Obbligo dell'inserimento della carta tachigrafica del conducente (digitale o analogica) e di registr

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Obbligo dell'inserimento della carta tachigrafica del conducente (digitale o analogica) e di registrare l'attività di guida attraverso il tachigrafo Tribunale Mantova Sez. lavoro, Sent., 21-04-2021

LAVORO E PREVIDENZA (CONTROVERSIE IN TEMA DI LAVORO) Fatto - Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI MANTOVA nella persona del dott. Simona Gerola , in funzione di giudice del lavoro, nel processo di cui in epigrafe, all'udienza del 21.4.2021 visto l'art. 429 c.p.c. ha pronunciato, con motivazione contestuale, la seguente: SENTENZA nella causa per controversia in materia lavoro promossa con domanda depositata in data 25.1.2021 da A.E. SPA con il patrocinio dell'avv. Gianolio Paolo e dell'avv. Burragato Guglielmo RICORRENTE CONTRO E.F.A. rappresentato e difeso dall'Avv. Francesco Marasco RESISTENTE Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con ricorso depositato in data 25.1.2021 A.E. SPA proponeva opposizione avverso il precetto ad essa notificato in data 25.2.2020 sulla base della diffida accertativa notificatele dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Mantova e contestualmente chiedeva l'accertamento negativo dell'esistenza del diritto di credito affermato in detta diffida. Il procuratore di A. , premesso che la società opponente è preposta alla gestione del trasporto pubblico locale (urbano ed interurbano di Mantova e Provincia) oltre che a servizi di trasporto scolastico in diversi Comuni , esponeva : che a seguito dell'approvazione comunitaria del Regolamento CE 561/2006, l'Associazione datoriale di riferimento ASSTRA , in data 11 giugno 2007, ha inviato a tutte le aziende associate una circolare informativa relativa alle novità normative ivi contenute in tema di orario di lavoro per autolinee con percorrenza superiore ai 50 km , evidenziando che alla luce delle intervenute novità legislative "sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i periodi di interruzione dalla guida (45 minuti) consecutivi dopo un periodo di guida di 4,5 ore, i riposi intermedi, i periodi di riposo, i tempi di disponibilità" e attese le incertezze applicative derivanti dalle nuove norme di fonte nazionale e comunitario; che anche A., a seguito dell' Interpello n. 27/2009 del 20 marzo 2009 del Ministero del Lavoro (che ha precisato che "si deve ritenere che oggi il D.Lgs. n. 234 del 2007 sia applicabile a tutti i lavoratori di aziende che svolgono autotrasporto di persone o merci,


purché effettuino spostamenti e, naturalmente, purché le attività rientrino nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 561/06) , ha inviato inutilmente piu' formali richieste di chiarimenti all'allora Direzione Provinciale del Lavoro di Mantova in merito all'ambito di applicazione del Regolamento CE 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007; che a partire dal settembre 2009, con l'avvio del servizio scolastico, A. ha iniziato ad applicare le previsioni normative di cui al Reg. CE 561/2006 e al D.Lgs. n. 234 del 2007 nell'organizzazione e retribuzione dei turni relativi ai servizi di trasporto pubblico extraurbano di passeggeri, con percorrenza superiore a 50 km (cd. "turni CE"); che vi sono stati accordi con le OOSS e in data 12 marzo 2015, all'indomani dell'insediamento della nuova RSU , la Società ricorrente ha aperto un nuovo tavolo negoziale per ridiscutere alcuni aspetti dell'organizzazione del lavoro, fra i quali anche la gestione dei turni CE, ma le proposte aziendali non hanno trovato seguito atteso il contrasto tra OO.SS e RSU; che in data 28 novembre 2015 è stato rinnovato il CCNL Autoferrotranvieri il quale, all'art. 27, ha riconfermato l'applicabilità delle norme sull'orario di lavoro contenute nel Regolamento CE 561/2006 e nel D.Lgs. n. 234 del 2007 relativamente alle linee di competenza statale e per i servizi extraurbani con percorrenze superiori ai 50 km e tuttavia il testo di modifica dell'accordo integrativo aziendale è stato respinto dall'assemblea dei lavoratori ; che in data 19 dicembre 2016 è iniziato un accertamento della DTL di Mantova che è sfociato nella notifica di 190 diffide accertative relative ad asseriti crediti a favore dei lavoratori con mansioni di autista addetti a servizi con percorrenza superiore a 50 km per "violazione del disposto delle lettere a) e j) dell'art. 6 della L. n. 138 del 1958 e la mancata remunerazione di detti tempi accessori a decorrere dall'aprile 2013 al corrente, sono state notificati per un importo complessivo di crediti patrimoniali riconosciuti a dipendenti, pari ad Euro 121.345,00. che il ricorso presentato da A. è stato respinto dal Comitato Regionale con provvedimento del 16 luglio 2018 ; che con Verbale Unico di Accertamento e Notificazione n. (...) del 16 maggio 2018 l'ITL di Mantova ha contestato ad A.: (i)asserite "infedeli registrazioni nel Libro Unico del Lavoro"; (ii)asserite violazioni delle disposizioni normative di cui alla L. n. 138 del 1958 in riferimento al riposo giornaliero, al riposo settimanale e all'orario lavorativo del personale viaggiante .. In punto di diritto eccepiva preliminarmente la illegittimità costituzionale dell'art. 12 D.Lgs. n. 124 del 2004 per violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione e per eccesso di delega. Nel merito premetteva che l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere , ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo e anche in presenza di una diffida accertativa e deduceva, con ampie e motivate argomentazioni giuridiche, che le diffide accertative per crediti patrimoniali da cui traggono origine i precetti impugnati sono privi di qualsivoglia fondamento. In particolare contestava la sussistenza dei due presupposti sui quali si fonda la diffida accertativa , ossia la ritenuta specialità della L. n. 138 del 1958 rispetto a quella di fonte Europea (Regolamento CEE n. 561/2006 recepita nel nostro Ordinamento dal D.Lgs. n. 234 del 2007) e l'argomentazione secondo la quale l'applicazione della richiamata L. n. 138 del 1958 relativamente ai periodi di interruzione dalla guida, di riposo intermedio e di disponibilità, troverebbe conferma negli interpelli del Ministero del Lavoro nn. 24/2008 e 27/2009 oltre che nelle disposizioni del C.C.N.L. 23.7.1976 e nella regolamentazione regionale (D.G.R.L. 14.3.2016 n. X/4927 e linee guida di coordinamento per l'affidamento dei servizi di TPL e per la formulazione dei contratti di servizio). Criticava inoltre la motivazione che ha integrato la diffida rilevandone la illegittimità anche in ragione del fatto che il Capo dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Mantova avrebbe


dovuto limitarsi a convalidare il provvedimento di diffida ai fini della acquisizione, da parte dello stesso, dell'efficacia esecutiva. Contestava altresì la legittimità del provvedimento del Comitato regionale per i rapporti di lavoro negando la sussistenza di un uso aziendale vincolante (trattamenti economici di maggior favore già riconosciuti e corrisposti ai lavoratori) in forza del quale la società convenuta sarebbe ancora oggi tenuta ad applicare la vecchia L. n. 138 del 1958 e, in via subordinata , rilevava che l'uso aziendale sarebbe in ogni caso cessato dal lontano aprile 2013. In via subordinata rilevava inoltre che la pretesa capitale azionata è stata quantificata dalla corrispondente diffida accertativa, che ha assunto la mancata corresponsione di alcuni emolumenti retributivi per il periodo in essa indicato, senza alcuna ulteriore specificazione con conseguente totale carenza degli elementi identificativi minimi del quantum asseritamente dovuto. Ricordava di seguito che A. è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi nel mese di marzo 2012 dalla DTL di Mantova, e nel successivo mese di luglio 2013 dalla DTL di Brescia; che in entrambi i casi non è stata sollevata alcuna contestazione , né alcun rilievo a carico della Società quanto alle pretese inadempienze poi rilevate con la diffida accertativa posta alla base della intimazione di pagamento avversaria , con la conseguenza che detta diffida è da ritenersi illegittima anche per violazione del principio del ne bis in idem, stante l'applicabilità al caso di specie - anche in via analogica - di quanto previsto anche dall'art. 3, comma 20, L. n. 335 del 1995. Concludeva chiedendo di dichiarare la nullità e/o l'illegittimità e/o l'inefficacia dell'atto di precetto notificato , nonché l' accertamento dell'inesistenza del diritto del convenuto di procedere a esecuzione forzata in forza del precetto opposto. Si costituiva ritualmente E.F.A. contestando la fondatezza dell'opposizione con ampie e argomentate argomentazioni giuridiche. Il procuratore del convenuto , schematicamente , deduceva che : il D.Lgs. n. 234 del 2007 non è attuativo del Reg. CE n. 561/2006, bensì della direttiva 2002/15/CE ; - l'art. 3, lett. b), della direttiva 2002/15/CE sancisce la computabilità dei "tempi di disponibilità" ovvero di "reperibilità" nell'orario di lavoro, laddove essi siano limitati e/o indennizzati dalla normativa nazionale e/o contrattual-collettiva; - la lett. a) e la lett. f) dell'art. 6 della L. n. 138 del 1958 costituiscono, rispettivamente, una clausola di limitazione ed una clausola di indennizzazione dei tempi di disponibilità degli autisti fatte salve dalla direttiva 2002/15/CE; - lo stesso Reg. CE n. 561/2006 fa salva la computabilità dei "tempi di disponibilità" ovvero di "reperibilità" dell'autista all'interno dell'orario di lavoro, chiedendo che tali tempi vengano registrati tra le "altre attività"; - in ogni caso, la normativa europea stentoreamente invocata da controparte è stata, di fatto, applicata da A.E. S.p.A. in modo discriminatorio (mediante la creazione di "interruzioni cuscinetto" e "spezzando linee"), generando gruppi di lavoratori aventi diritto alla "pausa retribuita" ex art. 6, lett. f), L. n. 138 del 1958 e gruppi non aventi diritto a tale pausa Chiedeva prova per testi in ordine all'accertamento dei fatti per cui è causa e, segnatamente, di quelli afferenti all'organizzazione del lavoro da parte di A.E. S.p.A. e dei suoi riflessi discriminatori. Concludeva sollevando in via pregiudiziale eccezione di legittimità costituzionale della norma di diritto interno contenuta all'art. 3, comma 1, lett. a, n. 3), D.Lgs. n. 234 del 2007 per divergenza dalla direttiva 2002/15/CE e, quindi, per contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., anche in relazione all'art. 3 Cost., previo positivo giudizio di "rilevanza" e "non manifesta infondatezza" della suddetta questione


Nel merito chiedeva il rigetto dell'opposizione e la conferma della diffida accertativa e del conseguente atto di precetto impugnato. La causa , istruita sulla base della documentazione versata in causa dalle parti , all'odierna udienza veniva discussa e decisa. Andrà premesso che A.E. ha chiesto espressamente l'accertamento della insussistenza del credito precettato che trova origine nella diffida accertativa dell'ITL e , pertanto, la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 12 D.Lgs. n. 124 del 2004 , prima ancora che manifestamente infondata , è inammissibile difettando quel rapporto di "necessaria influenza o stretta pregiudizialità" fra giudizio a quo e processo costituzionale che costituisce l'indefettibile presupposto della rilevanza. Del pari inammissibile appare la questione di illegittimità costituzionale sollevata dal convenuto per divergenza dell'art. 3 , comma 1 , lett a, n,3 del D.Lgs. n. 234 del 2007 con la direttiva 2002/15/CE per le condivisibili motivazioni espresse dalla Corte di Appello di Brescia che saranno qui richiamate ai sensi dell'art. 118 d.a. c.p.c. La L. n. 77 del 2007 ha delegato il Governo a recepire, tra l'altro, la direttiva 2002/15/CE, senza dettare criteri direttivi diversi da quelli stabiliti in generale per l'attuazione delle direttive dall'art. 2 L. n. 62 del 2005. Il D.Lgs. n. 234 del 2007 ha dato corso alla delega, dettando norme di "attuazione della direttiva 2002/15/CE concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporti". Va precisato che, ovviamente, il Governo, nell'attuare la direttiva, non poteva non tenere conto delle disposizioni previste dal reg. CE 561/2006; ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo, il reg. CE 561/2006 ha applicazione diretta e primaria nell'ordinamento italiano; in secondo luogo, i richiami della dir. 2002/15/CE al reg. CEE 3820/85 devono ora essere intesi al reg. CE 561/2006, in quanto integralmente sostitutivo del precedente regolamento. L'art. 2 D.Lgs. n. 234 del 2007 delimita il campo di applicazione, in piena conformità con la dir. 2002/15/CE e il reg. CE 561/2006: "le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro dell'Unione europea che partecipano ad attività di autotrasporto di persone e merci su strada contemplate dal regolamento (CE) n. 561/06 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006". L'art. 3 c. 1 lett. a) D.Lgs. n. 234 del 2007 riporta pedissequamente la definizione di "orario di lavoro" contenuta nell'art. 3 c. 1 lett. a) della direttiva e stabilisce (al n. 3) che "sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i periodi di interruzione dalla guida di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) 561/06, i riposi intermedi di cui all'articolo 5, i periodi di riposo di cui all'articolo 6 e, fatte salve le clausole di indennizzo o limitazione di tali periodi previste dalla contrattazione collettiva, i tempi di disponibilità di cui alla lettera b)". Le esclusioni previste con richiamo agli artt. 5, 6 e 3 c. 1 lett. b) sono regolate in modo del tutto conforme alle previsioni della direttiva (salvo ovviamente il richiamo al reg. CE 561/06, che ha integralmente sostituito il reg. CEE 3820/85). Rispetto alla letterale formulazione della dir. 2002/15/CE, il D.Lgs. n. 234 del 2007 esclude dall'orario lavorativo anche dei periodi di interruzione dalla guida ex art. 7 reg. CE 561/06 (...) L'appellante trascura l'intimo collegamento - di cui si è ampiamente dato conto supra - tra i regg. CEE 3820/85 e CE 561/06, da un lato, e la dir. 2002/15/CE, espressamente adottata per la disciplina degli "altri aspetti dell'orario di lavoro per il settore dell'autotrasporto" rispetto alle "norme comuni relative ai tempi di guida e di riposo dei conducenti" dettate prima dal reg. CEE 3820/85 e poi dal reg. CE 561/06, integralmente sostitutivo del primo. Correttamente, pertanto, il D.Lgs. n. 234 del 2007, nel dare applicazione alla dir. 2002/15/ CE, tiene in considerazione quanto disposto dal reg. CE 561/06. Tale regolamento contiene disposizioni, non solo già direttamente operanti nell'ordinamento italiano, ma che costituiscono il presupposto della disciplina data dalla dir. 2002/15/CE.


Quanto più specificamente alle interruzioni ex art. 7 reg. CE 561/06 (già art. 7 reg. CEE 3820/85), che l'appellante ritiene indebitamente introdotte dal D.Lgs. n. 234 del 2007 nella disciplina delle esclusioni dall'orario di lavoro, si osserva che è lo stesso art. 6 L. n. 138 del 1958 dalla dir. 2002/15/CE, riproposto dall'art. 6 D.Lgs. n. 234 del 2007, che richiama le disposizioni sui periodi di riposo del reg. CEE 3820/85, in quella sede previste all'art. 7 e ora all'art. 7 reg. CE 561/06. Tale richiamo è del tutto coerente con la disciplina dei due atti comunitari ora in vigore: a) i "riposi intermedi" previsti dall'art. 5 dir. 2002/15/CE sono i "momenti i cui l'orario di lavoro deve essere interrotto", salve comunque le disposizioni del reg. CEE 3820/85 (ora reg. CE 561/06); b) le "interruzioni dalla guida", disciplinate in dettaglio dall'art. 7 CE 561/06, sono definite in termini generali dall'art. 4 lett. d), come "ogni periodo in cui il conducente non può guidare o svolgere altre mansioni e che serve unicamente al suo riposo "I "riposi intermedi" della dir. 2002/15/CE e le "interruzioni" del reg. CE 561/06 hanno quindi la medesima natura, trattandosi di momenti di interruzione dell'orario di lavoro esclusivamente dedicati al riposo del conducente (a prescindere dalla durata, venuta meno la durata minima di un'ora perché un'interruzione si qualifichi come "riposo"). Con la conseguenza che "riposi" e "interruzioni" risultano del tutto sovrapponibili, quantomeno ai fini della loro esclusione dall'orario di lavoro. Pertanto, la previsione dell'art. 3 c. 1 lett. a) D.Lgs. n. 234 del 2007, nella misura in cui esclude dall'orario di lavoro anche le interruzioni ex art. 7 reg. CE 561/06, non aggiunge alcunché e dà corretta attuazione della direttiva comunitaria. D'altra parte l'esclusione delle interruzioni di cui all'art. 7 dall'orario di lavoro, con la conseguente non retribuibilità delle stesse, non contrasta affatto con il fine del reg. CE 561/2006. Tanto i regolamenti quanto la direttiva, tra loro collegati, mirano a disciplinare complessivamente la disciplina dell'orario di lavoro per il raggiungimento dei fini comunitariamente rilevanti - del miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori, della sicurezza stradale e del ravvicinamento delle condizioni di concorrenza. E' ovvio che i vari interessi contrapposti - della collettività degli utenti della strada (alla sicurezza), dei singoli lavoratori (al riposo e alla retribuzione) e dei datori di lavoro (alla organizzazione e all'economicità dell'impresa) - devono essere tra loro bilanciati. Il risultato è appunto quanto stabilito negli atti comunitari esaminati, non senza che sia stata prima valutata la condizione della sussidiarietà dell'intervento comunitario (la direttiva dà atto di attive, ma infruttuose, negoziazioni tra le parti sociali) e con salvezza eventuali condizioni più favorevoli per i lavoratori concordate con i datori di lavoro. Le interruzioni della guida, dedicate "unicamente al riposo" dell'autista, hanno il fine di tutelare gli interessi alla salute dei lavoratori e alla sicurezza degli utenti della strada, a discapito dell'interesse del datore di lavoro a una maggiore economicità e flessibilità nell'organizzazione dei trasporti; a fronte di tale sacrificio datoriale, i periodi di riposo sono esclusi dall'orario di lavoro e quindi dall'obbligo retributivo del datore di lavoro. Concludendo, tutto quanto sopra considerato consente di affermare che lo Stato italiano ha dato corretta attuazione alla dir. 2002/15/CE, dettando disposizioni relative ai principi fondamentali in materia di tutela e sicurezza del lavoro (ex art. 117 c. 3 Cost.), nel pieno rispetto di quanto disposto dal reg. CE 561/06 (...) Anche la censura relativa alla violazione dell'art. 3 Cost. è manifestamente infondata: Le lamentate disparità di trattamento rispetto ai conducenti su tratte inferiori ai 50 km e la violazione dell'art. 3 Cost. per irragionevolezza di un complesso normativo che retribuisce in modo inferiore "il lavoratore più sfruttato" sono questioni manifestamente infondate: è chiaro che la situazione lavorativa del conducente su tratte inferiori a 50 km non giustifica, in ragione della brevità delle stesse, la specifica disciplina di riposi e interruzioni e quindi di orario di lavoro (e il presupposto complesso bilanciamento dei contrapposti interessi della collettività, del lavoratore e dell'impresa, di cui sopra si è dato conto).


Le due situazioni sono diverse e, ragionevolmente, sono trattate in modo diverso (cfr. C.d.A Brescia n. 253/2020). Nel merito è pacifico che il primo e principale filone di contestazioni mosse dall'Ispettorato ad A. è relativo al pagamento della retribuzione dei tempi accessori nei turni con percorrenza superiore ai 50 km per il periodo specificamente indicato nelle diffide accertative censurate. Sul punto si è già espresso questo ufficio con un orientamene al quale si ritiene di dare continuità che è stato già confermato dalla Corte Distrettuale sia pure con motivazioni in parte diverse e piu' articolate alle quali si rimanda (cfr. la già citata sentenza n. 253/2020, nonché la sentenza n. 251/2020). L'unico nodo da sciogliere concerne l'individuazione della norma applicabile al rapporto di lavoro per cui è causa nel periodo oggetto della diffida accertativa e del conseguente precetto in questa sede opposto (Reg. CE 561/2006 e D.Lgs. n. 234 del 2007 come vorrebbe A. o L. n. 138 del 1958 come sostiene il convenuto e l' ITL). La L. n. 138 del 1958 disciplina l'"orario di lavoro del personale degli automezzi pubblichi di linea extraurbani adibiti al trasporto viaggiatori" e all'art. 6 prevede: "Si computa come lavoro effettivo per il personale viaggiante: a) Il tempo occorrente per la preparazione dell'autoveicolo, computato nel momento il cui il lavoratore è obbligato a presentarsi in servizio per approntare e prendere in consegna l'autoveicolo , a quello in cui è autorizzato a lasciarlo , incluse le soste di durata non superiore a 30 minuti ; b) il tempo in cui e' richiesta la presenza del lavoratore sull'autoveicolo per essere pronto a partire e quello impiegato in autorimessa o durante il viaggio per qualsiasi lavoro di eccedenza, manutenzione e riparazione dell'autoveicolo; c) il tempo impiegato per la guida ed il periodo durante il quale il lavoratore e' comandato a disposizione dell'azienda; d) il tempo impiegato in prestazioni accessorie (...) f) un'aliquota non inferiore al 12 per cento nel periodo di tempo che il lavoratore trascorre inoperoso fuori residenza, e senza altro obbligo per esso che quello della reperibilita', ed escluso il periodo di riposo giornaliero di cui all'art. 7. Quindi, secondo la legge in questione i periodi di interruzione dalla guida , di riposo intermedio e di disponibilità sono da computarsi come lavoro effettivo e per tale ragione sono da retribuire. Il Regolamento CE, dopo aver definito, all'art. 1, il suo ambito di applicazione ("Disciplina dei periodi di guida, interruzioni e periodi di riposo per i conducenti che effettuano il trasporto di persone e di merci su strada") , nonché gli obiettivi preposti ("armonizzare le condizioni di concorrenza fra i diversi modi di trasporto terrestre, con particolare riguardo al trasporto su strada, nonché migliorare le condizioni di lavoro e di sicurezza stradale") , all'art. 2 specifica i casi di sua applicazione (tra cui, alla lettera b del comma 1, "il trasporto su strada di passeggeri effettuato da veicoli che, in base al loro tipo di costruzione e alla loro attrezzatura, sono atti a trasportare più di nove persone compreso il conducente") e all'art. 3 elenca i trasporti stradali che, invece, non rientrano nella sua disciplina , tra cui sono ricompresi , alla lett. a, quelli effettuati a mezzo di "veicoli adibiti al trasporto di passeggeri in servizio regolare di linea, il cui percorso non supera i 50 chilometri". Il Regolamento comunitario , inoltre, all'art. 7 definisce i periodi di interruzione dalla guida disponendo, al riguardo, che "Dopo un periodo di guida di quattro ore e mezza, il conducente osserva un'interruzione di almeno 45 minuti consecutivi, a meno che non inizi un periodo di riposo. Questa interruzione può essere sostituita da un' interruzione di almeno 15 minuti, seguita da una interruzione di almeno 30 minuti: le due interruzioni sono intercalate nel periodo di guida in modo da assicurare l'osservanza delle disposizioni di cui al primo comma".


Il D.Lgs. n. 234 del 2007, che recepisce nell'Ordinamento Italiano il Regolamento Europeo di cui sopra , all'art. 2 prevede che "le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro dell'Unione europea che partecipano ad attività di autotrasporto di persone e merci su strada contemplate dal regolamento (CE) n. 561/06 del Parlamento europeo e del Consiglio" e all'art. 3 prevede che "Sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i periodi di interruzione alla guida di cui all'art. 7 del regolamento (CE) 561/06, i riposi intermedi di cui all'art. 5, i periodi di riposo di cui all'art. 6 e, fatte salve le clausole di indennizzo o limitazione di tali periodi previste dalla contrattazione collettiva, i tempi di disponibilità di cui alla lettera b. Il punto b dell'art. 3 D.Lgs. n. 234 del 2007 testè citato individua quali tempi di disponibilità "i periodi diversi dai riposi intermedi e dai periodi di riposo, durante i quali il lavoratore mobile, pur non dovendo rimanere sul posto di lavoro, deve tenersi a disposizione per rispondere ad eventuali chiamate con le quali gli si chiede di iniziare o riprendere la guida o di eseguire altri lavori". Come correttamente rilevato dalla società ricorrente è', quindi, pacifico che il Regolamento CE ed il D.Lgs. n. 234 del 2007 di suo recepimento escludono espressamente dal computo dell'orario di lavoro effettivo i periodi di interruzione dalla guida, i riposi intermedi e i tempi (periodi) di disponibilità dal computo dell'orario di lavoro effettivo. Detto questo si ritiene di condividere le argomentazioni di A. in ordine alla natura "speciale" del Regolamento CE 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007 rispetto alle norme contenute nella L. n. 138 del 1958. La L. n. 138 del 1958 aveva ad oggetto la disciplina dell'orario di lavoro del personale degli automezzi pubblici di linea extra urbani adibiti al trasporto viaggiatori, senza distinguere tra personale adibito a linee con percorrenze inferiori o superiori ai 50 km, mentre questa distinzione costituisce l'oggetto della disciplina temporalmente successiva di cui al Regolamento CE 561/2006 e al D.Lgs. n. 234 del 2007 volta, infatti, a regolamentare l'attività del personale addetto a trasporti con percorrenze superiori ai 50 km. Pertanto, come correttamente evidenziato da A. , la L. n. 138 del 1958 continua a disciplinare l'orario di lavoro del personale degli automezzi pubblici di linea extra urbani adibiti al trasporto viaggiatori su linee con percorrenza inferiore ai 50 km; la percorrenza superiore ai 50 km è lo specifico ambito di applicazione del Regolamento CE 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007 che escludono i periodi di interruzione dalla guida, dei riposi intermedi e dei periodi di disponibilità dal computo dell'orario di lavoro effettivo dei lavoratori addetti a linee con percorrenza superiore a 50 km. Quanto ai rapporti tra normativa comunitaria (e la disciplina che la recepisce) e la contrattazione collettiva si osserva che la prima prescrive testualmente : "occorre che le disposizione contenute nel presente regolamento non ostino a che datori di lavoratori e lavoratori possano concordare , tramite contrattazione collettiva o in altro modo, condizioni piu' favorevoli per i lavoratori ". La costruzione della frase , invero non chiarissima, ci porta ad interpretare detta "esigenza" come una possibilità offerta alle parti sociali ( mediante contrattazione nazionale o decentrata/aziendale) di stabilire per il futuro condizioni piu' favorevoli. Posto che l'art. 3 del D.Lgs. n. 234 del 2007 deve essere interpretato alla luce e in armonia con le previsioni della normativa comunitaria che recepisce , non puo' che concludersi che la nuova disciplina non fa salve le eventuali precedenti diverse previsione della contrattazione collettiva , consentendo esclusivamente deroghe in melius ad opera della (eventuale) contrattazione collettiva successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo stesso. Orbene , a parere di chi scrive , il CCNL siglato in data 28.11.2015 non ha derogato in melius alla normativa comunitaria , confermando invece la integrale applicabilità delle norme sull'orario di lavoro contenute nel Regolamento CE n. 561/2006 e nel D.Lgs. n. 234


del 2007 relativamente alle linee di competenza statale e per i servizi extraurbani con percorrenze superiori a 50 km. All'art. 27 , comma 7 infatti, si legge : " per le autolinee di competenza statale e per i servizi extraurbani che rientrano nel campo di applicazione del regolamento CE n. 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007 e loro rispettive modifiche ed integrazioni successive, il computo dell'orario di lavoro nei limiti medio e massimi di cui ai commi 1 e 2 , secondo capoverso , del presente accordo è disciplinato ai sensi delle predette normative". Non è affatto vero che la norma collettiva del 2015 , come sostenuto dal convenuto , confermi la nuova disciplina comunitaria e statale solo per le ipotesi dei servizi di trasporto a lungo raggio esercitati con il doppio conducente in quanto il terzo periodo del comma 7 si occupa del servizi di trasporto con il doppio conducente al solo fine di sancire la equiparazione a lavoro effettivo ai fini dei riposi giornalieri e/o settimanali del tempo trascorso a bordo dal secondo autista nell'ambito dei servizi di trasporto esercitati con il doppio conducente. Neppure la previsione abrogativa contenuta nel comma 9 consente di ritenere che il CCNL unitario AutofferotranvieriInternavigatori Mobilità del 2015 abbia fatto salva la disciplina della remunerazione dei tempi intermedi anteriore alla normativa CE in quanto demanda ad accordi aziendali la determinazione dei tempi accessori, mentre è pacifico che A. non ha sottoscritto , perché la RSU si è opposta, alcun accordo aziendale specifico sul punto e non è contestato che la società ricorrente non è azienda associata ANAC In ordine all'accordo integrativo aziendale del 14.5.2002, si osserva che esso non riguarda specificamente l'orario di lavoro e la remunerazione dello stesso ma piuttosto il Premio di Risultato come risulta espressamente dal titolo ("accordo integrativo sul premio di risultato ") e dalla premessa nella quale le parti danno atto dell'intenzione di raggiungere un accordo di secondo livello per la definizione di detto premio come previsto dall'Acc. Nazionale del 25 luglio 1997. In secondo luogo , come anticipato , la contrattazione di secondo livello alla quale alludono le norme comunitarie e il CCNL del 2015, in grado di derogare alla disciplina da essi posta appare essere soltanto quella successiva all'entrata in vigore della legge e alla sigla del contratto collettivo vigente (cfr. anche C.d.A Bs. n. 252/2020) In ogni caso anche se volessimo interpretare l'art. 3 del D.Lgs. n. 234 del 2007 che fa salve "le clausole di indennizzo o limitazioni dei periodi di riposo intermedio di cui all'art. 5 del regolamento comunitario e i periodi di riposo di cui all'art. 6 medesima fonte , previste dalla contrattazione collettiva" come norma che "guarda" al passato, non potremo concludere che il CCNL del 23 luglio 1976 costituisca deroga in melius alla normativa di recepimento del regolamento comunitario per i dipendenti di A. Detto piu' chiaramente : la vecchia normativa pattizia del 1976 si occupa di orario di lavoro agli art. 4 A1 e 4C che prevedono testualmente : 4/A.1 - Personale viaggiante. L'orario medio giornaliero di lavoro del personale viaggiante e di quello graduato è fissato in ore 6,40', compresi i tempi accessori. L'orario di lavoro massimo giornaliero è fissato come segue: - personale viaggiante e graduato dei servizi urbani: ore 7,15'; - personale viaggiante e graduato dei servizi extraurbani: ore 8. Gli orari sopra indicati sono stabiliti sulla base della normale settimana lavorativa (sei giorni). L'orario medio giornaliero di lavoro sarà calcolato individualmente sull'intero ciclo dei turni al quale gli agenti sono interessati, ciclo che ai fini del calcolo non deve comunque superare sette settimane. Per tener conto delle esigenze specifiche di ciascuna azienda, resta di pertinenza degli accordi aziendali la determinazione; a) del nastro lavorativo; b) del numero e della durata delle riprese; c) degli intervalli fra le riprese; d) delle modalità di cambio; e) dei tempi accessori. Art. 4/C


Orario di lavoro (Norme per le Aziende associate all'A.N.A.C.) Per l'orario di lavoro si fa riferimento alle norme di legge. La durata dell'orario di lavoro del personale di ogni ordine e grado è fissata in ore 6,40 giornaliere o 40 ore settimanali. La durata dell'orario di lavoro del personale di ogni ordine e grado è fissata in ore 6,40 giornaliere o 40 ore settimanali. In caso di prestazione di lavoro in limite eccedente quello sopra indicato si applicano le disposizioni di cui al successivo art. 17. Per gli impiegati tecnici la cui prestazione è direttamente connessa con il lavoro degli operai dell'officina può adottarsi, fermo restando la durata stabilita dal presente articolo, l'orario determinato per tali operai. Per il personale, agli effetti del computo del lavoro effettivo, viene riconosciuto il tempo previsto dalla lett. f) dell'art. 6 L. 14 febbraio 1958, n. 138 (12%) anche in caso di non richiesta reperibilità. Il nastro lavorativo del personale viaggiante è di 12 ore giornaliere. Le eventuali eccedenze per comprovate esigenze di esercizio, sono individuate e regolate aziendalmente dalle parti. Nessuna delle due parti accenna a contratti aziendali sottoscritti ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 4/A1 , con la conseguenza che deve ritenersi che non siano mai stati stipulati contratti di prossimità in materia di orario di lavoro che, per tener conto delle "esigenze specifiche" dell'azienda, abbiano disciplinato i "tempi accessori". Come anticipato , neppure l'accordo integrativo del 2002 disciplina specificamente i tempi accessori in quanto le parti fanno cenno ad essi laddove regolamentano i tempi di trasferimento dai depositi per e da i capilinei interni , secondo i valori indicati in un apposito allegato. E' inoltre pacifico, lo si ripete, che A. non è affiliato ANAC con la conseguenza che neppure la norma contenuta nell'art. 4/C del CCNL del 1976 puo' applicarsi alla fattispecie in esame e, dunque, non puo' ritenersi che al tempo in cui A. ha cominciato ad applicare le norme comunitarie e quelle nazionali che hanno recepito le prime (dal 2013 in poi) la società ricorrente fosse tenuta ad applicare norme collettive di maggior favore per i lavoratori. Tanto basterebbe per dichiarare la illegittimità della diffida accertativa , nonché del precetto in questa sede opposto (che si fonda sulla prima) in quanto le opzioni ermeneutiche delle norme e, in particolare, la valutazione dell'ambito applicativo delle stesse effettuata da organi amministrativi non vincolano il giudice. Tuttavia si osserva che la complessità della materia e le probabili future conseguenze "a cascata" che potranno derivare dalle valutazioni dell'ITL di Mantova , impongono di prendere posizione in ordine agli ulteriori presupposti delle diffide. Circa le fonte regionale, sarà sufficiente ricordare che la L.R. n. 6 del 2012 che riguarda il settore dei trasporti pubblici elenca i compiti della Regione Lombardia in materia e fra questi non rientra la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle imprese che li gestiscono In ogni caso, non è neppure ipotizzabile che una legge regionale possa derogare a un regolamento comunitario recepito da norma statuale. Vi è da aggiungere , inoltre, che il richiamato allegato C alla L.R. n. 11 del 2009 " sopravvissuto" all'abrogazione di detta legge ad opera della L.R. 4 aprile 2012 , come correttamente rilevato da A., riporta formule matematiche per il calcolo dei costi e ricavi standard dei vari servizi di trasporto e richiama i tempi accessori di cui alla L. n. 138 del 1958 al solo fine della determinazione dei finanziamenti e dei contributi regionali ai gestori di servizi di trasporto (al fine, quindi , della determinazione del costo del lavoro ) e non invece, come vorrebbero i convenuti , per disciplinare il tempo di lavoro degli autisti. Peraltro, vale la pena ripeterlo , detto allegato continua ad essere applicato alla categoria degli autisti addetti a tratte inferiori ai 50 km , posto che per quelli addetti a tratte superiori trova applicazione l'art. 3 del D.Lgs. n. 234 del 2007 adottato in applicazione del Reg. CE n. 561/2006.


Si osserva , inoltre , che il contratto di servizio pubblico di trasporto locale siglato da A. e Provincia di Mantova per il periodo aprile 2012-marzo 2016 regola in via esclusiva il rapporto di appalto fra la Provincia di Mantova e il concessionario del servizio , ossia A. e, pertanto, l'eventuale inadempimento potrebbe essere fatto valere soltanto dall'ente locale e non certo dai dipendenti di A. , posto che detto negozio non costituisce una fonte normativa e, tanto meno, un contratto collettivo di lavoro. Per completezza andrà rilevato , infine, che con gli interpelli n. 24/2008 e n. 27/2008 formulati , rispettivamente, dall'UGL del settore autotranvieri e dall'Ordine dei Consulenti del lavoro sulle quali si fondano ( quanto meno in parte) le diffide accertative oggetto di causa, il Ministero del lavoro non fornisce una risposta diretta e limpida alle questioni che ci occupano , ossia la remunerabilità o meno dei periodi di interruzione dalla guida, dei riposi intermedi e dei periodi di disponibilità dei lavoratori addetti a linee con percorrenza superiore a 50 km e, quindi, in merito alla inclusione o meno dal computo dell'orario di lavoro effettivo di dette "pause". L'interpello n. 24/2008, esclude (utilizzando la formula dubitativa "pare") l'applicabilità della normativa del regolamento CE allorchè il percorso "cumulativo" delle singole tratte e/o linee eseguite dallo stesso conducente superi i 50 km ; precisa che dalle previsioni normative oggetto del Regolamento n.561/2006 non emerge alcuna distinzione tra trasporto urbano e extraurbano e, infine, risponde al quesito se la normativa comunitaria "abbia di fatto superato e/o abrogato le vecchie normative di settore quali il R.D.L. n. 2328 del 1923 e la L. n. 138 del 1956". Per quanto riguarda il terzo quesito, ossia l'unico che qui rileva , si osserva che il Ministero del Lavoro ha , ad avviso di questo Tribunale, confermato l'applicabilità del Regolamento CE 561/2006 per i conducenti impegnati in tratte superiori ai 50 km (con esclusione ai fini del raggiungimento di tale distanza della cumulabilità). Il parere del Ministero del Lavoro n. 27/2008 fornisce indicazioni in merito alla disciplina applicabile ai dipendenti di trasporto che svolgano attività differenti nell'arco della stessa giornata o della stessa settimana e alla disciplina relativa alla durata massima dell'orario di lavoro e ai riposi giornalieri e periodici applicabile ai lavoratori adibiti a diverse attività lavorative , alcune delle quali rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 66 del 2003 e altre in quello del D.Lgs. n. 234 del 2007 e del regolam. CE n. 561/2006 del 15 marzo 2006. Le "direttive interpretative " contenute nel primo interpello sono univoche ai fini che ci occupano soltanto laddove escludono che la normativa comunitaria abbia un effetto abrogativo delle vecchie normative di settore quali il R.D.L. n. 2328 del 1923 e la L. n. 138 del 1958. Il concetto è stato richiamato e ribadito dal Ministero dell'Interno in data 2.10.2018 allorchè ha risposto all'interpello di ASTRA. Detta presa di posizione è del tutto condivisibile in quanto , come anticipato , le normative di settore restano indubbiamente in vigore in ordine alla disciplina dell'orario di lavoro (e della retribuibilità dello stesso) dei conducenti addetti a linee con percorrenza inferiore a 50 km in quanto espressamente esclusi dall'ambito applicativo del regolamento CE n.561/2006. Le ulteriori indicazioni contenute negli interpelli n. 24/2008 e 27/2008 non appaiono avvalorare la tesi dell'ITL del Lavoro di Mantova , ma sembrano piuttosto sorreggere le argomentazioni di A.. Con il primo interpello il Ministero del Lavoro , come anticipato, ha infatti confermato la applicabilità del Regolamento CE n. 561/2006 per i conducenti impegnati in tratte superiori ai 50 km (con esclusione ai fini del raggiungimento di tale distanza della cumulabilità delle singole tratte) evidenziando, a supporto dell'assunto, che "questa interpretazione appare in linea con il punto 24 del preambolo del citato regolamento" in base al quale "gli Stati


membri dovrebbero stabilire regole opportune per i veicoli impiegati nei servizi regolari di trasporto passeggeri operanti entro un raggio di 50 km ". Come correttamente evidenziato dal procuratore di A. , nello stesso atto amministrativo il Ministero del Lavoro riconosce espressamente, il carattere di specialità della disciplina di cui D.Lgs. n. 234 del 2007 "in particolare per la categoria di lavoratori mobili, cui si applica la disciplina comunitaria sui tempi di guida e di riposo prevista dal regolamento CE n. 561/2006 , opera la disciplina speciale introdotta dal D.Lgs. n. 234 del 2007 in attuazione della direttiva CE n. 2002/15 che ha completato la disciplina del tempo di lavoro complessivamente prestato dai conducenti nello svolgimento delle proprie mansioni . Diversamente, per i soli lavoratori mobili che non rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento CE n. 561 , la disciplina dell'orario è dettata dal D.Lgs. n. 66 del 2003 , fatta eccezione per gli artt. 7,8,9 e 13 (riposo giornaliero , pausa , riposo settimanale e lavoro notturno) con la precisazione che per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al R.D.L. n. 2328 del 1923 e alla L. n. 138 del 1956. Pure l'atto di interpello n. 27 del 20.3.2009 (che in verità , come anticipato , verte sui rapporti tra il D.Lgs. n. 66 del 2003 e il D.Lgs. n. 234 del 2007 e non su quelli fra il secondo e la L. n. 138 del 1958.) sembra confermare l'applicazione , per le fattispecie ivi ricomprese, della normativa di cui al Regolamento CE 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007. In esso si legge testualmente "si deve ritenere che il D.Lgs. n. 234 del 2007 sia applicabile a tutti i lavoratori di aziende che svolgono autotrasporto di persone o merci purché effettuino spostamenti (ed escludendo, quindi, il personale addetto esclusivamente a mansioni di tipo amministrativo) e, naturalmente, purché le attività rientrino nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 561/2006. Ciò in quanto la effettiva applicazione dello stesso Decreto deriva non già dall'attività espletata dall'impresa ma dalle concrete attività esercitate dai lavoratori mobili ed espressamente citate dalla normativa comunitaria ivi recepita. Per tutte le attività non contemplate soccorre, invece, la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 66 del 2003". Infine si osserva che l'istanza di ammissione della prova testimoniale reiterata dal convenuto all'udienza del 13.4.2021 volta a dimostrare che i cd Turni Ce elaborati da A. sono il frutto di piu' tratte inferiori a 50 km e linee diversificate fra loro è stata implicitamente rigettata in quanto oltre a smentire il presupposto sul quale è stato emesso il precetto impugnato i costituisce argomento inamissibilmente nuovo. Innanzitutto, come condivisibilmente osservato dalla Corte di Appello di Brescia, le cui argomentazioni saranno qui richiamate ex art. 118 d.a. c.p.c. , è innegabile che il presupposto di fatto che il convenuto fosse adibito al trasporto passeggeri su tratte extraurbane con percorrenza superiore a 50 Km, ha costituito la base della diffida accertativa emesse dalla ITL e sulla quale il convenuto ha fondato l'atto di precetto notificato ad A.. In altri termini, proprio sulla base del presupposto di fatto pacifico che gli appellanti fossero addetti alle suddette tratte, è scattato l'accertamento della ITL di Mantova, la quale ha ritenuto sussistere la violazione della L. n. 138 del 1958, appunto perché A. aveva applicato a detti autisti la normativa di fonte europea (che riguarda appunto le linee extraurbane superiori a 50 Km) che secondo i funzionari della ITL non andava invece applicata. Ed invero, in tutte le diffide accertative, i funzionari hanno specificato chiaramente che la violazione era riferita "ai turni denominati CE, relativi ai servizi di trasporto pubblico extraurbano di passeggeri in servizio regolare di linea, con percorrenza superiore ai 50 km, che hanno l'obbligo dell'inserimento della carta tachigrafica del conducente (digitale o analogica) e di registrare l'attività di guida attraverso il tachigrafo" (cfr. le diffide accertative in atti). Se così non fosse stato, non sarebbe sorto alcun contenzioso, posto che la


normativa di fonte europea non trova applicazione nel caso di tratte extraurbane di percorrenza inferiore ai 50 Km. I lavoratori azionando queste diffide accertative e notificando alla società il relativo atto di precetto, hanno in sostanza fatto proprio l'accertamento di fatto operato dalla ITL e posto alla base delle diffide (ossia l'essere autisti assegnati ai turni denominati CE, nel senso di essere assegnati a linee extraurbane con percorrenza superiore a 50 Km). Con la conseguenza che negando ora la sussistenza del suddetto presupposto di fatto, finiscono per negare i fatti su cui essi stessi hanno fondato la loro azione, attivando le diffide accertative emesse dalla ITL, così mutando la causa petendi della loro domanda. E' vero che i lavoratori, costituendosi nel giudizio di opposizione agli atti di precetto e alle diffide accertative poste alla base degli stessi, avrebbero potuto ampliare la causa petendi dell'originaria azione, appunto contestando il presupposto di fatto in questione nel caso in cui la tesi in diritto su cui si fondavano le diffide fosse stata disattesa, ma in questo caso avrebbero dovuto svolgere domanda riconvenzionale (cosa che non hanno fatto), attesa l'assoluta differenza della causa petendi della nuova azione, rispetto a quella esercitata con l'attivazione delle diffide di accertamento. Ciò al fine di consentire alla società opponente di esercitare il proprio diritto di difesa al riguardo, anche sotto il profilo istruttorio. Già queste considerazioni sarebbero sufficienti a fondare il rigetto della censura. In ogni caso, per completezza, deve rilevarsi che le deduzioni degli appellanti sull'insussistenza del presupposto di fatto qui in discussione, sono alquanto generiche e non consentono di comprendere in cosa consistesse lo "spezzettamento" dei percorsi di linea su tratte extraurbane superiori a 50 Km e come le linee "spezzate" incidessero sul dato oggettivo della lunghezza della tratta superiore a 50 Km. Ed i capitoli di prova formulati in tema, scontano lo stesso vizio di genericità, con conseguente loro inammissibilità. Peraltro, va pure rilevato, a decisa smentita delle deduzioni in fatto dei lavoratori, che nel novembre 2011, la nuova RSU appena eletta, contestando l'applicazione aziendale del Regolamento CE 561/2006 e del D.Lgs. n. 234 del 2007, non rinnovò gli accordi aziendali intervenuti nel corso del 2011 e relativi ai turni extraurbani, chiedendo di eliminare i c.d. turni CE, "spezzando" le linee al fine di evitare servizi di trasporto con percorrenza superiore a 50 Km (questo fatto è stato compiutamente dedotto da A. al punto 14 dell'esposizione in fatto contenuta negli atti di opposizione di 1 grado, e non è stato contestato dai lavoratori): dal che non può che desumersi che sino a quel momento non esistevano in A. linee di percorrenza superiore a 50 Km "spezzate" e poiché non risulta che A. abbia accolto la richiesta della RSU, deve ritenersi che dette linee "spezzate" non siano mai state introdotte in azienda neppure successivamente (e in particolare nel periodo che rileva ai fini del giudizio, dal 2013 in poi) (cfr. C.d.A Bs n. 252/2020). Per tutte le considerazioni di cui sopra, l'addebito oggetto della diffida accertativa appare insussistente con il conseguente accoglimento dell'opposizione al precetto che si fonda sulla prima. La complessità delle questioni trattate , la natura interpretativa delle stesse e, non da ultimo, il fatto che il convenuto ha agito sulla scorta di un atto di un' autorità pubblica , impongono di compensare integralmente fra le parti le spese di lite P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione, deduzione o istanza disattesa o assorbita, così dispone: - dichiara l'inefficacia del precetto opposto e della diffida accertativa su cui si fonda; - dichiara l'inesistenza del credito retributivo del convenuto oggetto della diffida accertativa azionata con il precetto opposto; - dichiara compensate fra le parti le spese di lite Così deciso in Mantova, il 21 aprile 2021.


Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2021.



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