Il silenzio del suono
Introduzione ad un percorso di design acustico
Indice Premessa Perchè il silenzio del suono? Dall’Industrial design all’Acoustic design Il design acustico
... Silenzio
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Suono e silenzio Silenzio La fine del silenzio Il silenzio secondo John Cage Ascoltare il silenzio S come silenzio
Suono e... Acustica Cenni storici Il suono Le onde sonore La risonanza Risonanza corporea e musicoterapia Il suono modella la materia
... Psicoacustica Cenni storici La psicoacustica nel Novecento L’altezza del suono L’apparato uditivo La spazialità del suono L’acusmetria: il suono visibile Suono e dimensione metafisica Suono e architettura L’acustica architettonica Suono e paesaggio sonoro
... Musica I suoni musicali La musica Musica “assoluta” e musica “a programma” Musica e antropologia Musica e neuroscienze Musica e architettura: due scienze affini
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... Design acustico Sentire la natura Sentire l’architettura Giocare col suono
102 126 148
Note
176
Bibliografia
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Premessa
Perchè il silenzio del suono? In una società dominata dal senso della vista come la nostra, si tende anche nella progettazione di uno spazio a curare soprattutto la dimensione del visibile, mentre difficilmente ci rendiamo conto che a volte l’invisibile influisce su di noi in maniera determinante. L’invisibile in uno spazio è la dimensione sonora. Il suono, nel quale siamo costantemente immersi, a volte è così silenzioso alle nostre orecchie (desensibilizzate) da passare inosservato. Questo lavoro, dunque, ha l’intento di sensibilizzare le persone, e soprattutto noi designer che ci occupiamo di progettare un mondo più vicino alle esigenze dell’uomo, al suono. Compresa, infatti, la natura fisica del suono e la sua relazione con l’uomo, può essere meglio capita l’importanza di dedicarsi alla cura dello spazio sonoro. Essere più sensibili alla qualità del suono determina l’esigenza di avere un ambiente acustico più vivibile e stimolante. Presupposto per una più profonda conoscenza del suono è l’ascolto. Ampliare le nostre capacità di ascolto significa andare oltre ciò che l’ambiente in cui viviamo ci ha abituati ad sentire, oltre i limiti che pensiamo i nostri sensi ci impongano. Allora scopriremo che l’ascolto non riguarda solo l’organo uditivo, ma passa attraverso tutto il corpo; che il suono è una vibrazione che ci attraversa e ci plasma; che tutto ciò che è vita è vibrazione e quindi suono; che se le vibrazioni di due elementi sono armoniche essi entrano in risonanza; che trovare l’equilibrio tra risonanza e stasi è alla base della vita; che l’equilibrio tra suono e silenzio è la vita.
Dall’Industrial design all’Acoustic design
L’Acoustic design, o design acustico (termine comparso da non molti anni), è la disciplina che si occupa del suono e delle sue possibili applicazioni creative nella vita quotidiana. Un campo interdisciplinare ancora in via di definizione, sia dal punto di vista pratico che teorico, il cui obiettivo è quello di imparare a conoscere l’ambiente sonoro per poi modellarlo secondo un’estetica che sia in armonia con la vita dell’uomo e della natura. Essendo a carattere interdisciplinare, e avendo ricevuto stimoli da vari campi scientifici e artistici, è difficile stabilire a quale campo di studio debbano appartenere queste ricerche… Penso che la risposta stia proprio nel nome stesso. Caratteristica del design, per quanto riguarda la mia concezione, è proprio l’interdisciplinarietà. Il designer industriale è nato come figura di collegamento tra l’arte e l’industria e la sua peculiarità è la creatività (propria del processo artistico) nella razionalità (propria del processo industriale). Lo stesso approccio dovrebbe avere un designer acustico, che deve unire la ricerca scientifica alla creazione artistica. Obiettivo del design, inoltre, è migliorare la vita dell’uomo; credo quindi che questi studi sul suono possano ben inserirsi tra gli ambiti di ricerca del design.
Il design acustico Le prime ricerche ed esperienze di design acustico sono state condotte dal compositore e teorico R. Murray Shafer che, insieme ad altri musicisti e artisti canadesi, ha dato vita ai soundscapes studies. Shafer sosteneva che, come è successo con il Bauhaus per le arti visive (cioè l’incontro tra belle arti e produzione industriale che ha dato vita al disegno industriale), così sarebbe dovuto accadere con il suono. Era necessaria una rivoluzione analoga che riunisse in un’unica disciplina tutto ciò che riguardava il suono. Da questa unificazione sarebbero dovute nascere due discipline distinte ma interconnesse: l’ecologia acustica e il design acustico. L’ecologia acustica, che è alla base del design acustico, è «lo studio dei suoni nel loro rapporto con la vita e la società» e analizza «l’influenza dell’ambiente acustico sulle persone che in esso vivono». Solo dopo un attento studio del paesaggio sonoro si può agire col design acustico, il cui scopo è «ristabilire una significativa cultura uditiva», migliorando la qualità estetica di un paesaggio sonoro. Riguardo il carattere interdisciplinare della ricerca, Shafer afferma che «Un vero designer acustico deve cercare di comprendere alla perfezione l’ambiente che gli sta di fronte, deve possedere conoscenze in campo acustico, in psicologia, in sociologia, in musica e in altre discipline ancora, a seconda delle esigenze e delle necessità». Gli studi sul paesaggio sonoro, infatti, si collocano nel punto d’incontro tra ricerca scientifica, scienze sociali e produzione artistica. L’acustica e la psicoacustica studiano le proprietà fisiche del suono e il modo in cui il suono stesso viene interpretato dal nostro cervello. Le scienze sociali studiano come l’uomo si comporta nei confronti del suono, e come i suoni influenzino e modifichino il suo comportamento. Dalle arti apprendiamo come l’uomo possa crearsi paesaggi sonori ideali, per un’altra vita, quella dell’immaginazione e dell’universo psichico.
Suono e...
... Acustica
Cenni storici Lo studio dell’acustica interessa da sempre l’uomo, immerso in un universo sonoro che lo informa, lo stupisce, lo impaurisce… ma è con la civiltà greca e i primi studi matematici che l’acustica diventa una scienza complessa. Già le architetture greche testimoniano conoscenze non indifferenti in questo campo. I teatri greci sono ancora oggi un modello da imitare. Oltre all’architettura che favorisce una buona acustica, erano poste sotto i sedili delle anfore riempite con varie quantità d’acqua, con la funzione di assorbire alcune frequenze, in modo da creare un campo acustico il più equilibrato possibile. Pitagora fu il primo che teorizzò sul suono. Si racconta infatti che un giorno il matematico passando davanti alla bottega di un fabbro udì il suono dei martelli che battevano contro le incudini e i due suoni prodotti generavano una certa consonanza. Pitagora si domandò quale fosse la ragione che regolava tale differenza e, dopo aver riprodotto l’esperimento nel suo laboratorio, capì che i due martelli stavano nel rapporto di 2:1 sia in peso che in dimensioni e quindi producevano due suoni all’ottava. Egli studiò il suono usando uno strumento costituito da una corda tesa fissata su una cassa risonante rettangolare munita di un ponticello mobile posto tra le estremità della corda. Era nato il Monocordo. Facendo vibrare la corda Pitagora osservava che la sensazione gradevole prodotta da due suoni simultanei era massima quando i rapporti numerici tra i due suoni erano semplici. Furono scoperti i tre accordi fondamentali di Ottava, Quarta e Quinta. I rapporti tra le lunghezze delle corde erano rispettivamente: Ottava = 2/1, Quarta = 4/3, Quinta = 3/2. Praticamente corrispondevano ai numeri della Tetraktýs1. Era appena nata la scienza acustica. Tali rapporti, però, vanno spiegati riconducendoli alla fisicità del moto delle corde, anziché considerarli espressione dell’armonia del mondo, come sostenevano i pitagorici. Galileo Galilei è lo studioso che per primo ha impostato l’acustica in termini moderni, cioè meccanici. Egli ha ricondotto infatti le altezze dei suoni alla frequenza di vibrazione delle corde che li producono, e quindi alla frequenza delle vibrazioni dell’aria che giungono all’orecchio. Galileo, infatti, ha avuto la geniale intuizione di assimilare le corde vibranti a pendoli: così fa-
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Bosch Hieronymus, Trittico delle delizie. L’inferno musicale, Particolare
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cendo, ha spiegato anche la vibrazione delle corde per risonanza. Ma questa stessa intuizione sembra aver messo in ombra un altro problema di fondamentale importanza: la spiegazione della struttura interna dei suoni emessi dalle corde. Nei suoi scritti scientifici, Galileo non parla di questo aspetto, che pure, ovviamente, doveva essergli familiare nella sua pratica di musicista. Alcuni anni dopo, è stato Marin Mersenne a studiare sperimentalmente i “piccoli suoni delicati” che una corda vibrante emette assieme al proprio “suono naturale”, ma il problema dei sovratoni concomitanti presentava una difficoltà teorica apparentemente insormontabile. Alla fine del seicento, Joseph Sauveur ha studiato i correlati fisici (ventri e nodi) della serie dei suoni armonici, accennando però solo vagamente al problema della loro generazione simultanea: anch’egli si è scontrato infatti con l’impossibilità di descrivere il fenomeno della coesistenza di più vibrazioni attraverso gli strumenti matematici a sua disposizione. Sul piano sperimentale, comunque, era ormai assodata la struttura interna particolarmente semplice e armoniosa (“armonici” sono stati chiamati, appunto, i suoni parziali superiori) dei suoni prodotti da corde e tubi sonori. Ma, prima ancora che venisse chiarito scientificamente in che modo le corde vibranti e i tubi sonori potessero produrre suoni armonici, la scoperta del “segreto dei suoni” ha avuto una conseguenza importante: la fondazione scientifica dell’armonia. Jean Philippe Rameau, infatti, ha posto la serie armonica studiata da Sauveur a fondamento scientifico del suo sistema di teoria musicale2, individuando l’origine dell’armonia nel fenomeno naturale della risonanza dei “corpi sonori”. Venendo a conoscenza degli scritti scientifici di Sauveur sui sovratoni, egli colse immediatamente il nesso tra la sequenza degli armonici e la triade maggiore. Come si è detto, la scienza aveva appurato che i suoni prodotti dalle corde vibranti contengono una frequenza fondamentale e le frequenze multiple intere di questa. Nella serie dei sovratoni si presentano così gli intervalli che caratterizzano l’accordo di triade maggiore: infatti, i primi cinque sovratoni sono, nell’ordine, l’ottava, la dodicesima, la doppia ottava e la
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diciassettesima maggiore. Mentre l’ottava e la doppia ottava sono equivalenti alla fondamentale, quest’ultima, la dodicesima e la diciassettesima (che, riportate nell’ambito della stessa ottava, divengono la quinta e la terza maggiore) rappresentano gli intervalli che caratterizzano l’accordo di triade maggiore. La scoperta della struttura interna dei suoni si può considerare analoga, in un certo senso, alla scoperta della natura complessa della luce: lo stesso Newton, d’altra parte, aveva alluso all’analogia tra i sette colori dell’arcobaleno e le sette note della scala musicale. La questione teoria dell’esistenza simultanea di più modi di vibrazione delle corde si è chiarita solo quando, all’inizio dell’800, la fisica matematica ha permesso di scrivere e risolvere le relative equazioni, individuando nella loro linearità la radice della coesistenza di tali modi diversi. Inoltre, lo studio fisico-matematico della propagazione del suono nell’aria ha permesso nello stesso periodo di chiarire la fisica della produzione del suono nei tubi. All’inizio dell’800, Jean Baptiste Fourier ha enunciato poi il suo famoso teorema, che ha avuto un ruolo assolutamente centrale nei successivi sviluppi dell’acustica: esso afferma che qualunque funzione periodica si può esprimere come sovrapposizione di funzioni semplici (sinusoidali), le cui frequenze sono multiple di una frequenza fondamentale. Anche dal punto di vista matematico, ogni suono musicale si può dunque considerare come una miscela di suoni semplici, le cui frequenze stanno tra loro in rapporti definiti. Da questo momento, si può affermare che ogni suono ha una dimensione e una struttura verticale (la sua composizione in termini di suoni semplici) oltre che una dimensione orizzontale (la sua dipendenza dal tempo).
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Il suono Fisicamente il suono è da intendersi come vibrazione di un mezzo elastico a questo trasmessa dalle vibrazioni di un corpo eccitato, oppure come piccola perturbazione del mezzo elastico in cui si propaga, le cui molecole sono messe in vibrazione con frequenze dell’ordine di poche migliaia di Hz. La vibrazione sonora, dunque, è un fenomeno causato da una perturbazione di un ambiente in apparente equilibrio (apparente perché ogni ambiente è costituito da un campo molecolare attivo). Ogni sistema molecolare, però, tende per natura a tornare al suo equilibrio iniziale, quindi l’energia trasmessa dalla perturbazione viene gradatamente rilasciata e diffusa nell’ambiente. Questa diffusione dell’energia sonora attraverso un materiale è detta propagazione del suono. E’ importante sapere che il suono non è una vibrazione associata all’ambiente prodotta dall’impulso, ma è l’accentuazione dell’attività molecolare dell’ambiente stesso che diventa udibile grazie all’apporto di energia supplementare dell’impulso. E’ il materiale stesso, dunque, a produrre il suono, tramite l’aumento della vibrazione del suo campo molecolare interno. La vibrazione delle molecole è dovuta all’agitazione termica, questo spiega perché la propagazione del suono varia in funzione della temperatura. La velocità del suono è funzione dell’ambiente, della temperatura e della pressione interna (per esempio quando varia l’altitudine). Nell’aria (a 0°C, 760 mm di pressione e a livello del mare) la velocità del suono è 340 m/s; nell’ acqua salata del mare é circa 1520 m/s, ma viene più rapidamente assorbita e nel cemento é di circa 3400 m/s ma dopo breve distanza viene del tutto smorzata. Se consideriamo tutto lo spettro di frequenze possibili, compresi gli infrasuoni e gli ultrasuoni, possiamo affermare che ogni corpo in vibrazione emette un suono; questo fenomeno avviene con una facilità ed una frequenza notevolissima nell’ambiente che ci circonda: basta, infatti, che due corpi si sfiorino o un corpo si muova in un fluido che subito ne scaturisce un suono. Ogni oggetto possiede una propria peculiare caratteristica sonora derivante dall’unicità
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La materia, vibrando in seguito ad un impulso, produce il suono. Judith Schils, PIANO’S Flagey Arts Centre, Brussels, 2005 19
della sua struttura fisica. In base a questo principio, l’intero nostro pianeta e tutto il cosmo, ove vi sia un mezzo che ne consenta la propagazione, sono suoni. Indispensabile per la propagazione del suono, quindi, è il materiale. La trasmissione di energia nel vuoto non corrisponde ad alcuna sensazione sonora; ciò in quanto non c’è alcun mezzo di trasmissione che permetta la ricezione delle vibrazioni; si rese conto di ciò il chimico Robert Boyle (1660), facendo il vuoto con una pompa in una campana di vetro. Dopo quell’epserimento egli potè affermare che, se il mondo non avesse l’aria, la propagazione del suono a cui siamo abituati non esisterebbe più.
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Le onde sonore La trasmissione del suono, che necessita di un mezzo materiale a differenza della luce, avviene per onde, cioè senza trasporto di materia. Le onde di vibrazione sonora interagiscono tra loro modificandosi durante il percorso che divide l’emissione del suono dalla sua ricezione, per azioni di riflessione3, rifrazione, assorbimento, interferenza (costruttiva o distruttiva) , effetto Doppler , ecc…; ciò avviene in modo del tutto simile alle altre frequenze di energia. Nelle onde sonore il movimento del mezzo (ad esempio l’aria) avviene avanti e indietro lungo la direzione in cui viaggia l’onda stessa. Queste onde sono chiamate longitudinali. Nell’acqua, invece, le onde sono trasversali: il movimento nell’acqua avviene in direzione perpendicolare rispetto all’onda visibile. Le corde pizzicate, per esempio, presentano un sistema di onde trasversali. La somma di due onde sinusoidali di frequenze leggermente diverse danno luogo a una singola onda sinusoidale, quindi ad un unico suono che dà un effetto di pulsazione regolare o battimento. Quando la differenza di frequenza è piccola, l’effetto è quello di un’onda sinusoidale la cui intensità sale e scende. Se le frequenze delle due onde si avvicinano, i battimenti diventano più lenti. Quando,infine, le due onde hanno frequenze uguali, i battimenti scompaiono e viene percepito un suono di ampiezza costante. Anche quando le frequenze delle due onde sinusoidali sono distanziate a tal punto da non sentire più i battimenti, si avverte comunque una sgradevole sensazione di asprezza. La gamma di frequenze in cui avvertiamo battimenti o asprezza è chiamata larghezza di banda critica. Quando le componenti di frequenza sono separate da una distanza maggiore della larghezza di banda critica, il nostro udito riesce a distinguerle; mentre le componenti di frequenza che cadono entro la banda critica interagiscono e provocano le sensazioni di battimento, asprezza, rumore. Due suoni, dunque, si dicono consonanti quando la differenza tra le loro frequenze è
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uguale o tendente a 0, oppure quando è maggiore della larghezza di banda critica. La larghezza di banda critica varia al variare della frequenza: minore è la frequenza, maggiore è la larghezza di banda critica4. Per studiare i suoni, è utile partire dall’analisi del suono puro, o onda sinusoidale, riproducibile in laboratorio, nel quale la pressione dell’aria cresce e decresce sinusoidalmente in funzione del tempo. Matematicamente è possibile rappresentare una variazione periodica della pressione dell’aria come una somma di componenti sinusoidali. La forma di un’onda sinusoidale è completamente determinata da tre caratteristiche: l’ampiezza, il periodo e la fase. L’ampiezza è la variazione massima della variabile rispetto al suo valore medio5. Il periodo T di un’onda sinusoidale è il tempo, generalmente misurato in secondi, che intercorre fra due massimi consecutivi6. La fase è il momento in cui l’onda crescendo taglia l’asse orizzontale7. Le onde sonore si diffondono in tutte le direzioni. La misura della potenza di un’onda sonora che raggiunge i nostri orecchi è la densità di potenza, misurata in watt per metro quadrato, che rappresenta l’intensità dell’onda sonora. Per misurare la densità di potenza si è soliti specificare quante volte questa è maggiore della densità di potenza di un’onda sonora di riferimento, cioè quella corrispondente al suono più debole udibile dall’uomo (pari a 10-12 watt per metro quadrato). L’intensità di un suono misurata in decibel (dB) sopra questo livello di riferimento è il livello di intensità8.
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La vibrazione di una corda descrive un’onda sinusoidale. Andrew Davidhazy, String vibration, fotografia
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La risonanza Per un’analisi pratica del suono, bisogna considerare che i suoni reali non sono semplici onde sinusoidali come quelle riproducibili in laboratorio, ma sono una somma di onde, o frequenze, che stanno in relazione tra loro secondo rapporti armonici, per questo sono definite armoniche. Per distinguere i singoli armonici all’interno di un suono si può sfruttare il fenomeno della risonanza. Vi sono, infatti, alcune strutture fisiche che rispondono alle componenti sinusoidali di una particolare frequenza; queste strutture sono dette risonatori. Nel diciannovesimo secolo, Hermann von Helmholtz portò avanti i suoi studi sulla risonanza con quelli che noi oggi chiamiamo risonatori di Helmholtz. Questi erano generalmente delle sfere cave di vetro, con due aperture tubolari diametralmente opposte. A un’apertura bisogna appoggiare l’orecchio, mentre si rivolge l’altra apertura alla fonte sonora. Se il suono contiene un’armonica la cui frequenza è uguale o vicina alla frequenza di risonanza della cavità del risonatore, allora il risonatore amplifica l’armonica, così è possibile ascoltarla separatamente. Inoltre, il suono del risonatore persiste anche dopo l’interruzione della fonte sonora. Usando una serie di risonatori, Helmholtz riusciva, quindi, a distinguere le armoniche dei suoni periodici ed a stimarne l’intensità. Questa esperienza è anche alla base di alcuni strumenti musicali nei quali vengono utilizzati dei risonatori fisici. Le canne verticali di metallo sotto le piastre di legno degli xilofoni e delle marimba, per esempio, funzionano come risonatori che intensificano e prolungano alcune parziali, generate percuotendo le piastre, che in questo caso corrispondono alle note della scala. Il fenomeno della risonanza può agire anche sull’uomo, sia a livello emotivo che fisico. La “risonanza emozionale” provocata dal suono e dalla musica è nota fin dall’antichità ed è anche il fenomeno che cogliamo più facilmente. La più antica classificazione degli stati emotivi generati dalla musica viene dall’India dove si descrivono i “nava rasa”, cioè i nove sentimenti che la musica può provocare: Shringara (erotico, romantico, dolce), Hasya (comico,
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Il corpo umano è il primo strumento musicale, poichè ricco di cavità risonanti. Man Ray, Le violon d’Ingres, fotografia, 1924
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scherzoso), Karuna (patetico, triste, tragico), Raudra (esasperato, drammatico), Veera (audace, grandioso, maestoso), Bhayanaka (che incute timore e reverenza, solenne), Adbhuta (meraviglioso, rallegrato, gioioso), Shanta (pacifico, rilassato, tranquillo), Vibhatsa (disgustoso). In seguito sono stati molteplici e vari gli studi sulla complessa corrispondenza tra suono ed emozioni, ma rimangono sempre studi legati a fattori culturali e soggettivi, quindi non teorizzabili. Ciò che invece possono essere ritenuti scientifici sono gli studi sulla “risonanza fisica”, che studia il rapporto tra il corpo umano e le onde sonore. Il dottor Victor Beasley, appartenente al gruppo di ricerca presso la statunitense University of the Trees e studioso del corpo umano come fenomeno elettro-vibratorio, affermò che nel nostro corpo fisico ogni atomo ha una sua frequenza naturale e, per effetto di risonanza, si aggrega agli atomi simili, formando in questo modo le cellule dei diversi tessuti. Tutta la creazione è una sinfonia di suoni, di vibrazioni, in cui le singole parti si inseriscono attratte dalla risonanza con i suoni simili. Anche le note musicali hanno rispondenza con i fenomeni di risonanza, che avvengono nell’organo di ricezione dell’udito, in particolare nella coclea. La musica risuona dunque nella materia e produce degli effetti. Così il nostro corpo risponde al suono anche quando non ne siamo consapevoli.
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Risonanza corporea e musicoterapia
La risonanza, in fisica acustica, si definisce come «la partecipazione, da parte di un sistema atto a vibrare, al moto vibratorio generato da un altro sistema»9. Il fenomeno della risonanza è anche alla base della Musicoterapia10 Umanistica, che sfrutta le caratteristiche fisico-meccaniche del suono per curare diverse patologie. Secondo questa scuola, la risonanza avvolge, coinvolge, compenetra tutta la corporeità, generando emozioni. E’ un vissuto antico che evoca emozioni di accoglienza e cullamento già avvenute nella risonanza che ha caratterizzato la vita all’interno del grembo materno. Un corpo vibrante grande (la madre) accoglie la nuova vita (la presenza della consonante “V” di per sé indica il Vibrare dell’essere vivo). Secondo la musicoterapeuta Giulia Cremaschi Trovesi11, «l’essere umano è, al contempo, risuonatore, nel ricevere onde sonore; produttore e risuonatore insieme, nel produrre suoni. La risonanza avviene perchè il suono è onda di pressione, di energia, pertanto muove ciò che incontra. (...) Negli strumenti musicali si parla di cassa armonica; nell’uomo di cavità risonanti.» Come abbiamo visto con i risuonatori di Helmholtz, cavità di diverse dimensioni risuonano a diverse frequenze. Anche all’interno del nostro corpo vi sono delle cavità ed è proprio in queste cavità che avviene la risonanza. Più i suoni sono gravi più la risonanza investe volumi grossi e pesanti. Quindi i suoni più gravi risuoneranno a livello della pancia, mentre i suoni più acuti coinvolgeranno i seni nasali e frontali, la scatola cranica. Per capire meglio questo fenomeno basta pensare a quando cantiamo. Le note più basse le sentiremo vibrare nel ventre o nel petto, mentre quelle più alte vibreranno nella testa o nel naso. I movimenti vibratorio-ritmico-accentuativi provocati dalla risonanza fanno cedere le resistenze, inducono allo scoprire che c’è il mondo attorno perché c’è un mondo “dentro”, fanno compiere azioni per volontà propria.
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Per agire con la risonanza la musicoterapia utilizza gli strumenti musicali, in particolare quelli con cassa di risonanza. Ogni strumento musicale fa convibrare l’ascoltatore dai piedi alla testa, insistendo su zone di risonanza dipendenti dalle qualità delle altezze e intensità sonore. A strumenti dalle sonorità gravissime e gravi, strumenti costruiti con grosse casse di risonanza, corrisponde un impulso per grandi movimenti, per salti, balzi, corse. L’ampiezza delle frequenze coinvolge attraverso la risonanza la corporeità e la qualità del movimento dipende dall’andamento ritmico e musicale della musica eseguita. A sonorità acute e acutissime corrispondono movimenti rivolti verso l’alto. Da queste esperienze si può cogliere anche l’origine e il significato del movimento danzato. Le relazioni tra la musica e la danza sono quanto di più naturale esista a partire dalla notte dei tempi. Si tratta di danza in senso lato, pertanto della naturalità spontanea del movimento che nasce dai giochi sonoro-musicali, perché il suono è anche intensità, pressione, energia, spinta al movimento. Il musicoterapeuta si serve della cassa di risonanza del pianoforte a coda12 per interagire col paziente attraverso un ascolto empatico. Le onde sonore, coinvolgendo la persona mediante la risonanza, favoriscono il farsi del tono adatto al poter incominciare a muoversi. Il bambino, disteso sopra la cassa armonica, è avvolto e coinvolto dalle onde sonore. La risonanza fa vibrare le ossa e «attraverso la pelle raggiunge “dentro” senza parlare, senza prendere per mano, senza chiedere di direzionare lo sguardo e, modificando le altezze dei suoni e la qualità dei ritmi, incomincia a insinuarsi cullando, dondolando “dentro” senza richiedere nessuna risposta esteriore.» Per la musicoterapia è fondamentale l’utilizzo di uno strumento acustico, in quanto gli strumenti acustici producono suoni ricchissimi di armonici e permettono di farci sentire dal vivo la loro vibrazione.
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Il ventre materno: la prima cavità risonante conosciuta dall’uomo. Gustav Klimt, La speranza I olio su tela, 189 x 67 cm, National Gallery of Canada, Ottawa, 1924 29
Tutti noi possiamo provare l’effetto benefico della musica dal vivo quando assistiamo ad un concerto acustico (per esempio di musica classica, in cui gli strumenti difficilmente vengono amplificati). Il musicoterapeuta Giovanni Ansaldi13, nel suo saggio La lingua degli angeli, sottolinea con queste parole la pienezza dell’ascolto della musica dal vivo: «Il luogo del rito-ascolto (sala da concerto) si trasforma in “spazio vibrante”, che fa pressione su tutto il nostro corpo, mettendolo in risonanza. La sensazione che proviamo è quella si sentire l’intero corpo avvolto dai suoni in tutta la loro presenza e qualità. In vivo abbiamo la percezione completa degli armonici prodotti dalle vibrazioni degli strumenti e delle voci, con tutta la loro carica dinamizzante, quale neppure il più sofisticato apparecchio hi-fi è in grado di riprodurre e quale, in ogni caso, non possiamo ascoltare in una comune stanza d’appartamento. Dal vivo le musiche acquistano la dimensione fisico-acustica del suono. La musica è, infatti, una manifestazione di bellezza che si esprime con effetti fisici, entra nella testa, nel torace, nel corpo intero, come nessun’altra forma d’arte è in grado di fare.»
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Il suono modella la materia
Nelle antiche tradizioni filosofiche e mistiche il suono è stato sempre considerato creatore di materia, ma le onde sonore presenti nell’aria sono rimaste invisibili ai nostri occhi fino a che non sono stati effettuati esperimenti miranti a mostrare il suono in termini di forme e figure tangibili. Servendosi di un arco di violino per far vibrare delle lamine di metallo cosparse di granelli di sabbia, nel Settecento il fisico Ernst Chladni14 dimostrò che le onde sonore creavano delle figure15 e verificò che l’energia sonora formava figure diverse con i granelli e che la forma di queste figure dipendeva dall’altezza della nota, anche se lo spessore e le dimensioni delle lamine oscillanti, insieme alle dimensioni dei granelli, contribuivano anch’esse al risultato finale. Negli anni ’60 il medico, fisico e musicista tedesco Hans Jenny approfondì la scienza della cimatica (lo studio dell’energia delle onde). Le sue immagini fotografiche dimostrarono gli effetti del passaggio delle onde sonore attraverso polveri, liquidi e semisolidi, quali il mercurio e la gelatina glicerinata. Ciò che prima del trattamento era semplicemente un insieme di materia organica, una volta sottoposta ai suoni assumeva diverse forme geometriche. In molti casi a mano a mano che la frequenza del suono aumentava la figura si rompeva in alcuni punti fino a diventare talvolta completamente confusa. Se la frequenza continuava ad aumentare apparivano nuove figure la cui simmetria e grazia erano caratteristiche della nuova banda di frequenza. Così alcuni suoni producevano immagini armoniose, altri creavano il caos. In base a quanto poté osservare, le forme armoniche che venivano prodotte corrispondevano sempre a dei suoni armonici. Così scrive infatti nel suo saggio Cymatics16: «Abbiamo ora la sicurezza che sistemi armonici come quelli che abbiamo osservato nei nostri esperimenti, derivano da oscillazioni provocate da intervalli e frequenze armoniche». Il valore principale degli esperimenti di Chladni e Jenny sta nel fatto di aver reso visibili, e di conseguenza di avere chiaramente dimostrato, le affinità tra le figure e le forme che si vedono in natura e quelle relative al suono e di come questo interessi la materia. Un’altra scoperta interessante di Jenny rilevava che i disegni che si formavano ricordavano
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le strutture cellulari degli organi viventi. Jenny si convinse, così, che la vita è il risultato delle vibrazioni specifiche di ogni cellula; in altre parole, ogni cellula ha il suo suono, la sua nota. Interessanti sono anche le teorie di Tomatis, musicoterapeuta, a proposito di come i suoni possano plasmare la nostra immagine corporea. Sappiamo che il nostro corpo è sottoposto a pressioni sonore provenienti dal mondo esterno, ma non si possono trascurare le sonorità che il nostro corpo emette, sonorità che ci colpiscono e modellano dall’interno. Ogni nostra cellula è interessata da un moto vibratorio, quindi tutto il nostro corpo è interessato da una vibrazione interna, ma le vibrazioni più forti che imprimiamo al nostro corpo sono sicuramente quelle prodotte dalla voce, modulata dal linguaggio o dal canto. A seconda delle parole che utilizziamo e del timbro generato, andiamo a sollecitare diverse parti del corpo. Le parti interessate sono quelle maggiormente predisposte a ricevere le onde acustiche, quindi quelle in cui è più fitta la rete di fibre nervose specializzate nella ricezione di pressioni. Queste parti sarebbero il viso, le parti anteriori del torace e del ventre, il dorso della mano destra al livello della piega pollice-indice e l’interno delle membra inferiori, soprattutto il ginocchio e la pianta dei piedi. Modificando il linguaggio, dunque, è possibile rimodellare il corpo17.
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L’acqua si comporta come materiale plastico sotto l’azione del suono. Mikel Arce Sagarduy, *.wav Installazione, Festival Synthèse, ENSA, Bourges, 2005 33
... Psicoacustica
Cenni storici In seguito alla definizione del suono come fatto fisico, si è passati all’analisi del suono come elaborazione dello stimolo fisico da parte del sistema percettivo, quindi alla psicoacustica. I primi studi sulla relazione tra sistema uditivo e periodicità della perturbazione acustica risalgono a metà dell’Ottocento, con Hermann von Helmholtz. Riprendendo l’ipotesi di Georg Ohm, che affermava che l’orecchio fosse una sorta di analizzatore naturale dei suoni, Helmholtz mostra che differenti parti dell’orecchio interno entrano in risonanza alle diverse frequenze: qui sta la base della costruzione sensoriale delle altezze dei suoni, ed è questo stesso meccanismo fisico che permette la scomposizione dei suoni composti nei loro costituenti. Per spiegare intuitivamente questa sorprendente capacità dell’apparato sensoriale, egli ha paragonato l’orecchio interno alla cordiera di un pianoforte senza smorzatori, nella quale le diverse corde vibrano quando sono raggiunte da uno stimolo sonoro che contiene le loro frequenze di vibrazione. Oltre a elaborare un modello della fisiologia dell’orecchio interno, Helmholtz ha progettato apparecchiature in grado di analizzare la composizione in frequenza dei suoni (per mezzo di risuonatori accordati su frequenze diverse) e di permettere la sintesi di suoni (per mezzo di un banco di diapason intonati a frequenze diverse ed azionati per via elettromagnetica). In questo modo, egli ha aperto la strada agli studi verso una comprensione sempre più approfondita dell’universo sonoro che sono stati sviluppati nel novecento. La geniale intuizione di Helmholtz sul funzionamento dell’orecchio interno pone però un nuovo problema. Infatti, se l’orecchio scompone i suoni nelle loro componenti semplici, come mai un suono complesso viene normalmente percepito come un unico oggetto sonoro? Helmholtz stesso ha affrontato questo problema, riconoscendo per la prima volta un ruolo attivo alla percezione in quella che si può definire la “costruzione del mondo sonoro”. Il passaggio del secolo, con lo sviluppo della teoria della Gestalt, ha poi segnato la netta affermazione di questa nuova prospettiva.
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Risonatori di Helmholtz
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La sua novità consiste, appunto, nel fatto che la percezione è concepita come una costruzione, piuttosto che come una semplice riproduzione degli stimoli sensoriali: essa, cioè, ha un ruolo attivo (addirittura, si potrebbe dire, un ruolo creativo) nella costruzione degli oggetti sonori e delle loro caratteristiche. Nel caso di una vibrazione semplice l’altezza è in relazione diretta con la frequenza della vibrazione che raggiunge l’orecchio e, nel caso di uno stimolo complesso armonico, è in relazione diretta con la frequenza fondamentale. Ma, sempre restando nell’ambito di stimoli armonici, l’altezza può venire ricostruita anche in assenza della componente fondamentale; in altri casi (ad esempio, nel suono delle campane) l’altezza viene elaborata dal sistema uditivo utilizzando solo una parte dei suoni parziali presenti.
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La psicoacustica nel Novecento
Come possiamo distinguere con certezza illusione e realtà, se tutta la nostra esperienza passa attraverso la nostra percezione? (Jean Claude Risset) La ricerca acustica del novecento si è occupata di variare la complessità degli stimoli acustici e di ricercare, di volta in volta, gli elementi rilevanti per la costruzione degli oggetti sonori attraverso la fusione di componenti parziali. Si è visto così che tale fusione dipende in primo luogo dall’armonicità degli stimoli; ma anche il sincronismo di attacco tra parziali è, in molti casi, fondamentale: ad esempio, nel triangolo esso favorisce la fusione di componenti non armoniche in un unico oggetto sonoro di altezza non definita. Più in generale, è questo processo di fusione che permette la costruzione degli impasti sonori che hanno un ruolo così importante nella musica del novecento. La percezione, però, non opera soltanto nella costruzione dei suoni complessi a partire dalle loro componenti in frequenza, ma agisce anche sulla separazione tra oggetti sonori diversi ma simultanei. Il risultato, apparentemente irraggiungibile eppure continuamente raggiunto nell’ambito dell’esperienza quotidiana, è quello di ricostruire i singoli oggetti sonori simultaneamente presenti, di differenziarli l’uno dall’altro, di individuarne l’origine in specifici gesti sonori, di localizzarli nello spazio, di coglierne il movimento. Per comprendere la profonda trasformazione del ruolo del suono nella musica del Novecento bisogna considerare lo straordinario sviluppo della tecnica, con alcune innovazioni fondamentali per il mondo dei suoni: sopra tutte, la registrazione magnetica e i circuiti elettronici. Questi ultimi, in particolare, hanno reso possibile l’effettiva realizzazione dei “sonogrammi”, ossia delle rappresentazioni dei suoni nel piano frequenza-tempo, e addirittura nello spazio intensità-frequenza-tempo. Si è aperto così un periodo di straordinario interesse e impegno nello studio dei suoni reali e nella ricerca di modalità innovative di sintesi dei suoni. L’acustica di Helmholtz si era concentrata soprattutto sui suoni stazionari armonici, ossia
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sui suoni che gli strumenti disponibili permettevano di studiare più agevolmente. La tecnologia elettronica ha permesso una analisi molto più approfondita della struttura dei suoni (dei suoni quasi armonici, nei quale la relazione tra le frequenze delle componenti parziali è approssimativamente armonica; dei suoni parzialmente armonici, nei quali solo una parte delle componenti viene utilizzata dal sistema percettivo per la costruzione dell’altezza virtuale; dei suoni “naturali”, nei quali sono rilevanti gli aspetti aperiodici, ossia di rumore). E’ risultato possibile, così, superare criticamente i limiti delle descrizioni tradizionali dei fenomeni sonori, verificando che il quadro teorico dell’acustica classica era assai schematico e idealizzato: infatti, i suoni stazionari effettivamente prodotti da corde e tubi non sono mai esattamente armonici, come vorrebbe invece una teoria semplificata che vale soltanto per oscillazioni infinitesime di corde infinitamente sottili e perfettamente elastiche, ovvero riguarda tubi di diametro trascurabile e pareti perfettamente rigide. Anche il teorema di Fourier, che pure ha un ruolo fondamentale nell’analisi e nella sintesi degli stimoli sonori, si è rivelato come una costruzione teorica che, nelle effettive applicazioni, deve fare i conti con suoni transitori, mutevoli e, comunque, di durata limitata. Si è scoperta, insomma, la dimensione più profonda del suono musicale, ossia la sua caratteristica, per così dire, di inafferrabile ma vivente imperfezione. Anche la distinzione classica tra suoni e rumori, fondamentale nell’estetica e nella pratica musicale del passato, è apparsa così sempre più come una scelta culturale, piuttosto che come un dato naturale. A questo proposito, va segnalata l’attenzione ai suoni della vita quotidiana enfatizzata dal Futurismo (4). Va sottolineata poi l’importanza di Edgar Varèse, un compositore che ha lavorato a lungo (pur dovendo lottare con forti limitazioni tecniche) sulla costruzione di suoni nuovi per mezzo di modifiche a suoni registrati e sulla realizzazione di agglomerati timbrici, sia con strumenti tradizionali, sia con strumenti elettronici. Ma è stata soprattutto la creazione di laboratori di musica elettronica (presso i Laboratori Bell negli Stati Uniti, e poi a Parigi, a Colonia, a Milano) che ha permesso a compositori come
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Ascolto n.1 Jean-Claude Risset, Mutations, 1969
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Pierre Schaeffer, Jean Claude Risset, Karkheinz Stockhausen, Gyorgy Ligeti, Luciano Berio, Bruno Maderna di sperimentare le possibilità di composizione di tessuti sonori aperte dalle nuove tecnologie. Una delle figure di primo piano nel panorama della musica elettronica (di quella musica, cioè, che sperimenta la composizione diretta dei suoni per mezzo di tecnologie elettroniche e informatiche) è Jean Claude Risset, musicista e fisico. Lavorando in un primo tempo in una dimensione strettamente scientifica, Risset ha sviluppato una analisi dei timbri strumentali, che egli ha ricostruito per sintesi elettronica. Si dedica poi anche allo studio dei cosiddetti “paradossi uditivi” (l’altezza virtuale, ma anche delle scale paradossali, e cioè apparentemente sempre crescenti o decrescenti in altezza ma effettivamente costituite da componenti che si ripetono). La composizione dei suoni per mezzo del computer permette di realizzare sonorità “inaudite”, come (con un gioco di parole) Gérard Grisey le qualificherà in un suo scritto, ossia di produrre musica “acusmatica”, come è stata definita negli stessi anni, intendendo riferirsi al fatto che si tratta di musica nella quale sfuma il riferimento a specifici gesti sonori. Songes si intitola una composizione di Risset del 1979, nella quale egli lavora sull’identità del materiale sonoro: un’identità che sfugge, tra realtà e sogno, tra strutture classiche, tessuti timbrici, evoluzioni spettrali, effetti di spazializzazione. Con lo sviluppo delle tecnologie, evolvono anche le modalità compositive. Diventa possibile infatti sviluppare elaborazioni complesse dei suoni, come il filtraggio, la modulazione, la riverberazione, la spazializzazione, il missaggio, la sintesi incrociata (l’attribuzione ad un suono della distribuzione di energia tra parziali - della “struttura formantica” - di un altro suono). Inoltre, le elaborazioni possono venire effettuate anche in tempo reale, e diviene così possibile una interazione molto stretta, addirittura in fase di esecuzione, tra strumenti tradizionali ed elaborazioni elettroniche. Agli inizi degli anni settanta del novecento, Gérard Grisey segue alla Sorbona i corsi di
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Camera sound absorbent per esperimenti all’IRCAM di Parigi
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acustica, dove approfondisce le analisi spettrali dei suoni strumentali, esaminandone i sonogrammi, e si avvicina allo studio scientifico della percezione acustica. Può così verificare che l’immagine del suono che era stata proposta dalla scienza tradizionale (e ripresa dall’insegnamento di Conservatorio) era ipersemplificata: il suono era come “appiattito” in una semplice sovrapposizione di armonici simultanei di frequenza costante. L’analisi sonografica, invece, permette di osservare la straordinaria complessità dei suoni reali: essi si rivelano mutevoli, instabili, cangianti, transitori, dinamici. Insieme ad altri giovani musicisti, Grisey fonda nel 1973 il gruppo Itinéraire. Questo gruppo ha stretti contatti con l’Ircam, un importante centro di ricerca che viene fondato a Parigi nel 1975, e in particolare con Risset, che opera all’Ircam per diversi anni, e (attraverso concerti e conferenze) propone un intreccio molto stretto tra scienza dei suoni e pratica compositiva.
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L’altezza del suono Mentre la sollecitazione che giunge all’orecchio è periodica, la percezione presenta un oggetto sonoro stabile nel tempo e caratterizzato da una peculiare qualità, che ne permette il confronto con altri oggetti analoghi: l’altezza. La sensazione sonora che udiamo, infatti, é una proprietà sensoriale prodotta dal cervello. Lo dimostrano manifestazioni a volte fastidiose come la percezione di un fischio, di un ronzio o fruscio nell’ orecchio (acufeni), che normalmente non sono percepibili in quanto il cervello in condizioni normali li attutisce filtrandoli. Il cervello cerca di percepire le frequenze e, già dalla fase uterina, la sua ricerca é geneticamente sincronizzata sulle frequenze della voce umana, in particolare di quella della madre che ha portato in grembo il suo bambino. Il bambino, quindi, percepisce le vibrazioni sonore già nella vita intra-uterina, (in particolare dai quattro mesi di vita) e vivendo in ambiente liquido, risente di una velocità del suono assai elevata; pertanto é opportuno farlo crescere in un habitat a bassa sonorizzazione. Il bambino percepisce una gamma di suoni che va da 16 Hz a circa 25.000 Hz; nell’uomo adulto e anziano, la gamma dei suoni udibili diminuisce e, in condizioni di salubrità del sistema ricettivo, l’adulto percepisce sensazioni sonore corrispondenti ad un intervallo che va da 16 Hz a 16.000 Hz. Al di sotto o al di sopra di questa soglia esistono suoni che l’uomo non riesce a percepire, perché la quantità di vibrazioni che possiedono non le rende percepibili a livello acustico dal nostro orecchio. Infatti, gli infrasuoni sono vibrazioni acustiche con frequenza inferiore a quella minima (meno di 16 Hz) percepibile dall’uomo, mentre gli ultrasuoni hanno vibrazioni acustiche con frequenza superiore al massimo compatibile con le caratteristiche uditive del nostro orecchio (più di 16.000 Hz).
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L’ apparato uditivo L’organo del senso dell’udito é l’orecchio ed agisce come una interfaccia tra il mondo esterno ed il cervello, passando i messaggi ricevuti al sistema neuronale che li interpreta come sensazioni. Il messaggio fisico di informazione viene quindi recepito in maniera differenziata dalle due orecchie per comprenderne la direzione di emissione ed inviarlo dal nervo acustico al cervello che le traduce in termini di armonie, ritmi, rumori ed altre impressioni emozionali. L’orecchio è un sensibilissimo sistema di ricezione, di trasduzione e analisi delle onde di compressione e di rarefazione che si propagano attraverso il mezzo elastico aria. Queste oscillazioni elastiche sono trasdotte da apposite cellule recettoriali e codificate e trasmesse sotto forma di codici elettrici (potenziali d’azione) lungo il nervo acustico al sistema nervoso centrale (SNC). All’interno del SNC i neuroni uditivi estraggono l’informazione e i suoi dettagli con notevole capacità di risoluzione che può raggiungere i 3 Hz. Il padiglione auricolare1 riflette e concentra le onde sonore incanalandole nel meato uditivo esterno2 che termina nella membrana timpanica. Le energie delle onde sonore udibili sono in grado di esercitare efficaci pressioni e trazioni sulla membrana timpanica facendola spostare in fuori e dentro. Lo spostamento del timpano si ripercuote sulla catena degli ossicini dell’orecchio medio (martello, incudine e staffa) i quali hanno una duplice funzione: consentire il passaggio delle onde sonore dall’ambiente gassoso (orecchio esterno e medio) a quello liquido (orecchio interno) attraverso la finestra ovale e amplificare il segnale di circa 20-30 dB. Grazie a questo guadagno, la maggior parte dell’energia sonora che colpisce il timpano viene trasmessa all’orecchio interno. L’orecchio interno è la parte principale dell’organo dell’udito, in quanto analizza le frequenze e le trasforma in impulsi elettrici da trasferire al cervello per mezzo di fibre nervose. Incassato in un guscio osseo, esso contiene il labirinto membranoso, che comprende: l’utricolo, i canali semicircolari, la saccula e la coclea. L’utricolo controlla l’orizzontalità, i canali semicircolari definiscono le posizioni nello spazio, la saccula induce la verticalità e la coclea analizza
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La forma del Nautilus è la stessa della coclea, una cavità risonante costruita secondo la geometria della spirale logaritmica.
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le frequenze sonore. Sebbene i primi tre (che formano l’apparato vestibolare) abbiano a che fare con la spazialità e il senso dell’equilibrio, mentre l’ultima con il suono, non è un caso che siano collocati nello stesso punto. Tomatis, per esempio, sostiene che il suono sia all’origine del movimento ritmico, in quanto le pressioni sonore ricevute dall’orecchio interno smuovono i liquidi del vestibolo, imprimendo una pulsazione che viene poi trasferita al SNC, il quale la trasferisce a tutto il corpo. Questo spiegherebbe come mai quando ascoltiamo una musica siamo portati istintivamente a muoverci ed a seguire la pulsazione imposta dal ritmo. La coclea è costituita da un condotto a forma di chiocciola3 avvolto a spirale4 due volte e mezzo e lungo circa 3 cm. Se si srotolasse, si potrebbe semplificare come un tubicino che si assottiglia con all’interno una membrana dotata di un’elasticità caratteristica, detta membrana basilare. Le vibrazioni della staffa generano delle onde che si propagano lungo la chiocciola mettendo in vibrazione la membrana basilare e provocando la formazione di scariche di eccitazione, dovute all’impatto delle ciglia acustiche dell’organo del Corti contro la membrana tectoria. La regione della membrana basilare che entra in vibrazione dipende dall’altezza delle frequenze: iniziale per quelle acute, media per quelle medie e apicale per quelle basse5. Questo processo ci permette, dunque, di determinare l’altezza di un suono, la sua qualità e la sua durata nel tempo; confrontando, invece, le informazioni che provengono dai due orecchi riusciamo ad identificare la direzione del suono e la posizione della sorgente sonora nello spazio.
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La spazialità del suono Abbiamo detto che l’onda sonora attraversa la materia, viaggia, dunque percorre uno spazio. In natura è normale che il suono assuma un movimento, abbia una direzione; più difficile è ricreare lo stesso effetto in digitale. Attraverso i mezzi informatici, si possono ricreare suoni in movimento, suoni che riempiono uno spazio o lo circoscrivono... Questi strumenti sfruttano il funzionamento del nostro sistema percettivo: si parla, infatti, di un’illusine acustica. Questi effetti, ricreati attraverso dei programmi specifici, riguardano principalmente la direzione dell’onda sonora, la distanza della fonte sonora e il moto della fonte sonora. Per ottenere tali effetti si agisce sullo spettro dell’onda sonora, sull’oculato posizionamento degli altoparlanti nello spazio e sullo spazio stesso (che può dar luogo a riflessioni e quindi influire sull’orientamento dell’onda sonora nello spazio). Si possono così ottenere suoni che si muovono nello spazio indipendentemente dal posizionamento delle fonti sonore, suoni che avvolgono, suoni che descrivono uno spazio, che si avvicinano e si allontanano, che scompaiono e ricompaiono in punti inaspettati.
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L’Acusmetria: il suono visibile
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Uno studio sulla forma del suono, o, per meglio dire, sulle forme che il suono ci fa immaginare ingannando il nostro sistema percettivo, è quello sull’Acusmetria. Il termine, coniato nel 2002 da Francesco Rampichini (docente ordinario presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano) dall’unione dei termini acustica e -metría6, nasce con l’intento di «definire univocamente un ambito di ricerca che investe settori eterogenei e differenti quali musica e semantica, multimedialità e architettura, psicoacustica e design»; una ricerca partita dagli studi di Rampichini, ma portata avanti e applicata nei laboratori da lui curati presso il Politecnico di Milano7. Come la geometria è la scienza che misura e regola le forme della terra (geo-metria), l’acusmetria è la disciplina che studia le forme che assume il suono, dette forme acusmetriche (abbreviate in AS, cioè Acousmetric Shape). Le AS sono oggetti sonori che possono indurre alla percezione di punti, linee e figure geometriche che si muovono nello spazio. Queste visioni sono indotte sfruttando una capacità che il nostro sistema percettivo utilizza molto spesso: la sinestesia8. «La sinestesia è il fenomeno per il quale la percezione di determinati stimoli è accompagnata da immagini proprie di un’altra modalità sensoriale», ovvero quando uno stimolo proveniente da un senso viene automaticamente e istintivamente associato a un’idea che appartiene a un altro senso, e le due impressioni si uniscono in un’unica idea. Sono ormai note le sinestesie nel campo della visione (per esempio forme associate a colori), mentre meno indagata è la relazione tra suono e forme o colori. Kandinskij9, ne Il linguaggio dei colori, affronta questa tematica, associando dei colori ai timbri di vari strumenti: così il violino nel registro grave è verde, la tromba è gialla, l’organo o il contrabbasso azzurri, e così via. «Le AS imitano il gesto compiuto per tracciare i loro omologhi grafici, affidando la permanenza dell’immagine alla ritenzione mnemonica piuttosto che ad un foglio o ad altra superficie fisica.»
Wassily Kandinsky, Contrasting Sounds Olio su cartone, 70x49,5 cm, Centre Georges Pompidou, Paris, 1924
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Suono e dimensione metafisica
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«Fin dai tempi più remoti l’uomo si è preoccupato dei mezzi per ottenere l’energia necessaria per vivere in comunione con l’assoluto. Senza dubbio ha intuito confusamente che fra questi i suoni erano i più sicuri». Le parole di Tomatis10, musicoterapeuta, sottolineano l’importanza che l’uomo ha sempre attribuito al mondo sonoro, visto come tramite per accedere ad una dimensione metafisica. Tomatis ritiene che non vi siano suoni sacri in sé, ma delle sonorità che, grazie alle loro qualità di emissione, generano un’energia sufficiente perché il cervello possa sostenere una dinamica metafisica. Il suono diventa quindi una fonte di energia. Le sonorità più “ricaricanti” sono quelle la cui struttura frequenziale va da 1000 a 10.000 hertz e oltre. Questi suoni si posizionano nella zona degli acuti. Le sonorità comprese fra i 300 e i 1000 hertz costituiscono la fascia dei medi, mentre al di sotto dei 300 hertz siamo nella banda dei suoni gravi. Secondo Tomatis, dunque, i suoni acuti provocherebbero una dinamizzazione dell’attività cerebrale11. L’aumento di energia a livello del sistema nervoso permette all’orecchio12 di aprirsi completamente all’ascolto. Quando l’orecchio si apre, tutto il corpo diventa ricettivo, soprattutto il rivestimento cutaneo, la pelle. I suoni acuti stimolano anche la verticalità, che è la postura che permette un assorbimento maggiore di informazioni ed assicura la tonicità necessaria per mantenere un livello alto di ascolto. L’ascolto, che riguarda tutto il corpo, è quindi il presupposto per avvicinarsi alla dimensione metafisica. Attraverso un’analisi degli spettri sonori delle preghiere delle più diffuse religioni del mondo, Tomatis rileva che tutte sono accomunate da una ricchezza di suoni acuti. Tra tutti, il canto gregoriano sembra avere quelle caratteristiche (oltre l’altezza dei suoni, ha un fraseggio che sembra obbedire ai ritmi cardiaci e respiratori) che permettono al credente di creare le condizioni più favorevoli per un’apertura al divino.
Ascolto n.2 Canto gregoriano dei monaci dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes, Agnus Dei
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Suono e architettura Il suono è inseparabile dall’architettura, e viceversa.
(Alfred Tomatis)
L’architettura può essere udita?13 La maggior parte delle persone risponderebbe di no, perché l’architettura non produce suoni. Ma non può neppure emettere luce, eppure la vediamo, o meglio vediamo la luce che riflette e in tal modo ci facciamo un’idea di com’è fatta. Così udiamo i suoni che l’architettura rimanda e questi ci danno una impressione delle sue forme e materiali. Ambienti che hanno forma e materiali diversi riverberano in modo differente. Siamo raramente coscienti dei suoni che ci raggiungono. Di quel che stiamo osservando riceviamo un’impressione globale e non pensiamo a come i vari sensi contribuiscono a crearla. Per esempio se diciamo di un ambiente che è freddo e formale, raramente intendiamo dire che in esso la temperatura è bassa. La nostra reazione probabilmente deriva da un’antipatia naturale per le forme e i materiali dell’ambiente: in altre parole da qualcosa che sentiamo (feel). Se sono freddi i colori, si tratta di qualcosa che vediamo. Oppure nell’ambiente, acusticamente duro, i suoni, specialmente quelli alti, riverberano: è qualcosa che ascoltiamo (hear). Se la stessa stanza viene tinta con colori caldi o rivestita con drappi in modo da ammorbidirne l’acustica, ci sentiremmo in essa caldi e comodi pur se la temperatura è rimasta la stessa. Nell’antichità, il legame tra architettura e suono era di fondamentale importanza, soprattutto per quanto riguarda la progettazione delle chiese. Il culto richiedeva edifici molto ampi e di struttura massiccia, che però dovevano permettere anche di far arrivare le parole del sacerdote a tutti i fedeli, anche senza amplificazione. L’acustica, dunque, era attentamente calibrata in modo tale da rafforzare la voce del sacerdote. In Planning for Good Acoustics, Hope Bagenal spiega che quando il sacerdote arringava i fedeli non poteva usare il tono normale di voce. Ogni sillaba, ogni parola, se la pronunciava abbastanza forte da essere udita in tutta la chiesa, riverberava così a lungo da sovrapporsi alle altre, rendendo il sermone un confuso guazzabuglio privo di senso. Doveva perciò parlare in modo più ritmico, recitato o intonato. Nelle grandi chiese con una notevole riverberazione c’è spesso una “nota simpatetica”, cioè “un campo
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L’architettura diventa cassa di risonanza per le celebrazioni liturgiche. Cupola della Basilica di San Pietro in Vaticano, Città del Vaticano
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di tonalità il cui tono viene rinforzato”. Se il sacerdote parla con una tonalità vicina alla nota simpatetica della chiesa (secondo Hope Bagenal di solito un ‘la’ o un ‘la bemolle’), le sonore vocali latine arrivano piene all’intera congregazione. Preghiere in latino e salmi dell’Antico Testamento venivano intonati in un ritmo lento e solenne, accuratamente adattati al tempo di riverberazione. Il testo diventava un canto, che viveva nella chiesa e trasformava il grande edificio in un’esperienza musicale atta a catturare l’anima dei fedeli, come nel caso dei canti gregoriani, composti specificamente per l’antica basilica di S. Pietro a Roma. Dopo la Riforma dovette essere modificata l’acustica delle chiese, per adattarle alla nuova religione in cui il pregare nel linguaggio nativo svolgeva un ruolo assai importante. Le volte (soprattutto quelle a cupola sono potenti riverberatori) vengono sostituite da soffitti piani e le pareti di pietra da rivestimenti in legno, riducendo drasticamente il tempo di riverberazione a 2 secondi e mezzo contro gli 6-8 secondi delle chiese medievali. Le nuove condizioni resero possibile lo sviluppo di una musica più complessa di quella godibile nelle chiese precedenti. Per esempio, le armonie con numerosi contrappunti di Bach, che sarebbero andate perdute nelle vaste basiliche, venivano invece eseguite con successo nelle nuove chiese. Col passare del tempo, assume sempre più importanza lo stile dell’architettura a prescindere dagli aspetti acustici: nei revival classico e gotico, a cavallo fra ‘800 e ‘900, l’esterno delle chiese è una copia corretta di prototipi classici o gotici, ma gli interni non sono progettati per dei tipi definiti di musica o di oratorio. Anche nei nuovi teatri il soffitto piano viene abbandonato per soffitti leggermente a cupola, che creano condizioni acustiche incontrollabili. L’indifferenza per gli effetti texturali va di pari passo con l’indifferenza per l’assobimento acustico. Anche le sale da concerto vengono progettate quasi casualmente, ma dato che i programmi offerti includevano ogni tipo di musica, senza riguardo per le loro specifiche esigenze acustiche, ciò risulta meno importante di quel che potrebbe sembrare. Oggi non c’è quasi mai interesse nel produrre ambienti con effetti acustici differenziati: tutti hanno la medesima sonorità, mentre gli esseri umani continuano ad amare la varietà, inclusa la quella dei suoni.
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L’acustica architettonica La disciplina che si occupa del benessere acustico degli ambienti architettonici è l’acustica architettonica. Oltre che gli edifici, gli studi dell’acustica architettonica riguardano anche le sale da concerto, i teatri, i cinematografi e tutti quegli ambienti in cui è necessario rendere più gradevole la riproduzione del suono e ottenere un buon ascolto in ogni punto dell’ambiente. Sostanzialmente questa disciplina si occupa del controllo della riverberazione, dell’isolamento acustico e della riduzione del rumore, della distribuzione e dell’ assorbimento del suono. La riverberazione, misura molto importante per ottenere una buona acustica ambientale, è la persistenza del suono in un ambiente chiuso dopo che la sorgente sonora ha cessato di irradiare, a causa della riflessione continuata del suono sulle pareti. Essa dipende dalle dimensioni e dalla forma dell’ambiente e dalla frequenza del suono. Un ambiente, dal punto di vista acustico, può essere riverberante o semiriverberante. Gli ambienti riverberanti sono delle sale appositamente costruite che hanno un coefficiente di assorbimento nullo e sono munite di schermi atti a rendere uniforme la distribuzione del suono nell’ambiente. Le pareti sono in grado di riflettere molto bene le onde sonore, quindi ad ogni riflessione le onde sonore subiscono perdite molto basse. Queste riflessioni producono una distribuzione di energia acustica uniforme cosicché in ogni punto della sala si ha l’impressione che il suono arrivi da tutte le direzioni. Normalmente sono camere di dimensioni non elevate e hanno la prerogativa di essere non regolari. Le camere di riverberazione vengono impiegate per misurare la potenza acustica complessiva sviluppata da un sistema, per determinare il coefficiente di riduzione del rumore, per controllare il rendimento di materiali e strutture fonoisolanti e per tarare microfoni. La maggior parte degli ambienti comuni, invece, sono di tipo semiriverberante. A differenza degli ambienti riverberanti, gli ambienti semiriverberanti assorbono parte delle onde emesse
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determinare il coefficiente di riduzione del rumore, per controllare il rendimento di materiali e strutture fonoisolanti e per tarare microfoni. La maggior parte degli ambienti comuni, invece, sono di tipo semiriverberante. A differenza degli ambienti riverberanti, gli ambienti semiriverberanti assorbono parte delle onde emesse dalla sorgente e di conseguenza si ha una perdita di energia. Il tempo di riverberazione T ad una data frequenza è il tempo necessario (in secondi) perché la pressione acustica scenda di 60 db dopo che la sorgente ha cessato di irradiare. Se il tempo di riverberazione è troppo corto, il suono può non essere abbastanza forte in tutto l’ambiente. Benché in teoria la massima intelligibilità si abbia con il minimo tempo di riverberazione, tempi di riverberazione troppo piccoli fanno diminuire l’intensità del suono nell’ambiente e quindi portano a scarsa intelligibilità. Se, invece, è troppo lungo, si avranno degli echi. I valori ottimali di TR dipendono ovviamente dalla destinazione d’uso di un ambiente. Quando è impossibile per ragioni economiche ridurre alla sorgente il rumore fino ad un livello accettabile, si ricorre all’isolamento acustico. L’isolamento si può ottenere sfruttando o l’assorbimento acustico o la riduzione della trasmissione acustica. Negli edifici, i rumori trasmessi via aria entrano attraverso aperture e fessure, porte o finestre poco ermetiche, prese d’aria e condotti di scarico d’aria. Ciò pone in vibrazione anche pannelli e pareti. I rumori trasmessi via aria possono essere ridotti interrompendo le loro vie di trasmissione, usando materiali assorbenti e circondando direttamente la sorgente con apparecchiature o protezioni che assorbano bene il suono (ad es. schermi sonori e silenziatori). I rumori prodotti dalle strutture sono vibrazioni di corpi elastici. Essi si propagano attraverso pareti, pavimenti, soffitti, colonne, travi, tubazioni, condotti ed altre strutture solide. Dato che la quantità di energia che essi trasportano è molto maggiore di quella dei rumori trasmessi via aria, questi rumori devono essere soppressi alla sorgente. Le loro vie di trasmissione devono essere interrotte inserendo giunti elastici, camere di espansione o trappole del rumore. Le
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Renzo Piano, Auditorium Parco della Musica, Roma, 1994-2002
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pareti devono presentare delle discontinuità ripiene di materiale assorbente. L’assorbimento del suono è un processo in cui l’energia acustica è trasformata in parte in calore (tramite l’attrito e la resistenza viscosa dei pori e delle fibre dei materiali acustici) e in parte in vibrazione meccanica dei materiali. Nelle sale e negli edifici i suoni indesiderati possono essere assorbiti con drappeggi, tappeti, assorbitori spaziali sospesi e pannelli assorbenti intercambiabili. Pannelli sottili con trappole d’aria dietro di essi sono usati per assorbire le basse frequenze. Risonatori di Helmholtz e assorbitori ad anello-risonatore sono dispositivi più efficaci per assorbire suoni che hanno le loro frequenze di risonanza. Il coefficiente di assorbimento del suono α di un materiale è definito come la frazione decimale dell’assorbimento perfetto del materiale stesso; ad esempio α = 0,6 significa un assorbimento del 60%. Esso esprime il rendimento di un materiale nell’assorbire energia acustica di una data frequenza e varia con l’angolo di incidenza e lo spessore del materiale. Il coefficiente medio di assorbimento del suono si determina facendo la media dei coefficienti di assorbimento su tutte le superfici assorbenti di un dato ambiente. Lo spazio aperto è a volte assunto come standard di coefficiente di assorbimento unitario. Il campo aperto, o spazio illimitato, può essere ricostruito nella camera anecoica. Una camera anecoica ( o camera sorda) è caratterizzata da cunei o lunghe piramidi molto assorbenti montate sulle pareti della camera per assorbire tutta l’energia acustica incidente. L’isolamento completo dal suono si può ottenere costruendo la camera anecoica con un pavimento sospeso appoggiato sopra un’altra camera su supporti antivibrazioni. In una camera anecoica si possono eseguire misure accurate e coerenti delle caratteristiche acustiche di strumenti, tarature assolute di microfoni e determinazioni della distribuzione della radiazione di altoparlanti. La distribuzione del suono dà la variazione del livello di pressione acustica in funzione della posizione in un dato ambiente chiuso. Per assicurare una crescita e una diminuzione graduale del suono, sale e edifici sono progettati in modo che il suono sia distribuito casualmente.
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Una sala acusticamente ben progettata, dunque, presenta una buona intelligibilità dei suoni di sufficiente intensità ( tempo di riverberazione ottimale), assenza di rumori estranei indesiderati (isolamento acustico e riduzione) e buona distribuzione del suono. Gli effetti indesiderati di cui bisogna curarsi sono: l’eco, un tremolio che si genera tra una coppia di pareti parallele opposte che siano lisce e molto riflettenti; la focalizzazione del suono, cioè la concentrazione del suono in un punto di un ambiente prodotta dalla riflessione delle onde sonore su superfici curve o circolari, che dà luogo ad una distribuzione ineguale del suono; gli angoli morti, cioè zone con deficienza di suono, causata dall’interferenza di due o più onde sonore; l’ ombra acustica, che si genera quando l’onda sonora incontra un ostacolo, le cui dimensioni sono paragonabili alla lunghezza d’onda dell’onda sonora e che diventa un’efficace barriera alla trasmissione del suono.
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Suono e paesaggio sonoro Un tempo la quiete era un articolo prezioso nel codice non scritto dei diritti dell’uomo. L’uomo si riservava, nella propria vita, degli spazi di quiete per ricostruire il proprio metabolismo spirituale. (R. M. Shafer) L’esperienza della Musicoterapia Umanistica ci insegna che il suono attraversa il nostro corpo e ci raggiunge anche dove non ci accorgiamo. Le onde sonore entrano in relazione col nostro corpo e lo mettono in risonanza. E’ proprio la risonanza corporea a favorire il passaggio delle emozioni. Gli stimoli sonori derivano perlopiù dall’ascolto del paesaggio sonoro, che a seconda delle caratteristiche condiziona le nostre percezioni e reazioni: «Si riceve un’impressione, si rimanda un’espressione»14. «Il paesaggio sonoro è un qualsiasi campo di studio acustico. Paesaggio sonoro può essere una composizione musicale, un programma radio o un ambiente acustico». Compito del designer acustico è prima di tutto l’attenta analisi del paesaggio sonoro. Analizzando un paesaggio sonoro occorre, per prima cosa, scoprirne le caratteristiche significative, i suoni particolarmente importanti per la loro individualità, la loro quantità o la loro presenza dominante. Le caratteristiche di un paesaggio sonoro si possono suddividere in toniche, segnali e impronte sonore. Tonica è un termine musicale, è la nota che identifica la chiave o la tonalità di una particolare composizione. E’ in riferimento a questa nota che ogni altro momento della composizione acquista il proprio particolare significato. Le toniche spesso non vengono ascoltate in modo cosciente, perchè sono sovrascoltate, ma non per questo devono essere trascurate, perchè tali suoni diventano delle abitudini di ascolto. Le toniche di una data località sono importanti, perchè ci aiutano a delineare il carattere degli uomini che vivono in essa. La tonica di un paesaggio sonoro è costituita sai suoni creati dalla sua geografia e dal suo clima: acqua, vento,
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Ascolto n.3 La natura come un’orchestra di percussioni: un temporale
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foreste, pianure, animali... Molti di questi suoni possiedono un valore e un significato archetipo. Possono essersi cioè impressi in modo così profondo nell’animo delle persone che li ascoltano, che una vita senza tali suoni potrebbe essere percepita come un evidente impoverimento. I segnali sono i suoni ascoltati consapevolmente. Qualunque suono può essere ascoltato consapevolmente e diventare quindi segnale, ma i segnali più importanti da analizzare sono quelli che svolgono una funzione di avvertimento acustico, quei segnali che devono essere ascoltati: campane, fischi, clacson, sirene... I suoni-segnale sono spesso strutturati in codici, che permettono la trasmissione di particolari messaggi. L’impronta sonora è un suono comunitario che possiede caratteristiche di unicità oppure qualità tali da fargli attribuire, da parte di una determinata comunità, valore e considerazione particolari. Una volta identificata, un’impronta sonora deve venire protetta, perchè la sua esistenza conferisce un carattere di unicità alla vita di una comunità. Nell’analizzare il paesaggio sonoro, Schafer fa una distinzione tra paesaggio rurale e paesaggio industriale. Il primo è detto anche hi-fi, il secondo lo-fi. Il paesaggio sonoro hi-fi è quello in cui il basso livello di rumore ambientale permette di udire con chiarezza i singoli suoni in maniera discreta. In genere, la campagna è un ambiente a maggiore alta-fedeltà rispetto alla città: i suoni si sovrappongono con minore frequenza; esiste la prospettiva, c’è un primo piano e c’è uno sfondo; la calma del luogo permette un ascolto a maggiore distanza, nello stesso modo in cui in un paesaggio rurale è possibile una visione a largo raggio. In questa atmosfera silenziosa, l’orecchio umano è molto sensibile, perchè anche il più trascurabile disturbo può comunicare un’informazione importante o d’interesse vitale. In un paesaggio sonoro lo-fi i singoli segnali acustici si perdono all’interno di una sovrabbondante presenza sonora. Un suono limpido, come un passo nella neve o la campana d’una chiesa nella valle, scompare, come mascherato15, in un generico rumore a banda larga. La prospettiva, dunque, non esiste più e i suoni, per essere uditi, devo essere amplificati. Il
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paesaggio lo-fi è quello della città ed è legato alla nascita della rivoluzione industriale ed elettrica. Oggi il mondo soffre di una sovrabbondanza di suoni: vi è troppa informazione acustica, cosicché soltanto una piccola parte di questa può essere percepita con chiarezza. Il paesaggio sonoro coinvolge profondamente l’uomo, che cerca di unirsi ad esso imitandone gli elementi che lo compongono, quindi attraverso l’onomatopea, che è la prima forma di linguaggio usata dall’uomo. Ma il paesaggio sonoro è troppo complesso perchè gli uomini possano riprodurlo. «E’ solo attraverso la musica che l’uomo può trovare la genuina armonia tra il proprio mondo interiore e il mondo esterno a lui. E sarà nella musica che l’uomo creerà i modelli più perfetti di quel paesaggio sonoro ideale che vive nella sua immaginazione.»
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... Musica
I suoni musicali L’uso vuole che vi siano due gruppi di suoni, i rumori e i suoni musicali, distinzione ormai quasi superata oggi. In passato, venivano quindi distinti i suoni le cui caratteristiche tonali erano mal definite da quelli che, invece, si identificavano con dati precisi in fatto di altezza, ricchezza armonica e timbro. I primi erano i rumori, gli altri i suoni musicali. Una nuova categoria è apparsa quando l’elettronica ha introdotto quelli che convenzionalmente sono chiamati “suoni puri”. Costituiti da una sola vibrazione, questi suoni, in realtà, sono privi di armoniche. Nei suoni musicali la pressione dell’aria cresce e decresce quasi periodicamente in funzione del tempo e che hanno un’altezza che corrisponde alla frequenza di questo andamento quasi periodico della pressione dell’aria. Essi, quindi, sono detti periodici e sono costituiti da molte componenti di frequenza, dette parziali o armonici, aventi frequenze multiple di una frequenza detta fondamentale. Un suono è caratterizzato dall’altezza, dall’intensità, e dal timbro. L’altezza1 dipende dalla frequenza delle vibrazioni e cresce con essa. I suoni udibili vanno dai gravi agli acuti, partendo da 16 Hz per arrivare a 16.000 nei soggetti comuni, oltre 25.000 nei soggetti particolarmente dotati di un buon udito. L’estensione compresa tra 16 e 16.000 Hz è detta spettro udibile. L’orecchio normalmente riesce a distinguere due suoni quando la differenza tra le loro frequenze è maggiore o uguale a 3 Hz. L’intensità2 si considera sotto due aspetti: l’intensità oggettiva, che è proporzionale al quadrato dell’ampiezza delle vibrazioni, e l’intensità soggettiva, che è quella con cui il suono è percepito dall’orecchio. L’intensità è tanto maggiore quanto più grande è l’ampiezza dell’onda. L’intensità soggettiva va dai suoni appena percettibili fino ai suoni così forti da essere dolorosi. Questa non è un parametro oggettivo, ma varia in funzione dell’aumento o della diminuzione dell’eccitazione provocata. A livello fisiologico questo comportamento si spiega attraverso il fenomeno dell’ abituazione. «Essa si manifesta con una diminuzione relativamente rapida dello stimolo eccitatore. In altri termini, se ogni nuovo messaggio sensoriale provoca un aumento dell’attivazione, la sua ripetizione provoca un rapido ritorno allo stato precedente
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Ascolto n.4 Il didjeridoo, uno strumento dai sonori armonici
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in modo che, in pratica, un gran numero di messaggi sensoriali che ci provengono dal mondo esterno non alza il livello di vigilanza»3. Il timbro4 dipende dalle armoniche che accompagnano il suono fondamentale. La quantità delle armoniche e le loro rispettive ampiezze determinano la forma dell’onda, e quindi il timbro. Il timbro ci permette di distinguere la fonte sonora; per esempio è ciò che, quando ascoltiamo un cd, ci permette di distinguere un pianoforte da un violino anche se non vediamo direttamente lo strumento.
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La musica La musica è l’organizzazione di suoni in strutture codificate dalla mente umana. Essa risponde all’esigenza di comunicazione attraverso una via che tocchi la sfera più intima dell’uomo, permettendo così un dialogo dove la parola perde la sua importanza fonetica per acquisire un’espressività sonora. Quando il suono conduce il gioco esso permette, a seconda delle sue molteplici combinazioni, di entrare e uscire da stadi emotivi, psicologici e fisici differenti. La musica è una forma già elaborata di suono, dunque, e la sua struttura è composta da movimenti vibratori che racchiudono in sé strutture ritmiche e rapporti armonici che sono presenti nell’espressione sonora non solo dell’uomo, ma anche della natura. Se si volesse definire che differenza c’è tra suono naturale e musica potremmo dire che il suono naturale è l’espressione naturale del pianeta sotto i suoi molteplici aspetti, mentre la musica è la rappresentazione umana di quello che esiste già in natura, cioè l’interpretazione della natura stessa.
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Musica “assoluta” e musica “a programma”
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Quando, con la rivoluzione industriale, i suoni urbani hanno cominciato a sovrastare i suoni della natura e i suoni degli strumenti musicali, è nato il bisogno di creare degli ambienti chiusi dedicati all’ascolto della musica. Prima la musica derivava da un’interazione dinamica con il paesaggio sonoro circostante ed era una sua interpretazione; in seguito, è diventata una costruzione “a programma” che puntava a imitare l’ambiente naturale e a ricordarlo, perché ormai lontano dalla vita cittadina. La musica, come interazione dinamica con la natura, si può ancora trovare in quelle popolazioni in cui la rivoluzione industriale non ha avuto luogo e che vivono a uno stadio che noi chiamiamo “primitivo”. La musica di questi popoli è spesso improvvisata ed è fatta perlopiù di ritmi e non di melodie, forse perché è pensata per interagire con l’ambiente circostante e non per sovrapporsi ad esso. Suonano una musica che risuona con il paesaggio sonoro, che nasce da esso per amplificarlo o esorcizzarlo. La musica da sala da concerto, invece, non deve interagire con un ambiente sonoro, ma deve creare un ambiente sonoro, che all’inizio ricordava il paesaggio naturale, mentre ora, nell’era delle macchine e dell’elettronica, tende sempre più a ricreare i rumori della nostra civiltà (nasce la musica elettronica, per riprodurre artificialmente la complessità dei suoni e rumori dell’era contemporanea). La musica “a programma”, dunque, è un racconto che ci porta in una dimensione “altra”, che possibilmente ci allontani dalla nostra vita quotidiana. Che non ci faccia vivere, quindi, hic et nunc, ma ci mandi in un “altrove atemporale” nel quale vogliamo immergerci per dimenticare per qualche istante la nostra condizione di vita quotidiana, dalla quale spesso vogliamo evadere. Spesso, però, la musica che ascoltiamo muove solo alcune corde di noi, sentiamo che non ci appartiene veramente, quindi veniamo attratti da tanti tipi di musica alla ricerca della “nostra” musica. Finchè, però, resteremo nel nostro studio ad ascoltare musica fatta da altri, da persone molto lontane da noi e non ci accorgiamo che dentro di noi c’è una musica da
Performance di una Gamelan Jegog, composta da soli strumenti in bamb첫, a Bali
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scoprire e da sperimentare, non capiremo mai qual è la “nostra” musica. A. K. Coomaraswamy, scrittore anglo-indiano che si è dedicato molto a saggi sulle arti, affermò che non è l’artista a essere un genere particolare di uomo; ogni uomo, al contrario, è un genere particolare di artista. Se intendiamo l’artista come colui che assorbe il mondo attraverso i suoi sensi e rimanda all’esterno un messaggio con l’interpretazione di ciò che ha assorbito, allora tutti possiamo ritenerci tali. La musica, come forma artistica, è forse quella più vicina a noi, perché è qualcosa che abbiamo già dentro, bisogna solo ritrovarla e metterci in armonica relazione con essa; è molto importante conoscere il ritmo del nostro corpo fisico e spirituale, poichè esso determina la sintonia con gli eventi interni ed esterni a noi. Quando parliamo di persone che hanno la musica o la danza “nel sangue”… di solito ci riferiamo a quelle popolazioni che tramandano per tradizione (di solito avviene per trasmissione orale) una cultura musicale, come i popoli africani o latinoamericani; quella che tramandano non è una musica, ma è la loro musica, quella musica che scaturisce dallo stretto contatto con l’ambiente sonoro naturale, di cui sono letteralmente impregnati; quindi è semplicemente la risposta alle stimolazioni sensoriali offerte dal mondo circostante. Ad esempio, R.M. Shafer, ne Il paesaggio sonoro, racconta che «a Bali non esistono musicisti professionisti: delle orchestre fanno parte tutte le persone valide della comunità, che dopo la loro giornata lavorativa si radunano per suonare insieme fino a notte inoltrata». Questo particolare tipo di orchestra, diffusa in molte parti del mondo, è detta Gamelan ed è composta esclusivamente da percussioni e flauti. Quella di questi popoli non è, dunque, una musica che si impara ma è una musica che fa parte dell’uomo che vive pienamente l’hic et nunc, che è immerso nella propria realtà; chiunque quindi può eseguirla e danzare ai suoi ritmi. Così come la musica, anche la danza sarà una sola, perché diretta conseguenza di un
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determinato suono e ritmo. Danzare, in questo caso, non è eseguire o interpretare, ma vivere con tutto il corpo la musica, è essere nella musica. E’ nell’unità tra musica e movimento, tra suono e corpo, che si può ritrovare l’ebbrezza dell’unità tra corpo e spirito5, un’unità che chi è sempre vissuto lontano dai ritmi naturali fatica a trovare o forse non ha mai cercato.
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Musica e antropologia Nella cultura occidentale, siamo abituati a considerare la musica come un insieme di suoni organizzati secondo un insieme complesso di regole e strutture, conoscenze perlopiù dominate da persone che si dice siano dotate di un’intelligenza e capacità musicali fuori dal comune. Fermarsi a considerare la musica solo secondo l’aspetto della sua complessità strutturale e delle regole che la governano è riduttivo. La musica, infatti, è troppo profondamente legata ai sentimenti e alle esperienze dell’uomo in quanto essere sociale, e le sue strutture sono troppo spesso frutto di inconscia attività cerebrale, perchè essa possa essere soggetta a regole arbitrarie. L’antropologia musicale ci insegna che il fondamento di molti, se non tutti, processi essenziali della musica va ricercato nel corpo umano e nei sistemi d’interazione sociale dei corpi umani. Secondo questa teoria, non ha più senso la divisione accademica tra musica colta e musica popolare, perchè tutta la musica è popolare; la musica, quindi, si può differenziare per aspetti tecnici, ma non qualitativi (cioè di sensibilità). Ogni uomo, dunque, ha delle doti musicali innate e il fare musica fa parte del suo essere sociale. John Blacking, etnomusicologo, nel suo saggio Com’è musicale l’uomo? afferma: «C’è così tanta musica nel mondo, che è ragionevole supporre che essa, come il linguaggio e forse la religione, sia un tratto peculiare della specie umana. I fondamentali processi fisiologici e cognitivi che generano la composizione e l’esecuzione musicali potrebbero anche essere ereditari e, come tali, presenti in quasi tutti gli uomini. La comprensione di questi e altri processi implicati nella produzione della musica potrebbe provare che gli uomini sono delle creature potenzialmente più capaci di quanto la maggio parte della società permetta loro di essere. Questo non è un limite della cultura in quanto tale, ma dell’uomo, che confonde i mezzi della cultura con le sue finalità e perciò vive per essa piuttosto che per mezzo di essa». E’ interessante questa affermazione se pensiamo che la nostra società ci ritiene tutti in grado di ascoltare ed essere ricettivi verso quasi ogni tipo di musica (pensiamo a quanto la musica è utilizzata: nei film, alla tv, nei centri commerciali, ecc...) e quindi naturalmente
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Ascolto n. 5 L’uomo è creato per fare musica, anche solo attraverso il suo corpo Barbatuques, Barbapapa’s groove, Som do corpo 77
sensibili agli stati emotivi che creano le varie sonorità, mentre è ritenuto ancora elitario lo studio della musica e di uno strumento musicale, riservato a pochi. Secondo Blacking, sarebbe lo sviluppo tecnologico dell’Occidente ad aver creato un certo grado di esclusione sociale: «essere un ascoltatore passivo è il prezzo che alcuni devono pagare per appartenere ad una società superiore, la cui superiorità si basa sulle eccezionali capacità di una ristretta élite. Il livello tecnico di ciò che si definisce musicalità, di conseguenza, si innalza ed alcuni devono essere etichettati come non-musicali. E’ sulla base di questi principi che le attitudini musicali vengono stimolate o inibite in molte società industriali moderne». Principi, questi, diametralmente opposti alla concezione dei Venda, il popolo del Sudafrica al quale Blacking ha dedicato 2 anni di studi. Secondo i Venda ogni persona è capace di fare musica e il fine dell’esecuzione è quello di condividere un’esperienza sociale. La musica non è un fine, dunque, ma un mezzo per condividere delle esperienze con i propri simili. Ciò non vuol dire, però, che il desiderio di esprimere le proprie emozioni superi l’accuratezza nella tecnica e nella ricerca del suono, che rimangono sempre gli elementi principali per una buona esecuzione. La differenza tra la tecnica occidentale e quella dei Venda risiede fondamentalmente nella modalità di apprendimento della stessa. Mentre nella nostra società l’apprendimento avviene in modo meccanico, per i Venda è qualcosa di molto più fisico. Suonare significa esprimere un sentimento e per esprimerlo bisogna provarlo, psicologicamente e fisicamente. Per entrare nel giusto sentimento, o feeling, i Venda studiano come muovere il corpo in armonia con il suono dello strumento, con gli altri musicisti e i danzatori. Suonare lo strumento diventa quindi parte di un movimento complessivo del corpo, che permette di “sentire” la musica. Trovando l’esatto movimento si può risalire al giusto feeling. Secondo questa tecnica, suonare non può essere un’abilità riservata a pochi, ma una capacità che appartiene a tutti e che tutti sono in grado di esprimere. Blacking conclude il suo saggio con un pensiero sognante sul futuro: «Sapendone di più
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sulla complessità automatica del corpo umano, potremo provare in maniera definitiva che tutti gli uomini nascono con grandi potenzialità intellettuali, o almeno con un alto grado di competenza cognitiva, e che la fonte prima di creatività culturale è la coscienza che deriva dalla cooperazione sociale e dagli scambi d’amore».
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Musica e neuroscienze Il grande musicista Maurice Ravel, via via che la sua malattia al cervello avanzava, si diceva in grado di comporre la musica nella testa ma incapace di fissarla sulla carta. Altri provetti musicisti, nei casi raccontati dai neurologi, dopo un ictus invece percepiscono la musica come un orribile frastuono. Poi ci sono persone che, pur avendo un udito normale, non distinguono due note diverse, né riconoscono una melodia, per quanto familiare. Uno dei primi casi descritti, nel 1878, fu quello di un uomo che parlava del suono di un pianoforte come di «una nota musicale, più un tonfo sordo e rumore di fili metallici». Per anni i ricercatori non ci hanno creduto. Ora si sa che questa condizione esiste, si chiama amusia congenita e forse è ereditaria. E ci sono coloro che, privi di qualunque capacità intellettuale, hanno doti musicali fuori dal comune. Eddie per esempio, un ragazzino americano con grave ritardo fisico e mentale (descritto nel 1989 dallo psicologo Leon Miller), sapeva suonare alla perfezione il pianoforte e compiere variazioni su qualunque brano avesse appena ascoltato. Un po’ come Wolfgang Amadeus Mozart bambino. Questi casi clinici di pazienti, famosi e non, sembrano solo stranezze. In realtà, insieme alle più moderne tecniche di visualizzazione, lo studio di come il cervello ascolta, percepisce o crea una melodia, coinvolgendo tutte le più sofisticate funzioni cognitive, offre agli scienziati una miniera di informazioni. Charles Darwin riteneva che la musica dovesse avere un valore nell’evoluzione, mentre John Blacking, nel suo saggio del 1973 Com’è musicale l’uomo?, scriveva che la musica è «qualcosa che risiede nel corpo e attende di essere espresso e sviluppato», così come avviene per il linguaggio. Un’ipotesi che ha ripreso quota con gli ultimi studi. La musica sembrerebbe avere molto in comune proprio con il linguaggio. La tesi di Steven Mithen, archeologo inglese che ha scritto Il canto degli antenati, è che musica e linguaggio abbiano un’unica origine e si siano separati nel corso della storia evolutiva, mantenendo però molti tratti in comune. Ma perché è così piacevole ascoltare musica? Le emozioni che suscita, per la maggior parte delle persone, sono più intense di quelle provocate da qualsiasi forma d’arte. Robert
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Ascolto n.6 I suoni acuti del violino sono i pi첫 ricaricanti per il nostro cervello Mozart, Concerto per violino n.5 in LA maggiore Kv.219 (Anne-Sophie Mutter), Allegro Aperto 81
Zatorre, neuroscienziato e musicista, ha studiato con tecniche di neuroimmagine un’emozione molto caratteristica, quei brividi lungo la schiena che la bella musica talvolta fa provare. Che cosa succede nel cervello in questi momenti? «Negli studi svolti con la collega Anne Blood» dice Zatorre «abbiamo scoperto che la musica può attivare parti del cervello di solito associate a stimoli importanti dal punto di vista biologico, per esempio aree legate all’euforia e al piacere del cibo o a quello sessuale. La musica quindi sembra attivare circuiti neurali molto antichi, anche se nessuno sa perché». I bambini, come svariate ricerche hanno mostrato, nascono in qualche modo musicisti: sanno riconoscere note, accordi, scale diverse suonate a distanza di giorni. Segno che la capacità musicale è connaturata al cervello e non è solo questione di cultura. C’è un’altra questione che interessa la ricerca neuroscientifica. È vero che la musica è un’ottima ginnastica per il cervello? Quasi 15 anni fa due ricercatori si dissero convinti di aver scoperto quello che è poi stato definito l’effetto Mozart: subito dopo aver ascoltato una sonata del compositore, alcune persone sembravano in grado di svolgere meglio certi compiti cognitivi. La maggior parte dei ricercatori è oggi abbastanza scettica sull’esistenza di una specifica funzione della musica di Mozart, anche se nel frattempo questa scoperta è diventata talmente famosa che i cd del compositore hanno fatto la loro apparizione anche nei corsi preparto sperando di sviluppare l’intelligenza dei nascituri. Assai più verosimile che il fenomeno sia dovuto ad altri fattori, anche se alcuni studi continuano a trovare un effetto specifico per Mozart, addirittura sui topi, e non, per esempio, per Ludwig van Beethoven. «Probabilmente, come altre indagini hanno mostrato, l’effetto immediato era dovuto all’aumento della vigilanza. Ma altre ricerche alimentano la convinzione che effettivamente ci sia un effetto cognitivo più a lungo termine prodotto dall’insegnamento della musica» sostiene Luisa Lopez, neurofisiologa all’Università Tor Vergata di Roma e curatrice scientifica del progetto neuroscienze e
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musica della Fondazione Mariani di Milano. Uno studio di ricercatori canadesi pubblicato sulla rivista Brain mostra che i bambini di 4-6 anni, dopo un anno di lezioni di musica, eseguono alcuni test di memoria meglio dei coetanei che non hanno seguito corsi. Altri ricercatori hanno evidenziato che l’insegnamento musicale migliorerebbe le capacità nei test spaziali, linguistici e matematici nei bambini.
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Musica e architettura: due scienze affini
“L’architettura è la musica dello spazio”
(Eladio Dieste)
E la musica è l’architettura del tempo. Pur essendo differente il sistema di riferimento (per l’una lo spazio, per l’altra il tempo), si può dire che architettura e musica sono due scienze affini. Come l’architettura, tramite le sue leggi, ci mostra l’ordine nascosto dello spazio, così la musica, con i suoi ritmi e le sue modulazioni armoniche, ci mostra l’ordine nascosto del tempo. Lo studio dell’accostamento dei suoni nel tempo è alla base dell’armonia musicale e lo studio dell’accostamento della materia nello spazio è alla base dell’armonia architettonica. In entrambe, questi accostamenti sono guidati alla base da leggi matematiche. Gli studiosi vedici dell’antica India e i filosofi della scuola di Pitagora consideravano tutte le forme fisiche come manifestazioni del suono: per loro le proporzioni relative ai suoni musicali corrispondevano alle proporzioni fisiche delle forme naturali, forme che ricorrono anche nell’architettura umana. Queste proporzioni sono espresse numericamente dalla Sezione Aurea6. Questo numero, scoperto dall’osservazione delle forme naturali, fin dall’antichità è stato utilizzato nell’arte, nell’architettura, nella filosofia e nella musica. Come, per esempio, in un tempio greco il rapporto tra lunghezza e larghezza era di preferenza 1:0,618 e il timpano era costruito come un triangolo isoscele avente un angolo al vertice di 108°, così nella musica i rapporti tra gli intervalli sono dettati dalla stessa proporzione. Gli intervalli musicali, infatti, seguono la serie di Fibonacci7, in cui i rapporti tra i numeri danno la sezione aurea, come anche la serie delle armoniche8. Oltre l’armonia, che dà forma alla costruzione (sia musicale che architettonica), entrambe hanno una dinamica, data dal ritmo (anche la disposizione degli elementi in uno spazio dà un ritmo allo spazio), dai colori, dalle sfumature, dai crescendo e dai diminuendo, dagli accenti...
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Architettura e musica in una sola opera: Poème électronique. Le Corbusier, Iannis Xenakis, Edgar Varèse, Padiglione Philips Expo di Bruxelles, 1956-58 85
... Silenzio
Suono e silenzio “L’essenza della bellezza si apprezza appieno solo nei contrasti. Il suono di un orologio che batte l’ora esiste solo grazie al silenzio che l’ha preceduto. La musica è intessuta per metà di silenzi e per metà di suoni.” (Joe Simpson) Il suono senza il silenzio non avrebbe senso. Per parlare di suono, dunque, dobbiamo parlare anche di silenzio. Ma cos’è il silenzio? E’ il primo e l’ultimo suono di una composizione... E’ il suono che permane quando il suono udibile scompare... E’ la tensione tra due suoni uditi... E’ l’attesa prima dell’ascolto del suono e il suo ricordo… Dal punto di vista fisico, il silenzio può essere solo una definizione, non una realtà. Perché finché c’è materia (e aria) c’è vibrazione, quindi suono; allora anche se fossimo circondati dal nulla, udiremmo comunque i suoni del nostro corpo1. Dal punto di vista sensoriale, invece, possiamo definire il silenzio come il non udibile e il suono come l’udibile. Possiamo, quindi, pensare al silenzio come all’onda generata dalla materia in situazione di stasi (apparente); quando la materia riceve uno stimolo energetico che rompa questa stasi, l’onda “silenzio” si trasforma in onda “suono”, poiché la maggiore vibrazione del materiale produce un rumore udibile dai nostri orecchi. L’onda sonora, dunque, è sempre la stessa, ma silenziosa quando il materiale che la produce è a un basso livello energetico e sonora quando esso riceve energia. Appena ricevuto lo stimolo, la materia tende a tornare allo stato di equilibrio iniziale, quindi l’onda sonora si indebolisce fino a tornare allo stato di quiete iniziale. Il silenzio dunque è un suono o, per meglio dire, è potenzialmente qualunque suono (inteso come udibile).
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Anche un segno non sarebbe cosĂŹ forte se non ci fosse lo spazio vuoto intorno. Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attesa, tela naturale, 100 x 80 cm, 1960 89
Silenzio And in the naked light I saw ten thousand people maybe more people talking without speaking people hearing without listening people writing songs that voices never share no one dare, disturb the sound of silence Fools said I you do not know, silence like a cancer grows, hear my words that I might teach you take my arms that I might reach you but my words, like silent raindrops fell... and echoed the will of silence E nella luce pura vidi migliaia di persone, o forse più persone che parlavano senza emettere suoni persone che ascoltavano senza udire persone che scrivevano canzoni che le voci non avrebbero mai cantato e nessuno osava, disturbare il suono del silenzio “Stupidi” io dissi, “voi non sapete che il silenzio cresce come un cancro ascoltate le mie parole che io posso insegnarvi, aggrappatevi alle mie braccia che io posso raggiungervi” Ma le mie parole caddero come gocce di pioggia, e riecheggiarono, nei pozzi del silenzio (Sound of silence, Simon & Garfunkel, 1964)
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La canzone Sound of silence, come ci suggerisce la sonorità (onomatopeica) del titolo, parla di silenzio, un silenzio fatto di incomunicabilità, incomprensione, dispersione, morte. Un’idea di silenzio che dagli anni Sessanta a oggi non è mutata, perché appartiene pienamente alla visione occidentale del silenzio. Per l’uomo occidentale, infatti, il silenzio ha perlopiù un’accezione negativa. E’ vuoto, è mancanza, è assenza. Fare silenzio per noi significa interrompere qualcosa, privarsi di qualcosa: parola, musica, comunicazione. Abituati e sommersi dai rumori della civiltà, non riusciamo a sopportarne l’assenza, abbiamo paura dell’assenza di suono. Pensiamo per esempio ai locali pubblici: è molto difficile trovare oggi bar, pub, ristoranti, che non abbiano un sottofondo sonoro, a volte anche così forte da ricoprire e impedire ogni tipo di comunicazione verbale. Molte volte il suono ci protegge, ci rassicura, mentre il silenzio imbarazza, spoglia e facciamo di tutto per evitarlo. Il silenzio è sempre più perfetto della musica. Bisogna soltanto imparare ad ascoltarlo. Non arriviamo neanche ad immaginare quante cose ci sono nell’aria. Nessuno, normalmente, le vede. Le persone non ascoltano ciò che si trova nel silenzio che ci circonda (Arvo Paert)
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La fine del silenzio La fine del silenzio nella società occidentale è dovuta soprattutto alla perdita, da parte dell’uomo, della dimensione spirituale, quindi al progressivo allontanamento dalla natura, che da ente superiore diventa materia modellabile secondo le leggi umane. “L’ascolto del silenzio” – scrive E.Turri – “è stato dell’uomo religioso, timorato di Dio, com’era l’uomo del Medioevo, o di certe società che hanno basato la loro organizzazione nella ricerca del silenzio e nel dialogo con Dio (il caso delle società monastiche, come quelle brasiliane, o come quelle buddiste, che hanno costruito i loro centri monasteriali nei luoghi più appartati dell’Asia interna, sia pure lungo le grandi direttrici di comunicazione). Ma quando in Occidente, con i primi annunci della modernità, l’uomo si pone al centro del mondo, allora il suo rapporto con Dio e la natura cambia radicalmente. Egli in certo modo si contrappone alla natura e cerca in essa il segno confortante di sé, del suo potere, della sua autonomia, della sua centralità, in quanto imago Dei.” All’avvento della Modernità, Turri associa anche la comparsa dei rumori, frutto della crescita disarmonica dell’uomo rispetto alla natura. La perdita della dimensione spirituale come causa della scomparsa del silenzio è sottolineata anche da Shafer, secondo cui il rispetto del silenzio è venuto meno con gli ultimi mistici cristiani, quindi da quando ha cominciato a non essere più praticata la contemplazione: “recuperare il valore della contemplazione ci insegnerebbe a vedere nel silenzio una condizione positiva e felice in sé, come un grande e magnifico sfondo contro il quale le nostre azioni si stagliano e acquistano forma.” Questo atteggiamento nei confronti del silenzio è, invece, ben noto alle filosofie orientali, in particolare al Taoismo. Lao-Tse disse: “Abbandonate la fretta e l’attività. Chiudete la bocca. Soltanto allora potrete comprendere lo spirito del Tao.” In queste popolazioni, i momenti di quiete e di silenzio, vissuti anche in comunità, sono ancora oggi fonte di riequilibrio per il “metabolismo spirituale” dell’uomo.
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Tempio di Borobudur, isola di Java, Indonesia
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Il silenzio secondo John Cage
Materiali della musica sono il suono e il silenzio. Integrarli significa comporre.
(J. Cage)
Nel panorama musicale del Novecento, il personaggio che si distingue per le sue sperimentazioni sul suono e soprattutto sul silenzio è il musicista-compositore americano John Cage. Nel 1952, Cage presenta l’opera che egli stesso definisce la migliore tra le sue composizioni: 4’33’’. Una geniale intuizione che rivoluziona il concetto di ascolto musicale e che pone l’attenzione sul paesaggio sonoro. Un uomo in abito da concerto si siede allo sgabello del pianoforte e non fa nulla per 4’33’’, se non alzare un braccio al termine di ogni movimento della composizione (che era impostata come una sonata, quindi in tre movimenti). 4’33’’ di silenzio o, per meglio dire, di non suono, per porsi all’ascolto dei suoni dell’ambiente, che in questo modo diventa la partitura musicale, e i suoi suoni la musica stessa. Protagonisti, dunque, diventano i suoni della sala da concerto, con i suoi scricchiolii, i fruscii, i colpi di tosse e i bisbigli della gente. Durante il primo movimento della prima esecuzione assoluta di 4’33’’ si sentiva il vento che spirava, nel secondo la pioggia, e nel terzo il pubblico che parlottava o si alzava indignato per andarsene. Nel tentativo di fare silenzio, ci si rende conto che non basta non produrre suoni musicali per sentire il silenzio, perché ci sono una serie di altri suoni (i suoni ambientali appunto) che creano un rumore di sottofondo costante, che ci accompagna ogni secondo della nostra vita. L’intenzione di Cage era quella di sensibilizzare la gente all’ascolto anche di quei suoni che normalmente non notiamo, ma che invece fanno parte del nostro paesaggio sonoro quotidiano e possono avere anch’essi una valenza musicale. Questo atteggiamento verso i suoni e la musica è alla base delle composizioni di Cage, che tralascia la costruzione musicale basata sulla struttura armonica in favore di una struttura ritmica, intesa semplicemente come successione di durate, che potevano ospitare qualsiasi suono, convenzionalmente musicale e non, incluso il silenzio.
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Ascolto n.7 John Cage, Prelude For Meditation, 1944
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Questa poetica, unita a quella dell’imprevedibilità dei suoni, nasce dall’influenza delle filosofie orientali, in particolare dal pensiero indù e dal buddhismo Zen. Secondo la filosofia Zen, l’illuminazione giace in noi stessi e deve essere raggiunta tramite la meditazione, la quale è massimamente efficace se praticata “senza intenzione”. L’illuminazione può essere espressa solamente tramite il silenzio.
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Ascoltare il silenzio Il suono di una sola mano Il maestro del tempio Kennin era Mokurai, Tuono silenzioso. Aveva un piccolo protetto, un certo Toyo, un ragazzo appena dodicenne. Toyo vedeva che i discepoli più grandi andavano ogni mattina e ogni sera nella stanza del maestro per essere istruiti nel Sanzen o per avere privatamente qualche consiglio, e che il maestro dava loro dei koan per fermare le divagazioni della mente. Anche Toyo voleva fare il Sanzen. «Aspetta un poco» disse Mokurai «sei troppo giovane!» Ma poiché il piccolo insisteva, l’insegnante finì con l’acconsentire. Quella sera, all’ora prestabilita il piccolo Toyo si presentò alla porta della stanza Sanzen di Mokurai. Battè il gong per annunciarsi, fece tre rispettosi inchini prima di entrare, poi andò a sedersi in silenzio davanti al maestro. «Tu puoi sentire il suono di due mani quando battono l’una contro l’altra» disse Mokurai. «Ora mostrami il suono di una sola mano». Toyo fece un inchino e se ne andò nella sua stanza per riflettere su questo problema. Dalla sua finestra poteva sentire la musica delle geishe. «Ah, ho capito» proruppe. La sera dopo, quando il suo insegnante gli chiese di illustrargli il suono di una sola mano, Toyo cominciò a suonare la musica delle geishe. «No, no» disse Mokurai «questo non serve, questo non è il suono di una sola mano!» Temendo che quella musica potesse distrarlo, Toyo si trasferì in un luogo tranquillo. Riprese quindi a meditare. «Qual è il suono di una sola mano?». Per caso sentì gocciolare dell’acqua. «Sì, stavolta ci sono» pensò Toyo. Quando tornò davanti al suo insegnante, Toyo imitò il gocciolare dell’acqua. «Cos’è questo?» sorrise Mokurai. «Non è il suono di una sola mano, è il suono dell’acqua che gocciola! Prova ancora!». Invano Toyo meditò per sentire il suono di una sola mano. Sentì il respiro del vento, ma quel suono venne respinto. Sentì il grido del gufo, ma anche questo venne respinto. Nemmeno le locuste erano il suono di una sola mano. Più di dieci volte Toyo andò da Mokurai con suoni diversi. Ma erano tutti sbagliati. Per quasi un anno si domandò quale poteva essere il suono di una sola mano. Finalmente il piccolo Toyo entrò nella vera meditazione e superò tutti i suoni. «Non potevo mettere insieme nient’altro, così ho raggiunto il suono senza suono». Toyo aveva finalmente realizzato il suono di una sola mano. (101 storie Zen)
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Primo compito per un designer acustico (oltre che per un monaco Zen!) è quello di imparare ad ascoltare. Per farlo, la cosa più importante da fare all’inizio è imparare il rispetto del silenzio. Se ci ponessimo, dunque, in condizione di apertura verso il silenzio, forse scopriremmo una nuova dimensione, più meditativa, quella Shafer chiama ”ascolto limpido”. «L’essenza del suono la si percepisce sia nel movimento che nel silenzio, essa passa dall’esistenza alla non-esistenza. Quando non c’è suono, si dice che non lo si sente, ma questo non significa che l’ascolto abbia perso la propria capacità di essere “in ascolto”. In verità, quando non c’è suono, l’udito è ancor più all’erta.» (Kirpal Singh) L’”ascolto limpido”, secondo Shafer, si raggiunge attraverso lunghi esercizi di concentrazione e si applica soprattutto per ascoltare i suoni ambientali, in particolare in ambienti dove si possono trovare singolari impronte sonore (di solito sono ambienti hi-fi). Questo tipo di ascolto, però, è sperimentabile anche da tutti noi, per esempio quando ci troviamo in un luogo che riteniamo particolarmente interessante e vogliamo coglierne la bellezza in profondità (quindi non solo con la vista, ma anche con l’udito).
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S come silenzio Il suono più acuto prodotto dall’uomo è la sibilante “s”, che con gli armonici raggiunge i 6.000 Hz; ciò vuol dire che le cavità risonanti della testa, per produrre questo suono, producono 6.000 moti vibratori al secondo. Il timbro “S” è l’onomatopea che utilizziamo per chiedere “silenzio”. “SI” è la parola più acuta che pronunciamo, parola che ha valore di affermazione, che è inizio di “silenzio”. Dalla forma del serpente, il cui sibilo zittisce ogni altro verso per la paura che incute, nasce la forma scritta della “S”. L’antica sinuosità della S ritorna nel disegno della pausa da un quarto, sulle partiture. Ancora più deciso della S è il comando emesso con un’altra consonante molto acuta, la “Z”, nel deciso comando “zitti”. “Silenzio” indica il suono così acuto che, insinuandosi, sorpassa ogni altro suono, chiedendo la massima attenzione d’ascolto, quella propria del silenzio2.
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... Design acustico
Sentire la natura
La limonaia dell’Imperialino Campioni di suoni, registrati dall’ambiente naturale e poi rielaborati attraverso software informatici, si intessono con la natura per creare un organismo ibrido. Naturale e artificiale insieme per dare vita a nuove e suggestive dinamiche sonore. «Io disegno il suono e progetto la mia musica affinché diventi uno stimolo per le relazioni umane, questo significa progettare suono vivibile». (Lorenzo Brusci) Giardino Sonoro Sound and garden design Firenze, 2003
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Delfino
Frutti ideali
Parete sonora
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Installazioni sonore nella foresta di Sella Osservare, scoprire e costruire con gli elementi naturali. Sono queste le finalità delle installazioni di Arte Sella, esibizione internazionale di arte e natura. L’artista Yves Rousguisto riflette sugli infiniti suoni che offre la natura. Nel parco di Sella le sue installazioni sono dedicate alla ricerca dell’identità sonora del legno del parco. “...avvicinare l’invisibile benchè reale natura sonora delle cose.” (Yves Rousguisto) “Il nocciolo ben secco scelto per questa installazione ludica non ha finito la sua vita nel camino della Malga. Vi offre la sua melodia, come sotto una pioggia di piccoli sassi. Ascoltate…… Ricominciate …” (Yves Rousguisto) Yves Rousguisto Come una pioggia di piccoli sassi su 31 ceppi di legno Ceppi di legno di nocciolo secco e ghiaia Foresta di Sella, 2000
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“Questa sperimentazione contiene in se stessa la magia del tempo: seccandosi, ogni asse cambierà diapason così come colore e aspetto. Si deve accordare ai suoni delle assi lo stesso interesse concesso al loro aspetto usuale. Ascoltate, poi ritornate tra un anno e fate il paragone. Il suono si rivelerà dagli aspetti della materia invisibile all’occhio. Il colore delle foglie della foresta di Sella cambia in ogni stagione ma sarebbe insignificante pensare che anche la loro sonorità cambia con il tempo? Come si evolve l’identità sonora della foresta di Sella e di tutto ciò che ci vive, con le stagioni, con il tempo?” (Yves Rousguisto) Yves Rousguisto Les douze diapasons du mélèze (larice) 13 assi di larice, lunghezza m 2,08 spessore cm 5 Foresta di Sella, 2000
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Intallazioni sonore nella foresta di Hoscheid Ceppi e assi di legno usati come primitivi strumenti musicali, suonati dall’uomo e dalla natura. Will Menter Installazioni sonore in legno Hoscheid, Lussemburgo, 2003
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Choeur de la foret
Slylark marimba
Facing out
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Nubile Grande sfera in ferro con “campane tubolari” di alluminio che si possono muovere volontariamente, ma suonano anche alla minima brezza o all’oscillazione della grande sfera. “Un Nubile sonoro. Una possibilità.” (Jaume Plensa) Jaume Plensa Scultura in ferro e alluminio, cm 100x100x550 Perugia, 1999 Ora installata presso il Giardino Sonoro di Groppoli, Villa di Groppoli, Pistoia Installazione nel Giardino sonoro di Groppoli
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Giovanni Canale suona Nubile, accompagnato dal gankogui, al festival Perugia Classico, 1999
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Messaggio a una supernova Grandi piatti “turchi” sembrano essere in attesa di una brezza o una goccia d’acqua che li faccia vibrare e liberi la loro voce. Alzando e abbassando i sostegni si possono anche ottenere suggestivi effetti sonori. Sono stati usati come accompagnamento per diverse partiture musicali, in particolare per comcomposizioni del Mo Sulpizi, percussionista che in più occasioni ha collaborato con Marrocco per una sintesi tra scultura e musica. “...(Marrocco) ha pensato le sue opere non solo come oggetti da vedere ma adatti, con la loro voce, a narrare una storia musicale. Per me il fare musica è celebrazione di un rito per superare il quotidiano e io stesso cerco un tipo di “teatro” in cui siano gli strumenti a creare la scenografia dentro la quale agiscono i musicisti... Uno spazio di serenità possibile...” (Fernando Sulpizi) Armando Marrocco Strumento-scultura in ferro, cm 220x220x300, 9 piatti di diametro cm 100 Perugia, 1999 Ora installata presso il Giardino Sonoro di Groppoli, Villa di Groppoli, Pistoia
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Lucien Caselli suona Messaggio a una Supernova al festival Perugia Classico, 1999
Particolare dell’installazione nel Giardino sonoro di Groppoli
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All’ascolto del vento Strumenti del vento e del paesaggio sonoro naturale. La natura è un’arpa eolia, è uno strumento musicale i cui suoni sono a loro volta tasti di corde superiori dentro di noi. Novalis Luigi Berardi Conchiglia da abitare Spazio risonante per l’ascolto del paesaggio sonoro Arpe eoliche Bambù, legno, corde Grande muraglia cinese, Cina, 2000 Organo eolico Tubi in rame fessurati
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Conchiglia da abitare
Conchiglia da abitare
Arpe eoliche sulla grande muraglia cinese
Organo eolico
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Giocare col vento “Arrivare in un nuovo paese e guardarsi intorno passeggiando per le vie e le piazze, alzare gli occhi in alto a cercare un punto libero sopra le case, una torre, un campanile... Esporsi al vento, sentirlo in mezzo ai capelli e riconoscerlo. Riconoscere per strada quel vecchio nella persona giusta che sa dirti tutto sui venti della propria città e se a maggio ci sarà scirocco o tramontana. Il posto è stato trovato. Da qui si ha una visione delle cose che è la stessa degli uccelli che volano liberi sopra le nostre teste. Poi come un ragno da questo punto a quel punto laggiù in basso comincia a stendere una trama di lunghi fili di nylon. Invocando il vento aspetti che venga nella tua direzione per catturarlo nella ‘trappola’ che hai preparato. Ed ecco il momento magico: il vento, invisibile, attraversando i fili produrrà una vibrazione trasformandosi in suono, una musica che da sempre si ripete mai eguale e dalle orecchie ti scivola nell’anima, hai voglia di chiudere gli occhi per cercare di immaginare uno Spazio e un tempo senza inizio e senza fine.” (Mario Ciccioli) Mario Ciccioli Arpe eoliche
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Organi eolici Tubi sonori suonati dal vento. Zefiro è una struttura con in cima un braccio mobile che ruota a seconda del vento, direzionando i tubo sonoro in modo tale che venga posizionato sulla direzione del vento. L’aria, entrando nel tubo, genera un suono, come in un organo. Douglas Hollis Zefiro, all’interno di Sound Garden Installazione sonora Struttura in ferro Parco di Sand Point Magnunson, Seattle Wind Organ Organo eolico Tubi in alluminio anodizzato Berkeley CA, 1981 Zefiro, particolare
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Sound Garden
Wind Organ
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Canne al vento ... nel silenzio della notte le canne sussurrano la preghiera della terra che s’addormenta. Grazia Deledda_Canne al vento
Dal bambuseto nascono un organo eolico e tanti tamburi... Un semplice esempio per sperimentare come la materia sorda può diventare sonora. Come fessure diverse generano suoni diversi. Come il corpo umano sente non solo attraverso l’orecchio, ma con tutto il corpo. Come la vibrazione risuona nel nostro corpo e ci “accarezza” dall’interno. Come il nostro orecchio può diventare più sensibile al suono, perchè il suono si cerca, non è già dato. Come si può rimanere ore ad ascoltare il fruscio delle foglie dei bambù aspettando che arrivi il vento a suonare l’organo... Laura Turra Installazione ludico-pedagogica Canne di bambù Sinnos - Il Parco dei Suoni, Riola Sardo, Sardegna, 2007
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Ascolto a 30° Una seduta dove non ci si siede... Una panchina dove non ci si riposa... Uno sguardo sull’orizzonte che non si vede... Un silenzio che non è silenzio... Ascolta. Laura Turra Punto di sostegno per l’ascolto del paesaggio sonoro Lastra di acciaio 8mm Sinnos - Il Parco dei Suoni, Riola Sardo, Sardegna, 2007
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Casa dorata degli uccelli Un totem nel cuore della città , dove fermarsi ad ascoltare le preziose melodie che risuonano nella struttura dorata. Jaume Plensa Struttura in acciaio inossidabile Avenue des Champs-ÉlysÊes, Parigi, 1999
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Isola sana Le sonorità della Normandia direttamente nel centro di Parigi grazie ad una parabola. Bill Fontana Parabola installata sulle scogliere della Normandia e casse acustiche sull’Arco di Trionfo a Parigi Normandia - Parigi, 1994
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Sentire l’architettura
Jean-Marie Tjibaou Cultural Center Architetture come grandi arpe in balia del vento. Renzo Piano 10 padiglioni, H. m 20/28 Noumea (Nuova Caledonia), 1991-1998
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Wind Tower. Un’architettura che sente La torre della piazza del terminal della stazione di Yokohama, originariamente adibita alla ventilazione e alla fornitura idrica, è stata ricoperta da un cilindro ellittico di alluminio perforato alto 21 metri. Con il buio, la superficie sembra smaterializzarsi, riducendosi ad un reticolo che cattura e filtra le mutevoli condizioni dell’ambiente circostante dalla cui intersezione nasce l’immagine del luogo. La direzione e la velocità del vento insieme all’intensità sonora del traffico si trasformano in impulsi elettrici e in eteree architetture di luce. La torre è uno specchio immateriale dello spazio circostante, una costruzione effimera perchè in perenne mutamento. Toyo Ito & Associates Yokohama, Giappone, 1986
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La casa di acqua e vetro Un pavimento d’acqua e volumi di vetro per un ambiente dai suoni cristallini. Kengo Kuma Shizuoka, Giappone, 1995
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Corpo sonoro, padiglione della Svizzera Un corpo che risuona, un grande strumento percorribile. Un tessuto di travi lignee, tenute insieme dalla sola pressione, crea percorsi labirintici interrotti da cortili e spazi interni fra loro comunicanti. Una struttura che vive e si trasforma col mutare dello spazio circostante: le stagioni, il tempo atmosferico, il flusso dei visitatori... Concerti di suonatori di salterio tedesco e di fisarmonica contribuiscono ad arricchire il paesaggio sonoro dell’architettura. Peter Zumthor Expo Hannover, Germania, 2000
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PROMETEO Musical Space Lo spazio per ascoltare la musica concepito come parte stessa della composizione musicale. Stravolta la normale concezione di spazio teatrale con al centro i musicisti e intorno la platea, gli spettatori, veri protagonisti del concerto, sono seduti al centro, mentre i musicisti sono disposti su ballatoi che corrono lungo il perimetro della struttura. Renzo Piano Chiesa di S. Lorenzo, Venezia, 1983-1984
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Cilindro sonoro Uno spazio che assorbe i suoni del paesaggio sonoro circostante e li rimanda amplificati grazie a 24 altoparlanti posizionati tra un cilindro e l’altro. Come un grande orecchio, il Cilindro sonoro reagisce ai cambiamenti del suono, che muta fisicamente in base all’umidità, alla densità dell’aria e alla temperatura. Bernhard Leitner Diametro interno m10, H. m5 Parc de la Villette, Parigi, 1987
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Spazi vibranti Stretti tunnel tra pareti sinuose per sentire da vicino la materia e la sua risonanza. Suoni metallici, echi, vibrazioni. Richard Serra Lastre di acciaio cor-ten Guggenheim Museum, Bilbao, 1999
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Architettura romantica Un’architettura in balia del vento, che cambia le sue forme a seconda della brezza. Come colonna sonora tanti piccoli “sonagli�. Ettore Sottsass 43o Salone del mobile, Milano
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Cattedrale Vegetale Una cattedrale naturale, costruita con rami e ramoscelli, diventa un’architettura viva, i cui suoni cambiano a seconda delle stagioni, del tempo e degli animali che la abitano. Un giorno l’architettura collasserà , dando vita a nuovi suoni. Giuliano Mauri Colonne di rami intrecciati, H. m12, diametro m1 Arte Sella, Val di Sella, Trento, 2001
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Sound architecture Lastre d’ acciaio sospese al soffitto descrivono uno spazio labirintico vibrante. Il suono trasmesso attraverso gli altoparlanti attaccatti magneticamente alle lastre trasforma le latre metalliche in superfici risonanti. Lo spazio di 75 cm tra una lastra e l’altra è riempito dalle vibrazioni acustiche, creando uno spazio sonoro avvolgente. Bernhard Leitner Lastre di acciaio (125-150cm x 250cm, spessore 3mm) Klangkunstforum, Berlino, 1999
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Atlas Linz Un archivio di suoni, immagini e testi completamente dedicato a Linz. Un’analisi del soundscape della città. Una ricerca sul suono nel contesto di vita urbana, a partire da parametri architettonici e storici, raccogliendo anche i materiali visivi dagli archivi della città. Atlas Linz si propone come un luogo di consultazione scientifica (urbanisti, architetti, consulenti ambientali, storici...), ma anche come luogo di esplorazione. Durante il ‘Mese Europeo della Cultura 1998’ tenutosi a Linz nel mese di settembre, Atlas Linz si è trasformato in un’installazione negli spazi pubblici della città. Giardini Pensili Linz, 1998
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Sound frames Soundframes (cornici sonore) si articola in cinque stazioni di ascolto, ubicate in luoghi della città di Trieste scelti per le loro peculiarità acustiche. Nei luoghi, segnalati attraverso il pattern di un orecchio, il visitatore è stimolato a scoprire e interpretare il paesaggio sonoro da cui si trova circondato, ad individuarne il carattere e ad integrarsi con esso nell’ascolto. Suoni e rumori dei cinque punti d’ascolto sono stati raccolti dall’autore con una serie di registrazioni e poi spazializzati dal vivo con un sistema audio multicanale. Il pubblico, muovendosi nello spazio dell’evento, incontra delle vere e proprie ‘nuvole sonore’ ed è immerso in un campo acustico avvolgente, nel quale la sua presenza e addirittura la sua fisicità è determinante per l’esistenza e il significato di Soundframes. Alessandro Fogar Trieste, 2005
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Suggerimenti per l’ascolto Raggiungi il punto d’ascolto segnato nella mappa. Assumi una posizione comoda e rilassata. Evita stimoli visivi, se possibile chiudendo gli occhi. Ascolta in modo partecipe ed attento, cercando la bellezza in ciò che senti, anche se di primo acchito non la avverti. Evita di accostare qualsiasi tipo di linguaggio verbale al suono, per esempio associando pensieri o concetti ai suoni ascoltati. Apprezza le qualità spaziali del suono. Ascolta i suoni per quello che sono. Poni attenzione a come il paesaggio sonoro cambia nel tempo e nello spazio, per esempio utilizzando il percorso fino al punto di ascolto per apprezzare le peculiarità acustiche della zona. Pacifica la mente, calma i pensieri, controlla la respirazione. Considera il tempo che utilizzerai per ‘Soundframes’ come un’opportunità di crescita personale, di aumento della consapevolezza.
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Giocare col suono
Impianto Sonoro Scolpito L’arte e il suono delle sculture di Pinuccio Sciola proposti sotto forma di installazione interattiva, nella quale ogni visitatore diventa coautore della mostra. Sofisticati sensori installati nelle pietre colgono i movimenti del pubblico che, rielaborati da una rete di computer, vanno poi a modificare l’emissione del suono registrato delle pietre. I percorsi dei visitatori generano di volta in volta risposte differenti e irripetibili. Un’esperienza percettiva consapevole e inaspettata all’interno di un contesto pubblico, di fruizione quotidiana, come un momento di ascolto e di tempo ludico insieme. Bottega Bologna_Giardino Sonoro_Pinuccio Sciola Sound and garden design con le Pietre sonore di Pinuccio Sciola Villa delle rose, Bologna, 18 giugno-16luglio 2006
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Audio Groove Una foresta di immaginari “alberi” metallici che al passaggio del visitatore emette suoni e luci in armonia tra loro. Ogni asta, alla quale è collegato ad un sensore capacitivo, risponde agli impulsi tattili emettendo un suono; lo spazio sonoro cambia ad ogni contatto con le persone che percorrono l’installazione. A completare l’esperienza, un impianto di venti lampade (poste intorno all’installazione) cambiano posizione a seconda di come si muove il visitatore sulla piattaforma, disegnando linee che variano in tempo reale sul tappeto di luce dell’installazione. Christian Möller Installazione sonora interattiva Piattaforma in legno diametro m12, 56 barre d’acciaio H. m5,50 Spiral Art Center, Tokyo, 1997
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Tamburi a sud Quattro grandi tamburi diventano il punto d’incontro e d’interazione sonora e visiva con il visitatore. Su ogni tamburo è proiettato il palmo di una mano; battendo sul tamburo, abbastanza forte da creare un suono, l’immagine della mano si muove verso la direzione in cui è stato generato il suono. Un modo semplice per far suonare spontaneamente chiunque ed entrare inconsapevolmente in sintonia con il nostro ritmo e col ritmo della musica diffusa. Studio Azzurro Installazione video-audio
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Visualizing Sound Interpretare visivamente il suono. Aste di metallo elastico con terminazione “a sonaglio” che possono vibrare da sole oppure essere pizzicate dall’uomo. La vibrazine di un’asta produce la vibrazione di tutto il corpo sonoro. Harry Bertoia Sculture sonore
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Sound Playground Il parco giochi di una scuola elementare, ma sonoro. Un’occasione per i piÚ piccoli di familiarizzare spontaneamente con i fenomeni e le leggi del suono attraverso sculture-gioco: tavolo e sedie di bronzo pensati come tamburi per sperimentare il ritmo, tubi nascosti sottoterra per inviarsi messaggi da una parte all’altra del parco, parabole che focalizzano i suoni, campane eoliche... Sonic Architecture Parco giochi con sculture sonore ludico-pedagogiche Scuola elementare P.S. 23, Bronx, New York
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Bronze drum
Big Eyes-Big Ears
Parabolic Bench
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Suoni Mostra interattiva per rendere i bambini consapevoli del paesaggio sonoro che li circonda, esercitarli a distinguerne i suoni, a riconoscerli, sperimentare le emozioni che suscitano, privilegiando l’aspetto percettivo ed emozionale dell’esperienza. BDGS Architetti Associati per MUBA - Museo dei Bambini di Milano Mostra gioco per bambini Triennale di Milano, 2006
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Locandina
Il muro dei suoni e il bit byte beat
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Parco della scienza Il suono, le sue leggi fisiche e la sua percezione. Un parco interattivo, per piccoli e non, dove divertirsi a scoprire il fenomeno suono attraverso installazioni ludiche. Tobia Repossi e Modo Installazioni ludico-pedagogiche Mantova, 2002
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Voci d’aria
Parco della scienza di Mantova
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Gamelan sarda Sei lastre che, come “serpenti a sonagli”, si sollevano da terra attratte da una nuova musica... Una piccola orchestra di percussioni dove poter farsi trasportare dai ritmi e dalle sonorità degli strumenti più antichi... Un cerchio di intese legate da un grande tamburo centrale, punto di unione fisica tra i sei musicanti... Una comunicazione, intessuta da suoni, che vibra in profondità... Una partitura non scritta, per una musica che nasce dal sentire... Una musica universale, che cresce dentro di noi fin dalla nascita e attende solo di essere ascoltata... Laura Turra Installazione ludico-pedagogica Lastre di acciaio, strumenti in acciaio e pelle, basamento in cemento, tamburo centrale in legno. Sinnos - Il Parco dei Suoni, Riola Sardo, Sardegna, 2007
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Physical Music Strumenti insoliti modellati sul corpo umano per un contatto fisico con il suono e lo strumento musicale. Il corpo diventa parte stessa dello strumento. Una nuova performance che mette in gioco musica e danza unite in un solo gesto. La musica genera la danza e la danza genera la musica. Lelavision, di Ela Lamblin e Leah Mann Performance di danza, musica e sculture sonore Seattle, USA Violcano
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The Orbitone: cerchi di metallo fatti rimbalzare e roteare a ritmo delle acrobazie dei danzatori
Orbacles: sfere musicali suonate dall’interno, dalle sonorità gravi
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Rumitone: campane tubolari montate su una struttura rotante
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Rumitone
Longwave
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Wispern Piatti in bronzo, disposti in modo sparso nello spazio espositivo, sono tanti sonagli in attesa di far sentire la loro voce, percossi da un’occasionale goccia d’acqua che sussurra un suono. Su ogni piatto sono incise parole o frasi tratte dall’Inferno di William Blake. In attesa di una goccia che cade, fra le righe un invito ad ascoltare il silenzio. Jaume Plensa Piatti in bronzo, ciotole in rame, corda, acqua
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Il silenzio è un desiderio, un sogno, un’aspirazione, qualcosa di così sconosciuto e di così inaccessibile che possiamo solo immaginarlo. Spesso, parliamo del silenzio: una casa silenziosa, la quiete e il silenzio del paesaggio, il silenzio di un ospedale o di un tempio, il silenzio della notte, eccetera. Ma il silenzio non è reale in alcun caso. Il nostro silenzio è il rumore. Il rumore come unico ponte tra il suono e il silenzio, tra quello che conosciamo e ciò che desideriamo. Non appena tutto tace e diventa muto – allorché crediamo d’aver raggiunto il silenzio – scopriamo che qualcosa si interpone, qualcosa di così vicino e familiare come il nostro corpo. Il nostro corpo rumoroso. Per Blake un pensiero riempie l’immensità. Può darsi che un pensiero non sia che un altro rumore del nostro corpo e che il nostro corpo non sia che un altro rumore in più della vita. Invito ad ascoltare questi rumori. Invito ad immaginare il silenzio.
Jaume Plensa, 14 giugno 1997
Note 1. Suono e... Acustica La Tetraktýs è una figura derivata dalla rappresentazione dei primi quattro numeri naturali. Ogni numero è rappresentato come una serie di punti (corrispondenti al numero), giacenti su una su una linea orizzontale, a distanze costanti. Disponendo le linee così create una sopra l’altra secondo un ordine crescente, ne risulta la figura della Tetraktýs, assimilabile ad un triangolo equilatero (se si congiungono i punti esterni). 2 Nel 1722 pubblica il Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, in cui si prefiggeva lo scopo di fondare la teoria musicale sull’armonia e in particolare sulla nozione di accordo. 1
Il reciproco di T, 1/T, dà il numero di oscillazioni complete per secondo ed è chiamato frequenza f dell’onda sinusoidale: f = 1/T La frequenza viene misurata in Hertz, in onore del fisico Heinrich Hertz (18571894). 7 Due onde sinusoidali che abbiano stessa frequenza e ampiezza hanno fasi differenti quando toccano i punti di altezza massima e tagliano l’asse orizzontali a tempi diversi. 8 La scala dei dB è logaritmica: un rapporto di potenza uguale a 100 corrisponde a 20 dB, un rapporto di potenza uguale a 10 000 corrisponde a 40 dB. 6
P. Righini, Lessico di acustica, Padova, Zanibon, 1980. La musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti “regressivi” e aprire canali di comunicazione con l’obiettivo di attivare il processo di socializzazione. 11 Musicoterapeuta, musicista, fondatrice del modello di “Musicoterapia Umanistica”, docente presso il corso di Musicoterapia di Assisi e la Federazione Italiana Musicoterapeuti di Bergamo, autrice di Musicoterapia, arte della comunicazione. 12 La cassa armonica del pianoforte a mezza coda è una poderosa cassa di risonanza. È di importanza fondamentale servirsi di strumenti musicali acustici piuttosto che di apparecchiature elettroniche. Ciò che genera la risonanza è il vibrare delle onde sonore. Senza questo vibrare dal vivo non c’è il suono, non c’è il convibrare (la risonanza corporea), non è possibile rievocare la vita prima della nascita. L’utilizzo di apparecchiature elettroniche strutturate su bande sonore inevitabilmente ristrette genera reazioni del sistema nervoso neurovegetativo (che controlla fra l’altro battito cardiaco e pressione). Utilizzando la cassa armonica del pianoforte a mezza coda non si corrono pericoli di sorta perché gli strumenti acustici producono suoni ricchissimi di armonici. In questo modo non accadrà di stimolare parti del corpo ma saremo sempre in situazione di equilibrio. L’utilizzo della cassa armonica in musicoterapia umanistica avviene mediante l’improvvisazione clinica al pianoforte; ciò che accade dipende dal noi, dal dialogo non verbale fatto di ritmi, melodie, armonie guidate dalle posture, dal respiro, dagli sguardi ecc. del bambino (paziente). 13 Musicologo, musicoterapeuta e cardiologo, ha scritto La “lingua degli angeli”: 9
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Un’onda riflessa prende il nome di eco, se l’ostacolo è posto a più di 17 metri di distanza: si tratta infatti della distanza necessaria perché si possa riascoltare con chiarezza almeno una sillaba nell’intervallo di tempo 1/10 di secondo (in questo lasso di tempo l’onda sonora compie il percorso di andata e ritorno dall’ostacolo: 17 + 17 = 34 metri, cioè un decimo della velocità del suono nell’aria, che è pari a 340 m/s). In un intervallo di tempo inferiore a quello suddetto non si avrebbe l’eco, bensì il rimbombo o la riverberazione, fenomeni che danno luogo a suoni riflessi percepiti confusamente a causa della sovrapposizione delle onde sonore. Tutti i fenomeni di riflessione vanno attentamente valutati per il buon rendimento acustico di un ambiente destinato a esecuzioni musicali e sono oggetto di studio nell’acustica ambientale e architettonica. In determinate circostanze l’eco dimostra la relazione che intercorre tra frequenza e altezza. Il numero degli echi al secondo, infatti, determina la frequenza di un suono e la frequenza detta l’altezza del suono stesso. 4 Le note a bassa frequenza suonate assieme per essere consonanti devono essere più distanziate di quanto non dovrebbero esserlo le note ad alta frequenza. Per esempio, nella musica pianistica le note degli accordi in chiave di basso sono generalmente più distanziate di quelle degli accordi in chiave di violino. 5 Nel caso di un’onda sonora, la pressione dell’aria cresce e decresce periodicamente fra un massimo di pressione (P) e un minimo di pressione (-P), sopra e sotto la pressione media (J. R. Pierce, La scienza del suono, Zanichelli) 3
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introduzione all’ascolto della musica, Guerini e Associati, Milano, 1993. Ernst Chladni, giurista, musicista e fisico tedesco, contemporaneo di Mozart. Nel 1787 pubblica Entdeckungen über die Theorie des Klanges (Scoperte sulla teoria dei suoni), nel quale riporta i suoi studi su come rendere visibile ciò che veniva generato dalle onde acustiche. 15 La creazione delle figure è data dal fatto che, se un corpo sonoro viene messo in vibrazione, si creano sulla sua superficie delle zone di maggiore vibrazione, dette ventri, delimitate da zone in cui non c’è vibrazione, dette nodi. 16 Ernst Chladni, CYMATICS A Study of Wave Phenomena, Ed. MACROmedia. 17 Alfred Tomatis, Ascoltare l’universo. Dal Big Bang a Mozart, Baldini&Castoldi. Alfred Tomatis (Nizza 1920), otorinolaringoiatra e chirurgo, ha dedicato la sua vita alle ricerche sull’audizione, sul linguaggio e la comunicazione, evidenziando così la relazione esistente tra orecchio, linguaggio e psiche. Nel 1957 presenta il metodo audio-psico-fonologico o metodo Tomatis. II metodo Tomatis è una tecnica di stimolazione sonora e un intervento pedagogico col fine di migliorare il funzionamento dell’orecchio, la comunicazione verbale, il desiderio di comunicare e imparare, la consapevolezza dell’immagine corporea, il controllo audiovocale e quello motorio. Tomatis sostiene che la qualità del linguaggio dipende dalla qualità dell’ascolto e la qualità dell’ascolto dipende da profondi processi psichici. Infatti, nel caso in cui non ci siano problemi a livello fisiologico, il malfunzionamento dell’orecchio è dovuto a un rilassamento dei muscoli dell’orecchio medio causato da traumi emotivi o fisici, che hanno portato all’esclusione di alcune informazioni uditive al fine di proteggersi. Per aiutare l’orecchio umano a stabilire o ristabilire il suo pieno potenziale, Tomatis ha sviluppato un metodo di rieducazione all’ascolto, che utilizza musiche elaborate da un’apparecchiatura chiamata Orecchio Elettronico. 14
2. Suono e... Psicoacustica I padiglioni, oltre ad incanalare il suono, ci permettono di riconoscere l’elevazione di un suono, cioè di stabilire se un suono si trova davanti a noi, leggermente più in alto, oppure sopra la nostra testa. 2 Il condotto (o meato) uditivo esterno, comportandosi da risuonatore, rinforza le 1
frequenze attorno ai 3000 hertz (cioè alle 3000 vibrazioni complete al secondo), regione tonale che corrisponde a quella di massima sensibilità dell’udito umano. 3 La “Coclea”, per la sua forma, tende ad evitare interferenze tra le onde sonore. Similmente, se si accosta all’orecchio una conchiglia marina di un Nautilus, si sente la riproduzione delle onde del mare, perché i rumori dell’ambiente creano sincronie di risonanza del moto dell’aria contenuta nella conchiglia, generando oscillazioni ritmiche simili allo sciabordio delle onde marine. 4 La coclea è costruita sul rapporto della spirale logaritmica, cioè quella spirale generata dalla serie di Fibonacci, che riflette anche le proporzioni definite dalla Sezione Aurea. Questa forma si ritrova spesso in natura: tra gli animali (chiocciole, Nautilus...), nelle forme vegetali (cavolfiori spiralati...), nel cielo (galassie...). Anche in musica il circolo delle quinte è costruito su una spirale logaritmica, come anche la chiave di violino e quella di basso. Interessante è scoprire che diverse forme di vita traggono origine dalla spirale. L’uomo stesso, nella fase embrionale, assume la forma di una spirale. 5 Le vibrazioni della staffa determinano nel liquido perilinfatico delle onde che raggiungono ampiezza massima a distanza diversa dalla finestra ovale a seconda della loro frequenza. Si ha, cioè, che le alte frequenze (= onde corte) determinano delle onde che raggiungono il massimo della loro ampiezza vicino all’entrata della rampa vestibolare mentre le basse frequenze (= onde lunghe) ottengono lo stesso effetto soltanto in cima alla spirale. Acustica: dal greco akouo (udire) e ous (orecchio); -metría: dal greco metron (misura). 7 A partire dal 1999 ha tenuto, in collaborazione con E. Lariani e M. Maiocchi, corsi di comunicazione orientati all’elaborazione di prototipi multimediali con progettazione integrata forma/suono. Insieme hanno scritto Acusmetria. Il suono visibile, ed. Franco Angeli, Milano, 2004. 8 Sinestesìa: dal greco synaísthesis, composto di sýn (insieme) e aísthesis (sensazione). 9 Vasilij Kandinskij (1866- 1944), pittore russo; in più punti, all’interno dei suoi scritti teorici, tratta dei rapporti tra musica e immagine. 6
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Cfr. nota 1, 17. Tomatis fa notare che sulla membrana basilare le cellule del Corti sono maggiormente addensate nell’area responsiva alle alte frequenze che in quella responsiva alle basse frequenze. Per questo, le alte frequenze sono più ricaricanti che le basse frequenze. I suoni gravi, invece, mobilitano l’energia senza però contribuire alla ricarica corticale. Sono loro, ad esempio, che sollecitano un individuo a ballare, a entrare in trance... provocano quindi un coinvolgimento del corpo molto costoso sul piano energetico, ma non sono in grado di compensare la mancanza di stimolazione. La dinamizzazione apparente che provocano è in realtà un impoverimento energetico, perchè si rivolge più al corpo che al cervello. 12 In particolare, la stimolazione riguarda l’orecchio interno. Se l’orecchio non viene stimolato all’ascolto, la muscolatura dell’orecchio medio non riesce più ad assicurare l’apertura che permette ai suoni di accedere all’orecchio interno. Di conseguenza, il percorso dello stimolo attraverso le vie nervose verso il cervello diventa molto difficile, se non impossibile, perchè manca il passaggio. 10 11
Steen Eiler Rasmussen, Architettura come esperienza, Edizioni Pendragon, Bologna, 2006. 13
R. M. Shafer, Il paesaggio sonoro, Ed. Ricordi LIM, Milano, 1985. Nel 1894 Alfred Meyer osservò che un suono intenso di bassa frequenza può mascherare un suono debole di alta frequenza, ma non può avvenire il contrario. Se il suono a bassa frequenza è sufficientemente forte, può veramente disturbare la nostra percezione dei suoni ad alta frequenza. Il mascheramento può essere paragonato ad una difficoltà uditiva: in effetti, il mascherante (il suono che copre) alza la nostra soglia di udibilità, ovvero alza l’intensità che un suono deve avere per essere udibile. Questo fenomeno è dovuto a come le onde sonore attraversano la membrana basilare. Il punto di maggior eccitazione della membrana basilare per suoni a bassa frequenza si trova spostato verso l’estremità apicale della coclea, mentre quello per suoni ad alta frequenza si trova spostato verso la sua estremità basale. Quindi, nell’attraversare la membrana basilare, un’onda eccitata da un suono ad alta frequenza non raggiungerà il punto di maggiore eccitazione relativo a una frequenza bassa, mentre le onde generate da suoni a bassa frequenza devono 14 15
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attraversare tutti i punti relativi ai suoni di frequenza più alta. E’ naturale, quindi, che il passaggio delle onde generate da suoni a bassa frequenza possa interferire con la percezione dei suoni di frequenze più alte (La scienza del suono).
3. Suono e... Musica Funzione della frequenza dell’energia trasmessa: si misura in Hertz (Hz), cicli/ secondo. 2 Funzione dell’ ampiezza media della vibrazione trasmessa; si misura in Decibel (Db). 3 Michel Imberty, Suoni Emozioni Significati. Per una semantica psicologica della musica, a cura di L. Callegari e J. Tafuri, Ed. CLUEB, 1986, Bologna. Questo controllo, detto controllo della vigilanza, è attivato dalla formazione reticolare attivatrice, situata alla base della corteccia, costituita da parti delle strutture mesencefaliche e talamiche. 4 Difficile da definire con esattezza, in quanto é una qualità che dipende, oltre che dalle armoniche, da molte variabili: dal sistema emittente del suono, dalla sua ricezione sensoriale ed inoltre dall’ ambiente; quest’ ultimo può generare onde complesse a causa di echi, risonanze e battimenti. 1
Le esperienze orientali di ascesi ci insegnano questo principio dell’unità tra corpo e spirito. Per esempio, il suono sacro per eccellenza è l’”OM”, che, se ben eseguito, viene prodotto dalla vibrazione di tutto il corpo, che entra in armonia con il suono emesso dall’universo e permette quindi all’uomo di entrare in comunione con il cosmo. Attraverso questo tipo di meditazione, che dal corpo passa allo spirito, si può raggiungere l’ascesi. Nella religione zoroastriana, invece, i discepoli di Gialal al-Din Rumi entrano in una trance mistica cantando e roteando lentamente su se stessi. Queste danze rappresentano, secondo alcuni studiosi, il sistema solare e si rifanno, inoltre, ad una credenza mistica profondamente radicata, quella dell’esistenza di una musica extraterrestre, una Musica delle Sfere che può essere talora udita dalle anime in armonia con essa. 5
La Sezione Aurea (il cui valore è 0,618) fu studiata dai Pitagorici, i quali scoprirono che il lato del decagono regolare inscritto in una circonferenza di raggio r è la sezione aurea del raggio; costruirono anche il pentagono regolare intrecciato (ottenuto dal decagono regolare congiungendo un vertice si e uno no), o stella a 5 punte, che i Pitagorici chiamarono pentagramma, che considerarono simbolo dell’armonia ed assunsero come loro segno di riconoscimento. A questa figura è stata attribuita per millenni à un’importanza misteriosa probabilmente per la sua proprietà di generare la sezione aurea, da cui è nata. 7 Leonardo Pisano, detto Fibonacci (1175/1240) fece parte della cerchia dei dotti che gravitava attorno a alla corte di Federico II di Svevia. Egli introdusse in Europa i numeri e la matematica araba. 8 Nella successione di Fibonacci, ogni termine si ottiene dalla somma dei due precedenti. I primi elementi sono pertanto: 1,1,2,3,5,8,13,21,34,55,89,144 A partire da tale successione, se ne forma una di tipo frazionario, dalla quale emergono i seguenti rapporti: 1/1; 2/1; 3/2; 5/3; 8/5; 13/8; 21/13; 34/21; 55/34, 89/55; 144/89 ecc. i cui valori decimali approssimati sono: 1; 2; 1,5; 1, 666; 1,6; 1,625; 1,615; 1, 619; 1, 617; 1, 6181; 1, 6180 ecc. che corrispondono agli intervalli musicali: unisono=1 ottava=2 quinta=1,5 sesta maggiore=1,666 sesta minore=1,6 in cui gli ultimi sono complementari degli intervalli di terza minore e maggiore. Se poi applichiamo la serie di Fibonacci alle sovrarmoniche e alle sottoarmoniche di un suono di riferimento (ad es. il DO) avremo che i numeri in successione aurea 3, 5,e 8 superiori al suono dato corrispondono ai suoni MI, SOL e Do acuto e i numeri 3, 5 e 8 inferiori allo stesso suono corrispondono al LAb, FA e DO grave. Abbiamo quindi l’armonia maggiore e minore. 6
4. Suono e... Silenzio J. Cage racconta che quando ha provato l’esperienza della camera anecoica (una stanza, progettata per non far udire suoni esterni e per assorbire quelli interni, che dovrebbe creare una situazione di silenzio assoluto) dopo un’ora circa di silenzio ha cominciato ad avvertire due suoni: quello del suo sistema nervoso e quello dell’apparato circolatorio. 2 Giulia Cremaschi Trovesi, Musicoterapia, arte della comunicazione, Edizioni Scientifiche Magi, Roma, 1996. 1
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Grazie a tutti coloro che mi hanno dato fiducia e aiutata.... In particolare ringrazio: Giacomo Rizzi, Marco Casiraghi, Marco Picciau, Tobia Repossi, Ivo Zoncu, Alberto Loche, Pinuccio Sciola, Vittorio Liberti, mia madre, Daniele, Saul, Giovanni, Michela e Marisa, la musica di Yann Tiersen...