Europa Plurale - Rivista per un Federalismo Globale - n°1/2005

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Europa Plurale – 01/2005

linguistico.” Federalismo linguistico dove, il ruolo di lingua federale, veniva assegnato da Heraud all’Esperanto in forza della sua neutralità. “Infatti - continuava l’Emerito Professore di Diritto - se tutti gli europei adottano come seconda lingua comune una lingua come l’inglese, si pongono ipso facto in una situazione di semi-colonizzazione linguistica e culturale. Quando un popolo intero addotta la stessa lingua straniera, ha già fatto la metà del cammino verso l’imbastardimento e l’assimilazione.” Da allora, la prospettiva linguainternazionalista, perseguita da diversi compagni radicali si è mano a mano rafforzata, non tanto per ciò che riguarda la forza politica - a tutt’oggi assolutamente inadeguata - quanto nelle ragioni di quella scelta federalista sulla lingua. Mentre Heraud parlava di “cammino verso l’imbastardimento e l’assimilazione” il linguista americano Michael Krauss, intorno alla metà degli anni ‘90, denunciava il fatto che quello che si andava compiendo nel mondo era un’accentuazione parossistica della mortalità linguistica le cui cause sono, parole di Krauss: “il vero e proprio genocidio, la distruzione economica e sociale dell' habitat, gli spostamenti, la sommersione demografica, la soppressione linguistica nell' ambito della forzata assimilazione o educazione linguistica, il bombardamento elettronico dei media, specialmente quello della televisione, una nuova arma incalcolabilmente letale sorta di gas nervino culturale.” Genocidio linguistico-culturale che, su base statistica, il linguista americano arrivava ad indicare intorno al 90-95% del patrimonio dell’umanità entro il XXI secolo. Tale allarme, nel frattempo, è divenuto consapevolezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite le quali, attraverso l’UNESCO, pubblicano regolarmente un “Atlante delle lingue in pericolo o scomparse”. Nella più recente versione di tale Atlante - che l’associazione radicale “Esperanto” sta traducendo in esclusiva - le lingue morte o moribonde del continente europeo assommano già a centoventotto. A ciò si è aggiunta, negli ultimi 2-3 anni anche la denuncia verso il proprio mezzo di espressione linguistica e la considerazione nei confronti della soluzione esperantista, da parte degli stessi media anglofoni: dall’Economist, a The Indipendent al Guardian, a News Week. Tali denunce si basano sul fatto che, comunque la si metta e in una prospettiva di democrazia globale, l’inglese è difficile; è imperialista, nel senso che - come recita l’Economist - ha come effetto pratico quello della costruzione di un Impero mondiale degli Stati Uniti d’America; distrugge le lingue e il mercato linguistico - The indipendent parla di inglese “linguicida” -; ha l’effetto di

Quando un popolo intero addotta la stessa lingua straniera, ha già fatto la metà del cammino verso l’imbastardimento e l’assimilazione


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