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Horror revival, per la supremazia del caos e dell’inconoscibile

Foto di Luna Totaro Fila Ravera

Qualsiasi lettore avrà provato, pur trovandosi circondato da scaffali ricolmi di libri, quella frustrante ed ostinata sensazione di non avere niente di degno da sfogliare. Si è in libreria e si inizia a leggiucchiare distrattamente quel che capita fra le mani mentre, senza accorgersene, ci si incunea in corridoi vuoti, tra i libri non inventariati e con addosso una copertina di polvere. Alla fine, se si ha dalla propria la disperazione più nera, il nostro girovagare ci condurrà là, dove il libraio non mette piede da che ne ha memoria: nella sezione “horror”. Proprio in quel frangente viene spontaneo chiedersi perché dei maestri indiscussi della letteratura, anche se dedicatisi ad un genere impopolare, finiscano col meritare meno attenzione del nuovo romanzo rosa da casalinga.

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di Marco Dubinii

Sarebbe stato più facile trovare l’ultimo numero di Hustler, piuttosto che un vero romanzo dell’orrore, tra quei tomi esposti in vetrina. E questo vale per qualsiasi libreria, da quella più grande alla bottega di paese. Ma, se in libreria è difficile conoscere davvero il valore della paura, al cinema la situazione è altrettanto tragica: purtroppo, al giorno d’oggi, il genere horror è vilipeso in ogni sua forma, letteraria o cinematografica che sia.

Possono sorgere spontanee delle obiezioni; ad uno sguardo superficiale parrebbe che scrittori e registi dediti a produzioni horrorifiche ottengano un riscontro favorevole da parte della critica. Ciò non è falso, ogni nuovo libro di Stephen King ottiene sempre un discreto successo e le serie pubblicate da Netflix con titoli alla “The haunting of …” si fanno strada nella classifica dei programmi più visti del giorno. Insomma, chi si avvicina solo ora a questo universo non dovrà faticare per trovare film o libri che lo inizino a questa realtà d’incubi. Purtroppo, però, quelli moderni sono dei pessimi maestri. La stragrande maggioranza di libri o film horror che, grazie ad eccellenti campagne di marketing, raggiungono il grande pubblico è degna soltanto di finire nella spazzatura. Si citi come esempio proprio Stephen King: ogni anno qualche casa editrice in Italia pubblica il suo ultimo libro ma si tratta ormai solo di uno spreco di carta. Le ultime opere di questo autore un tempo meritevole starebbero meglio in un cassetto di casa sua (se al lettore è capitato di leggere Gwendy’s Button Box capirà certo quel che intendo). È vero che in mezzo a tanto orrore si possono trovare delle gemme, ma queste ultime non riescono a brillare se sono in mezzo al fango e, a conti fatti, queste rappresentano una sparuta minoranza. Sfido chiunque a nominare per ogni filmaccio spaventoso uno che valga almeno la pena di essere guardato. Truth or Dare, Ouija, The Prodigy: questa roba ti fa venir voglia di estinzione e solo per pietà non procedo con l’elenco.

Ai più tutto questo apparirà insignificante; è logico pensare che sia stupido perdere attimi preziosi dietro a simili pochezze mentre il tempo fugge. Ogni minuto speso a leggere questo mio scritto qualcuno muore di stenti, qualcuno nasce predestinato alla miseria e si avvicina la catastrofe climatica. Di un genere minore dovrebbe fregare poco o niente ma, in questo specifico caso, è utile ragionare sull’argomento. L’horror, infatti, non è soltanto un genere letterario ma uno spietato strumento di critica sociale, strumento tanto efficace in quanto utilizza lo schifo, il terrore e lo spaesamento per inculcare nello spettatore l’insicurezza ed il dubbio.

Un vero horror è un colpo mortale al senso comune, quando sullo schermo vediamo il nostro prototipo di famiglia che cena allegramente in un soggiorno arredato con carne umana, le nostre certezze si rivelano un teatro artatamente costruito .

Il riferimento è a The Texas Chain Saw Massacre (1974). Il film è pieno di stoccate rivolte alla cosiddetta famiglia tradizionale e non solo a quella. Le immagini dei protagonisti appesi a ganci da macello e squartati sono estremamente potenti. Di sicuro il capolavoro di Tobe Hooper è tra le opere che riescono a trasmettere meglio l’agonia animale; il regista con lo strumento del-

lo splatter riesce a farci ripensare il modo in cui trattiamo le bestie. Il messaggio è trasmesso con una tale efficacia che, più o meno consapevolmente, questa narrativa è entrata a far parte della retorica animalista. Moltissimi gruppi di militanti per i diritti degli animali oggi mettono in scena il macellamento della carne impersonando mucche e maiali, sfruttando l’empatia che l’uomo prova per il suo simile a vantaggio della causa.

La violenza e gli sbudellamenti tipici dello splatter, però, non sono stati di certo utilizzati da un solo regista. Pioniere del sottogenere fu George Romero con il suo celeberrimo Night of the Living Dead (1968), che venne definito dalla critica come “una costante orgia di sadismo”. Nel primo capitolo della sua celebre saga Romero è tra i primi a portare lo zombie sul grande schermo, figura destinata a popolare negli anni successivi una miriade di fumetti, film, libri e videogiochi. Eppure, nonostante gli zombi siano diventati una celebrità grazie a serie come The Walking Dead (altra cafonata che insozza la fama della cinematografia horror) o titoli videoludici innumerevoli, i non morti hanno perso tutto il loro carisma. Mentre oggi gli zombi non sono altro che morti viventi o le vittime di un virus che ha tra i suoi sintomi il cannibalismo, agli esordi della loro carriera erano il simbolo della rivoluzione, di un ideale che nonostante fosse creduto morto è in realtà vivo e famelico. Nel peggiore dei casi, come nel Romero cinico di Dawn of the Dead, gli zombi rappresentano un’umanità che, nonostante viva e cammini, è in realtà morta e s’aggira senza meta in un centro commerciale come in un limbo dantesco. Lo zombie è passato dall’essere un sovvertitore dello status quo all’essere una comparsa in dei film da quattro soldi con storie d’amore imbarazzanti tra i protagonisti. In ambiente letterario, insieme a Mary Shelley con la sua creatura di Frankenstein, tra i primi ad introdurre lo zombie vi è Howard Phillips Lovecraft, prolifico scrittore di Providence e maestro indiscusso della letteratura horrorifica. Lovecraft introduce lo zombie nel racconto Herbert West, Reanimator, in cui un medico, che ritiene le conoscenze scientifiche sulla morte completamente errate, cerca una prova delle sue teorie resuscitando delle cavie decedute. Al di là dei morti viventi, questo racconto è emblematico per comprendere la produzione lovecraftiana: un mortale cerca di superare i confini del conoscibile con arroganza insultante per le divinità che governano l’universo, il suo destino è inevitabilmente quello di soccombere sotto la propria tracotanza cadendo nel baratro della follia. I protagonisti nei racconti del visionario dal New England, inoltre, sono spesso portati alla rovina dalla propria ambizione illimitata. Questo elemento, in realtà non tanto originale, è stato preso in prestito per la realizzazione di un cortometraggio, reperibile gratuitamente su YouTube, dal titolo: Sound from the Deep. Quest’opera, liberamente ispirata al racconto At the Mountains of Madness, racconta di una spedizione antartica a bordo di una nave oceanografica. Questa missione, il cui intento è quello di trovare depositi di idrocarburi nel sottosuolo tramite l’impiego di cannoni ad aria compressa, sveglia erroneamente una creatura che da innumerevoli eoni dormiva nelle recondite profondità oceaniche, scatenandone

la furia. Il valore di questo film nonostante la breve durata è innegabile e ancora più valida è la critica allo sconsiderato impiego di risorse che potrebbero avere conseguenze catastrofiche dall’esito imprevedibile. Va anche detto, però, che Lovecraft trascende il significato delle sue opere; i suoi racconti, abbelliti da una prosa aristocratica, appagano un bisogno primordiale di disordine che la moderna società iper-razionale castra. È proprio questa estetica grottesca che ha ispirato numerosi scrittori, registi e artisti i quali hanno voluto cimentarsi in opere che ricalcano i lavori del maestro ottenendo risultati sensazionali. Se lasciamo che anche l’horror diventi puramente commerciale si perderà uno strumento estremamente potente. Sembrerà esagerato dire che un film o un libro possano influenzare e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma si pensi al fenomeno noto come “effetto Werther” e si comprenderà quali risultati può avere un racconto, nonostante sia frutto di pura invenzione.

Una volta constatato tutto questo è lecito domandarsi cosa si può fare per arrestare e, possibilmente, invertire il declino del genere. La risposta è facilissima: bisogna boicottare qualsiasi produzione svilente ed esaltare tutto ciò che contribuisca positivamente ad arricchire il panorama dell’orrore.Certo, tutto questo ha alcune difficoltà. È inevitabile privarsi di una buona parte della produzione horrorifica moderna se si sceglie di selezionare soltanto opere di valore, ma fortunatamente il sacrificio non è tragico. Un’ovvia conseguenza sarà una maggiore difficoltà nel reperire nuove suggestioni, ma al verificarsi di tale evenienza verrà in nostro soccorso l’esteso ambiente underground che, dalle origini, è il cuore pulsante del genere. I nomi di grandi artisti come quello di Thomas Ligotti sono ignorati dai più, ma i suoi scritti, quali Teatro grottesco, Nottuario o La cospirazione contro la razza umana, sono destinati ad essere ammessi nel novero degli immortali. Inoltre, le riviste tematiche, i racconti a puntate e le auto-pubblicazioni persistono nella loro opera di divulgazione, sopravvivendo alla rivoluzione digitale. Qui non troverete della spazzatura composta per soldi ma roba forte che merita grande attenzione, snobbata dai grandi editori perché non indirizzata al vasto pubblico. Un ritorno alle origini, all’epoca d’oro della paura, in cui ancora la letteratura ed il cinema del terrore non azzardavano neanche timidi passi al di fuori della propria nicchia, è da considerarsi prioritario. Solo questo può disincentivare la realizzazione di quei prodotti piatti e vuoti che vengono partoriti tanto frequentemente oggigiorno.

Questa è la strada. Chiunque abbia un po’ di gusto comprenderà facilmente che non si ha niente da perdere nell’abbandonare tutti quei mostri generati dai vaneggi di qualche regista contemporaneo, per abbracciare i serial killer e le divinità aberranti della tradizione.

Abbi paura. Abbi molta paura.

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