COVID-19 Profili immunologici (a cura della Direzione Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubb

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Ministero dell’interno 1

Dipartimento della Pubblica Sicurezza

Direzione Centrale di SanitĂ



COVID-19 Profili immunologici

Direzione Centrale di SanitĂ


A cura di: Clementina Moschella; Raffaele Angelo Bochicchio; Eleonora Melfa © Ministero dell’Interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza Direzione Centrale di Sanità Maggio 2020 Manuale ad uso delle attività istituzionali della Polizia di Stato


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SOMMARIO Indroduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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1.

IL SISTEMA IMMUNITARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1. Gli anticorpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2. La risposta immunitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3. La risposta immune anticorpale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4. Risposta immunitaria cellulo-mediata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.5. Concetto di anticorpo neutralizzante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.6. Concetto di sieroconversione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7. Immunità di gregge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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2.

SARS-CoV-2 STRUTTURA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1. Componenti strutturali SARS-CoV-2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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3.

MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1. Stimolazione virale e risposta immunitaria . . . . . . . . . . . . . . . .

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4.

TEST ANALITICI

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5.

TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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6.

CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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INTRODUZIONE Nei secoli passati si sono verificate epidemie o pandemie che hanno causato morte e prodotto angosce e paure; una delle più gravi risale al 1918 “la grande influenza o Spagnola “(fig.1) che rimase attiva fino al 1920. Fu causata dal virus H1N1 ed uccise 50 milioni di persone su una popolazione totale di 2 miliardi. Alcune ricerche suggeriscono che la variante specifica del virus avesse una natura insolitamente aggressiva. Un gruppo di ricercatori, scoprì che il virus, prelevato da cadaveri congelati di vittime di spagnola e trasfettato in animali da esperimento, causava una rapida insufficienza respiratoria progressiva e la morte attraverso una tempesta citochinica. Anche nel caso di SARS-CoV-2 avviene lo stesso processo patogenetico con morte per polmonite dovuta ad una abnorme risposta di tipo infiammatorio. A causa di questo virus si sta affrontando un evento di eccezionale portata, in parte aggravato dal fenomeno della globalizzazione, che determina in tempi rapidissimi lo spostamento di masse di persone e di eventuali agenti patogeni da esse trasportati. La pandemia da Sars-CoV-2 ha avuto origine a Wuhan dove Il primo caso di infezione da nuovo coronavirus è stato registrato il 17 dicembre del 2019 ma solo il 12 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato SARS-CoV-2 come agente eziologico di una grave polmonite virale nell’uomo. Ad oggi i casi nel mondo sono pari a circa 4.873.129 con 319.249 morti. Questi numeri sono molto importanti e ci fanno riflettere. Quanto sopra diventa ancor più preoccupante soprattutto alla luce del fatto che ad oggi non esiste una terapia efficace verso SARS-CoV-2 e non si conosce l’esatto meccanismo molecolare di trascrizione e replicazione di questo virus. In questo opuscolo si è cercato di sintetizzare, senza grandi pretese ed in modo molto semplice, la struttura del virus descrivendone i meccanismi cellulari attualmente conosciuti e l’interazione tra CoV-2 e sistema immunitario. Siamo partiti dalla conoscenza che i virus sono particelle infettive incapaci di vita propria; si replicano dirottando gli apparati nucleari delle cellule eucariotiche che hanno infettato costringendole, con meccanismi molto complessi, alla sintesi delle proprie proteine virali. Queste ultime, infine, assemblandosi, costituiscono il virione completo e pronto per essere liberato nel torrente sanguigno ed infettare altre cellule e così via. Inoltre, si è voluto analizzare se il sistema immunitario sia in grado di produrre anticorpi contro questo virus, se questi possano avere effetto neutralizzante contro CoV-2 ed infine se questa immunità sia di lunga durata oppure, come avviene per l’influenza, cambi ad ogni stagione.


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INTRODUZIONE

Fig. 1 - Influenza spagnola marzo 1918 Foto: SPL / AGE Fotostock-


1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO Il Sistema Immunitario è un apparato, molto complesso ed altamente specializzato, svolge importanti funzioni difensive nei riguardi di numerosi agenti esterni tra i quali, ad esempio, virus, batteri, cellule e proteine esogene. Tipico esempio di peculiare funzione immunologica è la risposta anticorpale, diretta contro germi patogeni o contro stimolazioni vacciniche. Le alterazioni del sistema immunitario si traducono sul piano clinico in una abnorme frequenza di episodi infettivi, nonché in una più elevata incidenza di neoplasie maligne. Tale sistema svolge le sue numerose funzioni attraverso l’azione combinata e sinergica di componenti sia di natura cellulare che umorale. Schematicamente i principali costituenti del Sistema Immunitario sono: gli organi linfatici, le cellule immunocompetenti ed i mediatori chimici. Gli organi linfatici a loro volta si dividono in organi linfatici centrali (il midollo osseo ed il timo che sono la sede di produzione e maturazione dei globuli bianchi) ed organi linfatici secondari (linfonodi, milza, tonsille e appendice che provvedono alla cattura dell’antigene). Nella tabella (tab.1) sottostante, vengono descritte le cellule del sistema immunitario con le relative funzioni. Le cellule immunocompetenti derivano dalla cellula staminale totipotente, definita poliblasto, che può maturare attraverso 2 vie differenti. La prima ha sede nel timo (di seguito denominata timo-dipendente) e trasforma il poliblasto in linfocita T, mentre la seconda passa attraverso il midollo ed il fegato fetale e produce il linfocita B. I linfociti T provvedono all’Immunità CelluloMediata (ICM), mentre i linfociti B all’Immunità Umorale (IU) attraverso la produzione di anticorpi, che si verifica quando il linfocita B viene attivato dal contatto con l’antigene e si trasforma in plasmacellula. Nel torrente circolatorio si trova, anche, il sistema del Complemento, anch’esso parte importante del sistema immunitario, caratterizzato da un insieme di frazioni proteiche in concentrazioni variabili, che svolge importanti funzioni biologiche difensive culminanti nella lisi delle cellule patogene, dopo che queste ultime sono state complessate con specifici anticorpi.


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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

Fig. 2 - Schema di una cellula macrofagica

Tab. 1. - Descrizione sintetica delle caratteristiche delle cellule immunocompetenti-

LINFOCITI

Si dividono in due popolazioni: linfociti T e linfociti B ed ognuna di queste a sua volta in sottopopolazioni linfocitarie di tipo T e di tipo B. Mediano l’immunità acquisita, intervengono nelle infezioni virali, eliminano le cellule neoplastiche, coordinano l’attività dell’intero sistema immunitario.

LINFOCITI K LINFOCITI NK

I linfociti k hanno azione citotossica diretta verso le cellule tumorali, mentre i linfociti NK agiscono verso cellule bersaglio ricoperte di anticorpi.

MONOCITI

Maturano e si trasformano in macrofagi che hanno attività fagocitaria e di stimolazione nei confronti dei linfociti T

GRANULOCITI NEUTROFILI

Fagocitano i batteri e rilasciano citochine

GRANULOCITI BASOFILI

Producono e rilasciano citochine, eparina ed istamina ed altre sostanze chimiche coinvolte nella risposta immunitaria ed allergica.

MASTOCITI

Sono cellule coinvolte nella risposta allergica, nell'asma e nella resistenza nei confronti dei parassiti

GRANULOCITI

Combattono i parassiti e partecipano alle reazioni allergiche


1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

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I mediatori chimici, infine, le linfochine, sono sostanze chimiche importanti, prodotte dai linfociti T attivati, che interagiscono come mediatori intercellulari della risposta immunitaria, svolgendo un ruolo cruciale nelle interazioni tra i linfociti T e le altre cellule e nell’amplificazione della suddetta risposta immunitaria. Neutrofilo: granulocita con nucleo polilobato e granuli finemente colorati

Eosinofilo: granulocita con nucleo solitamente bilobato e granuli acidofili (color arancione)

Mastcellula: granulocita con nucleo ovalare solitamente coperto da granuli basofili (color porpora)

Linfocito: nucleo a volte reniforme che occupa gran parte della cellula. Sottile rima citoplasmatica di colore “azzurro chiaro” circonda il nucleo

Plasmacellula: nucleo con cromatina disposta “a ruota” circondato da ampio citoplasma all’interno del quale sono visibili vacuoli

Fig. 3 - Linee cellulari coinvolte nella risposta immunitaria

1.1. Gli anticorpi Gli anticorpi, chiamati anche immunoglobuline o gammaglobuline, sono una famiglia eterogenea di molecole proteiche, sintetizzate dalla plasmacellula. Funzionalmente sono caratterizzate dalla capacità di legarsi, per mezzo di un sito specifico chiamato epitopo e collocato nella medesima struttura, a sostanze estranee all’organismo, gli antigeni e con essi formano un complesso


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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

denominato antigene-anticorpo capace di attivare una serie di meccanismi molto elaborati in grado di eliminare la sostanza estranea. Le immunoglobuline si distinguono in 5 classi, o isotipi, di anticorpi denominate: IgG, IgM, IgD, IgA, IgE (Fig. 4). IgG: è la classe di anticorpi più rappresentata, la sua concentrazione è pari al 70% delle Ig totali e sono composte da quattro catene polipeptidiche, di cui due pesanti H e due leggere L. La presenza all’interno della molecola di legami disolfuro le conferisce una particolare compattezza, tranne che nella zona cerniera dove al contrario vi è una notevole flessibilità. Questa classe di anticorpo, tra le tante funzioni, possiede quella di neutralizzare le tossine, comparire tardivamente nella risposta immunitaria e permanere per lungo tempo come memoria immunologica. Troviamo cinque sottoclassi: IgG1, IgG2, IgG3, IgG4, IgG5. Di queste, le più funzionali sono le IgG1 e le IgG3 che fissano il Complemento e interagiscono con i recettori dei macrofagi e dei granulociti polimorfonucleati. IgA: questa classe è presente nel siero solo in forma monomerica e corrisponde al 18-22% delle Ig totali, al contrario invece ne troviamo un’alta concentrazione nelle secrezioni esterne: saliva, latte materno, colostro, secrezione nasale e tracheo-bronchiale, tubo gastroenterico, bile, urina. Le IgA secretorie sono sintetizzate dalle plasmacellule presenti in gran numero nella lamina propria al di sotto della superficie epiteliale delle mucose, hanno delle proprietà strutturali che le rendono particolarmente resistenti agli attacchi enzimatici ed in virtù di ciò svolgono un ruolo di vernice antisettica protettiva. IgM: la loro concentrazione è pari al 10% delle Ig totali, posseggono una struttura pentamerica che dà ragione delle grandi dimensioni di queste molecole e intervengono nelle prime fasi della risposta immunitaria per poi sparire. Hanno funzione di neutralizzazione ed eliminazione nei confronti degli antigeni e microorganismi dal torrente sanguigno. IgD: sono una classe di Ig con funzione di regolazione della risposta immunitaria, con segnale di attivazione nel processo di differenziazione del linfocita B. IgE: sono presenti in circolo in concentrazione molto bassa, mediano le reazioni allergiche dell’ipersensibilità immediata, e ad esse spetta il ruolo di guardiano delle superfici mucose, attraverso un meccanismo di aumentata permeabilità indotta dai mediatori chimici liberati per effetto della reazione IgE-antigene.


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Fig. 4 - Rappresentazione grafica delle immunoglobuline

1.2. La risposta immunitaria La risposta immunitaria è data da un insieme di meccanismi che avvengono nell’organismo in seguito all’introduzione di un agente estraneo denominato antigene. Detta risposta, che può avvenire attraverso due modalità (quella immune anticorpale, primaria o secondaria, e quella mediata da cellule) presenta alcune caratteristiche: 1. Specificità nei confronti di diversi antigeni 2. Memoria per lo stesso antigene ad una seconda esposizione 2. Autolimitazione (quando l’insulto antigenico termina, finisce anche la risposta immunitaria). 1.3. Risposta immune anticorpale La risposta immune anticorpale è perlopiù di tipo timo-dipendente: chiama in causa la proliferazione dei linfociti T e linfociti T-helper indotte dall’antigene.


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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

Fig. 5 - Foto di una plasmacellula (H.Löffler; J.Rastetter)

Fig. 6 - Schema di una plasmacellula (I.Covelli; L.Frati)

Più nello specifico, l’antigene, penetrato nell’organismo, viene fagocitato dai macrofagi (fig. 2) rielaborato e riesposto sulla superficie della medesima cellula insieme al Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC) di classe II. Questo processo avviene al fine di rendere ben visibile l’antigene ai linfociti T, che attivandosi, anche attraverso l’azione del mediatore cellulare interleuchina-1, prodotta dai macrofagi, sintetizzano a loro volta l’interleuchina2, che sensibilizza i linfociti B trasformandoli in plasmacellula (figg. 5-6). La plasmacellula è altamente specializzata e provvede alla sintesi degli anticorpi, che legano l’antigene formando il complesso, antigene-anticorpo, che sarà eliminato dal complemento preventivamente attivato. La cinetica della risposta immunitaria (Fig. 7) sarà diversa a seconda che si tratti di un primo contatto con l’antigene: risposta primaria; o che, invece si tratti di un antigene già conosciuto dall’organismo: risposta secondaria o anamnestica. Nel primo caso la risposta necessita di un tempo di induzione di parecchi giorni. In questa fattispecie, il sistema ha bisogno di conoscere l’agente estraneo ed attivare tutti quei meccanismi molecolari per la sintesi delle immunoglobuline destinate a contrastarne l’insulto. Questa fase è caratterizzata dalla sintesi di immunoglobuline di tipo IgM che via via si trasformeranno attraverso lo switch in immunoglobuline di tipo IgG. Gradualmente la produzione assume un andamento esponenziale fino al raggiungimento di una fase di equilibrio o plateau, cui seguirà una fase di decremento con riduzione della sintesi anticorpale. Nel secondo caso, cioè nella risposta secondaria o anamnestica, ci sarà un più breve periodo di latenza con una fugace comparsa di IgM ed una elevata produzione di immunoglobuline di tipo IgG.


1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

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Fig. 7 - Cinetica della risposta anticorpale primaria e secondaria

1.4. Risposta immunitaria cellulo-mediata Questo tipo di risposta avviene in modo diretto senza produzione di anticorpi, ed è perlopiù, mirata all’eliminazione di cloni cellulari neoplastici, funghi, batteri protozoi e cellule virulentate. Questo stesso meccanismo di risposta avviene anche nel rigetto dei trapianti. Le cellule coinvolte sono i linfociti T ed i macrofagi sensibilizzati dal contatto con l’antigene, che si lega al recettore della cellula, agendo con effetti citotossici attraverso meccanismi molto complessi taluni ancora sconosciuti. In alcuni casi il linfocita elimina la cellula in modo diretto, alterandone la permeabilità al NA+ e causando la fuoriuscita di K+, a cui consegue il rigonfiamento osmotico e lo scoppio cellulare; in altri casi, attraverso mediatori solubili iniettati direttamente nella cellula bersaglio dal linfocita sensibilizzato. 1.5. Concetto di anticorpo neutralizzante Gli anticorpi vengono definiti neutralizzanti quando hanno la capacità di inattivare l’antigene e bloccarne gli effetti sull’organismo. La maggior parte degli anticorpi di questo tipo, nel siero, è composta da IgG e IgA, sebbene tutte le immunoglobuline possano legare antigeni con la regione variabile.


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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

La valutazione del potere neutralizzante di un anticorpo contenuto nel siero, nei confronti di un dato virus si misura con la reazione di sieroneutralizzazione (SN). I sieri contenenti gli anticorpi neutralizzanti sono preincubati con soluzioni contenenti concentrazioni diverse di virus al fine di consentirne il legame. I suddetti campioni, vengono, poi, aggiunti a cellule sensibili all'infezione virale. Se nel siero sono presenti anticorpi neutralizzanti il virus sarà inattivato e perciò non riuscirà a virulentarle. Con questa reazione si può evidenziare anche quale sia la diluizione anticorpale in grado di neutralizzare l'infezione virale. I test di sieroneutralizzazione sono molto sensibili e specifici, misurano il titolo anticorpale neutralizzante dopo l'infezione o vaccinazione. La quantificazione del titolo può essere basata sulla presenza o assenza di effetto citopatico o sull'evidenza di infezione virale mediante una tecnica immunoreattiva. 1.6. Concetto di sieroconversione La presenza di anticorpi nel siero prodotti dal sistema immunitario in seguito al contatto con agenti infettivi viene definita siero-positività. Questo termine riporta alla memoria l’infezione da HIV, invece, riguarda le infezioni che in generale stimolano la produzione di anticorpi. Per sieroconversione si intende il passaggio dallo stato di sieronegatività (assenza di anticorpi nel plasma sanguigno) allo stato di sieropositività. In sintesi quando un agente infettante penetra nell'organismo, il sistema immunitario interviene producendo gli anticorpi con meccanismi molto complessi e ciò accade nel 70% circa dei soggetti. La sieroconversione, in generale, non avviene subito dopo l'ingresso dell'agente infettante nell'organismo (contagio), ma può avvenire anche a distanza di qualche tempo, per cui i test per la rilevazione di anticorpi nel plasma sanguigno possono risultare negativi se non è trascorso un intervallo sufficientemente lungo da permetterne la sintesi. Il periodo temporale che intercorre tra il contagio e la sieroconversione prende il nome di periodo finestra, e può avere durata diversa a seconda dell'agente infettante e anche del tipo di test utilizzato. La sieroconversione può essere seguita dalla sieroreversione. Quest’ultimo è il fenomeno opposto e consiste in una diminuzione, finanche all'annullamento, della concentrazione degli anticorpi nel plasma sanguigno, presenti in seguito ad una passata sieroconversione.


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1.7. Immunità di gregge Nei mesi scorsi un dibattito molto accesso ha accompagnato quella che sembrava configurarsi come una strategia vincente da parte degli inglesi contro il coronavirus: lasciare che gran parte della popolazione contraesse l’infezione al fine di sviluppare un’immunità naturale contro il virus, determinando la cosiddetta immunità di gregge (herd immunity) (fig.8). Il concetto alla base dell’immunità di gregge funziona con un meccanismo che vede molte persone immunizzate. Questo produrrà statisticamente una minor probabilità che il virus trovi un ospite da infettare, diminuendo le possibilità che si trasmetta da una persona all’altra. Infatti, questa modalità potrebbe mandare in corto circuito il suo ciclo infettivo e arginare così l’infezione a pochi casi saltuari o estinguerla del tutto. Perché l’immunità di gregge funzioni, è però importante che gran parte della popolazione sviluppi un’immunocompetenza specifica contro il virus; la percentuale necessaria varia a seconda del patogeno, ma in molti casi la copertura deve raggiungere circa il 95% della popolazione. L’immunità si può acquisire in due modi: venendo a diretto contatto con il patogeno (infezione naturale) oppure tramite un vaccino. Nel primo caso, l’incontro con il patogeno scatena la sintomatologia associata a quell’infezione e può esporre le persone infettate a gravi complicanze. Il vaccino simula, invece, l’incontro con il patogeno, stimolando il sistema immunitario delle persone con appositi antigeni che però non causano la malattia. In buona sostanza, dopo il vaccino la persona diventa immune come se avesse contratto la malattia, ma senza essersi realmente ammalata. Il concetto di immunità di gregge è quindi fondamentale per arginare un’epidemia, ma la via dell’infezione naturale comporta rischi troppo alti per la popolazione e difficilmente prevedibili, soprattutto per un patogeno come SARS-CoV-2 di cui ignoriamo ancora molte caratteristiche. A questo si aggiunga il fatto che ancora non sappiamo se questa epidemia si estinguerà nel corso di questi mesi o se il virus continuerà a circolare, magari andando incontro a mutazioni che daranno origine a epidemie stagionali come quelle dell’influenza. Se questo fosse vero, una persona che contrae oggi il coronavirus e guarisce potrebbe, comunque, essere re-infettata nuovamente in futuro. La strategia per creare un’immunità di gregge rinnovabile nel tempo e che limiti i rischi per la salute della popolazione rimane dunque quella basata su un vaccino specifico. Al momento nessun vaccino è disponibile per l’attuale epidemia, ma gli sforzi sinora compiuti sono un investimento sul futuro; sia che questo stesso virus continui a circolare per mesi sia che muti dando origine a nuovi


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1. IL SISTEMA IMMUNITARIO

ceppi, i protocolli vaccinali attualmente in fase di testing costituiranno un prezioso salvagente anche per gli anni a venire.

Fig. 8 - Schema esplicativo del concetto di immunitĂ di gregge A: percentuale di immunizzati bassa B: circolazione del virus C: percentuale di immunizzati alta D: effetto gregge.


2. SARS-CoV-2 STRUTTURA

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2. SARS-CoV-2 STRUTTURA

Il coronavirus SARS-CoV-2 appartiene ad un ceppo virale del sottogenere Sarbecovirus, ed è responsabile della SARS sindrome acuta respiratoria grave. SARS-CoV-2 è un virus ad RNA costituito da un singolo filamento a polarità positiva. Ha una struttura tondeggiante e le sue dimensioni possono variare da 50 a 200 nm. Di seguito vengono descritte le strutture che compongono il virus (fig. 9). 2.1. Componenti strutturali SARS-CoV-2 Glicoproteina S “spike”: situata sulla superficie, della lunghezza di circa 20 nm, il suo nome deriva dall’inglese spike “punta”. Tre glicoproteine S unite compongono un trimero; i trimeri di questa proteina formano la strutture che nel loro insieme danno la somiglianza ad una corona che circonda la particella virale. Le differenze principali di questo nuovo Coronavirus rispetto a quello della SARS sembrano essere localizzate proprio in questa proteina spike, la quale determina la specificità del virus per le cellule epiteliali del tratto respiratorio: il modello 3D infatti suggerisce che SARS-CoV-2 sia in grado di legare il recettore ACE2 (angiotensin converting enzyme 2), espresso dalle cellule epiteliali degli alveoli polmonari. Proteina M: la proteina di membrana (M) attraversa il rivestimento denominato “envelope” interagendo all’interno del virione con il complesso RNA-proteina-Dimero emagglutinina-esterasi (HE). Questa è una proteina del rivestimento, più piccola della glicoproteina S che svolge una funzione importante durante la fase di rilascio del virus all’interno della cellula ospite. Proteina E: l’espressione di questa proteina aiuta la glicoproteina S ad attaccarsi alla membrana della cellula bersaglio. Envelope: è il rivestimento del virus, costituito da una membrana che il virus “eredita” dalla cellula ospite dopo averla infettata. RNA e proteina N: il genoma dei Coronavirus è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva di grande taglia (da 27 a 32 kb nei diversi virus); non sono noti virus a RNA di taglia maggiore. L’RNA dà origine a 7


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2. SARS-CoV-2 STRUTTURA

proteine virali ed è associato alla proteina N, che ne aumenta la stabilità. Rif. (Viaggio al centro del virus: com’è fatto SARS-CoV-2).

Fig. 9 - Struttura del virus SARS-CoV (credit: https://www.scientificanimations.com/wiki-images/)


3. MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE

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3. MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE

I virus sono dei parassiti endocellulari obbligati poiché non sono in grado di replicarsi in maniera autonoma, per fare ciò necessitano di una cellula ospite in grado di fornire loro l'intero apparato biosintetico per la replicazione. Nel genoma della particella virale di SARS-CoV-2, come già accennato, si trova un singolo filamento di RNA a polarità positiva delle dimensioni di 30 Kb, che è rivestito dalla proteina nucleocapside (N). Come per tutti i virus, anche l'involucro del coronavirus deriva dalla cellula ospite in cui sono incorporate diverse proteine virali [1]. Queste includono la proteina di fusione di classe I spike (S), di cui si è detto in precedenza, importante per l'ingresso del virus nella cellula sensibile, la proteina dell'involucro (E) che caratterizza l'assemblaggio del virus insieme alla proteina matrice (M), che collega l'involucro del virus al nucleocapside [2]. La struttura della proteina S del CoV-2 è stata recentemente studiata a fondo. Essa è costituita da due domini principali: il dominio "legame del recettore" e il dominio “di fusione". I residui di aminoacidi nel dominio di legame del recettore sono altamente variabili, mentre quelli nel dominio di fusione sono più conservati. All'interno di quest’ultimo è incorporato il "peptide di fusione" che è importante per la fusione della membrana virale con la membrana della cellula ospite [3]. Durante il processo di attacco e di ingresso nella cellula bersaglio, la proteina S del CoV-2 interagisce con l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 del recettore della superficie cellulare (ACE2). Quindi una proteasi cellulare stacca la proteina S’attraverso un processo che consta di due stadi [4]. Il primo consente di scindere il dominio di legame del recettore della proteina S permettendo così alla sua subunità di fusione di formare una forcina che è inglobata nella membrana della cellula ospite attraverso il peptide di fusione della proteina S. Nel secondo stadio, viene attivato il peptide di fusione, costituito da una sequenza di aminoacidi idrofobici che gli consentono di essere incorporato nella membrana della cellula ospite [5]. Questo processo si verifica sulla membrana plasmatica o attraverso la membrana endosomiale. La proteina S del CoV-2 può interagire in modo molto efficiente con la cellula ospite. A questo punto si avvia Il meccanismo di


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3. MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE

replicazione virale con una modalità cosiddetta di “trascrizione discontinua”, che comportando un elevato tasso di ricombinazione spiegherebbe la variabilità della virulenza. L'infezione da coronavirus, all’interno della cellula, provoca la formazione di vescicole multiple a doppia membrana interconnesse, in cui sono localizzati i complessi di replicazione e trascrizione virale (RTC). Queste membrane sono derivate dal reticolo endoplasmatico (ER) e sono continue con ER ruvido [6]. Le vescicole proteggono il genoma virale da diversi meccanismi antivirali delle cellule, nonché dall'attività di altre esonucleasi presenti nel citoplasma delle cellule infette; aiutano anche il virus a concentrare i fattori necessari per un'efficace trascrizione e replicazione del genoma virale. Le proteine di membrana integrali che fanno parte del complesso della replicasi svolgono un ruolo importante nella genesi di queste vescicole.

Fig. 10 - Schema di trascrizione di virus a RNA a singolo filamento positivo


3. MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE

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Le ricerche per studiare il proteoma virale e cellulare associato alla replicazione di SARS-CoV-2 ed al relativo complesso di trascrizione, viene effettuato utilizzando l'approccio di marcatura di prossimità. Attraverso questo metodo sono state identificate più di 500 proteine ospiti che costituiscono il microambiente RTC. Queste includono le proteine coinvolte nei percorsi di traffico vescicolare, nei processi ubiquitino-dipendenti e autofagici e i fattori di inizio della traduzione del segnale. Il proteoma include anche la maggior parte delle proteine non strutturali codificate dal virus. Una delle proteine virali codificate che non vengono rilevate nel microambiente RTC è nsp1 (proteina non strutturale 1) [7]. L'nsp1 è un fattore importantissimo di patogenicità del coronavirus, esso interagisce direttamente con la subunità 40S del ribosoma della cellula infetta. I meccanismi sono di limitazione della traduzione degli mRNA cellulari e scissione endonucleolitica con un’estesa degradazione dell'mRNA nelle cellule infette [8]. Ciò si traduce in un dirottamento del meccanismo di traduzione dell'ospite che consente di utilizzarlo esclusivamente per la sintesi di proteine virali. Dopo che il genoma virale si è replicato nelle vescicole, viene assemblato per generare virioni di progenie infettive. La prima proteina ad essere assemblata è quella del nucleocapside virale con RNA genomico. Questo complesso si associa quindi con componenti della membrana virale tra cui le proteine S, E ed M. Il nucleocapside virale germoglia quindi nella membrana del compartimento ER-Golgi. Le particelle virali vengono quindi rilasciate dalle cellule mediante un processo simile all'esocitosi. 3.1. Stimolazione virale risposta immunitaria Si osserva che i coronavirus, responsabili di SARS e MERS, quando testati in vitro su coltura cellulare, inducono una risposta immunitaria molto debole [4]. Non è noto se anche SARS-CoV-2 agisca in modo simile. Questo comportamento probabilmente è determinato dai numerosi antagonisti dell'interferone che sono stati identificati nel genoma dei Coronavirus, tra cui la proteina non strutturale nsp1, di cui già si è detto, e numerosi fattori accessori, proteine della matrice e proteine nucleocapside. In numerosi lavori scientifici è stato dimostrato che la patogenesi della SARS è collegata alla ritardata produzione dell’IFN-1 e alla successiva risposta immunitaria. Esperimenti, condotti su topi knockout del recettore IFN, hanno dimostrato che questi sopravvivono all’infezione da SARS-CoV mentre l'80% dei topi di tipo selvaggio è deceduto. [9]. La risposta ritardata dell'IFN non è quindi in grado di arrestare l'infezione


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3. MECCANISMO DI REPLICAZIONE VIRALE

del virus che, però, favorisce il reclutamento aberrante di monociti-macrofagi infiammatori patogeni e l'attivazione di una risposta immunitaria innata che porta a un'estesa citotossicità. Un modello proposto per la patogenesi della SARS suggerisce che durante l'infezione acuta, nelle cellule degli alveoli polmonari ci sia una replicazione rapida del virus. Ciò si traduce in infiltrazione di cellule infiammatorie e rilascio di citochine pro-infiammatorie da cellule infette e da cellule infiltranti. Queste risposte immunitarie portano a lesioni polmonari acute e sindrome da distress respiratorio acuta [6]. Studi retrospettivi su pazienti che si sono ripresi dall'infezione da SARS-CoV hanno dimostrato che sia i titoli anticorpali neutralizzanti che le risposte delle cellule B della memoria contro questo virus avevano vita breve. Sebbene inizialmente abbiano dimostrato una robusta risposta anticorpale contro il virus, tuttavia la risposta non è stata sostenuta a lungo nella maggior parte di queste persone guarite. Non è chiaro come viene generata la risposta immunitaria contro CoV-2 e per quanto tempo possa essere sostenuta.

Fig. 11 - Schema di infezione di SARS-CoV-2 su cellule epiteliali delle vie aeree (clinical Immunol. 2020 Jun; 215: 108448 .2020 Apr )


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4. TEST ANALITICI

4. TEST ANALITICI

Il test diagnostico di riferimento è basato su un saggio in real-time RT-PCR che consiste nell’estrazione e nella purificazione dell’RNA, per la successiva ricerca dell’RNA virale utilizzando una metodica molecolare rapida: Reverse Real-Time PCR (rRT-PCR). La rRT-PCR si basa su un processo di retro-trascrizione che permette la sintesi di una molecola di DNA a doppio filamento (cDNA) a partire da uno stampo di RNA a cui segue una amplificazione, per PCR, di alcuni geni virali SARS-CoV-2. L’utilizzo di sonde rende questo test estremamente specifico, infatti il segnale fluorescente viene rilevato solo in conseguenza dell’appaiamento della sonda alla sequenza bersaglio. Le sonde tipicamente usate possono essere di due tipi: sonde idrolitiche o di ibridazione. Il bersaglio genico, qualora fosse presente nel campione il genoma virale, viene amplificato e intercettato dalla sonda molecolare. La chimica del saggio si basa sulla quantità di prodotto che viene amplificato ad ogni ciclo termico e dalla quantità di segnale fluorescente che viene accumulato proporzionalmente. La fluorescenza può essere misurata ad ogni stadio dell’amplificazione mediante la visualizzazione in tempo reale sullo schermo collegato allo strumento. È il metodo più affidabile per rilevare anche concentrazioni molto basse dell’RNA virale. L’analisi dei suddetti campioni viene effettuata in tutti i laboratori accreditati di riferimento e presso i principali ospedali individuati dalle Regioni. Per la metodica analitica, così come stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, può essere eseguito sia il protocollo CDC-USA, basato sull’amplificazione del gene N, che è maggiormente espresso durante la replicazione virale nella cellula ospite, sia il protocollo sviluppato dalla Charitè di Berlino. Il test eseguito con questa metodica è sempre consigliato per porre la diagnosi con certezza. Tuttavia è necessario osservare dei criteri rigorosi per non incorrere in falsi negativi. Ad esempio, nel caso in cui la malattia sia in fase molto precoce, il tampone potrebbe dare un esito negativo, si consiglia, quindi, di eseguirlo almeno a 5 giorni dal momento del contagio, poiché questa è la mediana della comparsa dei sintomi. Si raccomanda sempre di prestare molta attenzione alla fase preanalitica al momento del prelievo del materiale biologico, che dovrà essere eseguito con cura, per non contaminarlo toccando inavvertitamente il tampone


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4. TEST ANALITICI

o la provetta. La sua esecuzione, dalle vie aeree superiori, si effettua con un tampone sterile al livello nasale profondo fino ad arrivare all’interno delle fosse nasali posteriori o coane. Poi se ne eseguono due faringei raccogliendo il materiale sulla parete posteriore della faringe, avendo cura di non contaminare il campione con la saliva. La durata dell’analisi in Real time PCR è di circa 1 ora e 30 minuti a cui andranno aggiunti i tempi di estrazione dell’RNA, per un totale di circa 4 ore.


5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO

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5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO I test su sangue per la ricerca delle immunoglobuline da SARS-CoV-2 possono essere eseguiti o con il test rapido a cassetta, oppure con veri e propri esami di laboratorio su sangue venoso prelevato dalla vena cubitale della piega del gomito. Con la prima modalità si ottiene un risultato di tipo qualitativo, che sta ad indicare solo la presenza o l’assenza dell’anticorpo ricercato. Al contrario Il test su sangue venoso periferico, generalmente viene effettuato in laboratorio su analizzatori che hanno sistemi di lettura molto più precisi e che danno un risultato di tipo quantitativo. Quest’ultima modalità può darci informazioni preziose sullo stato di immunità del paziente, qualora si dimostrasse che gli anticorpi quantificati possano essere realmente neutralizzanti. Il test di laboratorio può essere eseguito con varie metodiche analitiche e il principio si basa su una risposta colorimetrica che si sviluppa in seguito ad una reazione chimica e può essere letto in chemiluminescenza od elisa. Il test rapido si esegue su sangue capillare, dopo digito-puntura del polpastrello, su siero o plasma. Il dispositivo impiegato è composto da una piccola striscia cromatografica, fissata su un supporto di plastica e da due pozzetti che sono il punto di partenza della corsa cromatografica. Al momento dell’esecuzione dell’esame all’interno dei due pozzetti vengono dispensati rispettivamente, una goccia sangue e due di buffer. Quest’ultimo è composto da una soluzione salina che contiene un colorante a base di oro colloidale che, in presenza di anticorpi IgG o IgM, si lega con gli antigeni fissati sulla superficie della cassetta del test e produce una reazione colorimetrica rossastra: lo schema della reazione è rappresentato nella (fig. 12).

Fig. 12 - Schema di test rapido immuno-cromatografico flusso laterale del tipo oro colloidale


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5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO

Il risultato del test si ottiene dopo 10/15 minuti, a seconda della tipologia di dispositivo, trascorso questo tempo si visualizza una striscia rossa accanto alla C del controllo che ne dimostra la correttezza dell’esecuzione. Se non vi saranno altre bande colorate di rosso il test è da considerarsi negativo. È positivo se ci saranno bande colorate in prossimità delle lettere G o M, che indicano la presenza di anticorpi di tipo IgG o IgM. Al fine di verificare la precisione e l’accuratezza dei test utilizzati presso il Centro di Ricerche di Laboratorio e Tossicologia Forense del Servizio Operativo Centrale di Sanità della Direzione Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, 20 campioni di siero di pazienti positivi per IgG ed IgM, sono stati eseguiti in doppio con esami di tipo quantitativo in chemiluminescenza. I risultati ottenuti sono stati perfettamente sovrapponibili, tranne che nel caso di 1 campione con positività alle IgG pari a 2.68 (cut-off di 1,4) risultato negativo alla card. Per cui si può concludere che la sensibilità su concentrazioni lievi sia bassa. Nelle figure sottostanti sono riportati i risultati dei test sierologici eseguiti su 2 pazienti, uno negativo (fig. 13) ed uno positivo con sintomi da COVID-19 (fig. 14).

Fig. 5 - Foto di una plasmacellula (H.Löffler; J. Rastetter)

Fig. 6 - Schema di una plasmacellula (I.Covelli; L. Frati)

Si ribadisce che la diagnosi per COVID-19 non può essere basata solo su questo tipo di test ma dovrà essere affiancata a quello per la ricerca del genoma virale sul materiale prelevato con il tampone rinofaringeo. È sempre bene sottolineare che per questa tipologia di test è necessario tener ben presente che gli


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5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO

anticorpi andranno ricercati tenendo conto del periodo finestra, di cui si è ampiamente parlato e durante il quale il risultato potrebbe essere falsamente negativo. A tal proposito è chiaro che debbano passare alcuni giorni ma non si è ancora certi dei tempi di sviluppo dei suddetti anticorpi della fase precoce (IgM). Le piattaforme su cui vengono eseguiti i test di laboratorio sono diverse; nella tabella sottostante troviamo le performance valutate dalla Food Drugs Administration con il calcolo delle percentuali di sensibilità e specificità. FABBRICANTE

TIPO DI TEST

ANTICORPI RILEVATI

Cellex

Test rapido, LFI (immunodosaggio a flusso laterale)

IgM e IgG

93,75

96

Ortho Clinical Diagnostics

ELISA

Anticorpo totale (IgM e IgG)

83,33

100

Sistema diagnostico di Chembio

Test rapido, LFIA (immunodosaggio a flusso laterale)

IgM e IgG

93,55

93,95

Laboratorio del Monte Sinai

ELISA

Solo IgG

92,50

100

Diagnostica Autobio

Test rapido, LFIA, (immunodosaggio a flusso laterale)

IgM e IgG

88,15

88,15

DiaSorin

CLIA (chemiluminescente)

Solo IgG

70,90

99,27

Ortho Clinical Diagnostics

ELISA

Solo IgG

87,50

100

Laboratori Abbott

CMIA immunodosaggio di microparticelle chemiluminescenti

Solo IgG

89,34

99,63

Laboratori Bio-Rad

ELISA

Totale (IgM, IgG e IgA)

92,16

92,16

Totale (IgM, IgG e IgA)

57,84

98,85

84,90

98,63

Wadsworth Center, Diparti- CMIA immunodosaggio mento della di microparticelle Salute dello Stato chemiluminescenti di New York Media

SENSIBILITÀ% SPECIFICITÀ%


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5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO

Infine un breve accenno va fatto agli anticorpi monoclonali che, come risulta da numerosi studi, possono costituire un eventuale terapia; sebbene ancora ci si trovi in fase sperimentale i primi risultati sembrano molto incoraggianti. Alcuni scienziati tendono timidamente ad asserire che il titolo anticorpale forse può durare qualche tempo. La cosa ancora poco chiara è se questi anticorpi siano davvero neutralizzanti verso SARS-CoV-2 bloccando l’effetto citopatico del virus. In questo ambito per verificare la produzione risultano essere stati compiuti studi in tal senso, condotti su topi transgenici. In relazione a ciò si è visto che sono stati Identificati 14 potenti anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare efficacemente il coronavirus SARS-CoV-2. Uno in particolare, chiamato BD-368-2, questo non solo ha abbattuto di migliaia di volte la quantità di virus presente in topi transgenici, ma una volta iniettato in roditori sani ha impedito che si infettassero. Ciò significa che l'anticorpo neutralizzante potrebbe essere utilizzato sia per il trattamento della forma acuta della COVID-19, l'infezione scatenata dal SARS-CoV-2, sia come misura preventiva a breve termine. A scoprire il gruppo di anticorpi neutralizzanti è stato un team di ricerca cinese guidato da scienziati del Beijing Advanced Innovation Center for Genomics (ICG) & Biomedical Pioneerering Innovation Center (BIOPIC) dell'Università di Pechino, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Beijing Youan Hospital, dell'Istituto di Microbiologia ed Epidemiologia dell'Accademia Militare delle Scienze Mediche, della società farmaceutica Singlomics e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Sunney Xie, direttore dell'ICG, hanno ottenuto gli anticorpi neutralizzanti dopo aver prelevato e analizzato il sangue di 60 pazienti convalescenti contagiati dal patogeno. Grazie al sequenziamento dell'RNA virale a singola cellula ad alto rendimento di cellule B, Xie e colleghi – specialisti nella genomica a singola cellula – hanno identificato circa 8.500 anticorpi (clonotipi IgG1 leganti l'antigene) nel sangue dei convalescenti. Dalle analisi di laboratorio ne hanno scoperti 14 con elevata capacità di neutralizzare il patogeno, dei quali il più potente è risultato essere il già citato BD-3682. L'anticorpo ottenuto è stato successivamente iniettato in topi transgenici hACE2, che esprimono il recettore delle cellule umane (ACE2) cui si lega la proteina S o Spike del SARS-CoV-2 per dar vita al processo di replicazione e dunque all'infezione. Nei topi infetti e trattati con l'anticorpo la quantità di virus è stata ridotta di circa 2.400 volte. Nei roditori sani, come sottolineato, l'infusione ha impedito che sviluppassero l'infezione. Xie e colleghi ritengono che il potente anticorpo possa essere alla base di farmaci in grado di trattare l'infezione in atto – con un principio analogo alla plasmaterapia – oppure utilizzato come misura preventiva, in persone particolarmente a rischio di infezione (come operatori sanitari, ma anche persone a stretto contatto con un


5. TEST SU SANGUE CAPILLARE E VENOSO

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positivo). Recentemente scienziati italiani del Laboratorio Monoclonal Antibody Discovery (MAD) presso la Fondazione Toscana Life Sciences hanno scoperto 17 anticorpi monoclonali (semi-sintetici) in grado di neutralizzare il coronavirus SARS-CoV-2 in provetta; simili anticorpi sono stati individuati anche da scienziati dei Paesi Bassi e israeliani. I dettagli della ricerca cinese sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Cell.


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6. CONCLUSIONI

6. CONCLUSIONI In conclusione, la domanda che tutti noi ci siamo posti almeno una volta durante questa pandemia è se l’infezione, una volta guariti, ci possa far acquisire un’immunità permanente che ci protegga dalla malattia non facendoci riammalare nuovamente. L’immunità permanente è un processo naturale, per quasi tutte le malattie infettive, ma non proprio un fatto certo nel caso di un nemico così sfuggente come SARS-CoV-2. Questo ha la capacità di sfuggire alla risposta immunitaria innata, il che consente al patogeno di produrre grandi quantità di copie in tessuti principalmente infettati, di solito l’epitelio delle vie aeree, causando enormi reazioni immunitarie che inducono iperinfiammazione attraverso una tempesta di citochine e complicazioni potenzialmente letali. Stiamo solo iniziando a comprendere i fattori ospiti, come l'espressione differenziale delle proteine della superficie cellulare che possono determinare il rischio di infezione, la presentazione della malattia e i risultati. La rivelazione di fattori specifici del tessuto e dello stadio che contribuiscono alla patologia si tradurrà in nuovi approcci terapeutici specifici della malattia che controllano la replicazione del virus limitando il danno infiammatorio fino a quando non saranno disponibili le vaccinazioni.


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Ministero dell’interno Dipartimento della Pubblica Sicurezza

Direzione Centrale di SanitĂ


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