Corte dei conti 8 2018

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Corte dei Conti gennaio 2018:

SEZIONE TOSCANA

ESITO NUMERO SENTENZA 8

ANNOMATERIA 2018 PENSIONI

PUBBLICAZIONE 15/01/2018

Invia

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA In composizione monocratica nella persona del Consigliere, dott. Nicola Ruggiero, in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio iscritto al n. 60746 del registro di Segreteria, introdotto con ricorso depositato in data 22 marzo 2017 e proposto dal Sig. Barozzi Emilio, nato a Bocchigliero (CS) il 3 dicembre 1937 e residente in 57016 Castiglioncello (LI), via Solferino n. 73 (C.F.: BRZMLE37T03A912S), assistito, rappresentato e difeso dall’Avv. Lara Cestari, elettivamente domiciliato presso il suo studio posto in Pisa, via Bonanno Pisano n. 71, giusta delega in calce al ricorso; contro INPS, in persona del direttore pro-tempore, sede prov.le di Livorno, sedente in Livorno, via Pietro Tacca n. 1; avverso la “Comunicazione di debito-recupero somma di euro 36.581,02 sulla posizione iscrizione n. 10284332 intestata al Sig. Barozzi Emilio nato il 3.12.1937”, datata 3 settembre 2013, prot. n. 86959; Visto l’atto introduttivo del giudizio; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi nella pubblica udienza del 23 novembre 2017, celebrata con l’assistenza del Segretario, Sig.ra Carmina Carlini, l’Avv. Lara Cestari per il ricorrente e l’Avv. Paola Forgione per l’INPS; Ritenuto in


FATTO 1. Con il ricorso in epigrafe, il Sig. Barozzi Emilio, già sottufficiale dell’Esercito Italiano, cessato dal servizio il 3.12.1993, collocato in posizione di ausiliaria dal 4 dicembre 1993 e successivamente nella riserva dal 4 febbraio 2000, ha impugnato la nota dell’INPS di Livorno del 3 settembre 2013, prot. n. 86959, contenente la comunicazione dell’accertamento, sulla partita di pensione n. 10284332, di un indebito di euro 36.581,02. Con il medesimo provvedimento l’Istituto previdenziale ha disposto, con decorrenza dal 7.10.2013 e sino al 31.3.2020, una trattenuta mensile di euro 468,99, pari ad 1/5 della pensione. Il predetto indebito è scaturito dal conguaglio tra la pensione provvisoria e quella definitiva (liquidata con decreto del Centro Amministrativo dell’Esercito Italiano n. 00191 del 22.1.2013 di attribuzione della pensione ordinaria e con decreto della Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva del Ministero della Difesa n. 264 del 30.4.2013 di attribuzione della pensione privilegiata) e si riferisce al periodo intercorrente tra il 4.12.1993 ed il 30.9.2013. In sede di gravame, il ricorrente ha diffusamente argomentato in ordine alla sua buona fede nella percezione del maggior trattamento pensionistico, chiedendo l’annullamento dell’impugnato provvedimento di recupero, con conseguente: a) declaratoria dell’intervenuta prescrizione del credito vantato dall’Istituto previdenziale relativamente alla quota dell’indebito maturata prima del settembre 2003 (decennio antecedente alla ricezione del provvedimento di recupero) e declaratoria dell’irripetibilità della quota d’indebito maturata dopo il settembre 2003, con conseguente ordine di restituzione delle somme già trattenute; b) in via subordinata, declaratoria dell’irripetibilità di tutte le somme oggetto dell’ avversata azione di recupero. 2. Con decreto n. 10/2017, depositato il 3 luglio 2017, questo Giudice, avendo rilevato l’intervenuta notifica del ricorso nei confronti dell’INPS (non costituito), assieme al decreto di fissazione d’udienza, senza il rispetto del termine minimo di trenta giorni prima dell’udienza di discussione di cui all’art. 155, comma 6, d.lgs n. 174/2016, ha fissato per la discussione della causa l’udienza del 23 novembre 2017, nonché assegnato alla parte ricorrente, ai sensi del comma 8 del medesimo art. 155, un termine perentorio per provvedere alla notifica del ricorso, assieme al richiamato decreto n. 10/2017. 3. L’INPS si è costituito in giudizio con memoria depositata il 6 novembre 2017. Con la predetta memoria, l’Istituto previdenziale ha, in primo luogo, affermato di aver agito quale mero ordinatore secondario di spesa, rispetto ai provvedimenti di liquidazione (provvisoria e definitiva) emessi dal Ministero della Difesa, e sue articolazioni. Le cause dell’indebito, come pure il tempo trascorso tra la liquidazione della pensione provvisoria e la liquidazione della pensione definitiva, non sarebbero, dunque, imputabili all’INPS. In ogni caso, l’Istituto previdenziale ha sostenuto la legittimità/doverosità dell’azione di recupero posta in essere, sottolineando come la trasformazione in definitiva della pensione del ricorrente abbia avuto un iter assai travagliato, alla luce del procedimento giudiziale promosso dal ricorrente innanzi alla Corte dei Conti, sfociato nel riconoscimento di ulteriori benefici pensionistici, poi disconosciuti in appello.


In conclusione, l’INPS ha chiesto: a) in via principale, il rigetto del ricorso; b) in via gradata, per l’ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna diretta, previa chiamata in causa, del Ministero della Difesa ovvero, in subordine, il riconoscimento del diritto dell’Istituto alla rivalsa ai sensi dell’art. 8, comma 2, D.P.R. n. 538/86, nei confronti dello stesso Ministero per tutte le somme eventualmente dichiarate irripetibili. 4. In data 12 settembre 2017, la difesa del ricorrente ha depositato copia del ricorso e del decreto n. 10/2017 di questa Sezione giurisdizionale, notificati nei confronti dell’INPS in data 6 luglio 2017. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2017, l’Avv. Lara Cestari per il ricorrente ha affermato la non necessità della chiamata in causa del Ministero della Difesa. Ha, dunque, insistito, per l’accoglimento del ricorso, provvedendo a depositare varie pronunce giurisprudenziali a sostegno della pretesa del ricorrente. L’Avv. Paola Forgione per l’INPS ha ribadito la richiesta di chiamata in causa del Ministero della Difesa e, nel merito, quella di rigetto del ricorso. Il giudizio è passato, dunque, in decisione, con lettura del dispositivo in udienza. Considerato in DIRITTO 1. In via preliminare, questo Giudice ritiene di rigettare la richiesta dell’INPS di chiamata in causa del Ministero della Difesa, quale Amministrazione sulla quale ricadrebbe, in via esclusiva, la responsabilità per la corresponsione di somme non dovute, ma (eventualmente) dichiarate irripetibili nei confronti del ricorrente. Nello specifico, la predetta chiamata sarebbe funzionale ad ottenere, per l’ipotesi di accoglimento della domanda del Sig. Barozzi, la condanna diretta del Ministero ovvero l’accertamento del diritto di rivalsa dell’Istituto nei confronti della stesso. Nondimeno, la più recente giurisprudente di questa Corte ha evidenziato che nei giudizi in materia di indebito pensionistico non sussiste un litisconsorzio necessario tra l’Ente previdenziale e l’Amministrazione d’appartenenza del pensionato, ordinatrice primaria della spesa, potendo la domanda di rivalsa essere proposta anche in autonomo giudizio (così, tra le altre, Corte Conti, Sez. II, 7 novembre 2017, n. 783, con la giurisprudenza ivi richiamata). Alla luce di quanto sopra detto, va rigettata la richiesta dell’INPS di chiamata in causa del Ministero della Difesa. 2. Sempre in via preliminare, va affrontata l’eccezione di prescrizione parziale dell’azione di recupero dell’INPS, formulata dal ricorrente. La predetta eccezione non merita accoglimento.


Ai sensi dell’art. 2935 c.c., infatti, “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Nel caso di specie, l’azione di recupero non poteva essere evidentemente attivata in un momento antecedente all’emersione dell’indebito, (emersione) avvenuta con l’adozione, da parte di altra Amministrazione, dei decreti di liquidazione della pensione definitiva (D.M. n. 00191 del 22.1.2013 di attribuzione della pensione ordinaria e D.M. n. 264 del 30.4.2013 di attribuzione della pensione privilegiata). A fronte di tali ultime date, il termine decennale cui pacificamente soggiace l’azione di recupero dell’indebito (così, tra le altre, Corte Conti, Sez. giur. Campania, n. 520/2013; id., Sez. giur. EmiliaRomagna, n. 186/2012; id., Sez. giur. Piemonte, n. 185/2011), risulta essere stato tempestivamente interrotto dalla ricezione in data 9 settembre 2013 (secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente in sede di gravame, pag. 14) del provvedimento di recupero del 3 settembre 2013, prot. n. 86959. 3. Nel merito, il presente ricorso va accolto nei termini sottoindicati. Nello specifico, giova osservare che l’indebito posto a carico del Sig. Barozzi è stato accertato in sede di conguaglio tra trattamento pensionistico provvisorio e definitivo. Ne deriva che la disciplina applicabile è quella prevista dall'art. 162 del D.P.R. n. 1092/1973 (in termini, tra le tante, Corte Conti, Sez. III, 27 aprile 2017, n. 189 e n.193). Tale ultima disposizione, come sostituita dall’art. 7 del D.P.R. 19 aprile 1986, n. 138, dispone, al primo comma, che “Dalla data di cessazione dal servizio e sino all'inizio del pagamento della pensione diretta, la competente direzione provinciale del tesoro corrisponde al pensionato un trattamento provvisorio, determinato in relazione ai servizi risultanti dalla documentazione prodotta ovvero in possesso dell'amministrazione, purché sussistano i presupposti per il loro riconoscimento a norma di legge, da recuperare in sede di liquidazione della pensione definitiva”, aggiungendo al comma 7 che “Qualora l'importo della pensione definitiva diretta o di riversibilità risultante dal decreto di concessione registrato alla Corte dei conti non sia uguale a quello attribuito in via provvisoria, la direzione provinciale del tesoro provvede alle necessarie variazioni, facendo luogo al conguaglio a credito o a debito”. Con la pronuncia delle Sezioni riunite di questa Corte n. 1/1999/Q.M., si è fatta rigorosa ed incondizionata applicazione, in ipotesi di indebito formatosi su trattamento provvisorio, dell'art. 2033 c.c., “non sussistendo la possibilità per il giudice di attribuire rilievo alla buona fede del percettore per somme erroneamente corrisposte dall'amministrazione sui trattamenti provvisori ex art. 162 t.u. 1092/73, pur se sia decorso un notevole lasso di tempo”. Nondimeno, con la pronuncia n. 7/QM/2007, le Sezioni riunite di questa Corte, modificando orientamento, hanno statuito che “in assenza di dolo dell'interessato, il disposto contenuto nell'art. 162 del D.P.R. n° 1092 del 1973, concernente il recupero dell'indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, deve interpretarsi nell'ambito della disciplina sopravvenuta contenuta nella legge n° 241 del 1990, per cui, a decorrere dall'entrata in vigore di detta legge n° 241 del 1990, decorso il termine posto per l'emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, non può più effettuarsi il recupero dell'indebito, per il consolidarsi della situazione esistente, fondato sull'affidamento riposto nell'Amministrazione”, aggiungendo che “vanno peraltro rimesse all'accertamento e alla valutazione dei giudici di merito l'individuazione del limite temporale posto per l'emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza (rilevando in tal caso, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la variabilità della casistica concreta


sub iudice, da delibare alla luce della comune portata risolutrice del riferimento all'art. 2 della legge n° 241 del 1990) decorso il quale non può più effettuarsi il recupero dell'indebito”. Successivamente, le medesime Sezioni Riunite, con la sentenza n. n. 7/2011/QM, hanno affermato il principio di diritto per cui “Gli artt. 203, 204 e 205 del DPR n. 1092 del 1973 non si applicano al trattamento provvisorio di cui all’art. 162 del summenzionato Testo Unico delle pensioni, con la conseguenza che, sino all’adozione del provvedimento definitivo di pensione, sono possibili modifiche del trattamento provvisorio stesso, attesa la sua natura interinale”. In ogni caso, non sussiste, così come chiarito dalle SS.RR. nella decisione n. 16/2011/QM, alcun contrasto tra le proprie sentenze n. 7/2007/QM e n. 7/2011/QM, poiché quest’ultima aveva ad oggetto un quesito diverso da quello deferito a monte della prima, pur se contiguo al medesimo. Aggiungasi che nella pronuncia n.7/2011/QM sono state formulate talune considerazioni finali sulla tutela del pensionato in ipotesi di ritardo nell’adozione del provvedimento di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza, manifestandosi l’avviso della preferibilità della “teoria del danno da ritardo procedimentale”, con chiara indicazione del carattere di mero obiter dictum di tale affermazione, come tale inidonea ad assurgere al rango di principio di diritto nella materia (così, Corte Conti, Sez. giur. Campania, n. 315/2012; id., Sez. giur. Piemonte, n.65/2012). In altri termini, con la pronuncia n. 7/2011/QM, le Sezioni riunite hanno affrontato e risolto in senso affermativo la diversa questione della modificabilità in peius del trattamento provvisorio nonostante il decorso di un lungo intervallo di tempo (escludendo, dunque, la consolidazione del medesimo trattamento in definitivo), ma non hanno affatto smentito il principio della irripetibilità, a certe condizioni, delle somme medio-tempore percepite (così, Corte Conti, Sez. giur. Piemonte, nn. 36, 65 e 73 del 2012; negli stessi termini, Corte Conti, Sez. giur. Campania, n. 467/2012). Significativamente, le Sezioni giurisdizionali centrali d’appello di questa Corte hanno continuato a far applicazione del principio di diritto affermato dalla sentenza n. 7/2007/QM (ex multis: Sezione prima: 6 luglio 2011, n. 308; 5 settembre 2011, n. 362; 7 ottobre 2011, n. 451; Sezione terza:16 giugno 2011, n. 490; 21 ottobre 2011, n. 698). Di recente le SSRR, investite nuovamente della problematica, hanno sostanzialmente ribadito, con la sentenza n.2/QM/2012, l’orientamento favorevole all’irripetibilità, limitandosi a evidenziare l’esigenza che la stessa irripetibilità non venga collegata al mero fattore temporale ma ad una valutazione complessiva delle circostanze del caso, idonee a verificare compiutamente lo stato di buona fede . Le SSRR hanno, infatti, affermato che “lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva ex se l’amministrazione del diritto/dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste, peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo”.


Orbene, l’applicazione alla fattispecie in esame dei principi affermati in tale ultima decisione delle Sezioni Riunite, pienamente condivisi da questo Giudice, giustifica l’accoglimento del presente ricorso. A tal riguardo, va evidenziato che sono trascorsi oltre 19 anni tra la liquidazione del trattamento provvisorio (4.12.1993) e la liquidazione della pensione definitiva (avvenuta con il D.M. n. 00191 del 22.1.2013 di attribuzione della pensione ordinaria e con il D.M. n. 264 del 30.4.2013 di attribuzione della pensione privilegiata, in applicazione dei quali è stato adottato il provvedimento di recupero del 3 settembre 2013, prot. n. 86959). Aggiungasi che dagli atti di causa non risulta che il ricorrente abbia in alcun modo concorso alla determinazione dell’indebito. Va poi rilevato che l’entità della somma oggetto dell’indebito (euro 36.581,02), se considerata in relazione all’ampio arco temporale di maturazione dell’indebito stesso (4 dicembre 199330.9.2013), depone per la non rilevabilità in concreto da parte del ricorrente, anche facendo uso dell’ordinaria diligenza, dell’inesattezza del trattamento pensionistico percepito. Le conclusioni testè esposte non risultano inficiate dal richiamo operato dall’INPS all’iter, asseritamente travagliato, di trasformazione della pensione in definitiva, stante il procedimento giudiziale introdotto dal ricorrente al fine di conseguire ulteriori benefici pensionistici. A tal riguardo, giova osservare che tale procedimento -iscritto al n. 52299/PM del Registro di segreteria- risulta introdotto nel 2003, a distanza di circa 10 anni dal collocamento in ausiliaria (4.12.1993), con erogazione di pensione provvisoria. Il medesimo procedimento non ha, inoltre, rivestito alcun rilievo ai fini della determinazione dell’indebito, in quanto, per stessa ammissione dell’INPS (vedasi relazione amministrativa del 20.6.2017, allegata alla memoria di costituzione in giudizio) i decreti emanati a seguito della sentenza n. 500/06 di questa Sezione giurisdizionale (depositata il 22 agosto 2006 e prevedente la concessione di ulteriori benefici pensionistici, poi disconosciuti in appello, giusta sentenza di annullamento n. 470/2011 della Sez. II), non sono mai stati effettivamente applicati. Il complesso degli elementi testè indicati (tempo impiegato per l’adozione del provvedimento definitivo, ampiamente eccedente i termini di legge, e comunque superiore ai tre anni, unitamente alla non rilevabilità in concreto dell’errore ed all’assenza di responsabilità del ricorrente nella causazione dello stesso) risulta, dunque, sicuramente idoneo a fondare un affidamento “incolpevole” del ricorrente sul carattere definitivo della pensione corrisposta. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto ed in conformità con i principi espressi dalle Sezioni riunite di questa Corte con la sentenza 2/QM/2012, il presente ricorso va accolto, con conseguente affermazione della irripetibilità delle somme corrisposte al ricorrente, il quale avrà, dunque, diritto di trattenere e/o ottenere in restituzione le somme oggetto dell’avversato recupero (in termini analoghi, Corte Conti, Sez. giur. Toscana, 20 settembre 2017, n. 212; id., Sez. giur. Campania, n. 1000/2013; id., n. 1829/2012; id., n. 467/2012; id., n. 414/2012; id., n. 315/2012; Corte Conti, Sez. giur. Lombardia., n. 145/2012). Sulle predette somme spetterebbero a rigore gli interessi legali, in omaggio al principio di diritto sancito dalla recente sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n. 33/2017/MD del 12/10/2017. Tuttavia, non può essere emessa pronuncia sul punto, atteso che il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme indebitamente trattenute dall’INPS non attiene ad un credito pensionistico,


che, in quanto tale, determinerebbe automatica e officiosa liquidazione, da parte del giudice, degli accessori, ai sensi dell’art. 167, comma 3, del nuovo codice della giustizia contabile, approvato con il d.lgs n. 174/2016. Il diritto ora accertato attiene invece, come si evince anche dalla motivazione della sentenza sopra richiamata, alla restituzione di un pagamento indebito effettuato dal pensionato. In casi siffatti, come affermato dalla giurisprudenza (v. Corte di cassazione, n. 2814 del 10/03/1995), occorre un’espressa domanda di parte di attribuzione degli interessi, che, nel caso di specie, non è stata proposta. In ogni caso, nella complessità delle questioni trattate e nell’evoluzione della giurisprudenza nella materia de qua, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, in composizione monocratica di giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando: -rigetta l’istanza dell’INPS di chiamata in causa del Ministero della Difesa; -accoglie il ricorso nei termini di cui in parte motiva. Spese compensate. Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 23 novembre 2017. IL GIUDICE F.to dott. Nicola RUGGIERO

Depositato in Segreteria il 15/01/2018 Il Direttore della Segreteria F.to Paola Altini


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