Tar 2021-A seguito di tali accadimenti, la ricorrente è stata insignita dal Ministero dell'Interno d

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Tar 2021-A seguito

di tali accadimenti, la ricorrente è stata insignita dal Ministero dell'Interno dello status di vittima del dovere

Pubblicato il 05/07/2021

N. 07923/2021 REG.PROV.COLL. N. 04789/2020 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4789 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessia Meloni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e Difesa Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento della nota prot. 2922 del 25.02.2020, con al quale è stata denegata la Medaglia al Merito Civile


Visti il ricorso ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di Interno Dipartimento Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e Difesa Civile; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2021 il dott. Raffaello Scarpato; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La ricorrente ha premesso di essere stata dipendente del Ministero dell'Interno dall’agosto 1979, prestando servizio presso Scuola di Formazione del Vigili del Fuoco, e di essere attualmente in quiescenza per ragioni di invalidità, conseguenza delle lesioni riportate in occasione di una violenta aggressione subita sul posto di lavoro. In quell’occasione, come confermato dalle sentenze penali e dalla documentazione allegata, la ricorrente è stata attinta da numerose coltellate nel tentativo di difendere un collega dall’aggressione di altro collega, in preda ad un raptus. A seguito di tali accadimenti, la ricorrente è stata insignita dal Ministero dell'Interno dello status di vittima del dovere con decreto n. 1101 del 13.11.2013, apprendendo solo in seguito che, in relazione ai medesimi accadimenti, altri colleghi erano stati insigniti di diversa e più prestigiosa onorificenza (medaglia di bronzo al merito civile conferita dal Presidente della Repubblica). A seguito di accesso agli atti, la ricorrente ha riscontrato che il proprio nominativo era stato effettivamente proposto dal Dirigente Superiore dell'Area Pianificazione e Controllo, unitamente a quello degli altri colleghi coinvolti, per il conferimento medaglia al valore civile e che tale proposta era stata condivisa


dalla linea gerarchica, che si era espressa per la meritevolezza di un attestato di Pubblica Benemerenza al Valore o al Merito Civile, in ragione della natura salvifica dell’intervento. Tuttavia, al termine del procedimento, ai colleghi -OMISSIS-era stata conferita la medaglia di bronzo al Merito Civile, mentre con riferimento alla persona della ricorrente la Commissione preposta aveva ritenuto che l'azione posta in essere non integrasse i presupposti previsti dalla legge n. 658 del 20 giugno 1956, negando la medaglia. La ricorrente ha pertanto proposto istanza di riesame in autotutela del procedimento di conferimento del titolo agognato, che tuttavia ha condotto alla conferma delle precedenti determinazioni, rimaste immutate anche a seguito della presentazione di una nuova istanza da parte della ricorrente, supportata questa volta da nuova documentazione a sostegno della natura eccezionale e salvifica del proprio intervento. Anche

tale

seconda

dall’amministrazione,

istanza con

il

di

riesame,

infatti,

provvedimento

è

oggetto

stata

respinta

della

presente

impugnazione. Avverso il diniego la ricorrente ha dunque dedotto le seguenti censure: 1. eccesso di potere per difetto istruttoria, erroneità nei presupposti e travisamento dei fatti - mancato apprezzamento della documentazione sopravvenuta - violazione dell’art. 3 della L. 241/1990 e difetto di motivazione; 2. violazione e/o falsa interpretazione degli artt. 1 e 2 L. n. 658 del 20.06.1956, nonché della L. n.13 del 02.01.1958 - disparità di trattamento e ingiustizia manifesta - violazione dell’art. 3 della Costituzione. Con il primo ordine di motivi la ricorrente ha censurato la mancata considerazione, da parte del Ministero, dell’esistenza dei presupposti di fatto per il riconoscimento della benemerenza, come emergenti dalla documentazione allegata all’istanza, deducendo che l’amministrazione si era appiattita sulla


precedente valutazione della Commissione competente, effettuata prima della partecipazione dei nuovi elementi allegati alla nuova istanza (e segnatamente il verbale di sommarie informazioni, la relazione medica della Procura Repubblica Tribunale di Roma redatta dal Prof. Dott. Francesco Raimondo, la querela sporta dalla ricorrente a seguito dei fatti e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà), oggetto peraltro di ammissione da parte dello stesso autore dell’aggressione. Il secondo ordine di censure si incentra sulla violazione del principio di eguaglianza ed è diretto a denunciare la disparità di trattamento tra la posizione della ricorrente e quella degli altri colleghi intervenuti per contrastare l’aggressione (-OMISSIS-), che erano stati insigniti di ben più alta onorificenza, nonostante fossero intervenuti solo in secondo momento, durante la fuga dell’aggressore, mentre la ricorrente era stata la prima ad intervenire a difesa del collega aggredito, a rischio della vita. Si è costituito il Ministero dell’Interno, opponendosi al ricorso e chiedendone il rigetto. In via preliminare, l’amministrazione ha eccepito l’irricevibilità del gravame per tardività, in quanto la nota del 25.02.2020, impugnata nel presente giudizio, rappresenta un atto meramente confermativo sprovvista di autonoma valenza provvedimentale, essendosi l’amministrazione limitata, all'esito della ennesima reiterazione della richiesta di riesame, a richiamare i precedenti provvedimenti di diniego, non impugnati entro i previsti termini decadenziali. Nel merito, la difesa erariale ha dedotto che il conferimento di un'onorificenza è espressione di una discrezionalità amministrativa piena, che sfocia in una decisione di merito amministrativo, evidentemente non suscettibile di sindacato di legittimità. Ciò posto, l’amministrazione ha evidenziato che la motivazione del diniego consiste nel fatto che la Commissione per le ricompense al valore e al Merito


civile, nella seduta del 03.052016, aveva ritenuto opportuno distinguere la condotta dei soggetti coinvolti, in ragione dell'attività esercitata a sostegno della vittima predestinata dell'aggressione, sulla base di quanto evidenziato nella proposta e, in particolare, nella relazione del 19.11.2014 prodotta dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco. In sostanza, secondo le deduzioni dell’amministrazione, mentre i dipendenti OMISSIS-, insigniti di medaglia di Bronzo al Merito Civile, erano intervenuti in difesa dei colleghi aggrediti e feriti, l’intervento della ricorrente si era sostanziato solo nel gridare per cercare aiuto, comportamento quest’ultimo ritenuto insufficiente all’attribuzione della benemerenza intervenuta in favore dei primi. Nella camera di consiglio del 06.08.2020, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 55 comma 10 del c.p.a., il ricorso è stato rinviato all’udienza pubblica del 18.05.2021 ed in quest’ultima udienza trattenuto per la decisione Va scrutinata in primis, l’eccezione di irricevibilità per tardività/inammissibilità del ricorso, che va respinta. Sul punto si rileva che, secondo costante orientamento giurisprudenziale, un atto deve essere considerato meramente confermativo nel momento in cui si limiti semplicemente a dichiarare l'esistenza di un precedente provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria, né rivalutazione degli interessi (cfr.ex multis Consiglio di Stato , sez. III , 21/01/2021 , n. 643). Sul punto è stato pure precisato che in caso di istanze di riesame relative a provvedimenti per i quali sia decorso il termine per proporre impugnativa in sede giurisdizionale, l'Amministrazione ha la mera facoltà (e non anche il dovere) di procedere ad un tale riesame, atteso che la decisione sull'istanza in parola sortisce l'effetto sostanziale di consentire la rimessione in termini ai fini dell'articolazione dei medesimi argomenti di doglianze che avrebbero potuto (rectius, dovuto) essere proposti avverso l'originario provvedimento. Tuttavia, il


richiamato, sostanziale effetto di rimessione in termini non vuole certo significare che la scelta amministrativa di procedere comunque alla decisione sull'istanza di riesame determini la tempestività dell'impugnativa tardivamente proposta avverso l'originario atto negativo oggetto di riesame, quanto piuttosto che l'impugnativa in sede giurisdizionale potrà essere (questa volta, tempestivamente) proposta avverso il provvedimento decisorio sull'istanza di riesame, consentendo di riproporre in tale sede i medesimi argomenti di doglianza che si sarebbero potuti addurre avverso il provvedimento originario e sempre che il riesame non si concreti in un atto meramente confermativo (Consiglio di Stato sez. VI, 26/07/2010, n.4853). Venendo alla fattispecie oggetto di giudizio, deve rilevarsi che, se da un lato il provvedimento

impugnato

(nota

N.0002922

del

25/02/2020)

assume

apparentemente le sembianze di un provvedimento meramente confermativo (la nota si limita infatti a richiamare le comunicazioni di cui alla lettere n. 1887 del 2016 e n. 10724 del 2019), dall’altro è evidente che nella sostanza lo stesso fornisce riscontro definitivo alle istanze di riesame della ricorrente 05.08.2019, 07.10.2019 e 14.01.2020 che, a differenza delle precedenti, risultano fondate su documentazione nuova e non prodotta in precedenza, che pertanto l’amministrazione aveva l’obbligo di valutare. In particolare, la nuova documentazione consiste: nel verbale di sommarie informazioni rese dalla stessa ricorrente agli organi di P.G. dopo i fatti, nella querela sporta nell’immediatezza dei fatti, nella relazione del Prof. Dott. Francesco Raimondo contenente la ricostruzione dei fatti effettuata dall’aggressore, nonché nella dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà. Ora, se è vero che non vi è obbligo di provvedere qualora l'Amministrazione abbia già in precedenza provveduto sulla medesima richiesta (cfr., per tutte, Cons. St., VI, n. 1427/2007), occorre considerare che tale principio trova applicazione nei casi in cui la nuova richiesta sia solo formalmente tale, mentre


nella sostanza risulti identica - con riferimento ai suoi presupposti di fatto e di diritto - a quella già delibata dall'Amministrazione col precedente provvedimento negativo. Quando, invece, la nuova istanza si fonda su accadimenti sopravvenuti o fatti non considerati ovvero su ulteriori ragioni giuridiche, l'Amministrazione è tenuta ad esprimersi sulla stessa, anche in ossequio al generale dovere di correttezza e di buona amministrazione (sul punto, con specifico riferimento all'obbligo di conclusione del procedimento, cfr., ad esempio, Cons. St., V, n. 3487/2010 e Cons. St., IV, n, 2468/2010). Nel caso di specie, all’istanza sono stati allegati documenti nuovi, a sostegno della tesi della ricorrente, che sono entrati nel procedimento, con obbligo per l’amministrazione di considerarli e valutarli, soprattutto in ragione della particolare attinenza degli stessi con l’oggetto della domanda (cfr., in particolare, la relazione del Prof. Dott. Francesco Raimondo contenente la ricostruzione dei fatti effettuata dall’aggressore, che conferma quanto sostenuto dalla ricorrente ed accertato nella sentenza penale). Quanto al merito del ricorso, lo stesso è fondato e va accolto. La Legge nr. 658/1956 “Istituzione di una ricompensa al merito civile” all’art. 1 testualmente dispone: “E' istituita una ricompensa al merito civile, intesa a premiare le persone, gli Enti e i Corpi che si siano prodigati, con eccezionale senso di abnegazione, nell'alleviare, le altrui sofferenze o, comunque, nel soccorrere chi si trovi in stato di bisogno.” La valutazione sulla sussistenza dei presupposti per il conferimento di un'onorificenza è sicuramente espressione di altissima discrezionalità amministrativa e pertanto l’apprezzamento della natura coraggiosa dell’atto o dell’eccezionale senso di abnegazione dimostrato impinge il merito della scelta amministrativa; tuttavia, com’è stato correttamente evidenziato dalla difesa erariale, tali valutazioni, normalmente insindacabili, lo diventano “in presenza


di macroscopiche illogicità o di ingiustificabili disparità di trattamento” (Consiglio di Stato Sez. 1 759/2000, 472/98 del 15.7.98; 89/99 del 9.4.99; 1019/99 del 15.12.99), dovendo il giudice amministrativo “limitarsi al mero riscontro di eventuali profili sintomatici di eccesso di potere, anche sotto il profilo della ragionevolezza e della proporzionalità, "…in particolare nel caso in cui i fatti accertati e posti a fondamento del giudizio valutativo si rivelino insussistenti,

oppure,

ancorché

effettivamente

sussistenti,

siano

stati

macroscopicamente travisati nel loro valore tale da indurre alla formulazione di valutazioni del tutto inverosimili, la cui erroneità sia talmente palese da essere percepibile da chiunque…" (Cons. Stato, sezione IV, 12 gennaio 2016, n. 59, nella materia, assimilabile, dell’avanzamento degli Ufficiali). Questo giudice deve pertanto vagliare la congruità e la logicità dell'iter argomentativo

a

supporto

del

provvedimento

discrezionale

adottato

dall'amministrazione, che nel caso di specie appare inficiato da profili di eccesso di potere per travisamento dei fatti, disparità di trattamento e difetto di motivazione, che rappresentano profili assorbenti ogni altra censura. Secondo quanto si legge nella documentazione versata in atti, confermata anche dalle allegazioni della difesa erariale, l’onorificenza è stata negata in quanto la ricorrente sarebbe da considerare “mera vittima”, nel cui comportamento non sarebbe rinvenibile quell’eccezionale coraggio e senso di abnegazione che soli potrebbero condurre al conferimento dell’agognata medaglia. In particolare, non vi sarebbe alcuna prova, nella documentazione allegata agli atti del giudizio ed utilizzata per l’istruttoria, che la ricorrente abbia concretamente ostacolato l’azione violenta dell’aggressore, limitandosi ad urlare per cercare aiuto dopo essere stata attinta dai fendenti di questo, al contrario dei colleghi -OMISSIS-, che invece avrebbero posto in essere coraggiose azioni di contrasto, consentendo il salvataggio della vittima.


A fondamento di tale ricostruzione dei fatti, l’amministrazione pone l’assenza di elementi di discrasia o contrasto tra quanto emerso in seno all’istruttoria procedimentale (in particolare dalla ricostruzione contenuta nella nota riservata a firma del Dirigente in posizione di staff trasmessa il 19.11.2014 prot. 0047263) e quanto emerge dalla sentenza 15.12.2010 – 24.01.2011 del GUP del Tribunale di Roma. La tesi è priva di pregio, oltre che contraddetta dalla stessa sentenza citata e dalle altre risultanze dell’istruttoria. In particolare, nella sentenza di primo grado, che svolge una puntuale ed accurata dinamica della vicenda, è precisato che la ricorrente veniva aggredita dal -OMISSIS-, in preda ad un raptus, mentre si trovava nel proprio ufficio. La violentissima aggressione, in particolare, aveva come destinatario diretto OMISSIS-, che si trovava in compagnia della ricorrente, la quale interveniva a difesa del collega, accoltellato alla schiena dal -OMISSIS- (cfr. p. 17 della sentenza) ed era successivamente colpita, con fendenti al collo, al braccio ed agli arti superiori. Quanto al ruolo di -OMISSIS-, deve rilevarsi che sicuramente anche tali soggetti risultano essere intervenuti a difesa dei colleghi in difficoltà, non diversamente dalla ricorrente, ma in un secondo momento. Emerge pertanto dalla decisione che la ricorrente è stata il primo soggetto ad intervenire, non foss’altro per la vicinanza alla prima vittima (il -OMISSIS-), divenendo poi anch’ella vittima dell’aggressore. Che il -OMISSIS- fosse la vittima principale dell’aggressore è poi confermato dal fatto che quest’ultimo si è accanito sul malcapitato anche in un secondo momento, incontrandolo presso l’uscita nei pressi del piano terra. Tali circostanze sono confermate anche dalla CTU effettuata in corso di causa dal dott. Di Raimondo e versata in atti.


Emerge pertanto, dalla piana lettura della documentazione penale, che contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione - la ricorrente ha posto in essere un intervento salvifico in soccorso del collega -OMISSIS-, quantomeno al pari dei colleghi insigniti dell’onorificenza. Deve peraltro evidenziarsi che il provvedimento impugnato appare inficiato anche da carenze motivazionali, nella parte in cui la p.a. non si è espressa, com’era suo preciso obbligo, sulla documentazione allegata dalla ricorrente alla richiesta di concessione della medaglia avanzata in data 05.08.2019, limitandosi a confermare le precedenti statuizioni emanate in assenza della predetta documentazione. Tanto vale ad accogliere la domanda di annullamento del provvedimento di diniego impugnato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed annulla il provvedimento impugnato. Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nell’importo di € 2.000,00 oltre accessori di legge; Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la ricorrente e tutti gli altri soggetti nominati in motivazione.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l'intervento dei magistrati: Francesco Arzillo, Presidente Anna Maria Verlengia, Consigliere Raffaello Scarpato, Referendario, Estensore L'ESTENSORE Raffaello Scarpato

IL PRESIDENTE Francesco Arzillo


IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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