Il venerdi di repubblica il mio 68

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ci e comprensibili a chiunque. Il tutto succede anche per via del mezzo, il fumetto, il quale dischiude una via originale e altra rispetto a quella del linguaggio. «Hergé insegna a ridere, a pensare, a inventare: unico verbo in tre persone». E a proposito di persone: com’era Hergé? Umile, modestissimo, un lavoratore instancabile, risponde Serres. Il quale racconta anche l’occasione che li

ha fatti conoscere. È il 1963: Serres pubblica un saggio sulla gloriosa rivista Critique sul tema della comunicazione nell’albo I gioielli della Castaiore. Hergé legge e apprezza, così chiama il ilosofo per ringraziarlo. Convenevoli di rito, qualche battuta, poi l’invito ad andare a trovarlo a Bruxelles. Passa qualche settimana e Serres parte: non gli pare vero di poter incontrare il suo

mito, colui che ha dato forma all’eroe della sua infanzia. Hergé gli apre la porta di casa sua ed ecco che Serres rimane scioccato: scopre che sul tavolo del salone troneggia un iammante revolver 6,35 della miglior fattura, visibilmente ben tenuto. Ora, Serres è nato nel 1930 ed è stato testimone degli orrori della guerra e quella pistola gli fa orrore. Non sa cosa pensare. Hergé intuisce lo spaesamento dell’altro, così aggiunge: «La teniamo sempre a portata di mano, per sicurezza. Arrivando avrà senz’altro notato il nostro vicinato: i nemici ci circondano». Serres è confuso, forse ha sbagliato tutto: l’uomo che più ha stimato e apprezzato è probabilmente un mezzo pazzo. Ma poi succede qualcosa: una sagoma, come un lampo, attraversa il salone… Hergé, indiavolato, alla velocità della luce impugna l’arma con sicurezza ed esplode tre colpi: tre spruzzi parabolici (di acqua) che cercano di colpire, invano, il demonio in persona sotto le fattezze del suo gatto preferito. «Bisogna che mi alleni ancora», dice riponendo l’arma. «Pessimo 6 cowboy!», aggiunge come scoraggiato, «estraggo la pistola sempre troppo tardi». È l’inizio di un’amicizia profonda, ventennale, fatta di incontri e di analisi ilosoiDELL’EROE DEI FUMETTI che. E verrebbe da DE GAULLE ch i e d e r s i c o s a AVREBBE DETTO: Hergé pensasse «È IL MIO UNICO delle interpretaVERO RIVALE INTERNAZIONALE» zioni “pensose” della sua opera. Ancora una volta Serres racconta un aneddoto chiariicatore: era a Bruxelles a tenere una conferenza su Tintin quando, dopo aver discettato con sagacia, vede alzarsi dal pubblico Hergé in persona – Serres non sapeva fosse fra gli uditori – che sorridendo dichiara: «Ho una critica da fare al conferenziere: non è vero, io non sono così intelligente!». Marco Filoni 5 GENNAIO 2018 . IL VENERDÌ .

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