a sé il suo portafortuna. È vero, ormai ne era passato di tempo, eppure quel cuore continuava a battere forte ogni volta che lei odorava il foulard. L’importante non era da quanto tempo non vedesse il suo amico, ma quanta parte di lui era rimasta dentro di lei. E lui, il loro legame e la loro danza, sarebbero stati sempre vivi ed eterni dentro il suo cuore. CARLOTTA GAIA NDOYE VB- LS 47


TI AVREI DETTO TI AMO

Sin da quando ci siamo conosciuti ho sempre visto in te una sicurezza, quella sicurezza che ci avrebbe portato a crescere e ad essere più forti assieme. Con te ho imparato a sognare e a crederci ancora di più, ma non avrei mai immaginato che saresti stato capace di rubare le mie speranze e di buttarle via con un pugno di parole. Per me sei stato come una culla piena di spine e nonostante queste mi penetrassero facendomi del male, ti forzavi ugualmente di avvolgermi in un tuo abbraccio assicurandomi e illudendomi che tutto andasse per il meglio. Date le tue vecchie esperienze e il tuo apparire così sensibile e fragile, ho sempre cercato di trattarti con cura, cercando di dare il giusto peso alle parole, perché avevo troppa paura di ferirti e di perderti, ma mi sono accorta che il vero problema non ero né io e né le mie parole, bensì tu e il tuo grandioso hobby di non prendere mai le redini in mano e lasciare che il Tempo facesse il suo lavoro. Vivi nella convinzione che le persone, attraverso il loro intelletto, siano capaci di fare le cose al posto tuo senza che tu faccia o dica nulla, forse è il tipico comportamento di un ragazzo immaturo in preda alle prime esperienze che la vita ci dona o forse si trattava di un'instabilità morale che avevi di te stesso e di chi ti stava intorno, ma per me questo rimarrà sempre un grande enigma. Non hai mai avuto il coraggio, di farmi capire da gesti sinceri e tra-

sparenti che non mi volessi più nella tua vita, ma sei stato capace di farlo capire, portando nella nostra relazione l'incertezza e la confusione tentando al contempo di rendermi partecipe di questo tuo complesso, facendomi involontariamente dubitare sul nostro rapporto, ma io non ho mai dato importanza a queste voci urlanti e maledette, io lottavo, piangevo, sopportavo e speravo il meglio per te… per noi. Dinanzi a te mi sentivo imponente, e al costo di non farti sentire in colpa per il modo in cui tu mi illudessi ,nonostante il tuo essere in torto, ho trattenuto le lacrime, cucendomi la bocca con un fil di fer-

ro immaginario portando anche me sulla strada del Tempo. Del Tempo che avrebbe risolto tutto, senza che noi facessimo nulla. MARIA SANTACROCE III A-ES DISEGNO DI FRANCESCA PIA PAPALLO IIA-SU 48


LA STORIA delle emozioni primarie Rabbia , Felicità, Paura, Tristezza, Disgusto e Sorpresa vivevano ad Emoziolandia (il mondo delle emozioni ), dove erano divise in reparti. Esse si trovavano nel reparto delle emozioni primarie, ovvero quelle emozioni fondamentali per il mondo degli umani. Tutte loro avevano il compito di rendere, ogni giorno, vivace e colorata la vita degli umani riuscendo ad attivare la campanella arcobaleno che si trovava sul Monte Emoticon di Emoziolandia. Per fare ciò, la regola principale era la reciproca collaborazione. Ma era proprio questo il problema delle nostre sei emozioni! Ognuna di loro, infatti, pensava di essere la migliore e l'unica in grado di portare a termine il compito sopra citato: Rabbia pensava di essere migliore di Tristezza perché riteneva che quest' ultima affrontasse in maniera debole le varie situazioni; Sorpresa pensava di essere migliore di Felicità poiché essa, alcune volte, non sembrava del tutto sincera; Disgusto pensava di essere migliore di Paura in quanto lei tendeva sempre a fuggire dalle situazioni, senza mostrarsi. Però, mentre loro non riuscivano a trovare un accordo, i colori della campanella stavano scomparendo rendendo la vita degli umani apatica. Dunque, il signore Emotion, capo di Emoziolandia, decise di prendere in mano la situazione e convocò nel suo ufficio le sei emozioni, mostrano loro, proiettata nello schermo di controllo, la situazione degli umani e lo stato della campanella. Le emozioni primarie, però, iniziarono a incolparsi vicendevolmente e ci fu una gran rissa. Il signore Emotion, infastidito, disse loro che ci sarebbero state, a quel punto, due opzioni: continuare a considerarsi l'una migliore dell'altra, facendo crollare emotivamente il mondo degli umani o iniziare a collaborare per svolgere il loro compito in modo efficace. Messe alle strette e consapevoli di aver sbagliato, le emozioni scelsero la seconda opzione. Iniziarono così a collaborare e, pian piano, la campanella ritornò ad essere arcobaleno e gli umani, da quel momento, ricominciarono a provare emozioni. MOLLACE SOFIA IIA - SU

“Come la voce precede le parole imprimendo loro timbro e tonalità, così le emozioni precorrono gli affetti dotandoli d'intensità e verso. Ma è la scrittura a fissare nel tempo le prime e le motivazioni a rendere costanti le seconde. ”

Sosio Giordano 49


“UNA GIORNATA COME LE ALTRE” Durante una giornata monotona come le altre, in una cittadella come le altre, in una famiglia come le altre, una ragazza non diversa dalle altre si trovava assorta fra i suoi pensieri con lo sguardo fisso sulla parete bianca sulla quale erano state appese delle foto. Foto gioiose e allegre, di momenti sicuramente da ricordare, con persone altrettanto indimenticabili e senza rendersene conto, iniziò a giocherellare con l’anello che custodiva gelosamente, che portava sempre con sé quasi come fosse un amuleto, una parte indispensabile senza la quale non si sentiva se stessa. Lo portava da una mano all’altra, lo sfregava e ad un certo punto lo strinse così tanto che davanti a lei non le sembrava più di vedere un muro: vide invece una spiaggia dove, sullo sfondo, l’ultimo spicchio di sole scompariva dietro l’immensa distesa di acqua salata e sentì delle risate, ma non risate qualunque: delle risate che ti riempiono il cuore di gioia e che anche se non vorresti, anche se fosse il giorno più triste della tua vita, ti farebbero scoppiare in una sonora risata, perché provengono da persone che non puoi dimenticare o ignorare, perché la loro felicità è la tua felicità. La ragazza chiuse gli occhi e fece un respiro profondo; l’aria colma di salsedine le inondò le narici e, per un attimo, si sentì libera: sentiva di essere davvero lì. Ma quando riaprì gli occhi il muro tornò e la giornata continuò ad essere un’infinita ripetizione di tutte quelle precedenti da mesi a quella parte. DANIELA TASSONE VB - LS DISEGNO DI EMANUELE PELLE VA - ES

LIBERTÀ Guardo l'immensità del cielo e mi sento libera. Guardo l'immensità del mare con le sue acque cristalline e scintillanti coperte da un manto celestE e mi sento libera. Un campo primaverile pieno di teneri e profumati boccioli mi fa sentire libera. La sensazione di calore datami dai raggi del sole mi fa capire che sono libera. I rumori delle macchine per strada, i vocii delle persone e i profumi che si disperdono leggiadri nell'aria mi fanno sentire libera. Parlare, cantare, ballare sono tutte cose che mi fanno sentire libera. Svegliarmi ogni mattina e sapere di poter vivere un altro giorno della mia vita facendo ciò che mi rende felice mi fa capire di essere libera. Sognare ad occhi aperti immaginando il mio futuro mi fa sentire libera. Il semplice fatto di scrivere questa semplice poesia, mi fa sentire libera! GIADA MOLLACE IVA - SU 50

DISEGNO DI FRANCESCA PIA PAPALLO IIA - SU


NON POSSIAMO PIU’ RESTARE QUI Nell’aria, il freddo di una città in continuo movimento e in testa solamente la spensieratezza di una ragazzina. Spensieratezza che però svanì all’ascolto di quella frase che aveva messo a tacere tutto il trambusto, tant’è che l’aria diventò sempre più fredda da faticarne il respiro: “Non possiamo più stare qui”. Questa semplice frase , pronunciata da mia nonna, mi aveva fatto crollare in un pianto dirotto. Il cuore iniziò a battermi forte e il respiro venne meno. Continuavo a chiedermi il perché e non riuscivo a trovare una risposta. Provavo tantissimi sentimenti contrastanti, avevo paura di lasciare la mia casa, in cui avevo trascorso tutta la mia infanzia. In quel momento, mi rivedevo in Lucia, una dei protagonisti del romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni quando, nell’Addio Monti, silenziosamente lasciava il suo paese, provando profonda tristezza per tutto ciò che stava perdendo. Proprio come lei, anche io stavo lasciando la mia città natale per raggiungere una meta sconosciuta. Da quando si erano lasciati i miei genitori erano cambiate molte cose. Non riuscivo a vedere la città con gli stessi occhi di prima, tutto intorno a me sembrava triste e vuoto, privo di senso. Iniziai a pensare che forse trasferendomi avrei ritrovato la serenità di un tempo, accompagnata da mia nonna che mi aveva cresciuta. Mentre questi pensieri mi tormentavano, arrivò in camera mia nonna che iniziò a raccogliere le mie cose e fare la valigia. In quel momento la confusione svanì per un attimo, ero rassiDISEGNO curata dalla sua presenza. Le chiesi inutilmente il motivo DI FRANCESCA PIA PAPALLO IIA-SU della nostra improvvisa partenza, ma lei cercò in tutti i modi di cambiare argomento. Nonostante avessi quindici anni, avrei voluto riavere l’ingenuità dei più piccoli. Mancavano pochi mesi alla fine della scuola e sapevo che, andando via, non l’avrei potuta concludere. Fingevo non mi interessasse, pensavo che perdere un anno non avrebbe inciso sul mio percorso scolastico, ma soprattutto su me stessa. “Recupererò” continuavo a ripetermi. Solamente la mia professoressa di latino mi fece ragionare, ma la mia mente era “oscurata” dal dolore e non le diedi ascolto. Il giorno dopo partimmo, salutai la mia città: non era un addio. Ero consapevole che sarei tornata. Durante il viaggio tutti i miei dubbi iniziarono, poco alla volta, a svanire. Avevo provato troppo dolore, il mio unico desiderio era quello di essere felice. Una volta arrivati iniziai a sentirmi sbagliata, diversa dalle persone che mi circondavano; quando parlavano facevo fatica anche a capire il loro pensiero, diverso dal mio. Mi chiusi nella mia camera, lontana da un mondo, in quel momento, “inadeguato” a me. Trovai riparo solo nelle

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braccia di mia nonna, che era diventata il mio punto di riferimento. Ormai la scuola era finita. Nonostante le difficoltà non volevo ritornare a Torino, perché sapevo già che avrei ricominciato a provare il dolore di prima. Così presi una decisione che avrebbe cambiato per sempre il mio percorso scolastico: non presentarmi agli esami di recupero. Toccando il fondo capì di dover trovare la forza di rialzarmi, perché la vita intorno a me stava continuando troppo velocemente e io ero rimasta indietro ormai da troppo tempo. Una volta capito l’errore, utilizzai l’ultima possibilità che mi rimase: recuperare quell’anno perso, dimenticando tutte le sofferenze che la vita mi aveva procurato. Troncai i rapporti anche con i miei genitori, i primi a procurarmi sofferenza e posi, per la prima volta, l’attenzione su me stessa. Iniziai a cercare una scuola che potesse accogliermi e che potesse farmi recuperare l’anno perso. Dopo molti sforzi la trovai. Pensai che, intraprendendo i percorsi umanistici, oltre che aiutare me stessa, avrei potuto aiutare gli altri. Adesso frequento i Licei Mazzini di Locri e ho ritrovato una serenità fisica e mentale, anche grazie ai compagni e docenti, che mi hanno accolta e fatta sentire parte integrante della classe. Era la prima volta in cui, dopo una vita intera, sentivo di potercela fare. Attualmente sto iniziando a vedere i risultati dopo tanto impegno. Sto studiando per effettuare il salto alla classe IV. Spero vada tutto per il meglio e, soprattutto, di essere motivo di orgoglio e soddisfazione per mia nonna.

SOFIA RESTIVO IIA - SU

L'ADDIO AI MONTI L'addio ai monti è una parte molto importante del Romanzo ‘‘I Promessi Sposi'' di Alessandro Manzoni e si trova nell’ VIII capitolo. Lucia, insieme ad Agnese, sua madre, è su una barca che la porterà via dal suo paese che non sa se potrà mai più rivedere. Triste, addolorata e spaventata, ammira Pescarenico, forse, per l'ultima volta e saluta i suoi monti: Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti. Lucia sente addosso il dolore dell'abbandono, ripensa a tutti i momenti vissuti e, allo stesso tempo, ha timore del futuro che, se fino a qualche giorno prima, sembrava essere già scritto, ora è completamente incerto e buio. La fanciulla guarda il promontorio, la sua casa e, persino, il palazzo di Don Rodrigo che, nonostante le avesse fatto del male, non riusciva comunque ad odiare. Allontanandosi sempre di più, vede il suo paesino scomparire e le viene da piangere ma vuole mostrarsi forte e alla vista del promesso e della madre e, dunque, cerca di nascondere queste lacrime, partendo per un viaggio di speranza alla ricerca di un futuro migliore. MARIA GRANERI 2A - SU

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LA GIORNATA MONDIALE DELLE DONNE E DELLE RAGAZZE NELLA SCIENZA Ogni anno, l’11 Febbraio, si celebra la Giornata Mondiale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza. Questa Giornata è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015 per combattere i pregiudizi verso l’universo femminile, dimostrare che le donne non sono “meno” degli uomini e stimolarle ad intraprendere, con coraggio e determinazione, una strada nel campo scientifico e tecnologico. Durante questa giornata vengono ricordate tutte le donne che hanno contribuito, con i loro apporti ed i loro studi, al progresso scientifico. Tante, però, quelle che, nonostante le loro grandi scoperte, fatte anche a costo della loro vita, non hanno avuto il riconoscimento che avrebbero meritato, in quanto donne. Sono numerose le donne che hanno lasciato un segno nella storia. Tra queste, ricordiamo: Ada Lovelace, Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Samantha Cristoforetti, Elena Cattaneo, Ilaria Capua, Fabiola Gianotti, Maria Rosaria Capobianchi, Concetta Castilletti e Francesca Colavita.

Ma il cambiamento è stato davvero così significativo per le donne in campo scientifico? L’Eurostat, Ufficio Europeo di Statistica, afferma che il numero di donne nella scienza sta crescendo. Nel 2020 erano quasi 6,6 milioni le scienziate e ingiegnere, il 41% dell’occupazione totale, una cifra che segna un più 254.500, rispetto al 2019. La percentuale varia a seconda dei settori: in quello manifatturiero sono solo il 22%, mentre nel settore dei servizi sono il 46%. Tra gli Stati

membri dell’UE, la percentuale di scienziate e ingegneri è variata notevolmente nel 2020, passando dal 52% in Lituania, Portogallo e Danimarca al 30% in Finlandia e al 31% in Ungheria. L’Italia occupa la parte bassa di questa classifica, quindi al di sotto della media europea, con il 34% delle donne Ingegnere o Scienziate a fronte di un 64% di uomini.

Per la Giornata Mondiale delle Donne e delle Ragazze nella scienza, la nostra scuola ha organizzato un incontro con due figure importanti, che hanno raccontato la loro storia: la Dottoressa Maria Concetta Tringali, esperta di Astronomia e Astrofisica, e la referente per il piano regionale digitale scolastico Lucia Abiuso. L’incontro si è svolto online attraverso la piattaforma digitale Google Meet. È stata un'esperienza molto bella perché, attraverso delle domande poste alle due esperte, abbiamo conosciuto la loro storia e abbiamo capito l’importanza di realizzare i nostri sogni.

BENEDETTA SCRIVO, IIA - SU

“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza”. Rita Levi Montalcini 53


LA GUERRA Popoli tra loro diversi In lotta per un conflitto d’ interessi. Causano morte, disperazione e dolore Perché non agiscono con il cuore. La guerra non serve a niente Toglie solo la vita alla gente. Vorrei che ci fosse pace e amore anche tra persone di diverso colore. Tutto da noi dipenderà E ogni abbraccio pace porterà. Io dico NO alla guerra In ogni parte della terra. ROSA MORABITO IA - SU

DISEGNO DI FRANCESCA PIA PAPALLO IIA-SU

HO DISTRUTTO ME STESSO… Ho tappato il mio udito per non sentire le grida dei miei figli, per non sentire il rumore assordante dei miei colpi che causano solo dolore. Ho oscurato i miei occhi per non percepire il sangue che ho versato, per non guardare le macerie che poco prima erano luogo di sicurezza per molti. Ho distrutto la mia umanità per imbracciare un'arma e sporcare il mio onore. Ma, tra i ricordi miltari, una voce mi parla e mi dice: "continua". Ho un pensiero, una preghiera… voglio che dalla mia morte nasca, come un germoglio cresciuto dalle sue radici, la vita che permetterà la pace.

BRUZZESE DOMENICO GIOVAMBATTISTA IA - ES 54


GUERRA RUSSIA-UCRAINA 24 febbraio 2022: la Russia dichiara guerra all’Ucraina. La Russia soffre della cosiddetta «sindrome dell'accerchiamento» e percepisce come una minaccia avere ai suoi confini dei Paesi membri della NATO. Con l'invasione, Putin vorrebbe dissuadere l'Occidente a riavvicinarsi all'Ucraina oppure instaurare un regime a lui favorevole. Questo conflitto sta avendo molte conseguenze da ogni punto di vista. In mezzo a tutta questa tragedia non possiamo restare indifferenti di fronte a migliaia di profughi, costretti a lasciare la loro terra e le loro case devastate dalle bombe. Migliaia di bambini che vivono il terrore e che pagheranno un prezzo molto alto per alcuni essere umani guerrafondai che hanno perso la loro umanità. Tutti noi abbiamo il dovere di accogliere chi scappa, ma non dimentichiamo che lasciare la propria vita in questo modo violento e improvviso è un dolore che rimarrà per sempre. Per aiutare l’Ucraina, l’Unione Europea ha provveduto ad “inviare” delle armi, di vecchio genere, per permettere ai cittadini Ucraini di proteggersi dagli attacchi dell’invasore. Di certo, non ci saremmo mai aspettati di vedere immagini che, fino ad ora, erano appartenute solo ai libri di storia. Speriamo che la guerra cessi al più presto e che l’uomo non faccia mai più ricorso ad essa. La storia non può non insegnarci nulla. MARTINA DE LUCA- SAMUELE GUARNA IA ES

SOFIA MICHELA DE MARIA IA –ES

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ESSERE BULLO Essere bullo è più facile che essere una semplice persona, perché puntare il dito contro gli altri sembra un modo fantastico per nascondere le proprie debolezze, invece di farsi un’autoanalisi, cercando qualche volta di mettersi in discussione. Essere bullo ti fa apparire indistruttibile, il migliore di tutti! Ti convince del fatto che il mondo si piegherà dinnanzi a te solo perché ti teme. Essere bullo significa essere felice della sofferenza che provochi agli altri e orgoglioso delle parole che come delle lame affilate hai pronunciato, con una brutalità tale, da sembrare un rumore assordante

nel silenzio doloroso della vittima. Essere bullo ti fa sentire come il re della foresta e basta solo un ruggito per far tremare gli altri, o come uno squalo nell’oceano, che fiuta la paura della sua preda per attaccarla senza pietà. Essere bullo, in realtà, significa vedere pian piano Il proprio cuore diventare di pietra, diventare insensibile, vigliacco. I seguaci del bullo diventano, indifferenti, sono colpiti dalla totale

Invisibilità della vittima. I seguaci sono anche carnefici. Alla fine dei conti, però, “Essere bullo” non significa essere un leone ed “Essere vittima” non significa essere una gazzella. Non siamo in una savana dove vi è il forte e il debole, ma siamo in quel meraviglioso viaggio che chiamiamo “vita”. Non esiste dunque un vincitore o un perdente, ma esistono solo PERSONE custodi di sentimenti ed emozioni!

GIADA MOLLACE IVA - SU 56


LA LUCE OLTRE LE SBARRE Prima di alzarsi dal suo letto, Oliver volgeva lo sguardo verso lo spiraglio di luce che entrava dalle sbarre e si spostava i capelli incastrati nella sua collana rossa. L’unica cosa che poteva fare era riflettere sui suoi sbagli e sul motivo per cui era lì, lontano dalla sua famiglia e dalla sua fidanzata. Oliver aveva solo 35 anni, era un uomo estroverso e solare, umile e gentile, ma da quel 3 marzo, tutto era cambiato. Colpo di pistola, cuore fermo, mani sudate e sguardo di ghiaccio: Oliver era sotto shock, era stato coinvolto in un omicidio. Non aveva avuto il coraggio di denunciare ciò che aveva visto, e perciò adesso si trovava dietro le sbarre. Fuori c’era un mondo che lo aspettava, una vita da colmare. Prima, però, doveva fare i conti con i suoi errori. Ogni mattina appena sveglio, trascorreva le sue giornate monotone in questo modo: ogni volta che toccava con le mani la sua collana rossa, su ognuna delle quattro pareti della sua cella, apparivano quattro immagini diverse. Nella prima parete osservava la sua vita da bambino, allegra e spensierata; nella seconda, era rappresentata la sua vita adolescenziale, un cammino di dubbi e cambiamenti; nella terza vedeva davanti a sé lo specchio di ciò che era in quel momento, della sua buia esperienza in carcere; infine, nella quarta parete, osservava il suo futuro, un futuro luminoso con le persone che amava. Immagini di pochi minuti e poi tutto svaniva nel nulla. Ma in quei pochi minuti gli passava davanti tutta la sua vita, le emozioni vissute e quelle da vivere. Poi chiuse gli occhi, per cercare di ricordare la vita passata, anche solo per rivedere il volto stanco di sua madre, per sentire la voce profonda di suo padre o per accarezzare il volto della sua fidanzata tra le mani, e per cercare di scoprire qualcosa in più sulla sua vita futura che tanto attendeva. Ma, una volta aperti gli occhi, era tutto cambiato, e il suo sbaglio più grande rimaneva solo un brutto ricordo. SARA MITTICA VA - LS

“Preferisco pensare alla scrittura come ad una testimonianza delicata, un gesto di affetto nei riguardi di una memoria che se ne va e muore anzitempo. Una esperienza che ti fa cambiare l’angolo dello sguardo, un arricchimento di prospettiva. Accompagnata forse da un infantile desiderio di seduzione.”

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UN'IMMAGINE PER UNA CAMPAGNA DI UTILITÀ SOCIALE Raccogliamo in questa pagina alcuni dei lavori realizzati dagli alunni delle classi IVD - ES, IVA - LS e VA - LS, su indicazione del prof. Fabio Marra, come compito di realtà delle ore di Ed. Civica. Di seguito la traccia della consegna richiesta: “ Realizza una foto immaginando di doverla impiegare in una campagna pubblicitaria di utilità sociale, finalizzata alla promozione della parità di genere e dell'emancipazione femminile (classi quinte) e alla promozione di accoglienza, tolleranza e multiculturalità (classi quarte). Cura gli aspetti tecnici e contenutistici della tua foto. Aggiungi uno slogan solo qualora lo ritenessi funzionale.”

Foto di Letizia Franconeri IVD - ES

Foto di Alessia Mazzone IVA - LS

Foto di Filippo Nesci IVD - ES

Foto di Lidia Galluzzo VA - LS

Foto di Marta Scida IVD - ES

Foto di Maria Capogreco VA—LS Foto di Erica Sansalone VA - SU

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