Tar 2021-’stabilizzazione di ufficiali in F.P.A del ruolo speciale e tecnico dell'Arma dei carabinie

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Tar 2021-’stabilizzazione

di ufficiali in F.P.A del ruolo speciale e tecnico dell'Arma dei carabinieri nella parte in cui non contempla riconoscimento anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato.’

Pubblicato il 21/07/2021

N. 08687/2021 REG.PROV.COLL. N. 14152/2015 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14152 del 2015, proposto da: .........................

.........................,

rappresentato

e

difeso

dall'avvocato ......................... ........................., domiciliato presso il Tar Lazio (Segreteria TAR Lazio) in Roma, via Flaminia, 189; contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti


......................... ........................., ......................... ......................... non costituiti in giudizio; per l'annullamento del decreto n. 14/09 con il quale veniva indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di ufficiali in ferma prefissata ausiliari del ruolo speciale e tecnico dell'Arma dei Carabineiri per gli anni 2007 e 2008 nella parte in cui non contempla il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato. Ricorso in riassunzione dal TAR del PIEMONTE n. RG. 755/2015 - ordinanza n. 1494/2015; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2021 il dott. Claudio Vallorani; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. - Espone il ricorrente di essere stato incorporato il 24.3.2003, a seguito della frequenza del 1° Corso Allievi Ufficiali in Ferma Prefissata, nell'Arma dei Carabinieri, successivo all'espletamento del concorso pubblico bandito con Decreto Dirigenziale per il Personale Militare pubblicato nella G. U - 4° Serie Speciale Concorsi, n. 91 del 19.11.2002 per l'ammissione ai corsi allievi ufficiali in ferma prefissata per 30 mesi (doc. 4 ric.). Detto concorso era stato bandito ai sensi dell’art. 23, comma 1, del D. lgs n. 215/01 secondo cui “a decorrere dal 1° gennaio 2003 (...) l'Arma dei


Carabinieri (...) può arruolare, nei rispettivi ruoli ufficiali in ferma prefissata con durata della ferma di due anni e sei mesi, incluso il periodo di formazione, da reclutare tra coloro che hanno superato con esito favorevole gli appositi corsi formativi”, ai quali, a mente del comma 3 del medesimo articolo, si accedeva, segnatamente per “l'Arma dei Carabinieri (…) tramite pubblico concorso (…)”. Il D.M 26.9.2002, pubblicato in G. U 15.10.2002 n. 242, all'art. 1 qualificava la procedura selettiva in esame come “concorso pubblico per titoli ed esami (...)”, individuando negli articoli 3 e 5 i requisiti per la partecipazione ed i titoli valutabili. Attraverso la descritta modalità selettiva l'Arma dei Carabinieri reclutava con pubblico concorso personale da destinare ad attività ordinaria, sebbene per un periodo limitato, giacché la ferma prefissata in discorso aveva, come detto, durata limitata a 30 mesi. Il ricorrente, superato il concorso, veniva avviato alla Scuola Ufficiali sino al 13.7.2003 e, prima della fine del corso, il 16.6.2003 veniva nominato nel grado di Sottotenente in ferma prefissata con anzianità assoluta nel grado alla predetta data. Quindi, in data 14.7.2003, al termine del corso di formazione, il ricorrente veniva destinato, quale “Sottotenente in ferma prefissata ausiliario del ruolo speciale”, all'incarico di Ufficiale addetto presso il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri. Scaduti i 30 mesi di ferma prefissata, la Direzione Generale per il Personale Militare bandiva con Decreto del Ministero della Difesa del 9.11.2005, un nuovo concorso interno per titoli per l'ammissione ad ulteriore ferma di un anno, riservato agli ufficiali già in ferma prefissata nell'Arma dei Carabinieri (doc. 7 ric.), a cui partecipava anche il ricorrente il quale, superato anche questo concorso, in data 14.10.2006 otteneva il prolungamento di un anno della ferma. Durante la ferma il ricorrente veniva promosso al grado di Tenente con anzianità assoluta decorrente dal 16.6.2005.


Quindi inviava domanda di stabilizzazione, secondo quanto previsto dalla legge finanziaria per il 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296), nonché di trattenimento in servizio nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. A seguito della procedura di stabilizzazione prevista dalla Legge Finanziaria per il 2007, indetta con decreto del Ministero della Difesa n. 14/09, pubblicato in G.U. n. 5 del 20 gennaio 2009, si procedeva alla stabilizzazione del Ten. ......................... che veniva nominato Tenente in s.p.e. con decorrenza dal 31 dicembre 2009. L’evoluzione di carriera del Ten. ......................... può dunque così riassumersi: - Sottotenente in Ferma prefissata dal 16.6.2003 al 15.6.2005; - Tenente in Ferma prefissata dal 16.6.2005 al 30.12.2007; - Sottotenente a tempo indeterminato dal 31.12.2007 al 31.12.2009; - Tenente in s.p.e. dal 31.12.2009 all’esito della stabilizzazione. 2. - Con ricorso in riassunzione dinnanzi a questo TAR (successivo alla ordinanza del TAR Piemonte n. 1494/2015 che dichiarava la propria incompetenza territoriale sul ricorso), avviato a notifica il 6 novembre 2015 e depositato il successivo 26 novembre, ......................... ......................... ha impugnato i provvedimenti in epigrafe, contestando la decorrenza dell’anzianità di servizio nel grado di Capitano come già riconosciuta dal Ministero e deducendo che essa debba essere invece retrodatata, con relativo inquadramento - tenuto conto anche dei periodi di servizio svolti in ferma prefissata - al 16 giugno 2010 e chiedendo che venga riconosciuto il suo diritto ad una maggiore retribuzione, rispetto a quella percepita, in quanto dal 16.6.2010, data in cui avrebbe dovuto essere inquadrato nel grado di Capitano, avrebbe anche dovuto percepire i corrispondenti emolumenti stipendiali, quantificati in ricorso (pag. 16) in euro 5.687,59 quale differenza retributiva spettante dal 16.6.2010. Il medesimo ha inoltre richiesto il riconoscimento della propria anzianità assoluta nel grado di Tenente a far data dal 16.6.2005.


3. - Costituitosi in data 26 gennaio 2016, il Ministero della Difesa, con successiva memoria del 26 febbraio 2016, oltre a contestare nel merito la fondatezza delle avverse pretese, ha eccepito pregiudizialmente la tardività dell’impugnativa proposta avverso le disposizioni del bando, in quanto non tempestivamente impugnato in punto di decorrenza degli effetti della nomina a Tenente in s.p.e., nonché l’intervenuta prescrizione dei diritti e dei crediti azionati. 4. - All’udienza del 19 maggio 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione. 5. - Con i motivi di doglianza proposti, il sig. ......................... evidenzia due pretese

sostanziali,

dall’accertamento

della

cui

fondatezza

dipende

l’accoglimento del ricorso: 1) la richiesta di riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di Capitano a decorrere dal 16 giugno 2010 (corrispondente al riconoscimento di un’anzianità assoluta nel grado di Tenente decorrente dal 16.6.2005) anziché come previsto - dal 31 dicembre 2009; 2) l’istanza di condanna al pagamento delle differenze retributive dovute in quanto dal 16.6.2010, allo scadere del quinto anno dalla nomina a Tenente, avrebbe dovuto essere inquadrato nel grado di Capitano e, dunque, percepire i relativi emolumenti stipendiali, che sono stati quantificati in ricorso in euro 5.687,59, come da foglio di calcolo allegato (doc. 14 ric.), a titolo di differenze retributive spettanti dal luglio 2010 al maggio del 2015 ricorso, secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 184 del 1.10.2010. 6. - Prima di affrontare le domande proposte, giova rammentare il quadro normativo di riferimento nel quale va ad inquadrarsi la presente controversia. L’art. 1, comma 519 della legge finanziaria per il 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296), in forza del quale il ricorrente ha presentato a suo tempo l’istanza di stabilizzazione, statuiva che: «per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del


personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione». La “ratio” della norma era quella di porre rimedio alla prassi invalsa di effettuare, nell’Amministrazione pubblica, assunzioni a tempo determinato per soddisfare esigenze in realtà permanenti, legate all’ordinario fabbisogno di lavoratori da parte delle amministrazioni (cfr. in tal senso il par. 2, della direttiva n. 7 del 30.04.2007, e il par. 1 della Circolare n. 5 del 18 aprile 2008, del Dipartimento della Funzione Pubblica presso il Ministero della Pubblica Amministrazione). La vicenda all’odierno esame si inserisce, dunque, nella procedura di stabilizzazione di cui all’art. 1, comma 519, della L. 296/2006, ad esito della quale il ricorrente è stato inquadrato nel grado di Tenente con decorrenza dal 31 dicembre 2009 quando il medesimo grado era stato ricoperto precedentemente dallo stesso ufficiale, nel periodo di ferma prefissata, dal 16.6.2005 al 30.12.2007 (l’effetto contestato è quello di una retrocessione ingiustificata al grado anteriore già ricoperto durante la ferma prefissata).


7. – Non può essere accolta l’eccezione di tardività opposta dalla parte resistente. L’azione spiegata dal ricorrente è volta, infatti, a tutelare posizioni di diritto soggettivo afferenti al rapporto di lavoro non privatizzato e, per questo, non assoggettate all'eccepito termine decadenziale previsto per l'impugnazione dei provvedimenti amministrativi. La pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente è costituita dal riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato come Tenente dal 16.6.2005 e di Capitano sin dal 16.6.2010, oltre alle relative differenze retributive e l’impugnazione

degli

atti

relativi

alla

procedura

di

stabilizzazione (“cautelativamente impugnati”, a dire del ricorrente) non consente di qualificare l’azione proposta come di annullamento bensì di accertamento, essendo palese che la pretesa sostanziale fatta valere dal ......................... attiene alla gestione del rapporto di lavoro. Quindi, al di là della formale impugnazione anche del decreto n. 14 del 2009, l’azione proposta in giudizio riguarda l’accertamento del diritto a percepire le differenze retributive relative al medesimo trattamento economico degli ufficiali in servizio permanente effettivo, con evidente natura di diritto soggettivo azionabile nel termine di prescrizione. Quanto alla domanda relativa al riconoscimento dell’anzianità di servizio per la nomina al grado di capitano si tratta di domanda autonomamente e tempestivamente formulata con l’impugnazione del decreto di nomina al grado di capitano in s.p.e. 8. - La prima questione da affrontare riguarda dunque la data utile ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di Capitano. Al riguardo, è opportuno precisare che l’art. 16 del d.lgs. 5 ottobre 2000 n. 298, in materia di riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, sancisce che «il direttore generale


della direzione generale del personale militare, sulla scorta degli elenchi degli idonei e delle graduatorie di merito approvate dal Ministro della difesa, forma altrettanti quadri d'avanzamento, iscrivendovi: a) per l'avanzamento ad anzianità, tutti gli ufficiali idonei, in ordine di ruolo». Il successivo articolo 17 stabilisce, poi, che «l'ufficiale in servizio permanente effettivo, per essere valutato per l'avanzamento, deve, in relazione al ruolo di appartenenza, aver maturato gli anni di permanenza minima indicati per ciascun grado ed aver compiuto i periodi minimi di comando, di attribuzioni specifiche o di servizio previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 annesse al presente decreto». 9. - Il ricorrente deduce che l’anzianità dovrebbe decorrere, in termini assoluti, dalla data del 16 giugno 2005, data di decorrenza della sua nomina a Tenente in Ferma prefissata, con conseguente riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di Capitano a partire dal 16 giugno 2010. Più in particolare, contesta l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, ritenendo che abbia dato luogo ad un’illegittima disparità di trattamento tra lavoratori in ferma, a tempo determinato (quale il ricorrente era fino alla data della stabilizzazione), e lavoratori in s.p.e., non tenendo in debito conto, ai fini del calcolo dell’anzianità – e dunque della promozione per anzianità al grado di Capitano – del periodo di lavoro svolto in ferma. La censura, nel merito, è fondata. 10.1. - Va rammentato, infatti, che la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla

direttiva

1999/70/CE,

intitolata

“Principio

di

non

discriminazione”, chiarisce che “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.


Come chiarito espressamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E., la direttiva - e, conseguentemente, la normativa interna di recepimento – trova applicazione anche con riguardo ai datori di lavoro che siano Pubbliche Amministrazioni (cfr. in relazione ad una questione sollevata dal Tribunale di Genova, Corte giustizia U.E., sez. II, 7 settembre 2006, in C-53/04, par. 39 ss.). La stessa Corte di Giustizia, nella citata sentenza del 18 ottobre 2012 (nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11), precisa che, al fine di verificare se in una determinata ipotesi sussista una discriminazione del lavoratore a tempo determinato rispetto al lavoratore a tempo indeterminato, occorre “anzitutto, esaminare la comparabilità delle situazioni in esame e poi, in un secondo momento,

verificare

l’esistenza

di

un’eventuale

giustificazione

oggettiva” (punto 41 della sentenza). La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), all’art. 3 comma 93 ha disposto: “il personale dell'Arma dei carabinieri, stabilizzato ai sensi dell'articolo 1, commi 519 e 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è collocato in soprannumero rispetto all'organico dei ruoli”. Con il D.P.R. del 29 dicembre 1997 è stata autorizzata la stabilizzazione del personale individuando le unità di personale per ogni Amministrazione interessata, tra cui 70 posti per l’Arma dei Carabinieri. Da tale disciplina normativa risulta evidente che la procedura di stabilizzazione, che è stata in generale prevista dalla legge, al fine di risolvere il problema dell’utilizzazione

di

lavoro

temporaneo

“per

esigenze

permanenti

dell’Amministrazione” (cfr. in tal senso il par. 2, della direttiva n. 7 del 30 aprile 2007, del Dipartimento della Funzione Pubblica presso il Ministero della Pubblica Amministrazione) è stata disciplinata senza distinguere gli effetti della stabilizzazione per le varie Amministrazioni interessate da dette procedure. Pertanto, i principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia del 18 ottobre 2012 e ribaditi dalla medesima Corte di Giustizia nella successiva


sentenza del 7 marzo 2013 e nella ordinanza del 4 settembre 2014, con riferimento al personale delle Autorità amministrative indipendenti, e ormai seguiti dalla giurisprudenza della Cassazione e anche del Consiglio di Stato con riferimento al personale di altre amministrazioni, debbono essere applicati anche alla presente fattispecie. Infatti, ritiene il Collegio che, una volta prevista dalla legge la procedura - di carattere eccezionale - di stabilizzazione (anche) per alcune categorie di lavoratori pubblici in regime di diritto pubblico, e nella specie, per l’Arma dei carabinieri, in mancanza di una specifica differente disciplina legislativa, non possano non valere, anche in tal caso, i medesimi principi consolidati affermati dalla giurisprudenza eurounitaria in materia di stabilizzazioni. Sotto tale profilo, sono infondate le varie argomentazioni della difesa appellante per cui la direttiva 1999/70 non si applicherebbe ai militari e dovrebbe essere applicata solo al settore pubblico “privatizzato”, richiamando i limiti fissati per il lavoro flessibile dall’art. 36, del d.lgs. 30 marzo 2011, n. 165, in relazione alla specificità del rapporto di lavoro dei militari. Infatti, la specificità di tale rapporto di lavoro è stata già esaminata dal legislatore nonché, in sede governativa, con il D.P.R. 29 dicembre 2007, nel momento in cui è stata ammessa la stabilizzazione anche per alcune categorie di personale militare, in particolare dell’Arma dei carabinieri, o assimilate come i Vigili del Fuoco, e sono state individuate numericamente le unità di personale da stabilizzare, evidentemente in relazione alle esigenze “assunzionali” delle relative amministrazioni. Si rileva che la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha escluso l’applicazione generalizzata delle procedure di stabilizzazione alle Forze armate, non ha fatto riferimento allo status dei militari o alla particolare natura del rapporto in regime di diritto pubblico, ma semplicemente alla lettera dell’art. 1 comma 519 della legge 296 del 2006, che ha consentito la


stabilizzazione in deroga al blocco delle assunzioni, escludendola, quindi, per le Amministrazioni sottratte al blocco delle stesse e alla accessibilità al fondo di cui al comma 95 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sulla base quindi

della

volontà

espressa

dal

legislatore

di

escludere

alcune

Amministrazioni dalla stabilizzazione, non applicabile estensivamente (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sezione II, 11 novembre 2020, n. 6934). Le sentenze del Consiglio di Stato, Sezione IV, 31 marzo 2012, n. 1902, n. 1904, n. 1908) hanno

escluso

l’applicazione

della

stabilizzazione

a

tutte

le Forze

armate affermando che “la stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione può essere operata soltanto se abilitata da leggi emanate ad hoc, come tali di stretta interpretazione”. Tuttavia la procedura di stabilizzazione è stata prevista, in via eccezionale, dal legislatore in relazione alle esigenze organizzative delle Amministrazioni, secondo le modalità da questo fissate per tutte le Amministrazioni interessate e pertanto, una volta ammessa tale procedura anche per l’Arma dei Carabinieri, in mancanza di diverse indicazioni normative nella legge n. 296 del 2006 e nella legge n. 244 del 2007, non è percepibile alcuna differenza sostanziale rispetto alle analoghe procedure gestite in altri ambiti del lavoro pubblico. Per tutto il personale era, infatti, previsto dalla legge n. 296 del 2006 anche il mantenimento del rapporto in corso fino alla conclusione della procedura di stabilizzazione, con evidente ulteriori profili di: omogeneità di tutto il personale stabilizzato nei differenti settori; sostanziale continuità del rapporto di lavoro. Le sentenze della Corte di Giustizia del 18 ottobre 2012 e del 7 settembre 2013, nonché la successiva ordinanza del 4 settembre 2014 riguardano personale di Autorità amministrative indipendenti, anch’esso contemplato dall’art. 3 del T.U. 165/2001, tra le categorie disciplinate “dai rispettivi ordinamenti”, con rapporti devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 64 comma 40 del detto Testo unico, il che apporta un ulteriore


argomento a favore della infondatezza delle argomentazioni della difesa appellante, che fa riferimento alla differenza con il personale in regime privatizzato. 10.2. - Tutto ciò premesso devono essere richiamate la disciplina dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio in data 28 giugno 1999 e la interpretazione resa dalla Corte di Giustizia rispetto alla compatibilità comunitaria della disciplina nazionale sulle stabilizzazioni. Ai sensi della clausola 4 dell’Accordo quadro “1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis. 3. Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali. 4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”. Un orientamento ormai uniforme del giudice eurounitario ritiene che la predetta clausola debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale che “escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l'anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa


medesima autorità, come dipendente di ruolo nell'ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da ragioni oggettive ai sensi dei punti 1 e 4 della clausola di cui sopra; il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere” (Corte Giustizia UE 18 ottobre 2012 in cause riunite da C-302/11 a C-305/11). La sentenza 7 marzo 2013 (in causa 393/11) e, successivamente, l’ordinanza del 4 settembre 2014 (causa C-152/14), hanno espressamente affermato che la nozione di “ragioni oggettive” ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro dev’essere intesa nel senso che la disparità di trattamento “sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti a tempo determinato, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro”, mentre “il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme ai suddetti criteri e non può dunque configurare una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe di contenuti gli obiettivi della direttiva 1999/70 e


dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”. Inoltre, “l’obiettivo consistente nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico… pur potendo costituire una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, non può comunque giustificare una normativa nazionale sproporzionata quale quella in questione nel procedimento principale, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da determinati lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a termine ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione”. In particolare, ha poi anche affermato che “il principio di non discriminazione, enunciato nella clausola 4 dell’accordo quadro, sarebbe privato di qualsiasi contenuto se il semplice fatto che un rapporto di lavoro sia nuovo in base al diritto nazionale fosse idoneo a configurare una ragione oggettiva ai sensi della clausola suddetta, atta a giustificare una diversità di trattamento, riguardante la presa in considerazione – al momento dell’assunzione a tempo indeterminato, da parte di un’autorità pubblica, di lavoratori a tempo determinato – dell’anzianità acquisita da questi ultimi presso tale autorità nell’ambito dei loro contratti di lavoro a termine”, indicando quindi quale criterio da prendere in considerazione al fine di verificare la sussistenza delle ragioni oggettive, che giustifichino la mancata applicazione della clausola dell’accordo quadro, “la natura particolare delle mansioni svolte”, spettando, pertanto, al giudice nazionale verificare se la situazione dei periodi di servizio compiuti nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato sia comparabile a quella di altri dipendenti della medesima Autorità, che abbia svolto i propri periodi di servizio in qualità di dipendente di ruolo nelle pertinenti categorie di


funzioni, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria; elementi che possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato, dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (Corte Giustizia UE 5 giugno 2018 in C-677/16). Il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme a tali requisiti e non può dunque configurare una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro. Si può quindi concludere, soprattutto alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che la verifica circa la comparabilità delle situazioni postula l’accertamento che il lavoratore a tempo determinato esercitasse, al tempo dell’asserita discriminazione, le medesime mansioni dei colleghi lavoratori a tempo indeterminato. 10.3. - Nel caso di specie, è incontestato che il sig. ......................... abbia svolto - nel periodo di ferma – mansioni analoghe a quelle dei colleghi tenenti in servizio permanente effettivo. Pertanto, a seguito della stabilizzazione, correttamente egli è stato inquadrato nel medesimo ruolo rivestito immediatamente prima della stabilizzazione: ossia nel grado di Tenente. Il ricorrente, invero, prima come Tenente e poi come Capitano, ha sempre svolto le medesime mansioni e funzioni dei colleghi in s.p.e.. Giova ricordare che il ricorrente, dal 14.7.2003, data di primo ingresso nell’Arma dei carabinieri, a tutt’oggi senza soluzione di continuità, ha sempre ricoperto i medesimi incarichi e, specificamente, prima, di Ufficiale addetto presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e successivamente, di Comandante di Plotone presso l’8° Reggimento Carabinieri “Lazio”, nonché del


Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Vercelli (VC) (cfr. doc. 6 ric.) svolgendo, anche quando era Ufficiale in ferma prefissata, mansioni e funzioni identiche a quelle svolte dagli ufficiali in servizio permanente (vedi quadro E del libretto matricolare). “La

soluzione, alla luce del richiamato orientamento affermato dalla Corte di

Giustizia UE nella sentenza citata, deve essere nel senso di ritenere equiparabili il servizio svolto come Tenente in ferma prefissata e quello effettuato come Tenente in servizio permanente effettivo, non evidenziandosi né una diversità di mansioni né alcuna (altra) ragione che sul piano oggettivo giustifichi

una

diversa

qualificazione

dei

due

periodi

di

servizio

considerati.” (TAR Sardegna, sez. I, 19 giugno 2013, n. 476). In conclusione, deve essere accolta la domanda del ricorrente volta ad accertare il riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di Capitano a decorrere dal 16 giugno 2010. 10.5. - Da quanto sopra esposto, deriva come conseguenza il riconoscimento del relativo livello retributivo: deve, pertanto, ritenersi fondata anche la domanda di accertamento e condanna dell’Amministrazione al pagamento della differenza tra il trattamento economico di Capitano in servizio permanente effettivo (spettante, come accertato, dal 16 giugno 2010) e la retribuzione effettivamente percepita dal ricorrente, nel periodo che va dal mese di luglio 2010 fino al mese di maggio 2015. 11. Sulle differenze retributive riconosciute al ricorrente, spettano, altresì, in applicazione dell’art. 429 c.p.c., interessi legali e rivalutazione monetaria a decorrere dalla data di maturazione degli emolumenti dovuti, fino al soddisfo. Con la necessaria precisazione che, trattandosi di credito maturato dopo il 31 dicembre 1994, è applicabile il combinato disposto dell’articolo 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, (che recita: “Gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli interessi legali, sulle


prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l’adozione del provvedimento sulla domanda. L’importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito”) e dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (secondo cui “L’articolo 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, si applica anche agli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale, per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994, spettanti ai dipendenti pubblici e privati in attività di servizio o in quiescenza”) (cfr. TAR Sardegna sez. I, 19 giugno 2013, n. 476). 12. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere accolto. 13. Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, in considerazione della parziale novità delle questioni decise e della complessità della vicenda. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, così dispone: a) accerta l’anzianità assoluta del ricorrente nel grado di Tenente a far data dal 16.6.2005 ed il diritto del medesimo ad essere inquadrato nel grado di Capitano a decorrere dal 16.6.2010; b) condanna l’Amministrazione al pagamento delle differenze retributive, tra il trattamento economico di Capitano in servizio permanente effettivo e la retribuzione effettivamente percepita dal ricorrente, maturate in capo al ricorrente dal luglio 2010 al maggio 2015, maggiorate di interessi legali e


rivalutazione monetaria dalla data di maturazione fino all’effettivo soddisfo, come per legge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25, comma 1, del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020, come modificato dall’art. 1, comma 17, del d.l. n. 183 del 31.12.2020 (convertito dalla Legge 26 febbraio 2021, n. 21) e successivamente prorogato dall'art. 6 del Decreto Legge 1 aprile 2021, n. 44 (convertito dalla Legge 28 maggio 2021 n. 76), con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi, Presidente Fabrizio D'Alessandri, Consigliere Claudio Vallorani, Primo Referendario, Estensore L'ESTENSORE Claudio Vallorani

IL PRESIDENTE Concetta Anastasi

IL SEGRETARIO



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