GiornaLED - Dicembre 2012

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P PIIIIIIIPPP PE- ELEZIONI UNIVERSITÀ UNIVERSITARIE: EEEPE da Noi ELEZIONI IN UNIBG

il dado è tratto

Molti di voi si AULA staranno chieSOVRAFFILLAMENTO di Daniele Tarolla dendo cosa sia il giornale che rano attese da 4 anni e alla UNIBGinE mano. UNIMI La domanda tengono fine le elezioni universitarie sono arrivate: dopo vari èRESIDENZA più che STUDENTESCA legittima, ed essendo rinvii per la riforma dello questa la nostra prima Statuto “uscita gli studenti possono scegliere i lorodoverappresentanti. A differenza della E SFRATTO ci sembra allo scoperto” scorsa tornata stavolta la disfida a sinrosa una breve presentazione. golar tenzone è stata meno politicizzata e con meno GiornaLED è un progetto diconcorrenti: le uniche due liste, Universitari Bergamaschi e Uni+, informazione attiva del infatti collettisi sono dichiarate indipendenti e apartitiche vo ATTUALITÀ LED (L'Effetto Domino): il. Ovvio però che non tutti i candidati sono venuti dalla luna: ad nostro scopo è di sensibilizzare esempio i giovani del Partito Democratico avevano i lettori alla invitato sul loro sito a voSPAZIO all'informazione, AI GIOVANI tare per Uni+, che ha presentato tra le partecipazione politico-sociale, sue file ben 6 candidati su 19 -quasi 1 DEL 14 e MANIFESTAZIONE alla conoscenza delle suespres3- iscritti all’organizzazione giovanile del Pd. Stessa cosa si è verificata sul sioni sociali, culturali, sportive NOVEMBRE sito del Movimento Universitario Padae artistiche a livello territoriale, no che ha appoggiato con propri espoCONFLITTO: nenti gli UB, i quali avevano anche tre nazionale e internazionale. candidati tesserati al Pdl (di cui 2 eletti) In ISRAELE un paese dove la differenza - PALESTINA e proponevano al Consiglio d’amminitra giornalismo e servilismo è tesserata al Pd (in effetti strazione una la tipicanoi logica destra vs sinistra non è spesso fin troppo labile, la migliore per capire queste elezioni, vogliamo distinguerci e evariefare testate locali sono cadute nel La votazione poi è stata preinformazione: ovvero tranello). svilupceduta da una campagna elettorale a pareRUBRICHE una coscienza critica in nervi tesi: i ragazzi di Uni+ con tanto di foto hanno(o accusato gli avversari di fare grado di farci interpretare propaganda sleale affliggendo manifesti BASSEZZE reinterpretare) in maniera abusivamente e monopolizzando la baautonoma gli avvenimenti chesede di Dalmine, mentre su checa della 26 OTTOBRE un anonimo insinuava che si sviluppano intorno a Bergamosera noi. Uni+ si pagasse i volantini coi soldi del NOTIZIE DALai MONDO Ispirandoci principi di liberPd (roba da ergastolo). Infine è arrivata l’ora tanto attesa delle urne. Nei vari dità d’espressione e d’informaziAMNESTY INTERNATIONAL partimenti, eredi dei consigli di Facoltà one, dichiarandoci fermamente dove ormai gli studenti hanno solo un contrariARCIGAY ad ogni sorta diruolo discriconsultivo sulla didattica, gli UB hanno vinto minazione e disuguaglianza (ina Economia con 289 voti conformità con tutti i principi di coesione e solidarietà sociale

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contro i 192 di Uni+, che è stata superata anche a Ingegneria per 125-88. Nelle facoltà umanistiche di Città Alta invece Uni+ ha semplicemente dilagato: 20574 a Lingue, 107-24 a Lettere e 112-0 a Scienze Umane (dove gli avversari non candidavano nessuno). Termina invece sul filo del rasoio la sfida per Giurisprudenza: finisce 74-71 per Uni+ con qualche brontolio su Facebook dei rivali per 7 schede annullate. Il risultato più atteso però era per gli organi più importanti, dove erano chiamati al voto tutti gli aventi diritto: si tratta in primis del Consiglio d’amministrazione e del Senato Accademico e poi del Nucleo di Valutazione e dei Comitati per il Diritto allo Studio e per lo Sport. Le vittorie che contavano alla fine sono state appannaggio di Uni+, che ha trionfato col 55% (dai 748 ai 772 voti a seconda dell’organo da eleggere) lasciando gli UB al 45% (605-626 voti). Risultato finale: tra seggi in cui non erano presenti abbastanza candidati e altre amenità Uni+ batte Universitari Bergamaschi 18 seggi a 10, ma alla fine a leggere le dichiarazioni sembra che abbiano vinto tutti, o quasi, anche se ha votato poco più del 10% degli aventi diritto.

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UNIVERSITÀ seguito pag. (1) Elezioni universitarie: il dado è tratto

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di Daniele Tarolla

n una botta di carità peraltro molti media avevano parlato del 13% prima di essere corretti dai dati ufficiali che hanno rivelato anche un’affluenza massima a Lettere e Economia (quasi 16%) e minima in Scienze umane (<4%). Certo il numero di votanti è superiore rispetto a 4 anni fa quando votò meno dell’8%, ma rimane il dato che circa 9 studenti su 10 hanno serenamente ignorato le elezioni. Ora però tocca governare ed è qui che si nota chi ha avuto le idee migliori. Nei loro programmi le liste puntano molto sul miglioramento degli orari dell’ateneo e propongono una distribuzione più ragionevole degli esami e delle lezioni che spesso si sovrappongono o sono troppo affollate. Un altro cavallo di battaglia bipartisan è lo sviluppo dei servizi per gli studenti: c’è chi cerca convenzioni per avere più corse degli autobus o pasti a basso costo e chi vuole più luoghi di aggregazione e di studio.

Soluzione a portata di mano. Ecco cosa succede quando gli studenti si mobilitano.

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di Matteo Pesenti

n questo articolo abbiamo intervistato uno studente universitario che, riscontrata la concentrazione dei corsi solo nella seconda parte dell’anno accademico, ha proposto una soluzione più consona alle esigenze di tutti i ragazzi frequentanti la facoltà di Lettere e Filosofia a Bergamo (lo studente resterà nell’anonimato per esplicita richiesta). Il problema toccato dagli studenti riguardava in prima persona i frequentanti e non, dal momento che entrambi erano impossibilitati a sostenere gli esami nell’appello di genn aio. L'idea di questo studente, che prima di attivarsi e muoversi per risolvere il disagio ha cercato di coinvolgere un

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Gli UB inoltre vogliono coinvolgere gli studenti creando un filo diretto studentirappresentanti e dando loro la possibilità di valutare l’insegnamento e i servizi nell’ateneo. Uni+ invece punta forte sul concetto di equità e sui diritti proponendo più borse di studio e una revisione della distribuzione delle tasse per fasce di reddito. Ma per quanto nobili possano essere gli intenti per compierli avranno bisogno di cifre e di numeri: le cifre sono semplicemente i soldi, e non sono pochi, che servono per realizzare le loro proposte; i numeri invece sono quelli che servono negli organi universitari per far approvare lo stanziamento delle cifre. Ed è lì che le proposte corrono rischi: gli studenti infatti dovrebbero in teoria rappresentare la stragrande maggioranza della comunità universitaria, ma di fatto contano sempre meno: nel Senato Accademico ad esempio, dove si gestiscono la didattica e la ricerca gli studenti sono solo 3 su 19 membri; nel Cda, dove si dirigono le risorse economiche dell’ateneo sono 2 su 11. Dunque è facile presumere che appena gli studenti proporranno qual-

cosa di troppo audace potranno essere messi facilmente in minoranza. Gli anni scorsi su questo fronte sono stati d’esempio quando i rappresentanti non solo non difesero gli studenti dall’aumento delle tasse d’iscrizione, ma addirittura votarono a favore e lo stesso fecero col nuovo statuto che ha limitato i ruoli degli alunni nelle istituzioni universitarie. Scarso potere e bassa partecipazione: sono i talloni d’Achille dei rappresentanti studenteschi, non solo bergamaschi, e sono strettamente legati: perché più gli universitari perdono fiducia nella possibilità di cambiare la loro situazione tramite gli organi accademici e meno vorranno partecipare alla politica dell’ateneo; ma se parteciperanno sempre meno allora anche i rappresentanti avranno sempre minori spinte per far valere le loro posizioni, e allora il circolo vizioso continuerà, almeno per il prossimo anno e mezzo, fino alle prossime elezioni.

ampio numero di colleghi universitari, è stata quella di preparare una serie di e-mail (12 per la precisione) da inviare agli organi competenti presso la facoltà di CICI. Nella risposta da parte del preside Andrea Bottani, immediata e comprensiva dei problemi suscitati dalla disorganizzazione, è stato concordato un incontro da svolgersi nel giorno immediatamente successivo. Nonostante il gran numero di studenti accorsi, il preside ha ricevuto tutti nel suo studio, tra cui l’uscente rappresentante d'istituto Federico Mondini. Dopo una chiara illustrazione del problema, gli studenti hanno proposto di spostare nel primo semestre alcuni dei corsi concentrati interamente nella seconda parte, in modo da permettere a tutti di sostenere gli esami nella prima sessione di gennaio. Alla luce di questi fatti, il preside ha subito intuito il disagio e, una volta concluso il colloquio, ha preso provvedimenti al riguardo, mobilitando gli organi di competenza già a partire dal giorno stesso.

Nel giro di due giorni, la proposta effettuata dagli studenti si è concretizzata nell’ufficializzazione del nuovo orario accademico, il quale prevede ora una più equa distribuzione dei corsi. Tutto ciò dimostra come una mobilitazione degli studenti legata ad un’attitudine collaborativa degli organi istituzionali competenti possa portare alla risoluzione di problemi che coinvolgono gli studenti stessi collettivamente.

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UNIVERSITÀ Santi, santini e la Corte dei Miracoli

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di Mirko Maggioni iorni di tensione in università. Una Guerra Fredda senza

precedenti, in cui banchetti e porte, temerariamente difesi dagli uscieri, hanno preso il posto del famoso “Muro” come ultimo baluardo a difesa della più alta espressione di democrazia qual è il voto sovrano. Una lotta all’ultimo sangue si è scatenata nei corridoi antistanti i seggi elettorali ed ha visto come protagonisti rappresentanti e candidati di entrambe le liste. Un eccesso di zelo che ha ampiamente compensato lo scarso interesse dimostrato, anche quest’anno, dal popolo studentesco rispetto questo evento. Tutto parte nella campagna elettorale, una pioggia di volantini, in pieno stile futurista, tappezza città alta affermando che la lista Uni+ “si rifà” al movimento di Comunione e Liberazione mentre in città bassa serpeggiano voci di una loro affinità con lo stoico Partito Comunista di novecentesca memoria. Questi cattocomunisti! Andrea Zanchi, Universitari Bergamaschi, in merito a questo ha ribadito la completa estraneità dei componenti della lista, ritenendolo un gesto stupido e controproducente, un autogoal , in disaccordo con la linea predeterminata che incentrava la propria campagna sul mero contenuto del programma. Arriva il fatidico giorno e gli animi in Caniana (e non solo) si surriscaldano. Persone irrequiete aleggiano davanti al seggio. Zlatan Mrkva (Uni+) afferma: “ Dalla mattina, gli avversari hanno svolto, in modo capillare e sistematico, una vera e propria propaganda e non semplici chiacchiere con amici. Comizi improvvisati in cui esponenti della lista 1 esortavano a votare i propri candidati”. Marco Bonomelli, della lista Uni+, aggiunge: “Dalla mattina il loro gruppo faceva propaganda fuori dal seggio di via Caniana. Hanno ricevuto una se-

gnalazione per questo e il Presidente ha intimato loro di terminare tal comportamento. Tuttavia non hanno cessato la loro azione, il che ci ha spinto a proseguire con le segnalazioni, fino a quando non abbiamo trovato un ragazzo che aveva ricevuto un santino il giorno stesso”, ribadendo inoltre che “ tutte le nostre segnalazioni sono state provate” . In risposta, per la lista Universitari Bergamaschi, Valentina Piazzoli afferma:“ Siamo stati ammoniti perché facevamo propaganda, cosa che anche gli altri facevano” mentre Matteo Villa aggiunge: “Non erano comizi, era un normale dialogo con amici e conoscenti che chiedevano informazioni sulle modalità di voto” . Diversi componenti della stessa lista hanno ribadito inoltre

trambusto i verbali dei seggi si riempiono di segnalazioni a carico delle due liste che si accusano reciprocamente di ledere il divieto di svolgere campagna elettorale nei giorni delle votazioni (in merito a questo l’Ufficio Elettorale si è così espresso nel Verbale n°2 del 16 Novembre 2012 : “A seguito di verifiche non si sono riscontrate effettive gravi violazioni di cui all’art. 12, comma 8, del Regolamento per la partecipazione degli studenti agli organi ed alle attività di Ateneo, e dunque le operazioni di voto risultano essersi svolte con regolarità, fatti salvi gli errori materiali, e comunque sempre ininfluenti ai fini dell’esito delle votazioni.”). Terminano le elezioni, l’adrenalina scende, i giornali banalizzano il tutto in uno scon-

che tale situazione si è venuta a creare a causa dell’inefficiente organizzazione del seggio, troppo piccolo per accogliere il flusso di studenti desiderosi di esprimere il proprio voto, molti di questi infatti, scoraggiati dalla lunga fila, avrebbero rinunciato a votare. E’ da sottolineare che gli stessi hanno riconosciuto l’effettivo passaggio del santino tra un membro della loro lista e un elettore, definendo il fatto come un errore ingenuo. Passa il tempo, vola qualche parola di troppo e la situazione precipita, gli addetti del seggio, infastiditi dalla massiccia presenza dei candidati, istituiscono un’area off-limits con tanto di trincee e filo spinato. In tutto questo

tro tra destra e sinistra. Rimane solo la speranza che l’impegno, l’acume e la briosa ingegnosità posta in essere dai candidati durante questa campagna sia trasposta anche nella loro funzione di rappresentanti.

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UNIVERSITÀ ENJOY UNIBG

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di Pietro Salimbeni a novità all’Università di Bergamo quest’anno si chiama “Enjoy UniBg” la carta realizzata dalla Banca Popolare di Bergamo in collaborazione con l’ateneo. Enjoy UniBg è una carta che funziona come badge universitario al pari del vecchio tesserino (in possesso degli immatricolati ad anni precedenti all’a.a. 2012/2013) ed inoltre fornisce gli stessi servizi di una carta di credito. Grazie al doppio circuito di cui è fornita lo studente potrà la Enjoy sia come documento riconosciuto per accedere a tutti i servizi dell’Università sia come carta valida per compiere acquisti, prelevare denaro,disporre e ricevere bonifici, pagare bollette, fare ricariche e acquistare in internet. Oltre a ciò molti costi (che in genere le banche applicano ad alcuni servizi) qui sono azzerati. Ad esempio costi zero per i prelievi da sportelli ATM in Italia ed Europa e zero

costi per il canone mensile. Per possedere la carta lo studente stipula un vero è proprio contratto che lo lega alla banca bergamasca (contratto di durata pari al periodo in cui lo studente risulterà iscritto all’ateneo) senza dover sopportare alcun costo se deciderà di utilizzare la sua Enjoy solo all’interno dell’università. LA ENJOY UNIBG NON E’ OBBLIGATORIA, quindi gli studenti del primo anno potranno scegliere se usufruire di questo servizio o meno. La domanda che sorge spontanea è: come mai la banca offra tutte queste agevolazioni? Probabilmente la risposta è quella più semplice: gli studenti di oggi sono i lavoratori che un domani (se non lo hanno già fatto) avranno bisogno

di un conto. Meglio farglielo aprire subito e catturare le loro simpatie per il futuro, no? Per maggiori info la carta è rilasciata a Dalmine (via Einstein, 2) per gli iscritti alla facoltà di Ingegneria e a Bergamo (ufficio webcam, via Moroni 255) per tutte le altre facoltà. Al momento non è disponibile per gli studenti che si sono immatricolati in anni precedenti al corrente anno accademico tuttavia l’intenzione è quella di riuscire a renderla disponibile a tutti gli studenti nel più breve tempo possibile. Al momento a noi vecchi immatricolati non resta altro che aspettare e capire quanto la Enjoy sia realmente soddisfacente e utile per lo studente.

di Gnoma Infingarda

Sapete cos’è che mi fa girare gli ingranaggi? Il mio ragno da compagnia che non vuole eseguire il triplo salto mortale dallo stipite della porta. Come ogni strega che si rispetti ho anch'io un famiglio, che vive agiatamente nei pressi del mio antro, habitat quanto mai consono alla sua specie. Vi starete forse chiedendo dove io abiti, e la risposta è semplice: presso la Residenza Universitaria, meglio conosciuta come la

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“Ragnidenza” (per ovvi motivi). Decido di corrompere il mio ragnetto con del cibo caldo, e mi reco dunque nella sala mensa dove, anziché disporre non dico di un calderone, ma quantomeno di un paio di fornelli, fanno capolino due meravigliosi forni a microonde dei quali il primo, detto “Polifemo” poiché ha un unico pulsante, ha conosciuto personalmente Garibaldi; l'altro è invece più moderno, direi quasi post-bellico. ORRORE E RACCAPRICCIO. Eppure mi mancheranno questi (dis)agi durante l'estate; già, perché dalla fine del mese di Luglio fino a metà Settembre le Resi-

denze Universitarie sono tutte chiuse, e noi abbiamo la possibilità di ubicare i nostri (pochi) averi 1)in via di Sotto al Ponte numero zero 2)presso Contrada Discarica 3)nella Stanza delle Necessità 4)a casa di Godot (se arriva). Frotte di studenti, carichi di bagagli e briosi come i Mangiamorte, si avviano verso l'uscita nella canicola estiva, accompagnati dallo sguardo dell'intramontabile specchio dell'ingresso (di quelli che si trovano agli incroci stradali pericolosi) che ormai sappiamo essere una pessima imitazione dell'occhio di Sauron. Perlomeno nell'emigrazione dalla

Residenza non ci si può perdere; è sufficiente, infatti, come in Harry Potter, “seguire i ragni”, divenuti ormai creature tanto grandi quanto senzienti, che indiwcano con zelo la via di uscita. I nati e cresciuti al di sotto del Po -che non possono permettersi un appartamento estivo- devono dunque fare i salti mortali per recuperare la perdita di metà sessione d'esami di Settembre. RABBIA SORDA. A proposito di salti, ripenso al mio ragnetto un po' discolo e alla Residenza vuota d'estate, e mi chiedo: chi darà da mangiare al mio Aragog?

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UNIVERSITÀ

UNIMI: TUTTI ESAURITI ALLA LEZIONE

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di Gianluca Medina

norevoli colleghi, siamo giunti al termine del primo semestre in quel di Via Festa del Perdono, e anche quest’anno non sono mancate situazioni di ordinaria follia. Mi riferisco a tutti quei corsi, con situazioni trasversalmente analoghe tra le diverse facoltà, in cui gli studenti hanno dovuto seguire lezioni in aule con capienza clamorosamente insufficiente. Tra i tanti, riportiamo il caso del corso di Storia del Diritto

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IL PIANETA DELLE SCIMMIE

di Fabio Fusco veglia! Una fitta diretta al cranio è ciò che puntualmente sento quando mi suona quella maledetta sveglia. Il cellulare segna le consuete 6.15 a.m., posticipo di dieci minuti dicendomi che se faccio veloce posso recuperare quei dieci minuti che a letto sono ben investiti. Perdo il pullman ovviamente. Aspetto quello successivo. Il freddo ha reso le unghie delle mani una nuova specialità findus ormai. Finalmente arriva il pullman con calma olimpica; salgo e vedo uno scenario alla “Pianeta delle scimmie”: neanche un posto libero, persone sedute una sul’altra, qualcuna, addossata al vetro, sembra quasi voler trovare dello spazio scalando la gelida vetrata; la condensa ormai regna sovrana e rivela titaniche giocate a tris eseguite per ammazzare il tempo! Mi rassegno. Neanche un pertugio libero. Poso la cartella tra le gambe per poter fare un po’ di spazio alle future scimmie che saliranno. Fine tratta e

Romano (M-Z) dove ad ogni lezione si è assistito a questa folle routine: alla ricerca disperata di un posto, studenti accalcati all’ingresso dell’aula fin da mezz’ora prima delle lezioni, che manco ad un concerto rock. Non appena terminata la lezione precedente, al minimo accenno di uscita di qualche studente, irruzione della massa di persone come un fiume che sfonda una diga. All’inizio delle lezioni gente seduta in ogni angolo dell’aula e addirittura sui gradini e nelle zone di corridoio fuori dall’aula, che permette a malapena l’ingresso del professore e la circolazione fuori dall’aula. Aria malsana e temperatura media 30°, anche nelle mattinate più fredde. Non serve essere esperti giuristi che conoscono il testo unico sulla sicurezza per rendersi conto che ogni standard legale viene vergognosamente violato. Per non parlare poi dell’aspetto economico: questo disservizio è un insulto ai sacrifici di studenti e\o genitori

con cui si pagano le tasse universitarie. Sono immaginabili le devastanti conseguenze che deriverebbero in caso di pericolo, per noi e per chi è responsabile di questa situazione. Facendo tutti gli scongiuri del caso. Ma è questo il punto: noi studenti che crediamo nella nostra materia di studio, ossia le leggi ed il loro rispetto, non possiamo più accettare che in Italia si inizi a parlare del problema solo a tragedia avvenuta. Dobbiamo sempre aspettare l’Aquila o l’Albinia di turno per poi piangere sul latte versato? “È sempre stato così in questi corsi, che possiamo farci?” commenta qualche studente. Ma abbiamo il dovere di capire che se un’assurdità diventa un’abitudine ciò non la rende una normalità. GiornaLED mette a disposizione tutti i propri contatti e si impegna a dar uno spazio a chiunque voglia segnalare altri disservizi nella nostra università.

scendo. Sono da un lato sollevato di potermi scrollare da dosso tutta questa ressa dall’ altro però, una volta al freddo, rimpiango “l’effetto stalla” tanto noto ai cristiani; e mentre mi incammino verso l’ università che si fa via via più vicina, già pregusto il momento in cui posso poggiare le mie membra stanche su una sedia senza dover combattere con altri contendenti che bramano quanto me questo sollievo. Entro nell’aula e mi vedo il sequel del film visto sul pullman “il pianeta delle scimmie 2 , il ritorno”. (Nei 5 min di maledizioni credo di averne inventate almeno una decina che mi varranno un bel posto all’inferno!). Prendo posto sulla “credenza” sotto la finestra e aspetto che finisca la lezione. Mi catapulto nell’aula dove si svolgerà il tutorato con una rabbia dentro che potrebbe far impallidire anche Giobbe. Ovviamente assisto al sequel del sequel “il pianeta delle scimmie 3, e mo’ so ***zi!”. Scene simili si ripetono quotidianamente alla ricerca di un posticino nella biblioteca universitaria o quando cerco di stampare qualche materiale didattico. Dopo la rabbia, arriva la lucidità e scartabello attraverso i meandri statistici del nostro sito e vedo: ISCRITTI NELL’ANNO ACCADEMICO

2010/2011: 15.000 CIRCA; POSTI A SEDERE: 7.000 CIRCA; POSTI BIBLIOTECA:275; POSTAZIONI COMPUTER: 500 CIRCA; C’è una disparità disarmante in questi dati tra aventi diritto a servizi e servizi offerti! Ecco una questione che i neo eletti rappresentanti dovranno tenere presente. Inoltre io personalmente quando compilavo tramite la segreteria on-line i questionari, non mi sono mai dimenticato di segnalare questo problema, e come me molti altri. A fronte di ciò quindi mi viene da chiedere “come vengono letti questi “feedback” degli studenti e che provvedimenti vengono presi?”, facendo notare che si sono anche alzate le tasse. Rammento comunque sempre che per avere miglioramenti tutti ci dobbiamo fare carico di partecipazione, non solo esercitando il nostro diritto dovere del voto, ma con una costante messa in gioco! Torno a studiare sul mio ramo!

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UNIVERSITÀ AVVISO DI SFRATTO Nel periodo estivo, le residenze universitarie di Bergamo chiudono. Gli studenti che non vanno in ferie e non tornano dai propri famigliari vedono inciso in maniera profonda il diritto ad autodeterminarsi. E, spesso, incombe su di loro l'urgenza drammatica di scampare l'addiaccio.

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di Meursault

iornaled si era già occupato, nel suo primo numero, del diritto allo studio universitario, con un articolo sui problemi nell’erogazione dei benefici economici a favore degli studenti. Ora, a due mesi dall’inizio dell’anno accademico, è possibile analizzare con cognizione di causa un altro, non meno importante, strumento previsto per rendere accessibile l’istruzione superiore ai ceti subalterni: le residenze universitarie. Si tratta, invero, di un tema fortemente evocativo, perché lambisce i territori dell’etica e dell’idea di una società egualitaria, nella quale ogni studente abbia diritto a condizioni di vita dignitose e, per quanto possibile, omogenee. In effetti, per chi desideri studiare a Bergamo, e provenga da località geograficamente distanti, si pone immediatamente il problema dell’alloggio: il mercato immobiliare in Italia ci ha abituati ai fenomeni tristi dell’affitto “in nero” e della locazione a canoni da usura. Per questo, chi non ha redditi milionari trova un approdo sicuro e finanziariamente sostenibile nelle residenze universitarie. A Bergamo, l’università ne ha in gestione tre: Dalmine, via Caboto, via Garibaldi. Dopo aver interpellato alcuni degli inquilini, ci è parso significativo segnalare il problema della chiusura estiva di tali strutture, prevista dalla fine di luglio alla seconda metà di settembre; chiusura che mette in seria difficoltà molti studenti. In particolare, chi proviene da Paesi extraeuropei non sempre è in grado di sostenere i costi del rientro in patria per le vacanze. Al rammarico per la mancata visita a familiari ed amici, si aggiunge la drammatica necessità di trovare un alloggio economi-

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co in breve tempo. Impresa non facile in una città come Bergamo. Oltre a questa prima categoria, il disagio colpisce anche gli studenti italiani che provengono da località notevolmente distanti da Bergamo, i quali, per poter sostenere gli esami dell’appello di settembre, spesso devono rientrare nella città lombarda molto prima della riapertura delle residenze universitarie, affrontando, oltre ai costi del viaggio, le spese per il pernottamento in esose strutture alberghiere. La soluzione a questi disagi, come spesso capita, ci è fornita dal raffronto con altre sedi universitarie. A Pavia, si legge nel bando per l’assegnazione dei collegi, gli studenti che siano in possesso dei requisiti per la riconferma nell’anno successivo e che abbiano comprovate esigenze di permanenza in città nel mese di settembre, possono indirizzare al Rettore una richiesta, che, una volta accolta, dà diritto ad usufruire del servizio abitativo al modico costo di 5 euro al giorno. A Torino, più semplicemente, gli studenti possono rimanere nelle proprie dimore fino al 23 settembre, salvo che non abbiano conseguito i requisiti di merito previsti per la riconferma; e in tal caso devono liberare la stanza entro il 24 luglio. Nella “dotta” Bologna, si è previsto un sistema ancor più intelligente: i collegi vengono chiusi dal 31 luglio al 1 settembre (comunque meno che a Bergamo), ma alcuni di essi rimangono aperti proprio per ospitare gli studenti che ne abbiano bisogno.

Insomma, le strade percorribili sono diverse, ma Bergamo, come al solito, ha bisogno di una spinta per uscire dal provincialismo. Perché di questo si tratta: non si considerano gli studenti come individui autonomi, che vanno messi in condizione di autodeterminarsi, bensì li si tratta alla stregua di convittori delle scuole medie, che nel periodo delle vacanze tornano nell’alveo famigliare. Sarebbe opportuno, invece, che le istituzioni, accademiche e non, si dessero una svegliata e cominciassero a mettere in pratica gli slogan con cui riempiono i convegni e le cerimonie ufficiali: internazionalizzazione, collegamento con il territorio, etc. Un primo segnale concreto deve venire dal diritto allo studio (repetita iuvant), che in un periodo di attacco ai diritti sociali, com’è quello attuale, abbisogna di particolare attenzione e sostegno.

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UNIVERSITÀ EX CUEM: occupare per rimanere.

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di Flavio Panteghini 'era una volta la CUEM, la libreria storica dell'Università Statale di Milano. Nata ai

tempi delle lotte studentesche più ferventi, era un punto di riferimento per molti universitari, in particolar modo per l'area di sinistra. Col tempo divenne una cooperativa come mille altre, ma attraversando varie “fasi alterne” si spense definitivamente l'anno scorso. Molte le idee dei “piani alti” per riutilizzare lo spazio lasciato vuoto. Poche però le idee sensate, perlomeno in un contesto universitario. Basti pensare che la proposta più gettonata era quella di far nascere un'area ristoro dalle ceneri della libreria, con tanto di macchinette e tavolini. Fu così che all'inizio del 2012 tra alcuni ragazzi iniziò a circolare un'idea: OCCUPARE. Occupare per riappropriarsi di ciò che era stato tolto. Occupare per riprendere un elemento, la cultura, che l'università dovrebbe garantire ai suoi ragazzi ben più che snacks. occupare per rompere gli schemi di un'istruzione sempre più standardizzata, occupare per dare voce a decine di studenti a cui non interessano né appalti né affarismi, occupare per dimostrare che anche noi giovani siamo in grado di autogestire uno spazio. Così avvenne. Un gruppo di ragazzi nato per l'occasione occupò lo stanzone di quella che un tempo fu la CUEM. Scelsero un nome, EX-CUEM, e un obiettivo: portare all'interno dell'università quei valori (culturali e non) che li univano. Col tempo crebbero, si fecero più forti e più seguiti nelle mura dell'ateneo. Nacquero collaborazioni con case editrici indipendenti (sempre più soffocate dalle grandi “rivali”) e riviste di informazione alternativa e antagonista, che portavano sempre più materiale. Gli studenti portavano lì libri di ogni tipo per far sì che circolassero di nuovo, che altri ragazzi potessero assimilare

qualcosa da pagine già consumate dal tempo. Manuali, dispense e appunti venivano continuamente scannerizzati e lasciati in pdf nel computer della libreria, in modo che chiunque, grazie alla libera circolazione del materiale didattico, potesse vivere l'istruzione senza essere costretto a ipotecare la casa ogni volta per comprare nuovi, costosissimi libri. Col tempo il collettivo si rese sempre più conto di quanto potesse dare al contesto universitario, e inizò a organizzare incontri, percorsi culturali e molto altro, per sviluppare negli studenti quel sentimento di libera partecipazione e di scambio necessario a vivere appieno la vita d'ateneo senza per questo diventare

solo un numero di matricola negli elenchi polverosi conservati in chissà quale cassetto o ufficio. Sono passati mesi da quei momenti, da quell'atto che diede il LA a un tentativo di dar nuova linfa vitale alla Statale. Oggi è il 25 ottobre 2012. Sono seduto

per terra con altri due leddini, a gambe incrociate. Davanti a noi un ragazzo e una ragazza si preparano a rispondere alle nostre domande, alle nostre curiosità. Siamo in una stanzetta dietro agli scaffali dei libri, ovviamente nell'EX CUEM. Ci accendiamo una sigaretta, e iniziamo a parlare, a parlare, a parlare. Due ore passano in un lampo, tra racconti, scambi di idee e pensieri, progetti futuri e un po' utopici, ma con i piedi sempre ben puntati nel presente. L'intervista è stata lunga e intensa, e non ho intenzione di farne un riassuntino, di incastrarla in una paginetta di giornale. La troverete a breve sul nostro sito (www.leffettodomino.it), ovviamente, ma non qui, non ora. Ciò che ho voluto fare è stato portare un racconto, una testimonianza che reputo fondamentale nella sua peculiarità. Raccontare di uno spazio che, tra mille difficoltà e due sgombri, è e vuole continuare a essere un punto d'incontro che vada al di là dei libri, della cultura sterile troppo spesso propugnata da chi dice di volerci formare. Tra un caffè e l'altro, tra una sigaretta fumata in compagnia e un'altra e un'altra ancora, ho vissuto per qualche ora della mia vita un'esperienza che è andata ben oltre le chiacchiere, che di per sé rischiano di essere fini a se stesse. Ho trovato ragazzi e ragazze che condividono un ideale, una passione, e la volontà di portare questi elementi nella vita comune dei loro coetanei, potenziali compagni di strada. Esemplare è stata la loro reazione al secondo sgombro, avvenuto il 25 settembre. Si sono riorganizzati, hanno deciso di lottare per mantenere ciò che già avevano ottenuto, e dopo sei giorni di “libreria ambulante” fuori da quelle mura hanno organizzato un concerto nell'atrio, e sono entrati di nuovo. “Le saldature non hanno retto al ritmo di jazz e flessibile, tra balli e cori gioiosi, proprio come in una festa. Sono cadute le porte così come è caduta la distanza tra noi e altri studenti che passando si sono uniti a queste danze così inusuali per l’Università a cui eravamo abituati”, hanno scritto in un comunicato. Ora sono lì, lì per rimanere. “Che continuino le danze”, quindi. L'EX CUEM va avanti.

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ATTUALITÀ Spazio spazio io voglio. di Giulia Costantini

Spazio spazio io voglio, voglio spazio per cantare, crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza. (Alda Merini)

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ensate ad uno spazio a Bergamo che sia libero nel senso di partecipato, uno spazio in cui si possa creare, non semplicemente adibito ad una disciplina o in cui formarsi, in cui si possa trasferire nella realtà e così condividere la propria passione. In cui un gruppo di teatro o di musica possa andare e fare. E questo spazio può anche essere la strada, anzi dovrebbe anzitutto essere la strada, la piazza, come luogo di incontro e partecipazione, io penso che la bellezza stia proprio in una città viva e piena, anche di teatro, musica, pensieri, parole e arte che non solo arriva nelle piazze ma che coinvolge il pubblico e i passanti che ne

diventano parte attiva. Il punto sta nell’iniziare a vivere gli spazi senza più solamente usarli ma partecipandoli, mettendo in gioco le proprie mani e la propria testa. Come possiamo farlo a Bergamo? Come fare quel passo dall’io al noi che ti permette di uscire dall’aula e far si che ciò che impari diventi un sapere in condivisione, in continua crescita e mutamento, in una città e in un tempo in cui ci appare troppo difficile mettere nella realtà le idee e le sensazioni personali. Penso a Macao a Milano, al Teatro Valle a Roma, ad uno spazio realmente libero perché autogestito da chi lo vive, assumiamoci la responsabilità si di essere anche idealisti, a quest’età permettiamocelo assumiamoci in prima persona la responsabilità reale del vivere i nostri spazi, facciamone parte rendiamoli vivi e interessanti, stimolanti. Sarebbe bello poter far si che lo spazio diventi un luogo di crescita, uno spazio fisico che possono essere quattro mura come una strada come l’intera città ma che sia libero e autogestito e io non credo sia un’idea utopica, basta guardarsi attorno, esperi-

menti ce ne sono stati e anche vincenti. Penso che a Bergamo di uno spazio del genere se ne senta la mancanza, ci sono spazi comunali appaltati però a cooperative e associazioni, funzionano bene ma se invece il comune finanziasse e sostenesse un progetto per la messa in sicurezza di uno dei tanti edifici abbandonati a Bergamo, lì noi (tutti coloro che avessero un’idea e la voglia di realizzarla) potremmo dare tutta la nostra energia, i pensieri, le competenze apprese in tutti quegli anni di studio in licei e università che tanto si vantano di averci formati, la fantasia e la voglia di mettersi in gioco e anche in discussione. Partendo da un’idea di creazione artistica può diventare altro, un luogo di riflessione e discussione culturale e politica, anche di questo abbiamo bisogno non credete? Siamo mica per niente la generazione della crisi dei valori, disinteressata e consumista, potrebbe essre un primo passo per assumerci la fatica e il piacere di crescere. E mettiamola in questi termini: saremmo così anche un servizio, una risorsa per il nostro “territorio”.

Rubrica 26 ottobre

Il nostro gruppo non nasce ora. Era già vivo ogni volta che, seduti al tavolo di un bar, si accendeva una di-scussione sul problema della disoccupazione giovanile; era vivo quando, durante le interminabili passeggiate, emergeva la questione della decadenza della scuola pubblica; era vivo ogni volta che si parlava di laicità o dell’apatia della gioventù verso i problemi che riguardano loro, il loro futuro e ciò che sta intro-

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no ad essi. Il nostro sogno è istituire un gruppo dove i ragazzi possano scambiarsi opinioni ed arricchirsi intellettualmente, imparare a dialogare e crescere sotto l’aspetto umano. Un gruppo di discussione dove al parola chiave è condividere, in un’atmosfera di assoluto rispetto verso i pensieri altrui, impegnandosi a restituire l’importanza che merita ad un termine formalmente così abusato e sostanzialmente così derubato del suo significato: de-mocrazia. Carattere essenziale di questa entità nascente è sicuramente l’indipendenza. Pensiamo che, rima-nendo autonomi

nel nostro pensiero e nella nostra attività, riusciremo a fornire a ciascuno di noi la possibilità di poter esprimersi liberamente senza alcun tipo di vincolo, che rappresenterebbe un ostacolo all’impostazione pluralista di cui vorremmo dotare il gruppo. Sarebbe facile vivere osservando ossequiosamente quei valori venduti ogni giorno dal sistema che troppo spesso ci costringe a ridurre ciò che siamo ad un curriculum. Dobbiamo svincolare la mente dalle imposizioni della società moderna ed emanciparci dagli schemi che la cultura del consumismo ci ha fatto

credere, men-tendo, fossero nostri. Vogliamo cercare di liberarci da quelli che sono i canoni diffusi dall’omologazione di massa. Vorremmo camminare insieme alla ricerca di quegli ideali purtroppo solamente immaginati, visti al massimo in qualche film o letti tra le righe di un libro. Vogliamo riscoprire l’importanza della condivisione, dell’informazione e del confronto: vogliamo dare spazio alla nostra cultura. Ognuno di noi ha la capacità di formulare un’idea e deve essere un dovere lottare per essa. Il nostro contributo è indispensabile.

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ATTUALITÀ E’ un Mondo difficile! Lottiamo “bene” per renderlo migliore

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di Alfredo Amodori

4 novembre 2012, una data che si aggiunge al calendario “nero” del nostro Paese. Decine di migliaia di manifestanti protestano nella Giornata di Mobilitazione Europea contro le politiche di austherity imposte dai Governi facenti parte dell’UE. Roma: studenti sono entrati in contrasto con le forze dell’ordine, scatenando una vera e propria guerriglia urbana. Le testimonianze pervenute a tutti gli organi di stampa parlano di abusi di potere e prassi irregolari durante le cariche di alleggerimento da parte di alcuni agenti di polizia. Altre testimonianze denunciano i gravi atti di vandalismo da parte di un gruppo di manifestanti, sorpresi, questi ultimi, nello smantellamento di segnaletica stradale e lancio di oggetti contro la polizia. 140 le persone identificate e più di 50 i fermati: 8 sono stati arrestati, altri 8 denunciati. Il contesto romano è stato quello più duro sotto il profilo degli scontri di piazza, anche se a Milano, Torino, Brescia, Padova e in altre città italiane, i rapporti fra manifestanti e poliziotti non sono stati di certo pacifici e sereni. Una giornata, quella del 14 novembre, che doveva portare alla luce i gravi disagi provocati della politica di austerità adottata dal nostro Governo e da quasi tutti i Governi europei. Invece, ad aver avuto rilievo sulla scena europea, sono stati gli innumerevoli feriti tra i manifestanti e delle forze dell’ordine, le tanto discusse pratiche della polizia (come se avesse senso discutere sull’essere favorevoli o contrari al fatto che i poliziotti possano pestare a morte dei ragazzi bypassando le pratiche concesse dalla legge) e l’aggressività e delinquenza dei dimostranti scesi in piazza.

Madrid: La Polizia ha sparato proiettili di gomma e usato manganelli per disperdere centinaia di manifestanti nel centro di Madrid, dove ci sono stati scontri e cariche. Un agente ferito. Almeno 70 gli arresti in tutto il Paese. Lisbona: Ampia adesione allo sciopero generale in Portogallo, dove la mobilitazione, iniziata martedì sera alle 22,

ha paralizzato soprattutto i trasporti. 5 i feriti negli scontri con la polizia. Atene: Quasi in diecimila hanno sfilato, pacificamente, per le strade. Unica nota positiva tra tutti i Paesi del sud Europa. Constatando quello che è successo per le strade del Vecchio Continente, viene da chiedersi se questo sistema di lotta contro le politiche distruttive dei nostri Governi sia davvero efficace. L’esasperazione che coviamo dentro ci può portare a gesti estremi, questo è vero: il non riuscire a garantire una corretta istruzione al proprio figlio o alla propria figlia, il non potersi permettere di garantire un tetto sulla testa alla propria famiglia, morire di fame mentre rischi di perdere tutto ciò per cui hai lavorato duramente, disparità sociali sempre più rimarcate, sentire costantemente sui TG i tanti casi di malaffare che affliggono il nostro Paese, e la lista sembra infinita. Ridurre tutti questi problemi in un”semplice” scontro di piazza violento pare assai riduttivo. Nel rispetto delle poche condizioni elencate, che chi più chi meno stiamo un po’ tutti vivendo,

dovrebbero cessare certi gesti dimostrativi. Viviamo un periodo dove spicca l’individualismo, e il principio di solidarietà che dovrebbe tenerci uniti pare un concetto troppo astratto e lontano. Un quadro davvero raccapricciante quello che ci si prospetta davanti, soprattutto in chiave planetaria. Uno scenario, quello mondiale, di catastrofi, bombardamenti, povertà assoluta che dilaga, crisi economica, tagli e via discorrendo. Nei giorni scorsi (a partire proprio dal 14 novembre) abbiamo assistito a una vergognosa dimostrazione bellica da parte dell’esercito israeliano nei confronti del popolo palestinese. Un vero e proprio gioco al massacro quello che lo Stato israeliano sta compiendo. Dopo l’uragano Sandy, Cuba vive senza elettricità, mentre Haiti, oltre che i danni colossali dell’uragano, è in preda di una grave epidemia di Colera (entro febbraio di quest’anno erano già 7000 le vittime registrate). Una situazione drammatica, sconfortante (in verità nemmeno la punta dell’ice-berg), ma che deve diventare la nostra forza, il nostro punto di partenza.

Ci sono situazioni che richiedono l’appoggio di tutti noi, cittadini nel Mondo. Cerchiamo quindi di sollevarci, soprattutto partendo dal nostro “piccolo”, iniziando a essere più coesi come popolazione. Studiamo nuovi modi alternativi di vivere la nostra società; partecipiamo attivamente a quella che è la vita del nostro Paese; solo in questo modo potremmo finalmente modificare quelle che sono le sorti, fino ad adesso segnate, della nostra bella Terra.

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ATTUALITÀ NOTIZIE DELL’ALTRO MONDO a cura di Alessia Palma “Meglio mal conosciuto che buono da conoscere”- Repubblica Bolivariana del Venezuela

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razie all’Erasmus, progetto finanziato dalla stessa Unione, ho avuto la possibilità di fare amicizie internazionali che mi hanno permesso di ottenere il punto di vista di ragazzi provenienti da Paesi che l’informazione puntualmente trascura. La prima testimonianza che ho raccolto è quella di Rodrigo, un ragazzo di 22 anni di Caracas (Venezuela), che studia Ingegneria. Da adesso in poi lascerò parlare lui. Il Venezuela, politicamente parlando, attualmente è diviso in due: da una parte ci sono i filogovernativi che sostengono il governo di Hugo Chávez, ex militare che ottenne il potere tramite un colpo di stato, e gli oppositori. C. governa da 14 anni a questa parte mediante una politica populista, incentrata sul ceto basso, che rappresenta la maggioranza dei venezuelani. C. offre programmi sociali a livello nazionale, chiamati “misiones”, che prevedono iniziative rivolte ai meno abbienti riguardo l’educazione, la salute, la distribuzione di case popolari, alimenti gratuiti e mercati con prodotti a bassi costi . Tuttavia, per poter usufruire di queste “misiones” è obbligatorio iscriversi al partito del governo, il PSUV (Partido Socialista de Venezuela) e, quando si avvicinano le elezioni, la popolazione viene intimidita dalle affermazioni del partito riguardo la sicura abolizione delle “misiones” che verrebbe attuata se dovesse salire al potere l’opposizione. Parrebbe che quello di C. sia un buon governo dal punto di vista sociale; tuttavia, in Venezuela, in questi 14 anni, sono nati molti problemi che il Governo non è stato in grado di risolvere come

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la sicurezza dello stato ( infatti il Venezuela è uno dei paesi più violenti al mondo), le vie di comunicazione, l’inflazione, la corruzione (il Venezuela è anche uno dei paesi più corrotti al mondo), la scarsità dei prodotti alimentari di prima necessità, la dipendenza totale dal petrolio come attività unica del Paese, la disoccupazione, la mancanza di rinnovamento e qualità negli ospedali pubblici, finanziamento limitato alle università autonome. Il Governo di C. è considerato autocratico perché detiene il controllo totale sui poteri di Stato quali il Legislativo, l’Esecutivo, il Giudiziale, l’Elettorale e il Cittadino. Detiene tale potere poiché durante le elezioni legislative del 2004, l’opposizione si ritirò dalle elezioni dei deputati a causa della sfiducia nel Consiglio Nazionale Elettorale, costatando la presenza di brogli elettorali. Avendo il potere sul Congresso, egli poté eleggere con voti unanimi i rappresentanti per i restanti poteri di Stato. Questo permise al Governo di espropriare centinaia di proprietà e attività private, approvare e/o modificare leggi a favore del suo partito, approvare la rielezione illimitata del Presidente, finanziare le campagne politiche con il denaro dello Stato, regolarizzare il prezzo del Dollaro, incarcerare o esiliare i dirigenti dell’opposizione, avere relazioni con paesi poco democratici come Iran, Cuba, Bielorussia, Siria, Libia, ect.. Il paradosso più grande è che un paese come il Venezuela, uno dei maggiori produttori di petrolio del mondo, con i prezzi al barile superiori ai 100 dollari, abbia tanti problemi su questioni basilari e una crescita economica tra le minori dell’America Latina. Durante gli ultimi 14 anni, il Venezuela ha avuto l’abbondanza petrolifera più importante di tutta la sua storia e tuttavia i poveri continuano ad essere poveri e il Paese

continua ad essere afflitto da problemi economici e sociali basilari, a differenza di paesi come Colombia, Perù, Cile, Ecuador e Brasile, che hanno uguali, se non minori, risorse naturali rispetto al Venezuela, e che invece sono cresciuti enormemente negli ultimi anni. È difficile capire come un Paese in tali condizioni continui a votare a favore di un Leader che non ha portato soluzioni e non ha reso prospera la propria nazione. Recentemente, il 7 ottobre 2012, C. è stato rieletto per la terza volta consecutiva, il suo mandato durerà fino al 2021, arrivando, quindi, a 20 anni di potere. Le intimidazioni da parte del governo sull’eliminazione delle “misiones”, sul ritorno al Venezuela pre-Chávez, alla visione di un’opposizione che vuole solo il denaro dello Stato, manipolano il basso ceto. Al Governo interessa solo mantenere i poveri nella condizione di povertà affinché il potere rimanga nelle mani di C. C. è molto popolare anche perché c’è una connessione emotiva e sentimentale tra i poveri e lui. Finché C. rimarrà Presidente non importerà nulla dei problemi del Paese perché lui è il loro salvatore, il loro messia. Il Venezuela ha grandi potenzialità per essere uno dei paesi più prosperosi dell’America Latina, grazie alla sua posizione geografica privilegiata, grazie alle sue risorse naturali, turistiche ed economiche però la popolazione è miope, non pensa al futuro ma solo al presente, finché hanno pane in tavola preferiscono pensare come il proverbio popolare “ meglio mal conosciuto che buono da conoscere”.

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ATTUALITÀ Piano nomadi: una violazione dei diritti dei Rom Si stima che in Italia le persone rom, sinti e camminanti siano tra i 130.000 e 170.000, circa lo 0,2% della popolazione italiana. La maggioranza di questi vive in insediamenti abitativi precari, spesso molto distanti dai centri urbani, senza la possibilità di accedere a quei servizi minimi e indispensabili per una vita dignitosa. Questa situazione comporta il plurificarsi di atti di discriminazioni ol-

tre che dai singoli anche da parte delle autorità. Negli ultimi anni, infatti, per far fronte a un presunto problema di “ordine pubblico e di sicurezza”, le autorità italiane hanno adottato misure discriminatorie che hanno contribuito ad aggravare ulteriormente la stigmatizzazione dei rom. Un caso recente è rappresentato dal cosiddetto “Piano nomadi”, il programma previsto dal decreto governativo del maggio 2008 che ha dichiarato “l’emergenza nomadi” e spianato la strada allo sgombero forzato di migliaia di rom nonché al loro trasferimento in altri campi senza alcuna effettiva consultazione degli stessi. Nel novembre del 2011, sulla vicenda è intervenuto il Consiglio di Stato che ha stabilito l’illegitti-

mità del decreto in quanto “non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un nesso tra la presenza sul territorio di insediamenti rom e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate”. La citata sentenza è stata impugnata dinanzi alla Cassazione, la quale, ne ha sospeso gli effetti ripristinando la possibilità di attuazione degli sgomberi. Amnesty International si è opposta agli atti di sgombero ritenendoli in violazione delle norme internazionali. L’Italia, infatti, è obbligata sulla base di diversi trattati internazionali sui diritti umani (tra i quali il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione inter-

nazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e altri ancora) a non effettuare e a prevenire tali sgomberi.

più biechi.

ma sfrutto l’edizione di dicembre per ricordarvi che l’1 dicembre è la giornata internazionale per la lotta all’HIV. Un’infezione che c’è. Un’infezione a cui tutt* siamo a rischio. Un’infezione la cui arma di protezione, a parte l’astinenza tout court. è la testa e informazioni corrette e complete sul tema, prima ancora di preservativo, lubrificante o dental dam.

Amnesty, infine, attraverso la raccolta di firme (possibile anche sul sito www.amnesty.it), chiede alle autorità competenti di intervenire a difesa delle violazioni dei diritti umani e porre fine agli sgomberi forzati.

Lo spunto “sensibile” “I gay sono sensibili”. Vorrei trovarmi di fronte a chi ha messo in giro questa voce per dirgliene quattro. No, mi spiace dovervi informare che i gay non sono per definizione né sensibili, né necessariamente conoscitori della perfetta etiquette da adottare in qualsiasi situazione. Sorrido (tristemente) ad una frase di una collega. Immaginate la scena: bagni dell’ufficio, la sua scrivania da direttamente sulla porta. Una persona ben educata prima di uscire si lava le mani. Non deve essere per forza gay, o lesbica, o donna etero per arrivare a

un minimo di educazione. A quanto pare, invece, secondo lei il maschio etero comune non ha questa dotazione comportamentale. “Per fortuna che ci sono i gay almeno voi vi lavate le mani”. Non voglio fare di questo episodio un dato statistico, né tantomeno andare a controllare le mani di chiunque vada in bagno per stabilirne l’orientamento. Però mi dà da pensare. Nel nostro piccolo, ragioniamo sempre per stereotipi, generalizzazioni o classificazioni che chissà chi ci ha tramandato. Banalità come il caso riportato o pregiudizi

Come il falso mito dell’HIV e di come questo sia la “malattia che affligge solamente gli omosessuali” Bene (anzi male), ma vorrei trovarmi di fronte anche alla persona che ha messo in giro sta voce e chiedergli com’è che se io, in quanto omosessuale, abbia maggior rischio di contrarre l’HIV. Forse si è dimenticato delle lezioni di educazione sessuale che impartivano alle medie. Beh no, la comunità LGBT non ha l’esclusiva sull’HIV. E non ne parlo a caso in questo numero. L’ho preso un po’ alla larga., lo confesso,

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ATTUALITÀ Perché esiste il conflitto israelopalestinese? Un po’ di storia

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di Roberto Pinotti

onostante il moderno stato di Israele sia nato ufficialmente nel 1948, la questione arabo-palestinese (poi israelo-palestinese) nasce da molto tempo prima.

LE ORIGINI.

L’Impero Ottomano occupava tutti i territori del Vicino Oriente (dal Mar Mediterraneo all’Iraq alla Penisola Arabica) e quando cadde, dopo la prima guerra mondiale, passarono sotto il controllo britannico. Nel frattempo le popolazioni arabe già presenti si erano unite a formare quello che potremmo definire un prestato palestinese. In quei territori erano già presenti degli ebrei, ma erano una piccolissima parte. Con la fine del secondo conflitto mondiale la percentuale di ebrei aumentò in maniera smisurata, anche grazie alla nascita dello stato di Israele: il 29 novembre 1947 l’ONU approvò una risoluzione con 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti (oggi è riconosciuto da 161 nazioni su 192), che prevedeva la creazione di uno stato arabo (sul 42,8% del territorio e con una popolazione di 800.000 arabi e 10.000 ebrei) e di uno stato ebraico (sul 56,4% del territorio, la maggior parte desertico, e con una popolazione di 500.000 ebrei e 400.000 arabi). La maggior parte degli ebrei fu d’accordo, mentre la popolazione araba fu contraria. Infatti a cavallo tra il 1947 e il 1948 iniziarono azioni di guerra civile da ambo le parti. Il 15 maggio 1948

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le truppe britanniche si ritirarono e lo stesso giorno Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania attaccarono Israele. Nonostante fossero passati pochi mesi dall’ufficializzazione dello stato ebraico, Israele rimandò gli attaccanti a casa. Negli anni successivi la popolazione israeliana raddoppiò grazie all’arrivo degli ebrei presenti nei territori arabi limitrofi. Nel 1956 Israele, appoggiato da Francia, Gran Bretagna e USA attaccò preventivamente l’Egitto perché questo si stava riarmando. Il tutto si risolse con un trattato. Israele attaccò preventivamente (siamo al terzo conflitto) anche nel 1967, perché Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe sui confini e in soli sei giorni riuscì ad occupare vaste aree di territorio (cioè Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est) al di fuori dei propri confini originari. La quarta guerra arabo-israeliana avvenne nel 1973: Siria e Egitto attaccarono a sorpresa Israele durante i festeggiamenti dello Yom Kippur. Nonostante un inizio non felice, Israele riuscì a rispedire oltre i suoi confini gli attaccanti. Nel 1978 Israele attaccò il Libano e l’ONU fu costretta a creare una zona cuscinetto tra i due paesi presidiata dai caschi blu. È il 1978 e il trattato di Camp David sancì la fine delle ostilità tra Israele e Egitto con il riconoscimento di quest’ultimo dello stato ebreo. Negli anni a venire quasi tutte i paesi limitrofi strinsero accordi con Israele per evitare ulteriori conflitti. Nel 1980 Israele proclamò Gerusalemme propria capitale, ma sia la comunità internazionale che la corte di giustizia internazionale (nel 2004) non la riconobbero come tale perché a Israele era

stata data solo una parte della città. Quindi la restante parte è tutt’ora considerata come “occupata”. Nel 1982 Israele invase il Libano per distruggere l’OLP (organizzazione - militare - per la liberazione della palestina, nata nel 1964) e riuscì a farle spostare la capitale in Tunisia. Nel 1987 nacque un moto popolare chiamato Intifada che tentava di combattere l’occupazione israeliana con azioni di guerriglia urbana e disobbedienza civile. È in questi anni che i gruppi islamici più fondamentalisti, che non si riconoscevano nell’OLP, si riunirono nel movimento terrorista di Hamas. L’OLP però era l’unico movimento palestinese a essere riconosciuto dagli altri paesi perché era molto più diplomatico e meno violento. Infatti nel

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ATTUALITÀ

1993 l’OLP e i vertici dello stato israeliano si riunirono a Whasington e si decise, sotto la mediazione di Bill Clinton, che la striscia di Gaza sarebbe stato lasciata ai palestinesi. Però fu un accordo un po’ ambiguo e non preciso e quindi gli scontri ripresero ben presto. Hamas iniziò a diventare sempre più popolare e Israele si fece sempre più rigida per evitare gli attacchi terroristici nei suoi confronti. In questo fu aiutata anche dagli USA che erano sempre stati a favore delle loro tesi.

Strisca di Gaza. Di conseguenza Israele dichiara Gaza un’entità nemica stringendola sotto l’embargo e impedendo l’apertura dei confini. Intanto in Cisgiordania Fatah accusa il partito islamico di aver fatto un colpo di Stato e fonda un governo di Emergenza. L’Autorità Palestinese, con a capo Abu Mazen, e Israele cercano di dialogare ma quest’ultimo non ne vuole sapere delle condizioni: lo status di Gerusalemme e dei profughi palestinesi. Nel giugno 2008 Hamas e Israele fanno una tregua: niente più razzi a sud di Israele se rivengono aperti i valichi della striscia. Si trattava di una quasi tregua considerati gli attacchi da parte degli israeliani e delle milizie legate con Hamas. Verso fine 2008 i corpi israeliani compiono attacchi dentro la Striscia. Hamas decise di riprendere il lancio di razzi nell’intenzione di riaprire una nuova tregua e garantire l’apertura dei confini. Il 27 dicembre 2007 Israele lancia una nuova offensiva (chiamata “Piombo Fuso”) che porta al bombardamento della Striscia di Gaza (per cinque

(tra cui3 civili), secondo Israele. Perché in questi giorni sono ripresi i combattimenti? Qualche settimana fa, dopo la rivendicazione da parte del governo di Hamas del lancio di missili vicino a Tel Aviv, le forze dell’esercito di Israele hanno rivendicato l’uccisione del leader militare di Hamas Ahmed al Jabar. Sono quindi partiti bombardamenti contro la striscia di Gaza. Israele è pronto ad invadere nuovamente la Striscia via terra, mentre Hamas sembra disposto a fermare gli attacchi solo in cambio del cessate il fuoco, nonché dello sgombero dei presidi israeliani a Gaza. In più Israele vuole che terminino i lanci di missili da parte di Gaza e che si fermino gli armamenti di Hamas. Di contro Hamas esige che Israele termini i suoi mirati assassini, ponendo anche fine al blocco nella Striscia. La via diplomatica che la comunità internazionale sta cercando di portare avanti sarà molto difficile. VITTIME

GIORNI NOSTRI.

Nel novembre 2005 Israele, sotto la giuda del premier Sharon, consegna all’Autorità Nazionale Palestinese, un’istituzione stabilita per disciplinare il controllo dei territori palestinesi, la Striscia di Gaza. A fine gennaio 2006 Hamas vince le elezioni in Palestina (con il 60% dei consensi) ma il nuovo governo viene da subito boicottato da Israele e dalla comunità internazionale. Una nuova guerra tra Israele e Libano nel 2006 porta Hamas e Fatah (organizzazione politica e paramilitare palestinese facente parte dell’OLP) a formare un nuovo governo di unità nazionale. Hamas e Fatah però non vanno d’accordo e a giugno 2007 Hamas conquista la

OGGI.

giorni consecutivi) e la successiva (il 3 gennaio) invasione da parte dell’esercito israeliano. L’offensiva fu violentissima, un esempio: il 6 gennaio un raid israeliano colpisce una scuola ONU adibita a rifugio per civili, dalla quale si riteneva fossero partiti lanci di razzi, e fa una cinquantina di morti. Il 18 gennaio si arriva a una tregua e all’abbandono di Gaza da parte dell’esercito israeliano. Bilancio di Piombo Fuso: 1203 vittime palestinesi (tra cui410 bambini), secondo Hamas; 13 vittime israeliane

Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, del 1948 al 1973, - secondo Amnesty International - hanno causato la morte di circa 100mila persone. La prima Intifada, dal 1987 al 1992, ha causato la morte di 2 mila persone, in massima parte palestinesi. Dall’inizio della seconda Intifada (settembre 2000) al 20 giugno 2007, hanno perso la vita 4626 palestinesi e 1050 israeliani. Almeno 214 palestinesi sono morti negli scontri tra le milizie di Hamas e Fatah. Il bilancio provvisorio della guerra nella Striscia di Gaza del dicembre2008/ gennaio2009 è di quasi 800 palestinesi morti, quasi metà dei quali civili, e 11 vittime israeliane. www.pinotti.tk

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CULTURA LE MONDE DU CORPS

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di Federica Bellaviti

unther von Hagens’, nome che a molti non dice nulla, ma che appartiene ad un uomo che ha rivoluzionato” il mondo della ricerca medica e dell’ arte contemporanea. Negli anni ’70, durante i suoi studi in medicina e chirurgia, comincia per von Hagens’ la ricerca legata ad un metodo di conservazione dei preparati anatomici deceduti, migliore dell’immersione in formalina, che conserva l’elemento desiderato, ma non ne permette un analisi approfondita, una sezione e soprattutto non consente di toccare i preparati. L’ esperienza del nostro “chirurgo –artista” è stata molto travagliata, sia per il contesto storico vissuto in Germania (von Hagens’ fu infatti incarcerato dalla DDR per 2 anni per tentata fuga), sia per i numerosissimi fallimenti che hanno preceduto la scoperta della corretta formula chimica che ha portato quest’uomo al successo. La sua tecnica , brevettata presso l’istituto di Anatomia dell’Università di Heidelberg nel 1977, è nota con il nome di “PLASTINAZIONE” , anche se originariamente la tecnica si chiamava “impregnazione con materia plastica di preparati biologici decomponibili”e prevede (in parole brevi e poco tecniche),la sostituzione dei fluidi corporei con materiali sintetici, come la resina o il caucciù siliconico, subito dopo il decesso dell’individuo. In questo modo, si ottiene una perfetta conservazione dei soggetti e si tolgono tutti gli inconvenienti legati alla putrefazione, ottenendo in più la consistenza reale di ogni singolo organo, che può essere a questo punto studiato e “lavorato artisticamente”. E’ la curiosità che ci spinge a vedere una mostra di questo tipo, la voglia di scoprire come siamo fatti dentro. Per antitesi, la necessità di conoscere il lavoro di Hagens’, nasce dal domandarsi come questo “medico folle“ sia capace di divertirsi scarnificando le persone, ma ciò non toglie che resta comunque il desiderio di sapere cosa si cela dietro il

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titolo “Body World”. E’ sufficiente recarsi alla Fabbrica del Vapore di Milano fino a fine dicembre, pagare il biglietto e varcare la soglia. Lo scenario che ci si mostra è affascinate è lugubre allo stesso tempo. wAd una prima osservazione risulta quasi difficile riuscire a credere che quei corpi avevano un nome e una storia, ma soprattutto quei corpi, respiravano ed erano vivi. Ci si imbatte in tutta una serie di campioni prettamente scientifici (probabilmente nati per studi universitari e per il mondo della ricerca) di organi e parti anatomiche plastinate e sotto teca. Tutto ciò fa capire quanto la ricerca medica sia stata profonda e incessante per quest’ uomo che, ispirato da antiche tecniche di mummificazione, ha scoperto un metodo efficiente e perenne di conservare interi preparati umani. Interessante è il lavoro che il dottore svolge per mostrare le più disparate patologie umane, mostrando agli spettatori gli organi sani comparati con quelli malati, oltre che diversi esempi di malformazioni e di interventi chirurgici come protesi ossee, o bypass coronarici. L’osservazione di questi campioni non desta nessun turbamento emotivo,se non la curiosità di osserva come siamo fatti, ma la parte che realmente crea disagio, sono gli “elaborati artistici” del dottor, che prevedono sezioni e compenetrazioni di corpi e di organi presentati come in “esploso” o in “pose plastiche” che sfidano le leggi della gravità e della fisica. E’ noto che agli esordi il dottore si occupava principalmente di campioni animali, solo successivamente ha potuto mettere mano a soggetti umani e la sua prima e più celebre composizione,

è legata al mondo dello sport, di cui Hagens’ ci da una visione molto particolare, evidenziando con la sua tecnica le strabilianti abilità di cui l’uomo è dotato proprio grazie alla struttura anatomica che lo caratterizza. Il legante di tutti i suoi lavori è la resa del corpo come di un essenza diversa, le sue sono persone nelle quali è difficile riuscire a ricostruire le fisionomie, e ancora di più è tentare di immaginarle con la pelle ancora attaccata agli organi. La componente spirituale e artistica in queste opere tende a miscelarsi con una vena di macabro e maniacale, che distingue questi lavori da qualsiasi altra sfera artistica, è impossibile durante l’osservazione non essere costantemente ossessionati dalla domanda:”e se al suo posto ci fossi io?”. Attualmente sono 4000 i donatori che hanno disposto il loro corpo alle pratiche del dottor von Hagens’, ed egli stesso che nel 2011 ha riscontrato di essere affetto da Parkinson degenerativo, ha dato disposizioni che , alla sua morte, la moglie procederà alla plastinazione di colui che per la critica è noto come “il dottor morte”.

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CULTURA

Una storia a puntate

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Di Alessandro Pilia

’ombra scura poteva appena essere intravista da dietro l’angolo dal quale osservava pensosa.Solamente la luce annoiata della brace della sigaretta dava a tratti l’impressione di poter cogliere qualcosa di quel viso dipinto di buio,mentre spirali di fumo salivano lentamente,confondendosi con la pioggia incessante. La strada,torbida ed indistinta, lasciava intravedere i suoi ciottoli sudici e viscidi che si stendevano a perdita d’occhio alla sua destra e alla sua sinistra, mentre la solitaria e dondolante insegna di un pub conferiva l’unico barlume di vita a quel limbo silenzioso. Distolse lo sguardo dalla strada e con noncuranza buttò la sigaretta lontano,che si aprì facendo fuoriuscire il tabacco rimasto ed il filtro.In tutti quegli anni non era ancora riuscito ad imparare a dare il giusto quantitativo di saliva per chiudere decentemente le sue sigarette. ‘Lonza di maiale, sono terribilmente in ritardo’ penso’ sentendo rintoccare le 5,e,stringendosi il cappotto, si avviò rapidamente verso la strada che fino a quel momento aveva solo soppesato in apparenza distrattamente. Oltrepassò velocemente la polverosa bottega del vecchio Kyuzo ed entrò nel pub,facendo tintinnare la campanella d’ottone.Il locale era caldo, grazie al tepore di un ampio camino in pietra nell’angolo,e scarsamente illuminato.Facendo capolino all’ingresso non potè fare a meno di arricciare il naso alla zaffata di aria muffita che lo lo colpì come uno schiaffo.La puzza di sudore mista ad alcool scadente contribuivano a rendere un’impresa davvero non indifferente il semplice respirare. Alla destra del camino, tre vecchi macilenti rallegravano l’atmosfera a suon di violino,riposandosi di tanto in tanto così da poter proporre brindisi insensati e rallegrare anche se stessi. ‘La Lama Intaccata’,così si chiamava il pub,era semplice, un luogo di ritrovo come tanti,situato più o meno in mezzo alla Periferia,e,a suo modo,si poteva dire che fosse accogliente. La Periferia.La Periferia che così tanto si contrapponeva al Borgo. Ad ogni modo,la comparsa dell’anonimo personaggio non parve destare le preoccupazioni dei presenti,che, per la maggior parte, sembravano o troppo impegnati nelle

proprie conversazioni (un uomo si vantava che il proprio gallo,in un combattimento avrebbe letteralmente rotto il collo a quello del proprio interlocutore) o semplicemente troppo sbronzi,stesi su tavoli a contemplare la propria distorta immagine riflessa nel boccale. L’unica cosa che sembrò animarsi alla sua vista fu la terra battuta con cui era “pavimentato” il pub. A causa infatti della forte raffica di vento che era sgusciata dentro con l’apertura della porta,ora un turbinio denso e rossiccio aleggiava ai piedi del nuovo arrivato.Strofinandosi un po’ le mani per cercare di riattivare la circolazione,si avviò con il suo scuro cappotto svolazzante verso il bancone.Aveva fatto si e no un paio di passi quando quattro gelide e luccicanti morse micidiali gli inchiodarono le braccia e la vita e lo costrinsero di malavoglia a voltarsi,sollevandolo leggermente da terra,gocciolante. Poteva vedere che i quattro artigli metallici che ora lo tenevano saldamente immobilizzato provenivano dal fondo del pub,dal quale si erano incredibilmente allungati. Avvolto nell’ombra,il possessore di quelle strane armi tuonò:“Ahahah Adelchi Adelchi.Ma allora è vero!Chi l’avrebbe mai detto che saresti stato così coglione da tornare?”.La baritonale ombra, ciondolando in avanti, resuscitò a poco a poco dalla tenebra in cui era ristagnata fino a quel momento,fermandosi proprio a fianco del grande camino in pietra:era un uomo dalla stazza gigantesca con braccia potenti e spesse come tronchi di betulla.Ora che si era avvicinato alle vivaci fiamme del camino gli spettatori rabbrividirono notando che,per qualche motivo,metà del suo volto era verticalmente coperto da una liscia e lucida placca metallica, all’interno della quale, un occhio rosso più simile a quello di una macchina,era incessantemente aperto.Le quattro ganasce metalliche che ora tenevano Adelchi fermo in una morsa apparentemente incontrastabile si andavano a conficcare direttamente nei fianchi dell’energumeno, che sembrava in qualche modo capace di controllarli. L’intero stanzone si era ormai ammutolito e gli occhi e le orecchie dei presenti erano fissi sulla scena.Il passo vellutato di un gatto sarebbe parso frastornante . L’unica cosa a cui riuscì a pensare Adelchi fu come prima avesse potuto anche solo pensare di entrare senza destare sospetti.La cosa lo fece scoppiare a ridere. Continua...

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CULTURA Il Bergherasmico di Isacco Cividini

Quando leggerete questo pezzo

probabilmente novembre sarà già finito o in via d’estinzione e a Bergamo si comincerà a sentire quel brivido freddo che accompagna l’arrivo di dicembre e dell’inverno. Novembre a Madrid ha portato freddo e pioggia, e proteste, tante e imponenti, e per noi studenti di lingue le scadenze dei primi esami. Lo scorso 14 novembre tutta la Spagna si è fermata per 24 ore per uno sciopero generale. A Madrid milioni di persone hanno manifestato e protestato già durante la notte contro la crisi e il governo. È stato quasi straniante trovarsi lì in mezzo. Non mi era mai successo di partecipare a qualcosa di così grande. Come non mi era mai neppure successo di finire in mezzo a degli scontri tra poliziotti e manifestanti. Erano tutte esperienze che avevo sempre vissuto di seconda mano. Ma la protesta non si fa solo nella piazza. Si moltiplicano le iniziative grandi e piccole, tutte volte a ricreare un legame sociale che le persone sentono di avere perso. È creazione di comunità, di incontro e scambio, piccolo come fare una libreria gratuita che vive di donazioni e volontariato, o creare un centro sociale che sia oltre ogni nostro (inteso riferito a noi italiani) pregiudizio su questi luoghi e che diventi un punto di riferimento per un intero quartiere, o grande, come un’università che si trasferisce per un giorno a fare lezione nelle strade aprendosi a tutti. Insomma, si tenta di ricostruire, insieme, una nuova comunità.

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Vita, Arte, Tecnologia

di Mara Piras l progetto scelto questo mese è Identità, opera di uno studente del terzo anno, Giacomo Regallo, iscritto nel corso di Nuove Tecnologie per l’ Arte (il secondo dipartimento dell’Accademia Carrara). Ciò che ci propone Giacomo è un’ installazione multimediale : una pedana interattiva ricoperta di terra, che reagisce sonoramente al calpestare delle persone che vi camminano sopra scalzi e, una performance d’apertura, in cui la protagonista si muove su questa pedana, esegue una sorta di rituale cerimoniale, che diventa parte integrante dell’opera

nella quale veniamo immersi in un percorso fisico e mentale e veniamo, inoltre, chiamati a partecipare. Qui tempo e spazio coincidono con l’opera, che agisce slittando l’individuo da pubblico e folla: vuole quindi parlare facendo. Il teatro della vita si trasforma quindi in happening e la dicotomia fra opera e pubblico viene meno. La nostra interazione si confronta con segni quali suoni e armonie, interpretazioni non verbali, “altari” site specific, tutto in un ambiente sensibile. Gli elementi fondamentali di quest’opera sono l’abbandono del corpo, l’esperienza espansa e il primitivismo urbano frutto della relazione tra vita e tecnologia, suggerendo lo stato di assuefazione e il forte condizionamento che il filtro tecnologico ha sulla vita.

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