Finito il tempo degli “ex” - Antonio Montagnino politica come confronto, dialogo, assunzione di responsabilità. Ad esso la nostra società, allora come oggi, chiede coerenza, serietà, unità, innovazione. Chiede di combattere le ingiustizie, di proteggere i più deboli, di dare opportunità ai giovani, di far ripartire il paese. Questi sarebbero stati gli orizzonti per garantire alle future generazioni un lascito solido di potenzialità e di opportunità di crescita morale, civile, economica e sociale. Invece, tra vicende difficili e controverse, con una legge elettorale nefasta che ha determinato l’ingovernabilità ed ha allontanato i parlamentari dal territorio, l’appannamento dei caratteri, dei valori e degli orizzonti del Pd si è trasformato da rischio in realtà. Sono passati sei anni e sono stati fatti tanti errori, i personalismi hanno prevalso sull’impegno collettivo, la passione politica è scemata, il carrierismo ha in qualche modo preso il sopravvento, la società è cambiata e non abbiamo saputo interpretarne in modo corretto i mutamenti. E, inoltre, ancora oggi, dopo sei anni, continuiamo ad identificarci come “ex”: “ex-democristiani” o “ex-socialisti” o “ex-comunisti”, dimostrando di non aver saputo cogliere la reale opportunità di evoluzione. Dovremmo passare a definirci, perché così ci sentiamo, semplicemente democratici. E ancora non ci riusciamo.
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Smettiamola di dividerci sulla base di vecchie ideologie di riferimento che rappresentano solo comode nicchie entro cui rifugiarci
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Dobbiamo necessariamente fare lo sforzo di distaccarci da vecchi schemi e vecchi linguaggi che ci tengono peraltro distanti dalla società e soprattutto dai giovani che, tra l’altro, per motivi anagrafici non hanno mai fatto parte dei vecchi partiti. Discutiamo di contenuti e della nostra stessa ragione di esistere con parole nuove che incarnino in maniera non ideologica la necessità del cambiamento. E in quanto alla coesistenza tra cattolici e non cattolici, non deve rappresentare affatto un problema; al contrario, questa è una grande ricchezza. Dobbiamo poter discutere e confrontarci nel nome della laicità della politica e forse troveremo molte convergenze: una volta la sinistra chiamava i più deboli “proletari”, i cattolici li chiamavano gli “ultimi”; ma dov’è la differenza? Siamo adesso alla vigilia di un congresso che deve essere, a mio avviso, un congresso “costituente”, ossia un passaggio attraverso il quale si rifonda il Partito Democratico. Sarà uno snodo cruciale per noi e per l’intero panorama politico e va affrontato con un esame approfondito e un confronto leale per ritrovare le ragioni profonde dell’esistenza stessa del partito, per recuperarne gli ideali autentici, per ripensare al progetto, alla strategia e all’organizzazione. A me piacerebbe
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