La Città Pordenone n.72 giugno 2014

Page 1

La Città

LA CITTA’ • Numero Settantadue • Luglio 2014 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCI PORDENONE • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • e-mail: info@lacitta.pordenone.it • Sito web: www.lacitta.pordenone.it

www.facebook.com/ lacittapordenone

La riforma "renziana" della Pubblica Amministrazione rischia di impoverire il territorio pordenonese In linea generale tutti sono d’accordo: gli enti inutili, i carrozzoni, vanno tagliati. Punto. Poi, però, quando il taglio rischia di segare le gambe alla poltrona dove si sta comodamente seduti da anni e annorum il discorso cambia. La spending review può aspettare. Anzi, può pure andare a farsi benedire. È un costume molto italiano quello di generalizzare e di scaricare sempre le colpe sugli altri, allontanando l’amaro calice delle proprie responsabilità e del senso civico. Così accade che, anche a Pordenone, tutti plaudano al fenomeno Renzi, con il giovane sindaco d’Italia capace di fare il pieno di voti nel feudo elettorale dell’amico Bolzonello (voti raccolti in modo trasversale da destra a sinistra), salvo storcere il naso subito dopo di fronte all’oltraggioso tentativo di abbattere province, camere di commercio, aziende speciali, fiere, prefetture e altri totem istituzionali. Tutti d’accordo, in sostanza, sulla rottamazione… degli altri! Il punto che secondo noi non si è capito è un altro. Il problema di fondo non è la difesa a oltranza di enti che, inutile negarlo, spesso assomigliano a centri di potere dove si riciclano continuamente i soliti noti. La questione vera, nella quale tutti dovrebbero impegnarsi, è fare in modo che insieme agli enti non vengano tagliate le risorse investite loro tramite sul territorio. Perché questa è la partita da giocare.

Le funzioni svolte fino ad oggi dalla Provincia, dalla Camera di Commercio e dalla stessa Fiera o dalla Prefettura possono anche essere in tutto o in parte riorganizzate, ridistribuite fra Comuni e Regione, oppure affidate a strutture più snelle, senza costosi consigli di amministrazione, consulenze, rimborsi e gettoni di presenza. Ma l’importante è che ciò non si traduca in un impoverimento del territorio pordenonese, che già sconta la storica sperequazione nei trasferimenti regionali denunciata a suo tempo da Abele Casetta e, ad oggi, non ancora sanata. Ci sono realtà come Pordenonelegge, come il Teatro Verdi, come il Consorzio Universitario che si reggono letteralmente in piedi grazie all’apporto finanziario di Provincia, Camera di Commercio e Fiera. Giusto o sbagliato che sia è così e basta. Ben venga, quindi, la rottamazione che riduce gli sprechi e semplifica la pubblica amministrazione, anche quando tocca da vicino i pilastri dell’identità provinciale. Ma a parità di risorse e servizi da erogare alla società locale, al tessuto economico e culturale. Non vorremmo che la messa in liquidazione degli enti cosiddetti “inutili” facesse sparire, oltre a Lorsignori e al sottobosco di burocrati e funzionari, anche le risorse da loro amministrate. Allora sì sarebbe una beffa che avrebbe un effetto-boomerang alla prossima tornata elettorale.

Non è che alla fine restiamo in braghe di tela?

D’accordo che carrozzoni ed enti inutili vanno soppressi, ma c’è il rischio concreto che ciò si traduca in un impoverimento per la società locale. Che andrebbe ad aggiungersi alla storica sperequazione dei trasferimenti regionali tra le province denunciata da Casetta. A Lorsignori il compito di vigilare, mettendo da parte le lotte di potere

4-5

FATTI URBANI

Flavio Mariuzzo

AMBIENTE

6-7

SOTTO LA LENTE

Piano Regolatore: l'architettura è l'elemento cardine per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare

Alla scoperta degli alberi più significativi del territorio pordenonese. Un patrimonio che non si può ignorare

Intervista a Stefano Bortolus sullo stato del settore immobiliare. "Negozi sfitti? Si abbassino i canoni!"

di Franco Giannelli

di Giulio Ferretti

di Paola Dalle Molle

CASO ELECTROLUX

Una vertenza mediatica e politica di GIANNINO PADOVAN

L'accordo sulla vertenza Electrolux, siglato il 14 maggio scorso, si è concluso con una festa a Palazzo Chigi. È la prima volta che nel nostro Paese un accordo sindacale viene sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ma ciò è potuto accadere perché è la prima volta che i contenuti specifici di una trattativa sindacale sono diventati marginali rispetto agli aspetti mediatici e politici dei diversi protagonisti. Nonostante sia propenso a credere alle parole della ministra Guidi «che questo governo ha una vera linea di politica industriale», leggendo il testo

del verbale di accordo, si è inclini a pensare che, in questo caso specifico, non c'era proprio nulla da festeggiare. La festa era, semmai, uno slogan elettorale utile per le elezioni europee. Non è un caso che lo stesso ministro Poletti, a pochi giorni dalla conclusione della campagna elettorale, abbia affermato – proprio a Porcia – che il Decreto Lavoro lo si potrebbe chiamare a buon diritto Decreto Electrolux. Tutti i timori sul reale destino dello stabilimento di Porcia che hanno riempito per mesi le pagine della stampa locale e che, in qualche modo, preannunciavano una conclusione

10

non risolutiva della vertenza, poiché le reali intenzioni dell'Azienda per il sito di Porcia andavano nella direzione di una “chiusura controllata”, dall'inizio di maggio sono stati semplicemente oscurati. Il “Piano senza alternative” imposto da Electrolux è diventato improvvisamente un “Accordo storico”. Talmente storico che la presidente Serracchiani lo considera uno dei maggiori traguardi raggiunti dalla Giunta regionale. Ma, a conti fatti, credo che quello che il Sindacato ha siglato con Electrolux sia solo una riduzione dell'orario di lavoro contrattuale da 40 a 30 ore settimanali, ossia una modifica ad continua a pagina 11

17|21 settembre 2014 www.pordenonelegge.it


2

Luglio 2014

L’INTERVISTA

La Città

Conversazione a ruota libera con l’imprenditore friulano Maurizio Zamparini nella sua casa di Ajello

“Cinque anni di tregua fiscale per far ripartire l’economia” Secondo Zamparini nel nostro Paese c’è una dittatura fiscale. “L’Italia dovrebbe avere il coraggio di chiedere alla Bce un prestito dello stesso importo del debito pubblico da pagare in 50 anni al tasso dello 0,7%”. “Agricoltura, turismo e made in Italy: bisogna puntare con decisione su questi tre settori” di PIERGIORGIO GRIZZO

Il Maurizio Zamparini domestico è uguale a quello pubblico. Segno che l’uomo non recita. Quando vai e lo stuzzichi a parlare di politica, sul tavolo del tinello come in televisione, si accende dello stesso fuoco. Nella sua casa di Ajello, elegante e sobria come tutto quell’ordinato angolo di Friuli, che sembra già la Mitteleuropa, tra ville asburgiche e fortezze veneziane, gli faccio la domanda da un milione di dollari: se lei fosse un plenipotenziario con mandato speciale per risolvere la crisi, da dove diavolo inizierebbe? Per lui è un invito a nozze. “Veda – inizia calmo, ma mai piatto – oggi il nostro problema principale non sono la corruzione, che c’è sempre stata, o le tasse. Il problema vero è l’inettitudine della nostra classe dirigente. Nella mia attività commerciale chi mi ha fatto i danni maggiori non erano i direttori di magazzino che rubavano, ma quelli incapaci”. “Qui devo fare anche un po’ autocritica. Io e gli altri imprenditori della mia generazione abbiamo pensato solo a produrre e nel frattempo mandavamo dei mona a rappresentarci. E adesso paghiamo dazio. Non sto parlando solo dei politici, ma della classe dirigente in senso lato, le istituzioni, le amministrazioni, perfino il mondo dell’impresa. Manca in Italia una scuola per la classe dirigente. Gli inetti, gli incapaci, gli impreparati pullulano soprattutto nella burocrazia statale, in tutti i settori e a tutti i livelli, e questo crea degli apparati monstre, costosissimi e inefficienti, capaci di rendere complicatissime anche le cose più semplici. Forse perché, se tutto fosse semplice e lineare, si potrebbe fare con due persone il lavoro che ora viene sbrigato da dieci”. Ma la jungla più intricata e pericolosa è quella fiscale...

“Perché il nostro è un paese folle, autolesionista. Un’espressione che rende bene l’idea è dittatura fiscale. Sembra che per la Guardia di Finanza tutti quelli che creano ricchezza siano degli evasori. Sembra che sia così per forza e per definizione. Lo Stato incamera 10 miliardi all’anno con il recupero fiscale, ma, siccome ormai stanno raschiando il fondo del barile, per continuare ad emettere cartelle esattoriali a raffica, si scervellano nelle interpretazioni più bizzarre e fantasiose, molte volte dando vita a provvedimenti completamente illegittimi. Ma quanti hanno i mezzi e le risorse per pagarsi una squadra di commercialisti che lavori a tempo pieno per predisporre un ricorso? Tanto vale pagare subito e metterci una pietra sopra. “Il cittadino non sa a chi rivolgersi – s’infiamma Zamparini – non sa a che santo votarsi per rispondere ai soprusi. E intanto questo Stato canaglia, senza etica e senza pudore, tollera, anzi incoraggia, porcherie come il lotto, le scommesse, le slot machine. Il nostro debito pubblico supera i 2.100 miliardi. Con il recupero fiscale lo Stato ne incassa dieci all’anno provocando fallimenti, suicidi, distruggendo aziende e famiglie. Ma se ci lasciassero stare per cinque anni, senza stritolarci di tasse, e il debito finisse a 2250 miliardi, cosa cambierebbe? Assolutamente nulla, ma di sicuro si consentirebbe alle nostre aziende di respirare e questo sarebbe il primo passo per rilanciare l’intera economia. E aggiungo un’altra cosa…”. Cosa? Per risolvere il debito pubblico senza dissanguare i propri cittadini, l’Italia dovrebbe avere il coraggio e l’autorevolezza politica per chiedere alla Bce un prestito dello stesso importo. Da pagare poi in 50 anni allo 0,7 per cento di interesse annuo. In fin dei conti le banche, tutte le banche, dovrebbero servire a finanziare le aziende e gli Stati, non a strangolarli. La banche svizzere in questo senso dovrebbero essere il modello di riferimento. Tassi allo 0,7 per cento e riservato dominio sui beni dati in garanzia per avere i mutui. Un modello sostenibile, altro che le pratiche usuraie di certi istituti bancari dell’Unione Europea, che se non riesci più a pagare ti portano via la casa ad un terzo del suo valore, cioè in pratica te la rubano”. Unione Europea e moneta unica: lei è favorevole o contrario? “Restituire ai popoli la sovranità monetaria dovrebbe essere la prima cosa. Bisognerebbe tornare ad una Banca d’Italia controllata dallo Stato e non dalle banche, come era prima del 1972. La crisi della zona Euro è dovuta proprio a questo. L’emissione di moneta è decisa dalle banche, dagli attori di un’economia che si basa sul debito e

sulle speculazioni, non sulla produzione e sulla creazione di ricchezza. Le banche sono riuscite a distruggere perfino il mercato immobiliare, la solidità del mattone, nonostante da noi le insolvenze immobiliari siano solo l’uno per cento. Ok, ma poi bisogna anche rimetterla in moto questa benedetta economia... “Io punterei tutto su tre settori fondamentali: l’agricoltura, il turismo e il made in Italy. Vado per ordine. Il benessere e la forza della Francia si fondano ancora sulla riforma agraria, fatta dopo la Rivoluzione del 1789. Sulla fine del latifondo e sulla ridistribuzione della terra in proprietà di 30-50 ettari, che è la dimensione giusta per garantire la riuscita di una piccola impresa agricola. In Italia negli ultimi cinquant’anni l’agricoltura è stata massacrata. Avevamo 4 milioni e ottocentomila aziende, oggi sono un milione e mezzo. Abbiamo perso nel settore dieci milioni di posti di lavoro. Le dico anche questa: nel 1975 presi una piccola azienda agricola. All’epoca un quintale di grano valeva 35-38mila lire, mentre un frigorifero ne costava 30mila. Oggi il frigorifero costa 500 euro, mentre il prezzo del grano è fermo a 19 euro. Insomma i prodotti agroalimentari non valgono più nulla, non c’è qualità del prodotto, non c’è cura, non ci sono scrupoli. Oggi il prezzo dell’uva non giustifica l’inizio di un ciclo produttivo. In Sicilia non raccolgono neanche le arance, non gli conviene. Di cosa avrebbe bisogno l’agroalimentare? Dobbiamo riproporre le piccole aziende di 30- 50 ettari e su questa cellula rifondare l’agricoltura italiana, che deve puntare sulla qualità dei prodotti, mettendo alla porta gli ogm e le multinazionali dei sementi e dei concimi, scommettendo sul biologico, sul fotovoltaico e le energie rinnovabili, con una politica del territorio e dell’ambiente seria e consapevole. Dobbiamo diventare in questo campo un’eccellenza a livello mondiale. In Italia, che è il giardino del Mediterraneo, ci sono le condizioni e le caratteristiche fisiche per prefiggersi questo obbiettivo e per raggiungerlo. Abbiamo vino, olio, tartufi, funghi, frutta, ortaggi di altissima qualità. In dieci anni si potrebbero creare non meno di otto milioni di nuovi posti di lavoro. Poi serve un organo di supervisione efficiente, in mano agli stessi produttori, non ai grossisti, che dica ai contadini quali sono le richieste del mercato, quali i prezzi, per orientare la produzione. E poi ci vuole il marketing. I nostri politici devono girare il mondo per promuovere i nostri prodotti. Non è possibile che il vino importato in Cina sia per il 70 per cento francese e solo per il 7 per cento italiano. Se non prendiamo al volo i pochi

vantaggi offerti dalla globalizzazione siamo proprio dei fessi. Però non va trascurato neppure il mercato interno. Bisogna far capire alla gente che i nostri prodotti sono migliori per qualità e soprattutto danno da vivere alle nostre aziende e a tutti noi”. Andiamo al secondo punto, il turismo. “Anche qui talento sprecato e potenzialità inespresse. In Italia c’è tutto: storia, arte, cultura, natura. Eppure, se andiamo a vedere, il solo Louvre fattura più dell’intera Roma. A Palermo, realtà che conosco molto bene, il novanta per cento delle splendide chiese medievali e barocche è chiuso. A Pompei le vestigia romane cadono a pezzi. La globalizzazione, che per il resto ha fatto danni enormi, ci ha permesso di avere una clientela globale per il turismo di alto livello. I nuovi ricchi, cinesi, indiani, russi, arabi, malesi, vanno incoraggiati a venire in vacanza in Italia. Naturalmente bisogna rimettere a posto molte cose, dai musei, ai siti archeologici agli alberghi, ai villaggi, alle infrastrutture, ed anche qui c’è l’opportunità di far fiorire nuovi posti di lavoro. Il turismo va agganciato all’agricoltura e all’agroalimentare e può creare un indotto importante anche in quel settore. Infine il Made in Italy. “Lasciamo le grandi industrie ai tedeschi. Puntiamo alle piccole e piccolissime aziende, alla dimensione artigianale, altra eccellenza che abbiamo massacrato. Qui in Friuli abbiamo perso le sedie di Manzano, in Lombardia tutte le tessiture e i calzaturifici hanno chiuso, perfino il vetro di Murano soffre. Non si combatte nel mercato globale mettendo dazi e dogane, bloccando le importazioni; sono rimedi anacronistici ormai. Dobbiamo piuttosto aumentare le esportazioni, promuovere noi stessi e i nostri prodotti nei giusti modi e sfruttando i giusti canali. Lo stile italiano significa buon gusto, qualità, creatività, ma, finché ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli, non andiamo da nessuna parte. Anche qui il marketing assume un’importanza fondamentale, all’estero come nel mercato interno”. Lei vive tra l’estremo Nord Est e l’estremo Nord Ovest dello Stivale, due mondi agli antipodi: cosa pensa di questa Italia che all’apparenza viaggia a due, se non a tre, velocità? “Non credo sia un problema e meno ancora un motivo per dividere il Paese. Anche qui la Svizzera ci offre un esempio virtuoso, dimostra come nazionalità, culture ed idiomi diversi possano convivere a meraviglia in un’unica confederazione. Con un centro servizi statale e centralizzato e per il resto ampia autonomia, anche fiscale, ai diversi cantoni.”


La Città

CONTROCORRENTE

Luglio 2014

3

Resta attuale il problema della sperequazione delle risorse regionali ai danni di Pordenone sollevato da Casetta LA TESI DI CASETTA

Ogni pordenonese paga una tassa occulta di 500 euro l’anno Era il cavallo di battaglia dello storico funzionario pubblico Abele Casetta: in base al parametro del numero di abitanti al territorio pordenonese mancano ogni anno 150 milioni di risorse regionali, indebitamente assegnati ad altre province. Qualcosa finalmente si muove nella Sanità (nuovo ospedale), nella Formazione (dipartimento universitario) e nel sostegno al tessuto produttivo. Ma si tratta di un “risarcimento”, non di un regalo

evidentemente esistono esagerate sacche Dobbiamo tenerci ben stretto il pezzetto di assistenzialismo. Per il resto, Udine di Università che ci siamo guadagnati. ottiene sostanzialmente quanto dovuto, Piccolo, ma strategico. È pur sempre un mentre anche Gorizia è di fatto bastonata. nucleo di formazione di qualità. È un Le cifre sono impietose. Il motivo è avamposto sul futuro, attorno al quale semplice: puntando sui parametri rigidi Pordenone potrà disegnare qualche della “spesa storica”, peraltro mai messi in buona idea di “smart city”. Infatti, sta discussione, riceve di più chi ha già avuto. nascendo in città un dipartimento di E questo tipo di disparità pesa molto di Scienze multimediali e di Economia più in tempi di crisi. Anche “La città” finanziaria, grazie al recente accordo tra di GIUSEPPE RAGOGNA ha denunciato il problema attraverso il gli atenei di Udine e Trieste. Il nodo lavoro meticoloso di Casetta. Il giornale ha da sciogliere è ancora una volta quello regalato ai lettori il suo volumetto, “Trieste è lontana”, come finanziario. Dove trovare i soldi per gli investimenti? Tocca contributo al dibattito. Non è pensabile che lo squilibrio anche alla Regione contribuire all'attuazione del progetto, si registri in ogni settore: sanità (in maniera clamorosa), in una visione funzionale per l'intero Friuli Venezia Giulia. autonomie locali, attività economiche, protezione sociale, Sia ben chiaro che non è un “regalo” a favore di un singolo territorio, come qualche critico vorrebbe sostenere. Si tratta gestione del territorio, istruzione e ricerca, infrastrutture, cultura e sport, ambiente. Non c'è area d'intervento che semmai di un “risarcimento” di sperequazioni subite dai abbia un segno positivo, neanche a farlo apposta. E il grido pordenonesi. In merito a ciò, è il caso di citare le analisi d'allarme coinvolge tutti i partiti, segno evidente di un di Abele Casetta (del quale ricorre in questo periodo territorio senza voce. l'anniversario della morte), funzionario pubblico molto ascoltato, sugli insufficienti trasferimenti di risorse. Secondo Qualcosa finalmente si muove in direzione del recupero di penalizzazioni che hanno sempre colpito Pordenone. le sue stime, la penalizzazione annua si aggira mediamente Sono in atto correttivi “a costo zero”. D'altra parte, attorno ai 150 milioni di euro: una “tassa invisibile” di Casetta sosteneva che la perequazione è sempre possibile, quasi 500 euro all'anno, a carico di ogni pordenonese, senza la necessità di avere a disposizione più quattrini: “Si senza ottenere nulla in cambio. Ciò significa meno tratta di procedere a una ripartizione equa delle risorse a investimenti e meno servizi. I dossier di Casetta registrano disposizione. Cosa non facile, perché non è soltanto un concrete situazioni di squilibrio, peraltro ancora evidenti, problema di classe politica, ma anche di alta burocrazia riscontrabili dall'analisi dei bilanci. che, guarda caso, lavora proprio a Trieste”. Ecco perché non I critici sostengono che il meccanismo usato è un po' possono essere considerate scandalose operazioni favorevoli grezzo, perché prende in considerazione soltanto il numero a Pordenone, soprattutto in alcuni dei settori-chiave, dei residenti. “A questo punto – è stato fatto rilevare da sempre sottofinanziati, come la formazione (dipartimento un autorevole amministratore udinese, nel tentativo di universitario), la sanità (nuovo ospedale) e la rigenerazione stoppare le rivendicazioni territoriali – non servirebbe a del sistema produttivo. Tra l'altro si tratta di veri e propri nulla la politica. Basterebbe un bravissimo ragioniere”. investimenti. Alla fine, i pordenonesi non otterranno Quello adottato potrà anche essere un metodo discutibile, nulla in più di un “risarcimento”, pur sempre nell'ambito ma è rilevatore di storture strutturali che durano da di una ridefinizione dei compiti in una piccola Regione tempo. Perché Pordenone deve pagare sempre il conto? policentrica, a vantaggio di tutto il Friuli Venezia Giulia. I trasferimenti sono invece favorevoli a Trieste, dove

Sperequazione vuol dire minori servizi ai cittadini Un problema che risale al 2001 e che ha visto sottrarre oltre 250 miliardi di vecchie lire a Pordenone Alla domanda “Su cosa dovrebbero promettere di impegnarsi i candidati pordenonesi al Consiglio regionale?”, postagli dal nostro giornale nel febbraio 2013, l’ex dirigente comunale Abele Casetta, da tempo impegnato contro la sperequazione nell’assegnazione delle risorse regionali tra le province, rispose: “Dovrebbero ‘fare Regione’, ovvero uscire dall'evidente complesso di inferiorità e dalla politica di piccolo cabotaggio; porsi con convinzione delle battaglie di dimensione regionale, riequilibrare i quattro territori in base alle potenzialità, rifiutando il dualismo Trieste-Udinese, tagliare le sacche di assistenzialismo regionale che favoriscono ancora alcuni territori, come Trieste”. È evidente che siamo ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo. La sperequazione nella ripartizione delle risorse regionali permane e pesa forte sul

pordenonese. “Da due anni – disse allora Casetta – stiamo segnalando il problema che risale al 2001 e che permane ancora nel 2008, 2009 e 2010. Il Consiglio regionale ha da poco approvato il rendiconto 2011 (pubblicato sul Bollettino Ufficiale il 5 dicembre 2012, ndr) ed ha certificato che il pordenonese, rispetto agli abitanti, ha avuto 130 milioni di euro in meno rispetto a quanto dovuto, con un piccolo recupero: erano -152 nel 2008, -157 nel 2009, -158 nel 2010. Sono importi enormi che mancano al pordenonese: 250 miliardi di vecchie lire. La crisi, intesa come assenza di risorse, non c’entra. Perché ciò che si chiede è un riequilibrio, senza spesa aggiuntiva. Anzi, con la crisi il peso delle mancate risorse al pordenonese si sente ancora di più quando si devono tagliare i servizi ai cittadini. In rapporto agli abitanti, nel 2011 il territorio di Pordenone ha avuto 130 milioni di euro in meno, Trieste 179 in più, Udine 25 in più, Gorizia 73 in meno. La penalizzazione del pordenonese riguarda praticamente tutti e nove i settori in cui interviene la Regione a favore dei territori.


4

La Città

FATTI URBANI

Luglio 2014

Il nuovo piano regolatore rappresenta un passaggio decisivo per disegnare la città del futuro

“Rigenerare la città con l’architettura” di FRANCO GIANNELLI

1

“L’architettura è l’elemento cardine per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare Il nuovo PRG deve poter avere l’architettura come elemento trainante del miglioramento urbano e della qualità della vita”. Secondo la visione dell’architetto Giannelli la rigenerazione della città attraverso l’architettura dovrebbe iniziare da quattro zone chiave

COSTRUIRE SULLA RIVIERASCA PER VIVERE IL FIUME

Viabilità di scorrimento e parcheggi interrati, negozi, uffici ed appartamenti tra il Noncello ed il Duomo di San Marco per godere del fiume tutto l’anno nella vita di tutti i giorni

Mi preme ricordare che la città deve sempre e comunque essere intesa come architettura, nel senso rossiano del termine. Non importa molto ciò che si vede di essa quanto, piuttosto, importa leggere la sua costruzione nel tempo. Questo punto di vista, condivisibile o meno, è comunque il tipo di analisi più complessa che possiamo avere e, proprio per questo, in grado di guidare le logiche di questa proposta per il nuovo PRG. L’architettura, come rappresentazione stabile e certa del vivere civile, è per sua natura collettiva, ad essa e solo ad essa dobbiamo riferirci per

capire e determinare questo processo secondo le necessità economiche e di maniera che vorremo darci e che la sovrintendono. È indubbio che, se i primi uomini costruirono le proprie dimore e continuarono a farlo con l’intenzione di darsi luoghi sempre migliori e più confortevoli per vivere, non è da escludere che, nelle loro intenzioni, vi fosse anche la volontà di farli sempre più belli e rappresentativi del loro status. Creare quindi una situazione più propizia al vivere equivaleva anche a darsi un’intenzionalità estetica. Se dall’incrocio di

due piste nasceva spontaneo uno slargo, idoneo per fermarsi e scambiare le merci, è altrettanto vero che le costruzioni su quell’incrocio - che diventerà poi piazza - avrebbero assunto caratteristiche estetiche sempre migliori per manifestare immediatamente il livello sociale ed economico di chi le possedeva e la qualità della mercanzia che vi si poteva trovare all’interno. Allo stesso modo diremo che, se le costruzioni dovevano avere caratteristiche civiche e non commerciali, si sarebbero differenziate più nella forma che nell’aspetto. Se poi dovevano essere caserma, piuttosto che carcere, luogo sacro o di potere, queste differenze sarebbero state ancora più accentuate. Possiamo modificare i

fattori, le dimensioni, le caratteristiche o lo scopo di questa azione continua di “scambio”, possiamo dargli funzioni sociali piuttosto che commerciali, culturali piuttosto che politiche, militari piuttosto che religiose ma la questione è rimasta e resterà sempre la stessa per migliaia di anni: la città e la sua architettura rappresenta la gente che la vive nel tempo e nella loro intenzionalità. Per questo motivo, più di ogni altra manifestazione dell’uomo, l’architettura è l’elemento cardine per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare. L’ambiente più propizio al vivere dell’uomo e la conseguente intenzionalità estetica sono i caratteri stabili dell’architettura e, quindi, della città.

LO SPIGOLO

I tormentoni cittadini di NICO NANNI

per lo sviluppo del territorio

Puntualmente, ogni tot mesi, si riaffaccia alla ribalta uno dei tanti tormentoni cittadini: in questo periodo la chiusura al traffico della “Rivierasca”. Premessa 1: se dipendesse da noi, pedonalizzeremmo tutta la città; premessa 2: “Rivierasca” non è il nome di una via, ma un aggettivo; quando il Comune – su sollecitazione dell’allora Commissione Toponomastica, poi abolita anche se non costava nulla – decise di indicare quella via come “Riviera” (equivalente di “Lungarno” o “Lungo Tevere”), qualche solone comunale pensò bene (vedi la tabella stradale) di indicarla come “via Riviera del Pordenone”, il che è già di suo un controsenso, continuando comunque a indicarla in ordinanze, comunicati e quant’altro come “Rivierasca” o “ex Rivierasca”. Finite le premesse, veniamo al problema: da più parti si chiede al Comune di pedonalizzare la Riviera del Pordenone al fine di offrire alla città una passeggiata lungo il fiume degna di tal nome, spostando il traffico del ring da un’altra parte. Idea bellissima, che ci piace moltissimo, ma che temiamo abbia delle controindicazioni. Proviamo a indicarne qualcuna. Gli abitanti di via San Giuliano – unica alternativa possibile per il traffico – hanno subito alzato la voce dicendo che quella strada è già abbastanza trafficata e che va bene a senso unico come ora. Ma non basterebbe invertire il senso di marcia per risolvere

il problema? Ce n’è poi un altro: dalla Riviera del Pordenone si accede a uno dei park cittadini in struttura: se si dovesse pedonalizzare la strada, come vi si accederebbe? E veniamo agli architetti: c’è già chi vede questa tutto sommato modesta via (in origine un argine) come un lungo Senna, ben cementificato e lungo il quale magari costruire qualcosa di nuovo (in sostituzione del poco e ben poco significativo che attualmente esiste). Altri invece sognano una via tutta verde (già meglio) dove i cittadini possano vivere in libertà il loro fiume (che però ogni tanto ha il vizio di esondare). Poi ci sono gli uomini di cultura: magari la Riviera fosse pedonalizzata: qualche grossa manifestazione cittadina potrebbe espandersi fin là… A sto punto pensiamo che insorgeranno gli abitanti di Piazza Risorgimento (ex piazza delle corriere, tanto per intenderci: a Pordenone siamo pieni di “ex”), che da anni chiedono che alcune manifestazioni arrivino fin là per rianimare la piazza, ma sempre senza risultato a causa – si dice – dei costi troppo alti. E poi ci sono le associazioni che vorrebbero…. Come finirà? Non lo sappiamo, ma temiamo che dopo qualche settimana di tormentone, ben sostenuto da polemiche sulla stampa, tutto si placherà sul far dell’estate. Fino alla prossima puntata. Amen.


2 3

La Città

FATTI URBANI

Luglio 2014

5

CASERMA MITTICA ED EX OSPEDALE: ABITAZIONI E NUOVO CENTRO STUDI

Quattro torri che sviluppino in altezza il volume per nuovi appartamenti antisismici, il nuovo Centro Studi anch’esso tutt’attorno un nuovo enorme parco urbano perla zona nord della città

NUOVA PIAZZA MOTTA: PARCHEGGI INTERRATI E NOBILE INTERROMPIMENTO

Quattro livelli di parcheggi interrati per i residenti del Centro Storico con accesso da via Roma e, sopra, la nuova Piazza riportata all’antica architettura dalla ricostruzione del nobile interrompimento

L’intenzionalità estetica ci porterà sempre dritti all’obiettivo che è vedere, vivere, sentire ed usare la città. Fattore ultimo ma non meno importante è il fatto che lo sviluppo e la trasformazione della città è avvenuta spesso secondo esigenze contingenti, non sempre programmabili, velocissime, legate al “volere immediato dell’uomo sulla natura” e del suo continuo ed inesauribile desiderio di stare meglio e ciò indipendentemente dal prezzo da pagare. Questo privilegio, innegabilmente riconosciuto solo all’uomo gli tra gli esseri viventi, quando lo ha portato sull’orlo della sua scomparsa gli ha dato la consapevolezza di un nuovo corso, di una nuova esigenza a cui guardare: l’architettura come ambiente della città. Il nuovo PRG quindi deve poter avere l’architettura come elemento trainante del miglioramento urbano e della qualità della vita e che, nella città, deve svilupparsi attraverso

4

la trasformazione di ambiti particolarmente importanti e trainanti, “fatti urbani” attorno ai quali il meglio della città prende corpo. Per illustrare il mio pensiero ho preso in esame alcune “aree progetto” dove, più che in altre, questa teoria può essere verificata in quanto l’Architettura e la Composizione architettonica si possono rivelare i cardini della trasformazione urbana. Zone della città con una vocazione particolare ad essere il motore della ristrutturazione di gran parte del tessuto a cui si riferiscono, fatti urbani essenziali per la rigenerazione di Pordenone. Quelli che nella Planimetria ho chiamato “progetti puntuali di centro città” sono i luoghi più importanti: ne ho esaminati 4 per indicare un nuovo modo di progettare il PRG: non solo zonizzazione e norme ma criteri d’intervento puntuali per chiamare l’Amministrazione comunale in joint venture con il privato.

NOVITÀ

Nel sito della Camera di Commercio le NEWS sull’imprenditoria femminile Donna al centro del dibattito, donna nell’impresa, credito al centro del dibattito per chi fa impresa: tematiche di grande attualità di cui si è parlato durante Donne, impresa e credito: quali opportunità in Friuli Venezia Giulia?, appuntamento inserito nel Giro d’Italia delle donne che fanno impresa, iniziativa organizzata da Unioncamere e dai Comitati per l’imprenditoria femminile che oltre a Pordenone toccherà dieci località della Penisola. «Le idee ci sono – spiega Rosella Simon, Presidente del Comitato – la voglia di concretizzare pure, la capacità di progettare Rosella Simon e metterle in atto anche. Bisogna fare i conti con le risorse». La focalizzazione passa quindi attraverso il mettere in relazione ciò che c’è con chi ne ha bisogno. «Il territorio offre strumenti finanziari e opportunità che non sempre tutti conoscono anche perché i budget contenuti per comunicarli comportano una ridotta pubblicizzazione. La poca consuetudine ad andare a cercare le informazioni fa perdere numerose occasioni». Burocrazia, procedure informatiche, garanzie da presentare

non sempre facili per tutti, alle volte eccessive fanno il resto. Il Comitato Imprenditoria Femminile di Pordenone ha tra le sue finalità anche quello di creare rete e canali di informazione per agevolare la conoscenza di iniziative, informazioni, leggi, bandi e altro che possano essere utili alle future imprenditrici o quelle che hanno iniziato un’attività da poco tempo. Con questo scopo, ha previsto sul sito istituzionale della Camera di commercio, nella pagine dedicate all’Imprenditoria femminile una sezione NEWS cui si può accedere senza password: si troveranno così informazioni su tutte le iniziative promosse dal Comitato, seminari, attività di formazione, convegni, pubblicazioni oltre a aggiornamenti periodici sulle novità che il territorio propone per l’imprenditoria, in particolare quelle femminile. Per iscriversi e ricevere il link alla sezione NEWS basta digitare http://www.pn.camcom.it/ studi-e-servizi-innovativi/imprenditoria-femminile/newsdal-comitato-iscrizione.html. Per contatti è attiva l’e-mail imprenditoria.femminile@pn.camcom.it.

LA RINASCITA DEL BRONX: ABITAZIONI E NEGOZI IMMERSI NEL PARCO

Demolizione del Centro Direzionale, costruzione di una torre con negozi ai primi piani, uffici ed appartamenti e ristrutturazione dell’intero ambito con un nuovo parco urbano


6

Luglio 2014

La Città

AMBIENTE

Viaggio alla scoperta degli alberi secolari più significativi di Pordenone. Un patrimonio ambientale da tutelare

I pilastri del cielo

Dal grande cedro del Libano sull’isolotto del lago della Burida al colossale pioppo nero del Parco del Seminario. La vicenda della quercia-Scotti, l’albero più importante della provincia, oggi scomparso. Per evitare di perdere altre piante monumentali ancora esistenti va rafforzata la tutela pubblica Lo stupendo cedro del Libano sull'isolotto del lago della Burida

di GIULIO FERRETTI

Sul quotidiano La Stampa, settimanalmente, viene pubblicato un articolo illustrante un grande albero italiano. Anche in altri mezzi di comunicazione escono interventi riguardanti la presenza di alberi secolari e, vicino a noi, ci sono state diverse segnalazioni di Cargnel sul settimanale della Diocesi Il Popolo. Ma ci ancora sono alberi secolari a Pordenone? La risposta è positiva, anche se, recentemente, se ne sono perduti alcuni importanti. Per segnalarne la presenza di può partire da Rorai Grande dove, davanti alla chiesa di San

Lorenzo, richiamava l’attenzione un grande albero, un olmo diventato famoso il 1^ maggio del 2001 per aver fermato un aereo da turismo in caduta libera, salvando pilota e passeggeri. Si trattava degli ex assessori comunali Claudio Rosset e Massimo Lionello della giunta comunale Pasini. In quella occasione si spezzarono diversi rami della pianta e si dovette provvedere a una potatura di riequilibrio ma, da quella volta, la pianta cominciò a deperire, fino alla sua fine per una malattia fungina. In ricordo del grande albero si è però conservato il moncone, visibile sul posto ancor oggi. Cercando altri grandi alberi in comune di Pordenone inevitabile recarsi presso il lago della Burida dove, al centro dell’isolotto centrale, nel passato, si stagliava isolato il grande cedro del

L'olmo del parco del Seminario

Libano, che dovrebbe aver superato il secolo di vita. C’è una storia riguardo la mancanza delle punta dell’albero: c’è chi riferisce che è stato colpito da un fulmine e altri, invece, parlano di una capitozzatura per realizzare un albero di Natale. La pianta, nel passato, era attorniata da terreno mantenuto a prato ma ora, attorno, sono cresciuti molti alberi e arbusti. Qualche volta si è discusso su un intervento sull’isolotto, per mettere meglio in risalto il grande albero ma, per ora, non si è fatto niente. Forse in futuro, quando il lago di proprietà privata, e attualmente in comodato alla Remiera di Pordenone, potrà essere gestito da un ente pubblico la situazione potrebbe cambiare. Continuando la ricerca di importanti alberi nel territorio di Pordenone, percorrendolo in senso antiorario, ci si imbatte in via Noncello, laterale di via

Il pioppo nero del Seminario

Cappuccini, nell’imponente pioppo bianco che si trova all’interno del cortile della scuola elementare. Proseguendo verso Borgomeduna importanti piante si trovano negli insediamenti del cotonificio Amman e, tra diverse altre, spicca la presenza di una grande e vetusta quercia nel parco di villa Carinzia. Sul retro dello stabilimento Amman, all’interno del parco del Seminario, in prossimità di una curva della strada, non sfugge ai più la presenza di una grande olmo che pare vegeti molto bene. Proseguendo verso il parco interno, vicino al laghetto, è stata mantenuta la presenza di un colossale pioppo nero, specie che di trova molto raramente in quelle dimensioni. Un’altra grande pianta si trova in quel bel parco cittadino lambito dalle limpide acque del canale Noncello.

Il moncone di quercia in vicolo delle Mura

Olmo nel parco del


La Città

AMBIENTE

Luglio 2014

7

e valorizzare, che non può essere ignorato nella stesura del nuovo piano regolatore cittadino

Acero parco del Seminario

Una vecchia cartolina del lago

Il cedro del Libano in Burida

Si tratta di una pianta della famiglia dei tulipiferi e si trova a sinistra dell’ingresso. Tornando verso il centro di Pordenone una pianta monumentale è sopravvissuta anche nel piccolo giardino residuo di villa Ottoboni nonostante la realizzazione nei pressi di imponenti realizzazioni edilizie negli anni del boom economico. Evidentemente chi aveva progettato gli edifici si era reso conto della necessità di salvare quel vecchio albero, un cedro deodare, diversamente da quanto è avvenuto in altri casi, anche nel caso di lavori pubblici, in cui sono stati sacrificati grandi alberi, come nella piazza di Torre, nonostante le rassicurazioni dei progettisti che avevano promesso di salvare i grandi tigli che facevano bella cornice alla fontana che ora appare orfana. Nel tempo si sono perduti alberi importanti, spesso nonostante molte cure. Uno di questi casi è quello del grande ippocastano che si trovava in via Fontane, in un’area di proprietà della Provincia di Pordenone, davanti alla sede dell’attuale istituto Mattiussi. La Provincia, nel passato, aveva incaricato un esperto per tutelare l’albero al quale erano stati applicati dei tiranti ma, successivamente, nonostante l’intervento, la pianta era morta. Ma la pianta più importante nel territorio di Pordenone era sicuramente quella di vicolo delle Mura all’interno della proprietà della famiglia Scotti. Di età difficilmente calcolabile, probabilmente di vari secoli,

appariva già molto grande sulle più vecchie immagini della città. I proprietari ci tenevano molto a quella grande quercia che era sopravvissuta ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, quando era stata colpita da una bomba che aveva procurato una grande ferita alla base del tronco, mai rimarginata completamente. L’avvocato Scotti ricorda poi che, quando era poco più di un bambino, suo padre gli dava un premio per ogni insetto parassita del legno che catturava nel tronco della pianta. Fino agli anni Ottanta dello scorso secolo quella antica quercia risultava il monumento vegetale più importante di tutta la città, peraltro poco conosciuto e non tutelato pubblicamente. Contemporaneamente ai lavori di pavimentazione del vicolo e ristrutturazioni di edifici vari nei pressi la pianta cominciò ad ammalarsi, nonostante cure attente da parte di specialisti, incaricati dagli Scotti, l’albero non sopravvisse dopo una lunga agonia e, come a Rorai Grande, la famiglia dei proprietari ha voluto conservarne in ricordo il grande moncone. Si sa anche che da una parte del tronco si sono tagliate grosse tavole su iniziativa della ditta che ha provveduto all’abbattimento. Un’altra quercia molto grande, nel recente passato, si trovava a

Borgomeduna, che si ergeva al centro dei vasti campi coltivati tra la ferrovia e il Centro Commerciale. Da informazioni, del settore agricolo, si è saputo che si è persa perché colpita da una fulmine. Un altro paio di alberi sono da segnalare anche all’interno del centro abitato e, in particolare in piazza XX Settembre. Nell’aiuola a lato della biblioteca si ergono due alberi, di essenze non autoctone, che val la pena di segnalare, anche se non paiono centenari, per la loro altezza. Il professor Antonio Pavanello, insegnante in pensione, appassionato di flora, le ha identificate come appartenenti alla famiglia delle sequoie di conseguenza molto longeve. Pavanello ha raccolto i semi di quelle grandi piante sempreverdi piantandole in vaso dove sono germinate e spuntate delle piantine che, quando avranno la dimensione sufficiente, ha intenzione di trapiantarle in qualche giardini pubblico di dimensioni adeguate per accoglierle. Da ricordare poi che i grandi alberi, a Pordenone, non godono di particolare tutela pubblica, per salvaguardarli da possibili danni. La Regione, nel recente passato, aveva fatto stampare delle pubblicazioni con l’inventario dei grandi alberi presenti in tutto il Friuli Venezia Giulia, con lo scopo della loro conoscenza e salvaguardia. Alcuni

comuni poi, avevano anche indicato nei loro piani regolatori la presenza di grandi alberi che ne segnalavano, nelle norme, la tutela e l’obbligo del loro mantenimento. È il caso del piano di Prata di Pordenone, che segnala la presenza di una grande quercia nella frazione Ghirano, in una zona coltivata, e anche un grande e vecchio gelso nello spazio esterno di un rustico. A Pordenone, la tutela dei grandi alberi, pare che non ci sia. In questo periodo di elaborazione del nuovo piano regolatore generale ci sarebbe l’occasione di metterci una pezza, per evitare di perdere alberi monumentali, elemento caratterizzante da non sottovalutare del nostro territorio.

Il pioppo bianco di via Noncello

La quercia di Villa Carinzia

cordenons SIAMO APERTI dal 31 maggio al 31 agosto tutti i giorni dalle 9.00 alle 20.00 Seminario

Olmo parrocchia San Lorenzo

Pioppo nero parco del Seminario

Le sequoie di piazza XX Settembre

via Nogaredo, 80 - Cordenons tel. 0434.542283


8

COMMERCIO

Luglio 2014

La Città

Il tema della liberalizzazione delle aperture domenicali continua a far discutere. E i consumi ristagnano di DAVIDE CORAL

Consumatori in crisi di consumi e lavoratori sempre più… consumati: il quadro che esce dalla liberalizzazione delle aperture domenicali, non è dei più felici ed evidenzia tutte le crepe e i paradossi di un sistema economico che necessariamente va rivisto. Ma facciamo un passo indietro. All’inizio fu Monti: con il suo decreto “salva Italia” l’allora premier introdusse la liberalizzazione delle aperture domenicali. Fino a quel punto il tetto era posto a 22 domeniche con le serrande alzate e chiusure obbligate per le festività. Un salto notevole dunque, che sarebbe dovuto servire a smuovere i consumi stagnanti. Le cose non hanno funzionato come previsto e sempre più voci si sono unite al coro che chiedeva di rivedere questa norma. Il dibattito, nel nostro territorio, si è riacceso a Pasquetta, con il centro commerciale cittadino chiuso e i dirimpettai di Fiume Veneto che invece hanno deciso di aprire. «La nostra vita fino alle liberalizzazioni era regolamentata: pur avendo contratti con le domeniche comprese nell’orario ordinario,

Ogni maledetta domenica! L’apertura indiscriminata sta presentando il conto: i costi sociali e ambientali sono troppo elevati rispetto ai benefici. Famiglie sacrificate e consumi che non decollano. La proposta della Regione è di ripristinare l’obbligo di chiusura durante le feste religiose e nazionali, unitamente ad altre 4 chiusure domenicali obbligatorie. Ma i grandi gruppi commerciali vogliono conservare lo status quo

la vecia osteria del moro 30° La Grotta s.a.s. di Sartor I. & C. p.i. - c.f. 00575100938 Via Castello 2,0434|28658 [pn] laveciaosteriadelmoro.it info@laveciaosteriadelmoro.it chiuso la domenica

riuscivamo ad avere spesso delle domeniche libere per stare con le nostre famiglie» ci spiega una impiegata nella grande distribuzione che preferisce mantenere l’anonimato «Esistono due tipologie di contratti di lavoro: contratto cooperativistico e contratto del commercio. In quest’ultimo caso le tutele sono ancora minori e capita che miei colleghi lavorino 7 giorni di fila senza giorni di riposo. Si tratta in molti casi di giovani assunti a tempo determinato. Ho conosciuto personalmente una ragazza con un contratto simile, fra le lacrime mi ha confessato che non riusciva più ad avere una vita privata e affettiva, essendo il suo compagno nella medesima condizione lavorativa. Il suo timore era quello di non poter mai avere una famiglia, di dover rinunciare in partenza a costruire un futuro». Le chiedo se non sia la stessa situazione nella quale si trovano i lavoratori come i ristoratori o figure che lavorano solitamente quando le altre persone si stanno divertendo «questi erano i lavori storici; le persone sceglievano di fare una vita di questo tipo. Noi non lo abbiamo scelto, ci è stato imposto per legge da un momento all’altro». Ma non sono solo i lavoratori a pagare lo scotto di questo sistema: i piccoli negozi del centro, storicamente a gestione familiare, stanno scomparendo, fagocitati da turni e servizi che non riescono a replicare. L’auspicato rilancio dei consumi non è avvenuto, la spesa si è solo spalmata in più giorni, tant’è che anche la grande distribuzione è corsa ai ripari, proponendo sempre più giornate di intrattenimento per attirare clientela nei week end. E le assunzioni? Anche lì i risultati sono modesti, sfruttando la jungla legislativa dei contatti a termine la grande distribuzione organizzata copre gli orari estesi con giovani

precari. Sommiamo anche i costi straordinari per illuminazione e climatizzazione e arriviamo ad un quadro desolante dove la domanda sorge spontanea: chi ci guadagna in tutto questo? La grande distribuzione fa comunque registrare un saldo positivo, uno 0.8% sul fatturato a base settimanale. Ma qual è il reale costo sociale, umano, ambientale di questo risultato? Alla luce della contrazione dei consumi e dei nuovi paradigmi economici, ha ancora senso sacrificare famiglia, affetti e tempo sull’altare del capitalismo più intransigente? Qualcosa, in tal senso, si sta muovendo, ed è proprio la nostra città ad essere al centro di questa iniziativa, tramite il nostro concittadino ed ex sindaco Sergio Bolzonello. Da assessore regionale alle Attività Produttive, sta movimentando il governo per riprendere in mano la regolamentazione delle aperture. Lo strumento è quello della Conferenza delle Regioni, lo scoglio (apparentemente) invalicabile è quello della direttiva europea Bolkestein. La proposta della regione Friuli è di ripristinare l’obbligo di chiusura durante le feste religiose e nazionali, unitamente ad altre 4 chiusure domenicali obbligatorie. Un ginepraio, che però può e deve essere affrontato: la volontà di superare lo status quo è trasversale, parte dall’ala cattolica con la CEI, e arriva alle associazioni di categoria e ai sindacati. Per mantenere lo status quo invece c’è il fronte comune dei grandi gruppi del commercio. L’impressione sempre più forte è che si debba evitare una guerra fra poveri, riappropriandosi del tempo e del senso di comunità: dove non arrivano i servizi, sarà il nostro vicino di casa a prestarci un litro di latte. Perchè molto spesso si dimentica che la dignità e l’etica del lavoro, non sono a tempo determinato: nemmeno la domenica.


La Città

L’INTERVISTA

Luglio 2014

9

Flavia Ceschin è la rappresentante provinciale della Federazione Italiana Medici Pediatri LAVORO

“Mettersi in proprio”, un Dna da nutrire

Pediatri in trincea Un inedito sguardo ai cambiamenti sociali in atto. Crescono i disturbi relazionali con il cibo, dall’anoressia all’epidemia di obesità, e le problematiche neuropsichiatriche. I genitori manifestano preoccupazioni legate al vortice di informazioni mediche che li circonda cercate soprattutto su internet

Osservatorio Acli: di fronte alla crisi i giovani non disdegnano l’idea dell’auto-imprenditorialità (fm) C’è fame di lavoro tra i giovani pordenonesi. Un progetto che guarda al futuro, mettendo al centro gli interessi dei giovani, con l’obiettivo di fornire loro una “mappa” per orientarsi nel complicato mondo del mercato del lavoro, è la manifestazione GIOVANI LAVORO X, promossa dalle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) di Pordenone. La seconda edizione dell’iniziativa, svoltasi nel mese di giugno, ha coinvolto studenti, laureandi o neo-laureati, ma anche disoccupati o liberi professionisti in cerca di nuove opportunità, che hanno partecipato numerosi al programma di laboratori gratuiti “Joblab - Come cercare lavoro”. L’iniziativa ha messo in luce un dato interessante: a fronte delle opportunità di lavoro sempre più scarse, i giovani non disdegnano l’idea di lanciarsi nell’avventura dell’auto-imprenditorialità. Tra i laboratori che hanno chiuso per primi le iscrizioni, per il raggiungimento del numero massimo di posti disponibili, c’era infatti proprio quello dedicato a come acquisire competenze e strumenti per avviare un’impresa. Già nella precedente edizione della manifestazione, del resto, svoltasi nel settembre 2013, un sondaggio informale lanciato sulla pagina facebook delle Acli aveva evidenziato come molti degli intervistati, persone giovani e meno giovani, non scartassero affatto la possibilità di avviare nuove imprese. Ma quali sono oggi i principali ostacoli per chi desideri “mettersi in proprio”? A spiegarlo ai partecipanti al laboratorio tematico del progetto GIOVANI LAVORO X è stato Piero Petrecca, formatore e consulente d’azienda. “La vera difficoltà è fare un'analisi delle opportunità che il mercato nella nostra regione offre in questo momento e incrociarle con i punti di forza del neoimprenditore”, dice Petrecca. “Si tratta, in sostanza, di tradurre l'embrione di idea d’impresa in un documento, il business plan, che verifichi la sostenibilità economica del progetto imprenditoriale. Il neoimprenditore, dunque, oltre ad avere le giuste motivazioni e caratteristiche per questo ruolo, deve anche avere un minimo di conoscenze economico-finanziarie, per evitare spiacevoli conseguenze. La redazione di un piano d'impresa non è particolarmente complicata, ma è meglio farsi assistere da

una persona competente”. Solo ostacoli, dunque, sulla via dell’aspirante imprenditore, o ci sono anche segnali positivi? “La principale opportunità in questo momento consiste nella disponibilità di tutti i soggetti pubblici a sostenere chiunque voglia intraprendere la strada dell’imprenditorialità con incentivi, corsi di formazione, consulenza e agevolazioni”, afferma Petrecca. “La Regione e la Provincia dispongono di sportelli ad hoc per aiutare i candidati imprenditori, presso i quali si può venire a conoscenza anche di speciali contributi a sostegno della nuova impresa. Per imprese giovani esiste inoltre un regime fiscale particolarmente favorevole”. Eppure, oggi come oggi, chiunque cerchi lavoro, in fondo, deve essere un piccolo “imprenditore di se stesso”. Ecco allora il consiglio di Petrecca a tutti i giovani in cerca di lavoro: “Viviamo una particolare congiuntura economica che determina una sempre maggiore precarietà del mercato del lavoro. Ciò obbliga ad acquisire una mentalità imprenditoriale a prescindere. Ovvero, anche nel mercato del lavoro ci si deve muovere in modo attivo, utilizzando precise tecniche di marketing”. A dargli manforte in questa tesi anche Lara Perissinotto, relatrice del laboratorio “Strategie di ricerca del lavoro”, anch’esso tra i più richiesti. Dice la Perissinotto: “E’ importantissimo essere proattivi: consultare gli annunci, mettere in giro la voce che “stiamo cercando”, mandare curriculum. Bisogna tenersi sempre aggiornati ed informati: attraverso la rete Internet e i social network, che stanno diventando attori sempre più importanti nella ricerca del lavoro, o leggendo i giornali in cerca di notizie interessanti, come l’apertura di una nuova azienda o di un nuovo centro commerciale. E’ essenziale impostare una strategia di ricerca: capire che tipo di lavoro si sta cercando, quali opportunità effettive di inserimento offre il settore, qual è la tempistica più corretta per proporsi, quali canali è meglio attivare (passaparola o agenzia per il lavoro?). Ogni professione/ settore ha infatti un suo canale preferenziale e quest’ultimo dipende molto anche dalla dimensione dell’azienda e dal territorio in cui essa è collocata. Insomma, cercare lavoro è un lavoro! Serve prima di tutto tempo, ma anche impegno, pazienza e costanza per raggiungere qualche risultato”.

di PAOLA DALLE MOLLE

“Se qualcuno dieci anni fa mi avesse chiesto come sarebbe stato il futuro del mio lavoro, mai avrei immaginato che potessero esserci tanti e tali cambiamenti”. A parlare, circondata da quadretti e disegni colorati, tracce lasciate da generazioni di bambini nel suo ambulatorio, Flavia Ceschin, medico pediatra di famiglia da quasi 30 anni, rappresentante provinciale Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri). Per comprendere la ragione o meglio, una delle ragioni di questo cambiamento, in realtà basta dare uno sguardo alla sala d’attesa. Tra bimbi che sembrano raggruppare un mondo in una stanza, si comprende come siano cambiate le necessità e le richieste dei piccoli pazienti. Tuttavia il fenomeno migratorio, non rappresenta l’unica complessità di questa professione in cui è in atto una profonda mutazione. “A guidare il cambiamento - ha spiegato la pediatra - è la trasformazione in atto che travolge consolidate regole della società, basti pensare al ritardato pensionamento dei nonni che per anni facevano i babysitter o all’aumento delle famiglie monoparentali (si stima che in Italia siano il 16%) o ancora alla grave crisi economica. Questi sono alcuni dei motivi che spingono questa professione verso una medicina d’iniziativa in grado di intercettare i bisogni e le necessità di una società sempre più complessa e variegata. Sono cambiate le patologie dei piccoli pazienti in questi dieci anni? ”Sono aumentate le diagnosi e la sopravvivenza dei bambini con malattie rare che richiedono una presa in carico multi professionale. Alle patologie tradizionali oggi si sommano molte malattie del ben/malessere. Crescono i disturbi relazionali con il cibo, dall’anoressia all’epidemia di obesità e le problematiche neuropsichiatriche. L’eccesso di cibo che viene somministrato ai bambini è dannoso ma anche alcune diete vegetariane strette presentano dei rischi”. I pediatri curano i pazienti fino a 14 anni (in alcuni casi fino a 16) ma a dire il vero oggi a questa età alcuni ragazzini fumano, bevono... Presentano stili di vita simili agli adulti. Cosa fare? “È vero, vediamo le prime dipendenze, impensabili fino a pochi anni fa, che, contrariamente a quanto si crede, non riguardano esclusivamente gli adulti, anzi: il primo “germe” nasce proprio in età pediatrica. Il nostro rapporto con gli adolescenti si è nel tempo evoluto anche in questo: studiando le problematiche

giovanili al pari della cura delle patologie, stando a fianco delle famiglie accompagnandole come educatori. Per questo spesso collaboriamo con altre realtà del territorio come il servizio di neuropsichiatria, la scuola e se occorre anche con il reparto di pediatria, il CDA (centro disturbi dell’alimentazione), il SERT (centro per le dipendenze). Il rapporto fra medici e pazienti o con i genitori è cambiato? Qualche difficoltà può presentarsi nel caso di qualche famiglia straniera di recente immigrazione, soprattutto per la lingua e abitudini diverse. In realtà i bimbi sono sempre gli stessi con i loro disturbi ma i genitori manifestano in alcuni casi, ansie e preoccupazioni legate forse al vortice di informazioni mediche che li circonda con un bombardamento di notizie cercate soprattutto su internet. Si parla molto in questo periodo di vaccinazioni e dei loro rischi. Lei cosa pensa in merito? “Sono convinta che di questi tempi giri sul tema moltissima

Gelateria Artigianale Cavour

un mare di gusti... Piazza Cavour, 1 33170 Pordenone tel. 347 2749545

disinformazione: ritengo che i vaccini debbano essere fatti. Non dimentichiamo che essi rappresentano una difesa importantissima contro molte malattie verso le quali è meglio non abbassare la guardia; al di sotto di una certa copertura (numero di persone vaccinate), il rischio che simili patologie possano o tornare a diffondersi e si sviluppi una vera e propria epidemia di malattie che ho studiato solo sui testi universitari e ormai scomparse (polio, difterite, tetano, ecc.) diventa molto alto. Si tratta di una responsabilità individuale e sociale. Come vede il futuro? Oggi ci confrontiamo con casi sempre più numerosi di bimbi che a causa della crisi economica e della mancanza di denaro in famiglia, non sanno come pagare i farmaci da banco o il ticket della visita oculistica, o le cure odontoiatriche. La nostra è una professione che ogni giorno deve confrontarsi con assistenti sociali, insegnanti, colleghi, psicologi. Ogni giorno è un confronto con la malattia ma anche con casi umani sempre diversi.


10

SOTTO LA LENTE

Luglio 2014

La Città

La crisi del settore immobiliare morde anche a Pordenone, dove l’offerta di case supera la domanda

Riqualificare l’esistente, la sfida dell’immobiliare AFFITTASI

Bortolus: “In centro esistono spazi pubblici che potrebbero essere utili per la collettività a livello associativo. Anche se non ‘rendono’ garantirebbero una riqualificazione urbana. Negozi sfitti? Si abbassino i canoni di locazione” di PAOLA DALLE MOLLE

Tanta offerta, poca domanda: si è trasformata la realtà immobiliare di Pordenone sullo sfondo di una crisi legata al mondo del lavoro. “Dal 2008 ad oggi - spiega Stefano Bortolus, dell’omonima Agenzia Immobiliare - abbiamo assistito a una lunga discesa dei prezzi che si misura tra il 20 e il 25%. In questa discesa sono a volte penalizzati i vecchi immobili del centro città che richiedono interventi di ristrutturazione. Condomini degli anni ’70 dove, tra le spese generali, un acquirente si ritrova a pagare l’acqua o il riscaldamento e dove, mancano alcuni parametri ecostostenibili e di risparmio energetico molto richiesti. Com’è la situazione immobiliare a Pordenone?

Pordenone presenta una situazione particolare. Negli ultimi anni in città si è costruito molto e l’offerta oggi, supera la domanda. Credo sia importante cambiare prospettiva. La città ad esempio, presenta diverse aree di archeologia industriale, una dimostrazione si trova in via Molinari dove erano situate le Officine Savio e dove oggi trovano spazio associazioni e privati in diverse unità immobiliari. Il loro recupero avviene secondo parametri e vincoli specifici e gli edifici realizzati sono molto interessanti. Ci sono molte altre realtà simili che aspettano di essere risistemate. In centro esistono spazi pubblici che potrebbero essere utili per la collettività a livello associativo. Realtà che forse non “rendono”, ma allo stesso tempo, non perdono e garantiscono una riqualificazione degli spazi urbani, magari autofinanziandosi”. Oggi il mercato si è assestato su una stabilità sulla quale pesano le incertezze legate alle tassazioni sulla casa e alla crisi del lavoro. “Forse occorre ricominciare da qui, partendo dalle nuove quotazioni senza illudersi in una ripresa significativa o un’uscita miracolosa dalla crisi. I dati parlano chiaro: negli ultimi 15 mesi, il calo dei prezzi ha oscillato fra il 15 e il 20% sia nel settore delle vendite che delle locazioni, accompagnato da una diminuzione considerevole delle transazioni. Tuttavia, negli anni passati, i prezzi degli immobili in città avevano raggiunto livelli molto alti senza riscontro nella domanda reale. La situazione risente del cambiamento più radicale della società, legato alle risorse finanziarie e agli stili di vita della persone. Occorre accettare e recuperare valori diversi da quelli del passato. Anche il modo di progettare le case è cambiato? “Le nuove costruzioni sono realizzate per rispondere alla situazione globale di crisi, meno alle necessità effettive delle famiglie. I nuovi alloggi, spesso, presentano dimensione ridotte rispetto al passato. All’interno, nelle abitazioni, sono scomparsi i corridoi e i ripostigli, le porte d’ingresso confluiscono direttamente nella zona giorno o pranzo della casa, le camere da letto sono di piccole dimensioni. La crisi porta alla razionalizzazione degli spazi ma senza incontrare il gusto delle persone e per queste ragioni,

i clienti piuttosto che al nuovo, puntano sul recupero del patrimonio immobiliare esistente. In ogni caso, nuovo o usato, prima i clienti vogliono vendere la vecchia abitazione poi decidono di acquistarne una nuova”. È tutto fermo o qualcosa si muove? “Il mercato detta le nuove leggi ma permette anche di fare acquisti al giusto valore. Le transazioni non sono del tutto ferme, come si dice, perché in fin dei conti, la casa resta il sogno più grande per ogni italiano. Oggi si lavora molto su abitazioni singole da ristrutturare e riqualificare”. Quali sono i “tagli” più richiesti? “Soprattutto unità abitative con una superficie compresa fra i 70 e i 90 mq, una dimensione richiesta di frequente da famiglie o persone anziane che scelgono di venire abitare in centro. Tra le voci di spesa che si tengono in maggiore considerazione, emergono le spese condominiali come la tipologia del riscaldamento che viene valutata rispetto al risparmio energetico. Sul fronte degli affitti, la domanda si concentra su appartamenti di due camere mentre si registra un calo degli acquisti e di richiesta di locazione da parte degli extracomunitari”. Il ruolo delle banche? “Sono un grosso scoglio. Gli istituti non sono collaborativi per il mercato immobiliare e non aiutano la ripresa degli acquisti. In realtà, in passato sono stati concessi prestiti che oggi si riferiscono a beni immobili con un valore pari o addirittura inferiore al mutuo. Agli istituti bancari spetterebbe maggiore partecipazione nella concessione dei prestiti soprattutto per le coppie giovani perché la maggiore richiesta arriva proprio da chi deve cercare la sua prima casa”. Riguardo ai negozi? “In città si assiste a un turnover dei negozi. Ma credo sia importante per i proprietari degli immobili accettare anche degli affitti più bassi piuttosto che lasciare i locali sfitti e vuoti, i quali restano comunque un costo importante per il proprietario. E, in molti casi, è utile valutare bene la tipologia commerciale da inserire per evitare troppe sovrapposizioni in alcuni settori”.


La Città

ECONOMIA

Luglio 2014

11

L’accordo di maggio è apparenza o sostanza? Leggendo il documento resta qualche dubbio sul futuro

Electrolux, un accordo che ha il sapore della tregua

La delocalizzazione in Polonia, e quindi l’abbandono di Porcia, per ora è scongiurato. Azienda, governo e parti sociali hanno trovato il modo di ridurre il costo del lavoro e rendere ancora competitiva la presenza di Electrolux in Italia. Eppure, guardando i numeri, non c’è da sta tranquilli Occorre innanzitutto dire che, alla fine, Electrolux ha ottenuto quello che voleva: trenta ore di lavoro settimanale e dieci a carico dello Stato; aumento dei ritmi di lavoro alla catena di montaggio, mano libera sugli impiegati dei servizi per i quali è prevista la cassa integrazione speciale e il licenziamento. E inoltre: un impegno a tempo, fino al 2017, e l’abbattimento del 50% dell’agibilità sindacale dentro la fabbrica. Un’analisi asettica del documento firmato il 14 maggio scorso ci porta ad evidenziare alcuni punti chiave. Innanzitutto le premesse che recepiscono la posizione, a lungo sostenuta da Electrolux, del deficit di competitività delle strutture produttive in Italia. Nel punto dell’accordo in cui si parla della discussione sul Piano Industriale 2014-2017 si afferma che sia Electrolux che le Organizzazioni Sindacali hanno evidenziato al Governo la necessità di un intervento strutturale sul costo del lavoro come elemento per frenare la delocalizzazione produttiva. Si afferma poi che il Governo e le Regioni hanno potuto individuare strumenti di interesse generale che, se adeguatamente utilizzati, possono favorire il miglioramento delle dinamiche competitive di Electrolux, chiedendo a quest’ultima di lavorare assieme per trovare il modo di ridurre i costi di produzione. In quest’ottica è stato rinnovato l’accordo sui contratti di solidarietà, finanziati dalla collettività. Si parla poi di quanto Electrolux ha messo sul tavolo e cioè: a) investimenti stimati nel quadriennio, per tutti e quattro gli stabilimenti italiani, di circa 150 milioni di euro (mediamente circa 9 milioni di euro anno per stabilimento) destinati al 60% al prodotto e per il 40% al processo, cioè praticamente un livello “ordinario” e non certo in grado di fare la differenza sul mercato; b) impegno a mantenere attivi tutti e quattro gli stabilimenti; c) impegno a non gestire unilateralmente la crisi. E si finisce poi con gli “impegni” di Governo e Regioni e cioè: a) sostenere gli investimenti del Piano di Electrolux in materia di ricerca e sviluppo; b) sostegno ai contratti di solidarietà; c) sostenere la candidatura delle aree di insediamento delle realtà dell’elettrodomestico come aree di svantaggio socioeconomico; d) supportare i corsi di formazione e riqualificazione professionale.

Inoltre: verificare semestralmente l’andamento di quanto previsto nell’accordo e un impegno importante di risorse pubbliche. Qualcuno ha definito questo accordo una tregua. Allora occorre che ci sia un progetto per ricominciare. Andando poi nello specifico del piano di Porcia, si notano due cose: da un lato il piano di investimenti di prodotto e processo, che ha elementi positivi ma che potrebbe essere, come avvenuto già in passato, sviluppato a Porcia per essere poi trasferito in Polonia, dall’altro, la riconferma dello spostamento dei volumi di produzione che passano da 1.152.000 del 2014 a 750.000 nel 2017 senza un legame specifico ai prodotti. Inoltre il piano di investimenti di prodotto e processo sembra slegato dai volumi che si dichiara di voler produrre a Porcia. Non c’è traccia all’interno del Piano degli investimenti pubblicitari sul mercato necessari a sostenere i volumi di produzione. Tuttavia, un elemento chiave per comprendere la portata del Piano presentato sta nelle cifre degli esuberi dichiarati e non smentiti. Si parte da un organico globale sul sito di Porcia che all’apertura della crisi era di 2122 persone, di cui 1160 nello stabilimento (e di esse si parla) e 962 nei servizi (di cui, volutamente, non si parla, ma che rappresentano il valore aggiunto di Porcia). Nel momento della firma l’organico di Porcia si era già ridotto a 1028 unità, per cui sono state dichiarate 396 eccedenze a livello operaio e 18 eccedenze a livello impiegatizio. Alla fine del percorso quindi l’organico è ridotto a 614 persone. A questo calo si somma lo smembramento dei servizi e la loro delocalizzazione, su cui è stata data mano libera all’azienda, che, si può stimare, portino a un calo di almeno il 50% delle risorse. Alla fine del percorso quindi le 2122 persone del sito di Porcia saranno 1114 (nella migliore delle ipotesi!) Mario Grillo

CASO ELECTROLUX continua dalla prima

Una vertenza mediatica e politica hoc, quadriennale e permanente, per il solo Gruppo svedese, a cui si aggiunge l'aumento della velocità delle catene di montaggio ed il taglio del 60 per cento dei diritti sindacali. È evidente che non si poteva ottenere nulla di diverso, dal momento che il Sindacato e le Regioni (Fvg in primis) in sette mesi non hanno mai voluto predisporre una proposta organica da presentare, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, ad Electrolux. Una cosa è certa: sin dall'annuncio dell'investigazione, Electrolux è riuscita ad imporre una discussione unilaterale sulle condizioni necessarie per continuare a produrre in Italia, mettendo sotto accusa il costo del lavoro che sarebbe la principale causa del gap competitivo dei siti italiani. Emblematica a questo riguardo è stata la posizione del Sole 24 Ore che con il suo Dossier Electrolux ha sempre patrocinato le posizioni di Ferrario, accordando la sua piena fiducia solo ai followers dell'assistenzialismo statale “a fondo perduto”. Il resto lo hanno fatto i ministri Poletti e Guidi, proprio in una fase abbastanza cruciale del confronto. Essi imprimono alla trattativa la “svoltabuona” decidendo di sorvolare sul fatto che la multinazionale non ha affatto presentato una modifica credibile al Piano industriale richiesta inizialmente dal Ministero dello Sviluppo Economico come condizione per la concessione dei finanziamenti richiesti. Il rischio di una rottura con Electrolux sarebbe stato politicamente intollerabile per un Governo deciso a dimostrare la sua capacità di fare le cose “presto e bene”. E su questo punto hanno concordato sia il segretario della Fiom Maurizio Landini sia Debora Serracchiani. Entrambi non potevano certo rischiare di compromettere il loro ruolo mediatico e politico in uno scontro con l'Azienda dagli esiti incerti. I leader mediatici sono tali solo se sono vincenti nel rapporto con i media e l'opinione pubblica.

TVC - ELETTRODOMESTICI CELLULARI - PC - TABLET PC *

-15% sui Frigoriferi

PORDENONE Viale Libertà, 23 - tel. 0434 521248 *Scadenza 30/07/2014 sui prodotti presenti in negozio

GLI ESPERTI SIAMO NOI


12

La Città

ITINERARI PORDENONESI

Luglio 2014

Un binomio perfetto per una gita estiva fuori porta tra verde, acqua, arte e sapori locali

Passeggiata al Palù e degustazione di trota alle sorgenti della Livenza Fino a fine agosto è visitabile l’esposizione di land art “Humus Park” al Palù di Livenza. Consigliata una “sosta” alla Trota Blu, la storica trattoria della pedemontana dove degustare, circondati da acqua sorgiva, la trota della Livenzetta di CLELIA DELPONTE

Andiamo alla scoperta di piccoli tesori nascosti fra le pieghe della nostra bella terra, che non finisce mai di stupirci, regalandoci cose belle e buone. Cose belle come l’Humus Park, l’esposizione di land art naturalistica, che rende ancora più magica una passeggiata al Palù di Livenza, tra verde, acqua, arte e archeologia. E cose buone come la trota, allevata e cucinata sulla Livenzetta (una delle 2 sorgenti della Livenza). Un binomio perfetto per una gita fuori porta a 2 passi da casa. Come sempre quello che fa la differenza è la passione, l’impegno e la qualità. Ma anche la capacità di cogliere le opportunità e avere una visione. Come quella di Alberto Corona, che da 2 anni ha rilevato la gestione della Trota Blu, storico locale della pedemontana, in declino dopo il ritiro da parte della famiglia Varnier, che lo aveva gestito per 60 anni. “Ma tutto è nato nel 2007 – racconta Corona – quando, partendo dallo storico allevamento di trote di Pier Antonio Salvador, che è anche presidente nazionale dell’Associazione piscicoltori italiani, abbiamo avviato un’attività di trasformazione e distribuzione, lavorando prodotti destinati alle mense scolastiche: hamburger, bastoncini, polpettine… Tutto fresco,

Alberto Corona (foto Angelo Simonella)

senza conservanti, né coloranti e nemmeno spine”. Attualmente i prodotti vengono distribuiti a 150 scuole tra il trevigiano e il pordenonese, e il bacino di riferimento è in espansione verso Udine e verso Padova e Mestre. Visto il consenso avuto, il desiderio di rilevare anche il ristorante è stato quasi naturale. Ed ecco che seduti tra il fresco degli alberi su una piccola isoletta, circondata da acqua sorgiva (ma anche all’interno, godendo la vista da ampie vetrate), dove nuotano simpatiche paperelle, si possono gustare specialità come i ravioli (fatti a mano dal pastificio artigianale purliliese Sfoglia D’oro) ripieni con ragù di trota. L’antipasto è una vera tentazione: trota marinata, affumicata a freddo, affumicata a caldo, tartare cruda (sofficissima e iper sicura dopo l’abbattimento a - 40°), gamberi di fiume, per ritrovare le tradizioni. Per l’affumicatura a caldo (tipica dei paesi nordeuropei) Corona si affida a una piccola azienda in Carnia, perché “sono i migliori”. “Oggi – afferma – si parla di Km 0, ma io posso offrire un prodotto a metri 10, perché allevamento e trattoria sono praticamente contigui. A questo aggiungo ingredienti come la pluripremiata pasta trentina Felicetti o i fiori di

Un'installazione di Humus Park sul fiume (foto Angelo Simonella)

un’azienda agricola di Portobuffolè”. E per chi non mangia la trota? “Abbiamo sempre un’alternativa”. Inutile dire che tra i dolci c’è la crostata al figomoro di Caneva, mentre le verdure, solo di stagione, provengono da un orto biodinamico di Schiavoi, però tra gli ingredienti compare anche qualche tocco esotico come lo zenzero. La pedemontana è frequentata da molti ciclisti e per loro l’acqua è sempre a disposizione. “Qui ci sono altissime potenzialità turistiche, ancora da sviluppare – svela Alberto Corona – io qualche progetto ce l’ho, vediamo cosa andrà in porto. Intanto organizziamo delle serate a tema al venerdì sera”. Col mese di giugno sono partiti anche i percorsi guidati ad Humus Park, nelle sue due sedi, quasi tutti i sabati di giugno, luglio, agosto: al mattino al Palù di Livenza (ore 10 con partenza da via Longone nel Comune di Caneva, il percorso archeologico naturalistico, ore 11.00 con partenza dalla Chiesa della Santissima, il percorso tra le installazioni artistiche: al pomeriggio al parco del Castello di Torre a Pordenone, partenza dal Museo archeologico (ore 17, visita all’Archeomuseo - che custodisce anche i reperti provenienti dal Palù, sede del più antico sito palafitticolo del Friuli Venezia Giulia -, ore 18 il percorso tra le installazioni artistiche. I percorsi guidati sono gratuiti e adatti a tutti e si possono combinare a piacimento. Info e prenotazioni: 339 1363764 per i percorsi del Palù di Livenza; 347 9156576 per i percorsi al Parco e Museo Archeologico di Torre. Per la Trota Blu i riferimenti sono: www.trotablu.it; 0434 77027.

AMARAPIACE

Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone

di MARA DEL PUPPO

Acaccia di un buon ristorante? Spesso il passaparola è meglio di Tripadvisor Da Tripadvisor alle guide specializzate, dai blog ai portali dedicati ai foodies. Ecco i sistemi più gettonati per trovare i posti dove degustare le specialità locali, anche se il consiglio di un amico con un buon palato resta insostituibile L’estate è alle porte e ci ritroviamo già proiettati verso le vacanze. Che si tratti di spiaggia, montagna o città, la vacanza è un momento in cui concedersi del sano relax e una cena come si deve, magari testando qualche specialità locale. E nell’era del digital Tripadvisor è per molti la principale fonte dispensatrice di consigli. Cos’è Tripadvisor credo che oramai lo sappiano tutti: un portale che pubblica delle recensioni sui ristoranti scritte dagli utenti che li hanno visitati. Non è necessario essere dei giornalisti o degli opinion leader del settore, tutti – dopo essersi iscritti – possono accedere e parlare della loro esperienza più o meno positiva in una trattoria, un ristorante, una pizzeria. Molti si chiedono quanto un utente privo di formazione tecnica possa esprimere pareri competenti, altri quanto questi pareri possano essere sinceri e in linea con l’obiettivo di fornire indicazioni utili ad altri utenti. È proprio questo il nodo della questione. Di recente ho letto una lunga intervista di Stefano Bonilli a Roberta Corradin. La nota scrittrice è anche la moglie di uno chef con cui gestisce un ristorante in Sicilia. Tutto va per il meglio, giudizi positivi di persona, giudizi positivi su Tripadvisor. Poi ad un certo punto sul sito compaiono una sfilza di attacchi, tutti rivolti a lei. “Non perdevano neanche tempo a descrivere i piatti, il menu, l’ambiente, a dare un velo di veridicità. Esprimevano odio, risentimento, fastidio, per il fatto che io sono del nord, “sedicente scrittrice” e pure proprietaria di un ristorante”. Le stroncature continuavano nonostante i clienti se ne andassero soddisfatti e gli effetti negativi cominciavano a farsi sentire: prenotazioni cancellate e discesa verso gli

inferi della classifica stilata dal celebre sito. Senza raccontare la storia nel dettaglio, l’epilogo è che la Corradin arriva alla conclusione che le recensioni siano pilotate da qualcuno che in qualche modo voleva interrompere il positivo percorso che il suo ristorante aveva avviato. La “sedicente scrittrice” si informa, scopre che nel regolamento non sono ammessi insulti e contatta il sito per fare delle segnalazioni. Inoltre, dove le critiche non sono precise e circostanziate, risponde chiedendo spiegazioni al recensore, mossa utile anche a dimostrarne l’infondatezza. Quello di Roberta Corradin non è certo l’unico caso di recensioni fasulle. Che significa? Che Tripadvisor non è uno strumento affidabile? Non sempre direi. È uno strumento utile se gestito con un po’ di buon senso, meglio se in affiancamento ad altri. Volete un consiglio? Se amate gli strumenti più vintage le guide sono ancora dei suggeritori più che attendibili. Anziché la classica guida turistica meglio preferire editori specializzati, che fanno una panoramica su scala nazionale e che propongono opzioni per tutte le tasche. Siete diventati allergici alla carta? Allora potete rivolgervi ai blog di settore che stilano spesso delle classifiche sui locali di una città segnalando i migliori per rapporto qualità/ prezzo o per capacità di offrire delle ottime specialità locali (dissapore.com o scattidigusto.it). Esistono anche portali in cui qualche appassionato foodie racconta le sue esperienze gastronomiche in maniera molto dettagliata (passionegourmet.it). C’è poi uno strumento che non passa mai di moda: il passaparola. Quello di qualche amico con un buon palato è sicuramente il più affidabile di tutti, non c’è concorrenza.


La Città

APPUNTAMENTI

Luglio 2014

13

Ricco come sempre il programma di appuntamenti estivi allestito dal Comune di Pordenone

Estate in città a suon di musica Prestigioso trittico di concerti realizzato in collaborazione con il Teatro Comunale Giuseppe Verdi. Il 17 luglio ritorna la lirica con il Barbiere di Siviglia. Agosto all’insegna del Pordenone Blues Festival

DA NON PERDERE

TUTTE LE SERE DI LUGLIO SHOWDEI PAPU AL CASTELLODI TORRE

Per il 2014 gli Assessorati alla Cultura, Sport e Tempo Libero del Comune di Pordenone - affiancati da altri enti come il Teatro Comunale Giuseppe Verdi, Regione Fvg, Provincia di Pordenone, Camera di Commercio e AscomConfcommercio e sostenuti da privati come Banca Popolare FriulAdria, FriulOvest Banca, Sim2 e Best Western Parkhotel, con il fondamentale apporto delle associazioni cittadine hanno progettato un’Estate in Città equilibrata e gradevole, capace di offrire appuntamenti di qualità, senza tralasciare l’intrattenimento e lo svago, con iniziative per tutti i gusti e per tutte le età. E se le ristrette finanze hanno reso necessario l’introduzione del biglietto per diverse iniziative, i prezzi sono davvero accessibili. Musica, cinema, teatro, letteratura, arte, poesia, sport, incontri, laboratori distribuiti tra centro e periferia, teatri e piazze, musei e giardini di casa, punteggiano un calendario ben articolato al via il 27 giugno con il prestigioso concerto de I Solisti Veneti, che celebrano il 55mo anno di attività con la partecipazione straordinaria del maestro Uto Ughi, solista al violino. Altro solista di rilievo sarà Enrico Pieranunzi, che assieme all’Orchestra della Radio Televisione di Lubiana, interpreterà le splendide pagine della Rhapsody in blue di Gershwin, con la direzione di Eddi De Nadai. Il trittico di concerti realizzati grazie alla collaborazione con il Teatro Comunale Giuseppe Verdi, si completa con l’esibizione, il 13 luglio, della cantante Petra

Magoni, affiancata da Andy Fumagalli (Bluvertigo). Tre proposte di alta qualità, dunque, che spaziano dalla musica classica al jazz al pop, cui si aggiunge, sempre in teatro, la lirica della Filarmonica (Il Barbiere di Siviglia) portata dalla Provincia di Pordenone (17 luglio). Se l’avvio del cartellone è segnato dal 55mo dei Solisti Veneti, il mese di luglio sarà dedicato al 25esimo anno di attività dei Papu, che dopo l’anteprima cinematografica in piazzetta Calderari, terranno banco tutte le sere nell’arena verde del Castello di Torre. Nuova è la collaborazione con il Miv festival (inserito nel progetto provinciale VibrAction), che il 4 luglio porterà nel Convento di San Francesco l’unica data italiana delle giovane band belga Amatorski. Piazza XX Settembre è infine pronta ad accogliere Emergency, con l’Emfaber band, il concorso canoro Il Tuo canto libero (24 luglio), il Festival internazionale del Folklore giovanile (4 luglio) e il Festival Internazionale del Folklore Aviano Piancavallo (14 agosto). Il Pordenone Blues Festival, dal canto suo, a fine agosto animerà diverse location, istituzionali e non, con un programma vario e articolato, chiudendo l’Estate in Città con il gran finale al parco di San Valentino il 31 agosto. E si continua con musica, teatro, cinema, arte, laboratori… Da non perdere l’Archeopapu (all’Archeomuseo con i Papu) e la discesa in canoa sul Noncello con Molmenti. Programma completo su www.comune.pordenone.it/estate

Tutte le sere di luglio show dei Papu al Castello di Torre Anche per i Papu, la coppia comica pordenonese che continua a mietere successi, è arrivato il momento delle … nozze d’argento, che festeggeranno con un fittissimo calendario di eventi in programma per luglio, a Pordenone. Dal l’1 al 31 luglio, alle 21.15, tutte le sere, nel parco del Castello di Torre, porteranno in scena i loro spettacoli - dagli esordi ad oggi, comprese le ultime produzioni di gruppo come il “Giovine Frankenstein” assieme al Teatro a la Coque e “Vintage” con i Camerieri Italiani – intervallati da tre incontri speciali (il 3, 10 e 17 luglio), con ospiti celebri, dedicati al rapporto fra la comicità e il teatro, il cinema e la letteratura, organizzati in collaborazione con Teatro Verdi Pordenone, Cinemazero e pordenonelegge.it. Gli abbonamenti sono in vendita fino al 21 giugno (per 4 spettacoli e 3 incontri con posto riservato costa 35 euro) i biglietti dal 23 giugno (nei PnBox Studios e nella sede di Turismo Fvg, a Palazzo Badini, in piazza Cavour). Il biglietto unico costa 10 euro (ingresso gratuito fino a 10 anni) Infoline e biglietteria: 342.1345469, Per sostenere l’evento i Papu hanno scelto la strada del crowdfunding, alias “finanziamento collettivo”. In un video spassosissimo, che si può vedere sul sito www.ipapu.it, sono gli stessi Papu a spiegare a Lidia e Fernanda, personaggi fra i più esilaranti ed amati del loro vasto repertorio, di cosa si tratta. E per incentivare le donazioni – che possono essere fatte esclusivamente attraverso il sito www.ipapu.it - i Papu hanno programmato una serie di “riconoscimenti” per i sostenitori. Info: www.ipapu.it Cristina Savi

#estatepn

SOTTO LA LENTE

L’ARTE DI TRANQUILLOMARANGONI, UNACHICCAIN BIBLIOTECACIVICA Fino al 12 luglio, nella Sala Esposizioni della Biblioteca Civica di Pordenone (orario: lunedì 1419; dal martedì a sabato 9-19) è visitabile la mostra “Tranquillo Marangoni. La realtà in figura di emblema”, a cura di Gianni Pignat. Nato a Pozzuolo del Friuli nel 1912 e morto a Ronco Scrivia nel ’92, Marangoni è considerato tra

i più grandi xilografi europei del Novecento. Un autore di rilievo internazionale che nel pordenonese è stato visto ancora troppo poco e che quindi la Biblioteca ha ritenuto importante proporre. La mostra segue il filone delle esposizioni proposte dalla Civica che riguardano il rapporto arte/ scrittura.

www.comune.pordenone.it/estate


14

Luglio 2014

La Città

IL PERSONAGGIO

Il salesiano Silvano Gianduzzo ha avvicinato al teatro generazioni di allievi dell’Istituto “Don Bosco”

Lo spettacolo di una vita dedicata ai giovani

Nel panorama amatoriale della nostra provincia probabilmente è un record: settant’anni di teatro sono un traguardo invidiabile! Questo anniversario è stato festeggiato a metà aprile da Silvano Gianduzzo, salesiano originario di Summaga, vicino Portogruaro, che da oltre quarant’anni vive al Don Bosco di Pordenone. Proprio all’interno della casa salesiana Gianduzzo ha potuto avvicinare al teatro centinaia di ragazzi e giovani: la recitazione e gli spettacoli, anche musicali, sono un punto di forza del sistema educativo e della spiritualità di Don Bosco a cui Silvano ha davvero dedicato la propria vita: “È un mezzo per imparare a declamare ed a leggere con senso; il teatro serve per divertire, istruire e impegnare i ragazzi in un’attività che, oltre a instaurare e rafforzare rapporti di amicizia, sarà utile anche per quando saranno adulti perché recitare significa esporsi in pubblico, essere disinvolti, vincere la timidezza, affrontare situazioni imprevedibili”. La lunga carriera teatrale di Silvano inizia durante la seconda guerra mondiale nel 1944. A Summaga intensa era l’attività teatrale dei giovani dell’Azione Cattolica. Il palco veniva montato all’occorrenza vicino la chiesa ed il piccolo Silvano era affascinato da quegli scenari imponenti, dalle lampadine, dalle quinte e dal grande sipario. Non mancava mai agli spettacoli nemmeno quando aveva le febbre e mai avrebbe immaginato che anche lui sarebbe salito su un palcoscenico per recitare. Questo avvenne nel 1944 quando debuttò con la farsa “Piccolo bugiardo”. Alcuni anni più tardi decise di diventare salesiano e donarsi ai giovani. Seguirono decine di commedie, operette, drammi con centinaia di repliche. Al Colle Don Bosco, vicino Torino, lo stesso Silvano ricorda: “Le prove si facevano la sera fino alle 22… il palco si montava in refettorio

Da settembre la nuova

stagione 2014/2015 www.comunalegiuseppeverdi.it

e all’inizio della recita e negli intervalli c’era la banda musicale”. Poi, dopo Venezia e Gorizia, l’arrivo a Pordenone con il compito di segretario della Scuola: qui l’attività teatrale si allargò, oltre che con i ragazzi delle Scuole, anche con l’Oratorio e con gli Ex allievi. È necessario ricordare la felice e proficua collaborazione con Luciano Rocco, teatralmente nato sulle tavole del palco di viale Grigoletti, ed oggi con il figlio Antonio, regista della Compagnia degli Ex allievi che, durante le Scuole Medie, lo stesso Silvano ha potuto seguire nei primi rudimenti del teatro. Ma l’amore salesiano per i giovani lo porta a inventare variegate occasioni per far recitare gli allievi: crea il Gruppo Teatro delle medie offrendo spettacoli anche in giro per la Provincia, per circa trent’anni tiene vivo il Saggio di Recitazione con i ragazzi di prima media. Piacevole tradizione per vent’anni è lo spettacolo a Cison di Valmarino, l’ultimo giorno di Carnevale. Anche con le Scuole Superiori ha realizzato delle scene d’autore come Moliere, Plauto e Goldoni.

I 70 anni di attività teatrale del salesiano sono stati festeggiati dagli ex allievi con uno spettacolo a sorpresa. Il teatro come punto di forza di un sistema educativo che ha il suo faro nella figura di Don Bosco

La serata in suo onore è iniziata con la realizzazione di alcune opere degli anni ’50, per poi proseguire con le classiche operette, con le scene ripetute decine di volte dai ragazzi e le commedie proposte dagli Ex allievi. Una sorta di ipotetica carrellata delle opere più significative interpretate anche dagli attori originali (alcuni di questi non calcavano il palcoscenico da oltre trent’anni!) ed intervallate dalla storia della sua vita religiosa e teatrale. Per Gianduzzo è stata una sorpresa riuscita, un’emozione unica e indimenticabile, non solo per lui, ma anche per il numeroso pubblico presente. Silvano, nella sua timidezza e umiltà, ha riconosciuto che la serata è frutto dei suoi insegnamenti, del suo amore per i giovani e per il teatro, proprio come Don Bosco gli suggeriva e che i suoi ragazzi, ora adulti, con passione e un pizzico di audacia, gli hanno offerto con il cuore, certi delle imprecisioni e delle insicurezze dettate dall’emozione ma sicuri che se l’è proprio meritata! Alcuni momenti topici dell'attività teatrale di Silvano dagli esordi degli anni '50 alle

Daniele Rampogna performance con l'indimenticato Luciano Rocco

PORDENONELEGGE TUTTO L'ANNO

Conto alla rovescia per l’edizione 2014 del Festival Una primavera intensa e luminosa, quella appena trascorsa per pordenonelegge. Una primavera in cui sono rifiorite o sbocciate per la prima volta importanti collaborazioni e nuovi progetti. Dalla presenza del festival all'indimenticabile Adunata nazionale degli Alpini che si è svolta a Pordenone, alla partecipazione al Salone del libro di Torino, nello stand della Regione FVG, alla sinergia rinnovata con il festival udinese vicino/lontano, quest'anno nel segno della poesia. E poi l'ormai consolidata collaborazione – promossa e ispirata da Banca FriulAdria Crédit Agricole - con la manifestazione goriziana èStoria, uniti nel fecondo intreccio tra storia e narrazione, che si rinnoverà a Trieste, il 3 luglio, con il conferimento del Premio Giornalistico Luchetta “Testimoni della Storia” a Lilli Gruber, per approdare infine a Pordenone, nelle giornate di settembre, con il Premio FriulAdria “La storia in un romanzo”. Questa primavera ha visto anche l'avvio di un nuovo importante progetto regionale: la collaborazione della Fondazione pordenonelegge al Premio Hemingway 2014, promosso dal Comune di Lignano Sabbiadoro con il sostegno dell’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Friuli Venezia Giulia. Una giuria tecnica - composta dagli scrittori Alberto Garlini (presidente) e Gian Mario Villalta, con il poeta Pierluigi Cappello e il fotografo Italo Zannier, affiancati dal Sindaco di Lignano e dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia - ha scelto i vincitori della XXX edizione: l’autrice e giornalista Alice Albinia, il filosofo Zygmunt Bauman, il fotografo Guido Guidi e lo scrittore Abraham Yehoshua. Nomi straordinari, che insieme raccontano, idealmente, lo sguardo e la multiforme personalità umana e artistica di Ernest Hemingway, in un progetto di grande qualità e di respiro internazionale.

Ma la XV edizione della Festa del libro ormai si avvicina a grandi passi e, in attesa di conoscere nomi, temi e grandi novità, si sono avviate le prime importanti iniziative rivolte al pubblico più giovane. Con il lancio della nuova edizione del concorso “Caro autore, ti scrivo...”, dedicato ai giovani lettori tra i 12 e i 14 anni, sono anche state rese note le prime anticipazioni sull'edizione 2014 del festival: arriverà Albert Espinosa, l'autore di "Braccialetti rossi". E oltre a lui ci saranno il Premio Andersen 2014 Luigi Ballerini, e gli autori Beatrice Masini, Roberto Piumini e Pierdomenico Baccalario. I ragazzi avranno tempo fino a venerdì 12 settembre per inviare la loro recensione in forma di lettera all'autore. A pordenonelegge verranno premiati i primi tre “critici in erba” per ciascun titolo, che si aggiudicheranno la pubblicazione del loro lavoro sul sito www.pordenonelegge.it, riceveranno una pergamena autografata dall’autore recensito e una selezione di libri. Aspettando il festival, la Fondazione pordenonelegge ha anche rilanciato nelle scorse settimane l'iniziativa “Amico di pordenonelegge”, con importanti novità: “facendo amicizia” e sostenendo il festival è possibile avere grandi vantaggi. Una proposta nuova e articolata, per ricambiare l'affetto del pubblico della città, del territorio e dei tanti amici che arrivano da fuori regione, che da anni si stringono intorno alla manifestazione con entusiasmo e attenzione sempre crescente. Tutte le anticipazioni, le informazioni sui concorsi e su come diventare “Amico di pordenonelegge” nel sito www. pordenonelegge.it. A cura di pordenonelegge.it


La Città

PAROLA MIA

Luglio 2014

15

Il numero di occupati in regione è sceso sotto il mezzo milione, il valore più basso dall’inizio della crisi IL LANTERNINO

Compri uno… paghi due! Sono molti i prodotti che vengono offerti con un servizio di rateizzazione o con una polizza assicurativa collegata senza che ciò si traduca in una reale convenienza per il consumatore. Spesso il vantaggio è solo per chi vende

di NINO SCAINI

A quanti di noi è capitato, in occasione dell’acquisto di auto, elettrodomestici, mobili o persino di un viaggio vacanza, che gli venisse prospettata - pur non avendone manifestata la specifica esigenza - di pagarne il prezzo in “comode rate”? E di non riuscire peraltro a spuntare alcuno sconto anche di fronte all’intenzione di pagare, invece, tutto e subito? Per chi ancora non lo sapesse, questo si spiega col semplice fatto che il commerciante mira in effetti a realizzare due vendite. Quella del prodotto principale (l’auto, la lavatrice o il salotto) e quella del prodotto solo apparentemente secondario (un servizio finanziario offerto per conto di una società specializzata nel c.d. credito al consumo). E cerca così di ottenere un doppio profitto. Sin qui niente di male, intendiamoci, ove ciò si risolvesse in un reale vantaggio per l’acquirente. Se, cioè, il risultato di tale duplice operazione non differisse da quello che egli potrebbe ottenere utilizzando il normale credito bancario. Ma così non è né, a ben vedere, potrebbe essere. Irrealistico, infatti, che una qualsiasi società erogatrice di credito al consumo offra condizioni competitive con quelle offerte dal canale bancario dal quale essa stessa si rifornisce e non certo in termini particolarmente vantaggiosi rispetto alla clientela media. E dovendo tanto più il “prezzo” finale del finanziamento consentirle la copertura, oltre che del costo di approvvigionamento, di quelli di gestione, del rischio del mancato rimborso, della commissione (tutt’altro che irrisoria) riconosciuta al rivenditore e assicurarle, infine, un significativo utile. Per toccare con mano la svantaggiosità di tali forme di credito è sufficiente un rapido

raffronto dei loro costi rispetto a quelli del credito ordinario, utilizzando a tal fine i dati statistici ufficiali che Banca d'Italia rileva e pubblica ogni trimestre. Ma v’è di più. Se infatti il malcapitato, rendendosi tardivamente conto di tale squilibrio, decidesse di porvi rimedio estinguendo l’operazione (magari utilizzando una forma più conveniente di credito), si troverebbe, per come vengono congegnate gran parte di tali operazioni, nella quasi impossibilità di farlo. Ma di questo parleremo un’altra volta. Non diverso, per la verità, è il caso delle stesse banche che, concedendo direttamente un finanziamento, richiedono, assieme alle normali garanzie, coperture assicurative spesso esuberanti o addirittura ingiustificate e dalle cui relative polizze ricavano un profitto anche più gradito rispetto a quello ottenibile dal puro credito. Quasi ovvio aggiungere che anche per le coperture realmente necessarie (ad esempio la polizza incendio per i mutui casa), rivolgendosi in prima persona ad una compagnia assicuratrice (magari quella con cui s’è già assicurata l’auto), si risparmierebbe quanto meno la provvigione che la banca si fa riconoscere dall’assicuratore (e che a volte è addirittura pari a quella a questi spettante). Quanto rilevato mi pare più che sufficiente a dimostrare, con l’efficace eloquenza dei fatti, come sia essenziale che la domanda di un prodotto o di un servizio non nasca già suddita dell’offerta. E, soprattutto, come una difesa dei diritti e dei legittimi interessi richieda non solo trasparenza e correttezza nell’offerta ma anche e prima ancora oculatezza, consapevolezza e determinazione nell’esercizio della domanda. (assinvicti@gmail.com)

La Città

Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.000 copie

EDITRICE: Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (2°piano) Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo

Emergenza lavoro al primo posto Al via a luglio il nuovo piano di sviluppo industriale indirizzato al rilancio del comparto manifatturiero attraverso il sostegno all’innovazione, all’internazionalizzazione, il rilancio degli investimenti in tecnologia e il sostegno delle partecipate regionali L’ultima indagine congiunturale redatta da Confindustria FVG, evidenzia un quadro ancora incerto sullo stato di salute dell’industria regionale. Ai deboli segnali di crescita registrati nel secondo semestre del 2013, fanno riscontro gli incoraggianti dati legati all’export. Il calo registrato dalla produzione e dalle vendite sul mercato interno nel primo trimestre è stato infatti, per fortuna, compensato da una buona ripresa delle esportazioni. In particolare, in Friuli Venezia Giulia, si è registrato, nei primi tre mesi dell’anno, un valore legato all’esportazioni pari a 2,6 miliardi di euro, pari al +7.3% rispetto alla stesso periodo dell’anno precedente. Un dato importante e significativo che, a livello nazionale, si pone solo dietro la Puglia (+18.1%) e le Marche (+10.5%). Un risultato estremamente positivo trainato prevalentemente dalla vendita di macchinari ed apparecchiature e localizzato in primis nelle province di Udine (+9,7%) e Pordenone (+6,7%). In riferimento all'impiego, nel primo trimestre del 2014, secondo le stime, il numero degli occupati in Friuli Venezia Giulia si è attestato a 497.700 unità. Questo numero, inferiore alla soglia simbolica del mezzo milioni di posti di lavoro, rappresenta il valore più basso dall’inizio della crisi. Un'emergenza che si associa al numero di 47.300 persone in cerca di occupazione. Una grave situazione che, necessariamente, richiede interventi drastici, coordinati e immediati. La Giunta Regionale è fortemente impegnata in questa direzione, attraverso l'impiego di tutti gli strumenti a sua disposizione; un pacchetto d'iniziative, su più livelli e già messo in atto, per favorire investimenti nel nostro territorio e migliorare la competitività delle nostre aziende regionali. Azioni accompagnate da una seria razionalizzazione di organismi oramai anacronistici rispetto alle

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:

Sergio Bolzonello, Davide Coral, Paola Dalle Molle, Sabrina Delle Fave, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Giulio Ferretti, Valentina Gasparet, Franco Giannelli, Mario Grillo, Piergiorgio Grizzo, Nico Nanni, Giannino Padovan, Giuseppe Ragogna, Daniele Rampogna, Cristina Savi, Antonino Scaini, Ferdi Terrazzani

di SERGIO BOLZONELLO (*)

necessità, e da una rivisitazione, anche questa già in atto, delle governance e dei piani strategici di Mediocredito, Friulia e Finest. Importante sottolineare che, nelle scorse settimane, la Giunta Regionale, su mia proposta, ha presentato il nuovo piano di sviluppo industriale, ora all’attenzione delle parti sociali e operativo dalla prima settimana di luglio. Un piano indirizzato al rilancio del nostro comparto manifatturiero

PROGETTO GRAFICO: Francesca Salvalajo FOTO:

archivio La Città, Gigi Cozzarin, Ferdi Terrazzani, Clelia Delponte, Italo Paties, Luca D’Agostino, Marcello Anzil

IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone STAMPA: Tipografia Sartor PN

attraverso il sostegno all’innovazione, all’internazionalizzazione, al rilancio degli investimenti in tecnologia e al sostegno delle partecipate regionali. Infine, forse per la prima volta, va riscontrata la volontà, di tutti gli attori, di abbandonare un atteggiamento di critica preconcetta e sposare, invece, la condivisione d’azione. (* Vicepresidente Regione Friuli Venezia Giulia )


16

Luglio 2014

La Città

FOTORACCONTO

Non si è ancora spenta l'eco dell'87^ Adunata nazionale degli Alpini del 9-11 maggio a Pordenone

CARI ALPINI, non vi dimenticheremo mai! La città ha brillantemente superato la prova della pacifica invasione di oltre 400 mila persone. A detta degli organizzatori è stata una delle adunate meglio riuscite e più partecipate anche dai residenti, che si sono lasciati coinvolgere e contagiare dal clima di festa. Tutto ha funzionato alla perfezione in un crescendo culminato dalla presenza del premier Renzi e dal sorvolo delle Frecce Tricolori di FERDI TERRAZZANI

C.so Vittorio Emanuele, 12 - Pordenone Tel. 0434-27070 APERTO TUTTI I GIORNI DAL MARTEDÌ AL SABATO in orario continuato e TUTTI I LUNEDI POMERIGGIO

O A ANCHE SOTT ERI TI COCCOL ON LC FA DI IO TE GL E LU LA DOLCE ESTA EDÌ DI GIUGNO R TUTTI I GIOV LE STELLE...PE .

LE FINO ALLE 23 . APERTURA SERA COLLEZIONE... RE LA NOSTRA RI OP SC A I EN VI !

!!!

TANO I SALDI TI ASPET

15 E con soli

Puoi ricevere il giornale a casa tutto l’anno! Conto Corrente postale intestato a:

ASSOCIAZIONE LA VOCE

N° 11184330


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.