LAVORAZIONE DELLA LANA: DA RISORSA A RIFIUTO, DA RIFIUTO A RISORSA
La lana, fino a poco tempo fa costituiva un’importante risorsa economica destinata a diversi tipi di produzione. In Sardegna, dopo la tosatura, riservata agli uomini, tutte le altre fasi di lavorazione erano di esclusiva competenza delle donne. I prodotti finiti erano molteplici: materassi e cuscini (i materassi fino a una cinquantina di anni fa erano esclusivamente in lana e in crine), coperte e tappeti, bisacce, tessuti per il confezionamento di abiti tradizionali maschili e femminili. In particolare durante il fascismo, all'epoca dell'autarchia, venne incrementato l'uso dell'orbace al posto dei tessuti tradizionali. Vi fu una vera e propria "campagna dell'orbace", che ebbe riflessi positivi sull'economia rurale della Sardegna. Di orbace erano infatti le uniformi della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (le cosiddette "camicie nere") e delle organizzazioni giovanili del regime. Il ciclo di lavorazione della lana partiva dalla tosatura (effettuata manualmente nel periodo primaverile maggio-primi di giugno), la lana così ottenuta veniva lavata lungo i corsi di acqua corrente. Il lavaggio consisteva nel passaggio in caldaie in acqua calda (non bollente), nel risciacquo in acqua corrente e quindi nell’asciugatura al sole. Si procedeva successivamente con la cardatura, filatura, tintura dei filati, per poi passare alla tessitura di tappeti, coperte, tessuti per il confezionamento di abiti e altri manufatti La lana per il confezionamento di materassi ecuscini veniva cardata in modo grossolano e poi si procedeva all’imbottitura e alla trapunta, operazioni effettuate interamente a mano. 1
Lavaggio della lana (passaggio in acqua calda)
Risciacquo della lana in acqua corrente
Asciugatura della lana
Cardatura della lana
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Tessitura Filatura della lana
Arazzi in lana
Prodotti finiti in lana (tappeti, borse, bisacce, sacco da pastore)
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Abito tradizionale femminile. Gonna e grembiule in orbace
Abito tradizionale maschile. Giacca, gonnellino e calzari in orbace
La produzione di materassi in materiali sintetici, l’abbandono dell’abito tradizionale e il passaggio all’abbigliamento confezionato in serie, la produzione industriale di coperte e tappeti, l’aumento del reddito che consentiva, anziché di produrre in modo artigianale (prevalentemente per l’autoconsumo) di effettuare l’acquisto di prodotti in serie, ha comportato il fatto che la lana perdesse il suo valore economico. Per una trentina d’anni, fino a circa un decennio fa, la lana era diventata un rifiuto che comportava problemi di smaltimento. La possibilità di utilizzare la lana per la produzione di materiali isolanti naturali per uso edile, apre nuove prospettive. Attualmente in Sardegna solo circa il 10% della lana prodotta viene destinato alla trasformazione, il resto dopo essere stato pulito viene imballato ed esportato come lana sucida prevalentemente in India, con destinazione finale la Cina (questo perché non è possibile un’esportazione diretta Italia Cina). C’è quindi un’ampia disponibilità di materia prima che, se trasformata sul luogo, potrebbe consentire di creare valore aggiunto a livello locale. Ciò richiede però un’attività di publicizzazione del prodotto a livello nazionale e lo studio e l’ampliamento dei mercati, soprattutto nel Nord Europa, dove la sensibilità ecologica e la preferenza per l’uso di prodotti naturali è più avanzata rispetto ai Paesi del Mediterraneo.
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LAVORAZIONE TRADIZIONALE DELLA LANA A ISILI
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Così l'Angius-Casalis definisce le tessitrici isilesi a fine '800, dove la tessitura è sempre stata il punto forte dell'artigianato femminile del paese. La materia prima che ha suggerito l'attività della tessitura, basata sull'impiego del telaio rustico, è la lana delle numerosissime pecore sarde... ancora oggi, questa lana rigida, ruvida, grossolana, faticosa e antichissima, accompagna con passione di generazione in generazione il lavoro delle tessitrici. Non solo nella tessitura, la lana di pecore veniva adoperata anche nella maglia, per ricavarne calze e maglioni degli uomini, inoltre veniva utilizzato un telo (su saccu 'e coberri) che serviva per ripararsi dalle intemperie e dal freddo che dovevano affrontare gli uomini durante la permanenza in campagna dietro il gregge, fungeva anche da materasso e coperta, e bisacce in cui poter porre le provviste.
Anche per il vestiario giornaliero come la tipica gonna (sa fardeta), fittamente pieghettata in vita, è di vari colori con applicazioni in velluto nero all’estremità inferiore; nei periodi più freddi si usava ribaltare sopra la testa una mantellina (sa fasca) in panno di lana nera, rifinita inferiormente con un bordino in seta marroncino o beige, essa era una mezza gonna molto pieghettata che si agganciava in vita posteriormente con una catena d'argento, con questo elemento l'abito tradizionale isilese si rimodernava nei confronti degli abiti degli altri paesi, in quanto negli altri paese si usavano doppie gonne, di cui quella più esterna veniva ribaltata sulla testa. Come anche gli scialli (su sciallu) da indossare tutti i giorni, quelli speciali per le feste e quelli neri per le vedove. Mentre nell'antico costume maschile, la lana veniva trattata con metodi specifici molto antichi per ricavarne l'orbace, le ghette (is cratzas), il gonnellino nero (is cratzonis 'e arroda), increspato in vita e con una fitta pieghettatura e il gilè (su cropettu) che completava l'abito, erano di questo materiale molto pesante e ruvido, a seconda delle circostanze si usava anche una giacca (su gabbanu), sempre in orbace e con il cappuccio.
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Poi nella casa, per imbottire materassi, all'epoca però, era privilegio dei più ricchi del paese; per realizzare coperte per la famiglia (is mantasa); come tradizione al rito del matrimonio le famiglie degli sposi, se si trattava di una famiglia in buone condizioni economiche, o diversamente solo la famiglia della sposa, davano in dono il corredo che era composto da vari oggetti per l'arredo della casa, biancheria intima, e le lenzuola e le tovaglie che erano opportunamente di lana bianca.
Le pecore vengono tosate nel periodo che intercorre tra la primavera e l'estate, i pastori dopo aver tosato le pecore detto in sardo su tunditroxiu, portavano la lana in paese, la vendevano o regalavano alle donne, che il giorno seguente andavano nei fiumi Frumini, S'Arriu Intrinni e Tellas per lavarla con acqua tiepida, infatti qui vi accendevano il fuoco e in un gran pentolone di rame (craddaxiu) facevano riscaldare l'acqua evitando di portarla all'ebollizione, la lana contenuta nei cesti di canna veniva immersa nell'acqua e fatta asciugare al sole sopra siepi o grandi massi. Dopo asciugata, veniva cardata, ossia pettinata con i cardacci (pettinisi), in modo da separare le fibre più corte, che servivano per la trama, da quelle più lunghe, usate per realizzare l'ordito. La filatura si eseguiva manualmente, una piccola quantità di lana con le dita inumidite veniva tirata e attorcigliata
su se stessa con l’uso dell’aspo (cannuga), trasformandola in filo e man mano che si fila passa nello sciogli trama, si ottenevano così delle matasse pronte alla colorazione che avveniva attraverso l’impiego delle erbe naturali, in prevalenza nero e colori tenui.
A Isili si racconta che tante donne lavoravano la lana tutti i giorni dell'anno e guadagnavano così bene che, grazie ai quattrini, provvedevano ad allevare i figli. Il telaio era un compagno serale delle donne sarde che lo usavano soprattutto nelle lunghe e fredde giornate invernali.
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C'erano due tipi di tessitrici, una che lavorava al servizio nelle case, tessevano per le loro padrone, producendo tappeti, arazzi e tende, l'altro tipo di tessitrice era quella che tesseva a casa e faceva degli oggetti tipo la bisaccia, che servivano per le esigenze familiari e inoltre ne facevano in più, per venderle e migliorare l'economia familiare, le vendevano attraverso i ramai che andavano e vendevano i loro oggetti in giro per la Sardegna. Gruppo di tessitrici isilesi della scuola del cavalier Piras. Primi anni 20
Nei primi del '900 ci fu un' innovazione, la prima scuola di tessitura sarda isilese retta dal Cavalier Piras, in cui diverse artigiane avevano il lavoro sicuro e lui lo migliorava con disegni innovativi e artistici, negli anni '50 è sorta l'altra scuola di tessitura, all'asilo infantile, retta da una suora milanese e da una bravissima insegnante locale Gina Moi che non solo insegnava a tessere, ed a mettere delle trame, ma anche come gestire le attrezzature e come tenerle al meglio, perché per lei anche questo era interessante e importante. Dopodiché si sono formate delle cooperative, di cui quella che ha resistito di più, era formata da undici donne, e svolgeva la propria attività nei locali della parrocchia. L'altra è sorta per pochissimo tempo all'asilo, poi dopo essersi sfaldata le tessitrici si sono messe in proprio, ma a questo punto hanno dovuto fare i conti con tante cose a loro sconosciute, perché non c'era una preparazione alla commercializzazione, del mercato non si sapeva niente, quindi si sono dovute creare il lavoro, imparare ad essere competitive nel mercato, ad essere attente alle esigenze dei clienti, avere dei contatti con loro, e così per tanto tempo sono andate avanti fino a che le esigenze del mercato sono cambiate e quindi hanno dovuto reinventare, modificare gli elaborati fino ad arrivare a oggetti che non sono più di utilità.
Nonostante tutto i tappeti di Isili, in particolare, sono noti in tutta la Sardegna, nella Penisola e all'estero. I disegni più frequenti sono: i gigli (lillus), le scene di caccia, il pavone, l'aquila, i cavalli, ecc. in generale il motivo decorativo passa da un tipo di ornato geometrico a elementi che risalgono all'arte bizantina, agli schemi romanici, alla civiltà rinascimentale italiana, al barocco.
La tecnica più utilizzata ad Isili è quella ”a unu in denti”, dove in ciascun dente del pettine della cassa battente viene fatto passare un solo filo di ordito. Inoltre, particolarità delle tessitrici isilesi è quella di 9
lavorare sul rovescio dell’arazzo, si può vedere la parte diritta solo quando il lavoro è giunto a conclusione; viene usato il telaio orizzontale e non quello verticale, questo tipo di lavoro richiede fatica, impegno, pazienza e molta attenzione e precisione. Tanti anni fa nel lavoro della tessitura venivano impiegate anche le bambine che imparavano il mestiere dalle mamme o dalle nonne. Le tessitrici non hanno un orario giornaliero fisso ma che in media, lavorano otto ore al giorno, a seconda di ciò che devono fare. In conclusione, la lana, per il paese del Sarcidano è sempre stata una fonte d'ispirazione del lavoro, nonché di tradizioni, ricchezza e passioni.
Fonti: Dolores Ghiani, Mariella Pisci, anziane tessitrici del paese, libro “Isili”, Internet.
ERBE E COLORI NATURALI
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<<Il paese di Isili ha una tradizione antichissima di filatura, tintura e tessitura che probabilmente ha origine nella civiltà nuragica. Spesso infatti troviamo tracce di questa antica arte nei siti archeologici del nostro territorio non solo risalenti all’epoca nuragica, ma anche all’epoca romana, bizantina e medioevale. Gli oggetti della tessitura, come fusaiole e pesi da telaio sono in terracotta e testimoniano che la tessitura in questa zona ha una sua continuità di circa tremilacinquecento anni. Oggi le tecniche si sono affinate, evolute meccanizzate, ma alcune artigiane continuano la tradizione appresa dalle loro madri. I loro prodotti rispettano questa tradizione, i filati vengono tinti con erbe e radici, i telai sono gli stessi che da secoli non hanno subito modifiche , i disegni sono simboli e motivi elaborati nel tempo. Questo non significa che le nostre artigiane rispettino passivamente ciò che hanno imparato, tutt’altro: esse costantemente creano nuove combinazioni e stilizzazioni di disegni, utilizzano materiali nuovi come i fili di rame, nuovi prodotti e colori sempre diversi e irrepetibili. <<Anticamente si usava tingere la lana esclusivamente con prodotti vegetali ottenuti da piante, foglie, radici, fiori, cortecce, scorze, e secondo le proprietà tintorie di ciascuna di queste parti che ogni brava tessitrice imparava a conoscere. Nonostante il metodo usato per la colorazione sia simile per tutti i prodotti vegetali usati, ogni esperienza è assolutamente unica: i risultati possono essere differenti perché sono diversi il periodo di raccolta delle piante, la loro età, il loro stato di salute, l’esposizione alla luce, il terreno e i prodotti chimici che esso contiene.
A Isili le piante più usate erano: •
la ROBBIA (rubia peregrina) detta Orixedda per ottenere tutte le tonalità di rosso e rosa, dalle cui bacche si ricavava anche l’azzurro;
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lo GNIDIO(daphne gnidio) detto truiscu, per colorare di giallo e, con aggiunta di additivi (allume di rocca, solfato di rame, solfato di ferro, sale da cucina, aceto, cenere) ottenere il vede e il nero 1
1 Dolores Ghiani Erbe e colori naturali 2001
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ERBE E COLORI NATURALI 2 NOME ITALIANO
NOME LATINO
NOME SARDO
PARTE USATA
PERIODO RACCOLTA
ADDITIVO 1
COLORE + ADDITIVO 1
ADDITIVO 2
COLORE + ADDITIVO 1+2
ALATERNO
RAMUS ALTERNUNS
TASURU
cime fogliose, bacche, rami
primavera inverno
sale da cucina, allume di rocca
giallo, giallo verde
solfato di ferro
giallo cupo, verde
ROBBIA
RUBIA PEREGRINA
ORISCEDDA
radici, bacche
primavera autunno
allume di rocca
rosso, rosa, arancio, azzurro
solfato di ferro
grigio
GNIDIO (Additivi corsa)
DAPHENE GNIDIUM
TRUISCU
pianta, foglie
primavera autunno
allume di rocca
giallo intenso
solfato di ferro
nero
LENTISCO
PISTACIA LENTISCUS
MODDIZZI
cime fogliose
primavera
allume di rocca
giallo senape
solfato di rame
verde, verde chiaro
CISTO
CISTUS
MURDEGU
cime fogliose
primavera
allume di rocca
giallo beige
solfato di ferro + solfato di rame
verde, verde chiaro
ASFODELO
ASPHODELUS MICROCARPUS
CARDILLONI
radice
primavera
allume di rocca
beige
EUFORBIA
EUPHORBIA CHARACIAS
LUA
cime fiorite e foglie
primavera
allume di rocca
giallo verde
solfato di ferro
verdone, nero
PPAPAVERO
PAPAVER RHOEAS
PABAULI
petali
primavera
allume di rocca
grigio violetto
solfato di ferro
grigio scuro
GINESTRA
SPARTIUM JUNCEUM
SCOVA
rami, foglie, fiori
maggio giugno
allume di rocca
giallo caldo
solfato di ferro + solfato di rame
verde
GINESTRELLA
OSIRIS ALBA
cime, foglie, fiori
maggio giugno
allume di rocca
giallo chiaro
solfato di rame
verde chiaro
ERBE E COLORI NATURALI 2 Dolores Ghiani, Mariella Pisci 2001
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NOME ITALIANO
NOME LATINO
NOME SARDO
PARTE USATA
PERIODO RACCOLTA
LECCIO
QUERCUS ILEX
ILISCI
corteccia
primavera autunno
CEPPITONI
INULA VISCOSA
FRISA -FRISSA
fiori, pianta
NOCE
JUNGLANS
NUSCI
MELOGRANO
PUNICA GRANATUM
EDERA ROMICE
ADDITIVO 1
COLORE + ADDITIVO 1
ADDITIVO 2
COLORE + ADDITIVO 1+2
allume di rocca
rosso mattone
solfato di ferro
grigio
settembre
allume di rocca
giallo caldo
solfato di ferro
giallo marcio
foglie, mallo
estate - autunno
allume di rocca
giallo marrone
solfato di ferro
verde marrone
ARENADA
buccia frutto
autunno
allume di rocca
giallo senape
solfato di ferro
verde muschio
HEDERA HELIX L
AUERA
foglie bacche
primavera autunno
allume di rocca
giallo chiaro verde
solfato di ferro
verde grigio
RUMEX
LOMPATZU
pianta con semi
tarda estate
allume di rocca
beige rosato
LAVANDA
LAVANDULA SPICA OFFICINALIS
ABIOIS
pianta fiorita
primavera
allume di rocca
verde chiaro
CASTAGNO
CASTANEA SATIVA
CASTANGIA
foglie, ricci
autunno
allume di rocca
giallo sughero
solfato di ferro
grigio
ORTICA
URTICA DIOICA
OCCIAU
pianta
primavera
allume di rocca
verde acqua chiaro
FILLIREA
PHILLYREA LATIFOLIA
ARREDELU
rami, foglie, bacche
estate - autunno
allume di rocca
verde azzurro
FITOLACCA
PHYTOLACCA DECANDRA
GRANA, AXINA DE MREXIANI
frutto
autunno
allume di rocca
rosso arancio
solfato di ferro
verde
lapazio crespo
ERBE E COLORI NATURALI 13
NOME ITALIANO
NOME LATINO
NOME SARDO
PARTE USATA
PERIODO RACCOLTA
ADDITIVO 1
COLORE + ADDITIVO 1
ASPARAGI
ASPARAGUS OFFICINALIS
SPARAU
pianta
primavera
allume di rocca
verde chiaro
FUNGO PRATAIOLO
PSALLIOTA CAMPESTRIS
CARDULINU
buccia, gambo
autunno
allume di rocca
grigio, verde chiaro
ROSA
ROSA
ARROSA
petali
primavera
allume di rocca
grigio azzurro cenere
MALVA
MALVA SILVESTRIS
NABREDDA
fiori e foglie
primavera
allume di rocca
verde, grigio
ALOE VERA
ALOE
pianta
primavera
allume di rocca
beige scuro, marrone
ZAFFERANO
CROCUS SATIVUS
TZAFFARANU
stami, fiori
autunno
allume di rocca
giallo intenso, verde
VITE DEL CANADA
PARTHENOCISSUN TRISCUPIDATA
AXINEDDA BURDA
foglie, frutto
estate - autunno
allume di rocca
beige, violetto, grigio
ADDITIVO 2
COLORE + ADDITIVO 1+2
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LE TECNICHE DI TINTURA DELLA LANA
Tutto ha inizio da una passeggiata in campagna, alla ricerca delle erbe ormai conosciute da generazioni per i loro risultati, e quelle ancora da sperimentare per ampliare la grande varietà di colori possibili. Così, le tessitrici isilesi colorano la lana per i propri elaborati, questa antichissima tradizione della tintura della lana con gli elementi naturali che ci offre la terra e soprattutto la vegetazione della macchia mediterranea, è ancora oggi impiegata con un po’ d’innovazione e tecnica nell’attuare il procedimento della colorazione a seconda dei colori che si vogliono ottenere. La colorazione può avvenire in due modi: il primo è il processo a caldo, cioè l'elemento colorante e la lana vengono messi in su “craddaxu” con dell’acqua che viene portata all’ebollizione, dopo di ché si immerge la lana e la parte della pianta da utilizzare, anticamente le piante venivano fatte essiccare per due giorni, mentre ora si è scoperto che si possono impiegare anche quelle fresche che danno un colore acceso grazie alla presenza della clorofilla; mentre l'altro metodo è quello a freddo, cioè la pianta viene messa a macerare nell'acqua fredda per due o tre giorni, una volta macerata si mette la lana, che viene così colorata questo processo è più lungo e può avere una durata superiore ai trenta giorni.
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I colori, inoltre si possono modificare con l'aggiunta di additivi come il semplice sale da cucina, che serve a fissare il colore alla lana; l'aceto che rende i colori brillanti, viene usato soprattutto nella colorazione con la robbia, che dà un colore rosso o rosa; l'allume di rocca che serve a scurire e fissare il colore; il solfato di ferro che crea colori più scuri, come le tonalità dal verde scuro al nero; e ancora il solfato di rame che serve per ottenere verdi brillanti. La quantità di additivo varia in base alla tonalità che si vuole ottenere, di solito 1/10 del peso della pianta, per i colori come il nero la quantità va oltre 1-2 etti per un chilogrammo. Comunque bisogna dire che non si sa mai che colore si otterrà precisamente, quindi come dicono le tessitrici: “Questa è magia, una bella sorpresa, in quanto il colore varia in base al tempo atmosferico, la luna, il terreno in cui è stata raccolta la pianta e tanti altri fattori che influenzano, tutto ciò sembra quasi una leggenda!”
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