Tar 2022- inottemperanza all’obbligo vaccinale Pubblicato il 01/02/2022 N. 00672/2022 REG.PROV.CA

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Tar 2022- inottemperanza

all’obbligo vaccinale

Pubblicato il 01/02/2022

N. 00672/2022 REG.PROV.CAU. N. 13923/2021 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 13923 del 2021, proposto dal signor OMISSIS-,

rappresentato

e

difeso

dagli

avvocati

xxxxxxxxxxxx

xxxxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per gli Affari Generali e le Politiche del Personale della Polizia di Stato (già Direzione


Centrale per le Risorse Umane) n. DAGEP 333AGG Prot. 0021554 del 10.12.2021. −

di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e consequenziale, ivi

compreso l’ordine di servizio della Questura di Venezia Ufficio del Personale Prot. 0154350 del 14.12.2021, nonché la comunicazione di avvenuta sospensione del 30.12.2021; e per disporsi il rientro in servizio del ricorrente, con ogni conseguente riconoscimento giuridico ed economico e previdenziale derivante dal chiesto annullamento

del

provvedimento

impugnato,

contenente

conseguenze

dell’inottemperanza all’obbligo vaccinale sostituibili con misure comportanti minor sacrificio e quindi bilanciate rispetto al fine perseguito; con la disapplicazione dell’art. 2 del d.l. n. 172 del 2021 ovvero con richiesta di emissione di ordinanza sollevante illegittimità costituzionale nella parte in cui avvilisce la grandezza giuridica del lavoro ed annienta socialmente la possibilità di realizzazione personale mediante la percezione di giusta retribuzione, al più riducibile ma giammai azzerabile; richiesta da estendere al d.l. n. 1 del 2022 emesso il 07.01.2022, ai fini della effettività della tutela, nella parte relativa alla imposizione del medesimo obbligo ai soggetti ultra cinquantenni; −

per condannare ex art. 30 c.p.a. l’Amministrazione resistente al risarcimento

in forma specifica del danno del danno ingiusto subito dal ricorrente derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa in via equitativa ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese, diritti ed onorari. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;


Visto l'art. 55 cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2022 il Cons.Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Rilevato che con l’atto introduttivo il ricorrente ha impugnato la circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per gli Affari Generali e le Politiche del Personale della Polizia di Stato n. DAGEP 333AGG Prot. 0021554 del 10.12.2021 nonché l’ordine di servizio della Questura di Venezia Ufficio del Personale Prot. 0154350 del 14.12.2021 e la comunicazione di avvenuta sospensione del 30.12.2021 chiedendo l’annullamento nella parte in cui prevedono la sospensione della corresponsione della intera retribuzione in danno del ricorrente, contestando la violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità, di uguaglianza e di imparzialità; Rilevato che parte ricorrente ha chiesto altresì la disapplicazione dell’art. 2 del d.l. n. 172 del 2021 ovvero la emissione di ordinanza volta a sollevare l’illegittimità costituzionale nella parte in cui avvilisce la grandezza giuridica del lavoro e annienta socialmente la possibilità di realizzazione personale mediante la percezione di giusta retribuzione, al più riducibile, ma giammai azzerabile. Tale domanda è stata estesa al d.l. 7 gennaio 2022, n. 1, emesso nelle more del giudizio, ai fini dell’effettività della tutela, nella parte relativa alla imposizione del medesimo obbligo ai soggetti ultra cinquantenni, quale il ricorrente che ha compiuto 50 anni il 23.01.2022; Rilevato che parte ricorrente ha eccepito che trattandosi di sospensione integrale della retribuzione sarebbero palesemente violati gli artt. 1, 3, 4, 35, 36


Cost., ovvero quelli che questo giudice riterrà lesi dall’azzeramento della retribuzione, misura non graduata e violativa del principio in forza del quale occorre “calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l'effettività dell'obbligo” (cfr.CGA, reg.Sicilia, Ordinanza n.38/2022) ed ha chiesto l’accoglimento dell’istanza di sospensione in via provvisoria sollevando l’incidente di costituzionalità fin dalla fase cautelare, fino all’esito della decisione della questione pregiudiziale, atteso che il danno prospettato dal ricorrente stesso discende dalle disposizioni ragionevolmente sospettate di incostituzionalità; Rilevato che parte ricorrente riferisce di avanzare la domanda giudiziale non avente ad oggetto la tutela della “esitazione vaccinale” e dell’imposizione dell’utilizzo di terapie vaccinali, ma avente, invece, ad oggetto, come anche da ultimo ribadito dal ricorrente stesso, la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte in cui prevedono la sospensione della corresponsione della intera retribuzione in suo danno, ritenendola inflitta in conseguenza di un provvedimento non funzionale alla efficace tutela del diritto alla salute e comportante il sacrificio massimo per il ricorrente tra quelli di minore

grado

possibili

e

in

precedenza

già

efficacemente

imposti

dall’Amministrazione resistente; Considerato che, ai fini dell’inquadramento della domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, come sopra formulata, con riferimento alle previsioni sulla derivante sospensione della corresponsione della intera retribuzione in danno del dipendente che si è autodeterminato a non vaccinarsi, è necessario richiamare la disciplina dell’obbligo vaccinale introdotto da ultimo dal legislatore e i principi alla base dello stesso; Considerato che va rilevato che per gli appartenenti alla Polizia di Stato vi è un obbligo specifico al riguardo dettato dall’art. 63 del d.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782 (recante “Regolamento di servizio per gli appartenenti all’Amministrazione


della pubblica sicurezza”) che prevede che “il dipendente della Polizia di Stato ha l’obbligo di sottoporsi alle misure profilattiche generali o specifiche e agli accertamenti sanitari che l’Amministrazione stessa ritiene di disporre in relazione al possibile insorgere di fenomeni di tipo infettivo o endemico”; Considerato che

l'adempimento

dell'obbligo

vaccinale previsto

per

la

prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, comprendente il ciclo vaccinale primario e, a far data dal 15 dicembre 2021, la somministrazione della successiva dose di richiamo, da effettuarsi nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute, è stato introdotto dal d.l. 26 novembre 2021, n. 172, conv. con mod. dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3, che ha inserito l’art. 3 ter (adempimento dell’obbligo vaccinale) al d.l. 1 aprile 2021, n. 44, conv. con mod. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76. Parimenti lo stesso d.l. n. 172 del 2021 ha inserito nel predetto d.l. n. 44 del 2021 l’art. 4ter prevedendo il suddetto obbligo vaccinale per il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale (oltre che per quello della scuola, degli organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124, delle strutture di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e degli Istituti penitenziari). Inoltre l'obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 è stato esteso agli ultra cinquantenni dall’ 8 gennaio 2022 e fino al 15 giugno 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza (art.4 quater del d.l.n. 44 del 2021); Considerato che, ai sensi dell’art. 4 ter, comma 2, del d.l.n. 44 del 2021, modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b), nn. 1) e 2), del d.l. 7 gennaio 2022, n. 1, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative anche del personale del comparto della sicurezza e ai sensi del successivo comma 3 dello stesso art. 4 ter l'atto di accertamento dell'inadempimento dell’obbligo vaccinale da parte del detto personale


“determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato al datore di lavoro dell'avvio o del successivo

completamento

del

ciclo

vaccinale

primario

o

della

somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il 15 giugno 2022”; Considerato che il giusto contemperamento tra la dimensione collettiva e quella individuale del diritto alla salute è garantito dalle disposizioni che prevedono l’esenzione o il differimento dell’obbligo vaccinale (cfr. art. 4, co. 2 del D.l. n. 44 del 2021, conv. in legge n. 76 del 2021), in presenza di condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale; Considerato che l’art. 32 Cost. garantisce la salute non solo come «diritto dell’individuo» ma anche come «interesse della collettività», tenendo insieme la prospettiva personalista – in virtù della quale la salute e la libertà di cura della persona non possono essere strumentalizzate a finalità diverse imposte dal pubblico potere – e la dimensione solidale, in ragione della quale, la libertà del singolo individuo di non sottoporsi a un determinato trattamento sanitario è limitata dal dovere di non danneggiare gli altri, ovvero di proteggere la comunità (cfr. Tar Lazio, sez. I quater, ordinanza 17 gennaio 2022, n.269; idem sez. III bis, ordinanza 13 gennaio 2022, n. 131); Considerato che – in quest’ottica – l’art. 32 Cost. consente al legislatore di imporre determinati «trattamenti sanitari» e che, così come chiarito dalla Corte costituzionale, tali interventi non sono incompatibili con il dettato della Costituzione «se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute


di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria» (cfr. sentenza 18 gennaio 2018, n. 5; sent. n. 218 del 1994), circostanze che sono ricorrenti nel caso di specie (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045); Considerato che il contemperamento dei molteplici principi in gioco “lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell'obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte, e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica” (cfr. Corte cost., sentenza cit. n. 5 del 2018). Peraltro il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale (cfr. Corte cost. sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002); principio quest’ultimo applicabile non solo per le scelte dirette a limitare o a vietare determinati trattamenti sanitari, ma anche per l'imposizione degli stessi. Inoltre, la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l'adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale (cfr. Corte cost. sentenza cit.n. 5 del 2018); Considerato che, nel bilanciamento tra gli interessi coinvolti dal ricorso - tutti costituzionalmente rilevanti e legati a diritti fondamentali - deve ritenersi prevalente la tutela della salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia nella necessaria prospettiva solidaristica di cui all’art. 2 della


Costituzione cui debbono porsi tutti i consociati nonché quello proprio del settore particolarmente esposto del personale del servizio pubblico di difesa, sicurezza e pubblico soccorso, nella propria vocazione istituzionale, di assicurare il regolare svolgimento dell’attività lavorativa per garantire l’essenziale servizio pubblico di interesse generale, nonché quello di tutela della sicurezza delle condizioni di lavoro degli stessi dipendenti operanti in detti settori e della collettività; Considerato che

la

conseguenza

dell’inadempimento

dell’obbligo

vaccinale determinante la sospensione dal servizio, contestata dal ricorrente, si inserisce nel quadro di una strategia generale di contrasto alla pandemia, garantita da una profilassi anche internazionale sul ciclo vaccinale, quale misura di sanità pubblica più idonea ad annullare o ridurre i rischi individuali e collettivi connessi alla diffusione dell’infezione in questione; che sulla base di ciò la misura non risulta essere sproporzionata né discriminatoria, né lesiva dei diritti fondamentali dei destinatari, atteso che il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quali sono la salute pubblica e l’interesse pubblico finalizzato ad assicurare al contempo il corretto svolgimento delle attività in condizioni di sicurezza e a circoscrivere il più possibile potenziali situazioni in grado di incrementare la circolazione del virus, in applicazione anche del principio di precauzione; Considerato che la misura della sospensione dal diritto del dipendente di svolgere l’attività lavorativa, prevista quale conseguenza dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, risulta ragionevole e proporzionata, in quanto trattasi di misura temporanea di sospensione del rapporto di lavoro in quanto efficace fino alla comunicazione da parte del dipendente dell’avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose


di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi (dal 15 dicembre 2021), risultando coerente con l’essenzialità e temporaneità del requisito; Considerato pertanto che la predetta misura non risulta irragionevole e sproporzionata in relazione alla autodeterminazione del dipendente di non vaccinarsi, poiché a fronte del non svolgimento dell’attività lavorativa nel periodo di sospensione il legislatore ha previsto, contemperando gli interessi, che la sospensione operi “senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro”, quale forma di tutela del lavoratore inadempiente all’obbligo vaccinale e non svolgente prestazione lavorativa; ciò tanto più in considerazione delle previsioni a garanzia del diritto alla salute del singolo che consentono l’esenzione ovvero il differimento dell’obbligo vaccinale in presenza di situazioni cliniche incompatibili; Considerato che la fattispecie del pubblico dipendente sospeso cautelarmente (ad es. in conseguenza dell’avvio di un procedimento penale) con diritto a percepire parte dello stipendio non è sovrapponibile alla fattispecie della sospensione in esame in quanto diverse sono le ragioni che determinano le due misure:

la

prima

misura

provvisoria

ha

lo

scopo

di

allontanare

temporaneamente dal servizio il dipendente ed è prevista a protezione - in ciò ravvisandosi la sua funzione cautelare - a tutela del superiore interesse pubblico dell'Amministrazione, il cui perseguimento risulta compromesso dalla permanenza del dipendente al quale vengono contestati fatti che assumono rilievo penale, con pregiudizio del regolare svolgimento del servizio; tale misura prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità dell'inquisito e non implica, quindi, alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell'interessato, e non pregiudica l'integrale reintegrazione del dipendente nelle funzioni e negli assegni non percepiti. Invece la fattispecie della sospensione del dipendente dal diritto di svolgere l’attività lavorativa in questione costituisce una misura temporanea influente sul


rapporto di lavoro a seguito dell’autodeterminazione del dipendente di non vaccinarsi non adempiendo all’obbligo, e il prospettato diritto, in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, ma recessivo tenuto conto che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere la pandemia con una misura di contrasto per la protezione individuale e collettiva; peraltro l’efficacia della sospensione comminata al lavoratore è condizionata ad un evento risolutivo dipendente dalla volontà del medesimo; Considerato infine che in materia di tutela della salute, la valutazione sull’efficacia delle vaccinazioni e sulla loro utilità ai fini di prevenzione è riservata al legislatore statale, che ha inteso configurare in termini di obbligatorietà il contenuto precettivo del principio sull’ampliamento della copertura vaccinale della popolazione in relazione al grado e al rischio di contagio, disciplinando così anche un obbligo legato all’età tenuto conto della esposizione al rischio di malattie gravi e letali e delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche accertate dalle autorità preposte e acquisite dalla ricerca medica (cfr. Corte Cost. n. 338 del 2003); Considerato che, per tali ragioni, la normativa non sembra violare, ad un esame proprio della presente fase cautelare, le norme costituzionali richiamate da parte ricorrente; Ritenuto che per le superiori considerazioni il ricorso è sfornito del necessario fumus boni iuris e che, pertanto, l’istanza cautelare va respinta, pur disponendo la compensazione delle spese della presente fase del giudizio tenuto conto della particolarità e novità della questione controversa. P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) respinge la suindicata domanda cautelare. Compensa le spese della presente fase cautelare. La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati: Concetta Anastasi, Presidente Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario L'ESTENSORE Mariangela Caminiti

IL PRESIDENTE Concetta Anastasi

IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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