Corte dei Conti 2021 -il ricorrente è titolare di pensione liquidatagli con il sistema c.d. “misto”

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REPUBBLICA ITALIANA

SENT 76/2021

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE ABRUZZO in composizione monocratica nella persona del magistrato Gerardo de Marco, quale giudice delle pensioni ai sensi dell’art. 151 del codice della giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, in esito alla trattazione cartolare di cui all’articolo 85, co. 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) in data 30 marzo 2021 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio iscritto in data 31 ottobre 2020 al n. 20302 del Registro di Segreteria, sul ricorso proposto

dal

signor

OMISSIS

difeso

dall’Avv.

Valentina

Corcione

(CRCVNT75P53F839Q) del Foro di Pescara contro I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (C.F. 80078750587), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Emanuela Capannolo (CPNMNL67E42A345R) della propria Avvocatura. FATTO 1. E’ incontestato tra le parti che:

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il ricorrente ha prestato servizio nella Polizia di Stato ed è stato collocato in quiescenza

dall'1.5.2020 con la qualifica di Sovrintendente Capo; -

il ricorrente è titolare di pensione liquidatagli con il sistema c.d. “misto” in quanto il

medesimo aveva, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità di servizio inferiore ai diciotto anni (cfr. art. 1, comma 12, della legge 335 del 1995); -

alla stessa data del 31 dicembre 1995, il ricorrente aveva un’anzianità di servizio

compresa tra quindici e venti anni (cfr. art. 54 del testo unico 1092 del 1973) mentre alla data di cessazione il medesimo vantava una anzianità superiore a venti anni di servizio; -

la quota retributiva della sua pensione è stata liquidata dall’INPS riconoscendo

un’aliquota del 35% per i primi quindici anni di servizio e, per gli anni compresi tra il quindicesimo e il ventesimo, un incremento dell’1,80% annuo. 2. Ciò posto, il ricorrente invoca la riliquidazione della pensione sul presupposto che, avendo egli lo “status di militare” ed avendo egli maturato alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni di servizio utile, doveva godere del trattamento previsto dall’art. 54 del DPR 1092/1973, anziché di quello previsto dall’art. 44 dello stesso testo unico; in particolare, non si doveva applicare l’aliquota del 35% della base pensionabile (e successivi incrementi, per gli anni compresi tra il quindicesimo e il ventesimo) di cui al citato art. 44, applicabile al personale civile, bensì quella pari al 44% prevista dall’art. 54 “Misura del trattamento normale” del D.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092, applicabile al personale militare. A sostegno della propria tesi, il ricorrente riporta riferimenti normativi, giurisprudenziali e di prassi; argomenta l’applicabilità del menzionato art. 54 anche al personale della Polizia di Stato che rivestiva comunque lo status militare al momento dell’arruolamento. Chiede infine la condanna di controparte al pagamento delle spese di lite.

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L’azione in giudizio era stata preceduta da previa istanza amministrativa, in atti. 3. Per la discussione della causa è stata fissata l’udienza pubblica del 30 marzo 2021. 4. L’INPS si è costituito con memoria del 14 marzo 2021, eccependo anzi tutto l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse o comunque l’infondatezza nel merito del ricorso stesso. Ad avviso dell’Istituto di previdenza, infatti, il ricorrente invoca l’applicazione di una norma che non soltanto non è applicabile al personale della Polizia di Stato (che non ha lo status militare), ma che comporterebbe, beninteso secondo l’interpretazione che ne dà l’INPS medesimo, un computo delle aliquote di rendimento meno favorevole rispetto a quello operato in concreto. L’Istituto cita anche giurisprudenza in tal senso. In subordine, l’INPS si riporta alla sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 1/QM/2021, depositata il 4 gennaio 2021, intervenuta proprio al fine di dare soluzione ai contrasti giurisprudenziali registratisi sul tema dell’applicazione dell’art. 54 nei confronti dei militari. In particolare, dalla lettura delle motivazioni di quest’ultima sentenza l’istituto previdenziale fa discendere l’infondatezza del ricorso, nel presupposto che il (ri)calcolo della pensione previsto dall'ex art. 54 comma 1 DPR 1092/73 possa applicarsi soltanto a coloro che, alla cessazione dal servizio, avessero maturato un’anzianità contributiva di almeno 15 anni ma non più di 20 anni (come già affermato da Sez. Appello Sicilia, sentenze nn. 40 e 43 del 2020). Si eccepisce, infine, in subordine, l’impossibilità di riconoscere il cumulo tra interessi e accessori sugli eventuali arretrati. 5. Con successivo decreto in data 18 marzo 2021, comunicato alle parti, questo Giudice ha disposto, in ossequio alla normativa emergenziale, che la causa fosse trattata nella data (già fissata per l’udienza pubblica) del 30 marzo 2021, secondo lo speciale rito cartolare introdotto dal citato art. 85, comma 5, e successivamente

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prorogato per tutta la durata dello stato d’emergenza epidemiologica da Covid-19. Ha dato avviso alle parti, segnatamente, che a norma di legge la controversia sarebbe passata in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, salva espressa richiesta di una delle parti di discussione orale, da notificare, a cura del richiedente, a tutte le parti costituite e da depositare almeno dieci giorni prima della predetta data di udienza; inoltre, ha ricordato la facoltà per le parti medesime di presentare brevi note e documenti sino a cinque giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. 6. Il 30 marzo 2021, alle ore 10:30, non risultavano pervenute note autorizzate. La causa è stata decisa secondo il citato rito emergenziale allo stato degli atti. DIRITTO I. Il ricorso deve essere respinto in quanto infondato. Il ricorrente (appartenente alla Polizia di Stato) postula erroneamente, infatti, che il citato art. 54 del testo unico n. 1092 del 1973 sia applicabile anche al suo caso, in quanto “militare”. La tesi di parte ricorrente, tuttavia, non è conforme a diritto, come già chiarito da copiosa giurisprudenza, in quanto la Polizia di Stato ha ordinamento civile sicché al relativo personale “si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato” (art. 23, quinto comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121). Né rileva la provenienza del ricorrente dal disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza al cui personale deve, comunque, applicarsi in via transitoria il regime di cui all’art. 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543 (fatto espressamente salvo dall’art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 569). Lo stesso ricorrente, a ben vedere, richiama il citato art. 6, trascurando però il fatto che quest’ultima norma fissa un’aliquota di rendimento del 44% per i primi venti

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anni di servizio (e non per i primi quindici anni come da lui richiesto nel ricorso invocando l’art. 54 del testo unico 1092 del 1973). Deve aggiungersi – con agevole interpretazione a contrario – che il decretolegge 21 settembre 1987, n. 387 (convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 1987, n. 472) ha espressamente richiamato le disposizioni concernenti la pensione dei militari solo “ai fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione privilegiata” (art. 5, comma 6) ed ha rinviato all’art. 52 del citato testo unico n. 1092 del 1973 “ai soli fini dell’acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale” (art. 6-bis, comma 5), così espressamente circoscrivendo il rinvio al solo profilo del diritto, cioè solo all’accesso, ma non anche alla misura della pensione. II. L’art. 54 non è, quindi, applicabile alle forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia penitenziaria o Polizia di Stato). Tra le recenti pronunce orientate in tal senso possono citarsi le seguenti: Sez. Giur. Toscana, sent. 69 del 25 febbraio 2020; Sez. Giur. Piemonte, sent. 3 del 9 gennaio 2020; Sez. Giur. Puglia, sent. 777 del 16 dicembre 2019; Sez. Giur. Sardegna, sent. 63 del 2 marzo 2020; Sez. Giur. Toscana, sent. 69 del 25 febbraio 2020. Da ultimo, possono poi menzionarsi: Sez. Seconda Appello, sent. 231 del 14 ottobre 2020; Id., sent. 307 del 22 dicembre 2020; Id., sent. 82 del 12 marzo 2021. Le suddette pronunce (e le innumerevoli altre conformi, citate in parte anche nella memoria dell’INPS) devono intendersi recepite e richiamate in questa sede e ad esse può farsi integrale rinvio per motivare anche la presente decisione, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lettera d), del codice della giustizia contabile e dell’art. 17 delle relative norme di attuazione. III. La pretesa del ricorrente si fonda, dunque, su una disposizione a lui non applicabile. Di qui l’infondatezza della domanda proposta dinanzi a questa Corte.

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IV. La novità della questione affrontata, sotto il profilo dell’applicabilità al personale della Polizia di Stato del citato art. 54, e la sussistenza di precedenti giurisprudenziali favorevoli al ricorrente inducono a disporre la compensazione delle spese di lite. PER QUESTI MOTIVI La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo, con pronuncia definitiva RESPINGE il ricorso e compensa le spese. Così deciso in camera di consiglio il 30 marzo 2021. Depositata in segreteria: 30 marzo 2021 Il Giudice Gerardo de Marco (f.to digitalmente)

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