Giochi e scommesse - Accertamento, opposizione e contestazione - sanzioni amministrative e depenali

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Giochi e scommesse - Accertamento, opposizione e contestazione - sanzioni amministrative e depenalizzazione Tribunale Torino Sez. III, Sent., 26-11-2020 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Terza Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Raffaella Bosco ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 429 cpc nella causa civile iscritta al n. r.g. 21538/2018 promossa da: Y.W. difeso dall'avv. x RICORRENTE contro COMUNE DI TORINO, difeso dall'avv., MARTINI ALESSANDRA VIA CORTE D'APPELLO, 16 10122 TORINO; elettivamente domiciliato presso il suo studio in RESISTENTE Svolgimento del processo - Motivi della decisione Y.W. ha proposto opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento Prot. n. (...) emessa in data 18.05.2018 dal Comune di Torino e notificata al ricorrente in data 03.09.2018, nonché al verbale di accertamento n. (...) del 18.12.2017 redatto dalla Polizia Municipale e di ogni atto presupposto e conseguenziale anche non espressamente richiamato. Questi i fatti di causa rappresentati dal ricorrente su cui non è sorta contestazione - In data 18.12.2017 con verbale di accertamento di illecito amministrativo n. (...) gli Agenti della Polizia Municipale di Torino contestavano al ricorrente la violazione degli artt. 5 e 11 della Legge Piemonte in quanto "collocava n. 8 apparecchi per il gioco di cui all'art. 110 commi 6 e 7 TULPS nel bar da lui gestito, in T. via G. 56/C, senza rispettare le distanze minime". Gli veniva comminata la sanzione pecuniaria di Euro 2.000,00 per ciascun apparecchio di gioco per complessivi Euro 16.000,00. - In pari data, con verbale di sequestro amministrativo prot. (...) (Verbale di Sequestro Amministrativo) venivano apposti i sigilli sugli apparecchi in questione in quanto collocati "in locali che si trovano ad una distanza misurata in base al percorso pedonale più breve inferiore a 500 metri "con indicazione del custode nella persona del titolare dell'Esercizio. - In data 22.01.2018 con provvedimento di prot. n. (...) veniva disposta la restituzione dei beni sequestrati. - Con ordinanza-di ingiunzione di pagamento Prot. n. (...) del 18.05.2018, notificata in data 03.09.2018, ("Ordinanza Ingiunzione"), il Comune di Torino rigettava l'istanza del Ricorrente ordinandogli il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 32.000,00 oltre Euro 10,20 quali spese di procedura e di notificazione Questi i motivi dell'opposizione: - I verbali e l'ordinanza Ingiunzione omettono di identificare gli elementi essenziali della violazione contestata. Nel verbale alcun riferimento è fatto: a) alla mappatura dei luoghi sensibili che il Comune di Torino avrebbe dovuto eseguire sul proprio territorio ai fini della loro individuazione; b) all'indicazione del percorso pedonale utilizzato per il calcolo delle distanze che, per la Legge Piemonte, deve essere solo quello più breve, non altri; il calcolo delle distanze tramite google non è affidabile.


- I verbali e l'ordinanza ingiunzione omettono di precisare i dati identificativi degli apparecchi a mezzo dei quali si sarebbe consumata la violazione contestata. - Gli atti impugnati non risultano notificati al gestore proprietario degli apparecchi, che è soggetto diverso dal ricorrente. - Il distanziometro della Regione Piemonte determina un effetto espulsivo non potendo essere esercitata l'attività di gioco su una percentuale di territorio cittadino che raggiunge a Torino il 99,32% - Questo effetto espulsivo è in contrasto con l'art. 3,32,41,42,47,97 e 117 della Costituzione e con i principi comunitari di cui agli artt. 49 e 56 TFUE e art. 1 prot. (...) della CEDU. - L'interdizione del gioco legale collide apertamente con il principio di proporzionalità e ragionevolezza consistente nel rispetto dell'equilibrio tra gli obiettivi perseguiti e i mezzi utilizzati, secondo il canone dell'imposizione al privato - o meglio ai privati - della soluzione idonea al raggiungimento dello scopo di interesse pubblico e meno invasiva dei loro diritti. - La legge Piemonte è in contrasto con la legge di stabilità 2016, con l'intesa raggiunta in sede di conferenza unificata tra stato, regioni ed enti locali nonché con la legge di stabilità 2018. Il Comune di Torino si è costituito ed ha chiesto confermarsi l'ordinanza opposta. Con ordinanza del 31.10.2018 il G.I., a scioglimento della riserva assunta dell'udienza cautelare, sospendeva l'efficacia esecutiva dell'ordinanza ingiunzione impugnata. La causa è stata trattenuta in decisione senza svolgere attività istruttoria. Preliminarmente Va dichiarata l'inammissibilità dell'impugnazione avverso il verbale di accertamento n. (...) del 18.12.2017 redatto dalla Polizia Municipale e di ogni atto presupposto - non meglio specificato -, potendo essere proposta l'impugnazione ai sensi dell'art. 18 L. n. 689 del 1981 solo avverso l'ordinanza ingiunzione e non avverso i verbali di accertamento. Si ribadisce il rigetto delle istanze istruttorie, richiamate dal ricorrente nella propria memoria conclusiva. In particolare non si ritiene di dover ammettere Consulenza Tecnica d'Ufficio, richiesta dal ricorrente per accertare: (a) l'idoneità della misura normativa rispetto alle finalità perseguite (i.e. contrasto alla ludopatia): si tratta chiaramente di una questione di politica legislativa che non attiene alla presente decisione giurisdizionale; (b) la concreta applicabilità del distanziometro, per verificare zone interdette e zone in cui è consentito installare apparecchi da gioco: sul punto non è sorta alcuna contestazione; il Comune non ha disconosciuto i rilievi ed i dati riportati dal ricorrente nel proprio atto introduttivo; la Ctu sul punto sarebbe stata superflua; (c) le conseguenze distorsive dell'effetto espulsivo consistenti nell'aumento della diffusione del gioco illegale/non autorizzato/non regolamentato nonché nell'aggravamento degli effetti pregiudizievoli per la salute e per gli interessi generali; un tale accertamento avrebbe avuto ad oggetto indagini sociologiche che afferiscono di nuovo a questioni di politica legislativa ed esulano pertanto dalla decisione che ci occupa. Sulle censure relative all'atto impugnato 1) Parte ricorrente ha contestato che nel verbale non è stato fatto alcun riferimento: a) alla mappatura dei luoghi sensibili che il Comune di Torino avrebbe dovuto eseguire sul proprio territorio ai fini della loro individuazione; b) all'indicazione del percorso pedonale utilizzato per il calcolo delle distanze che, per la Legge Piemonte, deve essere solo quello più breve, non altri; il calcolo delle distanze tramite google non sarebbe affidabile. Le censura non sono fondate. a) Nell'ordinanza ingiunzione impugnata è dato conto che l'esercizio denominato Coffee Black è ubicato a 255 metri dalla scuola Elementare Eugenio Montale, sita in Via Ada Negri, nonché a 260 metri dalla scuola media Ada Negri, ubicata nell'omonima via, e dunque ad una distanza notevolmente inferiore a quanto prescritto dalla normativa regionale.


Queste misurazioni sono state confutate dal ricorrente in modo generico e cioè senza proporre una diversa misurazione rispetto al rilievo eseguito dagli accertatori. Solo una contestazione specifica della correttezza dei rilievi eseguiti dal Comune, avrebbe giustificato una CTU per verificare se le misurazioni proposte dal ricorrente erano esatte a discapito di quelle del Comune. Si osserva ad ogni buon conto, che la distanza dell'esercizio del ricorrente dai punti sensibili, è così notevolmente inferiore a quanto previsto dalla normativa regionale, da tranquillizzare in ogni caso anche su eventuali trascurabili errori di misurazione, che tuttavia lo stesso ricorrente, come detto, si è guardato dal quantificare. b) Non è parimenti fondata l'obiezione del ricorrente secondo cui il Comune avrebbe dovuto eseguire mappature del territorio e comunicare agli interessati la individuazione dei luoghi sensibili ai fini del rispetto delle distanze. Nessuna norma infatti impone al Comune un tale dovere di rilievo sul territorio e di informazione dei gestori di macchinette da gioco. E' invece onere/interesse di questi verificare che la loro attività sia svolta nel rispetto della normativa, al fine di non incorrere nella sanzione amministrativa. Sul punto infatti la Regione Piemonte con la Circolare Esplicativa allegata alla nota n. 923/A12000 del 17/1/2018 (doc. 2) ha chiarito che: "Con riferimento al calcolo delle distanze, la L.R. n. 9 del 2016 non prevede la mappatura dei luoghi sensibili come requisito per l'attuazione di tale articolo.... E', comunque, opportuno precisare che il rilascio della licenza da parte della Questura, ai sensi dell'art. 88 del T.U.L.P.S., non esime dal rispetto delle disposizioni della L.R. n. 9 del 2016. 2) Parte ricorrente ha contestato la omessa indicazione dei dati identificativi delle macchinette da gioco. Questa contestazione non è dirimente. Tutte le 8 macchinette presenti nell'esercizio commerciale dell'odierno ricorrente violano la disposizione di legge; pertanto non sussiste alcuna possibilità di confusione su quale di esse non rispettasse la normativa. 3) L'opponente ha contestato ancora che gli atti impugnati non risultavano notificati al gestore proprietario degli apparecchi, che è soggetto diverso dal ricorrente. Anche questa censura non è in alcun modo dirimente. La eventuale mancata notifica dell'ordinanza al gestore/proprietario degli apparecchi, non avrebbe avuto alcun riflesso sulla validità della sanzione di cui è stato destinatario il titolare dell'esercizio Coffee Black, dove gli apparecchi erano installati. Sulle censure relative alla normativa regionale In applicazione anche degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. si richiama l'orientamento di questa sezione che con molteplici pronunce che si condividono integralmente, ha già rigettato opposizioni del tutto analoghe a quella qui in esame, alle cui ampie motivazioni si fa riferimento nella presente pronuncia. Legge di Stabilità del 2016 il cui art. 1, comma 936, dispone che "Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata... sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie il gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell'ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età". La Regione Piemonte, in data 2 maggio 2016, ha approvato la L.R. n. 9 del 2016 recante "Norme per la prevenzione ed il contrasto alla diffusione del gioco d'azzardo patologico", dotandosi così del c.d. distanziometro. L'art. 5 della Legge dispone che "per tutelare determinate categorie di soggetti maggiormente vulnerabili e per prevenire il disturbo da gioco, è vietata la collocazione di apparecchi per il gioco di cui all'art. 110 commi 6 e 7 del R.D. n. 773 del 1931 in locali che si trovano ad una distanza, misurata in base al percorso pedonale più breve, inferiore a trecento metri per i comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti e inferiore a cinquecento metri per i comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti da tra gli altri istituti scolastici di ogni ordine e grado, centri di formazione per giovani e adulti, luoghi di culto, istituti di credito e sportelli bancari ". Occorre, poi, evidenziare che l'art. 13, comma 1, della L.R. n. 9 del 2016, recante anche norme transitorie, dispone che "Gli esercenti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, gestiscono apparecchi per il gioco di cui all'art. 110, commi 6 e 7 del R.D. n. 773 del 1931 collocati


all'interno di esercizi pubblici e commerciali, di circoli privati ed in tutti i locali pubblici od aperti al pubblico si adeguano a quanto previsto dall'art. 5 entro i diciotto mesi successivi a tale data". Parte ricorrente ha dedotto l'illegittimità/incostituzionalità dell'art. 5 della L.R. Piemonte n. 9 del 2016, sotto vari profili. Con riferimento alla contrarietà della legge regionale all'intesa della Conferenza unificata Stato /Regioni 1. E 'infondato il motivo di opposizione secondo il quale le leggi della Regione Piemonte n. 9 e 16 del 2016 sarebbero contrarie con l'Intesa della Conferenza Unificata Stato/Regioni nella parte in cui non prevedono la tutela degli investimenti esistenti né il raggiungimento dell'equilibrata distribuzione sul territorio dei punti di gioco pubblico introducendo, al contrario, criteri selettivi legati alla prossimità a luoghi ritenuti sensibili in quanto, come affermato dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 27/2019: "la pianificazione prevista dalla legislazione statale non costituisce una previa condizione necessaria per l'intervento delle Regioni, poiché la mancanza del decreto attuativo di tale pianificazione non può avere l'effetto di paralizzare sine die la competenza legislativa regionale, che si può esercitare nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale. I più recenti interventi regolatori confermano tale assetto. In particolare, in data 7 settembre 2017 è stata siglata in Conferenza unificata l'intesa prevista dall'art. 1, comma 936, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", volta alla definizione delle caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché dei criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell'ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. L'intesa fa esplicitamente salve le vigenti disposizioni regionali e comunali, ove recanti standard più elevati di tutela, con la possibilità per Regioni ed enti locali di dettare anche in futuro nuove discipline più restrittive". La circostanza, quindi, che tali leggi regionali individuino criteri selettivi basati sulla distanza rispetto a quelli diretti alla tutela degli investimenti esistenti o alla riduzione dei punti gioco in ragione della natura e della tipologia dei locali pubblici e non già della loro prossimità a luoghi ritenuti sensibili, al più comporterebbe uno standard diverso di tutela e una disciplina che potrebbe risultare più restrittiva rispetto all'Intesa, ma che non sarebbe in ogni caso illegittima alla luce dell'obiettivo della tutela della salute pubblica previsto dall'art. 7, comma 10, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 convertito, con modificazioni, in L. 8 novembre 2012, n. 189. Con riferimento alla asserita incostituzionalità della legge regionale per contrarietà all'art. 41 della Costituzione 2. I ricorrenti hanno sostenuto che la L.R. n. 9 del 2016, producendo un vero e proprio effetto espulsivo del gioco legale, si pone in contrasto con l'art. 41 Cost. Non merita condivisione quanto sostenuto dal ricorrente con riferimento all'asserito effetto espulsivo derivante dalla normativa regionale ed all'irragionevolezza della normativa stessa. Infatti: - L'art. 41 Cost. riconosce la libertà di iniziativa economica ma prevede che non possa svolgersi in contrasto con la sicurezza, libertà e dignità umana. Il parametro di legittimità costituzionale dell'art. 41 Cost. e della clausola di utilità sociale deve essere rapportato al principio di ragionevolezza ex art. 3, comma 2, Cost., la cui valutazione deve svolgersi attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore, nella sua insindacabile discrezionalità, rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità perseguite, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti. - Bisogna dunque indagare se le limitazioni poste dal legislatore regionale alla gestione delle attività di gioco nei locali aperti a pubblico possano ritenersi giustificate in ragione della tutela della salute dei cittadini, - Studi medici e sociologici hanno dimostrato gli effetti della dipendenza ingenerata dal gioco, distinguendo diversi gradi di compromissione: i) del giocatore sociale (social gambler), per il quale il gioco d'azzardo ha una motivazione prevalente di socializzazione o di intrattenimento da cui deriva una frequenza di gioco occasionale e una spesa complessiva contenuta; ii) del giocatore


problematico, che si caratterizza per una maggiore frequenza nel consumo oltre che per un aumento del tempo e della spesa dedicata alle attività di gioco e, per tali ragioni, risulta esposto allo sviluppo di una dipendenza patologica; iii) del giocatore patologico (pathological gambler), il quale presenta una dipendenza patologica e che mostra una frequenza di gioco quotidiana o intensiva associata all'impossibilità di resistere al desiderio di giocare (cosiddetto craving) e all'insorgenza di problemi di astinenza (Consiglio di Stato 1618/2019); - La regolamentazione del gioco dunque trova una sua ragion d'essere nella necessità di tutelare la salute psichica dei cittadini ed evitare che un incremento del gioco problematico e patologico. - A tale fine, la normativa regionale non ha impedito l'installazione di AWP nei locali aperti al pubblico, ma ha previsto un distanziometro che consente una diversa dislocazione logistica delle slot machines, verosimilmente non in centro città, dove vi sono molti punti sensibili; ma piuttosto fuori dal centro abitato. Questa limitazione territoriale, certamente significativa, è giustificata dalla considerazione che la prossimità ai centri sensibili induce in tentazione il giocatore occasionale, quello cosiddetto sociale, quando entra in un esercizio aperto al pubblico, (ad esempio bar o tabaccheria) magari non con l'intento di giocare. La possibilità di accedere ad apparecchi di gioco in un locale non dedicato, consente al giocatore occasionale che frequenta l'esercizio pubblico di non sentirsi socialmente catalogato e percepito come giocatore, con un conseguente effetto incentivante del gioco occasionale. Diversamente accade per quanto riguarda le sale da gioco dedicate (e in ciò trova giustificazione la disparità di trattamento legislativo), dove accede verosimilmente il giocatore problematico o patologico, che è mosso dall'esclusiva determinazione di giocare, a prescindere dall'ubicazione dell'esercizio. Questa categoria di giocatori è tendenzialmente indifferente alla ubicazione del sito di gioco: non è la prossimità dell'apparecchio ad indurli a giocare, ma l'impulso al gioco che li induce a ricercare il luogo dove giocare. - In considerazione della distinzione tra le varie categorie di giocatori, non si può condividere l'argomento secondo cui il divieto posto dalla normativa regionale non avrebbe alcuna ragion d'essere o utilità, in quanto i soggetti affetti da ludopatia possono agevolmente ricorrere a forme di gioco diverse dalle slot machines. La ratio della norma infatti non è quella di vietare in assoluto il gioco, ma piuttosto quella di evitare l'aggravamento del fenomeno sociale della ludopatia, non offrendo occasioni di gioco in prossimità di luoghi sensibili. - Le considerazioni che precedono inducono a ritenere rispondente la principio di ragionevolezza la limitazione alla libertà di iniziativa economica, nell'intento di non incrementare il gioco occasionale e non e così arginare la ludopatia. - Si tratta di una limitazione dell'attività commerciale e non di una assoluta interdizione poiché evidentemente gli apparecchi da gioco potranno continuare ad essere installati in esercizi pubblici purchè lontano dai centri sensibili. In questo senso va dunque escluso che si sia verificato un effetto espulsivo; si dovrà parlare piuttosto di un effetto di redistribuzione e nuova dislocazione dell'attività sul territorio. - Gli esercizi commerciali con destinazione bar, tabacchi e sale giochi, che intendano continuare ad offrire alla propria utenza il servizio del gioco mediante apparecchi elettronici, dovranno necessariamente ricollocarsi nell'ambito del territorio comunale a distanza dal centro cittadino nel quale è interamente collocata l'area preclusa. - Ulteriore argomento per ritenere che nel caso di specie non sia stata violata la libertà di iniziativa è la considerazione che i bar, tabacchi, ristoranti hanno come attività principale, per la quale hanno ottenuto la licenza, altro, rispetto al gioco, e cioè la vendita di prodotti di tabaccheria o di prodotti alimentari. Del resto se il gioco fosse l'unica attività da loro gestita, sarebbero qualificati sale gioco a tutti gli effetti, sottoposte, come detto a specifiche regole amministrative (autorizzazione della questura). Ne consegue che impedire nei locali pubblici adibiti al altro, la installazione di apparecchi da gioco, non integra una compressione dell'attività imprenditoriale per cui hanno ottenuto la licenza, ma piuttosto una limitazione per motivi di sicurezza, di una attività collaterale ed eventuale, che può essere esercitata, ma solo a determinate condizioni.


- Il potere delle Regioni di inibire l'esercizio di macchinette da gioco e di attrazione ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati sensibili al fine prevenire il fenomeno della ludopatia, è stato ribadito da Corte Cost con la sentenza n. 27 del febbraio 2020, precisando che questa materia rientra nella tutela della salute e nel governo del territorio. In questo senso anche le sentenze n. 1261/2018 del T.A.R. Piemonte; n. 1263/2018 del T.A.R. Piemonte; le tre sentenze gemelle del Consiglio di Stato nn. 4199, 4200 e 4201 del 2018; Consiglio di Stato, con sentenza n. 1618del 2019; Corte Costituzionale con sentenza dell'11 maggio 2017 n. 108, Consiglio di Stato 8298/2019 Le considerazioni che precedono inducono a ritenere infondata la censura di illegittimità della normativa regionale per contrasto agli art. 41, ma anche 32 della Costituzione, per quanto motivato in merito alla ludopatia. Con riferimento alla asserita incostituzionalità della legge regionale per contrarietà all'art. 42 della Costituzione 3. Il ricorrente ha sostenuto che la legge Piemonte è incostituzionale per contrasto con l'art. 42 della Costituzione. La censura non è condivisibile. L'art. 42 Cost ha ad oggetto la tutela della proprietà privata. La normativa regionale sul distanziometro non ha ad oggetto la proprietà privata, ma piuttosto l'attuazione dei limiti che il legislatore nazionale ha posto all'esercizio dell'attività economica di chi gestisce apparecchi da gioco. Né si può condividere la difesa di parte ricorrente che equipara il lamentato effetto espulsivo ad una espropriazione non indennizzata. L'espropriazione infatti è l'apprensione del bene in proprietà del singolo per motivi di interesse collettivo; fatto ben diverso da quello che occorre a chi gestisce macchinette da gioco in violazione del distanziometro, e viene sottoposto ad una sanzione amministrativa. Con riferimento all'asserita incostituzionalità della legge regionale per contrarietà all'art. 47 della Costituzione 4. Il ricorrente ha sostenuto che la limitazione del gioco legale in prossimità dei luoghi sensibili, lasci spazio all'ingresso dell'offerta illegale, in risposta ad una domanda di gioco comunque esistente, e per questo contrasti con il principio affermato dall'art. 47 della Costituzione che dispone "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito". La censura di incostituzionalità non è condivisibile. La norma regionale che prevede il distanziometro è una disposizione a salvaguardia ed a tutela del risparmio. La proliferazione del gioco illecito, prospettata dal ricorrente come verosimile conseguenza della normativa proibizionistica non modifica la natura e la finalità della normativa regionale di cui si discute; né mette in dubbio sotto questo profilo la sua legittimità costituzionale. Il rischio paventato dal ricorrente potrà porre eventualmente un problema politico di predisposizione dei mezzi di repressione della criminalità, che qui evidentemente non può occuparci. Vale comunque la pena osservare che rinunciare ad adottare normative volte a contenere il rischio di ludopatia, per timore di una risposta invasiva della criminalità, significherebbe rinunciare a priori ai principi di uno stato di diritto. Infine il ricorrente si pone un problema di diminuzione di gettito erariale. Questo è chiaramente un problema di politica economica che esula dalle questioni di diritto che ci occupano. Con riferimento alla asserita incostituzionalità della legge regionale per contrarietà all'art. 3 della Costituzione 5. La normativa in esame violerebbe poi secondo la difesa ricorrente il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento tra le diverse disposizioni disciplinate dai commi 1 e 2 ter dell'articolo 13 della L.R. n. 9 del 2016, che prevedono diversi tempi di adeguamento alla normativa, pur essendo medesima la situazione fattuale. L'art. 13, comma 1, prevede un periodo di adeguamento alle disposizioni della L.R. di 18 mesi; il comma 2 ter prevede invece che gli esercenti che, successivamente alla data di entrata in vigore


della legge, si trovino in contrasto, per fatti sopravvenuti, alle disposizioni normative, godono di un periodo di adeguamento di 48 mesi. Le situazioni di fatto prese in considerazione dal comma 1 e dal comma 2 ter dell'art. 13 sono evidentemente diverse: il comma 1 prevede l'ipotesi degli esercenti che già gestivano l'attività, successivamente regolamentata dalla normativa; il comma 2 ter, invece, prevede l'ipotesi di esercenti i quali abbiano insediato la loro attività economica nel pieno rispetto dei limiti imposti dall'art. 5, e si trovino nella situazione di doversi mettere nuovamente in regola quando, un "luogo sensibile" sia stato posto, successivamente al loro insediamento, ad una distanza inferiore a quella prevista dall'art. 5. Tale diversità giustifica un diverso trattamento quanto al termine necessario per l'adeguamento alla normativa in materia di distanza dai luoghi sensibili, tutelandosi l'iniziativa economica di quegli esercenti che abbiano già dovuto adeguarsi una prima volta alla normativa al momento della sua entrata in vigore e che successivamente a tale adeguamento, per fatto a loro non imputabile, si vedano nuovamente costretti ad un ulteriore adeguamento. 6. Solo con la memoria conclusiva il ricorrente ha evidenziato un altro eventuale profilo di illegittimità costituzionale Ha sostenuto poi che nel vietare l'installazione degli apparecchi da gioco di cui ai commi 6 e 7 dell'art. 110 TULPS in locali che si trovano ad una distanza inferiore a 500 metri da determinati luoghi "sensibili" - il legislatore regionale non avrebbe effettuato la distinzione tra apparecchi da gioco con canale di distribuzione fisico e quello con canale di distribuzione on line Questa censura di incostituzionalità non è condivisibile. È evidente infatti che il gioco svolto mediante la distribuzione fisica degli apparecchi, pone problemi diversi dal gioco con distribuzione on line, e cioè appunto problemi di distanza fisica dai punti sensibili che solo le macchinette da gioco fisicamente collocate nei esercizi aperti al pubblico possono creare. La natura diversa dei dispositivi di gioco giustifica un trattamento normativo diverso. Per questa ragione non si rinviene alcuna violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Sotto il profilo della asserita violazione delle normativa regionale del principio di affidamento 7. La normativa regionale violerebbe ancora secondo la difesa di parte ricorrente il principio dell'affidamento rilevante anche al livello comunitario, di poter proseguire l'attività intrapresa prima della adozione della normativa regionale. Sul punto può condividersi quanto affermato dal Tar Piemonte nella sentenza 1263/2018. Premesso che "la tutela dell'affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale, sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata", i Giudici amministrativi hanno "escluso che una legislazione rigorosa in materia di prevenzione della ludopatia, come quella adottata dalla Regione Piemonte, introdotta nel 2016 e con regime transitorio in scadenza nel 2017, possa aver sorpreso l'affidamento degli operatori del settore". Gli esercenti peraltro hanno avuto 18 mesi per adeguarsi alle nuove normative (regime transitorio). L'effetto sorpresa deve ritenersi escluso a fronte della legislazione nazionale pregressa, che mostrava un giudizio di disvalore ed una tendenza limitativa dell'esercizio delle attività inerenti il gioco di azzardo (sul punto vedi in nota le considerazioni tratte dalla sentenza del Tar Piemonte citata). I principi di matrice europea, tra i quali anche quello dell'affidamento, qui richiamato dai ricorrenti, possono incontrare limitazioni per comprovate esigenze di tutela di interessi pubblici tassativamente individuati, quali sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute (cfr. Tar Piemonte Sez. II, 27/03/2015 n. 534), posto che le norme regionali contestate dal ricorrente mirano proprio a contenere un'emergenza sanitaria e di tutela dei minori che si espande sempre di più e che richiede interventi mirati al fine di salvaguardare interessi pubblici preminenti. In conclusione non si ritiene di dover sollevare alcuna questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 L.R. n. 9 del 2016. Sul quantum della sanzione


Infine il ricorrente ha chiesto in caso di mancato accoglimento dell'opposizione la riduzione della sanzione entro il minimo edittale. Il ricorrente tuttavia non ha evidenziato alcuna ragione che in concreto faccia ritenere opportuna la riduzione della sanzione. La considerazione anzi che gli apparecchi oggetto della sanzione erano ben sei, e che il gestore non si sia attivato per rimuovere la situazione illecita, fa ritenere senz'altro opportuna la conferma della sanzione applicata. L'opposizione va quindi respinta e l'ordinanza ingiunzione confermata. Le spese di lite vanno poste a carico di parte ricorrente soccombente La liquidazione delle spese di lite viene eseguita con riguardo ai parametri vigenti alla data di completamento dell'attività difensiva nel presente giudizio successiva all'entrata in vigore del D.M. n. 55 del 2014 (3.4.2014) con la precisazione che - la causa rientra nello scaglione di cause con valore fino a Euro 32.000,00 - non vengono liquidati compensi per l'attività istruttoria - che non è stata svoltaPertanto i compensi sono così liquidati: Euro 1.620,00per la fase di studio Euro 1.147,00 per la fase introduttiva Euro 2.767,00 per la fase decisionale Totale Euro 5.534,00 P.Q.M. Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando sulla opposizione avverso l'ordinanzaingiunzione di pagamento Prot. n. (...) proposta da Y.W. contro COMUNE DI TORINO, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: respinge il ricorso e per l'effetto; conferma l'ordinanza opposta dichiara tenuto e condanna Y.W. all'integrale rimborso delle spese del giudizio in favore del COMUNE DI TORINO, liquidandole in Euro 5.534,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Torino, il 26 novembre 2020. Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2020. -Per sapere come ottenere le credenziali clicchi sul seguente link http://www.laboratoriopoliziademocratica.it/index.php? option=com_content&view=article&id=11:abbonamento&catid=2:non-categorizzato Con soli 2,08 € al mese per un totale di 25,00 € annui potrà consultare per un intero anno tutti i documenti in area riservata Se invece vuole collaborare con il portale clicchi sul seguente link per conoscere le modalità https://drive.google.com/file/d/0B6GJEPEeYUaha0VnWFBkVGlhcEU/view


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