Lexicon n°14

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Fig. 10. Randazzo. Chiesa di Santa Maria, veduta dell’interno.

Fig. 11. Trecastagni. Chiesa madre, veduta dell’interno.

di una intera maglia strutturale reale o fittizia. Ciò vale innanzitutto per l’uso, fin dal tardo medioevo, di conci lavici a contrasto con superfici chiare nel comporre cantonali, grandi archi trasversali o costoloni nell’intradosso di volte a crociera, come si osserva nel castello di Milazzo e nella cappella del donjon di Adrano33. È solo nella seconda metà del XVI secolo che nel comprensorio etneo si intraprende l’utilizzo della pietra lavica per conformare veri e propri telai di ordini architettonici, con colonne e pilastri liberi in organismi basilicali e ritmiche sequenze di paraste su paramenti murari – interni ed esterni – intonacati a tinte chiare. I primi e più raffinati casi ancora oggi esistenti di tale applicazione negli interni si individuano nella chiesa madre di Randazzo e in quella di Trecastagni. La paternità di entrambi i progetti è stata attribuita ai carraresi Andrea e Lorenzo Calamecca34, la cui presenza nel cantiere di Randazzo è documentata nel 158935, spiegandosi per tal via l’apparente discendenza da modelli toscani delle due soluzioni. Nella chiesa di Randazzo la pietra basaltica è utilizzata per modellare colonne corinzie con dado36, archi e trabeazione nella navata principale, pilastri di ribattuta e altre membrature architettoniche nelle pareti delle navate laterali, creando un netto contrasto con le restanti superfici intonacate di bianco [fig. 10]. Una logica analoga mostra la soluzione adottata nella chiesa madre di Trecastagni, più austera, con pilastri pseudo-tuscanici in luogo delle colonne e tondi tra le membrature architettoniche [fig. 11]. Lo stesso tipo di abbinamento tra telai in pietra lavica e superfici intonacate trova poi un vasto campo di applicazione nell’impaginato degli esterni, dai campanili, ai chiostri, ai prospetti chiesastici. Il primo caso noto è l’articolato disegno realizzato nei primi due ordini del campanile della chiesa madre di Aci San Filippo nel 155837 [fig. 12]; mentre dà un’idea del prolungato e diffuso successo del tema, tra gli altri, il campanile della cattedrale di Lipari, della seconda metà del Settecento, ampliando il campo delle opzioni anche rispetto alla proposta cromatica38 [fig. 14]. Entro il 1610 si colloca poi il completamento del chiostro francescano a Randazzo, con portico su colonne e finestre a serliana in pietra lavica, e di alcuni decenni successivo è quello realizzato dallo stesso ordine a Trecastagni, dove il basalto riveste i


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